5. TECNICA DELLE PROVE ALLA VASCA
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- Aurora Mazza
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1 5. TECNICA DELLE PROE ALLA ASCA Sin dagli inizi dello studio della resistenza al moto delle carene si è fatto ricorso alla sperimentazione su modelli a causa della complessità del fenomeno analizzato. I primi esperimenti che hanno avuto importanza, per lo sviluppo dell'architettura Navale, furono quelli condotti nel 1863 da W. Froude che utilizzò, per i suoi esperimenti, una vasca di raccolta per l'acqua piovana, nella quale il modello era rimorchiato mediante la forza fornita dalla caduta di un peso. La prima vera asca Navale, cioè un bacino espressamente costruito per esperienze su modelli di carena, fu quella costruita nel 1871 a Torquay, nei pressi dell'abitazione di W. Froude, dall'ammiragliato inglese, su proposta dello stesso Froude; la vasca aveva le seguenti dimensioni: lunghezza 84.7 m, larghezza 11 m, profondità al centro 3.05 m. Con la diffusione internazionale del lavoro di W. Froude numerose vasche navali sorsero in tutto il mondo ed oggi il loro numero assomma a circa 125. Le moderne vasche navali utilizzano ancora l'ipotesi di W. Froude, anche se il metodo per la previsione della resistenza di una carena in vera grandezza da lui suggerito ha subito alcune modifiche allo scopo di adattarlo alle moderne esigenze ed a seguito del progresso nella conoscenza del fenomeno fisico. Alcune vasche navali utilizzano ancora oggi apparati di rimorchio a gravità, ma la maggioranza di esse è dotata di carri dinamometrici a propulsione autonoma. Questi sono strutture mobili lungo la vasca, che hanno il compito di rimorchiare il modello e di sostenere le attrezzature necessarie al rilevamento dei dati relativi alla prova. Le vasche navali possono essere molto diverse tra loro, ed è difficile una loro classificazione in base alle dimensioni. Sono considerate vasche piccole quelle la cui lunghezza è pari a 60 ƒ100 metri e che utilizzano modelli di lunghezza di circa 1 ƒ2 metri; sono detti di grandi dimensioni gli impianti con vasche lunghe oltre 250 metri che impiegano modelli lunghi attorno a 7 metri, con carri che raggiungono velocità dell'ordine di 10 m/s. Le vasche specializzate per la prova di carene veloci debbono essere molto lunghe ed avere carri capaci di velocità superiori. Nelle vasche navali vengono condotti numerosi tipi di esperienze, tra le quali: prove di autopropulsione, prove di rimorchio, prove di tenuta al mare, prove di manovrabilità ecc. Nel caso delle prove più semplici, quelle di rimorchio, le grandezze rilevate sono solitamente: la velocità, la resistenza totale e la variazione di assetto del modello. Nel caso delle prove di autopropulsione, che vengono condotte allo scopo di valutare l'interazione tra l'elica e la carena e nel corso delle quali il modello della carena viene propulso da un modello di elica, oltre alla variazione di assetto vengono rilevate la spinta fornita dall'elica, il momento torcente ad essa applicato ed il numero di giri. Durante le esperienze in vasca la resistenza del modello deve essere misurata con grandissima precisione, a causa dell'elevato rapporto di scala che viene utilizzato e dal momento che la resistenza residua viene trasferita alla carena in vera grandezza in similitudine di Froude, quindi con il cubo del rapporto di scala -. Consideriamo, ad esempio, la prova di un modello costruito in scala - œ 100; la resistenza residua della rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.1
2 $.. carena in vera grandezza è pari a 100 R Q, cioè R Q, ed un errore di un grammo nella misura della resistenza del modello si traduce in un errore di una tonnellata nella valutazione della resistenza residua in vera grandezza. Sempre a causa dell'elevato rapporto di scala è necessario che i modelli, utilizzati per le esperienze alla vasca navale, siano di realizzazione accuratissima per garantire il buon risultato della previsione della resistenza. 