IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA STRATEGIE E PERCORSI DI CURA 1

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1 IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA STRATEGIE E PERCORSI DI CURA 1 Giorgio Blandino Secondo Freud, tre sono le cause del disagio e delle sofferenze umane: la natura, il corpo e gli altri. La terza area, che riguarda gli altri, è l area propria della relazioni, della cura e del vivere civile. Purtroppo queste tre aree concernono proprio quei compiti che lo stesso Freud, altrove, ha definito impossibili, vale a dire: educare governare e psicoanalizzare e noi potremmo dire, in senso più lato ma non errato, svolgere attività di cura. Ma, davvero questi lavori sono impossibili e non riusciamo a individuare qualche possibilità, almeno per la psicologia? Io penso che, senza dimenticare l ammonimento freudiano che deve servire a farci tenere i piedi per terra e a fare i conti con i nostri limiti e la nostra non onnipotenza, ce ne siano almeno tre di compiti possibili, per lo psicologo e anche per chiunque svolga attività di aiuto, cura, assistenza. Questi compiti, a mio modo di vedere, si possono definire come: 1. offrire una presenza e una diversa visione; 2. impostare la psicologia come prevenzione; 3. usarla come braccio non armato della politica. 1. OFFRIRE UNA PRESENZA E UNA DIVERSA VISIONE Arthur Herzberg era un rabbino, professore universitario di grande prestigio, firma del New York Times e della New York Review of Books, protagonista dei grandi eventi della politica americana e dei momenti più importanti e drammatici della vita di Israele. Il suo pensiero centrale era il seguente: Un rabbino deve essere dove sono i veri problemi, le scelte, le attese, le angosce di coloro che condividono la stessa epoca della storia. Non dove si ripetono tranquillizzanti luoghi comuni che non hanno rapporto con la realtà Bene, io credo che questa affermazione, citata dal New York Times il giorno della sua morte, avvenuta nell aprile del 2006, illustri, come meglio non si potrebbe, quello che io ritengo essere il compito, non solo di un rabbino, ma di uno psicologo e di chiunque svolga attività di cura: essere presente là dove ci sono la sofferenza e le angosce delle persone che condividono un determinato momento storico, in una data società. Un compito consistente nell essere-nel- 1 Questo intervento ripropone in forma molto sintetica quanto ho scritto nel mio recente libro: Psicologia come funzione della mente. Paradigmi psicodinamici per le professioni di aiuto, UTET Università, Torino, In particolare nel capitolo 31 a cui rimando il lettore interessato ad approfondire i temi qui illustrati.

2 2 mondo accanto agli altri, piuttosto che nella trasmissione di ideologismi astratti e normativi anche se, apparentemente, consolatori. Non vendere rassicurazioni, soluzioni magiche o onnipotenti illusioni tecnicistiche, ma offrire una presenza concreta, un affiancamento e una condivisione che va sostenuta e perseguita, prima di tutto nel piccolo e nel quotidiano del proprio lavoro, il cui adeguato svolgimento è già un buon segno non solo di professionalità, ma di responsabilità e di etica. Il compito di tutti quelli che svolgono un lavoro di cura, è quindi, in ultima analisi, quello di offrire una presenza e mostrare una via d uscita che non consiste, automaticamente, nella soluzione dei problemi, perché non sempre i problemi si possono risolvere, ma nella possibilità di trasformarli da ostacoli in risorse e, dove questo non è possibile, di imparare a tollerarli, a venirne a patti, a conviverci. La stessa cosa si potrebbe dire di uno psicoterapeuta, di uno psicologo, di un insegnante, di un genitore: queste figure esercitano adeguatamente il loro compito non se addestrano, condizionano, esortano o interpretano qualcosa, ma se si fanno veramente carico dei sentimenti della persona di cui hanno la responsabilità. Così si può dire anche delle Strutture Sociali il cui compito non è solo quello di fornire servizi (anche se questa funzione è ovviamente primaria) ma anche di fornire presenza, attenzione, ascolto e contenimento. Innumerevoli esempi testimoniano del fallimento o del malfunzionamento di strutture sociali le quali, per il fatto di fornire un qualche sostegno concreto, si sentono esentate dal fornire il ben più importante aiuto relazionale Scopo del lavoro dello psicologo, dunque, è quello di riuscire a aiutare a esprimere la forza vitale che vuole sprigionarsi, come il bambino si fa strada nel corpo della madre per poter nascere. Il suo primo compito possibile, a fronte del disagio contemporaneo, mi sembra dunque essere quello di offrire una visione diversa delle cose che apra nuove possibilità. Insomma per dirla con una battuta: tutti siamo destinati a morire, ma non per questo cessiamo di costruire ospedali; altrettanto lo psicologo: dovrà continuare a curare pur sapendo che la sofferenza fa parte costitutiva della condizione umana e non può eliminarla 2. PSICOLOGIA COME EPIDEMIOLOGIA Nella 1932 nella Introduzione alla psicoanalisi, Freud affermò che un analista nella sua vita non può vedere più di un certo numero, ristretto, di casi, e quindi il lavoro analitico ha importanza forse più come laboratorio di indagine che come luogo di cura in senso stretto. Perciò egli pensava che il contributo più profondo della psicoanalisi non stesse tanto nel curare le singole persone quanto

