ALLEGATO 3 ACINETOBACTER MULTIRESISTENTE

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1 ALLEGATO 3 ACINETOBACTER MULTIRESISTENTE Nel corso di questi ultimi anni, Acinetobacter sp. è diventato un germe problematico in diversi paesi. Negli Stati Uniti e in altre nazioni come la Francia, la Germania e l Inghilterra, la frequenza delle infezioni nosocomiali causate da questo germe è aumentata. L introduzione degli antibiotici a largo spettro ha probabilmente giocato un ruolo importante in questo processo. In Svizzera, un epidemia dovuta ad un ceppo multiresistente è stata descritta in un servizio di cure intensive all inizio degli anni ottanta. Acinetobacter sp. è un coccobacillo gram negativo non fermentativo, ubiquitario e riscontrato anche nella flora della pelle umana. L'Acinetobacter è un genere di batteri Gram negativi cui appartengono ben 31 specie o sottospecie. Quello che viene comunemente indicato come Acinetobacter baumannii (dal nome dei batteriologi americani P. e L. Baumann) in realtà non è un'unica specie batterica, ma un insieme di varie sottospecie. Poiché le comuni tecniche utilizzate dai laboratori di microbiologia clinica non sono in grado di distinguere tra specie o sottospecie con caratteristiche microbiologiche molto simili, è stato deciso di riconoscere tre principali "complex" (Acinetobacter calcoaceticus-baumannii, Acinetobacter lwoffii, Acinetobacter haemolyticus) a cui vengono ricondotte tutte le specie e sottospecie finora note. Può sopravvivere su varie superfici, sia asciutte che umide ed è stato spesso descritto in ambito ospedaliero come agente eziologico di infezioni in pazienti debilitati. Quello che è scientificamente conosciuto come A. calcoaceticus-baumannii complex (nella pratica A. baumannii) è responsabile della maggior parte delle infezioni che si verificano nell'uomoed è quindi la specie più importante per le infezioni ospedaliere oltre al gruppo DNA 13TU, geneticamente vicino e ugualmente importante. Le principali infezioni nosocomiali severe dovute ad Acinetobacter sp. sono le infezioni delle vie respiratorie, le batteriemie e le meningiti secondarie. Le infezioni respiratorie sono soprattutto delle polmoniti in pazienti ventilati nelle unità di cure intensive (4-20% di tutte le polmoniti tardive). I fattori di rischio conosciuti in questo contesto sono, tra gli altri, gli interventi neurochirurgici, i traumi cranio-cerebrali, i trattamenti antibiotici e le affezioni polmonari croniche. Il tasso di letalità in questi pazienti si situa tra il 30 e il 75%, ossia è comparabile a quello delle infezioni da Pseudomonas aeruginosa. Le batteriemie si ritrovano il più frequentemente in pazienti immunocompromessi. La loro ripercussione clinica varia tra la batteriemia transitoria benigna e lo shock settico fulminante (25-30%). In questo contesto, A. baumannii ha un ruolo preponderante. Il focolaio infettivo primario è spesso respiratorio, e i fattori di rischio identificati sono neoplasie, traumi e bruciature. Nell ambito delle batteriemie, si trovano ugualmente delle infezioni su cateteri, in modo particolare nei pazienti con ustioni. Il tasso di letalità delle batteriemie su cateteri è ciononostante nettamente meno importante. Un altro gruppo a rischio è costituito dai neonati nelle unità di cure intense di neonatologia, nei quali delle setticemie sono state descritte in Giappone e Israele. I fattori di rischio evocati sono un peso ridotto alla nascita, una terapia antibiotica preventiva, la ventilazione meccanica e le convulsioni. La meningite sopravviene praticamente esclusivamente come forma secondaria dopo un trauma cranio-cerebrale o dopo un intervento neurochirurgico. E sovente associata alla presenza di shunt ventricolari con derivazione esterna di liquido cefalorachidiano, ma punzioni lombari, mielografie, ventriculografie e altre manipolazioni neurochirurgiche sono pure state descritte. Un fattore di rischio supplementare in questi pazienti è la terapia antibiotica a alte dosi nelle cure intense. Il tasso di letalità si situa attorno al 25%. Altre infezioni più rare sono l endocardite in seguito a chirurgia cardiovascolare o interventi dentari, la peritonite nel dializzato peritoneale, le infezioni urinarie e la colangite dopo colangiografia. Acinetobacter sp. è un germe ubiquitario che si ritrova nel suolo, acqua potabile, acque di superficie e in diversi generi alimentari. Si stima che fino al 25% della popolazione è portatrice di

2 Acinetobacter sp. a livello della flora cutanea, in modo particolare in ascelle, regione inguinale, e negli spazi tra le dita dei piedi. Ciononostante, la percentuale di portatori può essere maggiore nei pazienti ospedalizzati. Al contrario non si capisce bene perché la specie A. baumannii, che gioca un ruolo così importante nelle infezioni nosocomiali (circa il 70% dei ceppi clinicamente significativi) è riscontrata solo raramente a livello della pelle. Ecco perché la maggior parte degli isolamenti di Acinetobacter sp. negli strisci superficiali riflette una colonizzazione piuttosto che un infezione. Per contro, dal 4 al 30% del personale ospedaliero è stato identificato come portatore di Acinetobacter sp. in studi precedenti. La trasmissione per contatto (mani) sembra avere una grande importanza nella disseminazione delle infezioni nosocomiali. Diverse epidemie ospedaliere trasmesse tramite le mani, ma anche da apparecchi per l assistenza ventilatoria e umidificatori sono state riportate. Acinetobacter sp. è molto resistente alle condizioni ambientali. La sua sopravvivenza durante più giorni in un ambiente inanimato è del tutto possibile. Questo permette la trasmissione attraverso dei vettori come per esempio la biancheria contaminata, come sospettato in un epidemia nei Paesi Bassi. Gli strumenti contaminati (tubi e palloncini di assistenza ventilatoria) sono stati associati alla trasmissione di infezioni respiratorie. Ai problemi menzionati precedentemente, si aggiunge quello della resistenza di Acinetobacter sp. a una moltitudine di antibiotici. Si ritrova questa resistenza spesso sotto forma di multiresistenza alle betalattamine e agli aminoglicosidi, dovuta alla produzione di betalattamasi e di enzimi che modificano gli aminoglicosidi. L attività dei nuovi antibiotici come le cefalosporine a largo spettro della 3a generazione e dei fluorochinoloni resta parzialmente conservata, ma sembra in tutti i casi diminuire nel corso di questi ultimi anni. Le sostanze più attive restano i carbapenemi. In ogni modo, dei ceppi capaci di idrolizzare l imipenem sono già stati descritti in Inghilterra e Portogallo. Fra questi, la specie più importante è A. baumannii mentre le altre specie, meno implicate nelle infezioni nosocomiali hanno piuttosto le tendenza a restare sensibili agli antibiotici. E quindi imperativo identificare accuratamente i ceppi nosocomiali e testare la loro sensibilità agli antibiotici per poter applicare un trattamento mirato e poter effettuare degli studi epidemiologici. Le terapie descritte nella letteratura come più efficaci comprendono penicilline e cefalosporine a largo spettro così come l imipenem associato o meno a un aminoglicoside.

