Appunti delle Lezioni di. Mineralogia I

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Scienze Geologiche Appunti delle Lezioni di Mineralogia I Tenute dal prof. Fernando Corsini

2 1. INTRODUZIONE L uomo, a partire dall età della pietra, ha raccolto e utilizzato pietre per indossarle, mostrarle, per fabbricare armi da caccia e da difesa (punte di lancia ricavate dalla selce, materiale duro che si può rompere scheggiandosi e diventando tagliente) e pigmenti naturali, come l ocra rossa, per decorare l interno delle caverne (Paleolitico). Successivamente l evoluzione umana è stata segnata dalla capacità di fabbricare mattoni, ceramiche e vetri usando argilla, sabbia, ecc. (Neolitico) e di estrarre i metalli dai minerali metalliferi (età del rame, del bronzo, del ferro). Tuttavia gli studi sulla natura e le proprietà dei minerali e delle rocce sono iniziati solo con il XVI secolo: è, infatti, in questo periodo che si comincia a formulare ipotesi e a trarre conclusioni basandosi su osservazioni naturali, punto di partenza per ogni ricerca scientifica, anche se le conoscenze naturalistiche non avevano ancora raggiunto una mole e un approfondimento tali da far sentire la necessità di una differenziazione delle singole discipline (Zoologia, Botanica, Mineralogia). Fu dal XVIII secolo che, con l ampliamento e l approfondimento delle conoscenze, si separò le scienze biologiche dalle non biologiche. Successivamente si ebbe un ulteriore differenziazione (ad esempio, nelle non biologiche) in geologia, mineralogia, petrografia, geochimica, ecc. (fig.1.1). La mineralogia, quindi, nata per l osservazione dei minerali, attualmente li studia definendone le caratteristiche fisiche, chimiche, giaciturali e genetiche. Fino dalla Preistoria, come detto, l uomo ha utilizzato i minerali e le rocce; dall uso per utensili, armi, ornamenti, si è passati all uso su larga scala con l apertura di cave e miniere. Lo sfruttamento sempre più intenso ha fatto sorgere, almeno negli ultimi decenni, il problema del loro esaurimento e del loro impatto ambientale. Tutti o quasi tutti si sono ormai resi conto che il nostro pianeta non è statico, ma dinamico e l uomo rappresenta una vera forza geologica in grado di modellare e determinare l evoluzione della Terra. La parola minerale è usata in diversi modi: in economia è qualsiasi materiale che si estrae dalla Terra (incluso carbone, petrolio, sabbia, ghiaia, ecc.), mentre in mineralogia la definizione è molto più restrittiva.: un minerale è un solido cristallino naturale con una composizione chimica definita, ma non necessariamente fissa. Naturale. Molti solidi cristallini vengono sintetizzati in laboratorio: essi non sono minerali, anche se hanno le stesse proprietà. Cristallino. Reticolo ordinato e periodico degli ioni, contrapposto a vetroso o amorfo. La disposizione ordinata comporta che almeno una proprietà fisica deve cambiare con la direzione (anisotropia), infatti secondo differenti direzioni si hanno differenti disposizioni atomiche. Solido. Eccezione il mercurio (Hg) a temperatura ambiente. Composizione chimica definita, ma non necessariamente fissa. Per ogni minerale può essere scritta una formula chimica (quarzo, SiO2), dolomite CaMg(CO3)2; il quarzo è composto solo da silicio e ossigeno e, quindi, la sua formula è definita e fissa, mentre la dolomite può contenere del ferro e del manganese al posto del calcio e, quindi, la sua formula è definita, ma non fissa. Alcune definizioni riportano le parole (formatisi per processi inorganici), ma i carbonati di calcio (calcite e aragonite) si sono formati, quasi esclusivamente, per accumulo di invertebrati marini e così la maggior parte dei componenti gli strati calcarei; l apatite, Ca5(PO4)3(OH,F,Cl) è costituente fondamentale di ossa e denti di invertebrati; i batteri sono responsabili di molti processi geochimici superficiali e influenzano la crescita di molti minerali. Per esempio, la pirite (FeS2) di molti scisti e strati carboniferi è il risultato dell azione di batteri solfato-riducenti. Mineraloidi. Materiali simili ai minerali, ma senza cristallinità, cioè senza una disposizione interna ordinata e periodica (resine fossili, ecc.). Nomi dei minerali. I minerali vengono riuniti in classi su basi chimiche e strutturali; il nome dei minerali non è basato su nessuno schema. Infatti, il nome può essere dovuto alle loro proprietà chimico-fisiche (albite, dal latino albus, bianco, per il colore); magnetite, per le proprietà magnetiche, cromite, per la presenza di cromo), dalle località del primo ritrovamento (aragonite, da Aragon, Spagna), in onore di studiosi (carobbite e garavellite, in onore dei professori Carobbi e Garavelli) o di personaggi politici (alessandrite, in onore dello zar Alessandro II). 2

3 Molti minerali sono conosciuti con più di un nome (titanite o sfene, blenda o sfalerite). Il nome ufficiale è quello riportato nel Glossary of Mineralogy di Fleischer. Non sto qui a fare la storia della Mineralogia, ma mi preme sottolineare che essa si è evoluta, al pari delle altre Scienze, in seguito al progredire dei metodi di analisi: si è partiti da i primi goniometri a contatto e a riflessione per la misura degli angoli diedri fino agli ultimi microscopi elettronici ad alta risoluzione con cui si può evidenziare la struttura dei minerali. Essa è parte integrante di geologia, petrologia, geochimica e giacimentologia e contribuisce alla comprensione della storia geologica della Terra e dei corpi planetari; alla ricerca, utilizzazione e valorizzazione dei minerali come materie prime (ambito economico-politico); all applicazioni nel campo tecnico-scientifico (Archeologia, Restauro Monumenti) ecologico (Stoccaggio Discariche), Industriale (Superconduttori, ecc.). fig.1.1 Rappresentazione schematica delle varie branche in cui si suddividono le scienze geologiche (racchiuse entro la linea a tratteggio) e i principali collegamenti con le altre scienze. 3

