Programma del Corso per l AA
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- Rebecca Corona
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1 Matematiche Complementari Laurea Magistrale in Ecologia ed Evoluzione prof. L. Triolo Dipartimento di Matematica, Università di Roma Tor Vergata Programma del Corso per l AA Elementi di calcolo differenziale e integrale per la comprensione ed illustrazione di semplici equazioni differenziali per la dinamica di una popolazione (Malthus, Verlhurst): significato e calcolo di derivate ed integrali per funzioni di una variabile. 2. Elementi di Probabilità e Statistica: probabilità in spazi finiti, probabilità condizionata (Teor. di Bayes); variabili aleatorie, distribuzioni binomiale e normale. Campioni ed indici (media, varianza). Stimatori in Statistica inferenziale. Testi consigliati per consultazione, oltre alle presenti Note: 1. C. Cammarota: Elementi di Calcolo e di Statistica, L.S.D., Roma. 2. Per un introduzione alle equazioni differenziali ordinarie, vedi L.Lamberti e C.Mascia: triolo/soloedo.pdf Per un corso di Calcolo online, c è il sito web: 3. Collana Schaum: Probabilità e Statistica, McGraw-Hill, Milano 4. Corso on-line di Matematica per Biotecnologie, di D.Benedetto (La Sapienza): 1. Introduzione Il programma originariamente scritto per il corso di Matematiche Complementari comprendeva essenzialmente modelli di dinamica delle popolazioni, dal punto di vista deterministico e stocastico. Questi argomenti necessitano naturalmente di una preparazione di base sia sul calcolo differenziale ed integrale che sul Calcolo delle Probabilità. Ciò è risultato purtroppo difficile da trovare anche tra studenti diligenti e motivati, dopo l incongrua riduzione per legge della didattica di base. Si è quindi rivelato necessario, almeno in quest anno accademico , dover fornire in questa sede, elementi di teoria delle equazioni differenziali ed elementi di Probabilità e Statistica. Il programma si è quindi considerabilmente ridotto nella parte più specificatamente ecologica, prendendo in esame solo le prime equazioni d evoluzione per una popolazione. Si spera che miglioramenti apportati a livello di laurea triennale permetteranno in futuro di fornire in questo corso specialistico quelle nozioni matematiche un pò più avanzate, necessarie per muoversi con maggior facilità nell attuale letteratura scientifica in Ecologia. In Appendice è riportato il testo (esteso) di una conferenza rivolta ad un uditorio di ricercatori biologi e medici, sulla modellizzazione matematica in biomedicina. 1
2 2 2. Calcolo Combinatorio Si esaminano in questo capitolo le nozioni indispensabili di Disposizioni e Combinazioni, presenti sia nel Calcolo, attraverso l uso dei coefficienti binomiali, che nei primi calcoli probabilistici Disposizioni. Dati n elementi diversi, diciamo i numeri {1, 2, 3,..n}, ci si chiede in quanti modi differenti si possono disporre questi n elementi in gruppi di k n, ponendo cioè attenzione all ordine in cui si piazzano i diversi elementi; Dn k è il numero di tali Disposizioni di n oggetti di classe k. Ad esempio da un gruppo di ventuno lettere diverse, in quanti modi si possono formare delle parole di quattro lettere? Il calcolo di Dn k è abbastanza rapido: il primo elemento si può scegliere in n modi diversi, il secondo in n 1 modi, fino al k esimo, in n k+1 modi restanti, da cui Dn k = n(n 1)..(n k+1). Quindi, per l esempio proposto, D21 4 = = In particolare, se k = n, le disposizioni di n oggetti di classe n si dicono Permutazioni di n elementi ed il loro numero risulta P n Dn n = n(n 1)..2 1; si usa per tale espressione piuttosto comune in matematica il simbolo n! (n fattoriale). Per convenzione si estenderà successivamente la definizione del fattoriale anche ad n = 0, ponendo 0! = 1. In tal modo si può scrivere l identità Dn k = n! (n k)!. Il valore di n! cresce molto rapidamente con n: ad esempio le permutazioni di 52 carte sono circa Un esempio ulteriore: in quanti modi diversi n oggetti diversi (molecole, o persone) possono disporsi in cerchio? Se conta solo l ordine relativo tra gli elementi, tale numero sarà (n 1)!, dato che una rotazione non cambia la posizione relativa degli elementi. Si possono considerare anche le permutazioni con ripetizioni: consideriamo k elementi diversi, ad esempio lettere dell alfabeto, vogliamo contare quante parole diverse, lunghe l = n 1 + n 2 +..n k si possono formare con n 1 copie del primo elemento, n 2 copie del secondo elemento,..n k copie del k-esimo elemento; in generale questo numero P n1,n 2,..n k sarà dato dalla formula P n1,n 2,..n k = (n 1 + n 2 +..n k )! n 1!n 2!..n k! Questa formula si ottiene pensando alle permutazioni di n 1 + n 2 +..n k elementi diversi, e dividendo poi per le permutazioni corrispondenti alla presenza di n 1, n 2,..n k copie del primo, del secondo,.. del k-esimo elemento. Quindi se abbiamo 4 lettere diverse {a,b,c,d}, quante parole con due a, con tre b, con una c e due d si possono formare? La lunghezza è quindi = 8 e il calcolo si fa dividendo il numero delle permutazioni di 8 elementi (8!) per il prodotto 2!3!2! ottenendo Combinazioni. Dati n elementi diversi, diciamo i numeri {1, 2, 3,..n}, ci si chiede ora di calcolare in quanti modi differenti si possono estrarre gruppi di k n elementi, senza quindi porre attenzione all ordine in cui si piazzano i diversi elementi; C k n è il numero di tali Combinazioni di n oggetti di classe k. Il calcolo di C k n risulta derivabile senza particolari difficoltà da D k n: C k n = Dk n k! = n! (n k)!k!
