L aprirsi di una lesione tra due sezioni di un arco conserva la resistenza allo slittamento.

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1 Volte in muratura Molto vasta, come si è già potuto intravedere dal precedente breve excursus storico, è la tipologia delle volte in muratura. La geometria delle volte si presenta più o meno complessa, nelle varie forme che esse possono assumere, e quella dello stesso guscio può presentarsi a singola o a doppia calotta, collegata da costoloni radiali ecc. Altrettanto varia è la composizione della struttura interna della relativa muratura, a concrezione con inerti di diversa densità, oppure in laterizio, od ancora a concrezione con nervature interne in laterizio, ecc. Si comprende pertanto come molto complesso sia in generale il problema dell analisi statica di tali strutture, ben più complesso di quello relativo alle strutture riconducibili ad assemblaggi di elementi monodimensionali costituiti da pilastri ed archi. Nello studio di tali sistemi strutturali si è dovuta riprendere una discussione delle ipotesi a base del comportamento della muratura, in particolare quella relativa all ammessa non resistenza a trazione. L esperienza storica acquisita sul comportamento di tante di queste strutture voltate ci dice infatti che queste, pur esibendo il tipico comportamento condizionato dalla bassa resistenza a trazione della muratura, presentano, di regola, il fenomeno della fessurazione in modo più dilazionato nel tempo. Facendo riferimento alle costruzioni più rilevanti, per le quali la documentazione storica è più facilmente disponibile, risulta infatti che, ad esempio, la cupola di S. Pietro cominciò a fessurarsi almeno cinquant anni dopo il completamento della sua costruzione; analogamente, ma ancora dopo un tempo maggiore, era accaduto per la cupola di S. Maria del Fiore a Firenze. Ci sono ragioni obiettive che possono spiegare tale comportamento. Mentre per le strutture monodimensionali, ad esempio per gli archi, l attrito non contrasta l aprirsi delle fessure tra i giunti, di regola accade il contrario per la muratura delle strutture voltate. La Fig. 4 ricorda infatti come in un arco la fessurazione sopraggiunga col prodursi di una rotazione relativa tra due sezioni dell arco, quelle disposte a cavallo della lesione: attraverso la sezione fessurata continua pertanto a trasmettersi lo sforzo assiale e di conseguenza permane la resistenza allo scorrimento a taglio.

2 Figura 4 L aprirsi di una lesione tra due sezioni di un arco conserva la resistenza allo slittamento. Nel caso di una struttura voltata la fessurazione si presenta invece con aspetti molto diversi. Se facciamo riferimento ad esempio ad una cupola, ma la situazione è analoga in tante altre strutture voltate, la fessurazione si presenta con il comparire di fratture verticali: queste, come vedremo, sono conseguenti al superamento della resistenza a trazione da parte delle sollecitazioni di cerchiamento agenti lungo i paralleli nella zona inferiore della cupola. All atto della fessurazione le file dei laterizi devono slittare una rispetto all altra (Fig. 5). Tale scorrimento è contrastato dalla resistenza ad attrito che si sviluppa sui letti orizzontali soggetti alla compressione meridiana. Ciò implica il prodursi di una resistenza a trazione che non è dipendente né da una resistenza di adesione tra malta e laterizi, o blocchi, né dalla resistenza a trazione della malta. Figura 5 La compressione meridiana contrasta, a causa dell attrito tra le file di laterizi, la fessurazione verticale. La fessurazione potrà allora avvenire solamente quando tale resistenza d attrito viene vinta: ciò accade, di regola, a causa del propagarsi dell umidità all interno del corpo murario che riduce gradualmente la resistenza d attrito nella muratura ed impoverisce le

3 malte o anche col sopraggiungere di improvvise azioni dinamiche. Le sollecitazioni nelle volte sono inoltre molto contenute. Tutto ciò spiega come nelle strutture voltate la fessurazione si verifichi di regola solo dopo tempi più o meno lunghi e solo con il permanere nel tempo della sollecitazione di trazione. Tali considerazioni implicano che in una prima fase, che può durare anche diverse decine di anni, le volte in muratura si comportano come solidi più o meno monolitici, costituiti da materiale elastico, in grado di sostenere sollecitazioni sia di compressione che di trazione. C è quindi, per tali strutture, un regime transitorio linearmente elastico, condizionato da una fessurazione latente a cui segue un regime statico definitivo, regolato dalla non resistenza a trazione. Solo quest ultimo comportamento caratterizza le reali capacità resistenti della copertura e rivela se questa, unitamente alle sue strutture di sostegno, è in grado o non, di sostenere i propri carichi. I quadri fessurativi indotti dalle sollecitazioni di trazione presenti nello stato iniziale possono quindi fornire utili indicazioni sui caratteri dei modelli resistenti definitivi delle volte. La struttura voltata su cui le precedenti considerazioni trovano immediato riscontro è la cupola ma, come si vedrà più avanti, ad essa si rifanno i comportamenti di tante altre tipologie di volte quali, ad esempio, la volta a botte, la volta a crociera e quella a padiglione. Lo stato di sollecitazione definitivo si sviluppa col venir meno della resistenza a trazione della muratura e quindi appena si attiva la prima fessurazione. In una cupola, ad esempio, appena si verifica la prima frattura meridiana, si azzerano le sollecitazioni di cerchiamento lungo l intero sviluppo dei paralleli attraversati dalla linea di frattura. Nello stato iniziale una struttura voltata che si eleva innalzandosi verticalmente dalle sue strutture di sostegno, non spinge su queste. Al contrario, il passaggio dallo stato di sollecitazione iniziale a quello finale comporta la mobilitazione della spinta. È questa che impegna le strutture di sostegno della volta, che devono quindi essere in grado di sostenerla. Il mobilitarsi della spinta col prodursi della fessurazione della volta comporta certamente la deformazione ed anche l eventuale fessurazione delle strutture di sostegno della volta e quindi la conseguente ulteriore deformazione della volta stessa. Quest ultima