4 2. CRISTALLIZZAZIONE I minerali si formano (senza escludere, come detto, il concorso di organismi sia per deposizione diretta che per azione indiretta) da soluzioni, fusi e vapori. Gli ioni, che in queste condizioni hanno una distribuzione casuale e disordinata, con il cambiamento di pressione, temperatura e ambiente chimico (ad es. la concentrazione) raggiungono una disposizione ordinata caratteristica dello stato cristallino. Esempio di cristallizzazione da soluzioni. Il cloruro di sodio disciolto in acqua che, all aumentare della temperatura evapora; aumenta così la concentrazione di Na+Cl- e ad un certo valore si arriva alla precipitazione del salgemma o halite. Esempio di cristallizzazione da fusi. Un esempio è quello della formazione dei cristalli di ghiaccio (l acqua è ghiaccio fuso). La formazione delle rocce ignee dal magma (roccia fusa) è simile, anche se molto più complicata, al raffreddamento dell acqua. Esempio di cristallizzazione da vapori. E il meno comune (ad es. sublimati vulcanici): il vapore si raffredda molto rapidamente e gli ioni vanno a formare l edificio cristallino. Crescita cristallina. Tutti hanno visto un minerale: in un Museo, in un negozio specializzato nella vendita o almeno in una gioielleria. Se un minerale è ben formato, cioè ha una forma cristallina completa, è sicuramente cresciuto in uno spazio aperto (ad es. in una cavità). Com è che questa forma si è sviluppata?. Il primo stadio della crescita è la nucleazione (cioè la crescita comincia quando un nucleo, un seme, si è formato). Ad esempio, se abbiamo una laguna avremo evaporazione e precipitazione negli ultimi stadi di salgemma: ciò significa che gli ioni Na+ e Cl- si combinano l un l altro, in questo caso per formare l iniziale modello regolare cubico (fig.2.1). Si formano inizialmente molti nuclei e se uno riesce a raggiungere una dimensione critica riuscirà a sopravvivere e su questo inizia l aggregazione, che avverrà sulle zone a maggior energia libera (in questo caso sulle facce e non sugli spigoli o sui vertici). Se cresce sui vertici darà, ad esempio, i dendriti oppure si formano tanti nuclei vicini alla dimensione critica e si avrà criptocristallinità. In generale un cristallo cresce per aggiunta di ioni (atomi, ecc.) sull esterno di un modello continuo e regolare. Questo in generale, ma la norma è di osservare cristalli con imperfezioni (con l avanzamento delle tecniche analitiche la cosa è sempre più frequente), cioè la disposizione può non essere ordinata e continua secondo punti, linee o piani. Le imperfezioni che molte volte sono responsabili del colore, vengono causate anche artificialmente (drogaggio per superconduttori, cip per computers, ecc.) fig.2.1 Rappresentazione schematica di un nucleo di NaCl nell evaporazione di una laguna. 4

5 3. SIMMETRIA Abbiamo parlato di un minerale come di una sostanza cristallina (disposizione ordinata nelle tre direzioni dello spazio) con una disposizione che rappresenta uno stato di più bassa energia rispetto a una disposizione casuale (un muro costruito a regola d arte ha una configurazione più stabile, meno energetica, di uno costruito male ). Una disposizione ordinata di oggetti è dotata di simmetria: infatti il concetto globale di simmetria nasce dall associazione di due concetti: la molteplicità e l ordine. La simmetria è pertanto una ripetizione ordinata di unità, o un ordinamento di oggetti identici (fig.3.1). Ogni movimento che porta alla ripetizione di un motivo originale si chiama: operazione di simmetria.. Quindi nel caso dei mattoni e delle virgole non ordinati una traslazione di un periodo è solo un operazione geometrica, nell altro caso è un operazione di simmetria, perché provoca sovrapposizioni analoghe a qualsiasi mattone o virgola venga applicata. L ente geometrico rispetto al quale si effettua l operazione si chiama elemento di simmetria od operatore di simmetria. Sono elementi di simmetria tutti gli operatori che fanno sovrapporre idealmente un oggetto a un altro identico. Sicuramente lo sono i VETTORI DI TRASLAZIONE e gli ASSI DI ROTAZIONE. Vi sono però oggetti identici, ma non sovrapponibili con una semplice rototraslazione (ad es., mano destra e sinistra), in questo caso si parla di oggetti enantiomorfi. La loro giustapposizione richiede un ulteriore operazione: lo specchiamento su un PIANO DI RIFLESSIONE o il ribaltamento su un CENTRO DI INVERSIONE (fig. 3.2). Quindi le operazioni di simmetria sono le seguenti: traslazione: la traslazione di nodi reticolari porta alla costruzione di reticoli infiniti nelle tre direzioni dello spazio; rotazione: rotazione intorno a un asse con ordine dell asse = 360 /n con n = ricoprimenti in 360 (fig.3.3); inversione: si inverte rispetto a un punto; riflessione: la riflessione rispetto a un piano è equivalente alla rotoinversione su di un asse di ordine 2 (asse binario) (fig.3.4); rotazione con traslazione (elicogire)(fig.3.5); riflessione con traslazione (slittopiani) (fig.3.6). Abbiamo introdotto gli elementi di simmetria: assi di rotazione (1,2,3,4,6); assi di rotoinversione (1,2,3,4,6 soprasegnati); centro di simmetria (i); piano (m). Se uniamo questi elementi di simmetria con la traslazione ricaviamo 230 gruppi spaziali, se, invece, non consideriamo la traslazione si scende a 32 classi cristalline o gruppi puntuali, in analogia con quelli spaziali, in quanto gli elementi di simmetria passano (assi e piani) o giacciono (centro) su un punto (normalmente il baricentro del cristallo). Le 32 classi cristalline sono dovute a tutte le possibili combinazioni degli elementi di simmetria. Come avrete notato non esistono assi di ordine 5 o superiori a 7, in quanto con questi assi verrebbe meno la traslazione di un uguale periodo (l esempio per l asse di ordine 5 è riportato nella figura 3.7. I cristalli, quindi, sono la ripetizione nelle tre direzioni dello spazio di unità strutturali e le superfici che li determinano (le facce del cristallo) dipendono da queste unità e dalle condizioni di crescita (temperatura, pressione, ambiente chimico, direzione di flusso delle soluzioni, spazio a disposizione per crescere, ecc.). Le relazioni angolari, lo sviluppo e la forma delle facce fanno parte della cristallografia morfologica. In un cristallo comunemente avremo poche facce (questo è stato trovato sperimentalmente) e queste sono parallele a piani reticolari ad alta densità di punti (nodi), legge di Bravais (fig.3.8). 5

6 Sperimentalmente è stata anche ricavata la legge della costanza degli angoli diedri tra le facce (legge di Hauy): se nei cristalli di un minerale si misurano angoli diedri tra coppie di facce essi avranno valori uguali in tutti i cristalli dello stesso minerale, purché misurate a temperatura costante. Il miglior modo di rappresentare la morfologia di un cristallo è quello di riferire facce e spigoli a una terna di assi (che si può pensare con l origine nel baricentro del cristallo, anche se si potrebbe prendere dove si vuole). Fissata la terna di riferimento ne possiamo individuare i parametri: le distanze dall origine dell intersezione di una faccia sugli assi. Se scegliamo una faccia in posizione generale, quindi staccherà tre parametri, come riferimento (faccia fondamentale) e tutte le altre facce le riferiamo a questa avremo: a/a :b/b :c/c = h:k:l (indici di Miller) dove a,b,c sono i parametri della faccia fondamentale e a,b,c quelli dell altra faccia. Se si sceglie in maniera opportuna la faccia fondamentale e la terna di riferimento secondo direzioni cristallografiche appropriate (direzioni di simmetria, spigoli reali o possibili, ecc.) gli indici di Miller saranno generalmente piccoli e razionali. Gli assi di riferimento possono avere: 3 angoli diversi da 90 (simmetria 1; sistema triclino) 1 angolo diverso da 90 (simmetria 2; sistema monoclino) 3 angoli uguali a 90 (simmetria 222; sistema rombico) 3 angoli uguali a 90 (simmetria 4: due assi equivalenti; sistema tetragonale) 3 angoli uguali a 90 e uno di 120 (simmetria 3,6: riferimento a 4 assi con 3 equivalenti; sistemi trigonale ed esagonale) 3 angoli uguali a 90 (simmetria 3333: tre assi equivalenti; sistema cubico). PROIEZIONE STEREOGRAFICA La proiezione di un cristallo è un modo per rappresentare un cristallo, che è tridimensionale, su di un piano. Nella proiezione stereografica si agisce nel modo seguente: si pone il cristallo con il baricentro nel centro di una sfera, si tracciano le perpendicolari alle facce e si determinano i punti di incontro delle perpendicolari stesse con la sfera. Individuati i punti, si uniscono gli stessi con il polo dell emisfero opposto: l incontro con il piano equatoriale determina la posizione della faccia. Se si va dall emisfero nord al polo sud, si segna con una crocetta o con pallino pieno; se si va dall emisfero sud al polo nord, si segna con cerchietto o con un pallino vuoti (fig.3.9). 6

