LA SCOGLIOSI CENNI STORICI ED INTRODUZIONE

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1 CENNI STORICI ED INTRODUZIONE LA SCOGLIOSI La scoliosi è una deformità riconosciuta e studiata fin dall'antichità. Una trattazione delle alterazioni strutturali tipiche della scoliosi viene prodotta già nel "De Articulationes" del "Corpus Hippocraticum". Da allora molti si succedettero nel tentativo di inquadrare questa patologia sotto il profilo eziopatogenetico, sviluppando varie teorie,mentre le metodiche di trattamento erano limitate alle trazioni del rachide. Si deve ad Ambroise Parè ( ) l'introduzione di un rudimentale corsetto di acciaio, poi sviluppato da Andrè che, nel 1741, fu il primo ad utilizzare la parola "Ortopedia". Con l'introduzione delle tecniche radiografiche ad opera di Roentgen nel 1895, si ebbe un fortissimo impulso verso le attuali conoscenze. Nel 1946 Blount e Schmidt studiarono un corsetto che univa la trazione assiale della colonna all'azione di pressori laterali. Questo corsetto noto poi con il nome di "Milwaukee" ottenne risultati incoraggianti e fu in seguito affiancato da numerosi altri dispositivi. Il trattamento chirurgico moderno della scoliosi vede la luce nel 1962 ad opera di Harrington, a cui sono state affiancate nuove e diverse metodiche, da Luque a Cotrel- Doubusset. DEFINIZIONE Con il termine scoliosi viene definita una curvatura laterale della colonna vertebrale. Per classificare correttamente tale deformità è necessario porre l'attenzione su alcuni concetti fondamentali: a) la rotazione dei corpi vertebrali è un segnale di "strutturazione" della curva con deformità ossee vertebrali e costali, deformazione dei dischi intervertebrali e retrazioni muscolo-legamentose. La presenza di questi segni fa rientrare tale situazione nelle scoliosi strutturate o scoliosi vere. La manifestazione clinica subito riscontrabile è il "gibbo", ovvero l'evidenziazione delle alterazioni a carico della gabbia toracica con paziente in piedi a tronco flesso in avanti. b) con il termine "paramorfismo" o "atteggiamento scoliotico" viene invece indicata una curvatura laterale della colonna che, al contrario della situazione precedente, non presenta una rotazione dei corpi vertebrali. Tale condizione, benigna, tende alla risoluzione spontanea durante l'accrescimento e non necessita di trattamenti particolari eccetto terapie fisiche adeguate o sport. CLASSIFICAZIONE In accordo con la Scoliosis Research Society, al fine di omogeneizzare il linguaggio sull'argomento in questione, viene utilizzata la seguente classificazione: SCOLIOSI STRUTTURATE I) IDIOPATICHE a) infantile (0-3 anni) b) giovanile (3-10 anni) c) adilescenza (> 10 anni) II) NEUROMUSCOLARI a) neuropatiche b) miopatiche

2 III) CONGENITE a) difetti di formazione b) difetti di segmantazione c) miste IV) NEUROFIBROMATOSI V) ALTERAZIONI MESENCHIMALI a) sindr. di Marfan b) sindr. di Ehlers-Danlos c) altre VI) ARTRITE REUMATOIDE VII) TRAUMI a) fratture b) post-chirurgiche c) post-irradiazione VIII) CONTRATTURE EXTRASPINALI a) esiti di empiema b) esiti di ustioni IX) OSTEOCONDRODISPLASIE a) nanismo diastrofico b) mucopolisaccaridosi c) displasia spondilo-epifisaria d) displasia epifisaria multipla e) altre X) INFEZIONI OSSEE a) acute b) croniche XI) DISORDINI METABOLICI a) osteogenesi imperfetta b) omocistinuria c) altre XII) CORRELATE A PAT. DEL PASSAGGIO LOMBO-SACRALE a) spondilolisi e spondilolistesi b) anomalie congenite della regione lombo-sacrale XIII) TUMORI a) colonna vertebrale 1) osteoma osteoide 2) istiocitosi X 3) altre b) midollo spinale (vd. neuromuscolare) SCOLIOSI NON STRUTTURATE

