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3 Indice Gestione clinica del diabete... 5 Il problema dell iperglicemia nel paziente ospedalizzato... 5 Le conseguenza dell iperglicemia... 5 Nutrition Medical Therapy (MNT)... 6 Necessità nutrizionali: dieta specifica per il diabete vs dieta standard... 6 Strategie di gestione ed obbiettivi terapeutici... 7 Controllo glicemico... 8 Nuove evidenze sulla terapia insulinica intensiva... 8 Ipoglicemia... 9 Variabilità Glicemica... 9 Emoglobina A1C GLP Obbiettivi del controllo glicemico Controllo dei livelli di lipidi circolanti Riassunto Glucerna Select Caratteristiche e benefici Descrizione degli ingredienti Carboidrati Grassi Cromo Nutrienti condizionatamente essenziali ed altri nutrienti Studi clinici Glucerna Select 1.2: Indicazioni Specifiche tecniche di Glucerna Select Glucerna Select 1.2: Caso clinico Bibliografia

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5 GESTIONE CLINICA DEL DIABETE Il problema dell iperglicemia nel paziente ospedalizzato Nel mondo l incidenza del diabete sta aumentando. L International Diabetes Federation (IDF) stima che il numero di malati di diabete salirà dagli attesi 285 milioni nel 2010 a 439 milioni nel 2030, e cioè il 7,8% della popolazione mondiale 1. In Europa ci saranno 55.4 milioni di diabetici nel 2010 e ne sono attesi 66.5 milioni nel 2030, con un aumento del 20%. Esempi europei di prevalenza a livello nazionale del diabete sono l Austria con l 11.2%, la Germania con il 12%, la Francia con il 9.4%, e la Svizzera con l 11.3% 1. Nei pazienti ospedalizzati, sulla base di una ricerca tedesca, la prevalenza del diabete è intorno al 12-25% ed è in crescita 2. Negli Stati Uniti il diabete è presente nel 9.5% delle diagnosi di dimissioni e nel 29% dei pazienti sottoposti a cardiochirurgia. Studi clinici hanno ampiamente dimostrato come il diabete nel paziente ospedalizzato complichi il decorso di molte malattie e costituisca un fattore di rischio per eventi clinici negativi 3-5. Anche l iperglicemia in assenza di una diagnosi di diabete è di frequente riscontro nei pazienti ospedalizzati 5-9. Uno studio condotto nel 2002 in Nova Scotia ha dimostrato che il 65% dei pazienti ospedalizzati con infarto miocardico acuto (IMA) aveva glicemia normale (<198 mg/dl) e nessuna precedente diagnosi di diabete. I pazienti senza diagnosi di diabete, ma con iperglicemia ammontavano all 8.1%. I pazienti con diabete noto e iperglicemia erano il 10.2% e i pazienti con diabete ma senza iperglicemia rappresentavano il 16.9% del gruppo studiato. Considerati nel loro complesso, questi dati dimostrano che il 18.3% dei pazienti ospedalizzati mostravano iperglicemia 5. Le conseguenze dell iperglicemia Numerosi studi dimostrano che l iperglicemia aumenta la morbidità e la mortalità nei pazienti ospedalizzati (Tabella 1). Ad esempio, nello studio condotto in Nova Scotia su pazienti con IMA menzionato in precedenza, la mortalità intra-ospedaliera più alta era quella del gruppo con iperglicemia (>198 mg/dl) in assenza di diagnosi precedente (23.7%). La più bassa mortalità era riscontrata nel gruppo non-diabetico, non-iperglicemico (8.1%) 5. In uno studio del 2010 condotto in Portogallo su pazienti ricoverati in terapia intensiva coronarica, i livelli più alti di glicemia all ingresso erano associati ad una maggiore mortalità intra-ospedaliera ed a 3 anni tra i pazienti non diabetici. L iperglicemia inoltre era associata col peggior profilo di rischio coronarico, ad elevati livelli di biomarcatori di necrosi ed infiammazione, e a bassa frazione di eiezione del ventricolo sinistro 10. Negli Stati Uniti, uno studio condotto in ambiente chirurgico ha dimostrato un aumento della mortalità di 18 volte tra i pazienti con livelli di glicemia >189 mg/dl 6. Un altro studio, sempre condotto su pazienti chirurgici, ha mostrato un aumento del rischio di contrarre infezioni nosocomiali tra i pazienti con glicemia >220 mg/dl 11. Nella terapia intensiva chirurgica, l incidenza di infezioni del tratto urinario aumenta con livelli di glicemia >140 mg/dl 12. E dunque evidente che l iperglicemia si associa ad una prognosi sfavorevole. Ma un buon controllo glicemico determina un miglioramento della prognosi. Tabella 1. L iperglicemia nel paziente ospedalizzato è dannosa Area sanitaria Outcome 5 Mortalità nei pazienti con glicemia>198 mg/dl significativamente più elevata che nei pazienti con livelli glicemici più bassi Terapia intensiva coronarica 10 Chirurgico 6 Iperglicemia: Aumento della mortalità, del profilo di rischio cardiovascolare, dei biomarcatori di necrosi ed infiammazione Aumento della mortalità di 18 volte con glicemia >189 mg/dl Chirurgico 11 Aumento del rischio di infezioni di 3-6 volte con glicemia >220 mg/dl Terapia intensiva chirurgica 12 Elevata incidenza di infezioni urinarie con glicemia >140mg/dL 5

