CONTRIBUTI TEMATICI PRESENTATI AL MINISTERO DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

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1 CONTRIBUTI TEMATICI PRESENTATI AL MINISTERO DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE CONTRIBUTO INVIATO AL GRUPPO 3 La cooperazione italiana può distinguersi nel panorama internazionale se valorizza le proprie eccellenze, mettendo a disposizione dei PVS le proprie tecnologie sociali necessarie per la creazione di benessere e sviluppo. Tale approccio non può prescindere dal coinvolgimento di soggetti che oggi non si riconoscono e non vengono riconosciuti quali attori delle politiche di cooperazione o comunque non sono adeguatamente coinvolti Il sistema di cooperazione internazionale italiano ha scarsamente valorizzato le competenze e le risorse sociali presenti nel nostro Paese che da sempre hanno concorso a creare e riprodurre sistemi di welfare sociale che sono alla base dei processi di sviluppo. Sono molti gli ambiti di eccellenza italiani nel welfare, riconosciuti in tutto il mondo (sistemi sanitari di base, cooperazione sociale e impresa sociale, le cure parentali, la gestione dei beni culturali, la tutela dei diritti dei cittadini, lo storico impegno sociale delle aziende nella creazione di condizioni di sviluppo sociale, la gestione delle emergenze, e molti altri). Una visione alto-istituzionale e settoriale della cooperazione unitamente ad una cultura sociale scarsamente proiettata verso il panorama internazionale porta diversi attori privati e sociali a non riconoscersi quale soggetto potenzialmente portatore di risorse (in senso lato) per lo sviluppo dei paesi più arretrati. Per contro, nelle forme di cooperazione di comunità legate all esperienza missionaria e all impegno civile degli anni 60 e 70, si nota una naturale presenza attiva di aziende, professionisti, servizi sociali, semplici cittadini portatori di conoscenze e capacità professionali nei progetti di aiuto allo sviluppo. L Italia, anche per la contingente carenza di risorse economiche, può, avendone competenze e un patrimonio di buone prassi notevole, focalizzarsi sul trasferimento di tecnologie sociali per il welfare di comunità piuttosto che sulla mera realizzazione di interventi emergenziali e/o di tipo materiale. Il focus della cooperazione italiana potrebbe essere proprio quello del rafforzamento del capitale umano e sociale dei PVS e nella costruzione di sistemi comunitari per rispondere alle criticità sociali presenti, sperimentando una nuova modalità di cooperazione popolare che crea comunità trasversali (paesi ricchi-

2 paesi poveri) attive nella creazione di welfare, superando così la terzietà dei donatori rispetto alle organizzazioni e ai beneficiari dei loro interventi. RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE Coinvolgere i soggetti estranei alla cerchia ristretta degli attori tradizionali nelle nuove politiche di cooperazione italiana: cooperative, PMI, servizi pubblici, associazionismo culturale, ecc.. Realizzare una mappatura delle eccellenze sociali per individuare gli interlocutori e le competenze chiave di una nuova offerta di cooperazione italiana indagando anche l orientamento di questi a coinvolgersi con proprie risorse nella cooperazione Istituire tavoli di confronto multistakeholders per integrare competenze e punti di vista nuovi nelle politiche di cooperazione Favorire la creazione di network tra ONG e nuovi attori per la realizzazione di interventi integrati nei PVS (anche come fattore premiante per la concessione di sostegni economici ai progetti) Inserire nella programmazione degli interventi assi tematici legati alla utilizzazione delle eccellenze italiane con call for projects aperti ai soggetti atipici * * * PRIMO CONTRIBUTO INVIATO AL GRUPPO 7 Valorizzare la cooperazione di comunità e popolare, quale peculiarità italiana, può incrementare la capacità di raccolta fondi per la cooperazione. Essa propone ai mercati un ulteriore modello di aiuto internazionale in grado di conquistare e fidelizzare nuovi donatori con nuove modalità. Uno strumento per rilanciare anche la cooperazione decentrata. Il fund raising per la cooperazione in Italia ha diversi anime e relativi modelli. 1. fund raising comunitario, fondato sul sostegno di comunità locali alle azioni religiose e laiche di impegno civile 2. fund raising di stato che di fatto ha promosso lo sviluppo di una identità parapubblica delle storiche ong italiane in quanto fornitrici di competenze per la realizzazione di progetti. 3. conseguentemente alla crisi economica e istituzionale degli anni 90 si è affermato un modello di ONG orientato al marketing, veicolato anche dall arrivo di sigle internazionali della cooperazione e dalla tendenza di VIP e grandi filantropi ad operare autonomamente con proprie campagne. Oggi si assiste ad una polarizzazione del fund raising, tra un approccio massimalista basato su un forte marchio, una azione di marketing di massa e la

