Centro Studi C.N.I dicembre 2012

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1 Centro Studi C.N.I dicembre 2012

2 INDICE RASSEGNA STAMPA Centro Studi C.N.I dicembre 2012 ASSOCIAZIONI NON REGOLAMENTATE Sole 24 Ore 14/12/12 P. 26 La legge al voto il 19 dicembre 1 PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE Italia Oggi 14/12/12 P. 35 Persiste la crisi, ma il Parlamento si occupa dei senza albo 2 PREVIDENZA PROFESSIONISTI Italia Oggi 14/12/12 P. 35 Over 65, l'inps torna alla carica 3 Italia Oggi 14/12/12 P. 35 Istruzioni per l'uso 4 FISCO E PROFESSIONISTI Italia Oggi 14/12/12 P II bancomat über alles 5 BANDI PUBBLICI Sole 24 Ore 14/12/12 P. 29 Banca dati sugli appalti, partenza dal 1 aprile Mauro Salerno 7 AFFIDAMENTI IN HOUSE Sole 24 Ore 14/12/12 P. 26 Per gli affidamenti in house salta il limite di 200 mila euro Gianni Trovati 8 INFRASTRUTTURE Sole 24 Ore 14/12/12 P. 13 Infrastrutture: il bilancio magro dell'ultimo miglio Giorgio Santilli 9 ENERGIA Corriere Della Sera 14/12/12 P. 13 Gli incentivi elettrici e la bolletta bancomat Stefano Agnoli 10 UNIVERSITÀ Corriere Della Sera 14/12/12 P. 55 Per ritrovare fiducia nel futuro bisogna cominciare dalle università Ivan Lo Bello 11 TOBIN TAX Corriere Della Sera 14/12/12 P. 13 Una tassa che salva la speculazione Massimo Mucchetti 12 RIFORMA FORENSE Corriere Della Sera 14/12/12 P La riforma che penalizza i giovani avvocati Gian Antonio Stella 13 COMMERCIALISTI Sole 24 Ore 14/12/12 P. 29 Elezioni commercialisti fra dialogo e schermaglie Giorgio Tosta 16 Corriere Della Sera 14/12/12 P. 39 Commercialisti, il voto della discordia Il ministro ora manda il commissario Isidoro Trovato 17 Italia Oggi 14/12/12 P. 31 La base chiede un Cndcec unito Benedetta Pacelli 18 CONFPROFESSIONI Italia Oggi 14/12/12 P. 31 Confprofessioni, Stella presidente 19 Indice Rassegna Stampa Pagina I

3 ASSOCIAZIONI La legge al voto il 19 dicembre Mercoledì i9 alle 14la Commissione Attività produttive della Camera esaminerà in sede legislativa la proposta di legge sulle professioni non organizzate. Si riapre la possibilità di una legge per i «Senz'Albo». Associazioni non regolamentate Pagina 1

4 Persiste la crisi, a il Parlamento si occupa dei senza albo Che fa il parlamento mentre lo spread risale, l'emergenza dei conti pubblici si aggrava e il governo è in difficoltà? Trova il tempo di occuparsi di un fondamentale disegno di legge (ddl 3270 testo unificato Froner Pd, Buttiglione Formisano Udc, Della Vedova Fli) in materia di professioni non organizzate che punta a mettere sotto lo stesso ombrello e con un solo colpo regolatore tutti i mestieri che fino ad ora erano sfuggiti a una regolamentazione. In sostanza, si sta avviando a disciplinare con legge, che ha avuto il via libera alla legislativa anche dall'aula di Montecitorio, tante cosiddette «nuove professioni», che magari interessano pure diversi campi dei servizi utili a cittadini e imprese, ma che non dovrebbero essere confuse con professioni ordinistiche come quelle, per esempio, dei notai o degli ingegneri. Il ddl consente a chi svolge una professione non ordinistica di decidere come svolgere la propria attività: iscrivendosi all'associazione di riferimento, applicando le norme Uni chiedendo una certificazione «a vantaggio del consumatore». La legge prevede che le associazioni di questi operatori siano iscritte a domanda in un elenco tenuto dal ministero delle attività produttive, che non esercita alcun vaglio sul profilo della tutela legislativa. La normativa mira chiaramente a dotare questi soggetti di un riconoscimento pubblico spendibile sul mercato senza alcun significativo contro bilanciamento in termini di vigilanza pubblica sul loro comportamento, i doveri deontologici, i procedimenti disciplinari, l'obbligo di esame di stato di formazione continua e perfino di nessun titolo di studio qualificato. Insomma, essi finiranno con il godere di tutti i vantaggi senza aver alcun onere. Il tutto falsando il mercato dei servizi professionali e aumentando la confusione. Solo a danno dei cittadini. Strano che nessuno si sia accorto dell'inganno. L'inganno più pericoloso sta nell'impostazione della legge che consentirebbe l'esercizio di qualsiasi attività non «riservata per legge», a chiunque in possesso di un attestato di competenza rilasciato dalle associazioni. Antec, il sindacato che raggruppa periti industriali, geometri, periti agrari e agrotecnici, aveva denunciato fin dall'inizio dell'iter legislativo questi rischi, proponendo degli emendamenti. Emendamenti raccolti e depositati alla camera dei deputati dall'onorevole Maria Grazia Siliquini già nella prima lettura in aula del 17 aprile scorso, certamente l'unica a essersi battuta per evitare questo pasticcio legislativo. Chi ha promosso la legge sa bene che non tutte le attività di interesse pubblico sono soggette a riserva per legge e tuttavia sono di rilevanza straordinaria. È importante capire che la regolamentazione delle attività professionali non è finalizzata alla tutela dei singoli professionisti, ma solo alla tutela degli interessi generali e della collettività. Principi che questa legge vanificherebbe attraverso il riconoscimento da parte dello stato di una «patente» di professionista che trarrebbe in inganno qualsiasi cittadino. Manca del tutto una linea di demarcazione tra professioni regolamentate e non, con la conseguenza che il mercato delle prestazioni professionali rischia di risultare opaco e non trasparente. Il cittadino, infatti, non sarà in grado di distinguere un professionista iscritto a un ordine, con tutto quello che questo comporta in termini di doveri e un iscritto a una libera associazione privata, che non ha alcun dovere. La legge consentirebbe a coloro che con la sola iscrizione a un'associazione potranno esibire un attestato di competenza (seppure senza alcun valore legale) rilasciato da privati, senza alcun controllo né da parte dello stato né da parte delle regioni. Per garantire il cittadino nel rispetto dei principi costituzionali, devono essere escluse, ai soggetti non abilitati e iscritti negli albi professionali, non solo le attività «riservate per legge», ma anche le attività regolamentate e tipiche dei professionisti iscritti a ordini e collegi professionali e la definizione ingannevole di «professionista». E comunque per concludere fa specie che tutto questo accada nel silenzio assordante dell'autorità garante per la concorrenza e il mercato, che invece è sempre vigile e tempestiva nelle tematiche che riguardano le professioni ordinistiche. Professioni non regolamentate Pagina 2