3 Infatti, fissati k elementi, le loro k! permutazioni corrispondono alla stessa combinazione. Un esempio concreto è dato dal calcolo di quante combinazioni di 5 carte si possono formare con un mazzo di 52: C52 5 = D5 52 = ! In matematica si usa per Cn k il simbolo ( n k) (coefficiente binomiale n sopra k ) che appare in molte ed importanti formule, ad esempio nello sviluppo del binomio di Newton: n ( ) n (a + b) n = a n k b k k k=0 Dalla definizione segue la proprietà di simmetria ( ) ( ) n n = k n k e l importante proprietà ricorsiva: ( n k ) + ( ) n = k + 1 ( ) n + 1 k + 1 che dà luogo al cosiddetto triangolo di Tartaglia-Pascal ( 0 ( 0) 1 ) ( 1 1 ( 0 2 ) ( 1) 2 ) ( ( ) ( 3 ) ( 2) ) ( 3 = ( ) ( 4 ) ( 4 ) ( 3) ) ( ) Disposizioni con ripetizioni. Concludiamo questi brevi cenni di calcolo combinatorio con la nozione di Disposizioni con ripetizioni. Supponiamo di dover assegnare targhe diverse ad 10 6 veicoli: una targa numerica sarà composta da 6 caselle in ciascuna delle quali è presente una cifra da 0 a 9. In effetti se abbiamo n simboli da disporre ( l ordine conta!) in k caselle, poichè i simboli possono ripetersi, possiamo scegliere in n modi diversi il simbolo nella prima casella, sempre in n modi diversi quello nella seconda, etc, totalizzando quindi n k differenti disposizioni di n simboli, di classe k con ripetizioni. Ci si può allora chiedere quante caselle sono sufficienti per assegnare targhe alfabetiche (24 simboli) al milione di auto considerato prima: ora n = 24 e cerchiamo k in modo che 24 k 10 6 : prendendo il logaritmo in base 10 si ha k log 24 6 k = (244 = ) Occorrono quindi almeno 5 caselle. Se aggiungiamo le 10 cifre numeriche, si hanno 34 simboli e dunque il calcolo permette di dire che occorrono solo 4 caselle: infatti k log 34 6 k = (344 = ) In linea di principio, basterebbero due simboli {0, 1}, ma il numero di caselle cresce sino a 20: k log 2 6 k = (220 = ) 3
4 4 Un altro esempio d interesse biologico: in quanti modi diversi i quattro simboli A,T,G,C possono formare una stringa lunga 10 7 (esempio ispirato dal DNA del lievito)? La cifra astronomica dice che la chimica fornisce vincoli molto forti per la formazione di sequenze reali di basi nucleotidiche. Di particolare interesse è il caso di n = 2, in cui i due simboli possono essere presi pari a 0 o ad 1. Una disposizione con ripetizione degli elementi dell insieme {0, 1}, di classe k, corrisponde ad un particolare sottoinsieme di un generico insieme E di k elementi. Tale corrispondenza si vede nel modo seguente: supponiamo che i k elementi dell insieme siano individuati dai numeri 1, 2,..k. Un sottoinsieme di E si determina con una stringa lunga k dei simboli 0 e 1, dove 0 nel posto i-esimo significa assenza dell elemento i-esimo ed 1 significa presenza di quell elemento: la stringa composta da tutti 1 corrisponde all insieme E, quella composta da tutti 0 all insieme vuoto. Esempio: la stringa di 6 cifre, {1, 0, 1, 0, 0, 0}, corrisponde al sottoinsieme formato dal primo e dal terzo elemento di un insieme di sei elementi. Tutti i sottoinsiemi, compreso l insieme vuoto, e l intero insieme di k elementi saranno allora 2 k : si dice in modo sintetico che l insieme delle parti di un insieme di k elementi, ha 2 k elementi. Verifichiamolo come esercizio a partire dalla formula del binomio prendendo a = b = 1: poichè ( k m) è il numero di sottoinsiemi con m elementi estratti dall insieme di k elementi, la loro somma dovrà essere 2 k, ed è proprio quello che si ottiene dalla formula (1 + 1) k = 2 k = k m=0 ( ) k m 3. Sistemi dinamici discreti Lo studio dell evoluzione di un sistema a tempi discreti, come la crescita di una popolazione batterica registrata ad intervalli di tempo di lunghezza costante, è un argomento di chiaro interesse applicativo, ed è anche stato alla base di sviluppi recenti nella teoria dei sistemi dinamici (caos deterministico). Formalmente si può anche considerare come una discretizzazione di evoluzioni a tempo continuo, legandosi quindi alle metodologie numeriche per la soluzione di equazioni differenziali. Si considerano qui di seguito gli elementi base della teoria, e qualche applicazione di carattere biologico Equazioni alle differenze del primo ordine. Supponiamo di voler misurare una grandezza y dipendente dal tempo ad intervalli di tempo fissi t 1, t 2,..t k,.. (ad es. una popolazione batterica ad ogni ora) e di scoprire che y k y(t k ) soddisfa ad una relazione del tipo y k+1 = αy k + f k (3.1) dove α è un parametro reale ed {f k }; k = 1, 2,.. è una successione data. È naturale voler valutare il comportamento di tale grandezza al crescere di k. Alla forma in (3.1) si arriva anche partendo da una discretizzazione dell equazione differenziale del primo ordine: ẏ(t) = ay(t) + F (t)
5 Si ha infatti, approssimando la derivata con il rapporto incrementale corrispondente ad un t = τ: y k+1 y k = ay k + F k (3.2) τ y k+1 = y k + aτy k + τf k (3.3) e si ottiene la forma semplificata (3.1) ponendo α = 1 + aτ, f k = τf k Come nel caso dell equazione differenziale occorre supplementare la legge d evoluzione (3.1) con un dato iniziale per ottenere una soluzione unica che soddisfi appunto la condizione iniziale. In tal caso infatti, dal valore iniziale y 0 si ricava y 1 = αy 0 + f 1 e così via; la legge d evoluzione con il dato iniziale costituisce un sistema dinamico discreto e lineare. Vogliamo vedere ora come si può ricavare la soluzione della (3.1) in generale e poi in modo esplicito, nel caso in cui f k f, vale a dire quando il dato {f k } si riduce ad una costante. Come nel caso dei sistemi lineari di equazioni, consideriamo dapprima il sistema omogeneo associato e descriviamone le soluzioni; cerchiamo poi una soluzione particolare del sistema completo (non omogeneo), e naturalmente la somma delle soluzioni sarà ancora soluzione di (3.1). Il problema sarà quindi risolto completamente quando si determinerà la soluzione che soddisfa il dato iniziale. Primo passo: cercare le soluzioni dell equazione omogenea associata (in generale saranno infinite, dipendenti da un parametro reale) u k+1 = αu k (3.4) Secondo passo: cercare una soluzione particolare dell equazione non-omogenea di partenza 5 p k+1 = αp k + f k (3.5) La soluzione del problema con un dato iniziale specifico si otterrà considerando la soluzione generale come somma della generica soluzione dell