4.3 Interventi in ambienti agrari Realizzazione di nuovi boschi o fasce boschive in ambiente
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1 4.3 Interventi in ambienti agrari Realizzazione di nuovi boschi o fasce boschive in ambiente planiziale La creazione di boschetti o fasce boschive è di estrema importanza per la realizzazione di una rete ecologica ed, in generale, per il riassetto ecologico del paesaggio di un determinato territorio. Superfici boscate, anche di modeste dimensione, in un territorio di pianura, possono costituire degli importanti nodi centrali (core areas) di una diffusa e capillare rete ecologica. I nuovi impianti boschivi devono essere progettati in funzione delle caratteristiche stazionali (clima, profondità della falda, natura del suolo, geomorfologia, ecc.) attraverso le quali si individua la tipologia forestale ecologicamente coerente e quindi le specie da impiegare. Anche la definizione del sesto d impianto è essenziale per permettere una minima meccanizzazione delle operazioni selvicolturali durante i primi anni dalla piantagione. Sesti d impianto di 2x2m o 3x2 m, consento di gestire l impianto agevolmente, sia per quanto riguarda il controllo della vegetazione competitiva e soprattutto per le operazioni di irrigazione. E preferibile impiegare soggetti arborei aventi un altezza massima di 2 m e soggetti arbustivi di altezza massima di 1m, utilizzando materiale vegetale di queste dimensione, e quindi giovane, consente un maggior probabilità di attecchimento e di adattamento delle piante messe a dimora. Un buon modello d impianto è quello detto a macchia seriale che prevede l impiego di arbusti coetanei, e di soggetti arborei aventi età e dimensioni diverse. Al fine di migliorare le potenzialità ecotonali (creare le condizioni di margine per la fauna selvatica e le specie erbacee) dell impianto è indispensabile prevedere una striscia piantata solo ad arbusti lungo tutto il perimetro del nuovo impianto boschivo. Se è possibile la forma dell impianto deve essere il meno geometrica possibile, al fine di massimizzare lo sviluppo del perimetro e quindi avere maggior potenzialità ecotonali, inoltre se si adotta una forma che tende alla circolarità si ottiene anche la possibilità di un buon effetto interno (Habitat per specie prettamente silvicole). Per ciò che concerne la gestione dell impianto è consigliabile, durante i primi due anni, effettuare solamente delle falciature interfila, in modo che la vegetazione erbacea, sebbene competitiva, crei delle condizioni microclimatiche migliori per la crescita del postime (giovani piante forestali). La realizzazione di nuovi boschi o fasce boscate deve essere effettuata con specie e consociazioni previste nelle tipologie forestali ecologicamente coerenti, e possibilmente con i modelli selvicolturali di seguito riportati. Gli schemi di sesto d impianto sono solo esemplificativi, i sesti devono essere progettati in base alla funzione che andrà ad esplicare il nuovo bosco. Tipologie forestali dell ambiente planiziale Le varie formazioni forestali si differenziano in funzione delle caratteristiche ambientali del luogo: il clima, la pedologia ed il grado di affrancamento dalla falda freatica. Quest ultimo fattore ambientale è particolarmente significativo in aree di pianura localizzate in prossimità del corso d acqua dei fiumi o zone depresse rispetto al piano di campagna (livello del terreno). 79
2 Specie e consociazione del querceto carpineto Il querceto-carpineto è una normazione che si sviluppa sia nella bassa pianura che nell alta pianura, in ambienti ricchi d acqua ma con suoli ben drenati. Querceto-carpineto della bassa pianura Questa tipologia si sviluppa in zone ove la falda freatica è più superficiale, sono caratterizzati dalla dominanza nello strato arboreo dalla quercus robur (farnia) e dal carpino bianco (carpinus betulus), accompagnati dal ciliegio selvatico (prunus avium), acero campestre (acer campestre), pioppo nero (populus nigra, Olmo (ulmis minor), Frassino maggiore e minore (Fraxinus excelsior e fraxinus ornus). tipologia specie nome scentifico % specie arboree Farnia quercus robur 40-50% carpino bianco carpinus betulus 30-40% Orniello Acero Fraxinus ornus Acer campestre 10-20% specie arbustive Ciliegio Olmo Pioppo nero Pioppo bianco Nocciolo Prugnolo Frangola Biancospino Prunus avium Ulmus campestre Populus nigra Populus alba corylus avellana Prunus spinosa Frangula alnus crataegus monogyna Rispetto al totale delle piante messe a dimora il 50% saranno piante arboree ed il 50% di piante arbustive Querceto-carpineto dell alta pianura Questa tipologia forestale differisce dalla precedente, oltre che per la localizzazione geografica, anche per una maggior ricchezza in specie nella sua composizione. In generale si sviluppa con falda freatica più bassa. Indicativamente per la realizzazione di nuovi boschi di questa tipologia la ripartizione specifica indicativa è la seguente: 80
3 Querceto-carpineto dell alta pianura tipologia specie nome scentifico % specie arboree Farnia quercus robur 40-50% Carpino bianco carpinus betulus 30-40% Frassino maggiore Acero Fraxinus excelsior Acer campestre 10-20% specie arbustive Ciliegio Olmo Pioppo nero Pioppo bianco Orniello Nocciolo Lantana Frangola Biancospino Fusaggine Ligustro Rosa canina Corniolo Prugnolo Spincervino Sanguinello Prunus avium Ulmus campestre Populus nigra Populus alba Fraxinus ornus corylus avellana vinurnum lantana Frangula alnus crataegus monogyna Euonymus europaeus Ligustrum vulgare Rosa canina Cornus mas Prunus spinosa Rhamnus Catharticus Cornus sanguinea Rispetto al totale delle piante messe a dimora il 50% saranno piante arboree ed il 50% di piante arbustive. Querceto di farnia con olmo Il querceto di Farnia con Olmo si sviluppa su depositi fluviali a basso o moderato drenaggio, con un livello della falda abbastanza superficiale (profondità di 40 cm dal piano di campagna), e che possono essere anche interessati da fenomeni di esondazione. 81