5 /\, (01, uml.(.cnl.e nrirx, rzorrna r11 le ; e di dáverso rxvvcso, 1,'I.slr,/ulo cotzl,crtrar.r, (1, chiedere conlribnlc Over 65, l'inps torna alla carica Una nuova raffica di avvisibonari ai periti industriali Inps cambia strategia di attacco verso i liberi professionisti periti industriali, finiti ingiustamente nelle maglie dell'indagine definita Poseidone, e in questi giorni sta spedendo una pioggia di avvisi di addebito rispetto a presunti versamenti previdenziali non effettuati. La questione, che con il tempo è diventata sempre più spinosa ma anche sorprendente, deve far veramente riflettere: tutto è cominciato nel momento in cui l'istituto nazionale, nell'ambito di un'indagine incrociata, ha individuato un drappello di liberi professionisti pensionati che continuavano la loro attività dopo aver interrotto il loro versamento previdenziale. In alcuni casi questa interruzione si configurava come un comportamento scorretto, ma in altri casi, invece, i liberi professionisti stavano puramente esercitando una loro facoltà concessa dalla loro Cassa di previdenza di categoria, come appunto nella circostanza dei periti industriali. C'è voluta la caparbietà di molti enti di previdenza privati per sollecitare l'intervento del legislatore e far approvare una legge (la 111/2011) che identifica in modo chiaro una soluzione ragionevole del caso, ritenendo che un libero professionista iscritto a un albo non può mai ritenersi obbligato verso l'inps e che dunque nessun perito industriale pensionato avrebbe dovuto sborsare un solo euro di contributo previdenziale fino al Questo principio è stato rafforzato e confermato dall'inps stesso sia da una circolare interna (la 99 del 2011 ) sia da un messaggio operativo (il 709 del 2012), anche se bisogna osservare che le agenzie sul territorio si sono comportate in modo spesso non omogeneo rispetto alle indicazioni che venivano dalla sede centrale, alcune annullando i procedimenti in corso sulla base della nuova normativa, altre andando inspiegabilmente fino in fondo in giudizio. In ogni caso, ogni volta il giudice ha dato ragione all'eppi: le tre sentenze pilota dei tribunali di Aosta, Padova e Trieste sono state accolte anche da tutti gli altri tribunali cui i periti industriali hanno fatto ricorso, tra cui Bologna, Cosenza, Bari, Roma e da ultimo è arrivata la conferma della Corte di Torino. La notifica degli avvisi di addebito di questi giorni ha fatto però compiere un brusco passo indietro alla vicenda. In sostanza oggi l'inps chiede ai professionisti interessati di saldare lo stesso conto di qualche tempo prima, non rivolgendosi più a Equitalia per la fase di riscossione, ma intervenendo direttamente in prima persona, intimando nuovamente di versare presunti contributi previdenziali mancanti e concedendo appena 40 giorni per opporsi. Dato il periodo, le festività imminenti, è possibile che non sia semplice organizzare un'azione a contrasto del provvedimento. L'Eppi in ogni caso conferma che le legge 111 esclude categoricamente dalla competenza della Gestione separata Inps, i liberi professionisti già pensionati iscritti agli albi professionali e iscritti anche alle relative casse ed enti di previdenza categoriali : in sostanza, i soggetti pensionati che svolgono e percepiscono redditi derivanti dallo svolgimento di attività libero -professionale devono vedersela esclusivamente con la loro previdenza di categoria. Dunque, niente cartelle esattoriali o avvisi di addebito per quanto avvenuto fino al 31 dicembre «Voglio però ripetere», conclude con forza Florio Bendinelli, presidente della Cassa periti industriali, «che il comportamento dell'inps desta qualche perplessità, anche perché significa istruire procedimenti giudiziari che ad oggi, almeno nel caso dell'eppi, hanno sempre ricevuto parere negativo. Mi continuo a chiedere quando le gestioni provinciali dell'inps si adegueranno alla norma ed eviteranno così di sprecare denaro pubblico in questo modo».,u,u/% ffiyc, Previdenza professionisti Pagina 3

6 Istruzioni per l'uso Cosa fare per opporsi agli avvisi Inps? L'avviso di addebito che l'inps invia deve essere subito contestato dai periti industriali iscritti e pensionati: occorre proporre il ricorso giudiziario, entro 40 giorni, che ne richieda la sospensione, passo fondamentale perché l'avviso non diventi definitivo e subito esecutivo. Allo stesso tempo, è possibile anche proporre un ricorso amministrativo in autotutela all'inps. Se l'istituto riconoscesse di aver sbagliato, ovviamente si annullerebbe il contenuto dell'avviso di addebito ma non si annullerebbero gli effetti. Dunque, per evitare che l'avviso Inps diventi efficace bisogna, in ogni caso, passare per il ricorso giudiziario. Previdenza professionisti Pagina 4

7 II bancomat über alles (ehi vende prodotti e offre servizi anche profpssion ali dovrà obbligatoriamente dotarsi dï strumenti elettronici di pagamento Chiunque venda prodotti e presti servizi, anche professionali, dovrà obbligatoriamente dotarsi di strumenti elettronici di pagamento. Di più: i pagamenti elettronici, ad esempio per l'acquisto di ticket per i mezzi pubblici, potranno essere effettuati anche tramite tablet e smartphone. Le pubbliche amministrazioni dovranno pubblicare sui loro siti internet i rispettivi codici Iban. Sono solo alcune delle innovazioni contenute nel decreto crescita 2.0 (n. 179/2012), ieri definitivamente convertito in legge dalla camera dei deputati. Chiarello e Bombi a pagina 23 Fisco e professionisti Pagina 5