equazione omogenea e della soluzione particolare, calcolando poi il parametro libero mediante l imposizione del dato iniziale. Vediamo dunque che le soluzioni dell omogenea si ottengono esplicitamente dalla relazione ricorsiva (3.4), dove c è una costante arbitraria u k+1 = αu k = α(αu k 1 ) =... = α k+1 c (3.6) La successione soluzione dell omogenea si può discutere in funzione dei parametri: α = 0 o c = 0 dà la soluzione identicamente nulla u k 0, mentre α = 1 dà una soluzione costante u k c, k = 1, 2,.., c ha il significato di valore iniziale per la soluzione u k. Continuando nell analisi, con c 0, se α = 1, u k = ( 1) k c, ovvero u k = ±c a seconda della parità di k; se α > 1 la soluzione diverge a sign (c), (sign (c) = 1 se c > 0, e 1 se c < 0); mentre se α < 1, u k per k, con un cambio di segno per u k ad ogni passo. Infine, se α < 1, u k 0 per k. Di tali andamenti se ne può dare anche una rappresentazione grafica nel piano. Cerchiamo ora una soluzione particolare dell equazione non-omogenea, supponendo che il dato f k sia costante: f k f 0. Troviamo una soluzione anch essa costante, p k p, k, se α 1: basta scrivere l equazione lineare
6 6 p = αp + f (3.7) che ha come soluzione p = f (3.8) 1 α Se invece α = 1, si trova immediatamente una soluzione particolare non costante (precisamente una per cui p 1 = f): p k+1 = p k + f = (p k 1 + f) + f = p k 1 + 2f =.. = (k + 1)f La soluzione generale di (3.1) sarà la somma di u k e p k : per α 1 : y k = α k c + p = α k c + f 1 α (3.9) per α = 1 : y k = c + kf (3.10) Infine imponendo il dato iniziale, ad esempio il valore y 0, per k = 0, si ha la soluzione completa: per α 1 : y k = α k (y 0 p) + p, k = 0, 1, 2,.. (3.11) per α = 1 : y k = y 0 + kf, k = 0, 1, 2,.. (3.12) L analisi si completa valutando l andamento asintotico per k : il caso interessante è quando α < 1, perchè si vede subito che y k p; notare che il valore limite non dipende dal dato iniziale e costituisce un equilibrio asintoticamente stabile. In effetti vediamo subito che per α 1, se ponessimo il dato iniziale y 0 pari a p, la soluzione resterebbe sempre costante; però nel caso α < 1, un dato iniziale diverso porta asintoticamente verso p, mentre per α > 1 la soluzione se ne allontana, dato che y k. Quindi p è un equilibrio in ogni caso, ma è stabile (di più, è globalmente attrattivo) per α < 1 ed instabile per α > 1. Infine, per α = 1 non ci sono equilibri (abbiamo supposto f 0) Equazioni alle differenze del secondo ordine. Analogamente alle equazioni differenziali di ordine superiore, come ad esempio l equazione di Newton della dinamica del punto materiale (del secondo ordine), si possono considerare equazioni discrete in cui sono coinvolti valori presi in più di due istanti consecutivi. Consideriamo infatti la discretizzazione dell equazione differenziale lineare non omogenea del secondo ordine: Risulta e si ottiene la forma semplificata ÿ(t) + aẏ(t) + by(t) = F (t) y k+2 2y k+1 + y k τ 2 + a y k+1 y k + by k = F k (3.13) τ y k+2 + (aτ 2)y k+1 + (1 aτ + bτ 2 )y k = τ 2 F k (3.14) ponendo α = 2 aτ, β = aτ 1 bτ 2, f k = τ 2 F k. y k+2 = αy k+1 + βy k + f k (3.15)
7 Procediamo come nel caso precedente, passando all omogenea associata e poi alla ricerca di una soluzione particolare della non-omogenea. Primo passo: cercare le soluzioni dell equazione omogenea associata (in generale saranno infinite, dipendenti da due parametri reali) u k+2 = αu k+1 + βu k (3.16) Secondo passo: cercare una soluzione particolare dell equazione non-omogenea di partenza 7 p k+2 = αp k+1 + βp k + f k (3.17) Per l omogenea cerchiamo soluzioni simili a quelle trovate direttamente nel caso del primo ordine: u k = r k c (3.18) Sostituendo in (3.16), si trova per r un equazione algebrica di secondo grado r 2 αr β = 0(equazione caratteristica) le cui soluzioni dipendono dai parametri α e β: Se α 2 + 4β > 0, ci sono due radici reali distinte r + e r, date da r ± = α ± α 2 + 4β 2 e la soluzione sarà una sovrapposizione lineare delle due soluzioni u k = c + r k + + c r k Se α 2 + 4β < 0, ci sono due radici distinte complesse coniugate s + e s, date da s ± = α ± i α 2 + 4β 2 = ρ exp(±iθ) dove ρ = s ± e θ = arg s + ; la soluzione sarà una sovrapposizione del tipo u k = ρ k (c 1 cos(kθ) + c 2 sin(kθ)) Se α 2 + 4β = 0, ci sono due radici reali coincidenti pari a α/2 una soluzione sarà del tipo costante per potenze di α/2 e si può verificare che un altra soluzione è data da v k = k(α/2) k. La soluzione sarà quindi una sovrapposizione del tipo u k = (c 1 + c 2 k)( α 2 )k Soluzioni particolari {p k }, per f k f le troviamo in modo simile a quello visto precedentemente per il primo ordine: se α + β 1, p k = p = f 1 α β f 2 α k se α + β = 1, e α 2, p k = se α = 2 e β = 1, p k = k 2 f/2
8 8 Esempio. La successione di Fibonacci. Si tratta di un sistema del secondo ordine definito nel modo seguente : F k+2 = F k+1 + F k, k = 0, 1, 2,.., e F 0 = F 1 = 1 Si può arrivare, seguendo lo schema visto prima per le equazioni omogenee alla formula esplicita F k = 1 [( ]) k+1 ( 1 5 ]) k+1 ] Notare che il rapporto F k+1 /F k tende per k, al numero = (sezione aurea), e che malgrado la presenza del numero irrazionale nella formula precedente, gli F k sono tutti numeri naturali. L origine di questa successione sta nel Libro XII del Liber Abaci di Leonardo Pisano, detto il Fibonacci (1202): F k rappresenta il numero di coppie di conigli adulti al k esimo mese; si suppone che ogni coppia adulta produce ogni mese una coppia che diventa adulta in un mese, e così via; si parte con una coppia matura, e si suppone anche che ogni coppia rimane per sempre nella conigliera...in tal modo la successione è data da 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13,... Si può anche osservare che il numero delle coppie immature corrisponde alla stessa successione spostata di un posto, 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8,.., per cui la popolazione totale ad ogni tempo è data ancora da una successione dello stesso tipo 1, 2, 3, 5, 8, 13,... Il comportamento asintotico descritto sopra significa che per valori grandi di k l evoluzione degli F k è bene approssimata da una crescita esponenziale (il rapporto tra le popolazioni successive è vicino a 1.6 > 1). 4. Elementi di Probabilità e Statistica Si inizia questa sezione conclusiva con alcune nozioni elementari di Statistica descrittiva, introducendo gli indici più usati nell analisi di dati, per poi passare ad esporre qualche elemento del Calcolo delle Probabilità, e concludendo con una breve esposizione preliminare di Statistica inferenziale Statistica descrittiva. La Statistica descrittiva consiste nella costruzione di opportuni indici e/o di grafici per ordinare in modo razionale ed efficiente i dati raccolti. La raccolta dei dati si fa tramite un Campionamento. Poichè l acquisizione di dati da un intera popolazione= classe di individui o unità potrebbe essere onerosa, se ne prende un sottoinsieme (campione) cercando di non distorcerne la rappresentatività. Il numero n di individui selezionati forma un campione di ampiezza, o rango n, (Refs 1,3) Indici di posizione. Il campione consista in n misure (o valori) {x 1, x 2,..., x n }; si definiscono i seguenti indici: media (campionaria) x (è la media aritmetica dei valori registrati): x := 1 n n k=1 x k
