la fonte terremoto anno decimo NOVEMBRE 2011 ANNO 8 N 10 periodico dei terremotati o di resistenza umana 1,00 Foto: Silvio Mencarelli

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1 la fonte NOVEMBRE ANNO 8 N 10 periodico dei terremotati o di resistenza umana 1,00 terremoto anno decimo Foto: Silvio Mencarelli

2 il paese degli asini Piero Basso Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio. In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a 100 euro in contanti ogni asino che gli fosse stato offerto. I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua. L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 euro per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali. Il giorno seguente, offrì 300 euro a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio. Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 euro la settimana successiva e se ne andò dal villaggio. Il giorno dopo, affidò al suo socio il gregge che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie a 400 euro l'una. Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 euro, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca. Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fin sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il costo dell'asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere. Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che, se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune. Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore). Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio né quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti. Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia. Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini. Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato. Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente. Il tuo sostegno ci consente di esistere la fonte ABBONAMENTI PER IL 2012 ITALIA SOSTENITORI AUTOLESIONISTI 10,00 20,00 30,00 la fonte Direttore responsabile Antonio Di Lalla Tel/fax Redazione Dario Carlone Domenico D Adamo Annamaria Mastropietro Maria Grazia Paduano Segreteria Marialucia Carlone Web master Pino Di Lalla lafonte2004@virgilio.it Quaderno n. 78 Chiuso in tipografia il 20/10/11 Stampato da Grafiche Sales s.r.l. via S. Marco zona cip S. Severo (FG) Autorizzazione Tribunale di Larino n. 6/2004 Abbonamento Ordinario 10,00 Sostenitore 20,00 Autolesionista 30,00 Estero 40,00 ccp n intestato a: la fonte molise via Fiorentini, 10 2

3 pietra dopo pietra Inizia per noi terremotati il decimo anno tra le macerie materiali e morali causate dal sisma - e non solo - del 31 ottobre Scampato il sussulto della tornata elettorale, appena conclusa, che ci avrebbe portati dalla padella alla brace, come avremo modo di argomentare, ci dobbiamo porre una domanda seria che prendiamo in prestito per chiarezza e profondità da Etty Hillesum, una donna di origine ebraica morta in un lager nazista: Vado cercando un tetto sotto cui ripararmi o vado costruendo pietra dopo pietra la mia casa?. L interrogativo è centrale per analizzare le scelte individuali che poniamo in essere, ma è soprattutto dalla risposta che daranno i partiti sedicenti di sinistra, finora dubbia, che può nascere una vera alternativa al berlusconismo e ai suoi affiliati, i quali oggi cominciano a vergognarsi di lui, tanto che il centrodestra molisano si è guardato bene dal farlo intervenire nella recente squallida campagna elettorale. Finché il centrosinistra non riparte dal cosa e come vuole costruire, possiamo solo assistere agli insulsi arrembaggi che, pur non approdando a nulla, servono comunque a farlo sentire in vita. Qualcuno si è perfino scandalizzato della nostra precedente copertina che crudamente snobbava la farsa che stavano mettendo in scena, anziché indignarsi per le indecenti coalizioni scese in campo. I fatti, purtroppo, ci hanno dato ampiamente ragione, dato che alle urne si è recato appena l un per cento in più rispetto ai referendum di giugno, e c è da dire, senza contare la gran quantità di schede annullate o lasciate bianche, che erano circa quattrocento i