8 DECRETO CRESCITA/La carnera converte in legge il (Il Tutte lc' nurità imprese professionisti. a a e ti elettronici in ogni. resa e attivita di se iza DI LUIGI CHIARELLO E MARILIsA BOMBI - hiunque venda prodotti e presti servizi, anche professionali, dovrà obbligatoriamente dotarsi di strumenti elettronici di pagamento. Di più: i pagamenti elettronici, per esempio per l'acquisto di ticket per i mezzi pubblici, potranno essere effettuati tramite tablet e smartphone. E anche le pubbliche amministrazioni saranno obbligate ad accettare pagamenti in formato elettronico e dovranno pubblicare sui loro siti internet i r ispettivi codici Iban. Sono solo alcune delle innovazioni contenute nel decreto crescita 2.() (n. 179/2012), ieri definitivamente convertito in legge dalla camera dei deputati. Il provvedimento, tra le altre cose, liberalizza l'accesso universale a internet, mette in rete gli edifici scolastici, prevede uno sgravio di imposta per gli editori di opere digitali, introduce il fascicolo sanitario elettronico e servizi sanitari online per il cittadino. Internet scuole. Con la legge in questione è stato disposto che per garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri, il ministro dell'istruzione, d'intesa con la Conferenza unificata, definirà appositi piani triennali e i relativi finanziamenti. Ma un dato è già certo: per i nuovi edifici scolastici gli enti locali responsabili dovranno includere l'infrastruttura di rete internet tra le opere edilizie necessarie. Credito di imposta per il digitale. Sarà riconosciuto un credito d'imposta del 25% dei costi sostenuti, nel rispetto dei limiti della regola de minimis, alle imprese che sviluppano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali. L'agevolazione si applicherà per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili. Carta dei diritti. E riconosciuta l'importanza del superamento del divario digitale, in particolare nelle aree depresse del paese, perla libera diffusione della conoscenza fra la cittadinanza. Per superare il deficit deve essere assicurato l'accesso pieno e aperto alle fonti di informazione e agli strumenti di produzione del sapere. A tal fine, lo stato ha deciso di promuovere una «Carta dei diritti», nella quale sono definiti i princìpi e i criteri volti a garantire l'accesso universale della cittadinanza alla rete internet senza alcuna discriminazione o forma di cencura. Domicilio digitale. A decorrere dal 1 gennaio 2013, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato e senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario. L'utilizzo di differenti modalità di comunicazione rientra tra i parametri di valutazione della performance dei dirigenti. Pec delle imprese. Nuovo rinvio per le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale. Le stesse, infatti, sono tenute a depositare, presso l'ufficio del registro delle imprese, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il 30 giugno L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, anziché sanzionare l'impresa, com'è previsto attualmente, sospende la domanda fino a integrazione della stessa con l'indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per 45 giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata. La rubrica delle Pec. L'accesso all'ini-pec (Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (Ini-Pec) delle imprese e dei professionisti, tenuto dal ministero per lo sviluppo economico e consentito non solo a p.a., professionisti e imprese, ma anche ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite sito web e senza necessità di autenticazione. Biglietto con il cellulare. Tenuto conto del carattere di pubblica utilità del servizio e al fine di assicurarne la massima diffusione, le aziende di trasporto dovranno consentire l'utilizzo della bigliettazione elettronica attraverso strumenti di pagamento in mobilità, anche attraverso l'addebito diretto su credito tramite qualsiasi dispositivo di telecomunicazione. Il titolo digitale del biglietto è consegnato sul dispositivo di comunicazione. Fisco e professionisti Pagina 6

9 Jea Sperimentazione da gennaio Banca dati sugli alti, partenza dal a rile Mauro Salerno n Parte il conto alla rovescia per l'avvio dellab anca dati appalti gestita dell'autorità di vigilanza sui contratti pubblici. L'obbligo p er le stazioni appaltanti di servirsi del portale battezzato «Avcpass» per la verifica dei requisiti di costruttori, progettisti e fornitori di beni-e servizi scatterà il primo aprile 2013 e sarà limitato are di importo superiore a un milione di euro. Dal primo gennaio il sistema partirà in forma sperimentale. Lo slittamento di tre mesi rispetto al termine previsto dal Dlgs,163/2006 (articolo 6-bis) servirà per permettere a enti e imprese di prendere confidenza con la nuovaprocedura di gestione delle gare, evitando di mandare in tilt il mercato. Una volta diventato operativo il servizio costituiràunavera e propria rivoluzione per il settore degli appalti, in cui operano circa 4omila amministrazioni, con oltre 1,2 milioni di gare bandite ogni anno. Lo scopo di Avcpass è di dare alle amministrazioni lapossibilità di verificare in via telematica e in un colpo solo tutti i requisiti di chi parteciperà alle gare: dalla regolarità contributiva (Inarcassa, Inail) alla documentazione antimafia (ministero dell'interno), dalla certificazione di qualità (Accredia) a quella di regolartà fiscale rilasciata dall'agenzia delle Entrate. Perché tutto ciò si tramuti in realtà bisognerà però attendere ancora. Per ora la possibilità di accesso diretto ai dati telematici da parte dell'autorità funziona solo con Inarcassa, in tuttigli altri casi sarà comunque l'autorità a "mediare" tre le Pa, verificando la sussistenza dei requisiti e dandone comunicazione, ancora in forma cartacea, agli enti interessati. Lo schema di delibera con le indicazioni operative per stazioni appaltanti e imprese è stato posta ieri in consultazione. Associazioni e amministrazioni coinvolti nell'operazione avranno a disposizione pochissimo tempo per far pervenire le proprie valutazioni utilizzando il modulo scaricabile dal sito dell'autorità. Il termine ultimo scade lunedì 17 dicembre. Poi, dopo aver incassato il parere del Garante dellaprivacy sulla gestione dei dati sensibili forniti dalle imprese Via Ripetta darà l'ok definitivo.aldocumento. Confermate le anticipazioni pubblicate sull'ultimo numero del settimanale Edilizia e Territorio. Dopo lafase sperimentale il sistema diventerà obbligatorio per i bandi al di sopra di un milione dalprimo aprile Nelterzo trimestre il sistema diventeràvincolante ibandi oltre 15omila euro.infine da ottobre non ci saranno sconti: il servizio sarà obbligatorio per tutti ibandi da 4omila euro in su, pena la nullità della gara. 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Bandi pubblici Pagina 7

