LA RIFLESSIONE SULL'ESPERIENZA NELLA PROFESSIONALITÀ DOCENTE NELLA SCUOLA E NELLA FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTI
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- Lia Perri
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1 LA RIFLESSIONE SULL'ESPERIENZA NELLA PROFESSIONALITÀ DOCENTE NELLA SCUOLA E NELLA FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTI Elefteria Morosini IL RINNOVATO INTERESSE PER LA FORMAZIONE INIZIALE E L'URGENZA DI RINNOVARE IL PROFILO DOCENTE Sembra che finalmente la formazione iniziale dei docenti sia al centro del dibattito e dell'interesse di chi si occupa di scuola e ha la responsabilità politica per intervenire. Interessanti risultano le indicazioni emerse in interviste recenti del responsabile scuola del PD, Davide Faraone, a Repubblica e a Orizzonte-scuola, che delinea un intervento sulla complessità dei problemi della scuola e attribuisce una giusta importanza al TFA (che pure sarebbe da rivedere in alcune sue parti), e afferma che Il tirocinio deve essere sempre più un tirocinio con un ruolo prevalente delle scuole polo e dei docenti tutor dei tirocinanti, superando quindi la gestione mista scuola università, che oggi è spesso soprattutto delle università. Per fare questo è necessario istituire una laurea specialistica ad hoc per chi vuole insegnare, che assegni alle università il ruolo che è loro proprio. (dall'intervista di Eleonora Fortunato, in Orizzonte -scuola, 4 marzo 2014). Stimolo alla riflessione e conferma dell'importanza di dare continuità al TFA è quanto si legge nell'ultimo rapporto della FGA (Fondazione Giovanni Agnelli) che mette in relazione il problema della valutazione dei docenti con la formazione iniziale, formulando l'ipotesi che la necessità di una valutazione del corpo insegnante in attività potrebbe essere superata, resa superflua da una buona formazione di coloro che si avviano alla professione docente: Quando i docenti sono reclutati e formati in modo selettivo e rigoroso possono bastare qualità professionale, deontologia e il controllo dei colleghi a fare funzionare bene le scuole (in La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria all'italia. Rapporto di ricerca- febbraio 2014, Fonazione Agnelli). D'altra parte il modello di formazione docente che si intende applicare ha a che fare con la figura professionale del docente, essendo questo il prodotto finale da conseguire, così come è attuata e conosciuta dai docenti stessi e da tutti color che hanno a che fare con la scuola, in primis studenti e genitori. Così come oggi si svolge la professione, pare ancorata a modelli, metodologie, procedure vecchie e superate, nonostante il gran numero di insegnanti che si impegnano e in mille modi, contro infinite difficoltà, rinnovano la metodologia didattica, anche se nessun tempo, né spazio, né riconoscimento di carriera e /o di retribuzione è previsto dagli attuali ordinamenti per le attività più qualificate e indispensabili della professionalità docente, che richiede competenze riguardo a progettazione, aggiornamento, individualizzazione dei processi di apprendimento, aggiornamento continuo e accelerato di nuovi strumenti e metodologie... Finché il lavoro dell'insegnante viene fatto coincidere pressoché totalmente con le ore di lezione in classe e si sovradimensionano le classi aumentando il numero minimo di studenti (all'insegna del risparmio sul personale), si nega la dignità della professione docente e nei fatti, si crea una sfasatura tra gli obiettivi dei percorsi di formazione abilitanti e l'esempio concreto che si propone nella scuola italiana, invecchiata e in estrema difficoltà.