3 I) POSTURALI II) ISTERICHE III) DA IRRITAZIONE RADICOLARE a) ernia b) tumori IV) INFIAMMATORIE (appendicite)< V) CORRELATE A DISMETRIA VI) CORRELATE A CONTRATTURA DEL CINGOLO PELVICO CLINICA Un'anamnesi ben condotta, focalizzando deformità del rachide o patologie neuromuscolari presenti nella famiglia del soggetto, può fornire dati importanti per l'inquadramento del paziente (è stata dimostrata una ereditarietà multifattoriale a penetranza variabile. Il rischio di sviluppare una scoliosi da parte di un figlio di madre scoliotica è 10 volte superiore). L'esame obiettivo del rachide va condotto in ortostatismo valutando dapprima con un filo a piombo un eventuale squilibrio tra il tronco e la pelvi. Il filo a piombo va appoggiato a livello della apofisi della 7ø vertebra cervicale (prominente) per valutare il grado di compensazione tronco/pelvi. Il filo deve cadere nella piega interglutea. Per la valutazione del rachide cervicale il filo a piombo va appoggiato alla tuberosità occipitale (inion). Successivamente va valutata una eventuale asimmetria delle spalle (per questa valutazione il repere è a livello delle articolazioni acromion-claveari, facilmente identificabili sia anteriormente che posteriormente al paziente), dei fianchi e del bacino (a volte la ricerca della spina iliaca antero-superiore è piuttosto indaginosa). Molto importante, come già accennato nella parte introduttiva è la ricerca del gibbo, facendo flettere in avanti con il tronco il paziente (Forward bending test -FBT-) ed eventualmente misurando la deformità con un apposito strumento che è composto da una livella unita ad una scala graduata, che va appoggiata sul dorso del paziente, misurando con un lato sull'apice della prominenza del gibbo, la distanza in centimetri dall'emitorace controlaterale. Successivamente va valutata anche una eventuale rigidità del rachide nel movimento di flessione laterale del tronco. Il FBT è fondamentale perchè permette di eseguire degli screening nella popolazione della scuola dell'obbligo, tra i 10 ed i 13 anni di età. Nel caso in cui fosse presente una deformità il piccolo paziente viene inviato presso una struttura ospedaliera dove verrà approfondita la diagnosi (studio radiologico) ed instaurato un corretto trattamento. RADIOLOGIA Con il valido ausilio della radiologia è possibile stabilire l'eziologia ed il tipo di deformità a cui fare fronte. La valutazione della radiografia deve porre l'attenzione del Medico sulla sede, sulla gravità e sulla rigidità della curvatura scoliotica, così come sulla maturità ossea del soggetto, molto importante per stabilire un corretto percorso terapeutico.

4 Le radiografie standard in ortostatismo del rachide (AP e LL) sono la base di partenza per una valutazione. A volte una curva ad ampio raggio riscontrata in una radiografia in ortostatismo può essere imputabile a dismetria degli arti inferiori, con obliquità del bacino. Il dubbio diagnostico in una situazione simile può essere sciolto con l'esecuzione di nuove radiografie in clinostatismo ed in "lateral bending", cioè con una inclinazione laterale del tronco (la curva non strutturata si corregge spontaneamente). La misurazione dell'angolo di una curva viene effettuata con il metodo di Cobb, che consiste nel tracciare delle linee tangenti alle limitanti somatiche nella proiezione anteroposteriore. Per definire l'inizio e la fine di una curva occorre ricercare lo spazio intervertebrale in cui il disco risulta simmetrico sui due lati (la deformazione del disco nelle zone della curva lo rende più ampio nella parte della convessità e di ampiezza ridotta verso la concavità). Le linee tangenti alle limitanti al termine di una curva risultano quindi parallele. L'angolo di Cobb (alfa) risulta formato da: due linee tangenti alle limitanti della prima e dell'ultima vertebra di una curva; quindi, tracciate le perpendicolari a queste ultime si va a misurare l'angolo come in figura. Tracciare le perpendicolari non è altro che un artificio tecnico per risparmiare spazio, dato che lo stesso angolo risulterebbe prolungando le tangenti alle limitanti ma ad una distanza molto più elevata e quindi più scomoda. La rotazione di una vertebra viene misurata seguendo una scala nota come indice di Nash e Moe. Sempre sulla radiografia in anteroposteriore si identificano le ombre dei peduncoli vertebrali che ci possono orientare, essendo dei reperi simmetrici, per determinare la rotazione. Terminato l'inquadramento della curva va stabilita l'età ossea (non la cronologica) del soggetto per partire con il trattamento. E' possibile ottenere l'età ossea con la radiografia del polso e confrontarla con su un apposito atlante oppure valutare l'ossificazione della cresta iliaca come descritto da Risser. Questa valutazione &grave; molto importante per l'applicazione dei corsetti: le tabelle di trattamento e la conseguente efficacia dello stesso dipendono proprio dalla situazione di partenza dell'età ossea. Normalmente l'ossificazione inizia dalla spina iliaca anteriore superiore procedendo posteriormente fino alla spina iliaca posteriore superiore ma a volte possono essere rilevate delle frammentazioni di questo nucleo. Al termine della crescita si ha una fusione completa con l'ala iliaca. Per la classificazione Risser ha diviso la cresta iliaca in quattro quarti. I gradi sono così suddivisi: 1+ quando l'ossificazione è intorno al 25%; 2+ quando è intorno al 50%; 3+ intorno al 75% ; 4+ per una ossificazione completa del tratto e 5+ per la completa fusione con l'ileo. FUNZIONALITA' RESPIRATORIA Nei casi in cui la deformità interessi la zona del diaframma, e non venga trattata, possono presentarsi delle complicazioni cardiorespiratorie talvolta letali. Nelle scoliosi con curvatura superiore ai 60 possono essere rilevate gravi riduzioni della capacitè vitale e cuore polmonare. TRATTAMENTO CONSERVATIVO Sono disponibili diverse soluzioni terapeutiche incruente adattabili alla gravità della situazione; dalla chinesiterapia alle elettrostimolazioni selettive della muscolatura