4 può essere descritta, come precedentemente analizzato, mediante meccanismi di cedimento che comportano l attivarsi dello stato di minima spinta, secondo quanto si è detto al cap. II. La volta segue, deformandosi con un meccanismo, tali movimenti, pur conservando il proprio stato di equilibrio e mobilitando la minima spinta sulle sue strutture di sostegno. Non c è quindi nessuna perdita di equilibrio nella volta con il prodursi del cedimento dei suoi vincoli. Tale condizione di minima spinta è tipica in tante altre strutture ed in particolare nei muri di sostegno: questi, a causa della loro stessa deformazione indotta dalla spinta del terreno, attivano in questo il cosiddetto stato attivo di sollecitazione, caratterizzato dal mobilitarsi della minima spinta. Da tali considerazioni cominciano ad emergere le linee centrali del metodo con cui viene qui affrontato lo studio del comportamento statico delle volte in muratura sotto l azione dei carichi permanenti, costituenti certamente la loro condizione principale di carico. È lo stato di sollecitazione iniziale che segna la geometria del quadro fessurativo di partenza e che caratterizza il modello resistente della volta nel suo assetto statico definitivo. Il regime statico iniziale, che prevede la presenza di sollecitazioni di trazione nella muratura, può essere studiato attraverso l analisi del semplice stato di sollecitazione di membrana. Ciò consente di semplificare notevolmente la ricerca dello stato di equilibrio interno nella volta nel suo primo assetto statico. Come si vedrà più avanti, i modelli resistenti delle strutture voltate che potranno così individuarsi presentano una loro coerenza statica e sono in grado di interpretare gli aspetti meccanici essenziali del problema. Le varie Sezioni di questo capitolo trattano delle volte sferiche, di quelle a botte, a crociera ed a padiglione. In tali Sezioni verranno premesse valutazioni degli stati di sollecitazione membranale e dei conseguenti possibili quadri fessurativi: questi ultimi consentiranno di dare delle utili indicazioni sulla definizione dei modelli resistenti definitivi delle varie tipologie di volta. Di regola in tutte le volte con direttrice a tutto sesto il verificarsi della fessurazione della volta comporta il prodursi della spinta. Questa induce una deformazione addizionale delle strutture di imposta della volta ed una conseguente deformazione della volta stessa che si adatta, anche con deformazioni

5 quasi impercettibili, mobilitando idonei meccanismi, al movimento delle sue imposte. Ciò comporta l instaurarsi di stati di minima spinta nella volta. 2. Statica del guscio di rivoluzione. Equilibri membranali. Lo studio della statica della cupola in muratura richiede un analisi preliminare degli equilibri membranali che rappresentano lo stato tensionale iniziale della volta. Questi, per il caso di volte sferiche sotto carichi anch essi assialsimmetrici, chiamano in causa un comportamento strutturale caratterizzato da una grande rigidezza e resistenza, la cosiddetta resistenza di forma. Tale effetto è d altra parte compromesso dalla bassissima resistenza a trazione della muratura: il venir meno di tale resistenza sconvolge lo stato di sollecitazione membranale e sviluppa al suo interno, in presenza di quadri fessurativi, stati tensionali puramente compressivi, mobilitando sistemi resistenti ad arco lungo i meridiani. In una cupola sotto carichi a simmetria assiale lo stato di sollecitazione iniziale è sostanzialmente quello membranale. A causa della doppia curvatura la cupola sviluppa così inizialmente resistenza di forma, tipica dei gusci. Con il termine guscio si vuole qui intendere un elemento strutturale a doppia curvatura gaussiana positiva, la cui caratteristica tipica è quella di presentare una geometria a calotta di rivoluzione e di essere costituito da materiale resistente anche a trazione. Si comprende quindi l elevata rigidezza e resistenza di tale struttura. Dal punto di vista geometrico una cupola o un guscio a calotta può essere immaginato costituito da una serie di archi o di spicchi, tutti identici, collegati da fasce di paralleli. Questi ultimi e particolarmente quelli alla base, costituiscono cerchiature che impediscono l aprirsi della cupola. Ogni azione assialsimmetrica che tende a deformare la calotta, e quindi a produrre allargamento o contrazione degli anelli, è fortemente contrastata dagli anelli stessi. Questi ultimi devono uniformemente allargarsi o contrarsi e quindi esplicare la loro piena rigidità estensionale.

6 Q Figura 1 La cupola costituita dall assemblaggio di strisce disposte lungo i meridiani e i paralleli: l effetto frenante, in regime membranale, dei paralleli alla flessione delle strisce meridiane Sotto l azione dei carichi, come detto a simmetria assiale, la deformazione della calotta tende a flettere gli spicchi meridiani, ma è frenata dalla deformazione degli anelli. Molto deboli devono quindi risultare le inflessioni degli spicchi meridiani. Di conseguenza esigue sono le azioni flettenti. Lo stato di sollecitazione dominante è quindi quello estensionale, caratterizzato dalla presenza di sollecitazioni sostanzialmente uniformi nello spessore del guscio. Si esamineranno pertanto i caratteri più significativi di questo particolare stato di sollecitazione. In presenza di carichi assialsimmetrici, cioè simmetrici rispetto all asse di rivoluzione del guscio, lo stato di sollecitazione presente sulla superficie media del guscio è costituito solo dagli sforzi N φ, N θ (4) costituenti le risultanti, lungo lo spessore del guscio e su una fascia di lunghezza unitaria delle tensioni σ φ e σ θ che si esercitano lungo le coordinate φ e θ, ovvero rispettivamente lungo le tangenti ai meridiani ed ai paralleli. Le dimensioni delle (4) sono quindi quelle di una forza per unità di lunghezza. Gli sforzi agenti sull elemento di superficie di area da sono indicati nella Fig. 3.

7 Z Nrd φ ϑ dθ Nrdφ θ 1 r Y Nrd φ ϑ +.. dw r 1 = γ srdθr dφ 1 r 2 dφ φ Figura 3 Sollecitazioni membranali sull elemento di guscio sferico in condizione di carico assialsimmetrica. Gli sforzi N φ sono variabili lungo i meridiani, mentre gli sforzi N θ, a causa della simmetria assiale, sono costanti lungo lo stesso parallelo, ma variabili con φ. Le incognite interne sono quindi due e due sono le equazioni di equilibrio dell elemento. Il problema della determinazione degli sforzi N, N si presenta quindi isostatico. φ θ Più semplice è ricavare direttamente gli sforzi N φ attraverso la soluzione di una equazione di equilibrio globale, nella quale figura la sola N φ, e che esprime l equilibrio alla traslazione verticale della generica calotta del guscio di rivoluzione, così come rappresentato in Fig. 5. Q(φ) α φ N φ Figura 5 L equilibrio alla traslazione verticale della generica calotta.