10 SeMzì icm Agli «Ato» la gestione rifiuti Per gli affidamenti in house salta il limite di 200mila euro Gianni Trovati MILANO Anche la gestione dei rifiuti rientra tra i «servizi a rete», per i quali tutte le attività di organizzazione e gestione devono essere trasferiti agli ambiti territoriali ottimali previsti dalla manovra-bis del Ferragosto 2011 (articolo 3-bis del Dl 138/2on). Scompare del tutto il limite dei 20omila euro annui per gli affidamenti in house, che sarebbe dovuto entrare in vigore a inizio 2014 e avrebbe lasciato sopravvivere gli affidamenti di valore superiore fino alla fine dello stesso anno secondo le previsioni del decreto legge sulla revisione di spesa. La versione definitiva del decreto «Sviluppo-bis», che ha ottenuto ieri l'ultimo disco verde dalla Camera, porta molte novità al mondo dei servizi pubblici locali e delle società partecipate. Oltre alla scomparsa del limite dei 20omila euro all'in house (si veda anche Il Sole 24 Ore del 7 dicembre), che riporta integralmente la disciplina degli affidamenti nel'ambito delle regole Ue sull'in house, il ritocco di maggior peso è quello sugli ambiti territoriali previsti dalla manovra-bis dello scorso anno, ma accolti con più di un'incertezza da parte delle Regioni che in qualche caso non ne hanno completato il disegno o l'attuazione. Ora i ritardatari devono affrettarsi perché agli ambiti, secondo la legge di conversione approvata ieri, vanno trasferiti subito tutti i compiti relativi a «scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo». Insomma, esce dai singoli enti locali l'intera organizzazione dei servizi pubblici arete, famiglia nella quale il decreto Sviluppo-bis fa rientrare anche la raccolta e smaltimento di rifiuti urbani superando così i dubbi interpretativi sollevati da molti operatori. In nome della concorrenza, o di quel che ne rimane dopo la sentenza 199/2o12 della Corte costituzionale che ha cancellato le "liberalizzazioni" dell'anno scorso, si prevede poi che la disciplina del Codice appalti si applichi anche ai servizi di illuminazione votiva. In ogni caso, chi sceglie la strada dell'in house dovrà motivare in una relazione, da pubblicare sul sito Internet, le ragioni della scelta. Una semplificazione interviene poi sul fronte dei micro-pagamenti pubblici alle imprese, che devono essere effettuati in forma elettronica se il creditore lo richiede. gianni.trovati@ilsole24ore.com RIPRODUZIONE RISERVATA Affidamenti in house Pagina 8

11 L'ANALISI Giorgio Santilli Infrastrutture: íl bilancio magro dell'ultimo miglio 1 bilancio dell'ultimo miglio parlamentare è molto magro perle infrastrutture e l'edilizia, settori che avrebbero dovuto essere trainanti perla crescita, almeno stando alle dichiarazioni di governo e partiti negli ultimi mesi. Così non è stato: ristretto a pochissime grandissime opere e sottoposto al rigido filtro del Cipe il credito di impostaperiproject financing contenuto nel decreto sviluppo, spedite sul binario morto le semplificazioni edilizie, mai partito il disegno di legge su nuovo codice appalti e débat public. Qualche aggiustamento qua e là, compreso quello perle tariffe_ professionali: novità episodiche e frammentarie, che danno più il senso del persistere dell'assenza di una politica per lo sviluppo delle infrastrutture che non il segno dell'avvio faticoso di una nuova epoca. Se non ci sarà un improbabile colpo di coda con la legge di stabilità, la prossima legislatura si aprirà con gli stessi problemi irrisolti di un anno fa. Intendiamoci, un paio di cose sono state avviate e promettono anche bene. Basti pensare al project bond e al "piano città", che portano la firma delviceministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia: importanti perché colmano altrettanti vuoti. Ma a fine legislatura non c'è più spazio per romantiche aspettative e sotto gli occhi di tutti finisce unbilancio crudo, fatto di cose e non di parole. Non ci sarà in Italia nessuna infrastruttura importante che sarà "salvata" o messa in moto dal project bond: viceversa, se troverà un mercato anche dal lato della domanda, l'obbligazione di progetto potrà essere un importante strumento di accompagno complementare a quei piani economico-finanziari di nuove concessioni che tanta fatica fanno in Italia a rispettare regole di trasparenza. Non si fanno opere inproject financing senza equity, senza sufficiente remuneratività degli investimenti, senza tempi e costi certi, senza allocazione ottimale dei rischi fra i vari soggetti, senza l'accettazione anche da parte dell'operatore-stato delle regole che valgono per tutti. E la forte limitazione degli incentivi fiscali riduce ulteriormente lo spazio per l'intervento di capitali privati. Va solo un po' meglio per il piano città. Uno spezzone di politica urbana che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto colmare il vuoto di urban regeneration che da quindici anni (dal Guggenheim di Bilbao in qua) vince in Europa e attanagliale città italiane. Non saranno i 224 milioni stanziati dal ministero delle Infrastrutture - né il centinaio di milioni aggiuntivi in arrivo - a mettere in moto un fenomeno capace di cambiare volto alle nostre città e a dare unpo' di ossigeno al settore in crisi. Ciaccia è rimasto solo senza che questo piano fosse capace di diventare una politica dell'intero governo. La settorialità condanna ancora una volta questo comparto a un ruolo marginale nella crisi, senza che il Governo sia stato capace, dopo il fallimento della legge obiettivo, di farne una priorità e una leva potente contro la recessione. RIPRODUZIONE RISERVATA Infrastrutture Pagina 9

12 Gli incentivi elettrici e la bollettabancomat di STEFANO AGNOLI L espressione «assalto alla diligenza», quando si parla di conti pubblici, è sicuramente abusata. Ma come definire diversamente il reiterato tentativo di introdurre in una legge dello Stato la proroga di (costosi) incentivi per l'installazione di pannelli solari su edifici pubblici? Oppure l'esenzione, a favore di raffinerie e grandi impianti che producono energia da cogenerazione, dall'obbligo di acquistare certificati verdi come vorrebbe invece la normativa in vigore? Eppure un emendamento di questo tipo negli ultimi giorni è comparso due volte. La prima tra fine novembre e inizio dicembre, presentato dai relatori del decreto sviluppo, Filippo Bubbico del Pd e Simona Vicari per il Pdl. E una seconda volta proprio ieri, in questa occasione però nel «pacchetto» legge di Stabilità da discutere in Commissione bilancio del Senato. A presentarlo l'onnipresente Bubbico, in compagnia del collega senatore pd Vidmer Mercatali, mentre la parte relativa alla cogenerazione porta la firma del senatore pdl Gilberto Pichetto Fratin. Secondo qualche calcolo circolato nelle settimane scorse il primo provvedimento, spostando la scadenza di un anno a fine 2013, avrebbe un peso di qualche centinaio di milioni (si è detto addirittura 1,2 miliardi di euro). Il secondo di 12o milioni. Da finanziare come? Indovinello dalla risposta facile: con il solito consueto bancomat della bolletta del RIPRODUZIONE RISERVATA Energia Pagina 10