questuanti che hanno setacciato le case promettendo mari e monti pur di carpire una preferenza. Chi a sinistra si dispera per la manciata di voti che ha impedito il sorpasso del candidato presidente Frattura ha il prosciutto sugli occhi (anzi la mortadella, che è più proletaria) per non vedere il distacco abissale fra le due coalizioni; e quelli che provano a scaricare la colpa sul movimento 5 stelle rifiutano di capire che non Antonio Di Lalla sono la causa della sconfitta, ma la conseguenza di scelte fuori luogo e rampantiste fatte proprio dal centrosinistra. Cercavano un tetto sotto cui ripararsi e glielo ha fornito tale Roberto Ruta; continuano a non rendersi conto che finché abboccano alle strategie perdenti di siffatto soggetto non vinceranno neppure se correranno da soli! I partiti del centrosinistra sono come le case danneggiate dal terremoto, se non si riparte dalle fondamenta, ma si fanno solo riparazioni funzionali, ad ogni scossone fuoriusciranno nuove e peggiori crepe. I movimenti e le associazioni, all inizio dell estate, volevano ridare linfa alla politica, ma la saccenteria dei politicanti li ha snobbati. Vado cercando un tetto sotto cui ripararmi o vado costruendo pietra dopo pietra la mia casa? Etty Hillesum Noi continueremo perché il rinnovamento passa attraverso la coscientizzazione e gli asfittici partiti, quando se ne accorgeranno, saranno sempre i benvenuti. Ma c è qualcuno di loro che è disposto a mettersi in discussione e ripartire da zero? Se non lo fanno loro, perché non ci trovano tornaconto, iniziamo noi a ricostituire circoli nei paesi, nei quartieri, dovunque ci siano persone disposte a mettersi in gioco in modo che la democrazia torni ad essere partecipata. Un tetto sotto cui ripararsi cercano i per niente onorevoli in parlamento, tenendosi aggrappati al peggiore e più squallido presidente del consiglio che la storia ricordi. Tutto intorno a loro va in frantumi, ma essi, imperterriti, si prostituiscono con la mente, quando non con il corpo, sperando che l agonia sia più lunga e redditizia possibile. Credenti e non credenti, laici e cattolici, senza un minimo di orgoglio, si ritrovano a praticare l accanimento terapeutico, perché, staccata la spina, crolla anche il tetto sotto il quale si sono riparati. La nostra rivista ha fatto del terremoto un punto imprescindibile per leggere la storia, come gli ebrei con l esilio; di conseguenza oltre che guardarli con simpatia, stiamo accanto a tutti quelli disposti a costruire pietra dopo pietra, come i giovani che non si rassegnano, che protestano, che cercano faticosamente il nuovo o di scrostare il vecchio ancora valido. Le violenze dell ultima manifestazione a Roma, prevedibili e perciò non arginate, sono servite per non prendere in considerazione le sacrosante istanze di chi vuole un mondo più a misura delle persone. Solo la malafede di certi osservatori può aver fatto confondere le pietre di cui erano portatori i giovani con i sampietrini lanciati dagli infiltrati! Siamo accanto agli immigrati che cercano pane e libertà, perciò caldeggiamo la raccolta delle firme per le proposte di legge sulla riforma della normativa sulla cittadinanza e sul diritto di voto per le persone di origine straniera residenti in Italia. La casa che vogliamo costruire non è per escludere, ma per accogliere. L alterità, come ci propone Silvio Malic con la solita profondità e competenza, è componente essenziale dell essere; senza la relazione si può sperimentare solo la prigionia dell esistenza. Ponti, non muri, vogliamo costruire con le pietre a nostra disposizione. Al nascente terzo governo Iorio lanciamo una pietra come domanda: in questi dieci anni lei ha fatto transitare tantissimo denaro per la ricostruzione e la ripresa produttiva, perché non è nato niente, anzi stiamo peggio e senza prospettive? Se la sanità ha i debiti vuol dire che si è speso, non sarebbe tempo allora di vedere almeno qualche frutto? Un tempo si rispettava il cane per il padrone, ma in questa tornata, si sarà reso conto, la gente ha accarezzato il cane e tirato un calcio al padrone! Bene fa a punirli evitando gli assessori esterni. Se non altro almeno risparmiamo 20 3