3 PRECAUZIONI DA ADOTTARE 1) PRECAUZIONI DA CONTATTO 1a) Uso di misure di barriera/ Dispositivi Protezione Individuale (DPI) Guanti in caso di contatto con sangue, materiale infetto, mucose, cute non integra o integra se potenzialmente contaminata. Sovracamice durante procedure o attività che prevedano contatto con sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni DPI per naso/bocca/occhi per procedure che generano spruzzi o schizzi da sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni Guanti e sovracamice per ogni contatto con cute integra paziente o superfici/oggetti circostanti. Indossati all entrata e rimossi all uscita della stanza di isolamento (zona filtro, antistanza). Corretta rimozione per evitare la contaminazione 1b) Posizionamento del paziente Paziente con sospetto rischio di trasmissione di infezione in stanza singola, altrimenti basarsi su: Potenziale via trasmissione Fattori di rischio di trasmissione del paziente Rischio di outcome avversi da ICA in altri pazienti Disponibilità di stanza singola o coorte o separazione spaziale Paziente in stanza singola. Coorte di pazienti Separazione spaziale Coorte di operatori 1c) Trasporto del paziente Non indicazioni Trasporto del paziente solo se necessario contenimento/copertura aree infette/colonizzate rimozione DPI contaminati e igiene delle mani prima del trasporto nuovi DPI nel luogo di destinazione

4 1d) Corretta gestione delle attrezzature, strumenti e dispositivi per la cura del paziente Stabilire politiche e procedure per il contenimento, trasporto e manipolazione di attrezzature/strumenti/dispositivi potenzialmente contaminati con sangue o fluidi biologici. Rimuovere, con idonei prodotti, eventuale materiale organico da strumenti/devices criticisemi critici prima della disinfezione ad alto livello e della sterilizzazione Uso DPI indicati se manipolazione di strumenti/devices sporchi o in contatto con sangue e fluidi biologici Attrezzature non critiche devono essere monouso o dedicate al singolo paziente o pulizia e disinfezione prima del riuso 1e) Corretta gestione degli ambienti Stabilire politiche e procedure di pulizia dell ambiente di routine e mirate a specifiche situazioni. Uso di prodotti idonei e controllo dell efficacia nel tempo Garantire frequente pulizia e disinfezione stanze di isolamento con attenzione a superfici/oggetti/strumentazioni circostanti il paziente 2) PRECAUZIONI DA DROPLET Istruire le persone sintomatiche a coprire bocca e naso quando starnutiscono e/o tossiscono; Utilizzare fazzoletti di carta per il contenimento degli starnuti o colpi di tosse Smaltire i fazzoletti contaminati in contenitori no-touch Praticare l igiene delle mani contaminate da secrezioni respiratorie Invitare le persone sintomatiche ad indossare una mascherina chirurgica, se tollerata. 2a) Sistemazione del paziente: preferibilmente in stanza singola, decidendo caso per caso e valutando i rischi di infezione per gli altri pazienti nella stessa stanza se instanza comune, cercare di minimizzare la possibilità di contatto diretto tra pazienti (almeno un metro) cambiare i dispositivi di protezione individuale e lavarsi le mani tra un paziente e l altro 2b) Dispositivi di Protezione Individuale: Prima di entrare nella stanza del paziente indossare una mascherina idonea. Per manovre assistenziali da effettuare nelle immediate vicinanze o sul paziente, indossare un Facciale Filtrante per Rischio Biologico un FFP2

5 Trasporto del paziente:se il trasporto è necessario far indossare al paziente una mascherina idonea e rispettare le raccomandazioni di igiene respiratoria