8 Il peso Q( φ ) che rappresenta la risultante di tutte le forze agenti sulla calotta individuata dall angolo φ, è sostenuto dalle componenti verticali degli sforzi meridiani N φ distribuiti lungo il parallelo alla colatitudine φ. Si ha allora l equazione da cui si ricava Q( φ) N 2πrsinφ = 0 (9) N φ φ = Q( φ) 2πr sinφ (10) La soluzione membranale, ottenuta analiticamente per una cupola guscio di spessore costante e soggetta al solo peso proprio, può essere Figura 6 L andamento degli sforzi N θ nella sezione meridiana del guscio cupola semisferico sotto peso proprio. analogamente ricavata per via grafica, come necessariamente dovrà farsi nel caso più complesso di cupola a spessore variabile ed a superficie media non semisferica. In tal caso si considera uno spicchio di cupola, del tipo di quello descritto nella Fig. 7, che viene suddiviso in tanti conci di ognuno dei quali si valuta il peso e la posizione del relativo baricentro. Le forze peso dei singoli conci vengono così applicate nei relativi baricentri.

9 Figura 7 Lo spicchio di cupola. L analisi inizia dalla sezione di chiave dello spicchio. Considerando quindi il primo concio a partire da tale sezione, si determina la componente orizzontale risultante delle azioni trasmesse dai paralleli sulle facce laterali dello spicchio superiore per il tratto interessato dal concio stesso: ciò in modo che la risultante tra questa forza orizzontale ed il peso del concio risulti diretta lungo la congiungente il baricentro del concio di chiave con il baricentro del concio successivo. Si opera poi sul secondo concio. Si determina così la risultante delle spinte esplicate dai paralleli interessati dal secondo concio in modo che la risultante delle azioni trasmesse dal primo concio, composta col peso del secondo concio e dalla suddetta risultante delle spinte dei cerchi paralleli, sia diretta lungo la congiungente dei baricentri del secondo e del terzo concio e così via (Fig. 8).

10 Figura 8 Sforzi membranali ottenuti per via grafica mediante risultanti successive. Nella parte superiore del guscio lo stato di sollecitazione agente lungo i conci dello spicchio meridiano risulta sempre di compressione e diretto lungo l asse dello spicchio. Così come per la soluzione analitica, affinché la risultante delle forze sia ancora diretta lungo l asse dello spicchio, ad un certo concio può accadere che la risultante delle azioni trasmesse dai cerchi paralleli debba risultare di trazione, così come rappresentato nella Fig. 8. Ciò non è possibile a causa dell ammessa incapacità della muratura a sostenere sollecitazioni di trazione. Solo nella parte superiore della calotta sia gli sforzi lungo i meridiani che quelli diretti lungo i paralleli sono di compressione. Ciò vale per ogni geometria della curva meridiana. Tale situazione è quindi profondamente diversa da quella dell arco per il quale è possibile una soluzione di compressione uniforme solo se, trascurando la deformazione estensionale dell arco, la curva d asse dell arco ha una forma particolare, quella della funicolare dei carichi su di esso agenti. Come abbiamo visto precedentemente un arco può essere intuitivamente considerato come un particolare filo che, inizialmente teso, viene rovesciato. Se immaginiamo infatti di congelare il filo e poi di

11 capovolgerlo, esso resterà in equilibrio sotto gli stessi carichi che prima agivano sul filo ora rovesciato. Poiché il filo cambia la sua forma a seconda del numero, dell intensità e della posizione delle forze che lo sollecitano, esiste un unica curva funicolare che il filo teso può assumere sotto un assegnato sistema di forze. Conseguentemente esisterà una sola forma dell arco che risulta puramente compressa sotto un dato sistema di carichi. Mentre il filo è flessibile e può cambiare la sua forma quando i carichi agenti su di esso vengono modificati, l arco è invece rigido e non può comportarsi nello stesso modo. Esso quindi, fin quando possibile, sosterrà ogni nuovo sistema di forze variando la sua curva delle pressioni mediante una sollecitazione composta di compressione e di flessione. Una più o meno elevata inflessione dell arco si accompagna all allontanarsi della curva delle pressioni dall asse dell arco per la sua ben più elevata deformabilità flessionale rispetto a quella estensionale. È qui che il guscio presenta un vantaggio addizionale rispetto all arco. Tale aspetto, che evidenzia la grande rigidità e resistenza di forma delle cupole guscio, trae origine dal fatto che le strisce lungo i paralleli sono in grado di funzionare come funicolari di un carico radiale uniforme di qualunque intensità. Queste strisce assumono una componente radiale del carico esterno di valore tale da lasciare alle strisce meridiane, qualunque sia la loro forma, quelle forze delle quali esse sono la funicolare. Ciò accade in generale in presenza di sollecitazioni lungo i paralleli di compressione e poi di trazione. Ciò spiega la grande rigidezza e resistenza delle strutture a guscio, sempre che il materiale di cui sono costituite sia in grado di assorbire anche sforzi di trazione. Tali considerazioni sono estrapolate da una lucida analisi sul comportamento dei gusci di O. Belluzzi (1955). 3. Fessurazione meridiana e statica delle cupole in muratura. 3.1 Dallo stato membranale a quello di pressoflessione meridiana La cupola si fessura quando le sollecitazioni di trazione che si esercitano lungo i suoi paralleli, disposti verso l imposta, raggiungono intensità pari alla debole resistenza a trazione della muratura.

12 In assenza dell azione di cerchiamento esplicata dai paralleli inferiori tesi, l equilibrio membranale si perde e si formano lesioni lungo i meridiani: queste investono una fascia di cupola ben più alta di quella interessata dalle sollecitazioni di trazione relative all equilibrio membranale. Le lesioni meridiane si propagano quindi in alto, molto al di sopra della colatitudine φ = 51,8 che segna l inversione di segno degli sforzi N θ relativi alla soluzione (14) (Fig. 9). Queste lesioni possono essere di numero variabile: una sola è già sufficiente a rompere l azione cerchiante degli anelli. Come andremo a vedere più avanti, solo quattro lesioni meridiane principali sono, ad esempio, presenti nella cupola del Brunelleschi, mentre nel Pantheon le lesioni meridiane sarebbero quattordici. Dello stesso numero sarebbero state quelle riscontrate nel Settecento nella cupola di S. Pietro. Figura 9 Lesioni tipiche lungo i meridiani della cupola muraria soggetta a peso proprio. La cupola, fessurandosi, si dilata nella sua fascia inferiore per una larghezza di notevole ampiezza e si suddivide in tanti spicchi che si comportano, a due a due, come archi indipendenti. In buona parte della superficie della cupola vengono quindi meno gli sforzi N θ ed i soli sforzi meridiani N φ non riescono ad assicurare l equilibrio se si mantengono ancora diretti lungo la linea media degli spicchi. La curva delle pressioni, lungo la quale agiscono gli sforzi N φ, si inclina sull'orizzontale ed abbandona la superficie media della cupola. Al verificarsi della fessurazione meridiana si produce quindi un profondo

