Il consolidarsi di una nuova strategia di brand per il vino italiano: verso comportamenti tipici dei beni del lusso accessibile?

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1 Il consolidarsi di una nuova strategia di brand per il vino italiano: verso comportamenti tipici dei beni del lusso accessibile? Massimo Paoli Università degli Studi di Perugia Simone Poledrini Università degli Studi di Perugia 1. Introduzione Negli ultimi anni il settore vinicolo mondiale è notevolmente cambiato e in particolare sembra che molte delle principali regole di marketing, comprese alcune delle più assodate, siano mutate e si siano complessizzate. Due fenomeni su tutti possono essere segnalati. Da un lato sono entrati nel mercato dei nuovi attori, a conferma dell avvenuta globalizzazione, sia dal lato della domanda sia da quello dell offerta (Campbell & Guibert, 2006). Dall altro, alcune delle principali politiche di branding del vino si sono modificate andando incontro alla planetarizzazione dei consumi che comprende molti fenomeni fra i quali, si segnala, l emergere di un nuovo segmento di mercato all interno dei beni di lusso. Tali nuovi beni di lusso si stanno spostando verso una vocazione popolare rispetto ai tradizionali prodotti e per questo, infatti, sono stati chiamati da alcuni autori beni del lusso accessibile (Silverstein & Fiske, 2003). In questo quadro il legame tra brand e territorio, espresso da sempre dalle indicazioni di origine V.Q.P.R.D. (ovvero dei vini di qualità prodotti in regioni determinate), che in Italia si traducono in DOCG, denominazione di origine controllata e garantita, DOC, denominazione di origine controllata, oppure IGT, indicazione geografica tipica, sembra articolarsi, rafforzandosi in alcuni casi, verso la direzione di interrompere, fino a scomparire, tale legame. Le presenti problematiche costituiscono l oggetto di studio di questo lavoro. In altre parole, il trend verso il quale il settore vitivinicolo di media-alta gamma sembra dirigersi è la valorizzazione di prodotti globali di elevata fascia di prezzo (godendo di un più rilevante premium price) con un debole legame con il territorio e più in generale al concetto di terroir. Tali nuovi vini si riferiscono a regioni molto vaste (per esempio, in Toscana sono prodotti i

2 supertuscan ) e come riferimento tipico hanno la semplice dicitura di vino da tavola (Zampi, 2003) 1. Tali brand di prodotto, che quindi non hanno riferimenti alle DOCG e assimilati o, più in generale, al terroir, si caratterizzano per avere un premium price, una comunicazione e dei profili di immagine elevati e pertanto assimilabili agli emergenti beni del lusso accessibile. Con il presente lavoro si vuole dare avvio ad una riflessione, attraverso la duplice analisi qualitativa e quantitativa, circa le attuali politiche di marca dei principali produttori italiani di vino. Allo scopo di capire se esiste un fenomeno evolutivo del marketing mix dei top wine, ed in particolare del branding, e se vi sono i presupposti per trasformare il prodotto bottiglia di vino (ovviamente il riferimento è ai prodotti brand leader del brand portfolio o top wine, non certo a tutte le tipologie di vino) in un prodotto del lusso accessibile. In particolare, viene studiato se è in corso un riposizionamento della relazione tra il brand, in questo caso la marca del vino con o senza riferimenti territoriali (perciò semplice vino da tavola, come nel caso del vino Tignanello, tanto per fare un esempio), e la fascia di prezzo in cui il vino è venduto. A tale fine sono stati estrapolati una serie di dati provenienti dal Gambero Rosso in riferimento a 130 cantine, ovvero tutti i produttori italiani di vino con una produzione annua di almeno un milione di bottiglie nel 2007, per un totale di etichette. 2. Principali caratteristiche dei prodotti di lusso Negli ultimi venti anni il settore dei prodotti di lusso ha acquistato una crescente importanza in termini di volumi di vendita rispetto agli anni precedenti. Le ragioni di tutto ciò sono riscontrabili in almeno due processi convergenti (Carcano & Catalani, 2007; Della Bella, 2002). Da un lato si sono verificati alcuni cambiamenti macroeconomici e sociali dalla parte dei consumatori, come per esempio la polarizzazione dei redditi, ovvero la crescita quantitativa delle fasce estreme dei redditieri, che ha portato all estensione delle fasce dei consumatori a alta e bassa disponibilità (tutto ciò a discapito della fascia media). Dall altro, la crescente attenzione da parte delle imprese del lusso verso la fascia dei consumatori a medio - alta disponibilità economica sta cambiando le tradizionali regole del marketing delle imprese del lusso. Tali imprese stanno allargando la loro offerta spostandosi dal soddisfare solo la ristretta elite della società alla più ampia fascia dei redditieri medio alti (Vigneron & Johnson, 2004). 1 Alcuni studiosi hanno individuato questo fenomeno già da tempo, in particolare si veda Zampi (2003, capitolo 3), tuttavia nel presente lavoro si vuole aggiungere una nuova sfumatura rispetto ai contributi precedenti. 2