6 ALLEGATO 5 ENTEROBATTERI ESBL Le Enterobatteriaceae appartengono alle famiglie di batteri Gram-negativi, sono di piccole dimensioni con lunghezza da μm a 2-4 μm. Possiedono dei pili e alcuni presentano flagelli per la loro mobilità e una capsula. Lo strato esterno, tipico dei batteri Gram negativi, è costituito prevalentemente da lipopolisaccaridi collegati tra loro da proteine che attravesano lo spazio periplasmatico. Alla frazione glicidica si deve il potere immunogeno dei Gram negativi. Il lipide A forma una struttura rigida che rende la cellula batterica impermeabile a molte sostanze, antibiotici o disinfettanti. Nello strato esterno si trovano le porine che delimitano dei canali di selezione di sostanze in entrata nella cellula. Per questo motivo i Gram negativi risultano meno sensibili dei Gram positivi nei confronti di alcuni antibiotici, in quanto le porine ne impediscono l ingresso. All interno della parete vi sono complessi molecolari di trasporto, responsabili del pompaggio verso l esterno di sostanze nocive eventualmente penetrate nella cellula. Molti componenti della parete sono immunogeni e come tali inducono nell ospite una reazione immunitaria ai batteri. I bacilli Gram negativi sono i più comuni costituenti della flora endogena umana del cavo orale, tratto gastrointestinale e vaginale e risultano i più frequenti agenti eziologici di una vasta gamma di infezioni, come per esempio infezioni urinarie, ginecologiche, polmonari La produzione di beta-lattamasi a spettro esteso (Extended Spectrum Beta-Lactamases, ESBL) da parte di batteri gram-negativi rende inefficaci tutte le penicilline, le cefalosporine e l aztreonam nel trattamento delle infezioni gravi causate da questi patogeni. Le ESBL sono derivate da mutazioni di enzimi parentali (TEM-1 e SHV-1), a collocazione plasmidica e cromosomica, presenti in Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae. In particolare l enzima TEM-1 fu isolato agli inizi degli anni 60 da una emocoltura di un paziente greco di nome Temoniera che aveva contratto un infezione da Escherichia coli. Intorno agli anni 80 furono introdotte le cefalosporine di terza generazione, nate sia per contrastare l incremento di beta-lattamasi in taluni microrganismi e il loro diffondersi in altri, sia per il loro minor effetto nefrotossico rispetto agli aminoglicosidi e alle polimixine; ma nel 1983 furono isolati in Germania, da Klebsiella ozaenae, i primi ceppi (SHV-2) capaci di idrolizzare le cefalosporine ad ampio spettro che dal 1985 verranno individuati come ESBL per evidenziare la loro attività anche nei confronti di questi nuovi antibiotici. Ad oggi sono state descritte circa 300 beta-lattamasi, la cui classificazione segue due schemi, molecolare e funzionale. La classificazione di Ambler è basata su similitudini aminoacidiche, mentre quella di Bush-Jacoby-Medieros si basa sul profilo sia del substrato che dell inibitore. Tra le ESBL, TEM-1 è la più comune beta-lattamasi mediata da plasmidi prodotta da Escherichia coli. Da TEM-1 sono derivati, per sostituzioni di amminoacidi, numerosi enzimi (TEM2, TEM3, ecc.) presenti non solo in Escherichia coli e Klebsiella ma anche in numerose Enterobacteriaceae e Pseudomonas. La loro attività si manifesta con l idrolisi verso un numero più ampio di molecole antibiotiche e con l inibizione da acido clavulanico. Altra ESBL comune è CTX-M, che possiede una potente attività verso il cefotaxime. Da CTX-M sono derivati alcuni enzimi come TOHO-1 e TOHO-2 con la stessa attività idrolitica. SHV-1 è stata la prima ESBL ad essere descritta ed è più frequentemente isolata in Klebsiella pneumoniae, con attività di idrolisi nei confronti di ceftazidime. Da SHV-1 sono derivate, per sostituzione di amminoacidi, molteplici varianti ESBL, presenti in numerose Enterobacteriaceae. Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae sono i due principali enterobatteri produttori di beta lattamasi a spettro esteso (ESBL) e rappresentano un problema di notevole rilievo clinico ed epidemiologico. I processi infettivi da enterobatteri ESBL produttori sono prevalenti in ambiente ospedaliero e spesso complicano il decorso clinico di pazienti affetti da polipatologie. Infatti numerosi fattori sono associati alla colonizzazione o all infezione da batteri produttori di ESBL: in particolare, la presenza di catetere urinario o altri presidi medici, la durata del periodo di ospedalizzazione, una terapia antibiotica precedente, l età avanzata, la ventilazione assistita, la presenza di ulcere da decubito, la permanenza in strutture per lungodegenza. Diversi studi

7 policentrici nazionali indicano che la percentuale di isolamento di enterobatteri ESBL positivi oscilla tra il 4 e il 12%. Un aspetto preoccupante, recentemente emerso, è l isolamento di questi enzimi (soprattutto del tipo CTX-M) in ambito comunitario in pazienti che presentano alcuni fattori di rischio quali: età avanzata, diabete, infezioni urinarie ripetute, uso di chinoloni o almeno una ospedalizzazione nel corso dell anno precedente. Alcuni ceppi ESBL-produttori presentano il fenomeno della multiresistenza nei confronti di fluorochinoloni, cotrimossazolo e aminoglicosidi riducendo drasticamente le opzioni terapeutiche a disposizione del clinico. L utilizzo dei carbapenemi ha determinato l insorgenza di ceppi ESBL positivi resistenti. La presenza di ESBL, dunque, prevale in ceppi ospedalieri, determina multi resistenza, rischio di diffusione epidemica e per questo necessita di sorveglianza epidemiologica

8 PRECAUZIONI DA ADOTTARE 1) PRECAUZIONI DA CONTATTO 1a) Uso di misure di barriera/ Dispositivi Protezione Individuale (DPI) Guanti in caso di contatto con sangue, materiale infetto, mucose, cute non integra o integra se potenzialmente contaminata. Sovracamice durante procedure o attività che prevedano contatto con sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni DPI per naso/bocca/occhi per procedure che generano spruzzi o schizzi da sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni Guanti e sovracamice per ogni contatto con cute integra paziente o superfici/oggetti circostanti. Indossati all entrata e rimossi all uscita della stanza di isolamento (zona filtro, antistanza). Corretta rimozione per evitare la contaminazione 1b) Posizionamento del paziente Paziente con sospetto rischio di trasmissione di infezione in stanza singola, altrimenti basarsi su: Potenziale via trasmissione Fattori di rischio di trasmissione del paziente Rischio di outcome avversi da ICA in altri pazienti Disponibilità di stanza singola o coorte o separazione spaziale Paziente in stanza singola. Coorte di pazienti Separazione spaziale Coorte di operatori 1c) Trasporto del paziente Non indicazioni Trasporto del paziente solo se necessario contenimento/copertura aree infette/colonizzate rimozione DPI contaminati e igiene delle mani prima del trasporto nuovi DPI nel luogo di destinazione

9 1d) Corretta gestione delle attrezzature, strumenti e dispositivi per la cura del paziente Stabilire politiche e procedure per il contenimento, trasporto e manipolazione di attrezzature/strumenti/dispositivi potenzialmente contaminati con sangue o fluidi biologici. Rimuovere, con idonei prodotti, eventuale materiale organico da strumenti/devices criticisemi critici prima della disinfezione ad alto livello e della sterilizzazione Uso DPI indicati se manipolazione di strumenti/devices sporchi o in contatto con sangue e fluidi biologici Attrezzature non critiche devono essere monouso o dedicate al singolo paziente o pulizia e disinfezione prima del riuso 1e) Corretta gestione degli ambienti Stabilire politiche e procedure di pulizia dell ambiente di routine e mirate a specifiche situazioni. Uso di prodotti idonei e controllo dell efficacia nel tempo Garantire frequente pulizia e disinfezione stanze di isolamento con attenzione a superfici/oggetti/strumentazioni circostanti il paziente 2) PRECAUZIONI DA DROPLET Istruire le persone sintomatiche a coprire bocca e naso quando starnutiscono e/o tossiscono; Utilizzare fazzoletti di carta per il contenimento degli starnuti o colpi di tosse Smaltire i fazzoletti contaminati in contenitori no-touch Praticare l igiene delle mani contaminate da secrezioni respiratorie Invitare le persone sintomatiche ad indossare una mascherina chirurgica, se tollerata. 2a) Sistemazione del paziente: preferibilmente in stanza singola, decidendo caso per caso e valutando i rischi di infezione per gli altri pazienti nella stessa stanza se instanza comune, cercare di minimizzare la possibilità di contatto diretto tra pazienti (almeno un metro) cambiare i dispositivi di protezione individuale e lavarsi le mani tra un paziente e l altro 2b) Dispositivi di Protezione Individuale: Prima di entrare nella stanza del paziente indossare una mascherina idonea. Per manovre assistenziali da effettuare nelle immediate vicinanze o sul paziente, indossare un Facciale Filtrante per Rischio Biologico un FFP2