7 Simboli usati in proiezione stereografica: Assi di rotazione Simbolo scritto Simbolo grafico Ordine 1 1 nessuno 2 2 linea tratteggiata limitata da 2 ellissi 3 3 triangolo 4 4 quadrato 6 6 esagono Assi di rotoinversione Ordine 1 1 (Equivalente a un centro di simmetria) 2 2 ( a uno specchio) 3 3 (Equivalente a un asse 3 più un centro di simmetria) 4 4 (Elemento di simmetria proprio) 6 6 (equivalente a un asse 3 più un piano normale) Centro di simmetria 1 nessuno Piani di simmetria m ( linea continua) Direzioni cristallografiche a,b,c linee tratteggiate con le lettere dovute, continue se includono un piano 7

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16 fig.3.1 Disposizione ordinata e casuale di mattoni e virgole. fig.3.2 Piano di riflessione (a) e centro di inversione (b) fig.3.3. Rotazione attorno a un asse binario fig.3.5 Slittopiano fig Elicogira fig.3.4 Equivalenza tra un asse rotoinversione di ordine 2 e un piano di riflessione: la sequenza è a,b,c. 16

17 fig.3.7 Impossibilità di coprire un pavimento con mattonelle pentagonali. fig.3.8 Rappresentazione di uno strato di punti reticolari in un reticolo cubico. Si osservato che i piani con più alta densità di punti reticolari sono i più comuni. fig.3.9 Sezione che mostra come si costruisce una proiezione stereografica. 17

18 4. ISOMORFISMO E FORMULE CRISTALLOCHIMICHE COORDINAZIONE Nel caso in cui ioni di segno opposto si uniscano a formare una struttura cristallina in cui le forze di legame siano prevalentemente elettrostatiche, ciascun ione tende ad attrarre il maggior numero possibile di ioni di segno opposto, quindi ogni ione tende a legare (coordinare) ioni di segno opposto in funzione della sua dimensione. Quando gli atomi sono legati da semplici legami elettrostatici si possono supporre come sfere a contatto. La coordinazione si esprime con un numero (a seconda degli ioni che vengono coordinati) e con il nome del poliedro su cui sono disposti gli ioni coordinati (ad es. coordinazione 4 tetraedrica, coordinazione 6 ottaedrica, ecc.) Il numero e il tipo di coordinazione è funzione del rapporto dei raggi degli ioni (Rc:Ra, con Rc=raggio del catione e Ra=raggiodell anione). Se gli ioni coordinanti e quelli coordinati sono uguali il rapporto fra i raggi sarà uguale a 1; in questo caso avremo delle coordinazioni compatte (n. di coordinazione 12)(figg ). Come è evidente dalla figura il massimo ricoprimento dello spazio sul piano si ha con una sfera circondata da altre 6, tutte a contatto. Gli spazi vuoti tra le sfere (B e C) possono essere riempiti da altre sfere; se la sequenza è: ABABAB avremo un impaccamento esagonale compatto, se è ABCABCABC avremo un impaccamento cubico compatto. Quando il catione è più piccolo dell anione, cioè il rapporto fra i raggi è inferiore a 1, avremo numeri di coordinazione più piccoli; nelle figure 4.3 e 4.4 sono riportati (come esempio) i limiti teorici per le coordinazioni cubica e ottaedrica. COMPOSIZIONE CHIMICA Le analisi chimiche dei minerali fino a anni fa si ottenevano soltanto con i metodi chimici tradizionali, cioè con attacco acido e analisi per via umida. A partire all incirca dal 1960 con l avvento di nuove apparecchiature molte analisi vengono effettuate per via strumentale. A parte gli elementi nativi (rame, solfo oro, ecc.), i minerali sono composti da uno o più elementi e la maggioranza ha una variazione composizionale anche abbastanza grande. La sfalerite, ZnS, per esempio, può contenere molto ferro in sostituzione dello zinco; in questo caso la formula va scritta nella forma: (Zn,Fe)S, per mettere in evidenza che il rapporto metallo/zolfo è sempre 1, ma il contenuto in Zn e Fe è variabile. Poiché le analisi sono molto spesso espresse in peso percentuale, per avere la formula del minerale, vanno ricalcolate in percentuale atomica e quindi in formula. La tabella 4.I riporta un esempio di questa operazione: per primo dividiamo il peso percentuale per il peso atomico dell elemento analizzato, quindi (ad es., per il ferro) lo rapportiamo al totale dei metalli presenti. Come abbiamo detto la gran parte dei minerali non sono sostanze pure, ma hanno una composizione chimica variabile che è il risultato di una sostituzione nella struttura di ioni, ecc. con altri ioni, ecc. Questo fenomeno prende il nome di soluzione solida. Ed è influenzato da molti fattori. Il più importante è la grandezza degli ioni: una differenza dei raggi degli ioni inferiore al 15% rende la sostituzione facile, tra il 15 e il 30% la rende difficile,anche difficilissima, al di sopra del 30% praticamente impossibile. Altro fattore molto importante è la temperatura: più alta è la temperatura, più grande l oscillazione degli ioni e, quindi, meno importante la differenza tra gli ioni. L aumento di pressione, evidentemente, sfavorisce la sostituzione. Anche la carica degli ioni è un fattore importante: la carica, infatti, non può differire, tranne casi eccezionali, di più di uno, perché quando c è differenza di carica sono necessari altri interventi per riequilibrare la struttura, altrimenti toccando il minerale si prenderebbe la scossa. Soluzione solida per sostituzione. E il tipo più comune di soluzione solida e un esempio si è visto nella tabella con la sostituzione del ferro allo zinco nella sfalerite. 18

