1. Leghe a memoria di forma (SMA)
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- Sabrina Grillo
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1 1. Leghe a memoria di forma (S) Vanno sotto il nome di leghe a memoria di forma (shape memory alloys o S) un gruppo di particolari composti metallici di varia composizione chimica (NiTi, CuZnl, CulNi) che presentano proprietà uniche, quali la capacità di subire elevate deformazioni (fino al 10%), per poi riassumere la forma geometrica iniziale una volta rimossa la sollecitazione, senza evidenziare fenomeni di plasticizzazione. La proprietà manifestata da tali materiali di poter esibire deformazioni anche di notevole entità, quando vengono sollecitati, per poi riassumere la forma iniziale qualora la sollecitazione venga rimossa, è nota come pseudoelasticità o superelasticità e si manifesta a temperature sufficientemente elevate. Se invece il materiale viene sollecitato a basse temperature, gran parte della deformazione prodottasi permane nell oggetto anche in seguito alla completa rimozione della sollecitazione. Tuttavia, se poi viene riscaldato al di sopra di una determinata temperatura l oggetto riacquista la forma che possedeva inizialmente. Questa proprietà viene definita memoria di forma ed è la proprietà di principale interesse applicativo. Per le loro particolari proprietà, le leghe a memoria trovano applicazione in diversi settori tecnologici che vanno dal campo aereonautico, al campo medico fino alle recenti applicazioni ad oggetti quotidiani (occhiali, cellulari, termostati). In particolare, nel settore della meccanica e della termotecnica sono impiegate per la realizzazione di dispositivi in grado di integrare le funzioni di sensori ed attuatori (attuatori lineari, valvole, termostati) e per la realizzazione di manicotti per accoppiamento di tubi; nel settore biomedicale le leghe S sono impiegate per la produzione di filo ortodontico, stents coronarici, per la realizzazione di dispositivi per osteosintesi e di attrezzature per impieghi in campo endoscopico e chirurgico. Il fenomeno fisico che presiede a tali proprietà è una trasformazione di fase allo stato solido fra austenite e martensite, ovvero fra le due fasi cristallografiche stabili presenti nelle S. Tale trasformazione corrisponde ad un riassetto della struttura cristallina del materiale indotto da variazioni di temperatura e da sollecitazioni meccaniche e risulta del tutto reversibile.
2 Figura 1. spetti macroscopici e microscopici della trasformazione di fase tra austenite e martensite L austenite () è la fase stabile ad elevata temperatura ed è caratterizzata da un elevato valore del modulo elastico E, ossia da una bassa deformabilità. La martensite () è la fase stabile a bassa temperatura, caratterizzata da un valore del modulo elastico E inferiore ad E, e quindi da maggiore deformabilità. La martensite si può presentare sia nella forma deformata d, in cui tutti i cristalli sono orientati nella stessa direzione, in genere in seguito alla sollecitazione, che nella forma accoppiata t (t = twinned), in assenza di sollecitazione. Il cambiamento di forma macroscopica si verifica nel passaggio dalla fase martensitica deformata d alla fase austenitica o alla fase martensitica accoppiata t, e viceversa (Fig. 1). Per effetto della sollecitazione, la microstruttura del materiale si dispone secondo una variante preferenziale, quella la cui orientazione è più favorevole nei confronti dello sforzo applicato. Come riportato nella Fig. 2, l applicazione di uno sforzo produce la coalescenza delle diverse varianti in una singola variante, e il fenomeno prende il nome di detwinning: il risultato è un cambiamento di forma macroscopico. Figura 2. L applicazione di una sollecitazione provoca l orientazione della martensite
3 1.1. Temperature caratteristiche di trasformazione di fase Le temperature alla quale hanno luogo i fenomeni delineati sono definite dalla composizione chimica del materiale e possono variare in modo significativo variandone la composizione. Nella Fig. 3 sono indicati gli intervalli di temperatura a cui avvengono le trasformazioni di fase tra austenite e martensite a sforzo nullo. Si possono individuare le temperature caratteristiche che determinano l inizio e la fine della trasformazione martensitica ( s, f ) e della trasformazione austenitica ( s, f ): - s è la temperatura cui ha inizio in riscaldamento la trasformazione. - f, è la temperatura cui ha termine in riscaldamento la trasformazione. - s, è la temperatura cui ha inizio in raffreddamento la trasformazione. - f, è la temperatura cui ha termine in raffreddamento la trasformazione. ε d /E + ε L ε L /E T d â á f s s f T Fig. 3. Trasformazioni di fase a tensione costante al variare della temperatura T