13 Per ritrovare fiducia nel uluro bisogna cominciare dalle università di IVAN LO BELLO aro direttore, in Italia spendiamo ogni anno 9,4 miliardi di euro per le baby pensioni, mentre per il finanziamento delle università solo 7 miliardi. t evidente che l'italia non investe sul futuro. I giovani oggi non hanno più fiducia nelle università, nonostante nel nostro Paese vi siano numerosi atenei eccellenti e in grado di competere con le migliori università europee. Secondo l'ultima indagine Ocse, condotta sugli studenti di scuola secondaria, solo 1141%o dei quindicenni italiani ha intenzione di proseguire gli studi accademici mentre in Corea del Sud sono oltre l'8o%. Siamo di fronte a una crisi di fiducia soprattutto inter-generazionale. Gli «adulti» non riescono a staccarsi da posizioni difensiviste e corporative. I giovani non riescono a trovare gli stimoli per essere artefici del proprio destino. L'università fin dalle sue origini, uno strumento di innalzamento della condizione personale e di sviluppo integrale della società, oggi non riesce a svolgere il compito essenziale di essere motore di giustizia sociale e di meritocrazia. Ma l'opinione pubblica rimane indifferente. Fino a quando non diventerà la questione prioritaria del Paese, di cui si parlerà, nelle officine, nelle aziende, nelle famiglie, l'università italiana, nella media, sarà destinata a peggiorare. Abbiamo fatto proliferare «università condominiali» in tutto il Paese e abbiamo progressivamente disinvestito sulla qualità dell'università, rendendo sempre più difficile al nostri migliori atenei competere ad armi pari nello scenario internazionale. Mentre negli Usa quando nasce un figlio si accende un mutuo per finanziare il college, da noi l'università è nell'immaginario collettivo una spesa pubblica improduttiva, per non dire assistenzialismo a basso costo. Ci siamo ritrovati con una università finanziata da una sorta di Robin Ilood alla rovescia, che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Infatti, come hanno ricordato Andrea Ichino e Daniele Terlizzese sul Corriere della Sera del 1o dicembre, la differenza tra il costo per lo Stato di uno studente universitario (da 7 a 15 mila euro) e le basse rette italiane (che non superano di norma i euro) è paradossalmente a carico delle famiglie a basso reddito. Per cui ogni anno in Italia avviene un trasferimento ingente, di circa 2,5 miliardi di euro, dalle famiglie con reddito inferiore ai euro lordi annui, a quelle con reddito superiore. t indispensabile aumentare le tasse universitarie per le famiglie più ricche, destinando una parte delle maggiori entrate ad un fondo per finanziare la mobilità degli studenti, sia in altre università italiane, sia all'estero. Ma non basta. Noi spendiamo per il diritto allo studio uno scandaloso 0,12% del PII, mentre la media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è dello 0,25%, il doppio. Come è noto, da alcuni anni, decine di migliaia di studenti italiani che ne hanno diritto non possono usufruire delle borse di studio per mancanza di finanziamenti. Va poi, come suggerisce giustamente Ichino, eliminato il tetto alle tasse universitarie consentendo alle università di determinarle liberamente destinando una quota significativa degli introiti alle borse di studio. Oggi le università non possono esigere tasse per un importo che superi il 20% del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Dunque se lo Stato riduce il finanziamento, le università sono costrette paradossalmente ad avere meno introiti dalle rette. L'idea di un'università come «tu-ris eburnea», chiusa alla contaminazione con la società e il sistema economico è definitivamente crollata. Oggi l'università funziona se crea competenze. Serve dunque professionalizzare le lauree triennali, prevedendo in determinati settori tecnico-scientifici di svolgere il terzo anno in apprendistato in impresa, attivare i nuovi dottorati industriali, diffondere i percorsi di alternanza. La poca fiducia e il disorientamento verso l'università sarà la poca fiducia e il disorientamento verso la società che vogliamo costruire. t una questione cruciale, che va risolta. L'università può svolgere un ruolo prezioso per la rinascita italiana, ma bisogna dare a rettori intraprendenti e docenti aperti le regole giuste per giocare ad armi pari in uno scenario che si è fatto globale. Vicepresidente per l'education di Confindustria U RIPRODUZIONE RISERVATA Università Pagina 11