4 In zone ove l acqua tende a ristagnare (es. le lanche) è premente anche l ontano nero (alnus glutinosa), mentre dove i terreni sono più drenati si forma, sotto le querce, anche un fitto strato arbustivo a nocciolo, biancospino, prunus spinosa e ligustro. Nelle stazioni intermedie la componente arborea oltre alla farnia e all lmo, si inseriscono anche l orniello, acero campestre, il pioppo bianco ed il pado (prunus Padus). Indicativamente per la realizzazione di nuovi boschi di questa tipologia la ripartizione specifica indicativa è la seguente: tipologia specie nome scentifico % specie arboree specie arbustive farnia qurcus robur 40 olmo ulmus campestre ontano alnus glutinosa 10 orniello fraxinus ornus 10 pioppo populus alba/nigra acero campestre acer campestre nocciolo biancospino Ligustro prugnolo pado corylus avellana crataegus monogyna Ligustrum vulgare prunus spinosa prunus padus Rispetto al totale delle piante messe a dimora il 50% saranno piante arboree ed il 50% Alneto tipico Gli alneti sono normazioni frequentemente pure e di limitata superficie a causa della specializzazione ecologica della specie. Nei comprensori di Pianura la normazione rientra nella tipologia dell Alneto tipico. Gli aneti sono normazioni azonali legati a suoli ricchi in acqua, e quelli a alnus glutinosa (ontano nero) sono diffusi nelle aree planiziali, a clima subcontinentale, su suoli sciolti (sabbiosi) con falda affiorante o quasi. Gli aneti di pianura si collocano soprattutto alla base delle scarpate delle valli a cassetta dei fiumi o altri corsi d acqua, oppure in terreni acquitrinosi, comunque sempre su suoli costantemente riforniti d acqua da falde idriche sospese, con suoli sciolti e ricchi in clementi nutritivi,in queste condizioni l ontano può aggiungere notevoli dimensioni. Nello strato arboreo l ontano è decisamente dominante, accompagnato sporadicamente da pioppo, da frassino maggiore, dal pado e a volte dalla farnia e dall olmo. L alneto può essere considerato una formazione stabile, in quanto le condizioni podologiche limitano, normalmente, lo sviluppo di altre specie. Indicativamente, per la realizzazione di boschetti o fasce boschive di questa tipologia forestale, la ripartizione specifica è la seguente: % = ontano 0-15 % = farnia, pioppo bianco, pioppo nero, almo, pado e salici 82
5 Saliceto di ripa e pioppeto-saliceto La formazione del saliceto di ripa è dominata dalla presenza del salice bianco (salix alba, specie indicatrice di suoli ricchi d acqua), con la presenza di populus nigra ed alba, i quali diventano più frequenti nelle zone in cui il grado di affrancamento del suolo dalla falda freatica è maggiore (formazione del pioppeto saliceto). Negli strati arbustivi sono presenti: corylus avellana (nocciolo), cornus sanguinea (sanguinello) e sambucus nigra (sambuco). Questa topologia forestale, nelle sue varie espressioni (saliceto di ripa e pioppeto saliceto), è presente solitamente lungo i maggiori corsi d acqua. Indicativamente per la realizzazione di boschetti o fasce boschive di questa tipologia forestale, indicativamente, la ripartizione specifica è la seguente: % = salice bianco % = pioppo bianco/pioppo nero Specie arbustive : nocciolo, sanguinello, sambuco 83
6 4.3.2 Modello selvicolturale impianto a macchia seriale Lo schema d impianto propone la costituzione di un impianto boschivo in cui il 50% è rappresentato da specie arboree ed il 50% da specie arbustive ed una piantagione realizzata attraverso la tecnica delle macchie seriali. Queste ultime si configurano come delle aree elementari, all interno delle quali sono messe a dimora le specie arboree in zolla/radice nuda contornate dalle specie arbustive in contenitore e perifericamente le specie arboree ed arbustive in fitocella. Tali aree elementari sono poi ripetute su tutta la superficie da riforestare. Questo modulo permette di avere una macchia seriale disetanea, la quale garantisce un aspetto pregevole estetico gia dai primi anni dell impianto. Tale tipologia di modulo permette alla fauna territoriale di trovare disponibilità di cibo e quindi un ambiente ottimale per insediarsi e riprodursi. Di seguito si riportano due schemi di riferimento per l impianto della macchia seriale. Schema macchia seriale con coronamento arbustivo e arbusteto interno, modulo adatto alla realizzazione di impianti a scopi faunistici 84
7 Schema a macchia seriale con coronamento arbustivo, indicato per impianti a funzionalità produttiva o generica. 85
8 4.3.3 Modello selvicolturale impianto coetaneo Gli schemi di seguito riportati illustrano l indicativo il sesto d impianto per riforestazione con piante coetanee. 86
9 4.3.4 Modello selvicolturale d impianto di isole biotiche Le isole biotiche sono delle piccole formazioni boschive (arboree ed arbustive) adatte alla riproduzione, al rifugio e alla alimentazione della fauna selvatica. Si tratta di interventi puntiformi che interessano pochi metri quadrati di terreno e che possono essere localizzati agli angoli degli appezzamenti coltivati per creare una copertura vegetale permanente e per spezzare la monotonia delle monocolture. Il blocco boschivo deve essere contornato da strisce inerbite o con colture a perdere. Gli schemi di seguito riportati sono solo indicativi, le dimensioni e le forme geometriche possono essere variabili. Le specie faunistiche che più si avvantaggiano di questa tipologia d impianto sono i galliformi, i lagomorfi ma anche il tasso l albanella minore, la tottavilla, l allodola e tutta l avifauna svernante o di passo (migrazione). Schema di realizzazione di isola biotica adatta ad ambienti con agricoltura intensiva 87
10 Schema di isola biotica con elevata complessità, adatta alla conservazione sia di specie d interesse gestionale sia d interesse naturalistico 88
11 Schema di isola biotica adatta per la conservazione di specie d interesse gestionale in zone dove la predazione da parte di rapaci e corvidi è elevata, in quanto la mancanza di alberi non permette ai predatori una caccia efficiente. Schema di isola biotica minimale realizzata attraverso la piantagione di tre soggetti arborei a rapido accrescimento (es. pioppo) e di arbusti sotto la copertura degli alberi. 89
12 Schema di isola biotica minimale realizzata attraverso la piantagione di arbusti sotto la copertura di un albero isolato. Le isole biotiche minimali venivano un tempo impiegate frequentemente nelle riserve di caccia private, oggi possono svolgere un ruolo interessante in ambienti caratterizzati da agricoltura intensiva basati su monocolture, come piccoli rifugi per la fauna selvatica, o costituire dei punti di game cover nelle aziende faunistico venatorie o agrituristico venatorie. 90