13 cambiamento nel regime statico della cupola. Gli spicchi di cupola, che tendono a divaricarsi, trasmettono ora una spinta al tamburo. La Fig. 10 descrive schematicamente lo stato di sollecitazione che si attiva in una cupola sferica che, fessurandosi, si suddivide in spicchi. Nella figura si può vedere come la curva delle pressioni, abbandonando la linea media dello spicchio, alle imposte risulta inclinata rispetto alla verticale: la componente orizzontale dell azione esercitata all imposta e rapportata alla larghezza dello spicchio alla sua base costituisce la spinta S della cupola per unità di lunghezza della circonferenza di imposta. S V φ R V N φ S Figura 10 L insorgere della spinta per il prodursi della fessurazione meridiana. Proprio nel prodursi di una spinta alla base risiede la conseguenza statica più rilevante della fessurazione meridiana della cupola muraria più tipica, quella a direttrice a tutto sesto. La spinta impegna più o meno intensamente le strutture di sostegno della cupola, costituite dal tamburo e dai sottostanti pilastri. Queste strutture, pertanto, non devono assorbire solo carichi verticali, ma anche spinte radiali. Sotto tali spinte esse si deformano allargandosi quindi radialmente. In definitiva, col fessurarsi della cupola lungo i meridiani, ogni spicchio di cupola riceverà solo in una piccola zona cerchiata di colmo l azione spingente esercitata dagli altri spicchi e questa si trasmetterà fino alla sua base. In tali condizioni lo spicchio non è più frenato nella sua deformazione dai cerchi paralleli e si inflette sotto l azione della pressoflessione meridiana. Se la cupola ed il relativo sottostante tamburo non fossero ben proporzionati nel loro spessore in relazione

14 alla distribuzione dei pesi, ad esempio per un eccessivo peso della lanterna, all atto della fessurazione meridiana la cupola potrebbe andare anche al collasso. Figura 11 Meccanismi simmetrici di collasso per lo spicchio di cupola. Il primo comporta la pura traslazione verticale della zona centrale, il secondo la contemporanea rotazione. La Fig. 11 mostra due diversi meccanismi di collasso per gli spicchi di cupola: il primo comporta l abbassamento uniforme di tutta la parte centrale, il secondo l abbassamento e la rotazione delle parti superiori dello spicchio: in questo secondo meccanismo non è stata considerato presente il cupolino. La Fig. 12 descrive invece il meccanismo con cui la cupola si adatta ad un lieve allargamento delle sue imposte. Questo comporta anch esso lo sviluppo sia di lesioni meridiane passanti che di lesioni circumferenziali non passanti, situate queste ultime, superiormente, all intradosso e, inferiormente, all estradosso. Le lesioni all estradosso non sono immediatamente riconoscibili in quanto l estradosso della cupola è ricoperto, molto frequentemente, da un manto di piombo.

15 Figura 12 Meccanismo simmetrico da cedimento delle imposte della cupola. Le lesioni circumferenziali all intradosso possono comparire molto in alto, frequentemente all attacco della cupola con l anello di chiusura, e possono quindi risultare di più difficile identificazione. Il meccanismo di Fig. 12, d altra parte, può anche descrivere un meccanismo di collasso della cupola per sopravvenuto cedimento delle sue strutture di imposta. Per esprimere un giudizio sul livello di sicurezza della cupola fessurata occorre considerare l entità e la geometria del suo quadro fessurativo. Se le lesioni meridiane sono sottili, quasi capillari, lo scarico elastico delle fasce dei paralleli nella zona inferiore della cupola, che si produce in seguito al prodursi della fessurazione meridiana, compensa l allargamento dei cerchi paralleli dovuto all aprirsi delle lesioni. Ciò può essere immediatamente riscontrato tenendo presente che, dalla (14), alla base della cupola, come già detto, lo sforzo N θ è di trazione e vale γ sr. La tensione di trazione σ θ è quindi γr. Allora, ad esempio, con R = 15 m, γ = 1,6 t/mc, risulta σ θ = 2,4 kg/cmq. Allo scarico della σ θ si produce una deformazione contrattiva ε θ pari a σ θ /E m, avendo indicato con E m il modulo di elasticità della muratura. Se assumiamo ragionevolmente E m = kg/cmq, risulta ε θ = 2,4/50000, pari all incirca a 0,5 x La circonferenza alla base della cupola si restringerebbe, a causa dello scarico degli anelli tesi, della quantità complessiva di 0,5 x 10 4 x 2π x 15 m = 4,7 mm. Se allora compaiono quattro fratture meridiane, ciascuna di queste dovrà avere mediamente ampiezza di circa 4,7 /4 = 1,1 mm, in modo da recuperare la

16 contrazione degli anelli: in tal caso le lesioni sono appena percettibili. Se invece le lesioni meridiane sono in maggior numero o di maggiore ampiezza, vuol dire che è intervenuto anche l allargamento del tamburo di base a contribuire alla deformazione della cupola. Il calcolo della spinta della cupola e la valutazione del livello di sicurezza che presentano le sue strutture di sostegno consentiranno di valutare effettivamente se l assetto statico della cupola è o non è sufficientemente stabile. Nello studio di alcuni rilevanti esempi di cupole si vedrà come effettivamente la cupola di S. Pietro in Roma sia stata nel passato in precarie condizioni di sicurezza Verifica di stabilità della cupola Il collasso della cupola sotto il proprio peso si attiva quando il lavoro spingente, dovuto ai pesi della cupola distribuiti nella sua zona centrale, e quindi con incluso il peso della lanterna, eguaglia il lavoro resistente prodotto dai pesi della cupola distribuiti nella fascia di bordo. Se il meccanismo coinvolge anche il tamburo, nel lavoro resistente figurerà anche quello compiuto dal peso del tamburo. Nella Fig. 13 è rappresentato schematicamente un meccanismo di collasso che coinvolge anche il tamburo; in questa figura la quota del peso della lanterna, relativa allo spicchio di cupola considerato, è indicato con Q L ed è affetto dal moltiplicatore λ. Certamente il peso Q L esplica una azione spingente ed è molto influente sullo stato di sicurezza della cupola. Una verifica di sicurezza può allora essere effettuata facilmente determinando, ad esempio, quale sia il moltiplicatore del peso della lanterna che determina la condizione di collasso. Tale analisi si sviluppa applicando il teorema statico o il teorema cinematico dell Analisi Limite. La verifica di sicurezza dovrà considerare tutti i possibili meccanismi, quelli che coinvolgono o quelli che non coinvolgono il tamburo, e quindi meccanismi del tipo di quelli descritti nella Fig. 13 o nella precedente Fig. 11. Una volta effettuata tale verifica di sicurezza ed accertato che il moltiplicatore del peso della lanterna risulta sufficientemente maggiore dell unità, può poi procedersi alla determinazione