19 Un esempio di soluzione solida completa è quello dell olivina (Mg, Fe)2SiO4 (soluzione solida completa fra forsterite Mg2SiO4 e faialite Fe2SiO4. Altro caso di soluzione solida completa, almeno a livello del visibile, è quello dei plagioclasi con membri estremi albite (NaAlSi3O8) e anortite (CaAl2Si2O8). In questo caso per equilibrare il tutto avviene una sostituzione di questo tipo: Na+Si4+ = Ca2+Al3+, cioè ogni volta che uno ione calcio sostituisce uno ione sodio, anche uno ione alluminio sostituisce uno ione silicio. Soluzione solida interstiziale. Fra gli atomi, gli ioni, ecc. di una struttura cristallina esistono delle cavità (vuoti) che possono essere, in certi casi riempiti, come nel berillo le cui cavità tubolari possono contenere K, Rb, H2O, ecc. Soluzione solida con lacuna. Esempi tipici di questo tipo di soluzione sono quelli delle pirrotine e delle calcosine. La pirrotina dovrebbe avere formula FeS, invece ha una formula difettiva Fe1-x S. Il solfuro di ferro, la troilite, infatti, è comune nelle meteoriti, assente o rarissimo sulla Terra. La formula non stechiometrica della pirrotina è dovuta al fatto che lo ione Fe2+ si ossida con molta facilità e acquista carica 3+, rendendo la struttura elettricamente non neutra. Per neutralizzare elettricamente la struttura si creeranno dei vuoti secondo il seguente schema: 3Fe2+ = 2Fe3+ + una lacuna. fig.4.1 Impaccamento compatto di sfere fig.4.2 Reticolo compatto esagonale, a sinistra e cubico, a destra 19

20 Fig.4.3 Coordinazione cubica e suoi limiti teorici. fig. 4.3 Coordinazione cubica e suoi limiti teorici fig.4.4 Coordinazione ottaedrico e suoi limiti teorici. Tabella 4.I. Ricalcalo delle analisi di quattro sfaleriti e di una troilite. 20

21 5. PROPRIETA FISICHE DESCRITTIVE Le proprietà fisiche descrittive sono il risultato diretto delle loro caratteristiche chimiche e strutturali. Sono le proprietà che possono essere determinate, sul campione in mano, con una semplice osservazione (a occhio) o con prove relativamente semplici e che sono importanti, in alcuni casi, per un rapido riconoscimento, ma sono fondamentali per una corretta descrizione del minerale. Non rientrano tra queste proprietà, pertanto, le tecniche a raggi X e quelle microscopiche. Le proprietà di cui parleremo sono le seguenti: frattura, sfaldatura; durezza; tenacità; densità e peso specifico; colore; luminescenza; proprietà elettriche e magnetiche; radioattività. Alcune di queste proprietà sono scalari ( densità, temperatura di fusione, ecc.), altre sono vettoriali (sfaldatura, durezza, ecc.) Prima delle proprietà fisiche determinative (su cui ritorneremo anche durante lo studio della MINERALOGIA SISTEMATICA) parleremo di aspetto (habitus) mineralogico, che è di aiuto per il riconoscimento di un minerale, perché è funzione sia della struttura sia delle condizioni ambientali in cui il minerale si è sviluppato. Così le strutture caratterizzate da un ordinamento a catena hanno abito allungato, quelle con ordinamento a strati sono appiattiti e quelle con nessuna tendenza sono equidimensionali. Gli abiti dei minerali prendono nome dalle forme semplici che li costituiscono (prismatico, cubico, ottaedrico, ecc.); nelle combinazioni di forme semplici il nome lo dà quella più sviluppata. Altri nomi per l aspetto dei minerali sono : appiattito = tabulare, lamellare; allungato =fibroso, aciculare, colonnare. Di seguito riportiamo alcune comuni descrizioni: cristalli isolati o distinti: aciculari (in forma di aghetti), capillari, filiformi, appiattiti; gruppi di cristalli isolati: dendritici (a forma di piante), reticolati, divergenti o raggiati, druse (un tappeto formato da cristalli); gruppi paralleli o raggiati di singoli cristalli: colonnare, appiattito, fibroso, stellato, globulare, botrioidale (tipo grappolo di uva), reniforme, mammellonare; aggregato di minerali in scaglie o lamelle: micaceo (in strati sottili come quelli delle miche, silicati); lamellare, tabulare, piumoso; termini vari: stalattitico e stalagmitico, concentrico, pisolitico (a forma di pisello), oolitico (a forma di uova di pesce), a bande, massivo (compatto), amigdaloide (a forma di mandorla), geode, in concrezioni. FRATTURA, SFALDATURA Sono dovute alla reazione ad una sollecitazione esterna, quando questa supera un certo limite critico si ha una rottura: quando le particelle all interno della struttura sono tenute insieme con forze approssimativamente uguali, abbiamo la frattura, negli altri casi la sfaldatura..la frattura, le cui superfici di rottura sono irregolari e non hanno nulla a che vedere con le facce del cristallo, si descrive come concoide (superficie levigata, tipo interno di una conchiglia) caratteristica dell ossidiana e del quarzo, uncinata (metalli), terrosa (minerali argillosi), scagliosa (gesso), ecc. La sfaldatura, invece, avviene, secondo superfici che possono essere descritte con gli indici di Miller, nei casi in cui nel minerale vi siano direzioni con forze diverse. Si descrive con la facilità con cui avviene (facile, difficile, ecc) e con il solido di sfaldatura che la caratterizza (cubica, ottaedrica, prismatica, pinacoidale, ecc.) Nei minerali a legame ionico, molto fragili, abbiamo una facile sfaldatura in quanto ogni sollecitazione mette in contrapposizione ioni di segno opposto (fig.5.1), al contrario i minerali con legame metallico 21