13 4.3.5 Realizzazione di nuove formazioni forestali lineari (siepi campestri) La struttura di una siepe campestre con specifica funzionalità faunistica deve essere caratterizzata dai seguenti elementi: Zone senza vegetazione (terra lavorata); Zone con accumulo di pietre o ramaglie (pile) utili per favorire la funzione di rifugio; Zone con solo vegetazione erbacea alta e bassa; Arbusti di varie dimensioni, per migliorare le possibilità di rifugio e la funzione trofica; Alberi a diversi stadi di maturità e/o struttura verticale pluristratificata, elementi fondamentali per dare la possibilità a più specie per trovare rifugio e riprodursi; Alberi morti, decadenti o marcescenti (necromassa); Alberi mantenuti a ceduo Piantare la siepe ad una quota maggiore di quella di campagna (terrapieno) almeno per brevi tratti, questo consente di favorire la localizzazione di tane e nidi; Fasce in adiacenza alla siepe mantenute inerbite, sfalciate due volte all anno Fasce o tratti di suolo lavorato; Ampiezza minima di 2m, per permettere un minimo di diversificazione ambientale; Orientamento perpendicolare ai venti dominanti, che consente alla fauna selvatica di aver un lato protetto e più riparato dalle intemperie. 91
14 Esempio di diversificazione ambientale in una siepe campestre Le siepi campestri possono essere realizzate anche in adiacenza a delle fasce boscate già esistenti o di nuova realizzazione, lasciando tra la fascia e la siepe uno spazio inerbito per migliorare la complessità ambientale e l effetto ecotonale. 92
15 Per migliorare la complessità ambientale della siepe campestre si possono realizzare delle disposizioni planimetriche definite a mosaico. La siepe a mosaico è rappresentata da segmenti di siepe pluristratificata alternati a spazi privi di vegetazione arborea o arbustiva. Tale disegno permette di aumentare perimetro ecotonale, soprattutto se si tratta di siepi pluristratificate a doppio o triplo filare. Come descritto in precedenza larghezza della siepe è fondamentale per creare un ambiente altamente efficiente, nello schema vengono riportate due tipologie di siepe a mosaico a diversa ampiezza trasversale. 93
16 4.3.6 Riqualificazione delle siepi campestri Gli interventi previsti di riqualificazione delle siepi campestri ripariali sono, normalmente, i seguenti: Tagli di diradamento selettivo, al fine di creare spazi sufficienti per l insediamento di rinnovazione naturale o artificiale, ed eliminare soggetti potenzialmente pericolosi per la loro instabilità; Mantenimento e messa in sicurezza di secconi, ovvero necromassa in piedi estremamente importante per il mantenimento di Habitat specifici per moltissime specie sia invertebrate che vertebrate; Mantenimento di matricine ben sviluppate da destinare ad invecchiamento indefinito; Diversificazione degli habitat presenti con accumuli di pietre, creazione di pile faunistiche e necromassa a terra; Diversificazione e miglioramento del margine con piantagione di arbusti, tendenti ad aumentare l ampiezza trasversale della siepe e migliorare l effetto di fascia tampone nel caso trattasi di siepe localizzata lungo un corso d acqua; Creazione di una fascia erbacea di distacco nei confronti delle coltivazioni o di altre formazioni agroforestali/boschive; Nuove piantagioni sottocopertura lungo la siepe utilizzando sia specie arboree che arbustive 94
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18 4.3.7 Colture faunistiche La realizzazione di coltivazioni specificatamente destinate alla fauna selvatica sono gli interventi di miglioramento ambientale più diffusi e più semplici da intraprendere, anche se la loro efficacia è condizionata da diversi fattori. Questi interventi sono comunemente denominati colture a perdere, nel senso che non vengono raccolte dall uomo ma utilizzate dagli animali, e si tratta di strisce di colture che vengono rilasciate dopo la raccolta e coltivazioni effettuate a scopo faunistico. Le coltivazioni per la fauna selvatica possono avere diverse finalità, di cui le principali sono le seguenti: trofiche (alimentari), quando lo scopo è quello di incrementare le disponibilità di cibo in una determinata area sottoforma di granella, foraggio secco o fresco, oppure in maniera indiretta quanto si aumenta la disponibilità di insetti, lombrichi, ecc ; di rifugio, rimessa o di sosta; di riproduzione, nel senso di creare un ambiente adatto; dissuasiva, quando le coltivazioni sono realizzate per ridurre i danni alle colture agrarie di pregio; di gestione faunistico-venatoria specifiche in determinate aree come le aziende faunistico-venatorie o agrifaunistico venatorie, ovvero colture con cui si vanno a definire particolari percorsi venatori e vengono chiamate game crops o coltures a gibier. I limiti faunistici di questi interventi non risiedono nella loro validità tecnico-scientifica, ma nella loro breve durata, solitamente limitata ad un anno, e dalla loro eccessiva estensione. Tali limiti possono essere pienamente superati attraverso una loro programmazione pluriennale e definendo l estensione massima di ogni intervento, in modo d avere una loro diffusione uniforme e capillare in un determinato territorio. In contesti di pianura i tempi di permanenza in campo delle colture faunistiche deve corrispondere al periodo in cui le risorse trofiche date dalle colture ordinarie sono al minimo annuale o non sono addirittura presenti, ovvero quando si crea un vuoto alimentare dovuto principalmente alla presenza di campi arati o residui colturali non adatti a svolgere una funzione alimentare nei confronti della fauna selvatica. In generale tale periodo, nella Pianura Padana, si verifica da giugno a novembre, in territori in cui è prevalente la presenza di monocolture a semina primaverile (es. mais) Ciò non si verifica da settembre a novembre ma anche per tutto il periodo invernale, se si ha una buona presenza di residui colturali di cereali a paglia e/o stocchi di mais da granella. Nei contesti collinari o montani le colture faunistiche risultano particolarmente utili per fornire alimenti concentrati (cereali) in aree in cui le coltivazioni ordinari sono poco presenti, e possono costituire luoghi di riproduzione e rifugio per alcune specie come la lepre, la starna, il capriolo e diversi passeriformi. Le coltivazioni faunistiche avvantaggiano soprattutto Galliformi e la Lepre tra le specie d interesse gestionale troviamo il Tasso, l Albanella minore, la Tottavilla, l Allodola; l Avifauna minore di passo e svernante rappresentano la fauna d interesse naturalistiche che più frequenta le colture faunistiche. 96