4 spiritualità la scuola del deserto Michele Tartaglia La bibbia non dà una lettura univoca dell esilio, perché esso è visto sia come punizione divina, che come tempo di nuove opportunità, in quanto il ritorno all essenzialità permette di fare ordine nella propria vita per tenere solo ciò che è buono, come direbbe l apostolo Paolo. L esilio nella bibbia è diventato, come l esodo, una categoria interpretativa per le svolte importanti, crudeli e al contempo gravide di speranza per chi riusciva a rimanere in vita. Pensiamo, ad esempio, alla lettura che fu fatta dell oppressione greca nel libro di Daniele, oppure della tragica fine di Gerusalemme ad opera dei Romani, descritta nell Apocalisse e in alcuni testi apocrifi ebraici come il IV Libro di Esdra o il II Libro di Baruc. In tutte queste situazioni il nemico è definito semplicemente Babilonia, perché ormai quell esperienza era diventata emblematica e proverbiale per ogni cambio radicale. Quando si parla di Babilonia si parla sempre di esilio, che diventa luogo di revisione di vita per imparare dagli errori commessi e per sognare un mondo non più basato sulla miopia degli interessi di bottega ma sull utopia del bene condiviso. Per questi sogni è necessaria la poesia, di cui la bibbia abbonda, soprattutto in quei grandi poeti e sognatori che sono stati i profeti che, grazie alle loro parole conservate e attualizzate nelle diverse epoche, hanno saputo far compiere una lettura non disperata anche delle situazioni più nere. Certo è il ricordo di queste parole che spesso manca e che produce, ad ogni peggioramento, solo sconforto e cinismo, se pensiamo a luoghi come il nostro Molise, colpito da terremoti e alluvioni, fossilizzato in un sistema di potere che tende solo a conservare se stesso, travolto da una crisi economica epocale che uccide, come insegna la dura legge della natura, sempre prima il più debole. Se ci affidiamo alla natura non possiamo far altro che attendere la fine, solo augurandoci che l agonia sia breve. Ma l uomo non è solo natura, non è solo lotta per la sopravvivenza, ma è cultura, è presa in carico del debole, ammaestrato da quelle voci profetiche che hanno il vertice in Gesù e che sono l eco di quel mistero d amore che chiamiamo Dio, che ha dato forza ai deboli di resistere e di lottare per un mondo più umano, capace di riflettere, cioè, l immagine di Dio. Ascoltiamo uno dei più antichi profeti scrittori, che è stato riletto e attualizzato proprio alla luce dell esilio di Babilonia, da altri sognatori anonimi, come potremmo essere noi oggi, che hanno fatto proprie le idee di questo profeta e le hanno fatte camminare sulle loro gambe. Il profeta di cui parlo è Osea, che ha lottato contro le ingiustizie di un regno opulento e decadente, come era Israele nell VIII secolo a. C., ma la cui eco è giunta fino agli esiliati di Babilonia, che hanno appreso anche da lui a coltivare la speranza: Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d Egitto. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal, che non saranno più ricordati Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore (Os 2,16-22). Il deserto dell esilio è paragonato da Osea al deserto dell esodo, non tempo semplicemente di sconfitta e di perdita, ma tempo di ammaestramento, di educazione e riflessione su ciò che è essenziale per una giusta convivenza: la giustizia e il diritto, ma anche la benevolenza e l amore reciproco, con l impegno alla fedeltà alla parola data. Se pensiamo a quanti giuramenti vengono fatti sulla costituzione o sul vangelo, a quanti impegni presi di fronte ai cittadini o a quante prediche e discorsi e prolusioni riversano fiumi di parole sulla necessità di cambiare rotta, sull impegno a migliorare la situazione dei più disagiati, sul Mediterraneo come mare nostro e quindi accogliente, tutte cose dette e non fatte, capiamo che non basta solo annunciare la giustizia o l amore, bisogna coltivare la fedeltà ed è per questo che c è bisogno della scuola del deserto, del luogo in cui tutto manca perché tutto deve essere ancora conquistato; è la scuola