17 dell assetto statico attuale della cupola sotto la sua effettiva distribuzione dei pesi. Tale valutazione viene effettuata ipotizzando lo stato di minima spinta nella cupola. B C λq L A O Figura 13 Meccanismo di collasso della cupola che coinvolge anche il tamburo Lo stato di minima spinta La deformazione del tamburo prodotta dall azione spingente della cupola sovrastante determina un allargamento della base della cupola stessa. Tale movimento, nel contesto del modello di muratura rigido in compressione e non reagente a trazione, comporta lo sviluppo di un meccanismo che coinvolge tutti gli spicchi e consente alla cupola di adattarsi alla lieve deformazione della sua base. Ad ognuna delle curve delle pressioni, tutte contenute negli spicchi, corrisponderà una spinta esercitata alla base della cupola. Come si è precedentemente dimostrato, la curva delle pressioni che corrisponde allo stato di cedimento, che descrive quindi l allargamento prodottosi alle imposte della cupola, è quella che determina la minima spinta tra tutte quelle contenute all interno dello spicchio. La minima spinta può essere determinata operando da un punto di vista statico o da un punto di vista cinematico. Dal punto di vista statico

18 si tratta di costruire funicolari staticamente ammissibili dei carichi, cioè tutte contenute all interno dello spicchio. È ragionevole in tal caso trascurare la piccola calotta cerchiata, che in effetti si realizza a causa della compressione dei cerchi paralleli prossimi allo zenit della cupola. Lo spicchio si comporta come un arco che abbia subito un piccolo divaricamento alle imposte: la curva delle pressioni passa quindi in chiave all estradosso dello spicchio. In presenza della lanterna, come detto, è presente sotto di essa un anello in muratura: l attacco della spicchio avviene con tale anello all estradosso dello spicchio stesso: in tal caso lo spicchio presenta due incernieramenti simmetrici all estradosso, al contatto dello spicchio con l anello superiore. Potremo allora costruire curve delle pressioni che partono da questo punto, o da questi punti, nella sezione terminale di colmo dello spicchio. Quella curva funicolare dei carichi che corre all interno dello spicchio e che lambisce appena il suo intradosso, è la curva delle pressioni cercata. O g μr K z K μr Figura 14 Il meccanismo di adattamento degli spicchi della cupola alla deformazione di allargamento del tamburo. Il passaggio della curva delle pressioni, all estradosso in chiave ed all intradosso verso le reni, comporta la presenza di due incernieramenti nello spicchio e quindi lo sviluppo del meccanismo che asseconda l allargamento alle imposte. Tale curva delle pressioni è quindi ammissibile sia staticamente che cinematicamente. In tale situazione, come si è dimostrato precedentemente, la spinta corrispondente è la minima tra tutte quelle staticamente ammissibili. Il discorso è duale dal punto di vista cinematico. Un semplice

19 schema di meccanismo di adattamento della cupola alla deformazione del tamburo è rappresentato nella Fig. 14. L incognita è la posizione dell incernieramento K. Sulla base dell analisi svolta nella Sezione 2, la posizione della cerniera K, che corrisponde alla stato di minima spinta, può essere determinata col teorema cinematico della minima spinta, di cui al paragrafo 18.5 del Cap. 2, valutando il massimo tra tutti i valori assunti dal moltiplicatore cinematico di spinta gv, λ() v = < > < rv, > (15) al variare del meccanismo v nell insieme dei meccanismi da cedimento, cioè al massimo di λ(v) tra tutti i meccanismi v che comportano un allargamento delle imposte. Nella (15) la quantità < gv, > esprime il lavoro dei carichi verticali per gli spostamenti verticali del meccanismo, lavoro certamente positivo, e la quantità < rv, > il lavoro della spinta per il corrispondente spostamento orizzontale associato al meccanismo v, certamente negativo. Solo con la spinta μ max( v ) () v r la curva delle pressioni è tutta contenuta nello spicchio ed è tangente all intradosso dello spicchio nel punto di incernieramento K. La ricerca del massimo della funzione λ () v al variare della posizione dell incernieramento K conduce quindi alla determinazione della minima spinta richiesta. Di tale approccio si faranno numerose applicazioni più avanti. Calcolo della spinta minima con il teorema cinematico È agevole l applicazione del teorema cinematico della minima spinta alla cupola spicchiata in muratura. I meccanismi da cedimento si sviluppano svincolando la cupola alle imposte, creando uno svincolo nella connessione cupola tamburo, in modo da consentire lo scorrimento orizzontale della sezione terminale di imposta. Vanno inoltre imposti incernieramenti: all estradosso, lungo la circonferenza di connessione tra cupola

20 e cupolino, e quindi all innesto della cupola con l anello centrale di chiusura; all intradosso lungo una circonferenza verso le reni, come indicato in Fig. 18. La posizione di quest ultimo cerchio di incernieramento resta incognita e, nella Fig. 19, è indicata con l angolo σ. La minima spinta μ S min è ottenuta come il massimo della funzione μ min < gv, ( σ ) > S = Max (48) δσ ( ) al variare dell angolo σ lungo l intradosso della cupola. Nella (48) lo spostamento δ(σ) è assunto positivo. v(σ) μr K R σ μr h δ(σ) O δ v(σ) θ Figura 19 La ricerca della minima spinta nella cupola con il teorema cinematico. Assumendo per l intradosso un profilo a calotta sferica, risulta δ ( σ) = ( h Rsin σ) θ (49) e la ricerca della spinta minima si incentra nella ricerca del massimo della funzione

