RICERCHE ARCHEOMETRICHE SULLE PRODUZIONI CERAMICHE DELLA CALABRIA CENTRO-MERIDIONALE: LE INGOBBIATE MEDIEVALI di CLAUDIO CAPELLI, GIORGIO DI GANGI

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1 RICERCHE ARCHEOMETRICHE SULLE PRODUZIONI CERAMICHE DELLA CALABRIA CENTRO-MERIDIONALE: LE INGOBBIATE MEDIEVALI di CLAUDIO CAPELLI, GIORGIO DI GANGI NOTE SUI DATI ARCHEOLOGICI * A partire dal 1997 è iniziata, con la SMAA di Genova, l indagine di laboratorio sugli impasti e sui rivestimenti dei frammenti ceramici calabresi provenienti da scavi stratigrafici, con lo scopo di fornire dati corretti rispetto alle aree di provenienza, alle tecniche di produzione ed alla circolazione dei manufatti (CAPELLI-DI GANGI c.s., CAPELLI-LEBOLE 1999 e ivi bibliografie precedenti). Lo studio archeometrico che è stato avviato si basa, principalmente, su materiali provenienti dagli interventi di scavo stratigrafico eseguiti a Paleapoli (Locri), Gerace, Gioia Tauro e Tropea. In particolare, gli scavi archeologici effettuati in quest ultimo sito sono iniziati nel 1991 e sono a tutt oggi in corso. La loro importanza, per l area calabrese, consiste nell attestazione di una continuità insediativa, compresa tra VI e XVIII secolo, che ha permesso di acquisire numerose informazioni sulle classi ceramiche presenti nella regione tra tardoantico e bassomedioevo: è stato così possibile mettere a punto una tipologia articolata relativa ai materiali in uso in Calabria tra VI e XIV sec. (DI GANGI-LEBOLE 1997; DI GANGI-LEBOLE 1999a). Nel presente lavoro, relativo esclusivamente alle ceramiche ingobbiate, sono considerati reperti recuperati negli scavi tropeani del cortile del Palazzo Vescovile, di largo Galluppi e di Palazzo Cesareo (DI GANGI-LEBOLE 1998, DI GANGI-LEBOLE 1999b). I campioni qui considerati sono stati selezionati con un analisi preliminare, effettuata utilizzando il microscopio stereoscopico, che ha permesso di scegliere undici campioni rappresentativi da utilizzare per analisi più approfondite cronologicamente compresi tra la seconda metà del XIII e la prima metà del XIV secolo, sebbene in misura molto minore in quest ultimo. I dati concernenti le indagini svolte in merito ad impasti e rivestimenti sono di seguito presentati da Claudio Capelli, al cui lavoro si fa riferimento anche per le indicazioni attinenti al trattamento delle superfici. Tali ricerche si sono rese necessarie anche per via dei limiti che presenta l osservazione autoptica, come già evidenziato in altri lavori nei quali si era postulata la necessità di avviarle in modo sistematico (DI GANGI 1997, p. 161 e ivi bibliografia; CAPELLI-DI GANGI c.s.). A proposito degli impasti è infatti ormai superfluo ribadire che non è sufficiente una suddivisione basata sulla distinzione cromatica, considerando che le differenze di colore sono talora causate da fattori dissimili (ad es. da variazioni di colore negli strati argillosi della cava, oppure determinate dalla temperatura e dal tipo di cottura), o sulla maggiore o minore presenza di inclusi visibili macroscopicamente (CUOMO DI CAPRIO 1985, pp. 37 e 44-45). È il caso, ad esempio, dei materiali considerati per questa ricerca che a prescindere dagli aspetti stilistici al di * Desidero ringraziare sinceramente la dott.ssa E. Lattanzi, Dirigente Superiore della Soprintendenza Archeologica della Calabria, ed il dott. C. Sabbione, Direttore Archeologo, per la disponibilità dimostratami e per l appoggio dato alle mie ricerche. Un cordiale grazie anche alla sig.ra L. Ferri, disegnatrice del Dipartimento di Scienze Antropologiche, Archeologiche e Storico-Territoriali (Università di Torino), per la collaborazione accordatami. là