10 Trasporto del paziente:se il trasporto è necessario far indossare al paziente una mascherina idonea e rispettare le raccomandazioni di igiene respiratoria

11 ALLEGATO 7 ENTEROCOCCHI VRE Gli enterococchi sono i più comuni cocchi Gram positivi aerobi nell intestino e della flora nel tratto genitale femminile basso, negli uomini e negli animali. Inizialmente ritenuti come microrganismi commensali innocui, gli enterococchi sono emersi come significativi patogeni umani. Le infezioni enterococciche si verificano in prevalenza nei pazienti immunodeficenti, sia congeniti sia per terapia immunosoppressiva, e in pazienti con breccia delle normali barriere difensive (come in cateteri intravascolari e urinari). E stato riportato che il 60% delle infezioni da enterococchi sono nosocomiali e metà di queste si verificano nelle unità di cura intensive. Sebbene E. faecalis venga ritenuto il responsabile dell 80-90% delle infezioni enterococciche e E. faecium del 10-20%, studi più recenti hanno suggerito che la proporzione delle infezioni da E. faecium è aumentata. Sfortunatamente poco è noto riguardo i meccanismi di patogenicità ed i fattori di virulenza o su come il sistema immune riconosca E. faecium. Tuttavia l aumentata rilevanza degli enterococchi come patogeni nosocomiali è almeno parzialmente spiegata dalla loro intrinseca resistenza ai vari antibiotici di diverse classi (come cefalosporine, penicilline antistafilococciche, clindamicina, trimetoprim) e la loro naturale possibilità di acquisire e scambiare elementi genetici racchiudenti la resistenza agli antibiotici. Un evidente esempio di questa possibilità è lo sviluppo di resistenza alla vancomicina mediata da plasmidi. Il più comune fenotipo di resistenza (vana) è associato con alti livelli di resistenza acquisita o indotta sia a vancomicina (MIC>32 mg/l) e teicoplanina (MIC >16 mg/l) ed è trasportata da un transposone (Tn1546) che è trasferibile ad altri enterococchi sensibili per coniugazione. Diversi fenotipi di resistenza acquisita ai glicopeptidi sono stati caratterizzati dai tipi vanb ed i meno comuni vand, vane e vang. Gli enterococchi che posseggono i geni vanc (come E. flavescens e E. gallinarum) sono intrinsecamente resistenti a livelli bassi di vancomicina (valori di MIC di 8-18 mg/l). Notevole resistenza a vancomicina è più comune in E. faecium che in E. faecalis. Dopo la descrizione iniziale VRE (costituito in modo predominante dal fenotipo vana) è emerso in tutto il mondo come un importante patogeno nosocomiale. In Europa solo alcuni outbreak nosocomiali sono state riferite (quantunque questi episodi siano in aumento) e l incidenza di infezioni nosocomiali è relativamente bassa. Tuttavia la presenza di portatori asintomatici fra individui Europei sani è relativamente frequente. Questo largo reservoir di VRE fra i soggetti sani è stato associato al prolungato impiego di un analogo della vancomicina, avoparcin, come promotore di crescita nell industria degli allevamenti. In realtà la colonizzazione con VRE è molto elevata nei maiali, vitelli o tacchini e ceppi VRE sono stati ritrovati, sebbene con minore frequenza, nelle feci di cani e gatti, crostacei ed altri tipi di animali. Individui a stretto contatto con questi presentano una maggiore frequenza di VRE rispetto ad individui sani senza questo contatto. In più, transposomi genotipicamente identici contenenti il gene vana, sono stati dimostrati in enterococchi di contadini o macellai. Il legame fra uso di avoparcin ed il reservoir ambientale di VRE è supportato ulteriormente dal fatto della mancanza di colonizzazione di VRE in animali e persone sane in zone, come ad esempio gli USA, dove i glicopeptidi non sono mai stati impiegati come agenti favorenti la crescita negli allevamenti. Se l eliminazione della avoparcin nell industria della agricoltura eliminerà completamente il reservoir comunitario in Europa non è dato di sapere. E comunque di notevole interesse che isolati vancomicino resistenti di E. faecium isolati da maiali e polli appartengono ad un cluster geneticamente identico a quello degli isolati di persone non ospedalizzate, supportando la possibilità di una trasmissione animale-uomo. attese. In particolare, la scelta di attivare a livello Europeo vari programmi di controllo su E. faecalis ed E. faecium nasce dall osservazione che: questi patogeni sono tra i più frequenti agenti eziologici di