21 μ min < gv, ( σ ) > S = Max ( h R sin σ ) θ (48 ). Il Pantheon Caratteristiche strutturali del tempio La grande cupola semisferica, di circa 43,30 m di diametro, alta quindi 21,65 m, poggia su di un cilindro in muratura di pari altezza, sicché l altezza interna complessiva della costruzione è di 43,30 m (Fig. 28) Il grande spessore del muro circolare, di circa 6,50 m, non consentiva di aprirvi delle finestre cosicché, per far penetrare l aria e la luce del sole, si dispose, al sommo della cupola, un occhio, costituito da una apertura circolare di 9 m di diametro. Il pronao, più grande di quello del Partenone di Atene, ha sedici colonne, otto di granito grigio verde ed otto di granito rosa,forse provenienti dall Egitto, poste su tre file, che si elevano da un piano rialzato rispetto al livello della piazza e sostengono il timpano e la relativa copertura. Il diametro del fusto delle colonne, costituito da un singolo monolite che pesa oltre 50 t, è di circa 1,50 m. L altezza del solo fusto, che presenta un entasi, è di circa otto volte il diametro, cioè di 12 m. L altezza complessiva delle colonne, compreso il capitello corinzio, è di circa 14 m. Le colonne d angolo presentano, secondo le regole di Vitruvio, un diametro del fusto leggermente maggiore rispetto alle altre. Di tutte le parti costituenti la struttura del Pantheon, la Rotonda, con la relativa copertura, è quella più importante ed appare straordinaria.

22 Figura 28 Sezione trasversale del Pantheon (de Fine Licht 1968). La fondazione della Rotonda è costituita da un anello continuo di concreto, o calcestruzzo romano, della larghezza complessiva di 7,50 m e dello spessore di 4,50 m, dello stesso tipo quindi della fondazione del Colosseo. Tale anello è ricoperto da una cortina di semilateres, mattoni triangolari ottenuti dal taglio in due parti dei mattoni quadrati, i bessales, aventi lato di lunghezza pari ad un piede e mezzo romano, cioè circa 45 centimetri. In tal modo il rivestimento in mattoni risulta, attraverso la forma triangolare, incastrato nel nucleo interno e quindi molto difficilmente staccabile. La parete cilindrica di perimetro e di sostegno della grande cupola è formata, fino alla prima cornice e per un altezza di circa m. 12,50, da un nucleo in concreto, ottenuto quindi infiggendo scaglie di travertino e di tufo nei letti di malta, rivestito anch esso da un paramento in semilateres. Con regolarità e alla distanza di ml. 1,20 vi sono ricorsi orizzontali di bipedales, i larghi mattoni quadrati romani di circa 60 cm di lato. Dalla prima cornice fino all imposta della volta,

23 per un altezza di circa 9,50 m, la muratura è analoga a quella dello strato inferiore, ma il nucleo in concreto è ottenuto usando come caementa frammenti di laterizio e di tufo. La cupola in concreto presenta internamente la semplice geometria della semisfera: si può quindi immediatamente riconoscere il disegno simbolico di Archimede della sfera inscritta nel cilindro. La definizione dell effettiva lunghezza di questo diametro è dibattuta. La convessità del pavimento, i vani interni, le colonne sul perimetro interno, determinano infatti incertezze nella definizione del raggio della sfera. La misura riportata nella Fig. 28, di de Fine Licht, non è universalmente accettata. Un altro studioso, Mark Wilson Jones (2000), ha ricostruito l idea geometrica di base del progetto: il quadrato inscritto alla base della cupola, sugli assi delle colonne interne, ha lato eguale alla larghezza del portico anteriore del Pantheon, misurata tra gli assi delle colonne di estremità. Il diametro della sfera eguaglia quindi la larghezza del portico, di 150 piedi romani, pari a 150 x 0,297 = 44,55 m. La lunghezza di 44,55 m dovrebbe allora ritenersi la precisa misura del diametro del volume sferico interno del Pantheon e quindi fornisce l effettiva misura del diametro della cupola. Esternamente, invece, la forma della cupola è più complessa per ragioni strutturali. La parete cilindrica al di sopra dell imposta, prosegue per un altezza di circa 8 m ed esplica, con il suo peso, un efficace azione di contenimento della spinta della cupola e di contrappeso sulla parte inferiore della parete. L altezza totale della facciata della Rotonda risulta pari a m. 30,50. Esternamente, quindi, la cupola sembra cominciare al di sopra dell ultima cornice a partire da un filo arretrato di circa 3 metri dal bordo esterno della parete. La parte inferiore dell estradosso della cupola è terrazzata con sette gradoni; al disopra di essi l estradosso della cupola corre parallelamente alla curva di intradosso; al centro vi è poi l apertura circolare, l oculus della cupola. La volta, che si suppone essere stata costruita su di una centinatura semisferica, è costituita, dall imposta fino all altezza di 11,75 m, da un concreto ottenuto allettando laterizio minuto e malta con ricorsi di bipedales (Lugli, 1938). Oltre tale livello e per un altezza di ml. 2,25, l opus caementicium è realizzato con frammenti di tufo giallo e laterizio e ricorsi di

24 bipedales ravvicinati. Poi, fino all anello di chiave della volta, il concreto è realizzato con frammenti di tufo e leggere scorie vulcaniche provenienti dalle aree vesuviane. La distribuzione dei diversi materiali nella struttura della cupola è frutto di una cosciente e razionale scelta: i mattoni più pesanti ed il travertino, di maggiore densità e resistenza, sono disposti in basso; superiormente, seguono strati di materiali a densità via via decrescente come il tufo giallo, il cappellaccio, la pomice e le scorie vulcaniche. La Fig. 29 illustra la diversa composizione delle muratura della cupola. Figura 29 I diversi materiali di cui è composta la cupola (Lancaster, 2007). Lo spessore della cupola, di circa 6 metri alle imposte, si riduce a 1,50 m in prossimità dell occhio, dove essa termina con un anello circolare che contiene l apertura centrale. Questo anello, dello spessore di circa 180 cm in verticale, è costituito da due cerchi di bipedales disposti radialmente: nello spessore ognuno degli anelli è composto da tre file di mattoni posti uno sull altro. Tutto l estradosso della cupola è ricoperto da semilateres disposti a taglio ed a spina di pesce e da un soprastante strato di opus signinum