di un apparente disomogeneità riscontrabile a livello autoptico da un lato, e di apparenti similitudini con ceramiche di importazione dall altro, sono invece risultati utili per indicare, con buona probabilità, l esistenza di produzioni calabresi. Anche per quanto riguarda i rivestimenti, non sempre facilmente individuabili a causa della conservazione e della dimensione dei frammenti, vi sono sovente problemi relativi all identificazione delle loro peculiarità, soprattutto a proposito della difficoltà di poter riconoscere l ingobbio, in molti casi impercettibile o confondibile con lo schiarimento superficiale (DI GANGI 1997, p. 158). Inoltre, la loro divisione in base al tipo di rivestimento non è sempre facile da effettuare con sicurezza data la presenza di vetrine opache, che ad occhio nudo possono confondersi con quelle stannifere, ma che contengono altri tipi di opacizzante (CAPELLI-MANNONI 1998a, p. 231; DI GANGI 1997, note 8 e 10); per di più, non è sempre possibile accertare se i pigmenti della decorazione siano sopra o sotto il rivestimento. Ancora, in alcuni casi, potrebbe essere attestato l uso di una tecnica mista (ingobbio e smalto, fr. n. 5916), analogamente a quanto riscontrato, sinora, solo a proposito della protomaiolica ligure (GARDINI 1993, p. 58; GARDINI-MAN- NONI 1995, pp ; infra Capelli). Per quanto riguarda questo lavoro, sono presentati manufatti concernenti ceramiche ingobbiate con decorazione policroma realizzata sotto vetrina piombifera (Fig. 1). Per una disamina più ampia sulle principali tipologie formali e per le associazioni in strato con materiali appartenenti ad altre classi ceramiche, nonché per i confronti, si rimanda a quanto già esposto in precedenza (DI GANGI-LE- BOLE 1997; DI GANGI 1997). Un discreto numero di frammenti è costituito da bacini con esterni non rivestiti, aventi uno stretto bordo decorato da archetti pendenti, ed un corpo emisferico leggermente carenato, caratterizzato da bande colorate in nero e verde (ad es. Fig. 1.2 analisi 5926) e/o rosso. In vari esemplari sono invece raffigurati volatili e pesci, spesso rappresentati all interno di fondi di ciotola con piede ad anello, fondo leggermente ribassato ed esterno non rivestito. È ad esempio il caso del frammento 1.4 (analisi 5919), in cui sono utilizzati sia il rosso sia il verde, mentre il n. 1.1 (analisi 5921) è relativo alla parete di un bacino con orlo rilevato: il corpo squamato del pesce è delimitato da una fascia verde compresa tra due linee brune, da cui si dipartono le pinne dorsali. Tra di esse, in campo bianco, vi è un piccolo elemento ovale, bruno scuro, non meglio identificabile causa il degrado della porzione di parete. Altri due frammenti, relativi a fondi di ciotola, presentano due motivi decorativi diffusi in vari siti dell Italia meridionale ed attestati anche in Calabria, a Scribla (DUFOURNIER et al. 1986, figg. 8/1sa, 8/3, 5) e Vibo, a pochi chilometri da Tropea (DONATONE 1983, tav. 29/c; SOGLIANI 1997, figg. 3 e 5): il primo (Fig analisi 5927) riporta quello del grid-iron a stretto reticolo in bruno manganese contornato da una fascia verde; il secondo (Fig analisi 5922), con motivo a fusi disposti in schema radiale e staccati al centro, tracciati in bruno e campiti in rosso. Infine, il frammento n. 1.6 (analisi 5934) concerne una scodella con tesa inclinata ed orlo squadrato, avente decorazione analoga alle ceramiche tipo Gela rivestite con smalto: gli archetti sono però più stretti ed allungati, fittamente accavallati; una serie di punti, inserita al loro interno, è dipinta alternatamente con un verde piuttosto brillante e con un colore molto scuro, non meglio definibile, che tende a staccarsi dal biscotto (DI GANGI-LEBOLE-SABBIONE 1994, p. 361). In conclusione, le ceramiche ingobbiate qui analizzate testimoniano la probabile presenza di una produzione locale nella seconda metà del XIII secolo, ad eccezione, forse, 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