6 Medical Nutrition Therapy (MNT) Una nutrizione in grado di aiutare i pazienti diabetici ed iperglicemici a raggiungere il controllo metabolico è di estrema importanza nella gestione della malattia e delle sue complicanze. Non esiste una ricetta comune per tutti i pazienti con diabete e per le conseguenti differenti condizioni cliniche. La maggioranza delle linee guida raccomanda l utilizzo della Medical Nutrition Therapy (MNT), che deve essere individualizzata per integrarsi con le condizioni cliniche del paziente, i suoi obbiettivi terapeutici, gli obbiettivi clinici, lo stile alimentare e gli altri stili di vita. Avendo questi parametri in mente, gli obbiettivi della MNT sono chiari: prevenire o trattare le complicanze croniche attraverso il raggiungimento ed il mantenimento degli obbiettivi metabolici ideali. Nel 2010, l American Diabetes Association ha pubblicato le sue nuove raccomandazioni che sottolineano l importanza della MNT. Tra queste: Soggetti con pre-diabete o diabete dovrebbero ricevere MNT individualizzata per raggiungere gli obbiettivi terapeutici 13. Si tratta di una raccomandazione di livello A e le raccomandazioni di livello A costituiscono le linee guida basate sull evidenza. Obbiettivi della Medical Nutrition Therapy nei pazienti diabetici 14 Raggiungere e mantenere: Livelli glicemici nel range di normalità (o il più vicino possibile, purchè in sicurezza) Profilo lipidico e di lipoproteine in grado di ridurre il rischio cardiovascolare Pressione arteriosa nel range di normalità (o il più vicino possibile, purchè in sicurezza) Prevenire, o rallentare, il tasso di sviluppo delle complicanze croniche del diabete, modificando l alimentazione e lo stile di vita Considerare le necessità nutrizionali individuali, tenendo presente le abitudini personali, le preferenze culturali e la disponibilità a modificarle Mantenere il piacere del cibo limitando l assunzione di alcuni alimenti solo quando confortati dall evidenza scientifica Necessità nutrizionali: dieta specifica per il diabete vs dieta standard Il supporto nutrizionale per via enterale è raccomandato in quei pazienti che non sono in grado di soddisfare i propri fabbisogni nutrizionali con l alimentazione volontaria, ma hanno un tratto gastrointestinale intatto e funzionante. Esistono due scuole di pensiero sulla scelta dei prodotti enterali per i pazienti diabetici. Per alcuni medici, l uso di una formula standard, associato ad un attento controllo della glicemia e a correzioni con insulina esogena, è sufficiente a garantire un accettabile controllo glicemico 15. I prodotti standard per nutrizione enterale sono generalmente ricchi di carboidrati a basso peso molecolare, poveri in lipidi, e contengono una moderata quantità di proteine. Quando vengono assunti, i carboidrati sono rapidamente assorbiti, con aumento dei livelli di glicemia. D altro canto, la maggior parte dei prodotti specifici per il diabete dispone di un profilo di composizione in macronutrienti che favorisce un miglior controllo glicemico. In genere, hanno più bassi livelli di carboidrati, sono più ricchi in lipidi e contengono tra il 16% ed il 20% di calorie da proteine. I carboidrati presenti nella maggior parte dei prodotti specifici per il diabete sono una miscela di carboidrati a lenta digestione che comprende le fibre e contribuiscono a modulare la risposta glicemica. I grassi sono in genere una miscela lipidica ricca in acidi grassi monoinsaturi. Grazie a questa composizione in macronutrienti, alcuni clinici preferiscono usare per i loro pazienti diabetici le diete specifiche per il diabete, così da evitare la preoccupazione che le diete standard possano compromettere il controllo glicemico. Uno studio di tolleranza al pasto, prospettico, randomizzato e crossover, disegnato per simulare la nutrizione per sonda, aveva come obbiettivo il confronto tra gli effetti indotti da una dieta standard somministrata a 10 pazienti con diabete di tipo 1 (20 ml di prodotto ogni 15 minuti, mentre era in corso un infusione endovenosa continua di insulina della durata di 4 ore) e quelli indotti da una dieta specifica per il diabete. I livelli di glicemia si sono mostrati costantemente più bassi e la glicosuria totale significativamente ridotta con il prodotto specifico per il diabete rispetto al prodotto standard 16. Sanz-Paris et al. invece hanno confrontato gli effetti postprandiali a 2 ore di una formula a basso contenuto di carboidrati (LCF) vs. una formula ad elevato contenuto di carboidrati e basso 17 contenuto di grassi (HCF), entrambe sviluppate per i pazienti diabetici. Cinquantadue pazienti con diabete 6

7 di tipo 2 sono stati randomizzati a ricevere uno dei due prodotti dopo avere assunto la loro terapia (insulina o sulfonilurea). La risposta glicemica alla dieta HCF è risultata significativamente maggiore rispetto ala dieta LCF. Inoltre, i livelli di insulina e C-peptide erano superiori con il prodotto HCF rispetto al prodotto LCF. Gli investigatori concludevano che, nella formula a basso contenuto di carboidrati, la sostituzione parziale dei carboidrati complessi digeribili con acidi grassi monoinsaturi poteva migliorare il controllo glicemico di pazienti con diabete di tipo 2, rispetto alla formula HCF. In un altro studio, venivano confrontati in 48 pazienti con diabete di tipo 2 le risposte glicemiche ed insuliniche ad un prodotto standard e ad un prodotto specifico per il diabete. I pazienti ricevevano boli di ciascun prodotto in giorni diversi dopo digiuno notturno. I livelli post-prandiali di glucosio e di insulina venivano misurati per 4 ore consecutive dopo l assunzione del prodotto. I risultati ottenuti dimostravano che i livelli di glucosio e insulina erano significativamente più bassi dopo assunzione del prodotto specifico per il diabete 18. In uno studio avente come obbiettivo la valutazione a lungo termine del controllo glicemico, del profilo lipidico e della prognosi clinica, 27 soggetti anziani con diabete di tipo 2, ricoverati in strutture di lungodegenza ed alimentati con nutrizione enterale, sono stati randomizzati a ricevere per tre mesi o una formula standard o un prodotto specifico per il diabete a basso contenuto di carboidrati. Le differenze ottenute tra i 2 gruppi nelle glicemie a digiuno su siero e nelle glicemie su sangue capillare, hanno evidenziato un miglior controllo con il prodotto diabete-specifico. Inoltre, la dose di insulina somministrata era decisamente maggiore nel gruppo nutrito con la formula standard. Il gruppo nutrito con il prodotto diabetespecifico mostrava anche una migliore prognosi clinica, espressa da una riduzione dell incidenza di episodi febbrili, polmoniti e infezioni urinarie 19. McCargar et al. hanno valutato in 32 pazienti con diabete di tipo 2, gli effetti a lungo termine sul metabolismo glucidico e lipidico di un prodotto standard e di un prodotto specifico per il diabete arricchito in acidi grassi monoinsaturi 20. I prodotti venivano assunti per 28 giorni e fornivano >80% dell assunzione calorica quotidiana, i pazienti controllavano autonomamente la glicemia prima e due ore dopo ogni pasto. L aumento della glicemia su sangue capillare era significativamente inferiore nel gruppo nutrito con il prodotto diabete-specifico rispetto al prodotto standard. Si evidenziava inoltre un trend interessante da un punto di vista clinico, ma non significativo, di riduzione maggiore dei livelli di fruttosamina ed insulina con il prodotto diabete-specifico. Non sono state evidenziate differenze nei livelli di trigliceridi e colesterolo tra i due gruppi e gli autori concludevano che l uso degli acidi grassi monoinsaturi non modificava negativamente il metabolismo delle lipoproteine in pazienti con diabete di tipo 2. Uno studio prospettico, randomizzato, doppio cieco che ha coinvolto 78 pazienti con diabete di tipo 2 in terapia insulinica e nutriti per via enterale, ha valutato gli effetti a lungo termine su glicemia a digiuno e post-prandiale, dose giornaliera di insulina somministrata, livelli di emoglobina glicata e profilo lipidico, di una nutrizione enterale diabete-specifica a contenuto ridotto in carboidrati ed arricchita con acidi grassi monoinsaturi vs. una nutrizione enterale standard, entrambe infuse per un periodo di 12 settimane. I risultati ottenuti hanno dimostrato che i livelli di glicemia a digiuno, la dose giornaliera di insulina e i livelli di emoglobina glicata erano significativamente ridotti nei pazienti che ricevevano la formula diabete-specifica rispetto a quella standard. Non venivano evidenziate differenze tra i due gruppi nei livelli di glicemia post-prandiale e nel profilo lipidico 21. Una recente meta-analisi su 23 studi ha cercato di determinare se i prodotti diabete-specifici siano superiori ai prodotti standard. A tal fine, sono stati confrontati i loro effetti su glicemia, profilo lipidico, necessità mediche e complicanze 22. Sedici studi si riferivano all uso di supplementi orali e sette all uso di nutrizione per sonda. I risultati della meta-analisi permettevano agli autori di concludere che i prodotti diabete-specifici, assunti sia come supplementi che come nutrizione per sonda, migliorano il controllo glicemico. Inoltre, gli studi con più lunga durata di utilizzo dei prodotti diabete-specifici evidenziavano una riduzione della dose somministrata di insulina e minori complicanze rispetto ai prodotti standard. Strategie di gestione ed obbiettivi terapeutici La complessità clinica del diabete si traduce in differenze nella gestione del singolo paziente, ma l obbiettivo generale rimane sempre la prevenzione o il rallentamento dello sviluppo delle complicanze micro- e macrovascolari ed il miglioramento dello stato di salute generale. Per ottenere questi obbiettivi generali è necessario raggiungere e mantenere obbiettivi specifici: livelli normali di glicemia, emoglobina glicata e lipidi, pressione arteriosa nel range di riferimento e peso corporeo appropriato. 7