14 "w '" La Banca d'italia: a metà 2012 erano in circolazione contratti derivati per miliardi Una tassa che salva a specuiazïone Rorna si allinea a Par gi in attesa delle decisioni della Germania di MASSIMO MI CCIIETTI Che cos'è l'emendamento del governo al disegno di legge di Stabilità, che introduce un'italica versione della Tobin tax sulle transazioni finanziarie: la solita libbra di carne lanciata ai lupi per salvare la slitta o è l'inizio di un ordinato raffreddamento delle attività speculative? Nel 2011, dice la Consob, in Borsa e in altri mercati regolamentati sono state effettuate transazioni azionarie per un controvalore di 830 miliardi. Al 30 giugno 2012, avverte la Banca d'italia, erano in circolazione contratti derivati per un valore nozionale di miliardi e un valore di mercato di 272 miliardi in positivo e di 270 in negativo. Ebbene, da questa enorme base imponibile, pari a 7 volte il Prodotto interno lordo, il governo si propone di estrarre un miliardo. Non è dunque alle porte la rivoluzione. Non si vedranno i cosacchi abbeverare i loro cavalli alle fontanelle delle banche italiane. L'azione del governo Monti risponde ai richiami dell'unione europea. La tassazione sulle transazioni finanziarie, in origine, aveva tre obiettivi: a) armonizzare le normative fiscali dei diversi Paesi in materia; b) rafforzare le entrate del bilancio europeo; c) penalizzare la finanza speculativa, che fa perno sui derivati, armi di distruzione di massa secondo Warren Buffett. La Commissione europea ha cercato di varare una direttiva. Ma il Regno Unito ha posto il veto, dicendo che alla City le compravendite di azioni sono già da anni sottoposte alla Stamp duty reserve tax. Questa vecchia imposta non toccala tecnofinanza, derivati in primis. Ma il veto inglese, affondando l'idea della direttiva Ue, ha declassato l'iniziativa della Commissione alla più blanda cooperazione rafforzata. Poi è stata la Francia a dare una picconata al proposito di versare la Tobin tax nel bilancio comunitario approvando una versione dell'imposta che lascia i proventi a Parigi. Quanto al contrasto della speculazione non si nota granché. Sebbene sia guidata da un presidente socialista, che eleva al 75% l'aliquota fiscale sulla quota dei redditi personali superiore al milione, la Francia non ha previsto nulla sui derivati se non quando si pervenga alla consegna dell'azione sottostante. Ma i derivati su azioni sono poca cosa rispetto a quelli sui tassi e sui cambi. É probabile che il governo abbia subìto le pressioni di grandi banche come Bnp Paribas o Société Générale, ma è anche possibile che sia risultato più arduo del prevedibile distinguere tra i derivati di copertura, legati alla produzione, al finanziamento e al commer- I derivati su azioni sono poca cosa rispetto a quelli su tassi e cambi. Ma in quest'ultimo caso l'imposta va da 20 a 100 euro cio di beni e servizi, e quelli speculativi, scommesse fini a sé stesse, allo scopo di non tassare i primi e bersagliare i secondi. L'emendamento del governo italiano è chiaro sulle transazioni azionarie di Borsa: si pagherà un'imposta dello I derivati Ammontari nominali o nozionali in essere 0,1%. L'emendamento colpisce meritoriamente con un'imposta dello 0,02% l'high frequency trading, ovvero le compravendite che scattano in continuità secondo algoritmi per migliaia di volte al giorno e drogano il corso ordinario dei titoli. Nulla si prevede, invece, per le operazioni giornaliere sullo stesso titolo da parte dello stesso soggetto: si tasserà solo il saldo finale della giornata. Se Borsa Italia ringrazia, il Paese non dovrebbe. Quanto ai derivati, il governo ha deciso di graduare il prelievo a seconda del valore nozionale dei contratti: l'imposta massima è di 20 euro o di 100 euro a seconda delle tipologie dei derivati oltre il milione di euro. Non volendo o non sapendo distinguere tra finanza buona e finanza cattiva, si è usata la mano leggera. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, si può pensare che, in questo modo, l'italia si affianca alla Francia in attesa delle decisioni tedesche. Ma poi, se i numeri resteranno questi, sarà d'obbligo concludere che la montagna ha partorito il topolino. 0 RIRRODU IONE RISERVA ra Valore di mercato lordo a fine giugno 2012 Finanziari Cambi -5,0 9,2 16,5 18,2 Tassi d interesse 8.660,6 88, ,7 227,3 10`5... Azinni e merci 263,4 27,2 2,7 6,4 i i,1 Creditizi CDS comprati 356,5 35,2 49,2 CüSvencluti 36T,9 3k,0 50,8 Fónte_8anad7aila U AeCO Tobin tax Pagina 12

15 Regole capestro peri praticanti La riforma che penalizza i giovani avvocati di GIAN ANTONIO STELLA unica legge messa in L calendario dal Senato ormai agli sgoccioli è la riforma della disciplina forense cara a un sesto dei senatori (presidente compreso) di mestiere avvocati. Riforma che consente di imporre ai praticanti di lavorare gratis come i «ragazzi spazzola» dei barbieri di una volta. A PAGINA 33 Riforma forense Pagina 13

16 Le novità della riforma della professione forense, l 'unico testo che i senatori vogliono approvare a tutti i costi fr:«ripra, caff, 0. avvocati _-12 o -la mavoireranno gi 'hahs per Nessun obb di GIAN ANTONIO STELLA aggiomarsi per.., s.. g 9 imperativo categorico è dare // un futuro ai giovani», ha tuo- \\ L nato paterno Renato Schifani. Detto fatto, l'unica legge messa in calendario dal Senato ormai agli sgoccioli è la riforma della disciplina forense cara a un sesto dei senatori (presidente compreso) di mestiere avvocati. Riforma che consente di imporre ai praticanti (laureati) di lavorare gratis come i «ragazzi -spazzola» dei barbieri di una volta. Spiegano a palazzo Madama che per carità, alla larga dalle malizie, è tutto normale. Certo, il tempo è tiranno e, visto che dopo il varo della legge di stabilità Mario Monti darà le dimissioni e le Camere saranno sciolte, non ci sono proprio i giorni necessari (ahinoi!) per fare tante cose. Troppo tardi per approvare la soppressione delle province. Troppo tardi per varare le misure alternative al carcere care alla Guardasigilli Paola Severino. Troppo tardi per legge sul pareggio di bilancio che secondo Vittorio Grilli sarebbe stata «essenziale» e «parte integrante del processo di riforma e messa in sicurezza dei conti del Paese». Troppo tardi per mandare in porto perfino certe leggine piccole piccole sulle quali si dicono tutti d'accordo come il raddoppio delle pene per i trafficanti di opere d'arte che finalmente consentirebbe di mettere le manette (oggi escluse) a chi rubasse la Pietà di Michelangelo o la Venere del Botticelli. Troppo tardi. Restava giusto il tempo, prima dello scioglimento del Senato, per far passare una sola legge. E dovendo scegliere che cosa ha scelto la conferenza dei Capigruppo, tra i quali non mancano gli avvocati? La «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense», scritta dalla vecchia maggioranza PdL-Lega su ispirazione del Consiglio Nazionale Forense. Che arriva in aula con grande soddisfazione del presidente della conimissione Giustizia Filippo Berselli (mestiere? Avvocato) dopo la bocciatura di tutti i 16o emendamenti presentati dalla (vecchia) opposizione. Di fatto, ha scritto Il Soie 24 Ore, la riforma «riporta per molti versi le lancette della professione legale a prima degli interventi "liberalizzatori" dì riordino». Un esempio? «I parametri, che nel linguaggio liberalizzatore hanno sostituito le vecchie tariffe, in realtà tornano a somigliare molto al progenitore, considerato che vengono "indicati " a cadenza biennale dal decreto ministeriale "su proposta del Consiglio nazionale forense"». Gli aspetti più contrastati sono diversi. C'è chi contesta il divieto aï non iscritti all'albo degli avvocati di fornire consulenza extragiudiziale nelle materie giuridiche, anche se sono laureati in legge, come fossero condannati a non usare le conoscenze giuridiche acquisite all'università. Chi contesta la delega al Governo perché conservi il divieto a costituire studi legali in forma di società di capitali (su modello di quelli americani o inglesi) salvo che tutti i soci siano iscritti all'albo degli avvocati. Chi ancora contesta il divie - to di pubblicità. I punti più ammiccanti nei confronti dei «vecchi» e più ostili ai giovani, però, sono tre. Il primo obbliga gli avvocati a un continuo aggiornamento professionale ad eccezione di quelli che hanno più di 25 anni di iscrizione all'albo. Come se chi ha smesso da più tempo di studiare avesse meno bisogno di star al passo co! nuovi testi e le nuove sentenze di chi è di E studi più recenti. Peggio : sono esentati gli avvocati politici con la motivazione che si aggiornerebbero automaticamente grazie a quanto fanno. Una tesi assurda, contro la quale inutilmente si è battuto Pietro Ichino: «Quello che si chiede all'avvocato è conoscere tutte le novità giurisprudenziali, come l'ultima sentenza di Cassazione, magari non ancora pubblicata su una rivista e che, però, può servire per vincere la causa. La novità legislativa incide su questo onere di aggiornamento in misura minima. Non riesco a capire come si possa sostenere decentemente che un parlamentare si aggiorni sulla giurisprudenza e sulla dottrina per il solo fatto di sedere in un'aula delle camere». Più ancora, però, Ichino e altri sono indignati per il comma ii dell'articolo 41. Il quale dice che «ad eccezione che negli enti pubblici e presso l'avvocatura dello Stato» (come a dire : facciano pure, loro, tanto sono soldi pubblici) «decorso il primo semestre, possono essere riconosciuti con apposito contratto al praticante avvocato un'indennità o un compenso per l'attività svolta per conto dello studio, commisurati all'effettivo apporto professionale dato nell'esercizio delle prestazioni e tenuto altresì conto dell'utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio da parte del praticante avvocato». Traduzione: il titolare di uno studio può pagare un obolo al giovane praticante avvocato che sgobba per lui solo dopo il primo semestre. Non è obbligatorio : primi sei mesì gratis, poi è un rimborso facoltativo. Quanto all'accenno all'«utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio» che vuol dire : che se il praticante fa una telefonata gli va detratta? La sedia su cui siede va detratta? Peggio ancora, denuncia Dario Greco, il presidente dell'aiga, l'associazione dei giovani avvocati : il riconoscimento di quel rimborso facoltativo dopo i primi sei mesi «cessa al termine del periodo di pratica lasciando completamente scoper - ti quei giovani che attendono di fare l'esame d'avvocato oppure che l'hanno superato, ma che continuano a frequentare lo studio ed a lavorare a tempo pieno per il loro dominus. Si tratta di rapporti di collaborazione che di autonomo non hanno nulla e che coinvolgono un elevatissimo numero di giovani di ogni regione italiana, i quali, si trovano costretti a rimanere in tali studi alle sostanziali "dipendenze" dei loro domini, senza forma di tutela alcuna, e senza il riconoscimento di un compenso che sia effettivamente commisurato all'apporto che il giovane riesce a dare allo studio». Un meccanismo, accusano i giovani legali, che «impedisce ogni prospettiva di crescita, di progressione di carriera del giovane, oltre a costituire una vera e propria emergenza sociale nei confronti di quei giovani che non riescono a raggiungere la soglia dei mille euro al mese». Domanda: che sia una coincidenza che una legge così venga salvata in «zona Cesari ni», a discapito di ogni altro provvedimento destinato a spirare insieme con la legislatura, da un Palazzo Madama presieduto da un avvocato nel quale gli avvocati sono addirittura 5o su poco più di trecento senatori?.j RIPRODUZIONE RISERVA r Riforma forense Pagina 14