2 Fig. 1 Ceramiche ingobbiate con decorazione policroma, scala 1:2 (i colori sono indicati nel testo). del frammento n. 6, appena descritto, a proposito del quale non si può escludere che l impasto sia relativo, oltre che alla Calabria, alla Sicilia nord-orientale. Molti degli esemplari analizzati, che presentano morfologia e decorazioni del tutto simili a quelle delle ceramiche smaltate, sono contraddistinti da caratteri peculiari (impasto, rivestimento, possibile presenza del colore rosso) ed in specifico da un anomala quantità di quarzo contenuta nella vetrina, fattore di cui andrà valutata l eventuale accidentalità (infra Capelli). Al momento, a proposito della circolazione dei manufatti e con particolare riguardo alla costa tirrenica si può 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 2

3 notare una differenza rispetto al periodo compreso tra XI e XII secolo: per quell epoca, sulla base dei dati archeologici e archeometrici attualmente a nostra disposizione relativi alla ceramica da mensa, è possibile ipotizzare la presenza prioritaria di importazioni, soprattutto dalla Sicilia, a fronte di un attestazione minoritaria di materiali prodotti localmente (CAPELLI-DI GANGI c.s.); nella seconda metà del XIIIinizi del XIV secolo sembra invece diventare preponderante la presenza di produzioni calabresi. La ricerca sulle ceramiche rivestite andrà ulteriormente sviluppata ed approfondita anche in ordine ai dati quantitativi, che sarà possibile determinare quando saranno state definite con certezza le caratteristiche distintive degli impasti e dei rivestimenti. G.D.G. LE ANALISI ARCHEOMETRICHE ** Introduzione Da alcuni anni, il laboratorio SMAA dell Università di Genova ha avviato un programma di studio mineralogicopetrografico sulle ceramiche calabresi medievali, condotto secondo il metodo utilizzato per quelle liguri e descritto in CAPELLI-MANNONI Dalle ricerche finora svolte (CAPELLI 1998, CAPELLI-DI GANGI c.s., CAPELLI-LEBOLE 1999) è emerso come diverse produzioni della Calabria centro-meridionale siano state realizzate, anche se in fornaci e luoghi differenti, con sedimenti marini di età terziaria affioranti presso le coste della regione. In tutti gli impasti di tale gruppo, pur distinti tra loro per vari caratteri legati sia alla variabilità naturale delle argille, sia a diversi processi di lavorazione e cottura ricorre comunque un associazione di elementi mineropetrografici finora mai ritrovata in altre produzioni mediterranee. Per il lavoro effettuato in questa sede sono stati presi in esame undici campioni selezionati di ceramiche ingobbiate o che comunque presentano ingobbio al di sotto del rivestimento vetroso rinvenute negli scavi di Tropea (vd. supra). Gli scopi sono stati quelli di fornire una descrizione approfondita sia degli impasti, sia dei rivestimenti (talora di difficile determinazione ad occhio nudo: DI GANGI 1997, pp. 158), nonché di valutare la possibilità, emersa dai dati archeologici, di una produzione locale e, nel caso quest ultima fosse confermata, di portare un nuovo contributo alla caratterizzazione delle terre calabresi in generale. Oltre che verso gli impasti, un attenzione particolare è stata rivolta ai rivestimenti, il cui studio, spesso trascurato nei lavori sull origine delle ceramiche, può invece non solo essere un buon complemento alla definizione delle