22 (ioni positivi immersi in una nuvola di elettroni che possono scorrere senza che si determinino forze di repulsione elettrostatica) sono duttili e malleabili. In generale, nei minerali possiamo esemplificare tre tipi di sfaldatura: nella grafite, che ha una struttura a strati (legami covalenti negli strati e di Van der Waals, molto più deboli, fra gli strati) avremo una sfaldatura basale, perché si romperanno i legami più deboli; nella muscovite i cui legami hanno forza diversa (si definisce forza di legame il rapporto tra carica e n. di coordinazione), si romperanno i legami K-O, che sono i più deboli; nel diamante, che ha tutti legami covalenti e della stessa forza, si ha una sfaldatura ottaedrica, perché perpendicolarmente agli assi ternari troviamo un minor numero di legami (minor densità di legame). DUREZZA La durezza è la resistenza che un minerale oppone alla scalfittura (una dimensione), all abrasione (due dimensioni, Rosiwall), alla penetrazione o all indentazione (tre dimensioni, Knoop e Vickers). La durezza è inversamente proporzionale alla distanza tra gli ioni e direttamente proporzionale alla loro carica (tab.5.i). Per l utilizzo di questa proprietà in campagna, per un primo approccio con i minerali raccolti, è molto utile adoprare la scala di Mohs. Mohs, un mineralista australiano, ha trattato la durezza come scalare scegliendo 10 minerali disposti (da 1 a 10) in ordine di durezza crescente: quindi il termine 1 viene scalfito da tutti gli altri, il termine 10 non viene scalfito da nessun altro e, ad es., il termine 3 scalfisce il 2 e viene scalfito dal 4. E una scala scorretta, perché considera la durezza una proprietà scalare, anche se la differenza di durezza nei minerali, a seconda della direzione è irrilevante, tranne che per calcite e cianite: nella calcite è 3 su tutte le facce, tranne che su quella basale, dove è 2; nella cianite è 5 parallelamente all allungamento dei cristalli e 7 trasversalmente. Inoltre la scala è semilogaritmica, infatti la differenza in durezza fra il diamante (10) e il corindone (9) è di gran lunga superiore a quella che esiste fra lo stesso corindone e il talco (1) (fig.5.2). Per semplificare possiamo tener presente che tutti i minerali con la durezza del talco sono untuosi al tatto; quelli con la durezza del gesso si rigano con l unghia; quelle con la durezza della calcite si riganocon una chiave yale; quelli con la durezza della fluorite e dell apatite si rigano con una lama di acciaio; quelli con la durezza dell ortoclasio e del quarzo si rigano con il vetro. TENACITÀ E il comportamento di un minerale alla deformazione. Possiamo definire fragile un minerale che si rompe o si polverizza, malleabile, quello che si può martellare e ridurlo in fogli senza romperlo, duttile, un minerale che si può stirare in lamine sottili, settile, quello che si può tagliare con un coltello, flessibile, quello che si flette e non ritorna nella forma originaria e elastico, un minerale che si flette e torna nella posizione iniziale. DENSITÀ E PESO SPECIFICO Densità e peso specifico, molto spesso, sono usati come sinonimi, anche se la densità è il rapporto tra massa e volume e si esprime in grammi per centimetro cubo e il peso specifico è un numero che esprime il rapporto fra il peso di una sostanza e il peso di un uguale volume d acqua a 4 C. Il peso specifico di un minerale è funzione degli atomi che lo compongono e del loro impaccamento. Nella figura 5.3 è riportata la distribuzione di frequenza del peso specifico nei minerali; nella figura 5.4 la distribuzione per le varie classi di minerali. Nelle sostanze isostrutturali, quindi con impiccamento uguale, quelle che sono composte da elementi con più alto numero atomico avranno un peso specifico più alto (tab.5.ii). Nelle soluzioni solide, vi è una variazione continua del peso specifico con la composizione chimica, per cui dalla determinazione della densità si può risalire alla composizione chimica, come illustra la figura 5.5, che riguarda l olivina, un silicato, soluzione solida tra forsterite, Mg2SiO4 (G 3.3) e faialite, Fe2SiO4 (G 4.4) (G = densità) 22

23 Uno dei metodi per la determinazione del peso specifico è quello del picnometro, una bottiglietta di vetro a pareti sottili e bocca larga (fig.5.6). Vengono effettuate 3 pesate: picnometro pieno di acqua (P1); picnometro pieno di acqua con accanto il minerale (P2); picnometro pieno di acqua con dentro il minerale (P3): Il peso specifico (p.sp.) sarà dato dal seguente rapporto: P2-P1 = peso del minerale / P2-P3 = peso di un uguale volume di liquido Altro metodo è quello dei liquidi pesanti che vengono anche usati per la separazione delle varie fasi mineralogiche. Se, per esempio,abbiamo un miscuglio di granato (p.sp. 4.25), tormalina (p.sp. 3.20) e quarzo (p.sp. 2.65), macinando, setacciando (per avere una granulometria omogenea) usando il bromoformio (p.sp. 2.89) e l ioduro di metilene possiamo separare le tre fasi mineralogiche. Infatti, il quarzo galleggia sul bromoformio, mentre gli altri due affondano, ma possono essere separati con lo ioduro di metilene, che ha un peso specifico intermedio tra i due (p.sp. 3.33). Abbiamo parlato della densità come proprietà utile per il riconoscimento dei minerali, ma dobbiamo aver presente che il concetto di densità è importante per prevedere le associazioni e le strutture mineralogiche all interno della Terra. La densità media della crosta terrestre è intorno a 2.8g/cm3, mentre quella dell intero pianeta è circa 5.5 g/cm3; questo vuol dire che le rocce sotto la crosta (per esempio sotto la discontinuità di Mohorovicic) devono aumentare la loro densità: questo può avvenire con il cambio di composizione e con l impaccamento sempre più compatto della struttura, dato l aumento della pressione. Il nucleo terrestre si pensa sia costituito da ferro e un po di zolfo, carbonio e silicio: questa composizione è in accordo con le nostre conoscenze del magnetismo e della densità del nucleo stesso. Il mantello terrestre, fra la discontinuità di Mohorovicic e il nucleo (fig.5.7), si suppone sia fatto di silicati, ossidi, solfuri e minor quantità di metalli. Nella figura 5.8 è riportato un modello di come possono cambiare le associazioni mineralogiche e i tipi di struttura: 2MgSiO3 (pirosseno),freccia, Mg2SiO4 (olivina) + SiO2 (stishovite); Mg2SiO4, freccia, Mg2SiO4 (olivina con struttura dello spinello Mg2SiO4, freccia, MgSiO3 (con struttura dell ilmenite) + MgO (periclasio). Questi possibili dati sono dovuti a esperienze di laboratorio e a studi su associazioni mineralogiche venute in superficie dal mantello, ad es., per risalita da condotti vulcanici (fig.5.9). COLORE Il colore di un minerale è una proprietà importante e ancora di più è il colore della polvere del minerale.. Un minerale, come tutte le sostanze, è colorato quando assorbe radiazioni luminose di una certa lunghezza d onda (quando tutte le radiazioni sono assorbite si ha il nero, quando nessuna è assorbita si ha il bianco). Quello che vediamo è il colore non assorbito(un minerale rosso ha assorbito il blu, quello blu ha assorbito il rosso). I minerali, riguardo al colore, possono essere suddivisi in: idiocromatici (hanno sempre lo stesso colore e un colore della polvere caratteristico) e allocromatici (hanno colore variabile e polvere sempre bianca). I minerali idiocromatici sono quelli che hanno come costituente fondamentale uno ione cromoforo (portatore di colore): sono ioni cromofori quelli degli elementi di transizione (Sc, Ti, V, Cr, Fe, Co, Ni, Cu, Zn). I minerali allocromatici sono quelli che non hanno nessun elemento colorante come costituente principale, ma possono assumere il colore di un elemento colorante contenuto in tracce per vicarianza. Il colore può essere dovuto anche a difetti reticolari: si parla, in questo caso, di centri di colore (figg ). In rari casi si può avere un colore per inclusione di un altro minerale (ad es., nel quarzo capelvenere, quando le inclusioni di aghetti di rutilo sono molto piccole e fitte si ha un colore leggermente marrone). Nelle tabelle 5.III e 5.IV sono riportati esempi di colore nei minerali secondo i meccanismi di cui si è parlato. Colore di sfregamento o rigatura. E il colore che presenta la polvere di un minerale quando viene sfregato su un pezzo di porcellana non smaltata. La polvere di un minerale, come si è già detto, può 23