19 Dimensione delle coltivazioni faunistiche La dimensione delle superfici destinate a colture faunistiche devono avere una superficie che può variare da 100 mq a mq, o al massimo, in condizioni di difficoltà di realizzazione e programmazione, fino a mq. Modelli di semina I modelli di semina possono essere raggruppati in tre diverse tipologie: 1) modello a blocchi, in cui la coltivazione è suddivisa in due o più strisce seminate con una sola specie; 2) modello a consociazione in cui si procede alla semina su tutta l area di due o più specie; 3) modello a mosaico, in cui la striscia di coltura è costituita da singole aree che si alternano seminate con specie diverse. Localizzazione delle coltivazioni Colture faunistiche Schema a mosaico con colture alternate sulla stessa fascia 97
20 Colture faunistiche Schema a mosaio accorpato La localizzazione ideale è quella lungo i confini degli appezzamenti in diretto contatto con elementi naturali o naturaliformi come le siepi campestri, le rogge, margini forestali. In contesti agronomicamente e paesaggisticamente semplificati (es. grandi monocolture di cereali) la localizzazione può essere quella centrale all appezzamento principale. Colture faunistiche Schema della disposizione delle colture faunistiche a ridosso di elementi agroforestali 98
21 Schema della disposizione delle colture faunistiche in un paesaggio semplificato Colture faunistiche Monocoltura di cereali Al fine di garantire una tranquilla fruizione delle colture da parte della fauna selvatica, i singoli appezzamenti devono stare ad una distanza minima di 100 m dalle costruzioni e da fonti di disturbo (es. strade intensamente fruite, attività estrattive in atto, ecc ). 99
22 Due o più appezzamenti destinati a colture faunistiche non possono essere contigui fra loro, ma devono essere separati da una fascia a prato o a erbaio di almeno m di larghezza, oppure da una roggia o una formazione forestale con larghezza maggiore di 5 m. Modalità d impianto e di gestione delle colture faunistiche L impianto delle colture faunistiche è realizzato in maniera tradizionale o con la tecnica della seminana su sodo, ricorrendo ad un trattamento diserbante solamente in pre-semina, con prodotti a bassa tossicità. La fertilizzazione viene effettata all impianto solamente con fertilizzante organico immediatamente interrato con le operazioni di preparazione del letto di semina. La operazioni di gestione colturale si limitano solamente, quando è possibile e conveniente, all irrigazione estiva, e non si devono effettuare concimazioni di copertura. Alla fine del periodo di mantenimento in campo la coltura viene trinciata e sovesciata (interramento dei residui colturali attraverso l aratura). La coltura può essere ripetuta sullo stesso appezzamento di terreno, ricorrendo prioritariamente alla tecnica di semina su sodo, per non più di tre o quattro anni, al fine di evitare l instaurarsi di problemi agronomici ed ambientali dovuti all eccessivo ristoppio (successione della coltura a se stessa), a meno che non si esegua un avvicendamento tra la localizzazione delle diverse colture. Valore faunistico delle colture maggiormente diffuse in ambiente planiziale Il valore faunistico di una coltura è in funzione della capacità della stessa di soddisfare le varie esigenze delle diverse specie, sia d interesse gestionale sia d interesse naturalistico. Quindi, da come la coltura soddisfa le necessità all alimentazione (diverse per i giovani rispetto agli adulti e per lo stato del ciclo biologico), alla sicurezza (rifugio) e alla riproduzione (siti di nidificazione) che si definisce la sua attitudine faunistica. Nel corso dell anno il valore faunistico di una coltura varia, in quanto direttamente correlato al ciclo biologico della fauna e allo stato fenologico della coltura. I cereali a paglia sono siti di nidificazione per la starna ed il fagiano, mentre la lepre li utilizza per partorire. Il valore alimentare della coltura è elevato allo stadio di maturazione lattea e in quella di maturazione fisiologica. 100
23 La coltura a perdere del mais è alquanto efficace per le finalità faunistiche in quanto: le distanze tra le file ( cm) e di interfila (ottimale cm) permettono lo sviluppo di numerose infestanti come l amaranto, la persicaria, il farinello, la sorghetta, che sono tutte ben appetite dai galliformi quali la starna ed il fagiano; la coltura del mais genera una buona copertura e riparo durante tutta la stagione invernale, e non essendo eccessivamente fitta, permette un agevole movimento, internamente ad essa, di lepri, starne e fagiani; in generale il mais non presenta alcuna valenza per la nidificazione, ma rende disponibile una buona risorsa alimentare in autunno ed in inverno. Infine, gli erbai di medica sono un buon ambiente per il rifugio e l alimentazione di diverse specie faunistiche per la particolare buona presenza di insetti ed artropodi che soddisfa le esigenze alimentari dei pulcini di galliformi. Tipologie delle colture faunistiche Le colture faunistiche vengo classificate in funzione del periodo di semina o di quello di permanenza in campo. Colture a semina primaverile Queste colture vengono seminate entro il 15 maggio, utilizzando sementi di varie graminacee e leguminose, o appropriati miscugli. I cereali da impiegarsi sono il mais, il sorgo nano, il miglio, il panico, il frumento, l orzo e l avena, mentre per le leguminose si impiegano solitamente la soia, la veccia e il pisello. Le varie specie si seminano con un modelli a blocco, a mosaico o in consociazione. E necessario che in ogni campo vengano seminate almeno due specie. Nel caso del mais è necessario, ad ottobre, abbattere il 30% delle piante in piedi per rendere disponibile la risorsa alimentare a terra, e poi progressivamente le restanti parti fino alla primavera. Nel caso in cui il mais sia coltivato con modello a blocco o a mosaico, una tecnica per migliorare la qualità