3 semplificazione delle cause sociali e un approccio minimalista basato sull intervento puntuale e una filiera donatore-organizzazione-beneficiari molto corta ma caratterizzato da spontaneismo e da una scarsa capacità di fare rete e sistema (i donatori nelle ultime indagini manifestano insofferenza verso l eccessiva frammentazione e sovrapposizione tra organizzazioni). La dimensione comunitaria del fund raising appare essere una specificità e un valore tipicamente italiano. Lo è stato anche nel caso della cooperazione decentrata che però oggi ha esaurito la sua spinta innovativa. La società civile ha riservato una grande attenzione all impegno internazionale, che si è concretizzato in una azione comunitaria fondata su un legame diretto con le comunità beneficiarie. Ciò produce non solo risorse economiche (nel 2010 la cooperazione popolare e comunitaria ha raccolto 600 milioni euro, contro i 350 delle grandi campagne delle ONG e i 130 erogati effettivamente dalla DGCS-MAE), ma anche risorse umane, competenze, beni, servizi legati alle eccellenze italiane coinvolgendo soggetti privati e sociali atipici rispetto a quelli tradizionalmente riconosciuti nel settore della cooperazione. RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE mappare attraverso una ricerca-azione il settore della cooperazione di comunità e popolare, valutando le sue caratteristiche economiche e organizzative e definendo fattori di ostacolo e facilitazione per un suo consolidamento e sviluppo operare un rafforzamento delle capacità manageriali e di fund raising alle radici dell erba basate su un modello italiano compatibile con la propria identità e le proprie caratteristiche (anche in quanto risultato della ricerca di cui sopra) dare forza ad un marchio italiano della cooperazione di comunità che metta in evidenza le citate peculiarità positive promuovendole verso i differenti mercati del fund raising favorire la messa in rete delle organizzazioni e lo sviluppo di una cultura consortile che salvi le identità specifiche ma ottimizzi il loro intervento in una policy condivisa. rilanciare la cooperazione decentrata come politica locale che promuova e faciliti la attivazione della società civile per la cooperazione popolare e di comunità * * * SECONDO CONTRIBUTO INVIATO AL GRUPPO 7

4 L accentuazione di aspetti emergenziali e retorici nelle campagne di raccolta fondi e la conseguente tendenza a semplificare le tematiche e la progettualità eliminando la complessità e l ambivalenza dei fenomeni, non favorisce lo sviluppo di una moderna cultura della donazione nelle aziende e negli individui. Ciò indebolisce la possibilità di creare partnership di lungo respiro fondate sull investimento sociale piuttosto che sulla mera filantropia. Per questo appare necessario rafforzare il sistema di valutazione e rendicontazione dell azione condotta con i finanziamenti privati e pubblici secondo criteri di qualità sociale e non di mera efficienza amministrativa e contabile. Il numero di organizzazioni non profit che predispongono un bilancio sociale è molto esiguo. Coloro che lo redigono mettono in evidenza soprattutto il criterio della efficienza e trasparenza economica e contabile dedicando meno spazio agli altri parametri della valutazione di qualità: efficacia, impatto, pertinenza. Inoltre la metodologia di rendicontazione sociale tende a non coinvolgere gli stakeholders nel processo di valutazione (che è aspetto essenziale del bilancio sociale e di missione) e quindi gli stessi donatori, rendendo difficile la percezione della relazione tra donazione e capacità di incidere realmente sui problemi per i quali si è attuata una raccolta di fondi. Per contro tutte le recenti indagini sui donatori mostrano una crescente domanda di rendicontazione quale necessaria condizione per effettuare donazioni. Di questa domanda è stata colta solo la dimensione contabile, mentre essa è legata anche alla sfera della efficacia degli interventi e alla capacità di raggiungere le mission proposte. La stessa Agenzia delle Onlus nel redigere linee guida per la raccolta fondi ha tematizzato esclusivamente il rapporto tra costi e ricavi del fund raising senza definire indicatori di qualità sociale nell uso delle risorse. Tutto ciò rischia di promuovere una accountability parziale e di immagine piuttosto che sostanziale e di abbassare la qualità reale e quella percepita del fund raising. Non risultano esserci particolari valori espressi dall esperienza italiana in questo campo pur essendoci una scuola ormai molto avanzata di valutazione e rendicontazione di politiche pubbliche e sociali. RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE Rivedere su base scientifica i criteri di valutazione ex ante ed ex post dei progetti finanziati tramite risorse sia pubbliche sia private non esclusivamente basati sulla correttezza amministrativa. Imporre alle organizzazioni che hanno un riconoscimento istituzionale, standard di valutazione della qualità e di rendicontazione sociale di tipo non amministrativo-contabile, inclusi quelli procedurali, ossia riferiti alla metodologia di coinvolgimento degli stakeholders (inclusi i donatori) nel processo di valutazione.