4 ξ = 1 0 ξ 1 ξ = 0 Fig. 4. Domini di esistenza di austenite e martensite I pedici s ed f indicano rispettivamente le temperature di inizio (start) e fine (finish) trasformazione. I valori delle temperature caratteristiche possono variare entro intervalli più o meno ampi a seconda del materiale e della percentuale dei componenti. Il loro valore aumenta (linearmente) all aumentare dello stato di sollecitazione. Nelle Fig. 3-4 sono rappresentati i domini di esistenza di austenite e martensite al variare della temperatura T e dello stato di sollecitazione (monoassiale) cui è soggetto il materiale. In assenza di sollecitazione, cioè per = 0 le temperature s e f, s e f segnano l inizio e la fine delle trasformazioni di fase (da austenite a martensite) e (da martensite a austenite). I valori delle temperature caratteristiche si innalzano se il materiale è soggetto ad uno stato di sollecitazione che induce una tensione nel materiale. Come osservabile in Fig. 3, tali temperature assumono valori diversi nel caso di trasformazione diretta e inversa. Esiste quindi un isteresi fra le temperature di trasformazione che risulta alla base delle proprietà macroscopiche caratterizzanti le leghe a memoria di forma Comportamento pseudoelastico del materiale Come si può osservare dai diagrammi -T e -ε riportati nella Fig. 5, se il materiale in fase austenitica viene sottoposto ad una sollecitazione meccanica esterna a
5 temperature T superiori ad f, esso manifesta una deformazione ε proporzionale allo sforzo applicato, corrispondente al comportamento elastico dell austenite definito dal modulo elastico E. Quando la tensione supera il valore s richiesto per attivare la trasformazione martensitica, la struttura cristallina del materiale comincia a riorganizzarsi in fase martensitica. Di conseguenza, il materiale manifesta una deformazione macroscopica dovuta alla trasformazione di fase d, che continua fino al raggiungimento della tensione f, in corrispondenza della quale tutto il materiale è stato trasformato in martensite deformata d. Per livelli di tensione superiori a f, la trasformazione di fase può dirsi esaurita e il materiale è completamente in fase martensitica. Pertanto, ad un ulteriore incremento di sollecitazione corrisponde un proporzionale incremento di deformazione, come previsto dal comportamento elastico della martensite definito dal modulo elastico E, fino al raggiungimento della tensione di snervamento del materiale y. Se lo sforzo viene rimosso prima del raggiungimento di y, si verifica uno scarico elastico con pendenza E fino al raggiungimento della tensione s di inizio trasformazione (inversa) austenitica d. Un ulteriore diminuzione della tensione provoca la graduale trasformazione d, fino al raggiungimento della tensione f di fine trasformazione austenitica, quando tutto il materiale è stato trasformato in ustenite. f f s s d â á s s E d E f f f s s f T ε Fig. 5. Fasi della trasformazione pseudoelastica
6 Per valori di tensione inferiori a f, il materiale è ritornato completamente in fase austenitica. Continuando a scaricare la deformazione regredisce nuovamente con pendenza E, finché il materiale non ritorna al suo stato indeformato iniziale (ε = 0) una volta rimossa completamente la sollecitazione (cioè per = 0). Tale proprietà corrisponde al comportamento pseudoelastico del materiale emoria di forma del materiale Se la prova di carico viene effettuata a temperatura costante compresa tra s ed f, come in Fig. 6, il materiale inizialmente in fase austenitica si trasforma in fase martensitica (come nel caso precedente). Tuttavia, una volta rimossa completamente la sollecitazione (cioè per = 0), il materiale rimane in fase martensitica deformata, non potendo trasformarsi in austenite a causa dell isteresi presente fra le temperature di trasformazione austenitica e martensitica. Dopo aver rimosso completamente la sollecitazione, nel materiale permane quindi una deformazione residua dovuta alla trasformazione di fase verificatasi in precedenza, che può essere recuperata solo riscaldando la lega al di sopra della temperatura f, in modo da trasformare di nuovo il materiale in fase austenitica. In seguito al riscaldamento, l oggetto riassumerà la sua dimensione iniziale, manifestando così l effetto memoria di forma. f s d â á f s d E E f s s f T f s ε T Fig. 6. Effetto memoria di forma