singole produzioni, ma anche costituire, in alcuni casi (ad esempio per quanto riguarda le tipologie ingobbiate e graffite di Savona-Albisola), uno dei principali indicatori di provenienza (CAPELLI-MANNONI 1998a, CAPELLI-MARESCOTTI c.s.). Lo studio dei rivestimenti è comunque preliminare. La descrizione riportata riguarda il piccolo tratto (pochi centimetri) conservato in sezione sottile. Per quanto riguarda la composizione dei pigmenti, indeterminabile con l analisi in sezione sottile, si è preferito non fornire alcuna interpretazione, anche se, in molti casi, la presenza di rame, ferro o manganese, con diversi stati di ossidazione, appare molto probabile. Inoltre, la distinzione tra vetrina e smalto, basata essenzialmente sull esperienza dell analista, può essere soggetta ad errori. Per alcuni casi di difficile soluzione e, in generale, per ottenere dati riguardanti la composizione chimica e ** Il lavoro è stato eseguito nell ambito del Progetto Finalizzato Beni Culturali del CNR. mineralogica di rivestimenti, opacizzanti e pigmenti, sarà necessario il ricorso ad altre metodologie analitiche più precise, quali la diffrattometria a raggi X o l analisi in microsonda. I risultati delle analisi Macroscopicamente, tutti i campioni sono principalmente caratterizzati dalla presenza di numerose miche, di dimensioni anche relativamente elevate. Lo studio in sezione sottile ha evidenziato come lo scheletro di tutti gli impasti sia costituito in prevalenza da frammenti di rocce metamorfiche acide e da singoli minerali da queste derivati. Secondo la classificazione di CAPELLI-MAN- NONI 1998b, essi sono da attribuire al Gruppo minero-petrografico Metamorfico Acido (MA). Differenze nei caratteri secondari dello scheletro e della matrice hanno permesso di definire tre sottogruppi. SOTTOGRUPPO MA1: N IMPASTO Matrice in prevalenza ferrica, più chiara nella fascia esterna (il passaggio verso il nucleo più rosso e ossidato è piuttosto netto). Microfossili calcarei poco frequenti, più o meno dissociati dalla cottura. Scheletro di dimensioni fino a medio-grossolane (0.7 mm), angoloso, mediamente abbondante, ben assortito, costituito da numerose miche, feldspati, quarzo, da subordinati frammenti di gneiss e da anfibolo accessorio. Grado di isorientazione basso. RIVESTIMENTO Strato sottile ( mm) e irregolare di ingobbio poco depurato. Vetrina incolore o, per un tratto, giallo-verde alla base, irregolare e di spessore variabile ( mm); localmente è ricca di inclusioni angolose o subangolose di quarzo, mentre le bolle sono poco frequenti. Tra vetrina e ingobbio, per alcuni tratti, è visibile un sottile livello (0.05 mm) di pigmento bruno-nero. SOTTOGRUPPO MA2: N IMPASTO Matrice carbonatico-ferrica, ricca di foraminiferi calcarei (in prevalenza globigerinidi) non dissociati, di dimensioni fino a 0.5 mm (Fig. 2). Scheletro non molto abbondante, angoloso, di dimensioni piuttosto fini (inferiori a 0.15 mm), costituito in prevalenza da miche, quarzo e feldspati. In quantità accessorie sono presenti gneiss e alcuni minerali pesanti (anfibolo, epidoto, titanite, granato e zircone). RIVESTIMENTO Sottilissimo strato di ingobbio ( mm). Rivestimento vetroso ( mm) particolarmente ricco di inclusioni angolose e subangolose di quarzo (Fig. 2). Il vetro risulta molto alterato e poco conservato, in particolare nella parte superficiale, ed è fortemente torbido e di colore giallino per un elevata concentrazione di materia criptocristallina, la cui natura è indeterminabile al microscopio; in assenza di altri tipi di analisi, non è possibile indicare se si tratti di opacizzante intenzionale o di intensa alterazione post-deposizionale. Nel