8 Principali obbiettivi nella gestione del diabete Raggiungere il controllo glicemico per prevenire o limitare le complicanze microvascolari Porre sotto controllo il metabolismo lipidico e la pressione arteriosa per prevenire o limitare le complicanze macrovascolari Raggiungere un equilibrio tra assunzione calorica e spesa energetica per controllare il peso corporeo e migliorare lo stato di salute generale Controllo glicemico Il controllo glicemico per il paziente con diabete si basa sul raggiungimento di obbiettivi specifici e quantificabili, benché alcuni obbiettivi sono individualizzati sulle necessità del singolo paziente 13. L emoglobina glicata (A1C) è il marcatore preferito per la valutazione del controllo a lungo termine e rappresenta il principale obbiettivo nella gestione del paziente. Si raccomanda il dosaggio della A1C da 1 a 4 volte all anno, a seconda delle condizioni cliniche individuali, nei pazienti con diabete sia di tipo 1 che di tipo 2. Il controllo autonomo della glicemia (SMBG) fatto routinariamente 2-3 volte al giorno da parte del paziente viene raccomandato in corso di diabete di tipo 1; la frequenza del SMBG può essere ridotta nei pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con ipoglicemizzanti orali, ma può essere maggiore nei pazienti in trattamento insulinico, con o senza ipoglicemizzanti orali 13. Il target glicemico dovrebbe essere individualizzato sulla base dell età, sesso e stato di salute del paziente; alcune categorie di pazienti (bambini, donne gravide, anziani) richiedono attenzioni particolari. Target glicemici meno intensivi possono essere indicati in pazienti con gravi o frequenti episodi ipoglicemici, mentre obbiettivi glicemici più restrittivi (i.e., A1C<6%) possono ulteriormente ridurre le complicanze in alcune classi di pazienti 13. Nuove evidenze sulla terapia insulinica intensiva Nell ultimo decennio, gli obbiettivi e le strategie per il controllo glicemico del paziente ospedalizzato si sono evolute rapidamente. All inizio del decennio, l iperglicemia del paziente ospedalizzato era fonte di preoccupazione, soprattutto per le conseguenze cliniche negative ed i costi associati. Nel 2001, Van den Berghe et al. hanno pubblicato uno studio condotto su 1548 pazienti ricoverati in terapia intensiva post-chirurgica (63% pazienti cardiologici; 13% con diabete) che aveva come obbiettivo il confronto tra stretto controllo glicemico (target glicemico: mg/dl) e trattamento convenzionale (target glicemico: mg/dl). I risultati ottenuti hanno mostrato una drammatica riduzione della mortalità (34%) con l uso dell approccio intensivo. Inoltre, si è osservata una riduzione nell incidenza di sepsi e danno renale, e ridotta durata della degenza. Questo studio è divenuto una pietra miliare, e di conseguenza la terapia insulinica intensiva (a volte chiamata stretto controllo glicemico ) è stata largamente adottata dai medici 23.Tuttavia, studi successivi hanno rivelato potenziali problemi associati a questo approccio. Nel 2008, Van Den Berghe ha pubblicato i risultati di uno studio che utilizzava lo stesso protocollo del 2001 in pazienti ricoverati in terapia intensiva medica (4.2% pazienti cardiologici, 16.9% con diabete). In generale, l approccio intensivo non ha migliorato la mortalità intra-ospedaliera in questa tipologia di pazienti, ma la comparsa di danno renale, la durata della degenza in terapia intensiva e lo svezzamento dalla ventilazione meccanica sono risultati migliorati. Tuttavia, la comparsa di ipoglicemia è stata osservata nel 3.1% dei pazienti sottoposti all approccio tradizionale e nel 18.7% di quelli che hanno ricevuto la terapia insulinica aggressiva 9. Nel 2008, una meta-analisi condotta da Wiener et al. ha concluso affermando che il controllo stretto della glicemia non è associato ad un miglioramento della mortalità ma ad un aumento dell incidenza di ipoglicemia 24. Infine, nel 2009, i risultati dello studio NICE- SUGAR (Normoglycemia in Intensive Care Evaluation: Survival Using Glucose Algorithms Regulation; n=6,014 pazienti critici ospedalizzati 3 giorni) hanno mostrato un aumento della mortalità (27.5% vs. 24.9%) e della incidenza della ipoglicemia (6.8% vs. 2.4%) tra i pazienti trattati con stretto controllo glicemico (obbiettivo: mg/dl) rispetto a quelli trattati in maniera convenzionale (obbiettivo: 180 mg/dl) 25. Ragionando su questi dati, gli esperti di area critica hanno concluso che lo stretto controllo glicemico ottenuto con terapia insulinica intensiva non sempre riduce la mortalità dei pazienti critici ospedalizzati, ma aumenta il rischio di ipoglicemia 26,27. Di conseguenza, le linee guida pubblicate nel 2009 da ADA e da AACE raccomandano il raggiungimento di un obbiettivo glicemico meno esasperato nei pazienti ospedalizzati: pazienti critici, mg/dl; pazienti non critici, <140 mg/dl prima del pasto e <180 mg/dl nelle misurazioni random. 8