5 Prevedere forme di attestazione e certificazione per quelle organizzazioni che rientrano negli standard qualitativi sociali stabiliti (obbligatoria per quelle riconosciute, volontaria per le altre organizzazioni) anche prevedendo una authority multistakeholders titolare di tale azione. Organizzare campagne di educazione e sensibilizzazione dei donatori alla rendicontazione sociale come criterio per garantire efficacia dei propri finanziamenti Attuare una politica di formazione di base per le organizzazioni in merito alla rendicontazione sociale su standard condivisi a livello nazionale, con il coinvolgimento delle organizzazioni di secondo livello * * * TERZO CONTRIBUTO INVIATO AL GRUPPO 7 Creare un ambiente favorevole allo sviluppo di strategie di sostenibilità per la cooperazione, garantendo pari opportunità di accesso alle organizzazioni, regolando forme di concorrenza tra enti non profit e tra questi ed enti pubblici e incentivando la creazione di nuovi sistemi e modalità di donazione che incrementino le risorse private per la cooperazione. Il quadro giuridico, normativo, fiscale e istituzionale italiano di fatto ostacola l incremento delle donazioni e un loro efficiente utilizzo da parte delle organizzazioni sociali. I fatti salienti: basso livello di deducibilità e detraibilità delle liberalità distrazione e limitazione del reale gettito del 5 ritardi nei pagamenti e nei versamenti della PA al non profit accesso alla RAI non regolamentato, incerto, discrezionale che non garantisce pari opportunità alle organizzazioni e farraginosità del sistema nessuna agevolazione circa tariffe postali, costi pubblicitari, costi delle transazioni per donazioni, accesso al credito e quanto altro è essenziale per realizzare attività di raccolta fondi. La mancanza di misure in tal senso appare un controsenso rispetto alla necessaria restrizione del finanziamento pubblico. Ciò produce un trattamento di Onlus e donatori profondamente differente da quello degli altri paesi UE. Non si registrano specificità positive italiane. Al contrario i livelli di agevolazione, incentivazione e ottimizzazione dei mezzi di raccolta fondi è tra i più bassi del mondo (sia paesi sviluppati, sia PVS). Si potrebbe parlare in merito all enabling environnement di un dis-valore dell approccio italiano.

6 RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE Effettuare un benchmarking sulle misure di agevolazione e incentivazione degli altri paesi (a partire dai dati in possesso dell ECCVAT per migliorare il corpo di leggi e regolamenti italiani. Innalzare i limiti imposti alle deduzioni e detrazioni sulle liberalità Eliminare il tetto imposto all erogazione del 5 verso le organizzazioni beneficiarie limitando a casi specifici la partecipazione diretta di enti pubblici eventualmente costituendo con tali risorse (e con quelli dell 8 per 1000 allo stato) fondi ai quali accedere mediante presentazione di progetti. Defiscalizzare le sponsorizzazioni sociali e altre attività di tipo commerciale vincolate alla beneficenza, creando appositi regolamenti e un organo di controllo che evitino abusi Elaborare un regolamento trasparente e chiaro circa l accesso delle campagne di raccolta fondi ai canali della RAI anche istituendo un organismo che preveda un forte coordinamento tra compagnie telefoniche, servizi finanziari e bancari, onlus, ecc.). Agevolare l accesso delle organizzazioni alla pubblicità sui mezzi di informazione a larga diffusione (stampa, radio-tv, pubblicità tabellare, canali nei luoghi pubblici, ecc..) Rendere accessibile, pur nel rispetto della legge sulla privacy, i dati dei donatori che usano l SMS solidale e dei contribuenti che effettuano il 5 al fine di una loro adeguata informazione sui risultati della campagna e per fidelizzarli alla causa Stabilire un accordo vincolante con banche e istituti finanziari per eliminare o ridurre sensibilmente i costi delle transazioni connesse con donazioni filantropiche verso onlus Regolamentare le tariffe postali per le comunicazioni finalizzate alla raccolta fondi per limitare il costo delle stesse. Roma, luglio 2012

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