3 Un prodotto per essere considerato di lusso deve avere un alto livello della qualità percepita, un prezzo relativamente alto, un elevato livello di valori intangibili, come per esempio il valore del brand, e un premium price. Per livello della qualità percepita si intende la capacità di un prodotto di soddisfare appieno i bisogni primari per cui i consumatori acquistano il bene, differenziando quest ultimo dai prodotti concorrenti. Per incorporare tutti i valori intangibili per i quali è riconosciuto il prodotto di lusso 2, questo ultimo deve saper soddisfare i bisogni primari dei consumatori in modo esemplare. Perciò, i beni di lusso, prima della loro capacità di evocare sensazioni di eleganza e classe, di status symbol e così via, negli utilizzatori, devono trasmettere, in senso stretto, la certezza di essere dei prodotti affidabili e sicuri dal punto di vista della performance. Difficilmente un bene potrebbe essere un prodotto da sogno se non fosse affidabile o non fornisse le prestazioni essenziali per le quali è acquistato. Il valore assegnato dal consumatore ai fattori intangibili, cioè i benefici psicologici che l acquisto del prodotto procura, deve superare quello dei tangibili. E proprio quest ultimo aspetto, legato all alto contenuto simbolico dei prodotti di lusso, che permette ai produttori di tali beni di poter godere di un prezzo che è, appunto, premium (Poiani, 1994). Riepilogando, i beni di lusso possono essere visti come prodotti complessi che sono caratterizzati da una molteplicità di aspetti e con caratteristiche principalmente a sfondo psicologico quali (Nueno & Quelch, 1998): un elevata capacità di soddisfazione del bisogno primario per il quale il prodotto è acquistato dai consumatori; il possesso di valori e tradizioni proprie delle lavorazioni subite, come spesso capita, ad esempio, dai prodotti ottenuti in modo artigianale eseguiti rispettando una tradizione storica 3 ; l identificazione del design del prodotto con il produttore da parte dei consumatori in modo facile ed inequivocabile, tale da rendere, in linea teorica, inutile ai consumatori persino il controllo dell etichetta 4 ; delle produzioni in quantità limitate. Tale caratteristica ha un duplice scopo. L oggettiva problematica nel produrre grandi lotti per dei prodotti ad alto contenuto 2 Un automobile Rolls-Royce, tanto per fare un esempio. 3 I gioielli di Tiffany incorporano la sapienza delle lavorazioni a mano e queste portano al gioiello l aura della sapienza operativa che è stata necessaria per ottenerlo, una tradizione vecchia di oltre un secolo e mezzo. 4 Per esempio, il tessuto, in alcuni prodotti di maglieria dell alta moda, funge di per sé come marchio d origine del produttore, come nel caso dello stilista Missoni. 3