del sogno ma anche di quel realismo che porta ad accogliere con gratitudine solo ciò che serve per vivere, dove l accumulo di risorse aumenta solo l esposizione al pericolo di non farcela e dove non si vivono ruoli sociali, ma solo la comune appartenenza alla vita umana. Il deserto delle dittature e delle guerre del XX secolo è stato il momento in cui si sono creati i migliori documenti sulla dignità umana e se troppo presto si è tornati all egoismo dei propri affari, la provvidenziale ciclicità delle crisi permette a certe parole antiche, ma sempre attuali, di risuonare ancora per coltivare la speranza. mike.tartaglia@virgilio.it scommettiamo che Ora che Paolo Di Laura Frattura, dopo 11 anni di rincorsa, ha finalmente conquistato uno scranno alla regione Molise, lanciamo un grande quiz la cui soluzione avremo nel giro di sei mesi: a) imparerà a dire qualcosa di sinistra; b) tornerà alla corte del suo amico Iorio; c) poltrirà come gran parte dei colleghi. Le scommesse sono aperte, se non avete altre plausibili ipotesi; d) sarà sfrattato da qualche sinistrato. 4

5 glossario Queste non sono rivolte del pane o della fame. Queste sono rivolte di consumatori deprivati ed esclusi dal mercato. Le rivoluzioni non sono la conseguenza inevitabile delle ineguaglianze sociali, lo sono invece i terreni minati Se le rivoluzioni sociali sono invece fenomeni mirati, ecco che è possibile intervenire per identificarle e disinnescarle in tempo. Ma non le esplosioni da terreno minato. Cosi si esprimeva Zigmund Bauman lo scorso agosto, dalle colonne del Corriere della Sera, all indomani della protesta che ha avuto luogo in diverse città inglesi con protagonisti migliaia di giovani. E mentre mi accingo a scrivere queste note, per le strade di Roma, quello che doveva essere il corteo degli indignati italiani - in contemporanea con quelli di tante altre città al mondo - non riesce a snodarsi per le vie della capitale, bloccato e interrotto dagli atti inconsulti e violenti di pochi (rispetto alle migliaia in corteo) inqualificabili teppisti. Lo strascico polemico, che i mezzi d informazione ovviamente ingigantiscono, fa perdere di vista l obiettivo della manifestazione e ne vanifica anche il senso profondo. Tra le parole che sono rimbalzate in questa occasione di protesta contro la crisi che affligge l intera società (mondiale) è ormai diventato familiare l anglofono default [pronuncia: dìfolt]. I media lo traducono, con approssimazione, fallimento, limitandosi ad una interpretazione riduttiva inerente il lessico specifico del settore economico. Come da più parti osservato, il vocabolo che la lingua inglese prende a prestito dal francese défaut (in italiano difetto ), è sia un sostantivo che un verbo, e si traduce in maniera differente a seconda dell area semantica cui fa riferimento: mancanza, carenza, ovviamente difetto, ma anche inadempienza che corrisponde all assenza di azione o di reazione. Nell ambito commerciale esprime insolvenza quando non sono onorati i debiti contratti, non si paga il dovuto, non si risarcisce un danno; nel linguaggio giuridico default corrisponde all italiano contumacia. In quanto verbo esso traduce venire meno, tralasciare, denunciando in tal modo colpevole inattività o responsabilità elusa. Se da un lato ci sentiamo tutti coinvolti in questo generale default perché ad ogni livello si percepisce e si vive una condizione non semplice, sul piano economico soprattutto, viene da chiedersi se parlare esclusivamente di default quale sinonimo di fallimento renda giustizia al vero significato del termine e ne rispecchi un uso proprio. A ben guardare default è una parola che nel linguaggio informatico ha una propria collocazione: le operazioni di routine di un programma vengono svolte di default, cioè in modo automatico; quando non sono presenti istruzioni specifiche da parte di un operatore, il default rappresenta la condizione normale di funzionamento del computer. Le sfumature di significato che la parola inglese ci offre contribuiscono a mio parere a delineare una immagine metaforica del tempo che stiamo vivendo. Una condizione generalizzata