12 infezioni nosocomiali; in tutto il mondo si stanno moltiplicando le segnalazioni di ceppi resistenti alla vancomicina. Il fenomeno della vancomicina resistenza potrebbe avere gravi ricadute in sanità pubblica, non soltanto perché spesso associato a fenomeni di multiresistenza che, rendendo inefficaci quasi tutte le terapie antibiotiche a disposizione, aumentano morbidità e mortalità dei pazienti colpiti; ma anche perché, come già specificato, sperimentalmente è dimostrato che i geni della resistenza alla vancomicina possono essere trasferiti ad altre specie microbiche, con conseguenze disastrose. Durante la sorveglianza attivata dall ISS, nel periodo 1 giugno gennaio 2002, il 5,9% degli isolati è risultato resistente a tre o più antibiotici (di classi diverse) ed è rilevante il fatto che questa percentuale salga all 80% se si prendono in considerazione solo i ceppi vancomicina resistenti. La frequenza di VRE non è risultata significativamente più elevata in nessuna delle classi di età analizzate, né tra i due sessi. La frequenza di VRE è risultata più alta nei reparti di chirurgia, rispetto ai reparti di medicina e terapia intensiva (9,8% contro, rispettivamente, il 6,6% e il 6%). I dati preliminari di resistenza conseguiti in questi mesi di attività della sorveglianza dell ISS hanno rivelato che la resistenza alla vancomicina rappresenta già un problema importante nel nostro Paese, inoltre, almeno per quanto riguarda E. faecium, sembra che l Italia si collochi tra i Paesi europei con i più alti livelli di resistenza alla vancomicina. E quindi importante sottolineare l importanza di prevenire queste infezioni, soprattutto nei soggetti ospedalizzati. Gli strumenti a disposizione per il controllo di queste infezioni in ambiente nosocomiale sono riconducibili essenzialmente a un uso più prudente della vancomicina sia nella profilassi che nella terapia e alla messa in atto di misure di controllo finalizzate a evitare la trasmissione persona-persona e la contaminazione ambientale. È opportuno, inoltre, intensificare l uso di misure di protezione personali, come guanti e camici, da sostituire sempre dopo il contatto con pazienti a rischio, attraverso un attento trattamento della biancheria e del materiale infetto e attraverso una scrupolosa pulizia e disinfezione delle superfici e della strumentazione medica.

13 PRECAUZIONI DA ADOTTARE 1) PRECAUZIONI DA CONTATTO 1a) Uso di misure di barriera/ Dispositivi Protezione Individuale (DPI) Guanti in caso di contatto con sangue, materiale infetto, mucose, cute non integra o integra se potenzialmente contaminata. Sovracamice durante procedure o attività che prevedano contatto con sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni DPI per naso/bocca/occhi per procedure che generano spruzzi o schizzi da sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni Guanti e sovracamice per ogni contatto con cute integra paziente o superfici/oggetti circostanti. Indossati all entrata e rimossi all uscita della stanza di isolamento (zona filtro, antistanza). Corretta rimozione per evitare la contaminazione 1b) Posizionamento del paziente Paziente con sospetto rischio di trasmissione di infezione in stanza singola, altrimenti basarsi su: Potenziale via trasmissione Fattori di rischio di trasmissione del paziente Rischio di outcome avversi da ICA in altri pazienti Disponibilità di stanza singola o coorte o separazione spaziale Paziente in stanza singola. Coorte di pazienti Separazione spaziale Coorte di operatori 1c) Trasporto del paziente Non indicazioni Trasporto del paziente solo se necessario contenimento/copertura aree infette/colonizzate rimozione DPI contaminati e igiene delle mani prima del trasporto nuovi DPI nel luogo di destinazione 1d) Corretta gestione delle attrezzature, strumenti e dispositivi per la cura del paziente

14 Stabilire politiche e procedure per il contenimento, trasporto e manipolazione di attrezzature/strumenti/dispositivi potenzialmente contaminati con sangue o fluidi biologici. Rimuovere, con idonei prodotti, eventuale materiale organico da strumenti/devices criticisemi critici prima della disinfezione ad alto livello e della sterilizzazione Uso DPI indicati se manipolazione di strumenti/devices sporchi o in contatto con sangue e fluidi biologici Attrezzature non critiche devono essere monouso o dedicate al singolo paziente o pulizia e disinfezione prima del riuso 1e) Corretta gestione degli ambienti Stabilire politiche e procedure di pulizia dell ambiente di routine e mirate a specifiche situazioni. Uso di prodotti idonei e controllo dell efficacia nel tempo Garantire frequente pulizia e disinfezione stanze di isolamento con attenzione a superfici/oggetti/strumentazioni circostanti il paziente 2) PRECAUZIONI DA DROPLET Istruire le persone sintomatiche a coprire bocca e naso quando starnutiscono e/o tossiscono; Utilizzare fazzoletti di carta per il contenimento degli starnuti o colpi di tosse Smaltire i fazzoletti contaminati in contenitori no-touch Praticare l igiene delle mani contaminate da secrezioni respiratorie Invitare le persone sintomatiche ad indossare una mascherina chirurgica, se tollerata. 2a) Sistemazione del paziente: preferibilmente in stanza singola, decidendo caso per caso e valutando i rischi di infezione per gli altri pazienti nella stessa stanza se instanza comune, cercare di minimizzare la possibilità di contatto diretto tra pazienti (almeno un metro) cambiare i dispositivi di protezione individuale e lavarsi le mani tra un paziente e l altro 2b) Dispositivi di Protezione Individuale:

15 Prima di entrare nella stanza del paziente indossare una mascherina idonea. Per manovre assistenziali da effettuare nelle immediate vicinanze o sul paziente, indossare un Facciale Filtrante per Rischio Biologicoo un FFP2 Trasporto del paziente:se il trasporto è necessario far indossare al paziente una mascherina idonea e rispettare le raccomandazioni di igiene respiratoria