7 Il riscaldamento del materiale si può effettuare anche sfruttando l effetto Joule, facendo attraversare l oggetto da una corrente elettrica. 2. Comportamento termomeccanico delle S nel caso monoassiale. l fine di descrivere il comportamento termomeccanico delle leghe a memoria di forma sono stati proposti numerosi modelli costitutivi. Fra questi, i modelli monoassiali di tipo fenomenologico (Tanaka, 1986; Liang e Rogers, 1990, Brinson, 1993; Ivshin e Pence, 1994; uricchio e Lubliner, 1997) sono quelli più facilmente applicabili, in quanto fanno uso di quantità misurabili e sono relativamente più semplici. Tali modelli descrivono il comportamento del materiale nel caso di sollecitazione monoassiale, considerando come variabili indipendenti, la deformazione ε, la frazione (o percentuale) di martensite ξ, compresa fra 0 e 1, e la temperatura T. Si assume che la tensione nel materiale dipenda solo dai valori di ε, ξ e T, cioè = (ε, ξ, T). Pertanto, il generico incremento di tensione può scriversi come dove le quantità: d = dε + dξ + dt (2.1) ε ξ T E = Ω = Θ = (2.2) ε ξ T possono risultare funzioni di ε, ξ e T. In generale, il modulo elastico E dipende da ξ ed assume valori compresi fra il modulo elastico dell austenite E e quello della martensite E E /3, per ξ che varia fra 0 e 1. In particolare, si può assumere che il modulo elastico vari in proporzione al rapporto tra martensite ed austenite: E(ξ) = ξ E + (1 ξ) E (2.3) mentre il modulo Θ può assumersi costante. Integrando la (2.2) 1, si ottiene: = E(ξ) ε + ψ 1 (ξ, T) (2.4) dove ψ 1 (ξ, T) è una funzione di ξ e T, che non dipende da ε. Introducendo
8 l espressione (2.4) di nella definizione di Θ si ha: Θ = ψ1( ξ, T ) (2.5) T ssumendo che il modulo Θ sia indipendente dalla temperatura, integrando la (2.5) si ottiene: ψ 1 (ξ, T) = Θ T + ψ 2 (ξ) (2.6) dove ψ 2 è una funzione di ξ. Introducendo la (2.6) nella (2.4) la tensione diventa: = E(ξ) ε + ψ 2 (ξ) Θ T (2.7) La funzione ψ 2 (ξ) si può ricavare considerando un tipico caso di deformazione residua, riportato in Fig. 7, in cui lo stato finale della trasformazione è definito dai seguenti valori: = 0 ε = ξ ε L, 0 ξ 1, T = T 0 (2.8) Inserendo la condizione (2.8) nella (2.9) si ottiene: ψ 2 (ξ) = E(ξ) ξ ε L + ψ 2 (0) (2.9) introducendo poi la (2.9) nella (2.7) segue = E(ξ) (ε ξ ε L ) Θ (T T 0 ) (2.10) dividendo la (2.10) per E(ξ) e risolvendo per ε si ottiene: ε = E(ξ) + ξ ε L + Θ E(ξ) (T T 0 ) = ε el + ε tr + ε T (2.11) f s E E ξ ε L ε L ε Fig. 7. Trasformazione parziale e scarico con deformazione residua ξ ε L
9 dove ε el, ε tr e ε T sono rispettivamente la deformazione elastica, la deformazione dovuta alla trasformazione di fase e la deformazione termica. Quest'ultimo contributo è generalmente molto inferiore agli altri e può essere trascurato Leggi di trasformazione per ξ La temperatura ha comunque una notevole influenza sulla legge di trasformazione per la frazione di martensite ξ. In via semplificata si può assumere che, durante le trasformazioni di fase austenitica e martensitica, la frazione di martensite ξ vari secondo una legge di tipo lineare in funzione della temperatura e della tensione, cioè ξ = a ( c T) + b (2.12) dove a e b sono parametri da determinare, c = c per la trasformazione martensitica e c = c per la trasformazione austenitica Legge di trasformazione di fase martensitica Indicando con ξ 0 la frazione di martensite presente all inizio della trasformazione, per la trasformazione di fase martensitica si ha: ξ = ξ 0 per = c (T s ) = s (T) 1 ξ ξ = 1 per = c (T f ) = f (T) imponendo tali condizioni sulla funzione (2.12) si determinano le costanti a e b e quindi la seguente legge di trasformazione martensitica ξ = 1 (1 ξ 0 ) s f f La legge di trasformazione martensitica nella forma (2.14) è direttamente utilizza f s ξ 0 (2.13) valida nel dominio di trasformazione martensitica per s f.