9 media geometrica x g (per dati, o valori, positivi): n x g := ( x k ) 1 n k=1 Notare che la media geometrica è l esponenziale della media aritmetica dei logaritmi dei dati x g = e 1 n n k=1 log x k = 10 1 n n k=1 log 10 x k mediana med {x 1, x 2,.., x n }: ordiniamo i valori presi, vale a dire li numeriamo in modo tale che x 1 x 2... x n ; se n è dispari, med {x 1, x 2,.., x n } = x (n+1)/2, se n è pari, med {x 1, x 2,.., x n } = 1 2 (x n/2 + x 1+n/2 ) Ad esempio, i 10 numeri qui elencati (già ordinati) rappresentino dei voti presi nell esame di Matematica da un campione di 10 studenti, {21, 21, 22, 24, 24, 25, 26, 27, 27, 30}; la loro media è 24.7, mentre la mediana è 24, Indici di variabilità. Per valutare quantitativamente quanto i dati siano sparsi o raggruppati si possono introdurre: l intervallo di variazione, o campo ( in inglese, range) = max{x 1, x 2,.., x n } min{x 1, x 2,.., x n }, ovvero per dati ordinati, = x n x 1. Varianza campionaria S 2 : S 2 1 n (x k x) 2 = 1 n x 2 k x 2 (dallo sviluppo dei quadrati) n n k=1 k=1 Le differenze x k x sono gli scarti dalla media, e vale per essi l identità evidente n (x k x) = 0 k=1 Talvolta, in alcuni testi la varianza campionaria S 2 è definita con il fattore davanti alla somma dei quadrati degli scarti pari a 1/(n 1) anzichè 1/n. Con questa scelta il significato della varianza come stimatore delle caratteristiche della popolazione diventa più preciso. La radice quadrata S della varianza campionaria si dice deviazione standard. Esempi. Supponiamo per valutare la qualità di semi di un vivaio, si prendano 7 sacchetti da 100 semi e si contino quanti semi per ognuno di essi germinano correttamente; si trovi {82, 75, 60, 54, 91, 58, 63}. Il range è dato da = 37. La media risulta x = k=1 x k = 483/7 = 69. Gli scarti dalla media sono {13, 6, 9, 15, 22, 11, 6}, per cui la varianza campionaria risulta S 2 = k=1 (x k 69) 2 = 164.5, e la deviazione standard è S Naturalmente una media alta (vicino a 100), con una deviazione standard piccola (rispetto alla media) sono indici di buona qualità del prodotto. È anche chiaro che una valutazione più accurata si avrebbe con un campione più numeroso. Da questo esempio si capisce che compito essenziale della statistica è quello di fare affermazioni globali (sull intera popolazione), razionalmente basate sui dati disponibili a partire da un campione (inferenza). 9
10 Quantili ed istogrammi. Se ordiniamo i dati come è stato visto in precedenza, si dice che costituiscono una statistica ordinata. Data una statistica ordinata {x 1, x 2,.., x n }, dividiamo l intervallo [x 1, x n ] in quattro parti tali che in ciascuna caschi lo stesso numero di valori: vale a dire, un quarto o il 25% del rango del campione, con opportune correzioni se n/4 non è intero. Per scrivere l argomento in modo preciso, occorre premettere la definizione di parte intera, [x], di un generico numero reale x. Si tratta semplicemente del massimo tra i numeri interi che siano minori od eguali al numero stesso; pertanto, se il numero x è intero, coincide con la sua parte intera [x]; se non è intero, si va indietro fino ad arrivare al primo intero (minore di x). Ovviamente, per un qualunque x, [x] x < [x] + 1. Esempi: [10/5] = [2] = 2, [10/4] = [2.5] = 2, [π] = 3, [ 1.5] = 2... Tornando alla definizione di quartile, se n/4 non è intero, (ovvero n/4 > [n/4]), il primo quartile q 25 è dato dal valore di quell x avente come indice il primo intero maggiore di n/4, (cioè [n/4] + 1); se invece n/4 è intero (n/4 = [n/4]), q 25 è la media aritmetica tra l x avente come indice proprio n/4 ed il successivo; analogamente per gli altri due quartili (q 50 e q 75 ). Naturalmente q 50 coincide con la mediana. In formule: q 25 = { x[ n 4 ]+1 se n/4 non è intero 1 2 (x n + x n ) se n/4 è intero Per i dati introdotti inizialmente {21, 21, 22, 24, 24, 25, 26, 27, 27, 30}, q 25 = 22, q 50 = 24.5, q 75 = 27, che si legge nel modo seguente: il 25% dei voti sono tra il minimo (21) e 22, un altro 25% tra 22 e 24.5, ( e quindi 50% tra il minimo e 24.5), un altro 25% tra 24.5 e 27, ed infine l ultimo quarto tra 27 ed il massimo 30. Questo discorso può farsi anche per diverse percentuali (quantili), e descrive in modo quantitativo la distribuzione dei dati. Un utile rappresentazione grafica della statistica si fa tramite l istogramma. Partendo dalla statistica ordinata, si divide l intervallo I = [x 1, x n ] in m parti non necessariamente eguali: I = m k=1 I k, eseguendo questa partizione sull asse delle ascisse. Si costruiscono poi m rettangoli, il k-esimo con base I k, detti classi,e con area pari al corrispondente numero n k di dati della statistica, (cioè che capitano in I k ) (se le basi sono eguali, le altezze sono proporzionali alle aree, e quindi le ordinate corrispondono alle frequenze). Talvolta, sopratutto quando il campione è molto ampio, conviene normalizzare: invece di n k si considerano le frequenze f k := n k /n. Le relazioni corrispondenti sono m n k = n; k=1 m f k = 1 k=1 Se le classi hanno stessa ampiezza, quella con maggiore altezza si dice classe modale o moda; nel caso in figura, è quella con estremi 20 e Correlazione e regressione. Quando si esaminano due grandezze diverse sullo stesso campione (es. per un campione di persone, peso e altezza, peso e consumo di grassi, etc) è certamente interessante sapere se ci sia una qualche relazione tra le grandezze in esame e valutarla anche quantitativamente.