di default è il ritratto che possiamo fare di un potere mondiale che a detta del premio Nobel per l economia del 2008, Paul Krugman, si basa su dottrine economiche completamente divorziate dalla realtà, fondate sulla menzogna: la menzogna secondo cui non c è crescita se vengono tassati i ricchi, e quella secondo cui la crisi nasce da troppi regolamenti e non, come i fatti dimostrano, da assenza di regole (New York Times, 29 settembre). E ben vengano le proteste degli indignati che non vogliono sentirsi falliti, che non hanno intenzione di pagare per le inadempienze e le colpe di altri! Default può definirsi il crolli Dario Carlone risultato di una politica regionale anch essa, per copiare Krugman, divorziata dalla realtà: riproposizione dei medesimi schemi, sordità rispetto alle istanze da più parti presentate, conservazione mascherata dei soliti privilegi. Default come inattività, rinuncia, assenza di partecipazione. Default come crollo di qualsiasi aspettativa di miglioramento o riscatto. Crollo come negli attimi del terremoto, come se il tempo non fosse mai passato: decimo anno. dario.carlone@tiscali.it Fonogramma n 610 Da ministero esterni servizio protezione civile at comando stazione carabinieri stop. Urgono notizie presunto sisma sospetto epicentro vostra zona stop calcolare danni provocati movimento tellurico et controllare scala mercalli stop rispondere in fine stesso mezzo riportando gradi esatti stop raccomandasi massima urgenza stop. Risposta: Da - comando stazione carabinieri at ministero esterni - servizio protezione civile - stop Identificato finalmente sisma - trattasi di Sisma Giuseppe fu Gaetano - nato a Napoli et qui residente - noto pregiudicato per reati contro patrimonio et persona - stop - Per quanto riguarda epi centro non risulta nel nostro elenco anagrafico né in quello dei comuni vicini a noi - stop - Potrebbe trattarsi se c è stato errore nella vostra battuta telex - di Bepi Centro - conosciuto e stimato maestro elementare - stop - Il movimento tellurico non ha provocato nessun danno perché questa locale caserma tiene sotto controllo tutti i movimenti - compreso quelli politici - sindacali - et religiosi - stop - Non abbiamo potuto controllare la scala del signor Mercalli - poiché lo stesso si è allontanato dal suo domicilio et sconoscesi suo attuale recapito - stop - Per noi carabinieri i gradi sono gli stessi di prima - io sono appuntato ed il mio collega carabiniere semplice - stop - Infine ci scusiamo per non aver risposto prima - perché qui c è stato un terremoto della madonna - stop - 5

6 società giovani in piazza Cristina Muccilli lazioni e arbitrii di un capitalismo senza argini -. E questa distanza, indifferenza, protervia determina la tessitura di un disegno omertoso nel caso delle istituzioni, e di una visione e valutazione dei fenomeni del tutto conformista e strumentalmente indirizzata e superficiale, quando non è palesemente prezzolata, dei media. Un esempio: i comitati NO-TAV sono nati in piena autonomia avendo contro tutte le forze istituzionali, e di partiti e di governo e ovviamente economiche. Quei comitati sono stati bollati e liquidati da giornali e tv come black-block, gli stessi (giornali e tv) che in questi giorni hanno diffuso la tesi secondo la quale coloro che hanno provocato gli scontri a Roma sono stati addestrati ed equipaggiati nei boschi della Val di Susa. In pratica ci hanno raccontato che coloro che lottano per decidere del futuro del proprio territorio, e quindi per la propria vita, sono soltanto dei violenti (e non donne e uomini, anziani e giovani che subiscono violenza), i quali addestrano altri violenti. E così hanno chiuso il cerchio, messo una ulteriore etichetta su di un movimento che non è uniformabile e taciuto sulle aspettative di cambiamento che non sono solo della nostra nazione ma, oramai, globali. Due brevi considerazioni. La prima, non credo che a provocare gli scontri siano state tante persone, se a piazza San Giovanni erano trecento - ma ciò che La strategia è stata la stessa usata a Genova nel 2001 anche se modificata (meno male) nella sua strutturazione. Roma, una