2 LA CRISI DELLA CONDIZIONE DOCENTE NELLA SCUOLA DI OGGI: UNA DIS-ORGANIZZAZIONE CHE DEPRIME LE ENERGIE PIÙ POSITIVE Guardiamo alla condizione in cui si attua la professionalità docente nella scuola di oggi in Italia: i tagli della gestione Gelmini-Tremonti hanno eliminato tempi e spazi per il confronto e la riflessione, nonché per la progettazione didattica e hanno imposto, nella pratica, un modello di professionalità docente arretrato, basato pressoché esclusivamente sulle ore di lezione in classe. Il monte ore per riunioni è rimasto inalterato a fronte di una moltiplicazione delle esigenze di programmazione, individualizzazione, progettazione di nuove metodologie (CLIL; ESABAC; generazione WEB, E-BOOK, ecc.). L'organizzazione delle aule e dell'orario scolastico rimane fedele al modello ottocentesco, mentre i modi di comunicare e informarsi degli studenti si sono trasformati per effetto delle nuove tecnologie applicate alle comunicazioni di massa, campo in cui molti docenti sono poco attrezzati. La proposta della didattica delle competenze resta un'istanza teorica, contraddetta dalle condizioni reali della scuola (classi troppo numerose, rigidità degli orari, nessun compresenza, ecc.). La classe insegnante invecchia e manca il turn over in un momento cruciale di trasformazione e sviluppo della società. Così la scuola non può più funzionare, va cambiata, in modo che da renderla adeguata alle esigenze didattiche dei docenti più preparati e sensibili all'innovazione, che oggi sono soffocati dalla mole di lavoro, non hanno più tempo per pensare, per riflettere, a malapena riescono a provvedere alle necessità improrogabili (progettazione di attività, verifiche e valutazioni, individualizzazione dell'insegnamento, rapporti con i genitori e le altre componenti, aggiornamento di contenuti e metodi, ecc.) Le richieste di attività da svolgere e le competenze sottese sono sempre più elevate e complesse: certificazione di una lingua UE a livello B2 (o addirittura C1, inizialmente) per i corsi CLIL, competenze digitali, BES, ma nessun riconoscimento né formale né sostanziale viene dato a chi si impegna a svolgere questi compiti e ad aggiornare le proprie competenze secondo quanto richiesto dalle attività comprese nei POF delle singole scuole. Gli insegnanti continuano ad essere ufficialmente tutti uguali! I BISOGNI DELLA FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTI Queste variegate competenze sono richieste anche alla formazione iniziale: ma come si innestano sulla professionalità base del docente, ancora tradizionalmente legata a una o più discipline affini, secondo un'impostazione in gran parte superata ma ancora radicata nella scuola e nel sistema delle abilitazioni ( da riformare anch'esso in profondità)? Come si mettono in relazione tra loro? come si imposta il lavoro in equipe? Quando lo si effettua? In quali tempi e spazi scolastici? Durante il periodo di precariato, certo, ci si misura con l'esperienza; ma in quali condizioni e in
3 quali contesti? Con quali possibilità di confronto nell'analisi dei problemi e delle relative soluzioni, compiti che non possono essere affidati alla responsabilità di un singolo docente ma richiedono un lavoro d'equipe? Come far maturare la consapevolezza e la crescita professionale misurata sugli sviluppi della propria progettazione, sui risultati del proprio operare? Peraltro prime osservazioni parziali di ex tutor coordinatori che collaborano ai PAS sembrano confermare che "fare supplenze" contribuisce assai parzialmente alla professionalità, anzi può generare una falsa convinzione di saper insegnare e confermare negli atteggiamenti sbagliati o poco produttivi già messi in atto. La visione del recente sceneggiato su Alberto Manzi e la morte di Mario Lodi suggeriscono una riflessione: dove ci sono dei VERI MAESTRI DI TALENTO la formazione è pressoché superflua e il loro esempio si dimostra valido al di là del tempo. Ma dove non c'è particolare talento o spessore umano è indispensabile la professionalità, acquisita attraverso la formazione iniziale. L'IMPORTANZA DEL TIROCINIO E DEL LABORATORIO DI RIFLESSIONE SUL TIROCINIO NEL TFA. Per i docenti delle SSIS e del TFA ordinario, il tirocinio e il laboratorio di riflessione sul tirocinio condotti dai tutor coordinatori, sono stati fondamentali per la formazione professionale. Hanno costituito e costituiscono un contributo alla formazione che non può in alcun modo essere equiparato alle attività di insegnamento svolte nell'ambito del precariato. Accanto ai corsi disciplinari e di scienze dell'educazione e ai laboratori didattico-disciplinari, il laboratorio di tirocinio condotto sotto la guida del tutor coordinatore (secondo la formulazione studiata e attuata dall'a.a nella SILSIS Lombardia - realizzata all'università degli Studi di Milano e alla Bicocca) ha offerto la possibilità di confrontarsi e discutere sull'esperienza effettuata nel tirocinio in classe, dove lo specializzando si trova in una condizione particolare che favorisce l'osservazione e l'individuazione di fenomeni e variabili, che sfuggono facilmente quando si deve gestire in prima persona la classe e dunque si devono affrontare simultaneamente un gran numero di situazioni, che richiedono decisioni immediate. Senza l'onere della gestione della classe, ma in tirocinio, cioè in situazione di osservazione o sperimentazione di attività didattiche sotto la responsabilità del tutor dei tirocinanti (il docente della scuola dove si fa il tirocinio), il docente in formazione acquisisce l'abitudine a cogliere i molteplici elementi che determinano la situazione di apprendimento, a individuare le interazioni tra studenti e tra docente e gruppo degli studenti, a riflettere sulle conseguenze generate dall'utilizzo di una metodologia e/o di una strategia didattica piuttosto che un'altra, dal comportamento stesso del docente, che da spontaneo deve diventare sempre più pensato e controllato per favorire l'interazione educativa. In questo modo si costruisce un insegnante consapevole e capace. Il confronto con l insegnante esperto (T coordinatore e T. dei tirocinanti), la riflessione su ciò che si è realizzato, il porsi interrogativi, fondano la professionalità docente. Nel laboratorio di tirocinio l'osservazione, la riflessione, gli interrogativi generati dalle problematiche rilevate nelle classi si sviluppano nel confronto, permettono si superare incertezze e insicurezze, motivano le scelte, sviluppano la consapevolezza, consolidano l'abitudine all'auto-