16 ALLEGATO 2 PSEUDOMONAS AERUGINOSA MULTIRESISTENTE Gli Pseudomonas sono ubiquitari e preferiscono gli ambienti umidi. Nell'uomo la specie più comune è lo P. aeruginosa. Altre specie che talora possono provocare infezioni umane sono le seguenti: P. paucimobilis, P. putida, P. fluorescens e P. acidovorans. Lo P. aeruginosa si può ritrovare occasionalmente nelle regioni ascellare e anogenitale di una cute normale ma solo di rado nelle feci, a meno che non sia stata somministrata una terapia antibiotica. Il microrganismo è spesso un contaminante di lesioni popolate da microrganismi più virulenti, ma talvolta provoca infezione in tessuti esposti all'ambiente esterno. Le infezioni da Pseudomonas di solito si verificano negli ospedali, dove i microrganismi si ritrovano di frequente nei lavandini, nelle soluzioni antisettiche e nei recipienti per urine. Si può verificare la trasmissione ai pazienti da parte del personale sanitario sano, soprattutto nel caso degli ustionati e nei reparti di terapia intensiva neonatale. Altre specie, precedentemente classificate come Pseudomonas, sono importanti patogeni nosocomiali, quali la Burkholderia cepacia e lo Stenotrophomonas maltophilia. La maggior parte delle infezioni provocate dallo P. aeruginosa siverifica in pazienti ospedalizzati debilitati o immunocompromessi. Lo P. aeruginosa è la seconda causa più frequente di infezioni neireparti di terapia intensiva e una frequente causa di polmoniti associate ai ventilatori. Oltre ad acquisire infezioni in ambito ospedaliero, i pazienti con infezione da HIV sono a rischio di acquisire in comunità infezioni da P. aeruginosa e spesso, quandocontraggono l'infezione, presentano segni di infezione da HIV avanzata. Le infezioni da Pseudomonas possono presentarsi in molte sedi anatomiche come cute, tessuti sottocutanei, ossa, orecchie, occhi, tratto urinario e valvole cardiache. La sede varia a seconda della porta d'ingresso e della vulnerabilità del paziente. Negli ustionati la regione al di sotto dell'escara si può infiltrare in modo abbondante con i microrganismi e servire da focolaio per una successiva batteriemia, rappresentando una complicanza delle ustioni spesso letale. Una batteriemia senza un focolaio urinario evidenziabile, soprattutto se dovuta a specie di Pseudomonas diverse dallo P. aeruginosa, deve far pensare alla possibilità di un'avvenuta contaminazione EV dei liquidi, dei farmaci o degli antisettici usati per l'applicazione di cateteri EV. Nei pazienti con infezione da HIV, lo Pseudomonas determina più frequentemente polmonite o sinusite. Il quadro clinico dipende dalla sede interessata. Nei pazienti ricoverati in ospedale si può verificare un'infezione polmonare associata a intubazione endotracheale, tracheotomia o trattamento RPPI quando lo Pseudomonas si sia unito ad altri bacilli gram - a colonizzare l'orofaringe. La bronchite da Pseudomonas è frequente nel decorso tardivo della fibrosi cistica; i germi isolati presentano una caratteristica morfologia mucoide delle colonie. L'isolamento dello Pseudomonas nel sangue è frequente nelle ustioni e nei pazienti con tumori maligni. La presentazione clinica è quella di una sepsi da gram -, talvolta con l'aggiunta di ecthyma gangrenosum, caratterizzato da aree neroviolacee, di circa 1 cm di diametro, con centro ulcerato ed eritema circostante che generalmente si rinviene nelle zone ascellari o anogenitali. Lo Pseudomonas è causa frequente di IVU, specialmente in pazienti sottoposti a manipolazioni urologiche, affetti da uropatie ostruttive o che abbiano ricevuto antibiotici ad ampio spettro. La forma più frequente di infezione auricolare dovuta allo Pseudomonas è l'otite esterna con secrezione purulenta che si riscontra spesso nei climi tropicali. Una forma più grave, chiamata otite esterna maligna, può svilupparsi nei diabetici; si manifesta con un dolore acuto all'orecchio, spesso con paralisi unilaterale del nervo cranico e richiede una terapia parenterale. Un interessamento dell'occhio da parte dello Pseudomonas spesso si presenta come un'ulcerazione corneale conseguente a traumi, ma in alcuni casi la contaminazione si ha anche a partire da lenti a contatto o dai liquidi utilizzati per il loro uso.il microrganismo può essere rinvenuto in fistole secernenti, specie dopo traumi o ferite da punta profonde ai piedi. Il liquido di drenaggio spesso ha un dolce odore di frutta. Molte di queste ferite da punta esitano in cellulite e

17 osteomielite da P. aeruginosa e possono richiedere, in aggiunta agli antibiotici, una tempestiva toletta chirurgica. Di rado lo Pseudomonas provoca endocardite: ciò avviene su protesi valvolari oppure nei pazienti che abbiano subito un intervento chirurgico a cuore aperto o anche sulle valvole naturali in chi fa uso di droghe EV. L'endocardite destra può essere curata con terapia medica, ma se l'infezione interessa la mitrale, le valvole aortiche o valvole protesiche, si dovrà spesso procedere all'asportazione della valvola infetta. Nella terapia di infezioni da Pseudomonas che presentino resistenza enzimatica alla tobramicina e alla gentamicina si dovrà usare l'amikacina. Molti esperti raccomandano di trattare le infezioni gravi da Pseudomonas con un aminoglicoside associato a un antibiotico b-lattamico. Diverse penicilline, tra cui ticarcillina, piperacillina, mezlocillina e azlocillina, sono efficaci nei confronti dello Pseudomonas. Altri farmaci dotati di un'eccellente attività sono il ceftazidime, il cefepime, l'aztreonam, l'imipenem, il meropenem e la ciprofloxacina. Nelle infezioni sistemiche, o nei pazienti granulocitopenici, a una delle penicilline efficaci si dovrà associare un aminoglicoside attivo contro lo Pseudomonas. Nei pazienti neutropenici, con funzionalità renale al limite, sono ugualmente adeguate combinazioni terapeutiche senza aminoglicosidi, quali doppio b-lattamico o un blattamico insieme a un fluorochinolonico. Le IVU possono essere trattate con indanil-carbenecillina PO o con ciprofloxacina o altri fluorochinolonici. Tuttavia, i fluorochinolonici non devono essere somministrati ai bambini per via dei potenziali effetti sulla cartilagine. Quando vengono utilizzati due farmaci antipseudomonas, durante il trattamento è più rara la comparsa di ceppi resistenti.

18 PRECAUZIONI DA ADOTTARE 1) PRECAUZIONI DA CONTATTO 1a) Uso di misure di barriera/ Dispositivi Protezione Individuale (DPI) Guanti in caso di contatto con sangue, materiale infetto, mucose, cute non integra o integra se potenzialmente contaminata. Sovracamice durante procedure o attività che prevedano contatto con sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni DPI per naso/bocca/occhi per procedure che generano spruzzi o schizzi da sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni Guanti e sovracamice per ogni contatto con cute integra paziente o superfici/oggetti circostanti. Indossati all entrata e rimossi all uscita della stanza di isolamento (zona filtro, antistanza). Corretta rimozione per evitare la contaminazione 1b) Posizionamento del paziente Paziente con sospetto rischio di trasmissione di infezione in stanza singola, altrimenti basarsi su: Potenziale via trasmissione Fattori di rischio di trasmissione del paziente Rischio di outcome avversi da ICA in altri pazienti Disponibilità di stanza singola o coorte o separazione spaziale Paziente in stanza singola. Coorte di pazienti Separazione spaziale Coorte di operatori 1c) Trasporto del paziente Non indicazioni Trasporto del paziente solo se necessario contenimento/copertura aree infette/colonizzate rimozione DPI contaminati e igiene delle mani prima del trasporto nuovi DPI nel luogo di destinazione 1d) Corretta gestione delle attrezzature, strumenti e dispositivi per la cura del paziente