25 conglomerato fortemente costipato mediante battitura ed ottenuto da una miscela di piccoli frammenti di pietra e malta che garantiva l impermeabilità della copertura, sul quale poggiavano le tegole di bronzo dorato, oggi sostituite da una coperta di piombo. Internamente la parte inferiore della volta è suddivisa in 28 lacunari disposti su 5 ordini, oltre i quali si trova l ultima parte della volta con l occhio centrale, il foro di luce. Il numero 28, caro ad Euclide, perché numero perfetto in quanto pari alla somma dei suoi divisori, va ricondotto ai giorni lunari. Figura 30 Gli archi di scarico presenti nella Rotonda (da Lancaster, 2007). La divisione del cerchio in 28 parti era all epoca un complesso problema di geometria. Il problema è ovviamente connesso a quello della divisione del cerchio in 7 parti di cui si era occupato Archimede (Martines, 1989).Le incavature quadrangolari dei lacunari assolvono anch essi alla funzione di alleggerimento della volta. Sempre internamente, la parete cilindrica verticale sottostante la cupola è bipartita in un attico, originariamente scandito da 64 specchiature di marmi policromi incorniciate da paraste di porfido, e da un sottostante

26 ordine costituito da una sequenza di vani. L anello cilindrico della parete, dello spessore di circa 6 metri, non è a struttura compatta, ma contiene cavità e camere ed è aperto verso l interno con grandi nicchie. Vi sono otto larghe esedre, di cui due sull asse principale, due sull asse trasversale e le restanti quattro sugli assi diagonali. Le prime quattro hanno pianta semicircolare, eccetto quella posta nell ingresso, mentre le altre quattro sono a pianta pressoché rettangolare. Colonne dall interno delle esedre sostengono la trabeazione che corre al di sopra delle esedre. Per ricavare tali vani nella parete muraria la tecnica dell arco di scarico viene usata in modo sapiente. Archi di scarico sovrastanti i vani si intravedono infatti dall esterno nella muratura della Rotonda ad intervalli regolari. Archi sono inoltre presenti nella muratura al di sopra delle esedre (Fig. 30). Durante le ricerche compiute dalla Sovrintendenza ai Monumenti del Lazio, tra il 1929 ed il 1934, si poté riconoscere che la cupola non presenta costolature interne. La cupola è quindi costruita in concreto a densità variabile, via via decrescente con l altezza. La sua tenuta nel tempo è dovuta all ottima fattura sia del rivestimento che del calcestruzzo e delle malte. La composizione del calcestruzzo romano, l opus caementitium, ci è data da Vitruvio: structura ex caementis calce et harena: genus pulveris (pozzolana) mixtum cum calce et caementa. La cupola, secondo quanto si riscontra in letteratura tecnica, sarebbe stata realizzata gettando il concreto su di una centina semisferica di legname contenente i risalti necessari per la realizzazione dei lacunari. Si può anche presumere che si sia operato con centinature anulari parziali. Si deve presumere che il getto del calcestruzzo, per tutta la parte più bassa della cupola, sia avvenuto per cerchi successivi e che il getto di un anello non venisse effettuato se quello sottostante non avesse acquisito sufficiente consistenza. Il getto degli anelli più interni, quelli che delimitano l oculus, avrebbe forse richiesto una centinatura più complessa. Durante alcuni lavori di manutenzione, negli anni , vennero alla luce importanti fessurazioni nella facciata della Rotonda. Con le ricerche effettuate nel 1936 si poté approfondire lo studio dello stato di dissesto presente nelle murature del Pantheon.

27 Vennero così evidenziate, sia nel cilindro che nella cupola, lesioni che erano state sottoposte ad antiche riparazioni. Le lesioni erano antiche e dovevano aver avuto origine subito dopo il completamento della costruzione del tempio. Furono anche evidenziati antichi lavori di rinforzo delle fondazioni. L iscrizione di Settimio Severo posta sull architrave del pronao, che ricorda i lavori di consolidamento del monumento vetustate corruptum, eseguiti nel 202 d. C, deve quindi alludere a lavori di consolidamento eseguiti sul monumento danneggiatosi poco dopo la sua costruzione. In vari punti dell edificio i rinforzi alle pareti e agli archi vennero realizzati con mattoni che riportavano stampigliate date coincidenti con il periodo del regno di Settimio Severo e con la data dell iscrizione. La Fig. 31 riporta le lesioni rilevate nel 1934 da Terenzio nello sviluppo della cupola. Figura 31 Le lesioni rilevate da Terenzio all intradosso della cupola (de Fine Licht 1968) La spinta della cupola del Pantheon Si passa ora a valutare la spinta esercitata dalla cupola del Pantheon sul tamburo di base, ammettendo l incapacità del conglomerato, di cui la cupola è costituita, di assorbire sollecitazioni di trazione. I quadri fessurativi, riportati nella precedente Fig. 31, testimoniano la mobilitazione della spinta, come rilevato da Terenzio. Una volta prodottasi tale fessurazione, l assetto statico della cupola

28 rimane costante e stabile nel tempo. In tale assetto, d altra parte, la cupola esplica la sua minima spinta (Como, 2000). In quanto segue la valutazione della minima spinta della cupola del Pantheon è effettuata in linea con quella svolta dagli studenti Ferri A. e Pecci V. ( ), considerando l effettiva distribuzione dei pesi delle varie parti della cupola ed inoltre ipotizzando che si sia in essa instaurato lo stato di minima spinta So. Si è pertanto considerato uno spicchio di cupola avente un ampiezza di 45. Lo spicchio è stato suddiviso in 38 conci di ognuno dei quali, tenendo conto del peso specifico corrispondente del conglomerato alla relativa quota, è stato valutato il peso. La Fig. 32 riporta nella tabella allegata i pesi dei 38 conci. La somma dei pesi di tutti i conci dello spicchio considerato risulta pari a 2377,73 t: il peso W dell intera cupola è quindi pari a W = 2377,73 x 8 = ,85 t. Figura 32 La distribuzione dei carichi agenti sullo spicchio di cupola. È interessante inoltre osservare come il peso della cupola risulti fortemente concentrato verso le imposte. Ciò ha conseguenze notevoli nei riguardi dell entità della spinta esplicata dalla cupola. Nelle Figg. 33 e 34 sono riportate le curve delle pressioni corrispondenti a diverse localizzazioni dei punti di partenza della