tratto compreso nella sezione sottile non sono presenti strati di pigmento sotto il rivestimento vetroso; al contrario, si notano, al di sopra della sua superficie, brevi tratti con concentrazioni di ossidi bruni, la cui natura (pigmento o alterazione), anche in questo caso, è dubbia. SOTTOGRUPPO MA3 IMPASTO-Matrice in parte o prevalentemente carbonatica, con numerosi microfossili calcarei (foraminiferi, in prevalenza globigerinidi) di dimensioni relativamente grandi (fino a 0.5 mm circa) e rari silicei (spicole di spugna) di dimensioni fini. Rari grumi argillosi di medie dimensioni (ricchi di miche e quarzo fini) di dubbia determinazione (areniti?). Scheletro angoloso o subangoloso, mediamente o molto abbondante, mediamente o ben assortito, in prevalenza fine o medio-fine (< mm), con una frazione maggiore, di dimensioni da medie a grossolane (0.4-1 mm), poco 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 3

4 Figg. 2-5 Microfotografie (solo polarizzatore) di sezioni sottili trasversali alle superfici dei manufatti. A: impasto; B: ingobbio; C: pigmento; D: rivestimento vetroso; E: concrezione post-deposizionale; q: quarzo nella vetrina; f: microfossili. 2. Campione n (sottogruppo MA2); 3. Campione n (sottogruppo MA3a); 4. Campione n (sottogruppo MA3b); 5. Campione n (sottogruppo MA3b). rappresentata. I costituenti sono: quarzo e miche (biotite in genere prevalente su muscovite, di spessore e dimensioni relativamente elevate) molto frequenti; plagioclasio e K-feldspato (microclino) subordinati; alcuni frammenti di gneiss a grana grande (metagranitoidi?) poco scistosi; rari gneiss fini; sporadici calcari e calcareniti; diversi minerali pesanti, di dimensioni fini e in quantità più o meno accessorie (in ordine di frequenza, da relativamente alta a molto bassa: anfibolo, epidoto, granato, tormalina, titanite, zircone, clinopirosseno). La frazione maggiore è costituita da soli frammenti di gneiss, quarzo e feldspati. Il grado di isorientazione dell impasto è in genere scarso. MA3A: N IMPASTO Matrice ferrico-carbonatica, con microfossili poco dissociati dalla cottura. Scheletro molto abbondante (Fig. 3). RIVESTIMENTO Ingobbio sottile ( mm), piuttosto depurato, ricco di fillosilicati. Vetrina ( mm) localmente devetrificata, con bolle poco frequenti e relativamente abbondanti inclusioni di quarzo angoloso o subangoloso. La vetrina è incolore o, per alcuni tratti in cui spesso sono presenti aggregati o sottili livelli di pigmento bruno e opaco gialla alla base (Fig. 3). MA3B: NN. 5922, 5919, 5921, 5927, 5924 IMPASTO Matrice carbonatico-ferrica, criptocristallina, con microfossili calcarei in gran parte dissociati dalla cottura. Scheletro abbondante (Figg. 4 e 5). Grado di isorientazione medio o basso. RIVESTIMENTI 5921, 5924 Ingobbio confrontabile, di spessore compreso tra 0.05 e 0.08 mm, depurato, ricco di fillosilicati. Vetrina sottile ( mm), incolore o per un tratto verde in 5921, ricca di inclusioni di quarzo angoloso o subangoloso, in gran parte devetrificata, talora anche con uno strato di concrezione secondaria al disopra. Sotto la vetrina sono presenti, per lunghi tratti, strati relativamente spessi (fino a 0.05 mm) di pigmento nero (Fig. 4) Ingobbio simile ai precedenti, di spessore leggermente superiore ( mm). Vetrina ( mm) incolore, ricca di inclusioni di quarzo subangolose, poco devetrificata; sono presenti, nello stesso campione, sia tratti di pigmento bruno-nero (fino a 0.04 mm), sia tratti di pigmento bruno-rosso (in genere più sottile e meno concentrato) Ingobbio relativamente spesso ( mm), ricco di quarzo fine e fillosilicati molto subordinati. Vetrina incolore, piuttosto sottile ( ), con inclusioni di quarzo non molto abbondanti; localmente mostra un sottile strato di devetrificazione superficiale, mentre per lunghi tratti è ricoperta da concrezioni secondarie; strati di pigmento nero-bruno, di spessore fino a 0.06 mm, sotto la vetrina Ingobbio non molto depurato, con inclusioni di quarzo e fillosilicati. Rivestimento vetroso incolore o verde (più chiaro verso la superficie). La sua qualità risulta molto scarsa. Lo spessore è molto variabile, da basso (0.05 mm) a piuttosto alto (0.30 mm); sono presenti inclusioni (fino a 0.10 mm) di quarzo subangoloso o subarrotondato, non molto frequenti, e numerose bolle, di dimensioni anche elevate, che talora interrompono addirittura la continuità della superficie esterna del rivestimento (Fig. 5). Sono talora osservabili concrezioni secondarie, sia sulla superficie che all interno delle bolle, mentre non vi sono tracce evidenti di estesa devetrificazione. Di difficile interpretazione risultano delle inclusioni micro-o criptocristalline di colore chiaro, simili a quelle di biossido di stagno, ma presenti solo 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 4

5 localmente e, in genere, con bassa concentrazione. Non si esclude che esse siano legate a fenomeni di alterazione secondaria di una normale vetrina, ma, se ci si trovasse di fronte ad uno smalto, stannifero o con altri opacizzanti, questo sarebbe comunque povero, secondo la definizione di DI GANGI Tra vetrina e ingobbio è evidente, per un tratto della sezione, uno strato di pigmento bruno-nero piuttosto spesso (fino a 0.10 mm). MA3C: N IMPASTO Matrice prevalentemente carbonatica, criptocristallina, con microfossili calcarei in parte dissociati dalla cottura. Scheletro abbondante. RIVESTIMENTO Ingobbio di spessore variabile da 0.02 a 0.06 mm, depurato. Vetrina in pratica non alterata, incolore o, per alcuni tratti, verde, di spessore variabile da 0.06 a 0.15 mm, ricca di inclusioni di quarzo angoloso e subangoloso, con rare bolle. Tratti con un sottile strato (fino a mm) di pigmento bruno sopra l ingobbio, che diffonde una leggera colorazione gialla nella vetrina immediatamente soprastante. MA3D: N IMPASTO Matrice prevalentemente carbonatica, con microfossili calcarei poco dissociati dalla cottura. Scheletro mediamente abbondante, con muscovite in percentuali e dimensioni confrontabili a quelle della biotite. RIVESTIMENTO-Ingobbio di spessore variabile ( mm), ricco di fillosilicati. Vetrina incolore o verde, di spessore variabile ( mm), con molte inclusioni subangolose di quarzo e di bolle, localmente devetrificata. Lunghi tratti con pigmento nero (di spessore fino a 0.04 mm) sotto la vetrina (anche in corrispondenza della parte colorata di verde). MA3E: N IMPASTO Matrice prevalentemente carbonatica, con abbondanti microfossili calcarei, poco dissociati dalla cottura. Scheletro mediamente abbondante, con quarzo e feldspati molto subordinati rispetto alle miche. Discreto grado di isorientazione. RIVESTIMENTO Ingobbio mediamente depurato, con fillosilicati e quarzo, di spessore compreso tra 0.04 e 0.10 mm. Vetrina spessa ( mm), incolore, ricca di inclusioni di quarzo angoloso, poco devetrificata. Tratti con pigmento rosso-bruno (fino a 0.04 mm di spessore) sotto la vetrina. Discussione dei dati Sulla base dei confronti con la cartografia geologica, la composizione dello scheletro di tutte le ceramiche analizzate (Gruppo minero-petrografico MA di CAPELLI-MANNONI 1998b) permette di non escludere una provenienza di queste ultime dalla Calabria centrale e meridionale, caratterizzata dalla presenza di un basamento metamorfico acido. Inoltre, i due sottogruppi MA2 e MA3 evidenziano