9 Ipoglicemia Benché sia chiaro che l iperglicemia costituisce un rischio per eventi clinici negativi, è altrettanto importante evitare l ipoglicemia (definita come un rilievo di glicemia <70 mg/dl) 26. Come l iperglicemia, l ipoglicemia si associa ad una prognosi sfavorevole 26,29, ed in Terapia Intensiva è correlata ad aumentata mortalità, convulsioni e coma, soprattutto fra i pazienti non diabetici 27. In uno studio condotto da Turchin et al. l incidenza di ipoglicemia in pazienti diabetici ricoverati in un reparto di medicina generale è risultato del 7.7% 29. In questi pazienti, il rischio di mortalità intra-ospedaliera aumentava dell 85%, il rischio di morte entro un anno aumentava del 66%, e la durata della degenza ospedaliera aumentava di 2.5 giorni. Variabilità Glicemica Fino ad oggi, i fattori di rischio associati al controllo glicemico erano definiti dai livelli di glicemia a digiuno, di glicemia post-prandiale e di emoglobina A1C 30. A questi fattori di rischio noti, è stata aggiunta la variabilità glicemica, anche nota come fluttuazioni glicemiche e oscillazioni glicemiche. La variabilità glicemica si definisce come la variazione della glicemia da livelli elevati a bassi, o dal picco al nadir. Un modo per valutare questa variabilità è utilizzare la tecnologia che consente il monitoraggio continuo della glicemia e che misura le differenze tra picchi e nadir, nota come MAGE (Mean Amplitude of Glycemic Excursions). In uno studio retrospettivo, Krinsley et al. hanno valutato la variabilità glicemica di 3252 pazienti ricoverati in terapia intensiva che avevano almeno tre o più misurazioni della glicemia. I pazienti sono stati suddivisi in 5 sottogruppi, a seconda dei livelli medi di glicemia. Ogni sottogruppo a sua volta veniva diviso in 4 quartili di variabilità glicemica, dove il primo quartile rappresenta il più basso quartile di variabilità glicemica ed il quarto quartile rappresenta il più alto. Fra i pazienti con livelli di glicemia media di mg/dl, la mortalità risultava del 33% nel quarto quartile (maggiore variabilità), mentre era solo del 15% circa per il primo quartile (minore variabilità) (p=0.0001) (Figura 1) 31. Figura In questo studio, i pazienti sono stati suddivisi in 5 sottogruppi, a seconda dei livelli medi di glicemia. Ogni sottogruppo a sua volta veniva diviso in 4 quartili di variabilità glicemica, dove il primo quartile rappresenta il più basso quartile di variabilità glicemica ed il quarto quartile rappresenta il più alto. Nell intera coorte, la mortalità era del 12.1% nei pazienti del primo quartile e del 37.8% per quelli del quarto. Questa correlazione tra variabilità glicemica e mortalità è statisticamente robusta e consistente, e rappresenta una misurazione utile da includere nei parametri considerati quando si valuta il controllo glicemico nella pratica clinica. 9

10 Emoglobina A1C La A1C, il principale obbiettivo per il controllo glicemico, è un test che misura la quantità di emoglobina glicata nel sangue. L emoglobina viene glicata quando le molecole di glucosio si legano con le molecole di emoglobina contenute nei globuli rossi. Dal momento che il glucosio rimane legato per tutta la durata della vita della cellula (i.e., circa 120 giorni), la misurazione della A1C rivela i livelli medi di glicemia di una persona durante quel periodo di tempo. Il test dunque riflette la somma delle misurazioni delle glicemie a digiuno e di quelle post-prandiali. Tabella 2. Correlazione tra livelli di A1C e glicemia media plasmatica nei precedenti 2-3 mesi 13 A1C (%) Glicemia media plasmatica (mg/dl) Da: American Diabetes Association: Standards of Medical Care in Diabetes Diabetes Care 2010;33(suppl 1):S11-S61. GLP-1 Il Glucagon-Like Peptide 1 (GLP-1) è una proteina secreta dall intestino in risposta alla presenza di cibo che contribuisce alla produzione di insulina e a regolare la glicemia. Recenti ricerche hanno dimostrato che i pazienti diabetici producono minori quantità di questo peptide intestinale. La Figura 2 riassume come l organismo è in grado di controllare la glicemia attraverso il GLP-1: dopo un pasto, il GLP-1 è secreto dalle cellule L, che si trovano nella parete dell intestino tenue. Il GLP-1 si lega al GLP-1r (Glucagon-Like Peptide 1 receptor) nel sistema portale epatico, che attiva l invio di un segnale di feedback attraverso afferenze vagali (i.e., vie nervose che inviano impulsi dai nervi periferici ad organi centrali o al cervello) ai gangli nodosi (cellule sensoriali). Le afferenze nervose stimolano i neuroni GLP-1 presenti nel nucleo del tratto solitario (NTS) (una struttura localizzata principalmente nel midollo allungato), che proietta a sua volta verso il nucleo arcuato, un insieme di neuroni specializzati posizionati nell ipotalamo. Questo segnale determina l aumento dell attività efferente (i.e., vie nervose che inviano segnali da organi centrali o dal cervello), che trasmette segnali dal cervello al pancreas, fegato e muscolo scheletrico). In poche parole, il GLP-1 rilasciato nel circolo ematico da cellule intestinali specializzate in risposta alla presenza di cibo nell intestino, arriva tramite la vena porta al fegato dove stimola specifiche terminazioni nervose. Quest ultime trasmettono al cervello l informazione che cibo è presente nell intestino e il cervello reagisce inviando segnali nervosi al pancreas (per aumentare il rilascio di insulina), al fegato (per ridurre la produzione epatica di glucosio) ed ai muscoli (per ridurre l entrata del glucosio nei muscoli). Il ruolo del GLP-1 è quello di limitare la quantità di glucosio che si diffonde nel corpo dopo un pasto, in modo da mantenere il controllo glicemico. 10

11 Figura 2. Obbiettivi del controllo glicemico Linee guida AACE/ADA Nel 2009, la American Association of Clinical Endocrinologist (AACE) e la American Diabetes Association hanno pubblicato il loro Consensus Statement sul controllo glicemico. Un riassunto delle loro raccomandazioni è presentato qui di seguito 31. Pazienti critici. Il valore soglia per l inizio della terapia insulinica per la maggior parte dei pazienti critici in terapia intensiva è <180 mg/dl. Una volta iniziata la terapia insulinica, bisogna cercare di mantenere la glicemia intorno ai valori di mg/dl. Livelli più bassi possono essere appropriati in alcune tipologie di pazienti, ma non dovrebbero comunque scendere sotto i 110 mg/dl. Non raccomandato Accettabile Raccomandato Non raccomandato < 110 mg/dl mg/dl mg/dl > 180 mg/dl Pazienti non critici. Per la maggior parte dei pazienti non critici trattati con insulina, la glicemia pre-prandiale dovrebbe essere <140 mg/dl, con valori rilevati a random <180 mg/dl (se questi livelli possono essere ottenuti in sicurezza). Per evitare l ipoglicemia, è consigliato riconsiderare la dose di insulina se la glicemia scende sotto i 100 mg/dl, mentre è raccomandato farlo se la glicemia scende <70 mg/dl. Raccomandato (pre-pasto) Raccomandato (random) Non raccomandato < 140 mg/dl < 180 mg/dl > 180 mg/dl Linee guida ADA L obbiettivo per la A1C in soggetti adulti e donne non gravide è, in generale, <7%; valori >6.5% suggeriscono la presenza di diabete insorto prima della ospedalizzazione Il dosaggio della A1C deve essere condotto almeno 2-4 volte l anno, a seconda che l obbiettivo terapeutico sia stato raggiunto 11