11 y x Figure 1. Un istogramma non normalizzato con m = 6, n = 84, x 1 = 4, x 84 = 44 Siano {x 1, x 2,.., x n } e {y 1, y 2,.., y n } i valori registrati per le due grandezze X e Y, e x, y le corrispondenti medie. Si definisce covarianza (tra X e Y), la seguente quantità: σ XY 1 n (x i x)(y i y) = 1 n x i y i xy n n i=1 Ricordando la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz (vedi alla fine della sezione), e la definizione di deviazione standard, si ha che Quindi il coefficiente di correlazione σ X σ Y σ XY σ X σ Y ρ XY = σ XY σ X σ Y è compreso tra 1 ed 1: valori positivi (negativi) corrispondono ad una correlazione positiva (negativa), e un valore nullo corrisponde ad assenza di correlazione (lineare). Esempio. Sia x i, per i = 1, 2,..5 la quantità X di grassi assunti, in grammi al giorno, dalla persona i-esima, ed y i, per i = 1, 2,..5 la quantità Y di calorie assunte al giorno dalla stessa persona. Precisamente per la X si registrano i valori {63, 64, 23, 128, 82} e per Y si registrano i valori {1800, 2000, 1100, 4100, 1900}. Sviluppando i calcoli, dopo aver normalizzato la Y con un fattore 100, si ha: i=1 x = 72, σ X 34; y = 21.80, σ Y 10.10; σ XY 323 Da qui si ha per il coefficiente di correlazione ρ XY = 0.94, mostrando quindi una correlazione fortemente positiva. Questi concetti si applicano nel calcolo della retta di regressione. Supponiamo di associare alle coppie di valori (x i, y i ), per i = 1, 2,..n, i punti nel piano (X, Y ), di ascisse ed ordinate corrispondenti. In generale questi punti saranno dispersi nel piano (fig. 2), ma talvolta è visibile un certo allineamento (fig. 3) Il calcolo permette di determinare in ogni caso (non degenere) la retta nel piano (XY ) che minimizza lo scarto quadratico dei dati da essa (a, b) n i=1 (y i ax i b) 2 (metodo dei
12 12 y x Figure 2. Dati molto dispersi y x Figure 3. Dati alquanto allineati minimi quadrati): consiste nel cercare i parametri a e b della retta di equazione y = ax + b, in modo tale che (a, b) sia minimo. Cerchiamo quindi a e b tali che (a, b) a = 0; (a, b) b vale a dire { n i=1 (y i ax i b) = n(y ax b) = 0 n i=1 x i(y i ax i b) = n[σ XY aσ X 2 + x(y ax b)] = n[σ XY aσ X 2 ] = 0 (l ultima eguaglianza si ottiene usando la relazione immediatamente precedente). Si ha in definitiva a = σ XY σx 2, b = y ax = y σ XY σx 2 x Per l esempio precedente si ha che a 0.28, b 1.64 = 0
13 Cal Gras Figure 4. Dati e retta di regressione (Calorie/Grassi) Le nozioni di correlazione e regressione possono estendersi anche in un contesto nonlineare (vedi Ref.3). La disuguaglianza di Cauchy-Schwartz ha un utilizzazione assai frequente in Matematica, e conviene quindi vederla un pò in dettaglio. Per qualunque scelta dei numeri (a 1, a 2,..a n ) e (b 1, b 2,..b n ), è sempre vero che n n n n ( a i b i ) 2 ( a 2 i )( b 2 i ) a i b i n n i=1 i=1 i=1 i=1 La dimostrazione consiste nell osservare che per ogni λ, 0 n (a i + λb i ) 2 = i=1 n a 2 i + 2λ i=1 i=1 n a i b i + λ 2 Per cui il discriminante ( n i=1 a ib i ) 2 ( n i=1 a2 i )( n i=1 b2 i ) dev essere nonpositivo. i=1 a 2 i n i=1 b 2 i i=1 b 2 i 4.2. Elementi di Probabilità. La nascita della teoria della Probabilità si può collocare nel diciassettesimo secolo (Fermat, Pascal, Huyghens), per la valutazione delle corrette aspettative nell ambito del gioco d azzardo e delle assicurazioni. Successivamente fu introdotto il Calcolo delle Probabilità per opera di Laplace (1774) e Bernoulli (1778). Rinviando ai manuali specifici per osservare lo sviluppo di questa disciplina, attualmente assai rilevante sia nelle applicazioni alle scienze fisiche, biologiche ed economiche, che negli sviluppi teorici, limitiamoci ai primi elementi indispensabili per ottenere un modello matematico dell incertezza (e del rischio) Definizioni di Probabilità. Risulta intuitivamente chiaro, quando si getta un dado a sei facce (numerate 1,2,..6), o una moneta (T o C), cosa significa ad es. che la probabilità che esca T sia di 1/2 = 50%; analogamente la probabilità che il dado mostri la faccia 1 sia di 1/6; ed egualmente la probabilità che il dado mostri un numero pari sia 1/2. In tutti questi casi l evento aleatorio si manifesta in una sola modalità su due o su sei, nei primi due esempi, ed in tre modalità su sei nel terzo (infatti faccia pari significa che esca due, quattro o sei). Formalizzando un pò, se un evento E può verificarsi in k E modalità egualmente probabili, su
14 14 un totale di n, la probabilità P (E) di E è data da P (E) = k E n Questa definizione è alquanto limitata e implica la conoscenza di eguale probabilità prima di aver definito la probabilità. Conviene quindi passare ad una definizione assiomatica. In analogia all assegnazione delle masse ai corpi materiali, si associano dei numeri compresi tra 0 ed 1 agli eventi aleatori in esame. Quest assegnazione potrebbe essere sperimentalmente verificata: se consideriamo la solita moneta, dove l evento aleatorio consiste nel gettarla su di un piano avendole impresso un buon momento angolare, in un numero n di prove ripetute uscirà T un numero k n (aleatorio) di volte. La legge dei grandi numeri, conseguenza dell impostazione assiomatica del Calcolo delle Probabilità, dice che k n lim n n = 1 2 Quindi la frequenza relativa kn n dell evento, in n prove indipendenti, tende alla probabilità ( questa proprietà, nel cosiddetto approccio frequentistico, fornisce la definizione della probabilità di un evento). Per sviluppare un pò il calcolo occorre però dare qualche definizione generale. Partiamo dallo spazio degli eventi S, i cui elementi sono gli eventi elementari (es. S mon. = {T, C}; S dado = {1, 2, 3, 4, 5, 6}), ed i cui sottoinsiemi sono gli eventi generici (per il dado un evento non elementare, potrebbe essere {1} {2} da leggere, uno o due ). È opportuno considerare tra gli eventi anche l insieme vuoto. In generale quindi due sottoinsiemi A e B di S sono due eventi, e anche A B (A o B), o A B (A e B) sono altri due eventi, così come A c (complementare di A) è l evento non A. Esempi. Per il dado l evento P ( esce un numero pari ) si può scrivere come P = {2, 4, 6} = {2} {4} {6} e l evento complementare D ( esce un numero dispari )si può scrivere come D = P c = {1, 3, 5} = {1} {3} {5} Sempre