24 avere colore diverso da quello del campione macroscopico; per esempio l ematite di colore grigio nerastro, rosso o nero ha un colore di sfregamento sempre rosso-bruno (tipo ruggine). La porcellana non può essere adoprata per minerali con durezza superiore a 7 nella scala di Mohs, perché 7 è la durezza della porcellana stessa. LUCENTEZZA. Si riferisce all effetto della riflessione della luce sulla superficie del minerale. Vi sono due tipi di lucentezza: metallica e non metallica anche se non sempre c è un netta differenza, per cui esistono minerali con una lucentezza intermedia: semimetallica. La lucentezza metallica, come dice il nome, è caratteristica dei metalli e di tutti quei minerali che hanno l aspetto di un metallo, principalmente i solfuri (galena, pirite, calcopirite, ecc.); tutti i minerali con lucentezza metallica sono opachi, cioè non trasmettono la luce. La lucentezza non metallica è, in generale, dei minerali incolori o leggermente colorati che sono trasparenti (trasmettono la luce) o semitrasparenti o traslucidi. Di seguito sono riportati i termini che si usano per i vari tipi di lucentezza non metallica: vitrea (quarzo), adamantina (cerussite), resinosa (zolfo), sericea (gesso), cerosa (calcedonio), untuosa (diamante grezzo), perlacea (talco), terrosa (minerli argillosi). LUMINESCENZA. E legata alla capacità di un minerale irradiato di assorbire e riemettere energia. Se la luminescenza continua anche dopo che il campione torna in stato di riposo si ha fosforescenza, altrimenti fluorescenza. La termolumiscenza si ha quando il fenomeno è dovuto al riscaldamento, la triboluminescenza, quando è dovuto a cause meccaniche. PROPRIETÀ ELETTRICHE E MAGNETICHE La conducibilità elettrica è funzione del tipo di legame; i minerali con legame metallico hanno alta conducibilità, quelli con legame parzialmente metallico (ad es., alcuni solfuri) sono semiconduttori, quelli con legame covalente sono isolanti (con l eccezione della grafite, perché sullo strato non tutti i legami sono covalenti, ma c è un legame p greco)), quelli con legame ionico, sono ugualmente isolanti, ma non vicino al punto di fusione dove, per il movimento degli ioni, diventano conduttori.. Anche la conducibilità elettrica è una proprietà vettoriale (ad es., la grafite è un buon conduttore perpendicolarmente all asse c, ma non lo è parallelamente allo stesso asse). La piezoelettricità (indotta meccanicamente) e la piroelettricità (indotta termicamente) riguardano solo i minerali con assi polari (cioè privi di centro di simmetria), che possono caricarsi di segno opposto all estremità degli assi. Sono proprietà molto sfruttate: si pensi alla piezoelettricità per gli orologi al quarzo. Magnetismo. Sulla base della suscettività magnetica (rapporto tra magnetizzazione e campo magnetico) anche i minerali si suddividono in ferromagnetici (magnetite e pirrotina), paramagnetici (molti minerali contenenti ferro) e diamagnetici (molti elementi nativi e molti alogenuri e anche la pirite). Le proprietà magnetiche possono essere utilizzate per la separazione dei minerali, ad esempio, con il separatore elettromagnetico isodinamico Frantz (fig.5.12) che è composto da un potente elettromagnete con due espansioni che generano un campo magnetico costante nell intraferro lasciato vuoto dove è alloggiata una doccia di caduta, divisa a circa metà in due scalanature. Facendo cadere dall imbuto, dopo aver tolto, con una calamita, i minerali ferromagnetici (renderebbero inutilizzabile l apparecchiatura),il miscuglio dei minerali da separare (portati ad un uguale granulometria) e aumentando gradualmente il campo magnetico abbiamo intervalli diversi di separazione (tab.5.v). Radioattività. Come è noto i nuclei di alcuni elementi sono instabili e si trasformano (decadono) spontaneamente in nuclei diversi stabili, rilasciando energia durante tutto il processo di decadimento. In questo processo vengono emesse particelle alfa (identiche a un nucleo di elio), poco penetranti, ma molto devastanti, tanto è che riescono a rompere la struttura di certi minerali portandoli allo stato non cristallino (minerali metamittici), particelle beta (elettroni caricati negativamente) e radiazioni gamma molto penetranti. La radioattività si può rivelare e distinguere con contatori anche portatili. 24

25 fig.5.1 Struttura ionica deformata per sollecitazioni meccanica. Vickers Mohs fig.5.2 Durezza effettiva dei termini della scala di Mohs. 1= talco; 2 = gesso; 3 = calcite; 4 = fluorite; 5 = apatite; 6 = ortoclasio; 7 = quarzo; 8 = topazio; 9 = corindone; 10 = diamante 25

26 Tabella 5.I Tabella 5.II. Aumento del peso specifico nella serie dell aragonite. Minerale formula p.at. catione p.sp. Aragonite CaCO Stronzianite SrCO Witherite BaCO Cerussite PbCO fig.5.3 Distribuzione di frequenza del peso specifico nei minerali. 26

27 fig.5.4 Distribuzione della densità per le varie classi mineralogiche. 27

28 . fig Variazione del peso specifico dell olivina in funzione della composizione. fig.5.6 Picnometro Tabella 5.III. Minerali colorati per la presenza di elementi di transizione. idiocromatici Cr uvarovite (granato verde) Cu malachite (verde); cuprite (rosso); azzurrite, crisocolla, turchese (blu) Fe lazulite (blu); olivina (verde); almandino (granato rosso); goethite (giallo) Mn rodocrosite, rodonite (rosa); spessartina (granato arancio) Allo cromatici Cr smeraldo, giada, tormalina (verde); rubino, spinello (rosso) Fe acquamarina, tormalina (verde); quarzo citrino (giallo limone) Mn tormalina (rosa); andalusite (verde, giallo) 28

29 fig.5.9 Microfotografia di un nodulo proveniente da un camino kimberlitico: c) coesite, polimorfo di alta pressione di SiO2; o)omfacite, polimorfo di a.p. di clinopirosseno; k) cianite, polimorfo di a.p. di Al2SiO5; g) granato. 29

30 fig.5.8 Possibili cambiamenti nelle associazioni mineralogiche e nell impaccameno strutturalecon la variazione di densità. 30