buone analogie con altre produzioni ritenute, su basi archeologiche ed archeometriche, di origine calabrese. In particolare: a) gli impasti dei sottogruppi MA3a, MA3b e MA3c presentano affinità con quelli di diverse anfore Keay LII, di un raggruppamento a cui appartengono anche gli scarti delle fornaci di Lazzaro e Pellaro (CAPELLI 1998: sottogruppo MA3); b) confrontabili con il sottogruppo MA3 sono anche gli impasti di due ceramiche invetriate (CAPELLI-DI GANGI c.s.: sottogruppi MA1 e MA2), la n e la n (quest ultima, in particolare, è piuttosto simile al sottogruppo MA3b del presente contesto); c) al sottogruppo MA3d, infine, è simile l impasto di un anfora calabrese del X secolo (CAPELLI-LEBOLE 1999: n. 9/5331, sottogruppo G1). In merito all impasto del sottogruppo MA1, invece, meno caratterizzato degli altri, e da questi comunque differente, non si potrebbero escludere dal ventaglio di ipotesi altre aree mediterranee (CAPELLI-MANNONI 1998b). Tra queste, la Sicilia nord-orientale, dove affiorano rocce analoghe a quelle calabresi, con cui costituiscono il sistema calabropeloritano, è la più probabile, anche sulla base dei dati tipologici del frammento ceramico. In generale, si ha la conferma di quanto cominciava ad emergere negli studi precedenti (CAPELLI-LEBOLE 1999, CA- PELLI-DI GANGI c.s.): da un lato, nella Calabria centro-meridionale, uno stesso gruppo di argille costiere è stato diffusamente utilizzato per produzioni di epoche e classi diverse; dall altro, molte ceramiche calabresi possono essere facilmente distinte dalle altre produzioni mediterranee, grazie alla presenza, nei loro impasti, di un peculiare insieme di componenti (tra cui i foraminiferi globigerinidi, gli gneiss, le miche e i diversi minerali pesanti), che costituisce un valido indicatore di provenienza, indipendente dalla variabilità composizionale delle argille utilizzate e dalla tipologia dei manufatti. A questo proposito si può ricordare come le alterazioni operate dall uomo, prima o durante la cottura, possano accentuare le differenze esistenti tra le terre naturali o, addirittura, rendere molto differenti impasti realizzati con l argilla di una stessa cava. D altra parte, alcuni caratteri ricorrenti negli impasti e nei rivestimenti, legati a fattori tecnologici, possono permettere di distinguere, nell ambito della stessa area produttiva, una fabbrica da un altra. Un esempio potrebbe essere rappresentato dalle ceramiche del sottogruppo MA3b, di aspetto differente da quelle dei raggruppamenti vicini, ma costituite invece da argille in origine molto simili; gli elementi principali di distinzione risiedono nell aspetto della matrice e nelle trasformazioni subite da alcuni minerali (in particolare la calcite dei fossili e la biotite), che indicano il raggiungimento di temperature di cottura più elevate che negli altri raggruppamenti. Per quanto riguarda le ceramiche oggetto di questo studio, inoltre, si nota come i particolari caratteri del rivestimento rappresentino, nella maggior parte dei casi, sia un nuovo elemento di confronto tra i diversi campioni, sia un ulteriore elemento di distinzione da altre produzioni mediterranee. Otto campioni su undici (appartenenti ai sottogruppi MA1 e MA3) possono essere accomunati dalla presenza di uno stesso tipo di rivestimento (Fig. 4), costituito da un sottile strato di ingobbio, in genere a grana molto fine, ricco di fillosilicati e povero di quarzo, e da una vetrina anch essa di spessore non elevato, più o meno ricca di inclusioni di quarzo. Inoltre, è a tratti presente, sotto la vetrina, una decorazione costituita da aggregati micro-o criptocristallini, più o meno concentrati; il