per il dado, l evento P ( esce un numero pari ) e l evento B ( esce un numero minore di 3 ) hanno un intersezione P B = {2, 4, 6} {1, 2} = {2} (= esce un numero pari e minore di 3 ); l evento unione sarà P B = {2, 4, 6} {1, 2} = {1, 2, 4, 6} (= esce un numero pari o un numero minore di 3 ). Una volta definito uno spazio S = {x 1, x 2,..x n } (qui considerato finito per semplicità), la probabilità consiste nell assegnazione di un valore numerico compreso tra zero ed uno agli eventi elementari ( quindi è una funzione p : S [0, 1], definita sullo spazio degli eventi) con le proprietà seguenti, che permettono di definirne il valore per tutti gli eventi: n p( ) = 0; p(s) = p(x i ) = 1; p(a) = p(x i ) x i A i=1 L assegnazione della probabilità agli eventi di uno spazio di n eventi elementari è del tutto simile ad assegnare le masse degli n punti materiali elementari (gli atomi ), con la convenzione che la massa totale sia uno, e valutando la massa dei corpi formati da più punti semplicemente sommando le masse degli atomi costituenti. Come conseguenza della definizione si ha dunque che per due eventi disgiunti (A B = ) vale la proprietà additiva p(a B) = p(a) + p(b); questo significa che per due eventi mutuamente esclusivi, e cioè che non possono mai verificarsi assieme, (per il dado, A = P e
15 B = {1}), la probabilità che si realizzi l evento A o l evento B è la somma delle rispettive probabilità. Si inoltre, dalla definizione, che p(a c ) = 1 p(a) (la probabilità che piova o che non piova è uno..) e che se A B, p(a) p(b). Una probabilità p su di uno spazio finito S = {x 1, x 2,..x n } si dice uniforme se p(x i ) = 1/n, i = 1, 2,..n. Questo è il caso della moneta (n = 2) o del dado (n = 6). La probabilità dell intersezione di due eventi introduce una importante nozione tipicamente probabilistica (dipendenza/indipendenza) che vedremo in seguito. Per ora calcoliamo in base alla definizione, nel caso del dado, p(p B), dove P corrisponde a uscita di un pari, e B a uscita di un numero minore di tre : bisogna osservare che P B = {2, 4, 6} {1, 2} = {2}, e quindi p(p B) = 1/6. Esempi. Il gioco del lotto: fissata una ruota, si estraggono 5 numeri su di un totale di 90. Lo spazio ( S consiste quindi nelle combinazioni di 90 elementi di classe 5 (in totale sono 90 ) 5 = ); la probabilità uniforme è dunque, per qualunque combinazione x, p(x) = 1/ Il DNA: sono presenti nel DNA umano i nucleotidi A (adenina), G (guanina), C (citosina) e T (timina) (primi due sono purine ed i secondi pirimidine), in percentuali tali da poter assegnare le seguenti probabilità p(a) = 0.304; p(g) = 0.196; p(c) = 0.199; p(t ) = La probabilità di estrarre a caso una purina sarà quindi p(pur) = p(a) + p(g) = = 0.5 e sarà quindi eguale alla probabilità che venga una pirimidina. Esempio del compleanno in comune. Supponendo che gli anni abbiano 365 giorni, che le nascite avvengano con la stessa probabilità, ed indipendentemente per diversi individui, calcolare la probabilità che almeno due persone in un gruppo di r 1, abbiano il compleanno in comune. Ad ogni giorno dell anno corrisponde un numero tra 1 e 365, quindi lo spazio degli eventi è costituito dalle disposizioni con ripetizione di classe r di 365 oggetti, quindi da 365 r elementi. È facile valutare la probabilità P c dell evento complementare, e cioè che non ci sia alcun compleanno in comune: tutte le possibili date di compleanno delle r persone senza ripetizioni, sono tante quante le disposizioni di 365 oggetti di classe r (365(365 1)(365 2)...(365 r + 1)), quindi P c = 365(365 1)(365 2)...(365 r + 1) 365 r = 1( )( )...(1 r ) La probabilità cercata è 1 P c e svolgendo i calcoli si vede mentre per r = 2, si ottiene 1 364/365 = , per r > 23, questo valore supera 0.5. La coppia di dadi. Per una coppia di dadi lo spazio degli eventi è il prodotto nel senso insiemistico degli spazi corrispondenti ai due dadi: per ogni uscita del primo dado sono possibili sei del secondo, quindi lo spazio ha 36 elementi (eventi elementari), ad ognuno dei quali si attribuisce la probabilità 1/36 (notare che risulta il prodotto delle probabilità relative agli eventi fattori 1/6 1/6). La domanda interessante (soprattutto per i giocatori) è: qual è la probabilità di ottenere un dato punteggio (somma dei punti dei due dadi)? Basta valutare a quali eventi corrispondono i vari punteggi e calcolarne le probabilità. 15
16 16 Punteggio Eventi Probabilità k = 2 (1, 1) 1/36 k = 3 (1, 2) (2, 1) 1/18 k = 4 (1, 3) (2, 2) (3, 1) 1/12 k = 5 (1, 4) (2, 3) (3, 2) (4, 1) 1/9 k = 6 (1, 5) (2, 4) (3, 3) (4, 2) (5, 1) 5/36 k = 7 (1, 6) (2, 5) (3, 4) (4, 3) (5, 2) (6, 1) 1/6 k = 8 (2, 6) (3, 5) (4, 4) (5, 3) (5, 2) 5/36 k = 9 (3, 6) (4, 5) (5, 4) (6, 3) 1/9 k = 10 (4, 6) (5, 5) (6, 4) 1/12 k = 11 (5, 6) (6, 5) 1/18 k = 12 (6, 6) 1/ La distribuzione geometrica. Supponiamo di sapere che la probabilità di cogliere un bersaglio al tiro a segno sia pari a p, 0 < p < 1; consideriamo l evento B n { i primi n-1 tiri non colpiscono, ma l ennesimo sì}. Risulta dunque che P r{b n } = q n 1 p; q 1 p; per le proprietà delle progressioni geometriche q n = 1 1 q, pertanto q n 1 p = 1 n=0 Vedremo più avanti altri aspetti di questa distribuzione, nella sezione riguardante le variabili aleatorie La distribuzione binomiale. Questa distribuzione fornisce la probabilità che un evento di probabilità 0 < p < 1 si ripeta (esattamente) 0 k n volte su n prove indipendenti. Ad esempio si può pensare all uscita di k = 3 volte del numero uno in n = 10 lanci di un dado (p = 1/6), o di k = 300 volte T in n = 500 lanci di una moneta (p = 1/2). Il calcolo consiste nel considerare prima la probabilità di una particolare successione di prove in cui l evento si ripete esattamente k volte, e quindi di probabilità p k (1 p) n k, e di contare poi quante sequenze lunghe n contengono lo stesso numero k di successi ( ( n k) ). È cruciale qui l indipendenza delle prove, che permette di calcolare, ad esempio la probabilità di A 1 = {si verifica l evento solo nella prima prova}: P (A 1 ) = p(1 p) n 1. Analogamente la probabilità di A i, sarà la stessa i, e quella di A i,j, dove A i,j ={si verifica l evento solo nelle prove i-esima e j-esima}, i j, è data da P (A i,j ) = p 2 (1 p) n 2 ; il calcolo si generalizza a k successi in k prove diverse. Analogamente al punteggio di un dado, associato al presentarsi della corrispondente faccia, è opportuno associare all evento in esame ( verificarsi di k successi in n prove indipendenti),un numero X(n, p), definita dal numero di successi (vale a dire del verificarsi dell evento di probabilità p) nelle n prove ripetute, ha lo stesso valore k per tutti questi ( n k) eventi esclusivi, corrispondenti ciascuno a fissare su quali delle k prove si è verificato l evento; quindi per la proprietà additiva, si ha P r(x(n, p) = k) = Pk n(p) = ( n k) p k (1 p) n k. Osserviamo che, come dev essere per ogni distribuzione di probabilità, poichè X(n, p) assume certamente un valore tra 0 ed n, P r(x(n, p) = k) = n k=0 n=1 ( ) n p k (1 p) n k = (p + 1 p) n = 1 k