4 osservazione e alla riflessione, arricchiscono la disponibilità di strategie didattiche in mano al docente, favoriscono il confronto, la capacità di lavorare in equipe, la messa in discussione del proprio operato, aiutano a superare difficoltà e crisi professionali, ecc. Formare insegnanti più consapevoli del proprio ruolo va a tutto vantaggio della qualità della scuola pubblica. INTERAZIONE TRA AREE DISCIPLINARI E DIDATTICA DELLE COMPETENZE Osservo anche che sia nel tirocinio che nel laboratorio di tirocinio, sarebbe opportuno creare situazioni in cui si confrontino docenti di aree e materie diverse, questo anche coerentemente con una programmazione di attività coerenti con la didattica delle competenze, che mal si adatta alla tradizionale compartimentazione delle discipline, codificata dalle vecchie abilitazioni. Inoltre va rivisto il meccanismo delle abilitazioni a cascata, che si basano sul numero delle discipline che afferiscono alle vecchie abilitazioni, mentre è decisamente più utile tener conto delle diverse esigenze formative di studenti della secondaria di 1 e 2 grado, e dare importanza alla didattica per competenze che nella disciplina si applica, ma tenendo conto del fatto che le macrocompetenze generali sono le stesse per le varie discipline. Inoltre si ricorda che gran parte della preparazione specificamente disciplinare dovrebbe essere raggiunta con la laurea magistrale. E' dunque opportuno che il TFA duri un solo anno (rispetto ai due delle vecchie SSIS), ma al suo interno dovrebbe essere dato più spazio a tirocinio e laboratorio di tirocinio, rispetto ai corsi teorici. Bisognerebbe equilibrare il rapporto tra scuola e università nella formazione, dando più stabilità e importanza alla scuola. CENTRALITÀ DELLA FUNZIONE DEL TUTOR COORDINATORE DEL TIROCINIO La figura del tutor coordinatore è lo snodo cruciale della collaborazione tra scuola e Università, ma è stata ed è duramente penalizzata e resa instabile dalle intermittenze con cui gli insegnanti che hanno acquisito questo ruolo, in condizione di semi-esonero, sono chiamati a svolgerlo, pur dopo aver superato un concorso e aver stabilito un rapporto operoso e apprezzato con l'università. Quest'anno nei PAS, non essendoci il tirocinio, il loro contributo non è previsto, anche se molte Università, riconoscendo di fatto la loro importanza, li hanno chiamati a collaborare in vario modo. Nelle SSIS e nei TFA si era faticosamente avviata una proficua collaborazione tra università e scuola per la formazione docente, superando non poche difficoltà e diffidenze reciproche. La sospensione del TFA impedisce ai tutor coordinatori di sviluppare in un quadro di stabilità e certezza una competenza di formatori dei formatori complessa e articolata, una competenza che non si improvvisa e che ha richiesto un aggiornamento rispetto a specifiche modalità di
5 accompagnamento riflessivo che i tutor coordinatori possedevano o hanno sviluppato, con grande impegno personale, in condizioni di sovraccarico di lavoro (per il TFA 1 ciclo, in tre mesi, o anche meno, si è dovuto svolgere il lavoro di un anno), senza ricevere alcun riconoscimento della professionalità in più acquisita e messa in campo, rendendo di fatto inapplicate le indicazioni contenute nell art. 6 del Decreto 8 novembre 2011 relativamente alla valorizzazione delle competenze acquisite e certificate dalle selezioni necessarie per esercitare le funzioni delle figure con compiti tutoriali. Se la formazione iniziale dei docenti deve fondarsi in modo chiaro sulla collaborazione continuativa tra scuola e università, sul tirocinio in classe e sulla riflessione sul tirocinio sotto la guida di insegnanti esperti (tutor coordinatori e tutor dei tirocinanti), l'inserimento del tutor coordinatore (o già supervisore al tirocinio) deve essere stabile e continuativo, con funzioni di progettazione, organizzazione, gestione dei rapporti tra scuola e università e tra le scuole, coordinamento tirocini delle diverse aree disciplinari, aggiornamento, gestione tirocinio e laboratorio di riflessione sul tirocinio, verifica, ecc.. Ciò si può realizzare anche in regime di semiesonero, ma in condizioni di stabilità e continuità dell'incarico. Va riconosciuta e valorizzata, inoltre, la funzione dei docenti accoglienti (quelli delle classi dove si fa il tirocinio definiti dal D.M. 249/2010 e dal Decreto 8 novembre 2011 tutor dei tirocinanti ), che operano in collaborazione con il tutor coordinatore e devono disporre di tempo e competenze adeguate (peraltro l'attuale dispositivo di legge predispone un complesso meccanismo per la creazione di una graduatoria interna ad ogni scuola dei tutor accoglienti, che vanno valutati per le competenze dichiarate, ma, come al solito, non ne ricavano alcun corrispettivo; l'unica forma di retribuzione dell'impegno aggiuntivo rientra nel FI, continuamente decurtato).
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