29 curva alle imposte e in chiave. La curva di minima spinta S o è la curva C3. Da tali figure si nota come le curve delle pressioni non intercettino le forze peso più esterne. Esse possono infatti intercettarle solo al di sotto dell imposta. È il peso dell elevazione della parete muraria del tamburo, che si eleva sapientemente al di sopra dell imposta, a deviare ulteriormente la curva delle pressioni all interno della Rotonda al di sotto dell imposta. La curva delle pressioni corrispondente alla spinta minima S min tra tutte quelle staticamente ammissibili, cioè contenute nello spessore della cupola, è quella che passa, all estradosso, per il punto di attacco della cupola con l anello centrale superiore e per il punto di tangenza all intradosso, localizzato tra le reni e le imposte. La curva C3 risulta così tangente all intradosso e all estradosso della cupola, in modo da determinare la possibilità di una deformazione da meccanismo che asseconda il piccolo allargamento all imposta, derivante dalla deformazione del tamburo. Figura 33 Curve delle pressioni C1, C2, C3. Figura 34 Curve delle pressioni D4, D5, D6. Per lo spicchio considerato, pari ad 1/8 dell intera cupola, dai calcoli effettuati la spinta è pari a 186,22 t. Il valore calcolato di tale spinta è stato anche controllato utilizzando il metodo cinematico di minima spinta discusso al par. 5.5 della Sez. II. La spinta cercata può

30 infatti essere anche ottenuta anche come massima tra tutte le spinte cinematicamente ammissibili. Figura 35 Le successive risultanti delle forze agenti su di uno spicchio della parete della rotonda. Considerando che il raggio medio della cupola R m = 22,27 + 3,25 = 25,52 m, alla spinta S o corrisponde una spinta per metro lineare di circonferenza media all imposta pari a 186,22 x 8/(π x 2 x 25,52) = 9,29 t/ml. Tale spinta risulta circa tre volte più piccola della spinta per metro lineare esercitata dalla cupola di S. Pietro in Roma, che, come si vedrà più avanti, è pari ad oltre 30 t/ml. La ridotta spinta viene

31 trasmessa alla parete cilindrica della Rotonda: la presenza del sovralzo della parete al di sopra della quota di imposta della cupola, determina immediatamente la deviazione della reazione della cupola verso l interno della parete. Il forte peso della parete stessa, unitamente al suo notevole spessore determina una piccola eccentricità della risultante alla base con modesto impegno delle strutture di fondazione (Fig. 35). Una situazione sostanzialmente simile è stata riscontrata da altri Autori (Lancaster, 2007). In definitiva può dirsi che la spinta esercitata dalla cupola sul tamburo ha agito pertanto con mano leggera nei 1900 anni trascorsi. Ciò non è casuale. Il progettista del Pantheon era ben conscio degli effetti della spinta sul tamburo di base e sulle fondazioni. La sapiente scelta dei materiali, a densità decrescente verso lo zenith, costituenti l opus caementicium della cupola, il disegno dell innesto della cupola nel tamburo, il sovralzo del tamburo al di sopra dell imposta della cupola stessa, gli alleggerimenti nella cupola prodotti dai lacunari, sono tutte soluzioni progettuali tese a ridurre la spinta. Analogamente, il prosieguo della parete cilindrica della Rotonda al di sopra dell imposta della cupola e il grosso spessore della parete della Rotonda sono provvedimenti tesi a ridurre gli effetti della spinta sulle strutture di sostegno della cupola. Come si vedrà più avanti, l azione spingente della cupola del Pantheon sulle sue strutture di sostegno è di gran lunga più piccola rispetto a quella delle grandi cupole del Quattrocento o del Cinquecento: tra queste la cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze e quella di San Pietro a Roma sono le più significative. La cupola barocca dell Assunta di Gian Lorenzo Bernini 8.1. Descrizione della cupola La cupola dell Assunta, di Gian Lorenzo Bernini, costruita ad Ariccia nei Castelli di Roma tra il 1662 e il 1664, è a pianta circolare ed a sesto leggermente rialzato, con un profilo estradossato, e poggia

32 direttamente su una corona di otto archi, sorretti da altrettanti pilastri costituenti il tamburo (Fig. 82). Il diametro interno della calotta all imposta è pari a 77 ½ palmi, circa 17,3 metri, l altezza è di 31 palmi, circa 9,60 m. Lo spessore all imposta della cupola è di 3,80 m. All altezza del cornicione esterno, a circa 60 cm dall imposta, lo spessore è di circa 1,50 m, mentre è di 0,40 m alla sommità. L altezza della calotta, pari a 9,60 m, corrisponde a poco più del raggio della cupola, e ciò spiega il profilo leggermente rialzato della Rotonda. Il rapporto tra la luce e lo spessore alle reni della calotta è pari a circa 1/10, secondo le regole esposte da Carlo Fontana nel Templum Vaticanum. Figura 82 La sezione della cupola dell Assunta. Sicuramente consapevole dell entità della spinta che il profilo della

33 calotta trasferisce sulle strutture sottostanti di sostegno, il Bernini progetta gli otto pilastri, sui quali si imposta direttamente la cupola, con uno spessore pari a circa 3,60 m (16 palmi), mettendosi in linea con le regole di sicurezza del tempo: in tal modo il rapporto tra lo spessore dei contrafforti e il diametro interno è 1 a 5. La lanterna si innesta nell occhio della cupola a circa 10,30 m dalla linea di imposta della cupola, con uno spessore di circa 60 cm e ha un altezza di 2,0 metri: il profilo del cupolino della lanterna, a differenza della più grande cupola, è esattamente semisferico. Il diametro del cupolino misura circa 4,00 m. Oltre all artificio dei pilastri contrafforti, il Bernini, per garantire maggiore sicurezza statica, inserisce ben quattro catene di ferro all interno Analisi statica Le lesioni presenti nella cupola sono quelle tradizionali, sottili in spessore, che corrono lungo i meridiani e suddividono la cupola, nella sua parte inferiore, in otto spicchi La natura e la posizione di queste lesioni denunzia con chiarezza l avvenuto allargamento dell anello di base della cupola e delle relative strutture di sostegno. L assetto statico della cupola è verosimilmente vicino a quello di minima spinta. La statica della Rotonda, sottoposta a carichi verticali, può essere analizzata secondo quanto precedentemente esposto, facendo ad esempio riferimento ad uno degli otto spicchi in cui la fessurazione meridiana prodottasi ha diviso la cupola. Il peso dei vari conci costituenti lo spicchio sono riportati nella tabella che segue. Peso dei conci costituenti lo spicchio ed il peso delle corrispondente quote di lanterna, pilastro e fondazione

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