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33 6. CENNI DI OTTICA MINERALOGICA La luce, una piccola porzione dello spettro elettromagnetico (fig.6.1) fra circa 7000 (rosso) e 4000 (violetto) A si propaga, con velocità uniforme, linearmente con moto ondulatorio e vibrazioni in tutte le direzioni perpendicolari a quella di propagazione; quando le vibrazione sono confinate in un unico piano si parla di luce polarizzata. Negli studi in campo mineralogico utilizziamo sempre luce polarizzata. I microscopi da mineralogia e petrografia (fig.6.2) hanno due polarizzatori: il polarizzatore e l analizzatore, rispettivamente sotto e sopra il piatto porta-campione, inseribili o meno sul cammino ottico. Nei microscopi da studenti l analizzatore, quando inserito, ha sempre la direzione di vibrazione a 90 rispetto a quella del polarizzatore. Quando la luce passa da una sostanza meno densa (ad es. aria) a una più densa (ad es. vetro) viene in parte riflessa e in parte rifratta con perdita di velocità. Il rapporto tra la velocità nella sostanza meno densa (la velocità della luce nell aria viene considerata uguale a 1) e quella nella più densa, si definisce indice di rifrazione ed è inversamente proporzionale alla velocità nel secondo mezzo. Le sostanze cristalline hanno differenti n per differenti lambda: questo fenomeno si definisce dispersione e per le determinazioni degli indici di rifrazione si usa luce monocromatica. L indice di rifrazione di un minerale può esse misurato per mezzo della linea di Becke, quando è immerso in un liquido, linea che scompare al microscopio quando liquido e minerale hanno lo stesso indice di rifrazione. I vettori degli indici di rifrazione (n) vengono utilizzati per costruire delle figure ausiliari tridimensionali: le indicatrici ottiche. La loro costruzione è la seguente: a partire dal baricentro del cristallo si immagina di riportare dei vettori con modulo proporzionale ai diversi valori dell indice di rifrazione e con direzione quella di vibrazione dell onda luminosa propagatesi perpendicolarmente alla relativa sezione; unendo tutti i punti all estremità dei vettori abbiamo l indicatrice ottica. Le sostanze otticamente isotrope hanno sempre lo stesso indice di rifrazione (per definizione) e quindi la loro indicatrice è rappresentata da una sfera (fig.6.3). Se poniamo un minerale del gruppo monometrico (vi appartiene il solo sistema cubico) sul piatto di un microscopio polarizzante la luce passa attraverso e continua a vibrare nello stesso piano del polarizzatore; se inseriamo l analizzatore vediamo tutto scuro, anche ruotando il piatto, perché potrebbe passare solo la luce che vibra lungo la direzione dell analizzatore. Le sostanze otticamente anisotrope possono essere suddivise in birifrangenti uniassiche (gruppo di metrico) e biassiche (gruppo trimetrico): le prime con una indicatrice ottica che è un ellissoide di rotazione (fig.6.4) attorno agli assi 3, 4, 6, mentre per le seconde è un ellissoide a tre assi (fig.6.5). Questo significa che il raggi di luce che entra nel cristallo nel primo caso si scinde in due raggi (doppia rifrazione), uno ordinario (no) e l altro straordinario (ne), mentre nel secondo caso si avranno due raggi straordinari. Nel caso dell ellissoide di rotazione avremo una sola sezione circolare e quindi un solo asse ottico, nell ellissoide a tre assi avremo due sezioni circolari e due assi ottici. Tutti i cristalli anisotropi presentano il fenomeno della doppia rifrazione che è più evidente all aumentare della birifrangenza. Altre determinazioni al microscopio sono l estinzione e il segno ottico. Estinzione. Si osserva a nicol incrociati relativamente a una direzione cristallografica (allungamento, tracce di sfaldatura, ecc); quando la direzione cristallografica è parallela alla direzione del polarizzatore o dell analizzatore si avrà estinzione retta o parallela altrimenti avremo estinzione obliqua e quindi si potrà misurare un angolo di estinzione. L estinzione parallela è caratteristica di tutti i minerali del gruppo di metrico e del sistema rombico, perché la simmetria obbliga a far coincidere le direzioni cristallografiche con quelle dell indicatrice; quella obliqua è caratteristica del sistema triclino in quanto la simmetria non obbliga a tale coincidenza. Nel sistema monoclino (la simmetria obbliga solo la coincidenza di un asse dell indicatrice con l asse b) possiamo avere, secondo i casi, tutte e due i tipi di estinzione. 33

34 Segno ottico. I minerali birifrangenti uniassici ( gruppo dimetrico) vengono definiti positivi se hanno l indice di rifrazione del raggio straordinario maggiore di quello ordinario; quelli birifrangenti biassici (gruppo trimetrico) sono postivi quando la direzione dell indice di rifrazione maggiore è bisettrice acuta dell angolo fra i due assi ottici. fig.6.1 Lo spettro elettromagnetico 34

35 fig.6.5 Orientazione dell indicatrice ottica all interno di un cristallo birifrangente biascico (rombico +). 35

36 7. RAGGI X L applicazione dei raggi X allo studio dei minerali ha dato un grande impulso alla mineralogia. Prima di allora i mineralisti avevano giustamente supposto, ma solo supposto, l ordinamento periodico dei cristalli dalla morfologia, dalla sfaldatura, dalle proprietà ottiche, ecc. Dopo di allora fu possibile non solo misurare le distanze fra piani reticolari, ma localizzare la posizione degli ioni, degli atomi,ecc. e quindi determinare le strutture. I Bragg (padre e figlio) nel 1914 risolsero la prima struttura, che fu quella del salgemma. La scoperta dei raggi X è avvenuta per caso: Roentgen (1895) durante un esperimento per la produzione di raggi catodici si accorse di aver causato fluorescenza in un minerale e la imputò a una nuova radiazione e la chiamò X, perché non ne conosceva la natura. I raggi X, poiché erano molto penetranti, furono subito utilizzati in Medicina nei modi odierni (localizzazione di fratture, di tessuti malati, ecc.), ma non si era certi della loro natura se ondulatoria o corpuscolare. La natura ondulatoria delle radiazioni luminose era stata dimostrata dal fatto che queste davano fenomeni di diffrazione, fenomeni non erano stati riscontrati per i raggi X. Nel 1912 Von Laue, Sommerfeld, Ewald ed altri, supponendo che i raggi X avessero lunghezza d onda dello stesso ordine di grandezza del reticolo cristallino, fecero esperimenti di diffrazione con i raggi X usando i minerali come reticolo di diffrazione e dimostrarono il reticolo ordinato e periodico dei minerali e la natura ondulatoria dei raggi X, cioè che questa radiazione faceva parte dello spettro elettromagnetico. Le onde elettromagnetiche formano un spettro continuo, hanno proprietà comuni (rifrazione riflessione,ecc.) e la relazione che lega energia e lunghezza d onda è quella di Planck: e=hη=hc/λ (e = energia, η = frequenza, c = velocità di propagazione, λ = lunghezza d onda, h = costante). GENERAZIONE I raggi X nello spettro elettromagnetico appartengono a quella porzione compresa fra l ultravioletto e i raggi gamma (fig.6.1); oltre che essere emessi naturalmente da alcuni isotopi radioattivi essi sono normalmente prodotti da un improvviso rallentamento di elettroni accelerati con trasformazione della loro energia cinetica in quanti di radiazione. I raggi X vengono, quindi, prodotti da un tubo, dove è stato fatto un vuoto quasi completo, con un filamento di wolframio (catodo) che riscaldato col passaggio di corrente emette elettroni per effetto termoionico (raggi catodici) che vengono accelerati verso una targhetta di metallo (anodo o anticatodo) da una grande differenza di potenziale (fig.7.1): gli elettroni emessi dal filamento del wolframio colpiscono gli elettroni degli atomi dell anticatodo ed è in queste collisioni che rallentano e perdono energia. Il tipo di radiazione dipende dalla targhetta e dalla differenza di potenziale. Fino a che questa differenza non raggiunge un valore limite non si ha produzione di raggi X: raggiunto questo valore (a causa della perdita di energia degli elettroni frenati nel colpire l anticatodo) si ha uno spettro continuo o radiazione bianca o radiazione di frenamento. Aumentando il voltaggio fino a un valore critico (che dipende dal materiale dello stesso anticatodo) allo spettro continuo se ne sovrappone uno caratteristico (fig.7.2). Quest ultimo spettro si produce quando gli elettroni che colpiscono l anticatodo hanno energia sufficiente per strappare (espellere) elettroni dagli strati più interni degli atomi del materiale dell anticatodo stesso: rimangono dei vuoti che vengono riempiti a cascata dagli elettroni degli strati più esterni e si accompagna a questo una emissione X con specifiche lunghezze d onda. Le transizioni da strati L a strati K sono le Kα, quelle da strati M a strati K sono le Kβ, ecc. DIFFRAZIONE Quando i raggi X colpiscono un ostacolo cristallino subiscono non solo il fenomeno dell assorbimento, ma anche quello della diffusione (gli atomi emettono raggi X della stessa lunghezza d onda di quelli incidenti. Ogni atomo diffonde la radiazione incidente in tutte le direzioni e se si considera un filare di atomi investito da un fronte d onda piano, ognuno degli atomi diviene centro di propagazione di nuove onde (fig.7.3) che interferiranno fra di loro e, in alcune determinate direzioni, produrranno un rafforzamento dando luogo al fenomeno conosciuto come diffrazione. 36