pabulare, è quella di seminare, previa sarchiatura (maggio-giugno), il loietto. Tale specie si svilupperà in autunno quando miglioreranno le condizioni di umidità del suolo e il mais sarà secco. Il loietto creerà una copertura verde che migliorerà le risorse trofiche della coltura, soprattutto per la lepre, ma anche la funzione di rifugio e rimessa per la fauna selvatica in generale. La coltura deve restale in campo fino alla fine del mese di marzo dell anno successivo alla sua semina. Colture a semina estiva Sono coltivazioni che vanno seminate tra giugno e luglio, impiegando sementi di mais precoce, sorgo nano, miglio e panico, utilizzando il modello a blocchi, a mosaico o consociate. Queste coltivazioni devono restare in campo fino alla 1^ o 2^ decade di marzo dell anno successivo alla semina. Colture a semina autunno vernina Le semine vengono effettuate entro il mese di novembre, con semi di graminacee, leguminose o loro miscugli di norma costituiti da un cereale e una foraggera. Le graminacee possono essere il panico, il frumento, l orzo, l avena e la segale, mentre le foraggere sono il loietto, la medica, il trifoglio incarnato, la veccia e il pisello da foraggio. Anche il cavolo da foraggio e la colza possono rientrare nei miscugli. 101
24 Colture faunistiche per gli ungulati Impianto di colture a semina primaverile o autunnale di cereali, leguminose o miscugli di cereali e leguminose, con destinazione a perdere, per l alimentazione e il rifugio della fauna selvatica nei territori caratterizzati da scarsa disponibilità di coltivi. Specie di valore gestionale interessate: Galliformi, Lagomorfi, Lepre, Cervidi (o anche Cinghiale se dette colture sono impiantate con la funzione di dissuadere la frequentazione di colture di interesse o di aree limitrofe ai centri abitati) Specie di valore naturalistico e conservazionistico interessate: avifauna di passo e svernante (in particolare, Rapaci, Turdidi e Fringillidi) Coltivazione di ortaggi Le semine di queste colture vengono effettuate con cavolo da foraggio, cavolfiore e rape, dall inizio di giugno fino alla metà di agosto. La coltura può essere impiantata anche su stoppie di cereali a paglia. Semine interfilari Queste semine vengono effettuate, tra febbraio e maggio/giugno, tra le file delle colture sarchiate solamente di mais e girasole, utilizzando una specie foraggera con finalità alimentari o per la copertura del suolo dopo la raccolta. La tecnica della semina del loietto nelle interfile del mais, come descritto in precedenza, appartiene a questa tipologia d intervento. Rilascio di fasce di coltura Tale intervento consiste nel rilasciare in piedi delle fasce o piccole porzioni di coltura a fini faunistici. La posizione di tali fasce è, preferibilmente, lungo i confini dell appezzamento in prossimità di siepi campestri, aree arbustive o incolte e fasce erbacee. Questo intervento viene effettuato con i cereali a paglia, il mais e la colza. Sarebbe buona norma provvedere, per tempo, alla semina di foraggere nel mais, per le parti da rilasciare. Siepi campestri Fasce erbacee Porzioni di colture da rilasciare Prati/erbai 102
25 Mantenimento dei residui colturali a fini faunistici Questo intervento consiste nel rilasciare in campo i culmi e gli stocchi, dopo la mietitura, ad un altezza variabile tra i cm e l altezza dell interno culmo per i cereali a paglia (mietitrebbie con testata stripper), foglie, porzioni di pannocchie e granella caduta al suolo. Per il mais ceroso (mais da trinciato) l altezza del residuo colturale è condizionata dal fatto che la pianta viene raccolta interamente, (si tratta generalmente, di cm). Le colture che maggiormente si prestano al rilascio dei residui in campo sono i cereali a paglia, il mais ed il girasole. Il mantenimento dei residui colturali svolge un ruolo importante per diverse specie selvatiche e per l ambiente in generale, e può efficacemente mitigare il repentino cambiamento ambientale legato alla raccolta delle colture. Tutto ciò è particolarmente rilevante in comprensori agricoli fortemente caratterizzati da sistemi monoculturali di colture sarchiate o dalla grande diffusione di cereali a paglia con immediata lavorazione del suolo dopo la raccolta. Successivamente alla mietitura non deve essere raccolta e pressata la paglia, non deve essere effettuato alcun trattamento con erbicidi o altri fitofarmaci, non devono essere effettuate operazioni di fertilizzazione (es. liquamazione), e infine le superfici non devono essere utilizzata a pascolo. I semi caduti al suolo, lo sviluppo di erbe spontanee ed i residui colturali stessi, costituiscono una risorsa alimentare preziosa che va ad aggiungersi a quella già presente in un determinato contesto territoriale. La valenza pabulare, di protezione/rifugio e come sito di riproduzione aumenta con il passare del tempo rispetto alla data di raccolta. Infatti, nel periodo successivo la raccolta, se le condizioni climatiche lo consentono, inizia lo sviluppo di una vegetazione erbacea spontanea, di fiori e frutti eduli, e di conseguenza anche di insetti e, in genere, di invertebrati. Per contenere delle erbe infestanti, e quindi per non innescare problemi agronomici alle coltivazioni successive, si ricorre ad una trinciatura o sfalcio di tale vegetazione da eseguirsi tra la metà di luglio ed i primi di settembre. Tale limite temporale consente alla vegetazione spontanea di crescere e svilupparsi prima dell inverno ma di non andare a seme. In generale i residui colturali del mais sono meno efficienti, in termini faunistici, di quelli dei cereali a paglia, soprattutto se si tratta di coltivazioni di mais tardivo che viene raccolto ad ottobre o novembre, quando la vegetazione spontanea non è più in grado di svilupparsi. Se da un lato i residui colturali del mais tardivo (si tratta di mais da granella) non permettono lo sviluppo di una copertura erbacea, dall altro la coltura rilascia in campo una notevole quantità di granella a terra, a differenza del mais ceroso (raccolto, generalmente, dopo la metà di agosto e destinato all insilamento) che consente lo sviluppo di una copertura erbacea, ma non rilascia granella in campo, in quanto la pianta del mais è interamente raccolta ad un determinato stadio di maturazione cerosa della granella per permetterne la conservazione in silos. Periodo di mantenimento in campo dei residui colturali Maggiore è il periodo di permanenza in campo dei residui colturali, migliore è l effetto benefico nei confronti della fauna selvatica e dell ambiente in generale. Per breve periodo di permanenza, si intendono 3-4 mesi (i primi mesi estivi per i cereali a paglia), per periodo medio, 5-6 mesi (fino a novembre/dicembre per i cereali a paglia) e, per lungo periodo, quando i residui colturali restano in campo tutto l inverno fino a marzo dell anno successivo alla semina. Il breve periodo ha un significato ambientale modesto, ma può assumere un discreto valore faunistico, soprattutto in funzione delle risorse alimentari temporaneamente disponibili. 103