12 Ulteriori raccomandazioni. In aggiunta alle linee guida congiunte AACE/ADA, le raccomandazioni ADA del 2010 per gli standard del trattamento medico 13 includono: Per ciascun paziente ospedalizzato: presenza di diabete chiaramente indicata nella cartella clinica dei soggetti diabetici richiesta di monitoraggio della glicemia con risultati disponibili a tutto il personale medico protocollo di valutazione e trattamento degli episodi di ipoglicemia misurazione della A1C all ingresso per i pazienti diabetici, qualora non fosse disponibile un valore dei 2-3 mesi precedenti protocollo scritto per il follow up a domicilio per quei pazienti non diabetici con iperglicemia durante il ricovero Per i pazienti critici in ospedale: è necessario disporre di un protocollo sicuro ed efficace per la terapia insulinica endovenosa (e.v.), senza aumentare i rischi di grave ipoglicemia Per i pazienti ospedalizzati e non critici che ricevono terapia con insulina: è consigliato un protocollo per la terapia insulinica, che preveda i tempi di somministrazione basale e postprandiale e che consideri la possibilità di somministrare insulina in caso di iperglicemia prima di un pasto Controllo dei livelli di lipidi circolanti La gestione del profilo dei lipidi circolanti, avente come obbiettivo la riduzione del colesterolo LDL, dei trigliceridi, e l aumento del colesterolo HDL, è importante nei pazienti con diabete di tipo 2 (cfr. la tabella riportata di seguito) 13. Si è dimostrato che un efficace controllo dei lipidi circolanti è in grado di ridurre le patologie macrovascolari e la mortalità in pazienti con pregressi eventi cardiovascolari 32. I diabetologi consigliano di controllare il profilo lipidico dei pazienti diabetici adulti almeno una volta l anno e più frequentemente se indicato per raggiungere specifici obbiettivi 13. La terapia raccomandata per gestire inizialmente i livelli dei lipidi circolanti è basata su variazioni degli stili di vita e comprende la modifica della dieta, la perdita di peso e l aumento dell esercizio fisico 13. La terapia con statine dovrebbe essere aggiunta alle variazioni degli stili di vita nei pazienti diabetici con malattia cardiovascolare (CVD) accertata ed in quelli senza CVD accertata ma che hanno >40 anni ed hanno uno o più fattori di rischio per CVD 13. Tabella 3. Livelli dei lipidi circolanti raccomandati 13 negli adulti con diabete* livelli di lipidi raccomandati Colesterolo totale LDL colesterolo HDL colesterolo Trigliceridi < 200 mg/dl < 100 mg/dl > 40 mg/dl per uomini > 50 mg/dl per donne < 150 mg/dl *Linee guida attuali NCEP/ATPIII: in pazienti con trigliceridemia >200 mg/dl, la formula no-colesterolo HDL (colesterolemia totale colesterolo HDL) può essere usata. Obbiettivo: <130 mg/dl Riassunto La gestione clinica del diabete richiede un approccio multidimensionale che consideri l utilizzo dei farmaci (ipoglicemizzanti orali ed insulina), la Medical Nutrition Therapy, le modificazioni degli stili di vita (attività fisica e controllo del peso corporeo), insieme all educazione del paziente e ad un costante supporto. 12

13 GLUCERNA SELECT 1.2 I prodotti Glucerna sono stati specificatamente e scientificamente sviluppati per soddisfare le necessità di soggetti con alterato metabolismo glucidico. Contengono un esclusiva miscela di carboidrati disegnata per migliorare il controllo glicemico ed una miscela di grassi per proteggere la salute cardiovascolare. La formula Glucerna Select 1.2 è un prodotto nutrizionale completo e bilanciato, ed è principalmente raccomandata come unica fonte di nutrizione per soggetti nutriti per sonda, che necessitano una formula ad alta denistà calorica e una riduzione dei volumi. Nei pazienti con diabete di tipo 1 o di tipo 2 Nei pazienti con iperglicemia da stress metabolico, quale malattia, trauma e/o infezione Come nutrizione esclusiva o di supporto Caratteristiche e benefici Tabella 4. Caratteristiche e benefici di Glucerna Select 1.2 Caratteristica Benefici chiaramente dimostrati Densità calorica Miscela esclusiva di carboidrati a lento rilascio Miscela lipidica ottimale ω-6 : ω-3 2,9:1 Ricca in proteine FOS Completa e bilanciata Cromo Acido folico, vitamina B 6 e B 12 Vitamina A, C ed E Carnitina, taurina, m-inositolo Priva di lattosio e glutine Beneficio Scientificamente sviluppata per migliorare nei soggetti con diabete o iperglicemia da stress la risposta glicemica in confronto a formule standard kcal/ml Contribuisce a ridurre la risposta glicemica post-prandiale grazie alle proprietà digestive/metaboliche dei carboidrati Bassa concentrazione di acidi grassi saturi (SFA) e ricca in acidi grassi monoinsaturi (MUFA) per migliorare il controllo glicemico e il profilo dei lipidi circolanti; contiene acidi grassi ω-3 Fornisce una miscela bilanciata di acidi grassi essenziali in linea con le raccomandazioni AHA 20% delle calorie derivano dalle proteine per promuovere l anabolismo e favorire la guarigione delle ferite I frutto-oligosaccaridi sono prebiotici e fonte di fibre solubili per contribuire a mantenere la salute del tratto digestivo Distribuzione dei macronutrienti: 35% carboidrati, 45% grassi e 20% proteine Il cromo favorisce il metabolismo dei carboidrati; contribuisce a rendere più efficace l azione dell insulina Supportano la salute cardiovascolare, contribuendo a mantenere bassi i livelli plasmatici di omocisteina Proteggono le cellule dal danno ossidativo Nutrienti condizionatamente essenziali, la cui supplementazione è necessaria in pazienti alimentati con dieta enterale come unica fonte nutrizionale, per un prolungato periodo di tempo Non aumenta il rischio di diarrea indotta da lattosio per i pazienti con intolleranza al lattosio; può essere usata da pazienti con intolleranza al glutine 13