17 Prima di tornare su altri aspetti teorici assai rilevanti della distribuzione binomiale, vediamone una rappresentazione grafica in un caso particolare ed un paio di esempi. 0.1 P 100 k k Figure 5. Alcuni punti del grafico della distribuzione binomiale con p = 0.2, n = 100 Si vede abbastanza chiaramente un andamento a campana attorno al valor medio 20; si tornerà più avanti su questo punto di portata assai generale. Vediamo ora un altro esempio che si colloca all inizio (frivolo) del calcolo delle probabilità. Problema di S.Pepys (posto a Newton nel 1693): è più probabile che l uno esca almeno una volta in sei lanci di un dado (evento E 1 ), o che esca almeno due volte in dodici lanci (evento E 2 )? La prima probabilità si calcola usando la distribuzione binomiale corrispondente a sei prove relativamente ad un evento elementare di probabilità 1/6: l evento complementare ad E 1, ovvero uno non esce neppure una volta in sei prove ha la probabilità corrispondente a zero successi, vale a dire P0 6(1/6) = (1 1/6) 6 = (5/6) 6 = ; pertanto P (E 1 ) = = Anche per valutare P (E 2 ) conviene passare al complementare, e si ottiene quindi: P (E 2 ) = 1 [P0 12 (1/6) + P 12 1 (1/6)] = 1 [(5/6) /6(5/6) 11 ] = = Concludiamo quindi che E 1 ha una probabilità maggiore di E La Probabilità condizionata. Vediamo un pò più in dettaglio la nozione di indipendenza, poichè talvolta la si assume per poi sviluppare i calcoli successivi. Ad esempio, nel lancio simultaneo di un dado e di una moneta, se le procedure di lancio si possono considerare non legate tra loro, gli eventi elementari congiunti si considerano indipendenti, in modo tale che, se ε denota T o C, e k un intero tra 1 e 6, P (ε, k) = P (ε)p (k) = 1/2 1/6 = 1/12. Se invece, per un misterioso dispositivo che accoppia i due lanci, quando la moneta dà T, il dado mostra solo facce dispari (uniformemente), e quando esce C, il dado esce pari, non ci sarà più indipendenza: P (T, 1) = P (T, 3) = P (T, 5) = 1/6, e P (T, 2) = P (T, 4) = P (T, 6) = 0, e simmetricamente per P (C, k). Come si vede la probabilità che esca T senza guardare l uscita del dado (probabilità marginale dell evento T) è sempre 1/2, e così anche le altre probabilità marginali, ma certamente non si verifica l indipendenza tra gli eventi congiunti. In generale, in uno spazio di probabilità {S, P }, non saranno mai indipendenti un evento A S con 0 < P (A) < 1 ed il suo complementare A c, dato che P (A A c ) = P ( ) = 0 P (A)(1 P (A)).
18 18 Anche per due eventi A e B tali che B A, (A implica B), con P (B) < P (A) < 1, si ha che P (A B) = P (B) P (A)P (B). La nozione di dipendenza porta all importante nozione di probabilità condizionata così definita. Se P (B) > 0, la probabilità condizionata di A, dato B, (B è l evento condizionante, ed A quello condizionato), in simboli P (A B), è P (A B) := P (A B) P (B) È facile verificare che, fissato B, la probabilità condizionata, come funzione di A (generico evento di S), gode delle stesse proprietà della probabilità, con l ovvia relazione P (B B) = 1. Esprime quindi la variazione dell assegnazione delle probabilità, quando si sa che l evento B si è verificato. Naturalmente se i due eventi A e B sono indipendenti, P (A B) P (B A) P (A B) = = P (A); P (B A) = = P (B) P (B) P (A) mentre se sono identici (A = B), vale a dire estremamente dipendenti, P (A A) = P (A A) P (A) = P (A) P (A) = 1 Esempio. Nel lancio del dado, calcoliamo le P (k D), dove k = 1, 2,.., 6 e D = {1, 3, 5} (quindi la condizione D, l evento dato, è l uscita di un dispari). Si ha P (k D) = 0 se k è pari, e P (k D) = 1/3 se k è dispari. È opportuno esaminare nel seguente esempio l origine di un diffuso pregiudizio, le strategie da seguire nel gioco del lotto basate sui cosiddetti ritardi. Consideriamo, senza perdere l essenziale, ma con maggiore semplicità espositiva, che i lanci successivi di una moneta (T o C) siano indipendenti e che si sia verificata una (assai improbabile) successione di 100 T. Il pregiudizio consiste nel pensare che nel centounesimo lancio, quasi che la moneta debba pareggiare i conti, ci si deve aspettare l uscita di C con maggior fiducia: cioè che la probabilità di C sia maggiore di 1/2. Ciò è naturalmente falso, per l indipendenza delle prove ripetute; l errore si avvalora talvolta di valutazioni numeriche, consistente in questo caso nell uso scorretto della disuguaglianza (corretta) seguente: P (X 101 (1/2) = 0) = ( 1 2 )101 < P (X 101 (1/2) = 1) = 101( 1 2 )101 Qui l evento di maggiore probabilità consiste nell uscita di una (sola) C in 101 lanci, ma indipendentemente dal fatto che ciò avvenga nella prima, nella seconda, o nell ultima (la centounesima) prova, mentre l evento in cui si è interessati consiste nell uscita di C al centounesimo lancio, e la sua probabilità, sempre pari a 1/2, non dipende da cosa si è verificato nelle prime cento prove. Anzi, come si è verificato nelle case da gioco, osservazioni prolungate di uscite di numeri al gioco della roulette possono dare indicazioni sul fatto che sia apprezzabile una piccola differenza tre le probabilità di uscita dei numeri stessi (utilizzabile per puntate ben studiate); nel caso precedente, l uscita di 100 T potrebbe suggerire che la moneta sia truccata (vedi il cap. sull inferenza statistica), e che quindi ci si potrebbe piuttosto attendere che al centounesimo lancio esca ancora T (perchè con buona probabilità la moneta ha due T!).