5 paravertebrale, i busti amovibili, i busti gessati e le trazioni. Scopo della chinesiterapia e delle elettrostimolazioni è quello di aumentare il tono della muscolatura, in genere ridotto in questi pazienti. Per quanto riguarda i busti amovibili va sottolineato il ruolo del corsetto di Milwaukee, composto da un appoggio a cintura sulle regioni iliache ricavato da un calco in gesso e costruito con materiale termoplastico, da cui si dipartono delle barre metalliche che giungono a livello della regione occipitale e ioidea su cui viene applicata la "trazione" necessaria per la riduzione della curvatura scoliotica. La sua utilità è per tutte le curve ma è poco tollerato ed a volte può causare problemi dimalocclusione dentaria. In altri modelli tipo il "Lionese" vengono anche utilizzate delle "pelote" ancorate al telaio con funzione di controspinta correttiva e derotativa. I risultati migliori di tale corsetto sono quelli ottenuti sulle curve dorsali-lombari piuttosto gravi. I corsetti amovibili vengono utilizzati per curve dai 10 ai 40 che mostrino una evolutività. I corsetti gessati vengono impiegati per scoliosi più gravi (>40 ) e vengono confezionati direttamente sul paziente posto in trazione su di un apposito lettino (di Cotrel) e sottoposto a trazioni opportune in sede di deformità per ottenere la massima derotazione e correzione. Va aggiunto che un trattamento con corsetto gessato non deve essere prolungato oltre un determinato periodo a causa della ipotrofia muscolare indotta dalla immobilizzazione. A volte un corsetto gessato è solo una tappa antecedente l'intervento chirurgico quando ci si trova di fronte a scoliosi ancora "mobili" e non al termine della crescita. TRATTAMENTO CHIRURGICO Viene riservato alle situazioni più gravi (> 40 ) per ridurre la grave deformità (a volte sull'adulto interventi non risolutivi ma "ricostruttivi") ed evitare complicanze respiratorie o neurologiche. In genere la correzione chirurgica viene eseguita a sviluppo vertebrale appena ultimato, in quanto il vincolo posto da una artrodesi si oppone all'ulteriore sviluppo del rachide (15-17 anni), ma in alcune gravi situazioni si arriva ad operare anche più precocemente. L'intervento precoce ottiene migliori risultati in quanto la curva non è ancora "fissa" e quindi la correzione risulta più efficace La metodica più utilizzata è quella di Harrington, che consiste nell'inserire sul lato della concavità della curva una barra con degli uncini agli apici che, ancorati alle lamine delle vertebre prescelta in precedenza con uno studio preoperatorio, permettono la distensione della colonna. Tra il diastasatore di Harrington e la colonna vengono inseriti piccoli e numerosi innesti autoplastici a "fiammifero" per favorire una artrodesi e quindi stabilizzare la correzione, mentre nel caso di un paziente ancora in crescita gli innesti vengono inseriti sul versante convesso. Con l'evoluzione della tecnica chirurgica e dei materiali si sono ridotti i tempi di recupero nel post-operatorio che prevedevano dopo l'intervento lunghi periodi di immobilizzazione in corsetti gessati e successivamente in busti semirigidi. Anche i risultati a distanza invitano i chirurghi ortopedici ad agire a scopo preventivo piuttosto che attuare tecniche chirurgiche "di salvataggio" o prolungare inutilmente le terapie incruente di fronte alle curve più gravi, verso le quali i risultati dei corsetti non sono comunque soddisfacenti.

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