14 Descrizione degli ingredienti Carboidrati L iperglicemia è coinvolta nella patogenesi sia delle complicanze precoci che quelle tardive del diabete, e di conseguenza, il controllo della glicemia post-prandiale (PPG) è estremamente importante per i soggetti diabetici 34, 35. La risposta glicemica post-prandiale può essere migliorata con l assunzione di carboidrati a lenta digestione, che rilasciano il glucosio lungo un maggiore tratto del tubo intestinale rispetto ad altre forme più semplici di carboidrati (Figura 3). Inserire carboidrati a lenta digestione nella dieta permette ai pazienti diabetici di assorbire il glucosio utilizzando un più lungo tratto di intestino rispetto a quando vengono utilizzati carboidrati più semplici, con più rapida digestione ed assorbimento. La modificazione dei legami tra molecole di glucosio causa la lenta digestione. Le fonti di carboidrati a lenta digestione in Glucerna Select 1.2 Cal comprendono Fibersol e Isomaltulosio. Questi ingredienti sono descritti in dettaglio in questa sezione. Figura 3. Zone di assorbimento nel tratto gastrointestinale dei carboidrati a rapida e lenta digestione. Rapido assorbimento Lento assorbimento Figura tratta da: Jenkins DJ, Taylor RH, Wolever TM: The diabetic diet, dietary carbohydrate and differences in digestibility. Diabetologia 1982;23: Fibersol Fibersol è una maltodestrina modificata, con legami tra molecole di glucosio resi più resistenti all azione degli enzimi digestivi rispetto alla maltodestrina standard (Figura 4) 36, 37. Dal momento che il glucosio contenuto in Fibersol è lentamente digerito, una parte di Fibersol raggiunge il colon dove viene fermentata a formare acidi grassi a catena corta, come avviene nella digestione di altre fibre solubili. Il lento assorbimento di Fibersol è responsabile del suo basso indice glicemico. Figura 4. La maltodestrina modificata Fibersol rallenta la sua digestione e riduce la risposta glicemica DIGESTIONE REGOLARE. MALTODESTRINA: gli enzimi digestivi possono facilmente rompere i legami tra molecole di glucosio che viene rapidamente assorbito nel sangue Enzimi digestivi LENTA DIGESTIONE. FIBERSOL (MALTODESTRINA MODIFICATA): gli enzimi digestivi non riescono a rompere facilmente i legami modificati di Fibersol, per cui il glucosio è assorbito lentamente nel sangue. Enzimi digestivi Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu = glucosio Glu = glucosio = legami modificati 14

15 Isomaltulosio L isomaltulosio è un carboidrato che deriva dallo zucchero di barbabietola (saccarosio). Come il saccarosio, è completamente utilizzabile dall organismo, ma è lentamente rilasciato per cui determina una risposta glicemica molto più lenta, duratura e ridotta rispetto al saccarosio. In altre parole, l isomaltulosio fornisce glucosio in maniera molto più equilibrata. Origine e struttura molecolare Questo carboidrato è presente naturalmente in alimenti come il miele e lo zucchero di canna; tuttavia le quantità sono troppo basse per essere estratto. Per tale motivo è stato sviluppato un processo enzimatico che produce isomaltulosio a partire dallo zucchero di barbabietola. Come il saccarosio, l isomaltulosio è un disaccaride costituito da glucosio e fruttosio. La differenza con il saccarosio risiede nel tipo di legame tra questi due monosaccaridi, un legame α-1,6 nell isomaltulosio (mentre nel saccarosio il legame è α-1,2), per cui molto più difficile da digerire ad opera degli enzimi gastrointestinali. Ulteriori dettagli sono riportati in Tabella 5 e la struttura chimica è riportata in Figura 5. Tabella 5. Descrizione chimica dell isomaltulosio Nome generico: isomaltulosio Nome commerciale: palatinosio Classificazione chimica: Formula chimica: carboidrato (disaccaride) C 12 H 22 O 11 x H 2 O Palatinosio non è un nome commerciale registrato da Abbott Laboratories Inc. Figura 5. Struttura molecolare dell isomaltulosio Proprietà fisiologiche Grazie al suo più saldo legame tra i due monosaccaridi, l isomaltulosio si distingue dal saccarosio nelle sue proprietà nutrizionali e fisiologiche 38,39. Digestione e assorbimento. L isomaltulosio è lentamente idrolizzato nell intestino tenue, circa 4-5 volte più lentamente del saccarosio, come dimostrato da studi di cinetica enzimatica. Lo stesso sistema enzimatico utilizzato per gli altri carboidrati (complesso saccarasi-isomaltasi) idrolizza l isomaltulosio. L assorbimento 15

16 avviene non solo nella parte prossimale dell intestino (come avviene per i carboidrati a rapido assorbimento), ma lungo l intero tratto dell intestino tenue. Questo vuol dire che l isomaltulosio continua a rilasciare glucosio (e dunque a fornire energia o substrato) nell organismo quando la digestione e l assorbimento del saccarosio è ormai terminata 39. E stato inoltre dimostrato che la digestione dell isomaltulosio è praticamente completata nell intestino tenue e quantità significative non raggiungono il colon 40. In tal modo, l isomaltulosio fornisce la stessa quantità di calorie di tutti i carboidrati digeribili (zuccheri ed amidi: 4 Cal/g) ed è ugualmente ben tollerato. Risposta glicemica e prolungato rilascio di energia. La lenta ma completa idrolisi, e successivo assorbimento dell isomaltulosio, si riflette nella sua caratteristica risposta glicemica, i.e., lenta, ridotta e prolungata (Figura 6), e nella corrispondente ridotta richiesta di insulina. L indice glicemico (GI) dell isomaltulosio è stato determinato presso il Glycemic Research Service dell Università di Sidney, utilizzando una metodica internazionalmente riconosciuta, ed è risultato di In confronto, il GI del saccarosio è 68, mentre quello del glucosio è 100. Figura 6. Caratteristiche della risposta glicemica dell isomaltulosio rispetto al saccarosio 3.0 Aumento della glicemia (mmol/l) Bassa risposta glicemica Assenza di ipoglicemia relativa Rilascio più costante e duraturo di energia sotto forma di glucosio Isomaltulosio Saccarosio Tempo (min) Risposta insulinica e ossidazione degli acidi grassi. L insulina è un ormone che gioca un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo. Fra le altre attività, l insulina riduce la glicemia aprendo le porte al passaggio del glucosio dentro le cellule. Contemporaneamente, l insulina promuove l utilizzazione dei carboidrati e l accumulo dei grassi, inibendo la loro ossidazione. Si ritiene che l iperinsulinemia protratta nel tempo contribuisca allo sviluppo di obesità e diabete. L isomaltulosio, con i suoi minori effetti sulla glicemia e necessitando minor rilascio di insulina, determina aumento della ossidazione dei grassi (dimostrato con la misurazione del quoziente respiratorio) Uno studio su pazienti con sindrome metabolica e lavori su atleti hanno dimostrato un aumento dell ossidazione dei grassi fino al 28% 43,44. Effetti sui parametri a lungo termine del controllo glicemico. Uno studio clinico di intervento durato 12 settimane suggerisce che la regolare assunzione di una formula liquida con isomaltulosio da parte di individui con alterata tolleranza al glucosio può avere effetti benefici su parametri collegati alla sindrome metabolica. In questo studio a lungo termine su pazienti con alterata tolleranza al glucosio, l assunzione di una formula con isomaltulosio come parte della colazione si associava in un miglioramento della glicemia a 2 ore dopo curva da carico con glucosio e dei livelli di acidi grassi liberi; inoltre, in pazienti con obesità viscerale, l accumulo di grasso viscerale si riduceva (p<0.05) 45. Fruttosio Il fruttosio è uno zucchero semplice (4 Cal/g) che è presente naturalmente nella frutta e nel miele. Il fruttosio nelle formule Glucerna facilita la clearance epatica di glucosio e così contribuisce a ridurre l aumento della glicemia post-prandialeprandiale