5.1 SCELTA DELLA SCALA DEL MODELLO Dovendo effettuare esperienze di rimorchio alla vasca navale sono già note la forma della carena ed il campo di velocità nel quale si vuole valutare la resistenza al moto. Si è visto che, operando in similitudine di Froude, l'unico parametro che può essere scelto arbitrariamente è la scala del modello; in realtà la scelta della scala non è del tutto arbitraria, ma deve essere effettuata tenendo conto di due limitazioni. La prima di esse è data dalla massima velocità, 7+B, raggiungibile dal carro dell'impianto nel quale il modello dovrà essere provato; per la similitudine di Froude dovrà risultare infatti: W7+B È - œ Q7+B Ÿ 7+B e quindi e cioè W7+B Ÿ È - 7+B W7+B - [5.1] 7+B Questa relazione condiziona evidentemente il limite inferiore per il rapporto di scala; infatti il minimo valore che può essere assunto da - è dato dalla relazione: W7+B œ 7+B [5.2] Come si vede, la lunghezza del modello da provare può risultare limitata dalla massima velocità del carro. La seconda limitazione sulla scelta della scala deriva dalla possibilità dell'insorgenza, sul modello, di un deflusso di tipo laminare o misto. Sulla carena in vera grandezza il deflusso è di tipo turbolento a causa dell'elevato numero di Reynolds; ma i numeri di Reynolds della nave e del modello sono diversi dal momento che, durante la prova, non può essere rispettata la similitudine di Reynolds. A causa di questa differenza, e se non si presta la dovuta attenzione, può succedere che, alle rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.2
3 velocità più basse, si instauri su tutto il modello o su gran parte di esso, un deflusso di tipo laminare; ciò provoca l'impossibilità della previsione della resistenza della carena in vera grandezza dal momento che non esiste una formulazione del coefficiente di resistenza d'attrito in regime laminare o misto. Al fine di evitare questo fenomeno occorre accertarsi che il numero di Reynolds Q738, corrispondente alla minima velocità del modello, sia superiore al numero di Reynolds critico,, corrispondente al termine della transizione da regime laminare a ' regime turbolento. Il valore di viene solitamente assunto pari a Dovrà pertanto risultare: ma ricordando che: Q738 Q œ Q738 L / Q W738 œ L Q738 LW È - Q œ - la disequazione precedente può essere riscritta nella forma: dalla quale si ottiene: W738 LW / -È - Q W738 LW - / Q $ Moltiplicando e dividendo il primo membro per / W si ottiene: W738 $ / W - / Q dalla quale si ricava: 3 W738 W - Ÿ Ê / / Q [5.3] che fornisce il limite superiore ai valori che può assumere il rapporto di scala, si ha infatti: 3 W738 / W - 7+B œ Ê / Q [5.4] La dimensione del modello non può quindi essere troppo ridotta per scongiurare l'insorgere del deflusso laminare. In conclusione si può affermare che la scala del modello può essere scelta dallo sperimentatore, ma solo entro certi limiti che sono dettati dalle caratteristiche dell'impianto in cui il modello dovrà essere provato. Tali limiti possono essere riassunti combinando le equazioni [5.1] ed [5.3] per ottenere: rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.3
4 3 / / W7+B W738 W Ÿ - Ÿ Ê [5.5] 7+B Q L'equazione [5Þ5] rappresenta i limiti più stringenti che di solito gravano sulla scelta della scala del modello, tuttavia ne esistono altri che sono anch'essi legati alla configurazione dell'impianto di prova; occorre infatti assicurarsi che il modello non sia di taglia troppo grande per la vasca in cui esso deve essere provato. Se le dimensioni del modello fossere eccessive potrebbero manifestarsi alcuni fenomeni capaci di alterare a tal punto il flusso attorno al modello da rendere le previsioni di resistenza del tutto inaffidabili. Per evitare che le onde generate dal modello, e riflesse sulle pareti della vasca, si richiudano prima che il modello stesso sia passato alterandone la formazione ondosa, è necessario che la lunghezza del modello non superi la larghezza della vasca; in generale si tende comunque a limitare la lunghezza del modello al valore pari a metà della larghezza della vasca. L'area della sezione maestra del modello non deve poi superare 1/200 dell'area trasversale della vasca per evitare l'instaurarsi di un flusso di ritorno, nell'acqua attorno al modello, chiamato effetto blockage. Anche questo fenomeno può alterare sensibilmente il valore della resistenza del modello. Per quanto riguarda il cosiddetto effetto fondale non bisogna condurre esperienze ad una velocità del modello superiore a 0.7 È g h, avendo indicato con h la profondità della vasca, per non incorrere in un anomalo aumento della resistenza al moto. È comunque buona norma limitare la lunghezza del modello ad un valore prossimo a quello della profondità della vasca. 