37 La maniera più semplice per spiegare la diffrazione dei raggi X è quello di Bragg che considera la diffrazione come una riflessione che riguarda non solo il primo strato superficiale, ma anche quelli più interni. Adoprando una radiazione monocromatica (cioè di una sola lunghezza d onda), Bragg stabilì (fig.7.4) che si potevano avere effetti di diffrazione solo quando il cammino dei raggi X incidenti e diffratti o riflessi differiva di un numero intero di lunghezze d onda, giungendo alla seguente equazione: nλ = 2dsenθ. Per ottenere una radiazione monocromatica il metodo più comune o almeno quello utilizzato nelle apparecchiature del nostro dipartimento, è quello della filtratura. L assorbimento dei raggi X da parte dei metalli aumenta con la lunghezza d onda fino a un massimo (soglia d assorbimento) per poi calare bruscamente e riprendere a salire fino a un altra soglia, ecc. Nella figura (fig.7.5) è evidente come una sottile lamina di metallo, con l opportuna soglia di assorbimento, interposto nel fascio dei raggi X, lasci passare la Kα ed elimini la Kβ. Diffrattometro per polveri. E un apparecchiatura costosa che costituisce una delle tecniche di analisi mineralogica più moderne e fa parte dei metodi di diffrazione su polveri (fig.7.6). Se si colpisce con un fascio di raggi X monocromatici una sostanza cristallina finemente polverizzata (in modo che siano statisticamente presenti tutti i possibili piani reticolari) essa li diffrange per determinati angoli, caratteristici di ogni singolo minerale, dipendenti dalla disposizione interna della particelle che lo costituiscono (ioni, atomi, molecole, ecc.), cioè del reticolo cristallino.un contatore, opportunamente disposto), misura l intensità dei raggi X diffratti che, insieme all angolo sotto cui si verifica la diffrazione, viene automaticamente registrata. Per far sì che tutti i possibili angoli di diffrazione vengano esplorati, il portacampione (una lastrina su cui è pressata la polvere del campione) viene fatta ruotare con continuità di fronte al fascio dei raggi X. Perché il contatore possa registrare i raggi diffratti, deve ruotare con velocità doppia della lastrina portacampione (fig.7.6). Il riconoscimento dei minerali per diffrattometria X è possibile sia in quanto tutte le sostanze cristalline presentano uno spettro caratteristico, sia perché sono stati eseguiti numerosissimi diffrattogrammi relativi a sostanze cristalline note. Una volta ottenuti gli angoli e le intensità di diffrazione di una sostanza incognita, il confronto con quelli riportati nelle tabelle ci permette di identificarla. Ci sono due procedimenti per riconoscere il minerale che stiamo analizzando: Hanawalt e Fink. Il primo si basa, oltre che ovviamente sul valore angolare del picco di diffrazione, sull intensità dei picchi di diffrazione, il secondo sulla sequenza angolare dei picchi stessi. Il metodo più usato è quello di Hanawalt: si calcolano le distanze reticolari dai valori angolari (esistono soluzioni dell equazione di Bragg per le diverse lunghezze d onda) e si stimano le intensità relative dei 3 picchi più alti, prendendo il più intenso come 100; poi scegliamo una serie di d corrispondenti nei testi (Search Manual) JCPDS (Joint Committee on Powder Diffraction Standards) e dopo confrontiamo il dati del nostro minerale, considerando tutti i picchi, con la scheda del minerale supposto uguale; nella figura 7.7 è riportata, come esempio, la scheda del quarzo. Poiché le intensità possono cambiare per molti fattori (isoorientamento, ecc.), per tutte le sostanze riportate, vengono incrociati i d dei tre picchi più alti. Questo metodo di analisi può essere usato anche per associazioni di più minerali (nel qual caso il riconoscimento può risultare anche molto complicato) ed è di grande utilità anche in petrografia e presenta alcuni vantaggi rispetto all analisi ottica tradizionale, perché si possono riconoscere rocce a grana finissima, irrisolvibili al microscopio sia pure con la perdita di utili informazioni nei riguardi della struttura della roccia. Il diffrattometro viene usato anche per analisi mineralogiche quantitative e per le variazioni di composizione chimica, ad esempio per le soluzioni solide, tramite lo spostamento di picchi caratteristici.. Fluorescenza a raggi X. Quando gli atomi sono irradiati da raggi X primari espellono elettroni creando con ciò dei buchi, in uno o più orbitali, convertendo gli atomi in ioni che sono instabili. Per restaurare la stabilità dell atomo, i buchi degli orbitali più interni sono riempiti da elettroni di quelli più esterni. Queste transizioni sono accompagnate da un energia di emissione (raggi X secondari ), questo fenomeno è noto come fluorescenza X. I vari orbitali sono chiamati K,L,M,ecc. con K il più vicino al nucleo (fig.7.8)e ognuno corrisponde a un differente livello di energia. L energia dei raggi X fluorescenti emessi dipende dalla differenza energetica tra gli orbitali iniziale e finale che interessano la transizione (legge di Planck): in prima 37

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