3 nell indagare e nello scoprire, attraverso il lavoro con i singoli pazienti, i meccanismi di funzionamento mentale più generali. Come si vede Freud, per primo, pensava che la psicoanalisi non dovesse esaurirsi nella sola pratica clinica individuale ma dovesse avere un seguito applicativo esplicito sul sociale del quale individuava, nella educazione e nella scuola, il punto centrale. Questo modo di vedere non significa stendere sul lettino le organizzazioni e le istituzioni sociali, cosa che non avrebbe senso ma significa avvalersi dei dati della ricerca psicologica in generale (e psicodinamica in particolare) per comprendere più a fondo i meccanismi mentali e, di conseguenza, per progettare e organizzare le strutture sociali in funzione di renderle più umane e attente ai bisogni delle persone che ne fanno parte sia come membri che come utenti. Ad esempio, a scuola, non si fa psicologia insegnandone le teorie e le metodologie, ma organizzando l apprendimento in coerenza con i risultati della ricerca psicologica. In una azienda o in un ospedale non si formano i manager o i capaosala a gestire i collaboratori, a comprendere i conflitti o i processi di comunicazione insegnando loro le teorie della comunicazione, ma aiutandoli a essere più attenti a ciò che accade intorno a loro e dentro di loro quando sono in rapporto con gli altri (utenti). Infatti non è solo il possesso di capacità che caratterizza un operazione di cura, ma anche, e prima di tutto, il modo di organizzare questa operazione, in accordo con i risultati della ricerca, proprio come, nella terapia individuale, il setting terapeutico ha un importanza fondamentale come e quanto, (in certi casi, addirittura di più) dell intervento del terapeuta. Dunque il secondo possibile e incisivo compito che la psicologia può realisticamente svolgere non consiste unicamente nella sua utilizzazione tecnica, a vari livelli e nei più disparati molteplici contesti, ma, soprattutto, nel progettare e organizzare strutture su basi scientifiche in consonanza con i risultati acquisiti dalla ricerca psicoanalitica. Ciò significa che la psicologia dovrebbe essere usata non solo dopo, ma prima ovvero come scienza e professione determinante nel progettare e organizzare strutture sociali, politiche educative assistenziali, schemi di lavoro più sani e più umani. Una psicologia dunque intesa come attività preventiva ovvero come epidemiologia. Uscire dal ristretto ambito dell intervento singolo per intervenire a livello preventivo nei vari settori del lavoro, dell'industria, delle scuole, degli ospedali e delle strutture di servizio sul territorio comporta che l'intervento terapeutico si configuri come strumento di cambiamento su programmi ad ampio respiro che comprendono cambiamenti negli stili di vita, nell'ambiente, 3