26 Ovviamente il valore ecologico più elevato lo si ottiene con il lungo periodo in quanto l effetto rifugio (buon sviluppo della vegetazione spontanea) e le risorse alimentari (foraggio, semi, insetti, lombrichi, ecc ) permangono nel periodo più critico, cioè quello invernale e dell inizio della primavera. Esempio di mantenimento dei residui colturali lungo una siepe arborea Particolare della vegetazione spontanea sviluppata su residui colturali 104
27 Maggese o set-aside faunistico Il maggese è un antica pratica agronomica con la quale si lasciava a riposo il terreno per una o più stagioni agrarie, con lo scopo di ripristinare la fertilità del suolo in previsione dell impianto di nuove coltivazioni. Tale pratica agronomica chiamata set-aside è stata utilizzata come misura di politica agraria comunitaria per il ritiro produttivo dei seminativi al fine per limitare la produzione di cereali. Il set-aside può assumere due forme diverse: set-aside a gestione agronomico-ambientale set-aside coltivato Il set-aside coltivato prevede una serie di coltivazioni che, per ciò che interessa la fauna (setaside faunistico), si rifanno alle varie coltivazioni a perdere, o alla semina di erbai annuali o poliennali a fini faunistici. Il set-aside a gestione agronomico-ambientale è quello che, se opportunamente condotto, può essere definito un maggese faunistico. Questa tipologia d intervento prevede la gestione della vegetazione erbacea spontanea e dei residui colturali della coltura precedente in modo da creare un ambiente in grado di soddisfare le diverse esigenze della fauna selvatica. Tale finalità deve risultare compatibile con le esigenze agronomico produttive in modo da limitare la potenziale presenza di infestanti nelle successive coltivazioni. Quindi, la vegetazione spontanea deve essere gestita attraverso sfalci o trinciature per non permettere la riproduzione delle malerbe, ma con tempi e modalità rispettosi per la fauna selvatica. Agronomicamente il taglio della vegetazione spontanea, al fine di un ottimale controllo della riproduzione della vegetazione infestante, è previsto entro la fine di maggio, periodo particolarmente critico per diverse specie faunistiche in pieno periodo riproduttivo. Per salvaguardare le esigenze riproduttive lo sfalcio non può essere fatto prima della metà di luglio e dopo i primi di settembre, per consentire alla vegetazione spontanea di svilupparsi e formare un adeguata copertura erbacea. La trinciatura o gli sfalci sono comunque indispensabili, nel caso di maggese pluriennale, per mantenere una buona diversificazione delle specie erbacee presenti. Infatti, dopo il primo anno, a causa del fenomeno della competizione, la copertura vegetale tende ad essere formata da poche specie con scarso valore pabulare anche in relazione alla presenza di insetti e artropodi utili alle nidiate di fasianidi. Con gli sfalci e le trinciature, eseguiti con tempi e modalità faunisticamente compatibili, si interrompe l evoluzione naturale della copertura erbacea, limitando la diffusione delle specie più competitive, mantenendo così una buona diversificazione specifica. Il maggese faunistico, come del resto gli incolti in generale, sono un ambiente ideale per la nidificazione e l alimentazione delle covate di fasianidi e, se ben gestiti, forniscono buone risorse trofiche e aree rifugio per il fagiano, la starna e la lepre per tutto l arco dell anno. 105
28 4.3.8 Impianto e gestione di prati e/o erbai I prati rappresentano un ambiente veramente importante per moltissime specie faunistiche. Il loro impianto o la loro corretta gestione in chiave faunistica rappresentano interventi di miglioramento ambientali e faunistici strategici nella maggior parte degli agro-ecosistemi, poichè in grado di mantenere e conservare un buon livello di biodiversità. Il prato polifita permanente (prato stabile), ma anche quelli monofiti annuali o poliennali (erbai), costituiscono un ambiente idoneo a soddisfare le esigenze di moltissime specie faunistiche, grazie alla loro capacità di fornire risorse alimentari e aree rifugio, sia nei mesi invernali sia nel periodo riproduttivo. I prati, normalmente coltivati senza uso di fertilizzanti di sintesi e senza l impiego di fitofarmaci se non in situazioni particolari d impianto o di gestione colturale, rappresentano, quindi, ambienti importanti da realizzare o conservare sia nei comprensori caratterizzati da un agricoltura intensiva sia nei territori collinari o montani connotati da un agricoltura più estensiva. Le diverse tipologie d intervento sono di seguito riportate: Semina o gestione di prati a sfalcio tardivo La gestione ordinaria e tradizionale del prato prevede diversi interventi di sfalcio per la produzione di foraggio che può causare un elevata mortalità dei piccoli di lepre e limitare fortemente il successo riproduttivo dei fasianidi. La gestione dei prati a fini faunistici è denominata a sfalcio tardivo, ossia il primo sfalcio viene effettuato in epoca più tardiva rispetto a quella tradizionale, per evitare di danneggiare la riproduzione della fauna. Infatti, sfalciando in un periodo seppur ritardato, ma antecedente al 15 di luglio, è possibile generare danni ai nidi dei galliformi. Quindi la metà di luglio rappresenta il limite temporale oltre il quale è possibile eseguire il primo taglio senza creare gravi danni e disturbi alla riproduzione della lepre e provocare la distruzione dei nidi di galliformi. Una buona pratica è quella di ricorrere alla trinciatura della vegetazione anziché al suo taglio, in quanto le macchine operatrici