frangia di arrabbiati ha tenuto in scacco per tre ore polizia e carabinieri a piazza San Giovanni, una frangia di violenti ha incendiato due macchine a via Labicana e devastato alcuni uffici del Ministero della Difesa, negozi e cassonetti incendiati in vari punti della città, queste le notizie sulla manifestazione degli indignati e poco altro ancora, sì, anche la condanna netta di tutte le forze politiche. Quei bravi - senza alcun cenno di ironia - giornalisti che hanno seguito la diretta hanno commentato, biasimato, elaborato, ma qualcuno si è posto la domanda: come mai non è intervenuto nessuno, perché si è lasciato tanto spazio alla rabbia di pochi (tremila, secondo le stime, ma se così fosse sarebbero pochi?)? La stessa domanda che ci facemmo per le giornate del G8 di Genova, solo che allora fu l'esplicito pretesto per la feroce condotta delle forze dell'ordine tenuta nelle manifestazioni e fino a notte fonda nella caserma di Bolzaneto. Dieci anni dopo il disegno diventa più raffinato, sottile, come la tela del ragno (involontario il tributo a Camilleri). E infatti a due giorni da sabato si parla solo degli scontri, dei danni e di leggi speciali, delle ragioni che hanno portato in piazza centinaia di migliaia di persone, nulla più. Nel comportamento dei media, nelle reazioni e nei commenti di tutta la classe politica verifico la grande distanza che separa questi da ciò che in passato si chiamava il paese reale e oggi la società civile - precari di tutti i settori del lavoro, pensionati, studenti senza più futuro, donne e uomini impoveriti da specuho visto mi porta ad immaginarne al massimo la metà - nel resto della città potevano essere presenti, si e no, nello stesso numero, altrimenti la manifestazione si sarebbe fermata non al Colosseo, ma molto prima. La seconda è riferita a quanti pensano che lanciare sassi e incendiare macchine abbia un riscontro o sia qualificante: la storia, anche quella più recente, ci insegna che la rivolta deve avere il carattere dell'ineluttabilità, i duecentomila (probabilmente molti di più) manifestanti volevano parlare. È l'elaborazione che porta all'evoluzione degli eventi, la rivolta non si impone altrimenti rimane mera violenza. Avrei voluto iniziare con le parole che il vicecomandante Marcos pronunciò all'apertura della Convenzione Democratica ad Aguascalientes in Chiapas...e prima di Aguascalientes noi avevamo detto che l'assennatezza si siede a lamentarsi sulle soglie dolenti della storia, che la prudenza permette oggi il ripetitivo ticchettio del non far nulla, dell'aspettare, del disperare, che l'insensata e dolce furia di dire tutto a tutti, a noi niente, avrebbe trovato ascolto negli altri, quegli altri che non sono soltanto noi e voi. Parole di speranza nella possibilità di cambiamento attraverso una lotta pacifica e partecipata. Uso, invece, questo breve estratto, in chiusura, a sostegno di una visione del mondo che abbia come fulcro l'essere umano e non il profitto; a sostegno di una nuova etica politica volta alla tutela del cittadino e non del capitale; a sostegno di chi dice + soldi alle scuole alle banche, semplificando in uno slogan il problema del controllo, da parte dei governi, sul denaro pubblico erogato a questi enti; a sostegno di chi pretende di essere ascoltato e rispettato in merito alle scelte che coinvolgono la sua vita. A sostegno di tutti coloro che non hanno più un lavoro e attendono interventi per lo sviluppo, a sostegno di tutti i giovani che non vogliono morire Co.Co.Co., a sostegno di chi crede che i soldi sottratti all'evasione e alla corruzione avrebbero evitato agli italiani manovre suicide ed inefficaci e che i soldi impiegati per fare le guerre servano invece per risanare bilanci e darci respiro. E parafrasando slogan, concludo dicendo: il capitale uccide anche te, digli di smettere. cristina.muccilli@gmail.com 6