19 Stabilire politiche e procedure per il contenimento, trasporto e manipolazione di attrezzature/strumenti/dispositivi potenzialmente contaminati con sangue o fluidi biologici. Rimuovere, con idonei prodotti, eventuale materiale organico da strumenti/devices criticisemi critici prima della disinfezione ad alto livello e della sterilizzazione Uso DPI indicati se manipolazione di strumenti/devices sporchi o in contatto con sangue e fluidi biologici Attrezzature non critiche devono essere monouso o dedicate al singolo paziente o pulizia e disinfezione prima del riuso 1e) Corretta gestione degli ambienti Stabilire politiche e procedure di pulizia dell ambiente di routine e mirate a specifiche situazioni. Uso di prodotti idonei e controllo dell efficacia nel tempo Garantire frequente pulizia e disinfezione stanze di isolamento con attenzione a superfici/oggetti/strumentazioni circostanti il paziente 2) PRECAUZIONI DA DROPLET Istruire le persone sintomatiche a coprire bocca e naso quando starnutiscono e/o tossiscono; Utilizzare fazzoletti di carta per il contenimento degli starnuti o colpi di tosse Smaltire i fazzoletti contaminati in contenitori no-touch Praticare l igiene delle mani contaminate da secrezioni respiratorie Invitare le persone sintomatiche ad indossare una mascherina chirurgica, se tollerata. 2a) Sistemazione del paziente: preferibilmente in stanza singola, decidendo caso per caso e valutando i rischi di infezione per gli altri pazienti nella stessa stanza se instanza comune, cercare di minimizzare la possibilità di contatto diretto tra pazienti (almeno un metro) cambiare i dispositivi di protezione individuale e lavarsi le mani tra un paziente e l altro 2b) Dispositivi di Protezione Individuale:

20 Prima di entrare nella stanza del paziente indossare una mascherina idonea. Per manovre assistenziali da effettuare nelle immediate vicinanze o sul paziente, indossare un Facciale Filtrante per Rischio Biologicoo un FFP2 Trasporto del paziente:se il trasporto è necessario far indossare al paziente una mascherina idonea e rispettare le raccomandazioni di igiene respiratoria

21 ALLEGATO 6 STAFILOCOCCO AUREUS MULTIRESISTENTE Lo Staphylococcus aureus è un batterio commensale umano, gram-positivo il cui habitat primario è rappresentato dall epitelio squamoso delle narici. Si stima che il microrganismo colonizzi l 80% della popolazione, di cui il 20% stabilmente e il 60% ad intermittenza, mentre un 20% non verrebbe mai colonizzato. Tale diversa suscettibilità alla colonizzazione non ha finora trovato spiegazioni esaustive né a livello dei fattori batterici coinvolti nell adesione agli epiteli nasali, né a livello di fattori predisponenti dell ospite. Il rischio di contrarre un infezione invasiva da S. aureus è minimo nei soggetti sani, aumenta tra i portatori e, nelle strutture ospedaliere, raggiunge livelli significativi nei pazienti cateterizzati, immunocompromessi, chirurgici e con ulcere da pressione. Le infezioni da stafilococco sono estremamente diverse, sia in termini di interessamento lesionale, sia in termini di gravità, in gran parte a causa di fattori di virulenza (proteine strutturali, enzimi e tossine) espressi con grande differenza da un ceppo batterico a un altro. Così, in funzione del fenotipo di virulenza dello stafilococco, ma anche a seconda del terreno del paziente, il patogeno che può causare un largo spettro di malattie, che spaziano da leggere forme cutanee a forme sistemiche che possono mettere a repentaglio la vita stessa del paziente: infezioni della pelle e di ferite post operatorie, infezioni polmonari, endocarditi, meningiti, pericarditi, nonché intossicazioni alimentari causate dall ingestione di cibo contaminato da ceppi produttori di enterotossine. Dalla sua scoperta negli anni 80 del 1800 fino all introduzione della penicillina, la mortalità dei pazienti infettati da S.aureus era dell 80% circa. L introduzione della penicillina ha rivoluzionato il trattamento delle infezioni da S.aureus, ma l uso massiccio dell antibiotico ha favorito dopo pochi anni la diffusione dei ceppi resistenti, isolati prima in ospedale e poi nella comunità. La resistenza risultava dall acquisizione di un plasmide codificante una penicillinasi, cioè una β-lattamasi, in grado di idrolizzare la penicillina. Esistono varie forme di resistenza, ma attualmente l attenzione della comunità scientifica è richiamata dai ceppi meticillino-resistenti, per la particolare rapidità che mostrano nel diffondersi sia nell ambiente ospedaliero che nella comunità. La meticillino resistenza si deve alla presenza nel genoma di un elemento mobile, la Staphylococcal cassette chromosome mec (SCCmec), codificante per una variante della penicillin binding protein con una ridotta affinità per la meticillina. Fino ad oggi sono note tre classi di complessi mec (A,B e C) e quattro allotipi di complessi ccr, che combinandosi generano cinque diverse cassette SCCmec (I, II, III, IV, IV), distinte in vari sottotipi a seconda delle differenze nelle regioni junkyard. Il primo ceppo MRSA, isolato nel 1961, portava nel suo genoma la cassetta di tipo 1, e questo primo clone, detto arcaico, si è diffuso nel mondo durante gli anni 60. Nei cinquant anni successivi sono state caratterizzate le cassette di tipo II, III, IV e V, sono comparsi ceppi epidemici, e attualmente MRSA è ancora la principale causa di infezioni nosocomiali a livello mondiale. Strategie atte a prevenire la diffusione di MRSA (particolarmente in seguito alla diffusione, negli ultimi anni, di ceppi community-acquired ) richiedono una conoscenza dell epidemiologia dei ceppi. La diffusione di ceppi meticillino-resistenti isolati dalla comunità (CAMRSA), e distinti dalla controparte ospedaliera (HA-MRSA), è iniziata circa venti anni fa come fenomeno sporadico per raggiungere, negli ultimi anni, livelli epidemici in alcune regioni. L MRSA è attualmente riconosciuto come il patogeno resistente agli antibiotici più comunemente isolato in ambiente nosocomiale. A dispetto di ciò, l MRSA è stato inizialmente isolato molto di rado nella comunità, per poi giungere ad un recente improvviso aumento nel numero di casi in centri per la riabilitazione, residenze sanitarie assistite, comunità indigene, istituti di correzione, caserme militari e comunità sportive. I casi di CAMRSA devono essere riconosciute come vere patologie infettive emergenti dal potenziale evolutivo gravissimo e fulminante, che insorgono in pazienti senza fattori di rischio per MRSA ospedaliero. Il loro fenotipo di resistenza è diverso da quello dei MRSA ospedalieri, con una maggiore sensibilità alle famiglie di antibiotici diversi dalle betalattamine. Tradizionalmente le