4 4 così come nella promozione delle risorse che migliorano la qualità della vita. 3. PSICOLOGIA E POLITICA Ma se il lavoro psicologico viene assunto nel quadro di una prospettiva generale come questa, ecco che si prospetta una ulteriore (terza) possibilità di utilizzazione, la più affascinante e ricca di prospettive - anche se, va detto, abbastanza misconosciuta o quantomeno trascurata - vale a dire l uso della psicologia non solo come strumento d intervento individuale ma anche come elemento fondativo nella progettazione di politiche sane e nella prevenzione dei conflitti. Vale a dire la psicologia come strumento politico nel senso più alto del termine. Oggi i progetti politici dovrebbero e potrebbero già incominciare a costituirsi proprio a partire da queste nuove e più evolute conoscenze sulla mente per approdare a disegnare architetture civili consonanti con i risultati della ricerca. Ad esempio Money-Kyrle (1951), sottolineò come il grande contributo della psicoanalisi consisteva nel tipo di indicazioni che ce ne vengono per poter immaginare una politica educativa e assistenziale. Ma questa posizione appartiene anche a tutta la trazione del pensiero psicoanalitico, da Bettheleim a Winnicott fino a Meltzer e Harris. In questa prospettiva il lavoro psicologico si nobilita e va ben oltre il diretto lavoro di cura individuale per diventare una sorta di lavoro di cura sociale, tra l altro, cosa non secondaria, aprendo anche nuove prospettive occupazionali. E la psicologia viene a configurarsi come uno straordinario strumento politico, nel senso più nobile e alto del termine che può dare fondamentali contributi alla risoluzione dei conflitti sociali. Il punto critico, o drammatico se si vuole, è che, forse anche per colpa nostra - ma certo non solo - ben poche volte la politica, nel senso invece più comune del termine, si avvale dei contributi della psicologia e, quando se ne avvale, lo fa sempre in modi ristretti, limitati, talvolta al confine del ridicolo, come negli esempi del consulente per l immagine dei politici. Ma la trascuratezza, a livello sociopolitico, dei contributi possibili della psicologia, ci costa un prezzo molto caro ovvero - come ricordava Winnicott in una conferenza del quello di restare come siamo, giocattoli dell economia, della politica e del destino (p. 184). 4. PSICOLOGIA COME FUNZIONE DELLA MENTE Questi, a mio parere, sono, per grandi linee, tre possibili compiti del lavoro di cura. Ma tutto questo comporta un nuovo modo di intendere la psicologia - e il lavoro di cura a fronte del disagio individuale e sociale - non solo più come

5 ruolo sociologico ma come funzione mentale vale a dire che nella mente di ciascuno di noi sono presenti funzioni che, quando si svolge un lavoro relazionale come il curare (o l educare, gestire, governare) vanno attivate pena l insuccesso del lavoro medesimo che resta in superficie e non coinvolge l interlocutore né trasforma alcunché. In questo senso l attivazione di tale funzione mentale - psicologica appunto - dovrebbe essere l obiettivo prioritario per chiunque svolge un lavoro ad alto tasso di relazionalità. Dunque possiamo dire che la possibilità di espletare i tre compiti di cui ho parlato prima dipende totalmente non da scelte esterne ma dall essere riusciti a attivare e promuovere lo sviluppo della funzioni psicologiche che sono presenti in noi e che, in parole povere, sono: funzioni empatiche, di ascolto; di contatto con i sentimenti e gli affetti; di identificazione con l altro e i suoi bisogni e convergono nella assunzione di un atteggiamento responsabile e, in ultima istanza, etico in cui l interlocutore, kantianamente, è un fine da rispettare nella sua integrità e non un mezzo da manipolare a proprio piacimento. La funzione psicologica della mente è dunque quella che si prende cura degli aspetti sofferenti propri che altrui, che non pretende di eliminarli o di ridimensionarli, illusoriamente e falsamente, quindi manipolatoriamente, ma di contenerli e pensarli. Sotto questo profilo può appartenere a chiunque così come può non appartenere a uno psicoterapeuta formalmente e ufficialmente riconosciuto. Si può essere insegnanti, manager, infermieri, medici, genitori, compagni di vita, leader politici o commercianti e avere un atteggiamento che è autenticamente di aiuto verso l altro, quindi di cura, così come si può essere psicologi specializzati, con tanto di titolo formale, e tenere un assetto relazionale che è del tutto antiterapeutico. La concezione del lavoro psicologico come dipendente da questa specifica funzione mentale, implica dunque non tanto un punto d arrivo da raggiungere, dato a priori, ma un percorso di ricerca in comune, verso una verità che non si conosce, durante il quale si è confrontati primariamente con l angoscia prodotta dall ignoto e con il dolore che ogni vera acquisizione conoscitiva comporta. Mi rendo conto che forse qualcuno penserà che, quando ipotizzo la psicologia non solo come strumento di cura individuale ma come strumento preventivo a livello sociale e, soprattutto, come strumento politico per migliorare le relazioni tra gli uomini, i gruppi e gli Stati, io più che prospettare compiti possibili e ipotesi realistiche possa cadere nell utopia se non nell ingenuità. Ma, a dire il vero, non ne sono troppo preoccupato perché vorrei ricordare che il calabrone, secondo tutte le teorie fisiche, aeronautiche e della gravità terrestre, non potrebbe volare: ma lui non lo sa e vola lo stesso. 5