7 società costruttori di futuro L invito mi porta in un campo di tè immenso, verde a perdita d occhio. Non si sente nessun rumore, solo una voce profonda che canta un blues denso di malinconia credo che questa sia la fine, per favore perdonami, perdona i miei peccati. La strada sterrata disegnata sul foglio mi conduce al centro del campo, dove su tre poltrone di pelle marroni siedono le tre donne premio Nobel per la pace: Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkul Karman. Su una sedia di paglia, messa in bilico tra le zolle rialzate, c è un uomo con la testa posta sullo schienale che rivolge il suo sguardo assente verso il cielo blu immenso. Al suo fianco un vecchietto esile con la pelle nera scavata dalle rughe, versa con gesti solenni l acqua per il nostro tè. Ellen con un luminoso sorriso mi invita a sedere e mi fissa con i suoi occhi antichi, attenti. Parla a nome di tutte, mi racconta le loro storie e mentre lo fa mi stringe la mano senza abbassare mai lo sguardo. Sembra che le stia molto a cuore che io dia ascolto ad ogni sua parola. Mi parla di uomini europei vissuti durante la resistenza al nazismo e al fascismo e mi chiede con apprensione: Perché voi che siete riusciti a ribellarvi allora ora non siete stati in grado di difendervi? Noi abbiamo agito per amore del nostro popolo e perché ci sentivamo oppresse. Voi non amate il vostro popolo? Non vi sentite oppressi? devi dirmelo. Quando non si è più oppressi si diventa oppressori? Oppure quando si è saziato totalmente l appetito non resta altro da fare che digerire? Abbiamo bisogno di saperlo per noi stesse e per il nostro futuro. Ascoltate queste domande l uomo seduto sulla sedia si desta improvvisamente dal suo torpore e non mi lascia il tempo di aprire la bocca che irrompe con vigore in mezzo a noi: Signore meravigliose dice io sono Alfonso Gatto, poeta. Non siate preoccupate, i vostri volti sono puliti e onesti e voi non cambierete, perché farete della resistenza una categoria esistenziale. Contrasterete la forza che agisce contro di voi e che vi invita a cedere, durerete al limite della vostra tenacia e della vostra pazienza fisica. Insieme a voi i poeti resisteranno all approssimazione della verità, gli uomini di religione all approssimazione della loro fede, i rivoluzionari al logorio dei loro insuccessi, gli individui si formeranno in una coscienza comune!. Finito di parlare, il poeta bacia tutte calorosamente, fa un grande inchino prima verso di noi, poi verso il nostro cameriere, e portandosi la sedia sotto il braccio se ne va verso l orizzonte infinito. Le donne si guardano sbalordite e sollevate bisbigliando qualcosa tra di loro. Mi decido a intervenire supplicandole: Portatemi con voi, io vi aiuterò in qualsiasi cosa, qui non vedo nulla per cui valga la pena di lottare e di vivere. A queste parole Ellen si scurisce in volto e il suo tono di voce diventa severo: Quello Michela Di Memmo che dici è sbagliato! Se tu senti la pena per la decadenza di un mondo, sai già come occorre agire. Bisogna cercare i fiori ancora vivi tra le macerie, prendersene cura, lavorare mossi dall amore. Lo dice Sant - Agostino: dalla radice dell amore non può che maturare il bene. Se ti rassegni in questo momento fai la cosa più semplice, ma tu hai il dovere di ambire al difficile!. Continua a parlare animatamente, il suo copricapo di seta azzurra si agita nel vento, ma io non sento più nulla. Una musica sempre più forte si alza dalla terra. Le donne stanno per salutarmi, lo vedo dai loro gesti affettuosi. Prima di sparire anche loro nel fitto mare verde si chinano con devozione davanti al vecchio, che socchiude i suoi occhi dolci e mostra un sorriso capace di portare la pace all intera umanità. È l umile servitore Nelson Mandela che adesso mi tiene tra le sue braccia, rassicurante e austero come un nonno, mi accarezza teneramente i capelli e la musica che sento sembra provenire dalla sua anima. Possa tu crescere per essere giusta, possa tu crescere per essere sincera, possa tu conoscere sempre la verità, possa tu essere sempre coraggiosa, stare eretta e forte, possa tu avere delle forti fondamenta, quando i venti del cambiamento soffiano, possa il tuo cuore essere gioioso. micheladimemmo@ .it Roma, poche centinaia di teppisti causano danni incalcolabili. Votando la fiducia. ( www. spinoza. it) 7

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