17 Quando il fruttosio è metabolizzato nel fegato, si attiva la glucochinasi, che permette a più glucosio di entrare nel fegato dal sangue, contribuendo così a ridurre la glicemia (Figura 7). In condizioni fisiologiche, il glucosio è captato dal fegato e convertito in glucosio-6-fosfato dall enzima glucochinasi; il glucosio-6- fosfato è ulteriormente metabolizzato o si accumula nel fegato sotto forma di glicogeno. Il glucosio-6-fosfato viene isomerizzato a fruttosio-6-fosfato, che a sua volta è la molecola che fornisce il feedback fisiologico per la riduzione dell attività della glucochinasi. Nei pazienti con diabete di tipo 2, l attività della glucochinasi è inibita; la captazione del glucosio da parte del fegato è ridotta e i livelli di glicemia sono aumentati 47. Tuttavia, quando si consuma fruttosio con la dieta, la captazione epatica di fruttosio determina formazione di fruttosio- 1-fosfato, una metabolita che riduce l inibizione della glucochinasi causata dal fruttosio-6-fosfato (Figura 8). Di conseguenza, in presenza di fruttosio nella dieta, l attività della glucochinasi può essere almeno in parte ripristinata, facilitando la captazione di glucosio dal sangue. Figura 7. Metabolismo del glucosio in assenza di fruttosio. Aumento della glicemia Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu Glu CELLULA EPATICA Glu Glucochinasi Inattiva Fruttosio-6-fosfato Glucosio-6-fosfato Metabolizzato o accumulato come glicogeno. Figura 8. Metabolismo del glucosio in presenza di fruttosio Riduzione della glicemia Glu Glu Glu Glu Glu CELLULA EPATICA Glucochinasi + Attiva Glucosio-6-fosfato Glu Fruttosio Fruttosio-6-fosfato Fruttosio-1-fosfato Metabolizzato o accumulato come glicogeno. Fruttosio alimentare Glicerolo Il glicerolo (chiamato anche glicerina) è un carboidrato a bassa risposta glicemica che agisce come dolcificante. Il glicerolo è classificato come un carboidrato speciale, un alcol. Tuttavia, a differenza degli altri alcol come il maltitolo ed il sorbitolo, che sono solo parzialmente metabolizzati e forniscono 2 Cal/g, il glicerolo è completamente metabolizzato come un carboidrato e fornisce 4.3 Cal/g. Questa differenza metabolica è molto importante per minimizzare il rischio di effetti collaterali gastroenterici. La tolleranza gastrointestinale agli alcol dipende dal modo in cui vengono digeriti. Più completa è la digestione (come per il glicerolo), minori sono i rischi per effetti collaterali gastrointestinali. 17

18 Grassi I pazienti diabetici hanno un rischio maggiore di sviluppare dislipidemia (livelli alterati di lipidi circolanti, i.e., elevati livelli di colesterolo, trigliceridi, colesterolo LDL e bassi livelli di colesterolo HDL) e patologie macro- e microvascolari. Il diabete di tipo 2 e l iperglicemia cronica aumentano dal 40% al 200% il rischio di malattia cardiovascolare (CVD) 48. I pazienti diabetici hanno un rischio di sviluppare CVD da 3 a 4 volte maggiore rispetto alla popolazione generale 49. E ben noto che la composizione dei grassi presenti nella dieta riveste un ruolo importante nella prevenzione e nel trattamento delle CVD ed influenza il metabolismo del glucosio. Di conseguenza, la composizione della miscela lipidica dei prodotti per nutrizione specifici per il diabete è di fondamentale importanza per facilitare il controllo metabolico dei pazienti diabetici e ridurre il rischio di CVD, o ridurre la progressione delle complicanze correlate al diabete o alla CVD. La miscela di grassi presente in Glucerna Select 1.2 è stata sviluppata con l obbiettivo di facilitare il controllo metabolico dei pazienti diabetici ed in particolare per contribuire a migliorare i profili glicemici e lipidici. Acidi grassi saturi Gli acidi grassi saturi (SFA) sono molecole a base di carbonio senza doppi legami tra atomi di carbonio adiacenti (-C-C-). L American Diabetes Association (ADA) e l American Heart Association (AHA) raccomandano che meno del 7% della calorie derivino dagli SFA 14, 50. La European Society for the Study of Diabetes (EASD) raccomanda che gli SFA forniscano meno del 10% delle calorie totali 51. La formula Glucerna Select 1.2 ha un basso contenuto di SFA, che infatti fornisce solo il 3.7% delle calorie totali. Gli SFA sono naturalmente presenti nell olio di girasole ad elevato contenuto di acido oleico e nell olio di canola. Acidi grassi monoinsaturi Gli acidi grassi monoinsaturi (MUFA) sono acidi grassi costituiti da una catena carboniosa di lunghezza variabile che contiene un singolo doppio legame (-C=C-). Glucerna Select 1.2 contiene elevati livelli di MUFA, che contribuiscono per il 30% delle calorie totali. I MUFA di Glucerna Select 1.2 derivano dall olio di canola e dall olio di girasole ad elevato contenuto di acido oleico e costituiscono Figura 9. Composizione in acidi grassi il 68,6% della miscela lipidica (Figura 9) allo scopo di migliorare della miscela lipidica * il controllo glicemico ed il profilo lipidemico Una dieta bassa in SFA e ricca in MUFA influenza favorevolmente i livelli di lipidi circolanti, soprattutto dei trigliceridi. Precedenti studi clinici PUFA 10% che hanno esaminato gli effetti dei MUFA sui parametri lipidici, Acidi grassi polinsaturi hanno dimostrato che aumentare l assunzione di MUFA con la dieta riduce i livelli di colesterolo totale e di trigliceridi, può far aumentare i livelli di colesterolo HDL e dunque migliorare SFA 3.7% il rischio di CVD nei soggetti sani 55, 56 Acidi grassi saturi. Riduzioni significative sono state dimostrate nei livelli circolanti di trigliceridi in diabetici di tipo Una meta-analisi di 10 studi clinici MUFA 30% Acidi grassi monoinsaturi controllati e a lungo termine ha dimostrato che in pazienti con diabete di tipo 2, elevati livelli di assunzione di MUFA (22-32% delle calorie totali da MUFA e 37-50% delle calorie totali dai grassi) riducono la trigliceridemia a digiuno e le concentrazioni di colesterolo VLDL del 19% e del 22%, rispettivamente, in * Gli acidi grassi corrispondono a circa il 97% dei grassi totali confronto ad una dieta ipolipidica (20-32% delle calorie totali da grassi) 53. Un elevato intake di MUFA può migliorare il controllo glicemico. Assumere una formula ricca di MUFA può ridurre la glicemia a digiuno, ma anche quella post-prandiale e le concentrazioni medie giornaliere di glucosio, rispetto ad una dieta ricca in carboidrati e ipolipidica 53. La iperglicemia post-prandiale si associa ad effetti clinici quali aumentato rischio di malattia cardiovascolare, trombosi e dislipidemia 36, 37. Un elevata assunzione di MUFA può aiutare a minimizzare l iperglicemia postprandiale e di conseguenza ridurre il rischio di CVD e trombosi (formazione di coaguli ematici). 18