trincianti vengono portate posteriormente alle trattrici, dando maggior possibilità di fuga agli animali. Per mantenre in buona efficienza agronomica e vegetativa il cotico erboso è comunque necessario effettuare almeno due sfalci nel corso della stessa stagione agraria, al fine di evitare l instaurarsi di specie invasive e infestanti. L ultimo sfalcio o trinciatura non deve essere eseguito oltre il 15 di settembre, in modo da consentire lo sviluppo di una buona copertura erbacea in grado di permanere per tutta la stagione invernale. L erba medica è particolarmente efficace nell originare una copertura e un ambiente di rifugio per la fauna (lepre e galliformi) perché i suoi fusti, seccandosi, restano eretti per tutto l inverno. Buoni prati a sfalcio tardivo sono costituiti da una consociazione di graminacee e leguminose, solitamente impiegando l erba medica o il trifoglio e il loietto perenne (lilum perenne), con l eventuale aggiunta al miscuglio di semina di lolium italico, festuca, erba mazzolina o poa. I trifogli da impiegarsi possono essere il ladino (trifolium repens) o il trifoglio violetto (trifolium pratense). Il trifoglio ladino, essendo una specie sciafila, potenzialmente può resistere meglio alle condizioni che si creano, effettuando pochi sfalci. In generale è più opportuno impiegare come leguminosa l erba medica, la quale genera una copertura più stabile e consona alle esigenze della fauna selvatica durante l inverno. Nella preparazione del miscuglio è bene favorire la presenza di semi di medica rispetto a quelli di loietto, in quanto quest ultimo tende, nel tempo, a prevalere. 106
29 Indicativamente, un buon miscuglio di semina è costituito da kg/ha di medica e 4-5 Kg/Ha di loietto. L erba medica è una risorsa alimentare soprattutto per la lepre e la starna, ma rappresenta anche un buon sito di nidificazione per i fagiani, quaglie e strane. Il medicaio è ricco di collemboli, coleotteri, piccoli aracnidi, ovvero fonti alimentari indispensabili per la crescita e lo sviluppo dei pulcini dei fasianidi. Lo sfalcio tardivo consente agli afidi ed agli insetti pronubi di completare il loro ciclo, normalmente interrotto dai tradizionali sfalci, e permette alla medica di fiorire e attrarre gli insetti pronubi ed al loietto di andare a seme. Il seme di loietto rappresenta una risorsa alimentare aggiuntiva per gli artropodi carpofagi e per gli uccelli granivori. Il loietto perenne resiste ai rigori della stagione invernale e rappresenta una risorsa alimentare soprattutto per la lepre. Agronomicamente il prato a sfalcio tardivo migliora la fertilità del suolo, sia per la presenza della medica che arricchisce il terreno attraverso l azotofissazione, sia per l azione positiva della fauna tellurica favorita dalla presenza di elevata disponibilità di sostanza organica. Quest ultimo fenomeno è facilmente rilevabile nelle fasce prative ai bordi dei campi coltivati dove la quantità di lombrichi può raggiungere i Kg/Ha contro i 50 Kg/Ha delle coltivazioni vicine (Sotherton 1998). Gli interventi di impianto di prati a sfalcio tardivo possono essere realizzati con fasce di larghezza variabile (> 5 m) poste lungo i confini degli appezzamenti, possibilmente in prossimità di fossi e rogge, al fine di aumentare l effetto margine e svolgere anche una funzione tampone nei confronti del reticolo idrico superficiale. L estensione di tale intervento può variare da un minimo di mq ad un massimo di mq. Conversione dei medicai a fine ciclo in prati stabili L intervento di conversione di medicai a fine ciclo (> 3 anni) avviene per mezzo di una trasemina di graminacee (loietto, erba mazzolina, festuca, poa), di leguminose (trifogli) o loro miscugli a base di medica + loietto come per i prati a sfalcio tardivo. Conversione di seminativo in prato stabile L intervento consiste nell impianto di un prato stabile su seminativo attraverso la semina, entro il mese di maggio, di un miscuglio di foraggere con almeno una leguminosa e due graminacee. Erbai intercalari di copertura (sovesci e cover-crops) Il sovescio è una antica tecnica agronomica con la quale la coltura seminata interrata al fine di apportare sostanza organica nel suolo e migliorare le sue condizioni di fertilità. Le cover crops non necessariamente devono essere sovesciate, in quanto il loro scopo principale è quello di proteggere il suolo dall erosione idrica. Per la semina degli erbai intercalari di copertura a scopo faunistico si impiegano misculgli da erbai composti da graminacee e/o leguminose, impiegando le seguenti specie: loietto perenne, loiessa, erba mazzolina, trifogli, avena, orzo, festuca, poa e erba medica. Si può impiegare efficacemente anche l erbaio Landesberg (loietto, trifoglio e veccia) o il tradizionale avena-veccia-pisello, ambedue a semina autunnale. L estensione minima di tale intervento è di mq. 107
30 4.3.9 Modalità di esecuzione delle pratiche agricole di tipo conservativo Questi interventi consistono nella regolazione dei tempi e dei metodi di lavorazione e raccolta delle colture: sfalcio dei foraggi e degli incolti in tempi compatibili con la tutela della riproduzione della fauna selvatica; modalità di raccolta meccanica; impiego della barra d involo durante le operazioni agricole al fine di tutelare gli animali presenti negli appezzamenti coltivati; astensione dallo sfalcio e dal raccolto di cereali e leguminose per la tutela dei nidi di Galliformi e delle covate di Lepre; mantenimento autunnale e invernale delle stoppie di cereali e astensione, nelle medesime, dal controllo meccanico e chimico della vegetazione spontanea; astensione dall erpicatura in pioppeti, vigneti e frutteti nel periodo compreso tra aprile e luglio, ecc.. ; ricorrere a tecniche di semina su sodo o di minima lavorazione; Le specie che si avvantaggiano da questi interventi sono i galliformi, la lepre l Albanella minore, l Allodola, la Tottavilla, l avifauna svernante e di passo Conservazione e gestione dei margini erbacei non coltivati e degli incolti I margini erbacei non coltivati sono solitamente funzionali alle diverse operazioni di coltivazione, ad esempio spazio di manovra e passaggio delle macchine agricole, scarpate e aree di pertinenza di fossi, rogge e canali e delle scoline. Tali aree, seppur non coltivate, sono sottoposte ad operazioni di sfalcio, diserbo, erpicature ecc.., per evitare la diffusione delle erbe infestanti nei campi coltivati. Nonostante i margini erbacei sono molto spesso di limitata estensione, svolgono un ruolo importante in sistemi agricoli semplificati e connotati da una forte presenza di colture sarchiate. Infatti, in questi contesti agrari possono essere utilizzati come aree rifugio, riproduzione e alimentazione da parte di molte specie. Tale valenza faunistica può estrinsecarsi solamente se le operazioni agricole di gestione dei margini siano compatibili con le esigenze della fauna presente. Esempio di fascia erbacea 108