19 Applicazioni assai importanti della nozione di condizionamento derivano dalla seguente formula, (qui in forma semplificata), che riguarda la valutazione dell inversione del ruolo tra evento condizionante ed evento condizionato. Formula di Bayes Se P (A)P (B) > 0, vale l identità P (B A) = P (A B)P (B) P (A) = P (A B)P (B) P (A B)P (B) + P (A B c )(1 P (B)) La dimostrazione è un semplice esercizio sulla definizione di probabilità condizionata, ed usa la decomposizione, del tutto generale, di un evento A nell unione di due eventi tra loro complementari (usando E = B B c, A = A E, e quindi A = (A B) (A B c ): P (B A) = P (A B) P (A) = P (A B)P (B) P (A B) + P (A B c ) = P (A B)P (B) P (A B)P (B) + P (A B c )(1 P (B)) L interesse di questa relazione si può apprezzare in questo esempio (di uso corrente nella pratica epidemiologica e farmacologica), dove si vede in concreto il significato di probabilità condizionata. Valutazione del falso positivo e del falso negativo. In generale un test clinico non è mai perfetto: per un individuo sottoposto a test, il risultato può essere positivo T +, o negativo T sia se l individuo è malato (M), o se sano (S := M c ); si definisce sensibilità del test la probabilità condizionata P (T + M), vale a dire la probabilità che il test sia positivo in presenza della malattia, e specificità del test, la probabilità condizionata P (T S), vale a dire la probabilità che il test sia negativo in assenza della malattia. Un buon test dovrebbe avere entrambe vicino ad uno (ed infatti la loro somma definisce l efficienza del test). Supponendo di conoscere quanto l infezione sia diffusa, in termini di P (M) (probabilità che un individuo sia malato), vogliamo calcolare la probabilità f + del falso positivo, vale a dire f + = P (S T + ) = 1 P (M T + ), ed anche quella del falso negativo f = P (M T ) = 1 P (S T ). Risulta (ripetendo la deduzione dell identità di Bayes) P (M T + ) = P (M T +) P (T + ) = P (T + M)P (M) P (T + ) Il denominatore P (T + ) lo calcoliamo mediante la decomposizione in parti disgiunte P (T + ) = P (T + (M S)) = P (T + M) + P (T + S) = (P (T + M)P (M) + P (T + S)P (S) Le quantità P (T + S) e P (S) sono note dai dati del problema, poichè P (T + S) = 1 P (T S) e P (S) = 1 P (M). Vediamo ora un caso numerico: se P (T S) = 0.80, P (T + M) = 0.90, P (M) = 0.01, calcolare f + ed f. Valutiamo prima P (T + ): P (T + ) = P (T + M)P (M) + P (T + S)P (S) = (1 0.80)(1 0.01) = Completando f + = 1 P (M T + ) = 1 = = Risulta assai alto! Analogamente si trova f = Variando i valori numerici, si ottengono risultati assai differenti: se ad esempio fosse P (M) = 0.10, ed il resto invariato, si avrebbe f + = e f =
20 20 Vediamo ora un altro esempio simile, ma in contesto studentesco: consideriamo aleatori l esito e la preparazione di un esame. Sia S l evento { superare l esame} (ed S c { il non superarlo}); sia B l evento {avere una buona preparazione}, (ed B c {il non averla}). Supponiamo che P (S) = 0.8, P (B) = 0.6; P (S B) = 0.95 Può essere interessante valutare P (S B c ); P (B S); P (S c B) La prima probabilità condizionata potrebbe riguardare il ruolo della fortuna per chi non si prepara bene, la seconda valuta l efficacia dell esame, come garanzia di buona preparazione, e la terza il peso della sfortuna per chi si è ben preparato. Con quei dati si ottiene P (S B c ) = 0.58; P (B S) = 0.71; P (S c B) = 0.05 Cambiandoli, si apprezza cosa determina le differenze, anche notevoli, nei risultati Le variabili aleatorie, v.a. Come nel caso del dado, dove l uscita di una faccia può formularsi in termini numerici, dicendo che la variabile numerica punteggio ha proprio il valore corrispondente ai punti mostrati dalla faccia uscita, così più in generale è utile definire una variabile numerica associata ad eventi aleatori (questa funzione, definita sullo spazio degli eventi E, si chiama appunto variabile aleatoria, o casuale). In tal modo i dati della precedente tabella relativa alle uscite di una coppia di dadi possono rappresentare la distribuzione della v.a. punteggio dei due dadi. In generale, se una v.a. Z assume valori discreti (in corrispondenza con un sottoinsieme dei numeri interi, quindi denotabili con a k, k = 1, 2,...), la sua distribuzione è assegnata dalle probabilità corrispondenti p k : P r{z = a k } = p k, k = 1, 2,... Naturalmente sarà p k 0, k p k = 1. Caratteristiche interessanti della distribuzione di probabilità sono il valore atteso (o medio) EZ k a kp k e la varianza V ar Z k (a k E Z) 2 p k (il simbolo E sta per Expectation, ed il valore atteso di una generica funzione φ(z) non è altro che E φ(z) k φ(a k)p k ).Una variabile con un numero n, finito, di valori costituisce un caso particolare: in questo caso le probabilità p k sono positive solo in corrispondenza agli n valori possibili. Talvolta, soprattutto in letteratura fisica, si usa φ(z) in alternativa al simbolo Eφ(Z). Sviluppando il quadrato, si vede che V ar Z = k (a2 k 2a kez + (EZ) 2 )p k = EZ 2 (EZ) 2. Ritroviamo in questi termini i risultati sulle notevoli distribuzioni introdotte precedentemente: per la distribuzione geometrica, consideriamo la v.a. X p = n. d ordine del primo colpo vincente: vale a dire l evento {X p = n} al verificarsi dell evento B n. Pertanto P r{x p = n, n = 1, 2,..} = qn 1 p. Considerando ora la distribuzione binomiale, vediamo innanzitutto che viene definita in modo naturale la variabile numerica (aleatoria) X(n, p) come numero di successi in n prove,e di cui possiamo ora valutare le caratteristiche sia in modo diretto, sia attraverso la rappresentazione di X(n, p) come somma di v.a. elementari Un calcolo diretto permette infatti di valutare il valore medio di X(n, p), e vedremo successivamente una giustificazione elementare del risultato, quando s interpreta X(n, p) come somma di n variabili aleatorie: n n ( ) n EX(n, p) := kp r(x n = k) = k p k (1 p) n k = np k k=0 k=0
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