19 Acidi grassi polinsaturi ω-3 e ω-6 Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono acidi grassi costituiti da catene carboniose con più di un doppio legame tra atomi adiacenti di carbonio. Le diete ricche in PUFA sembrano svolgere effetti benefici sulle concentrazioni dei lipidi circolanti 14. La AHA raccomanda un assunzione da 1.5 a 3 g al giorno di acido α-linolenico (ALA), acido grasso ω-3 di derivazione vegetale 58. Glucerna Select 1.2 Cal contiene acidi grassi ω-3 di origine vegetale. ALA e acido linoleico (LA) sono acidi grassi essenziali, ovvero l organismo non è in grado di sintetizzarli, e devono essere assunti con la dieta. Nell organismo, LA è allungato a formare acido arachidonico (AA), un precursore metabolico degli eicosanoidi, molecole segnale che possono influenzare l infiammazione, l aggregazione delle piastrine (coinvolte nella formazione di coaguli) e il flusso ematico vascolare. ALA viene allungato a formare acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), precursori di altri eicosanoidi, compresi i prostanoidi e i leucotrieni. I benefici degli acidi ω-3 comprendono la riduzione dell infiammazione, della vasocostrizione e dell aggregazione delle piastrine. Figura 10. PUFA ω-3 e PUFA ω-6 ASSUNZIONE CON IL CIBO ω-6 FA Acido linoleico (18:2 ω-6) Δ6-desaturasi Elongasi Δ5-desaturasi ω-3 FA Acido α linolenico (18:3 ω-3) FOSFOLIPIDI DI MEMBRANA Acido arachidonico (20:4 ω-6) Acido eicosapentaenoico (20:5 ω-3) Acido docosaesaenoico (22:6 ω-3) ciclo-ossigenasi 5-lipoossigenasi ciclo-ossigenasi 5-lipoossigenasi Prostanoidi PGI 2 TXA 2 PGD 2 PGE 2 PGF 2α Leucotrieni Prostanoidi Leucotrieni LTB 4 LTC 4 LTD 4 LTE 4 PGI 3 TXA 3 PGD 3 PGE 3 PGF 3α LTB 5 LTC 5 LTD 5 LTE 5 Figura: metabolismo e classificazione dei principali PUFA della serie linoleica (a sinistra) e della serie α-linolenica (a destra). La biosintesi è catalizzata da elongasi e desaturasi (Δ5 e Δ6) e produce eicosanoidi (compresi prostanoidi e leucotrieni) con differenti proprietà biologiche. LT, leucotriene; PG, prostaglandina; TX, trombossano (cfr. il testo per i dettagli) 49. Rapporto ω-6: ω-3 Il rapporto tra acidi grassi ω-6 e ω-3 è stato recentemente oggetto di molta attenzione. Storicamente, gli acidi grassi ω-3 hanno fatto parte della nostra dieta dall inizio dell umanità. Il rapporto tra acidi grassi ω-6 e ω-3 nella dieta degli uomini preistorici è stato calcolato potesse essere di 1:1 59. Oggi, il rapporto è cresciuto a 10:1 negli USA a causa di un aumentato consumo di oli vegetali ricchi di ω-6, associato ad una riduzione della assunzione di alimenti ricchi in ω-3. Il rapporto ω-6:ω-3 riflette l efficienza della conversione nel nostro organismo di ALA in EPA + DHA. Maggiore è il contenuto di LA nella dieta, minore è l aumento dei livelli di EPA + DHA; più basso il rapporto, maggiore è l aumento dei livelli di EPA + DHA. In individui con e senza diabete che seguivano diete ricche in acidi grassi ω-3 è stata dimostrata una riduzione del rischio di CVD e sue complicanze, compreso il miglioramento del profilo lipidico, riduzione della formazione di coaguli e il miglioramento del circolo ematico 49,

20 Il principale impatto degli acidi grassi ω-3 nel migliorare la dislipidemia consiste nella riduzione del 20-50% dei trigliceridi in soggetti normali, e ancor di più in soggetti ipertrigliceridemici, compresi i pazienti con diabete 61,62. Una seconda azione degli acidi grassi ω-3 si esplica attraverso la riduzione dell ossidazione delle LDL, un fattore chiave nelle prime fasi della aterosclerosi 63. Questi acidi grassi sono inoltre in grado di ridurre l attività delle piastrine, ridurre la loro aggregazione e la produzione di trombossano A2, un potente induttore di aggregazione piastrinica e di vasocostrizione 49. In aggiunta a ridurre i trigliceridi circolanti e l aggregazione delle piastrine, gli acidi grassi ω-3 in combinazione con i MUFA sono in grado di migliorare la circolazione in pazienti con diabete 64. La formula Glucerna Select 1.2 presenta un bilanciato rapporto ω-6:ω-3, pari a 2.9:1. Cromo Meccanismi di azione Il cromo è un elemento traccia essenziale e necessario per il normale metabolismo dei carboidrati. Il cromo è considerato essenziale in quanto non viene prodotto dall organismo e determinati livelli sono necessari per mantenere lo stato di salute. La forma di cromo presente nella dieta, detta cromo III, si trova in alimenti e supplementi. Il cromo aumenta l azione biologica dell insulina, l ormone chiave per la normale regolazione del metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine. Il cromo aumenta l efficienza dell azione dell insulina, favorendo il passaggio del glucosio dal sangue all interno delle cellule 65. L efficacia dell insulina è maggiore in presenza di cromo piuttosto che in sua assenza. Il cromo facilita il legame dell insulina con i recettori per l insulina situati sulla membrana cellulare. Questi legami stimolano i trasportatori del glucosio, che si muovono verso la superficie della cellula e permettono l entrata del glucosio nella cellula per essere trasformato in energia. Il diabete scompensato è spesso associato a deficit nutrizionali. La dieta media contiene da piccole a moderate quantità di cromo, ed una aumentata assunzione di zuccheri si correla ad una aumentata escrezione urinaria di cromo e ad una riduzione della biodisponibilità di cromo 64,66. Nutrienti condizionatamente essenziali ed altri nutrienti Taurina La taurina è un aminoacido condizionatamente essenziale sintetizzato a partire da cisteina e metionina. E un aminoacido libero abbondantemente presente nell organismo, ma non è incorporato nelle proteine strutturali. Svolge azione antiossidante ed è importante per la coniugazione degli acidi biliari, la regolazione del volume cellulare, la stabilizzazione della membrana, l omeostasi del calcio e la neuromodulazione. La taurina è presente in piccole ma adeguate dosi nella dieta, la supplementazione con taurina è necessaria in pazienti alimentati con una dieta enterale come unica fonte nutrizionale e per un prolungato periodo di tempo. L intake medio giornaliero è di 58 mg, ma tale valore è ampiamente variabile ( mg/d). Bassi livelli urinari e plasmatici di taurina sono stati riportati in adulti affetti da condizioni cataboliche (i.e., cancro, chemio/radioterapia, processi infiammatori, trauma, sepsi, ustioni, etc.); i livelli di taurina sono aumentati in corso di insufficienza renale. Nessuno studio ha finora identificato un effetto benefico per la supplementazione di taurina nell adulto. Le formule standard per nutrizione enterale contengono mg di taurina ogni 1000 Cal

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