31 La gestione e conservazione dei margini, fasce erbacee ed incolti Gli interventi inerenti le fasce erbacee, i margini erbacei non coltivati e gli incolti consistono nel mantenimento della copertura vegetale limitando la gestione ad un solo sfalcio da realizzarsi dopo il 15 di luglio ed entro il 15 di settembre, ovvero non ricorrendo ad alcuna lavorazione del suolo e al diserbo. In particolare sono molto importanti le operazioni di conservazione delle capezzagne (testate dei campi) a contatto con siepi campestri, in quanto rappresentano, se non trattate con erbicidi, aree di alimentazione e di nidificazione per tutte le specie di Galliformi. Gli incolti erbacei hanno un effetto positivo sulle popolazioni di Galliformi e Lepre a condizione che le aree lasciate incolti non siano raggruppate in blocchi di vasta estensione, ma siano sparpagliati in mezzo alle coltivazioni. Realizzazione di fasce erbacee Questo intervento consiste nella realizzazione e successiva conservazione di strisce inerbite, della larghezza di 3-15 m, lungo i bordi dei campi o all interno di essi. Dette fasce devono essere sfalciate o trinciate dopo il 15 di luglio e non oltre il 15 di settembre in modo che la copertura erbacea possa di nuovo svilupparsi e mantenersi nel periodo autunno-invernale. Per la realizzazione di fasce erbacee si ricorre alla semina di miscugli costituiti almento da una leguminosa e almeno due graminacee, come previsto per la realizzazione dei prati a sfalcio tardivo. In generale le fasce erbacee devono avere una superficie minima di mq e non devono essere posizionate ad una distanza maggiore di 200 m da elementi agroforestali. Un tipo particolare di fasce erbacee sono le beetle bancks (banchine per gli insetti), ovvero delle strisce di vegetazione spontanea o seminata, non trattate e non lavorate, posizionate all interno di vasti appezzamenti di cerali, che costituiscono un ambiente favorevole alla presenza degli insetti utili e quindi per l alimentazione dei giovani galliformi e passeriformi. Esempio di banchina per gli insetti 109
32 Sfalcio periodico dei pascoli/prati abbandonati Lo sfalcio periodico di pascoli o prati abbandonati da 2 a 4 anni o la trinciatura degli incolti cespugliati consente una ripresa del cotico originario e, quindi, un incremento della disponibilità di foraggio di elevata qualità. Spazi sottoposti a sfalcio periodico consentono di creare le condizioni ideali per l alimentazione animale da parte dei galliformi. L intervento di sfalcio deve essere eseguito una volta all anno dopo il 15 di agosto per evitare danni alle covate. Le specie d interesse gestionale interessate a questa tipologia d intervento sono i galliformi, la lepre e i cervidi, mentre quelle d interesse naturalistico sono: i Rapaci, il codirossone, lo zigolo, l ortolano e avifauna migratoria e svernante Recupero dei pascoli degradati e abbandonati a fini faunistici Il recupero dei pascoli degradati o abbandonati consiste in una serie d interventi quali: Sfoltimenti o tagliate a strisce o a mosaico dei complessi a ontano verde o di pino mugo per un 10-20% delle aree; Tagli di contenimento di cespugli/arbusti o decespugliamento Pascolamento di mandrie miste (bovini,caprini e ovini) estivo sui pascoli più alti evitando la presenza di cani da pastore (causa dell allontanamento delle nidiate, con carichi moderati differenziati secondo la tipologia di pascolo, ovvero: pascolo magro, grasso e umido, pascolo cespugliato, pascolo arborato e cespuglietto. 110
33 Miglioramento ambientale dei pioppeti Il miglioramento ambientale dei pioppeti consiste in una gestione estensiva della coltura forestale, al fine di incrementare la diversità strutturale del pioppeto a favore di specie che frequentano tali ambienti, sia stanziali che migratorie. Gli interventi prevedono le seguenti misure: a) mantenimento ogni 5-6 filari di pioppo di una striscia di 5-6 metri di larghezza(dipendente dal sesto d impianto) non arata, non erpicata e non trattata con pesticidi e/o erbicidi, alternata con turno di almeno 3 anni. La lunghezza della striscia è la stessa di quella dell appezzamento o una porzione non inferiore al 50%; b) impianto di nuclei di vegetazione arboreo-arbustiva lungo i margini dell impianto; c) mantenimento sul posto di necromassa derivante dalle operazioni colturali. Le specie d interesse gestionali che si avvantaggiano di quest intervento sono il fagiano, la lepre e i columbidi, mentre quelle d interesse naturalistico sono i Picidi, i Rapaci, i Passeriformi silvicoli in generale. 111
34 Conversione dei pioppeti Conversione di pioppeti artificiali boschi seminaturali o naturali prevede una sostituzione progressiva del soprasuolo attraverso una serie di interventi selvicolturali a taglio a buca. Gli interventi di nuova piantagione devono prevedere l utilizzo di specie tipiche delle tipologie forestali ecologicamente coerenti con le caratteristiche stazionali. Ad esempio nelle aree più prossime al fiume la tipologia di riferimento è il pioppeto-saliceto, nelle aree più depresse, con falda affiorante, la tipologia deve essere quella dell alneto, mentre nelle zone oltre il limite delle massime piene ordinarie la tipologia è quella del querceto con olmo. La sostituzione del pioppeto con il nuovo soprassuolo deve essere graduale per non turbare l ecosistema boschivo e le condizioni di vita della fauna presente. Le dimensioni della buca di taglio e di successiva piantagione deve essere massimo di 25 m di diametro. La conversione in boschi naturali o seminaturali avvantaggia diverse specie come: fasianidi, mustelidi, picidi, rapaci, passeriformi silvicoli. 112
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