5.2 STIMOLATORI DI TURBOLENZA A causa della elevata velocità della carena può succedere che si sia costretti alla scelta di un fattore di scala - maggiore del limite superiore fornito nell'equazione [5.5]; ciò comporta la possibilità dell'insorgere di regime laminare o misto sul modello. Si è utilizzato il termine possibilità in quanto, come si è visto nella trattazione della resistenza d'attrito, non esiste un'unica curva del coefficiene di resistenza d'attrito per il regime di transizione tra flusso laminare e flusso turbolento; il passaggio non avviene quindi in modo univoco, ma secondo leggi differenti caso per caso. Per prevenire l'insorgere del flusso laminare, sperimentando a, vengono utilizzati i cosiddetti stimolatori di turbolenza ; il loro scopo è produrre dei vortici che, degenerando in moti casuali, innescano il moto turbolento. li stimolatori di turbolenza utilizzati più comunemente sono: bacchetta verticale rimorchiata dal carro davanti al dritto di prora del modello filo di ferro, o di altro materiale, applicato contro la carena; file di chiodi, piantati ad intervalli regolari; rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.4
5 strisce di sabbia o carborundum, incollate alla carena. Il primo tipo di stimolatore è solidale al carro dinamometrico, mentre i restanti dispositivi vengono applicati, nella zona prodiera del modello, sulla traccia dell'intersezione tra la carena ed un piano ortogonale al piano di simmetria. Ovviamente la presenza degli stimolatori sulla carena provoca l'insorgere di una resistenza aggiuntiva, che dovrebbe essere calcolata e sottratta dal valore misurato della resistenza totale del modello prima del trasferimento in vera grandezza. Per i chiodi ed il filo esistono formule empiriche che consentono il calcolo della resistenza aggiuntiva, mentre, nel caso della sabbia o del carborundum, il problema è più complesso. Per ottenere una ragionevole stima della resistenza, aggiunta dagli stimolatori, è possibile seguire il seguente metodo sperimentale: si conduce una serie di esperienze con una striscia di stimolatori applicati alla carena e si rileva il valore della resistenza; viene quindi applicata una seconda serie di stimolatori, ad una certa distanza dalla prima, e vengono ripetute le misure. Dalla differenza tra i valori della resistenza misurati nei due casi si può ottenere una ragionevole stima della resistenza aggiunta dagli stimolatori di turbolenza. In pratica è molto frequente che nessuna correzione venga applicata alla, resistenza misurata, per detrarre la resistenza prodotta dagli stimolatori ma, per i modelli piccoli, questa può essere di entità rilevante ed è quindi raccomandabile la sua detrazione dalla resistenza misurata prima di procedere al trasferimento in vera grandezza della resistenza; se ciò non viene fatto la resistenza della carena in vera grandezza risulta sovrastimata. 5.3 RESISTENZA DELLE APPENDICI La determinazione della resistenza delle appendici della nave è un problema ancora aperto dal momento che, a causa della complessità del fenomeno, non si è trovata, a tutt'oggi, una procedura valida ed universalmente accettata. Il problema nasce dalla difficoltà di stabilire il coefficiente di resistenza d'attrito delle appendici stesse, dal momento che non si può conoscere esattamente il loro numero di Reynolds; ciò è dovuto sia al fatto che le appendici possono giacere, in parte od interamente, nello strato limite della carena, sia perché la presenza della carena può alterare la direzione del flusso che le investe. Entrambe queste cause concorrono a rendere impossibile la determinazione della velocità del flusso che investe le appendici e rendono impossibile, di conseguenza, la determinazione del loro numero di Reynolds. Per determinare la resistenza delle appendici della nave sono state adottate differenti procedure. Una prima procedura consiste nell'eseguire prove di rimorchio con la carena nuda e, successivamente, con le appendici di carena. In questo modo è possibile valutare la resistenza delle appendici in scala modello. Il coefficiente di resistenza delle appendici del modello C HQ viene trasferito in vera grandezza per mezzo del cosiddetto fattore di scala delle appendici " nel modo seguente: rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.5