17 L r Inspiegabilmente l'obbligo di studiare le nuove sentenze viene meno per chi ha più di 25 anni di iscrizione all'albo 1 senatori che siedono ora a Palazzo Madama e che di mestiere fanno anche gli avvocati 25 Gli anni di iscrizione all'albo necessari per non fare l'aggiornamento professionale Riforma forense Pagina 15

18 ti Siciliotti e Longobardi studiano le strategie per il futuro Elezioni commercialisti fra dialogo e schermaglie Per il voto del 20 febbraio non esclusi «passi indietro» Giorgio tosta Il decreto di commissariamento del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, reso noto ieri l'altro dal ministero della Giustizia ma ancora materialmente non consegnato, non mette pace nella contesa tra i due fronti - la lista di Claudio Siciliotti e quella, soccombente nelle urne, di Gerardo Longobardi - chiamati nuovamente al voto il prossimo zo febbraio. Un decreto aspramente contestato dal presidente "commissariato" Claudio Siciliotti che ieri ha visto i suoi sostenitori e annuncia un nuovo incontro, decisivo per la strategia da adottare, il 21 dicembre. «Abbiamo vinto le elezioni con i numeri - spiega Siciliotti - contro una lista ilegittimamente presentata e i cui voti, scrive il ministero, non possono essere validamente conteggiati. Poi però, con salto logico incolmabile, la Giustizia aggiunge che siccome l'invalidità è emersa solo dopo il voto e poi è stata votata da quasi la metà dei professionisti, allora si deve rivotare. Il ministero poteva far vincere Longobardi per decreto e facevamo prima evitando nuovamente le urne il ao febbraio. A questopunto mi domando come faccia Longobardi aripresentarsi. Eraa conoscenza delle irregolarità? Sapeva del fatto che il trasferimento di Giorgio Sganga era fittizio?». «Ancora non ho letto il decreto e le sue motivazioni - risponde Gerardo Longobardi -. Ad ogni modo esiste libertà distabilimento e Giorgio Sganga, che peraltro ha già personalmente spiegato la sua posizione, può esercitare dove crede. Io non ho ancora detto che mi ricandiderò avendo sottolineato, invece, che decideremo insieme al mio gruppo nell'incontro del 27 dicembre. Quindi, io non entro in casa Siciliotti, credo che neppure lui debba intromettersi in casa mia. Del resto, prima della decisione del ministero, avevó chiesto esattamente la stessa cosa: svelenire il clima con una nuovavotazione e dando la mia disponibilità a un passo indietro». Passi indietro per ora Siciliotti non ne fa. Però, spiega, «non voglio chiudere la porta al dialogo con lalista avversaria e lascio aperta ogni possibilità di dialogo, così come deve essere tra colleghi. Certo, però, reagiremo contro un decreto inspiegabile in termini giuridici e valuteremo anche la possibilità di tutela giudiziaria». Sulla personale ricandidatura, né conferme né smentite da parte di Siciliotti: «Voglio essere un valore aggiunto alla lista. Se questo valore consistesse in un passo indietro lo farei senza indugio». Per ora una guerra di posizione in cui entrambi i contendenti dicono che nessun consigliere sta passando con il "nemico"; e questo proprio allavigilia delvoto per la presidenza dell'ordine di Roma, anch'essa con corollario di ricorsi, che si svolgerà il zo e 21 dicembre, oltre un mese dopo la tornata nazionale del novembre scorso e che vede contrappostimario Civetta e Riccardo Losi. 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Commercialisti Pagina 16