22 infezioni che si manifestano entro 72 ore dal ricovero in ospedale sono definite communityacquired, mentre quelle che si sviluppano dopo 72 ore in ospedale, nelle strutture a lunga degenza o nelle due settimane dopo la dimissione, vengono considerate nosocomiali. Tuttavia il trend attuale spinge in direzione di una sempre minore permanenza ospedaliera e di un maggiore ricorso ai centri ambulatoriali, e i pazienti si muovono sempre più frequentemente dentro e fuori gli ospedali. Questo rende molto più difficile applicare le definizioni tradizionali per classificare le infezioni. Al momento, le infezioni vengono considerate community-acquired se sono presenti tutti i seguenti criteri: la diagnosi dell infezione viene fatta entro 48 ore dopo l ammissione in ospedale; il paziente non ha una storia di infezioni da MRSA; il paziente non è stato ricoverato negli anni passati, e non è stato sottoposto a dialisi o interventi chirurgici; il paziente non ha cateteri o dispositivi medici attraverso la cute. La meticillino-resistenza deve comunque essere presa in considerazione fin dall inizio in occasione della prescrizione di un trattamento antistafilococcico, individuando i fattori di rischio di infezione da MRSA, e/o in caso di infezione grave che non permette di attendere i risultati dell antibiogramma. Questo sottintende la realizzazione, ogniqualvolta possibile, di un prelievo iniziale del focolaio suppurativo o di emocolture per adattare al meglio la terapia antibiotica all agente infettivo responsabile. La sorveglianza epidemiologica, il monitoraggio e la prevenzione delle infezioni da MRSA, vengono oggi considerati quindi obiettivi prioritari, dal momento che tali infezioni rappresentano un importante fattore di rischio soprattutto per i pazienti anziani e comportano il prolungamento della durata del ricovero e l aumento della spesa sanitaria. Paradossalmente, le infezioni continuano a crescere anche nella complessità, non solo grazie alla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali, ma anche alle migliorie nella cura dei pazienti. E ormai noto, ad esempio, che tra i molteplici fattori di rischio vengano citati la presenza di cateteri o di dispositivi cardiaci, nonché i precedenti trattamenti antibiotici. Di conseguenza il trattamento di queste infezioni è diventato sempre più difficile, con un incremento della patogenicità e della mortalità. E stato stimato, ad esempio, che nei soli Stati Uniti ogni anno muoiono circa persone a causa delle infezioni da MRSA. Con il termine VISA/VRSA, invece, si intende l'insorgenza dello stafilococco aureo resistente alla vancomicina, un antibatterico indicato per molti tipi di infezioni. Gli stafilococchi sono classificati come VISA o VRSA sulla base di prove di laboratorio, per determinare la concentrazione di antimicrobico necessaria per inibire la crescita del microrganismo in una provetta. Il risultato del test viene generalmente espresso come concentrazione minima inibente (MIC): i batteri stafilococco sono VISA se il MIC per vancomicina è 4-8μg/ml, e classificati come VRSA se la MIC è 16μg/ml. Le persone che sviluppano questo tipo di infezione possono avere condizioni di salute di base compromesse (come il diabete e malattie renali), presenza di device (come cateteri), infezioni precedenti con meticillino-resistenza (Staphylococcus MRSA) o l'esposizione recente alla vancomicina e altri agenti antimicrobici. Dal punto di vista genetico è stato ipotizzato che gli enterococchi hanno sviluppato una resistenza plasmidica alla vancomicina, attuino il trasferimento della resistenza a stafilococchi MRSA. In realtà il trasferimento del gene vana da E. faecalis a S. aureus nel topo infettato è stata dimostrata fin dal Tuttavia fino al 2002 la diminuita sensibilità alla vancomicina della S. aureus fu ristretta ai cosidetti vancomicino intermedi di S. aureus isolati (valore di MIC di 8 mg/l). Il primo isolato di S. aureus vancomicino resistente (VRSA), trasportante il gene vana, fu isolato da un catetere di un paziente diabetico con insufficienza renale, nel Michigan. L isolato conteneva il gene enterococcico vana consistente con il profilo MIC di 32 mg/l e con il gene meca che conferisce la resistenza alla oxacillina. Le sequenza DNA dei geni vana di VRSA e VRE suggerivano fortemente che il gene vana era saltato dal ceppo donatore enterococcico al ceppo del paziente MRSA.

23 PRECAUZIONI DA ADOTTARE 1) PRECAUZIONI DA CONTATTO 1a) Uso di misure di barriera/ Dispositivi Protezione Individuale (DPI) Guanti in caso di contatto con sangue, materiale infetto, mucose, cute non integra o integra se potenzialmente contaminata. Sovracamice durante procedure o attività che prevedano contatto con sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni DPI per naso/bocca/occhi per procedure che generano spruzzi o schizzi da sangue, fluidi biologici, secrezioni o escrezioni Guanti e sovracamice per ogni contatto con cute integra paziente o superfici/oggetti circostanti. Indossati all entrata e rimossi all uscita della stanza di isolamento (zona filtro, antistanza). Corretta rimozione per evitare la contaminazione 1b) Posizionamento del paziente Paziente con sospetto rischio di trasmissione di infezione in stanza singola, altrimenti basarsi su: Potenziale via trasmissione Fattori di rischio di trasmissione del paziente Rischio di outcome avversi da ICA in altri pazienti Disponibilità di stanza singola o coorte o separazione spaziale Paziente in stanza singola. Coorte di pazienti Separazione spaziale Coorte di operatori 1c) Trasporto del paziente Non indicazioni Trasporto del paziente solo se necessario contenimento/copertura aree infette/colonizzate rimozione DPI contaminati e igiene delle mani prima del trasporto nuovi DPI nel luogo di destinazione 1d) Corretta gestione delle attrezzature, strumenti e dispositivi per la cura del paziente

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