10 bile nel caso in cui la trasformazione sia innescata da una sollecitazione meccanica a temperatura costante, in tal caso infatti la variabile di controllo diventa la sola tensione. Se durante la trasformazione variano contemporaneamente sia la tensione che la temperatura, utilizzando le definizioni delle tensioni di inizio e fine trasformazione martensitica s e f la legge di trasformazione martensitica (2.13) può scriversi nella forma generale ξ = 1 (1 ξ 0 ) c c ( ( T f s f ) ) (2.14) valida nel dominio di trasformazione martensitica per c (T s ) c (T f ). Se inizialmente tutto il materiale è in fase austenitica, ovvero se ξ 0 = 0, allora la legge di trasformazione (2.13)-(2.14) diventa ξ = s s f = c ( T s ) c ( ) s f (2.15) Legge di trasformazione di fase austenitica Per la trasformazione di fase austenitica si ha: ξ = ξ 0 per = c (T s ) = s (T) ξ 0 ξ ξ = 0 per = c (T f ) = f (T) imponendo tali condizioni sulla funzione (2.12) si determinano le costanti a e b e quindi la seguente legge di s f 0 trasformazione austenitica ξ = ξ 0 s f f (2.16) valida nel dominio di trasformazione austenitica per f s. Se durante la trasformazione variano contemporaneamente sia la tensione che la temperatura, utilizzando le definizioni delle tensioni di inizio e fine trasformazione austenitica s e f la legge di trasformazione martensitica (2.16) può scriversi nella
11 forma generale ξ = ξ 0 c c ( ( T f s f ) ) (2.17) valida nel dominio di trasformazione austenitica per c (T f ) c (T s ). Se inizialmente tutto il materiale è in fase martensitica, ovvero se ξ 0 = 1, allora la legge di trasformazione (2.17) diventa ξ = s f f = c c ( ( T f s f ) ) (2.18) Ossevazione Il modello presentato non considera la fase accoppiata t della martensite, ma si limita a supporre che tutta la percentuale ξ di martensite sia nella forma deformata d, che si presenta solo per elevati valori della sollecitazione. In realtà occorre suddividere tra le due varianti considerando ξ = ξ d + ξ t In questo caso i diagrammi di trasformazione assumono l andamento riportato in Fig. 8. crf crs d t z d t t w d â á f s s f T Fig. 8. Fasi della trasformazione martensitica
12 Legge di Liang e Rogers I legami lineari sopra esposti sono più semplici, ma meno attendibili per ciò che riguarda l evoluzione effettiva della frazione di martensite ξ. Una migliore approssimazione si ottiene utilizzando le leggi di evoluzione introdotte da Liang e Rogers: - trasformazione di fase martensitica ξ = + ξ ξ T f / c cos π (2.19) 2 2 s f 1 0 per T s /c T f. - trasformazione di fase austenitica ξ = ξ 0 T s / c 1 + cos π 2 f (2.20) s per T f /c T s. 2.2 Parametri costitutivi per NiTinol oduli elastici: E = Pa E = Pa Θ = 0.55 Pa/ C Temperature di trasformazione: f = 9 C s = 18.4 C s = 34.5 C f = 49 C Costanti di trasformazione: c = 8 Pa/ C crf = 170 Pa c = 13.8 Pa/ C crs = 100 Pa Deformazione massima residua ε L = 0.067
13 3. odulo elastico della miscela di fasi Per il calcolo del modulo elastico della miscela delle due componenti si possono considerare due situazioni limite, corrispondenti rispettivamente alle ipotesi di Voigt e di Reuss. Secondo l ipotesi di Voigt (Fig. 7a) si assume la compatibilità delle deformazioni tra i due materiali ovvero: ε = ε = ε (3.1) per cui = E(ξ) ε = E ε = E ε (3.2) considerando che = 1, = ξ e = 1 ξ, il modulo elastico della miscela diventa: F E(ξ) = = + F ε ε 1 = [ξ + (1 ξ) ] = ξ E + (1 ξ) E ε (3.3) Secondo l ipotesi di Reuss (Fig. 7b) si assume invece l uguaglianza della tensione nei due materiali ovvero: = = = F/ (3.4) per cui ε = /E * (ξ) ε = /E ε = /E (3.5) allora il modulo elastico E * (ξ) della miscela diventa: 1 ε ε ξ + ε E * = = (1 ξ) ( ξ) = ξ E 1 ξ + E da cui E * (ξ) = ξ E EE + ( 1 ξ) E (3.6) a) 1 b) 1 ξ F F = ξ 1 F F = 1 ξ F F =(1 ξ) 1 ε 1 ξ ξ ε Fig. 7. Situazioni limite corrispondenti alle ipotesi di Voigt (a) e di Reuss (b)
14 Come si può osservare dalla figure 8, le formule di Voigt (3.3) e di Reuss (3.6) forniscono rispettivamente un limite superiore ed uno inferiore al valore effettivo del modulo elastico della miscela. Per materiali compositi a due componenti, Hill ha proposto la media tra i due valori limite ovvero E H = 2 1 (E + E*) (3.7) Nella Fig. 8 sono riportati gli andamenti dei moduli elastici ottenuti dalle ipotesi di Voigt, di Reuss e di Hill, in funzione della frazione di artensite ξ, per E = 3 E 3 E /E = E/E E H /E E * /E ξ Figura 8. Variazione dei moduli elastici ottenuti dalle ipotesi di Voigt, di Reuss e di Hill in funzione della frazione di artensite ξ
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