6 C œ " C [5.6] HW assegnando al coefficiente " valori ricavati empiricamente dalla valutazione delle prove in mare della carena; in generale vengono adottati valori del coefficiente " tali che: HQ 0.5 " 0.7 in recenti pubblicazioni si suggerisce di valutare la resistenza in vera grandezza delle appendici di carene veloci pari al 60 ƒ 65 % della resistenza ottenuta in vasca, assegnando quindi al coefficiente " valori pari a 0.6 ƒ L'utilizzazione del fattore " non tiene evidentemente conto del numero di Reynolds delle appendici e la scelta del valore da assegnare a " dipende, almeno in parte, dall'esperienza dello sperimentatore. Il vantaggio di questo metodo è che esso permette di tenere in considerazione l'effetto dell'interferenza della carena sul flusso che investe le appendici. Una seconda procedura consiste nella valutazione della resistenza di ciascuna delle appendici in base a coefficienti di attrito, ricavati per via teorica o sperimentale, relativi all'appendice in questione provata isolatamente, cioè senza la presenza della carena. Questa procedura consentirebbe un approccio più corretto quando si conoscesse il valore del numero di Reynolds corrispondente alle appendici in vera grandezza, ma questo valore non è noto con esattezza, per i motivi esposti innanzi, ed inoltre, con questa metodologia, non è possibile tenere in considerazione le modificazioni del flusso, che investe le appendici, provocate dalla presenza della carena. Una terza procedura consiste nell'estrapolazione dei valori misurati della resistenza delle appendici, sulla base del metodo del fattore di forma. Questa metodologia, del tutto analoga a quanto viene fatto per le carene, consiste nel ricavare un fattore (1 k) per le appendici; utilizzando i valori misurati della resistenza delle appendici, si ricava il coefficiente di resistenza delle stesse che, confrontato con il valore di un opportuno coefficiente di attrito, permette di valutare un fattore di forma in base alla relazione: (1 k) œ C [5.7] C HQ dal valore così ottenuto del fattore di forma si può stimare il coefficiente di resistenza della appendici in vera grandezza utilizzando la relazione: JQ C œ (1 k) C [5.8] HW JW Utilizzando questa metodologia è possibile ottenere valori della resistenza delle appendici in vera grandezza, ragionevolmente accurati, a patto che, durante le prove dei modelli, si possano raggiungere numeri di Reynolds delle appendici sufficientemente & elevati ( maggiori di 5 10 ). a comunque osservato che il rapporto tra i valori dei coefficienti di resistenza delle appendici, relativi alla nave ed al modello, ottenuti con questo metodo dà luogo ad un fattore di scala delle appendici " 0.5 molto prossimo a quelli comunemente utilizzati nella relativa procedura. rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.6
7 a inoltre sottolineato che le appendici possono avere una rilevante influenza sull'assetto del modello in corsa, pertanto le esperienze relative alla carena nuda andrebbero eseguite successivamente a quelle della carena con appendici, vincolando il modello a mantenere la stessa configurazione di assetto rilevata durante le prove con appendici. 5.4 RESISTENZA DELLA CARENA IN ERA RANDEZZA Il coefficiente di resistenza totale della carena è espresso dalle formule: CTS œ CFS CR C A+? CF CTS œ CS CW C A+? CF relative ai metodi di previsione bidimensionale e tridimensionale della resistenza viscosa è, come si è visto, relativo alla carena nuda. Il termine? C F, assente dal coefficiente di resistenza totale del modello, compare in quanto ai numeri di Reynolds relativi alla vera grandezza occorre tener conto dell'effetto della rugosità sulla resistenza d'attrito o viscosa. Questo termine, chiamato correzione per rugosità di carena" assume valori standard per le -3-3 formulazioni ATTC'47 ed ITTC'57 e vale rispettivamente 0.4*10 e 0.2*10. Per quanto riguarda la formulazione ITTC'78 il termine? C F deve essere valutato con la formula di Bowden: k?c = 105* ˆ s * 10 F L dove K s rappresenta la rugosità della superficie della carena ed L la lunghezza della stessa. -6 Per carene nuove ed in buono stato di pulizia si assume solitamente K s= 150 * 10 [m]. In realtà la carena in vera grandezza sarà soggetta anche all'influenza delle appendici di carena ed all'effetto dell'aria sulle sovrastrutture, pertanto il progettista deve assicurarsi che il coefficiente di resistenza totale della carena in vera grandezza che dovrà essere utilizzato per lo studio della propulsione contenga entrambi questi effetti. Dovrà essere quindi: CTS œ CFS CR CDS CA C AA+? CF nel caso si utilizzi la procedura bidimensionale per la determinazione della resistenza d'attrito, mentre se si adotta la procedura tridimensionale, impiegando il fattore di forma, dovrà risultare: CTS œ CS CW CDS CA C AA+? CF -3 Occorre quindi prestare la massima attenzione poiché sia coefficiente di resistenza totale fornito dalle vasche, il quale è generalmente riferito alla carena nuda salvo specifica richiesta del committente, sia quello completo degli effetti dell'aria e delle appendici sono indicati con lo stesso simbolo. rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.7
8 rev. 09 gennaio 2003 pag. 5.8
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