19 La vittoria di Siciliotti al primo round, le contestazioni, nuove elezioni in febbraio.. ' il dïscordïa stro ora manda il commissario MILANO - Nel calcio si chiama fallo di confusione. È quello che l'arbitro fischia quando in area ci sono troppi giocatori e non si capisce bene che cosa stia succedendo. La decisione del ministero della Giustizia di commissariare il consiglio nazionale dei commercialisti e indire nuove elezioni per il 20 febbraio 2013, è sembrata a molti una «non scelta» destinata ad acuire e radicalizzare lo scontro tra i due contendenti: Claudio Siciliotti, presidente uscente del Consiglio nazionale, e Gerardo Longobardi, presidente dell'ordine dei commercialisti di Roma. Lo scontro tra le due fazioni si basa su due episodi contrapposti. Il primo, Siciliotti denuncia un'irregolarità nella presentazione della lista Longobardi che comprende un candidato, Giorgio Sganga, che risulterebbe fittiziamente residente ad Aosta. Se ciò fosse provato, la lista sarebbe stata presentata irregolarmente. Il secondo episodio riguarda l'elezione vera e propria: Longobardi impugna l'esito della votazione (che lo aveva visto sconfitto per appena sei voti) perché a dare il loro voto (risultato poi determinante) erano andati anche gli Ordini di Enna e Bari che però aveva- Ricorsi II rischio di una lunga serie di ricorsi e controricorsi no entrambi i presidenti dimissionari e quindi non avrebbero potuto partecipare alla consultazione. Per entrambe le questioni la competenza spettava al ministero della Giustizia che avrebbe dovuto prendere decisioni dirimenti. Invece non si decide sulla regolarità delle liste, né tantomeno su quella del voto ma si rimanda tutto alle urne. Il punto è che adesso il rischio Claudio Siciliotti Paola Severino è che la categoria si avviti in un infinita catena di ricorsi e contro ricorsi. Compreso quello contro la decisione ministeriale. «Mi sento beffato e deluso - si sfoga Siciliotti - io, innocente, vengo commissariato ancor prima del 31 dicembre, data di scadenza del mio mandato. E invece ai falsari viene offerta l'opportunità di una nuova competizione elettorale che avevano perso. Se questa è il modello di giustizia proposto, ho dei seri dubbi sull'opportunità di ripresentarmi. Ho bisogno di confrontarmi con i miei per capire se vale davvero la pena tornare a impegnarsi». La scelta del ministro Severino, invece, è piaciuta molto a Longobardi che ne ha apprezzato soprattutto lo spirito. «Ho gradito il riferimento all'affidabilità della nostra categoria che per rimanere tale deve avere una rappresentanza eletta senza ombre. Capisco anche il commissariamento: perché la delibera del Consiglio nazionale di dichiarare illegittima la mia lista, rappresenta una delle pagine peggiori della storia della categoria». Però la decisione era stata sollecitata dallo stesso ministro della Giustizia. «Aveva sollecitato una decisione, ma non una delibera illegittima - obietta Longobardi - e in palese conflitto d'interessi. Il 27 mi confronterò con il mio schieramento e deciderò se ricandidarmi. Se non sarà così, tornerò a fare il mio mestiere, consapevole che la rappresentanza è una parentesi e non un'occupazione». Il rischio vero è che alle urne, tra un ricorso e l'altro, non ci si arrivi neanche. E questa si, sarebbe la sconfitta di tutti. Ministri e candidati. Isidoro Trovato 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Commercialisti Pagina 17

20 Sondaggio dell'associazione nazionale dei cornrnercialisti sulle elezioni a hase diiede Cndeec unito L'aspra contesa elettorale sta danneggiando la categoria DI BENEDETTA PACELLI na lista unica per stemperare le tensioni e ritrovare quella perduta unità. Mentre i rappresentanti dei due schieramenti, fino a ieri candidati alla guida del prossimo Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e esperti contabili, studiano le strategie per le prossime elezioni del 20 febbraio (dopo la decisione del ministro della giustizia di commissariare il Cndcec, si veda IO di ieri), dalla base arrivano indicazioni precise per il futuro. A dettare la linea, per così dire, è il risultato di un'indagine che l'associazione nazionale commercialisti ha commissionato nei giorni scorsi alla Società Ipr Feedback srl per capire gli umori e soprattutto le aspettative della categoria all'indomani delle elezioni dello scorso 15 ottobre su cui si sono addensate nubi di contestazioni contrapposte. Il risultato che più salta agli occhi dal sondaggio, avviato lo scorso 10 dicembre e concluso il 12, nel momento stesso in cui il ministero della giustizia decretava il commissariamento del Consiglio nazionale e la ripetizione delle elezioni, è che quasi il 54% dei commercialisti considera opportuno presentare una lista unitaria per dare un segnale di compattezza, piuttosto che ripresentare le stesse liste, scelta gradita a meno del 24% degli intervistati. Ma non solo, perché ancor prima della decisione ministeriale, circa il 57% dei commercialisti pensava che a questo punto della vicenda, fosse opportuno che il ministero di giustizia per dirimere la questione decidesse di indire nuove elezioni, come appunto è stato. Solo il 18% degli intervistati riteneva che andasse proclamata la vittoria dei uno dei contendenti e, all'interno di questo gruppo minoritario, la metà era convinta che si sarebbe arrivati a ricorsi incrociati. In sostanza per meno di 5 colleghi su 100 la proclamazione di un presidente avrebbe risolto i problemi. Inoltre, secondo il sondaggio, tra coloro che hanno dichiarato di aver seguito la vicenda delle elezioni, il giudizio complessivo è pressoché plebiscitario: più dell'81% ritiene che la categoria abbia subito un danno d'immag - ne conseguente alla disputa tra le due componenti. «Insomma», secondo Marco Cuchel presidente dell'anc, l'occasione del sondaggio si è rivelata utile non solo per capire qual è lo stato d'animo dei commercialisti in merito a questa vicenda, ma anche per comprendere le aspettative rispetto ad aspetti maggiormente legati all'esercizio della professione, ma pur sempre riconducibili alla percezione del ruolo e del funzionamento degli ordini». Ritiene che il potenziale danno di immagine derivante da una lotta così aspra per una istituzione che dovrebbe essere di garanzia, danneggi solo i contendenti o l'intera categoria? Nel caso di ripetizione di nuove elezioni secondo lei bisogna usare le stesse liste o presentare una lista unitaria per dare un segnale di compattezza? Commercialisti Pagina 18

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