loro colore è in genere bruno o nero, ma anche rosso. Mentre il rivestimento del n (sottogruppo MA2) risulta completamente differente da tutti gli altri (Fig. 2), i rimanenti due campioni mostrano diversi elementi di confronto con i precedenti. Il n (MA3e) si distingue per lo spessore relativamente elevato della vetrina, mentre il n (MA3b) presenta un rivestimento vetroso con microinclusioni diffuse di natura incerta, spesso e di qualità molto scarsa (Fig. 5). In nessuno degli undici campioni esaminati si è notata la presenza, su l una o l altra delle due superfici, di uno schiarimento del corpo ceramico. I risultati delle osservazioni in sezione sottile giustificano la difficoltà di determinare ad occhio nudo, od anche allo stereoscopio, la natura del rivestimento delle ceramiche prese in esame. Diversi elementi contribuiscono a confondere le idee (Figg. 2-5): lo spessore molto basso dell ingobbio, che può essere interpretato come uno schiarimento superficiale; le inclusioni di quarzo, sempre presenti e talora molto numerose, che forniscono alla vetrina un discreto 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 5

6 grado di opacizzazione o, almeno, un aspetto lattiginoso; la bollosità (significativa, però, solo in un campione); i processi di devetrificazione secondaria, talora intensi, che possono anche eliminare localmente l originaria trasparenza del vetro; le concrezioni secondarie, sulla superficie della vetrina o all interno delle bolle. Un caso in parte simile è rappresentato da alcune produzioni invetriate islamiche (CA- PELLI-D ANGELO 1997), caratterizzate da uno schiarimento superficiale dell impasto e da una vetrina ricca di inclusioni di quarzo e di bolle, per le quali non è possibile affermare con certezza se l evidente effetto di opacizzazione del rivestimento, accentuato da un avanzato stato di devetrificazione, sia stato ricercato o meno dai vasai. Nel caso particolare del campione n (MA2), in attesa di nuove analisi, non si può escludere la presenza di uno smalto. Tuttavia, se l opacizzazione della vetrina fosse primaria ed intenzionale, resterebbe da giustificare l esistenza di uno strato, pur sottilissimo, di ingobbio (Fig. 2). Vi è comunque un precedente, anche se non ancora del tutto spiegato, nella protomaiolica ligure (completamente differente da questo campione per caratteri composizionali e tipologici), il cui rivestimento è costituito da ingobbio e smalto stannifero sovrapposti (GARDINI 1993; GARDINI-MAN- NONI 1995). In tutti gli altri casi studiati è evidente l esistenza, oltre che dell ingobbio, di una decorazione al di sotto del rivestimento vetroso (Figg. 3 e 4), e non al di sopra, come comunemente avviene con gli smalti. Tale elemento depone decisamente a favore dell ipotesi che la presenza delle inclusioni di quarzo, la quale comunque costituisce una delle caratteristiche della produzione studiata, non sia dovuta all intenzione, da parte dei vasai, di rendere opaca la vetrina. C.C. BIBLIOGRAFIA CAPELLI C. 1998, Il contributo delle analisi minero-petrografiche allo studio delle anfore Keay LII, in Ceramica in Italia: VI- VII sec., a cura di L. Saguì, Atti del Convegno, Roma 1995, Firenze, pp CAPELLI C., D ANGELO F. 1997, Analisi archeometriche e problemi riguardanti alcune ceramiche con rivestimento opaco, «Paper of the Medieval Europe Brugge 1997 Conference», vol. 7, pp CAPELLI C., DI GANGI G. c.s., La ceramica invetriata in Calabria (XI-XII sec.). Dati archeologici e minero-petrografici, in La ceramica invetriata dell Italia centro meridionale, Atti del Convegno, ed. S. Patitucci Uggeri, Roma 1999, Roma. 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