4 artigianale e di qualità e l utilizzo delle liste di attesa allo scopo di creare nei consumatori elevate aspettative rispetto al prodotto 5 ; un profilo di immagine molto alto e globale del quale fa parte integrante il prezzo elevato; il legame con la cultura del paese del produttore per sottolineare l affidabilità e la reputazione del mix prodotto-paese; dei brand esclusivi all interno del segmento di mercato di riferimento. Il consumatore nell acquistare il prodotto deve percepire il senso dell unicità del prodotto rispetto ai concorrenti del settore. All interno della generale categoria dei beni di lusso è possibile individuare dei sotto raggruppamenti in base a delle differenti variabili che possono essere prese in considerazione. Una prima distinzione riguarda l intensità del profilo di immagine (della fama più o meno mondiale) di cui il brand gode e da questo punto di vista è possibile osservare due tipologie di beni di lusso identificati con i seguenti brand (Nueno & Quelch, 1998): limited awareness brands, rappresentati, solitamente, da produzioni ad alto contenuto artigianale e rivolte a particolari nicchie di mercato (che almeno all inizio, e per una lunga fase possono non avere una fama mondiale) e well-known brands, che possano riferirsi a prodotti ben conosciuti a livello globale e quindi si rivolgono ad un ampio mercato internazionale. A seconda del grado di accessibilità del brand da parte delle diverse fasce di reddito dei consumatori è possibile individuare tre differenti tipologie di lusso: il lusso inaccessibile, intermedio e accessibile (Vickers & Renand, 2003). I brand di lusso inaccessibile sono rivolti alla classe d elite della società e rappresentano prodotti unici. Tali beni sono contraddistinti, tra l altro, da prezzi iper-elevati e, inoltre, si caratterizzano per il fatto che danno ai consumatori, che li acquistano, un elevato prestigio sociale, identificando questi ultimi con la classe sociale più agiata 6. I brand del lusso intermedio sono utilizzati per i prodotti che si rivolgono ad una clientela ad elevata disponibilità con prodotti cui possono accedere ancora un numero limitato di consumatori, ma non più prodotti unici o tendenzialmente tali. 5 La Ferrari, per esempio, mantiene la propria offerta costantemente al di sotto della domanda, sia limitando la produzione di certi modelli, sia assumendo atteggiamenti vintage, al fine di tenere alta la percezione nei consumatori. In altre parole, l acquisto di una Ferrari è da considerarsi da un lato esclusivo, dall altro addirittura quasi come un privilegio. 6 La dinamica del mercato delle barche da diporto ci dice che attualmente il segmento dei super-yacht (barche sopra i 50 metri) è uno di quelli che va meglio. 4

5 Per ultimo, vi sono i così detti brand del lusso accessibile (o come viene definito a volte, non senza una qualche ironia, del lusso democratico ) che sono rappresentati da quei prodotti o servizi che, acquistati ancora da classi sociali a medio - alto reddito disponibile, risultano caratterizzati da un livello più alto di qualità, di raffinatezza e di attrattiva rispetto agli altri della stessa categoria, ma non più così costosi da risultare inarrivabili come i prodotti appartenenti alle prime due fasce della presente tassonomia (Silverstein & Fiske, 2003,, 2004). Negli ultimi anni proprio quest ultima tipologia di brand del lusso accessibile sta riscuotendo particolare attenzione da parte delle imprese perché tali beni sono venduti ad un prezzo molto più alto dei beni tradizionali concorrenti e con volumi maggiori rispetto ai beni appartenenti al lusso tradizionale (corrispondenti alla tipologia del lusso inaccessibile e intermedio della presente classificazione). Permettendo, di conseguenza, il raggiungimento di elevati volumi di vendita per le aziende produttrici dei beni di lusso. Ai beni del lusso accessibile si stanno rivolgendo anche quei consumatori che sebbene non dispongano di un reddito medio - alto stanno iniziando a effettuare i propri acquisti con una maggior selettività rispetto al passato. Il comportamento di questi nuovi acquirenti del lusso si sta polarizzando verso due estremi. Da un lato i consumatori spendono relativamente tanto per i beni ad elevato contenuto emotivo e simultaneamente risparmiano il più possibile sugli altri versanti della spesa, acquistando prodotti di più basso prezzo, o private-label, nei discount. I consumatori del lusso accessibile effettuano una politica della spesa mirata, molte risorse sono destinate ai beni ritenuti importanti emotivamente, mentre forti risparmi sono messi in atto per quei beni che sono considerati emotivamente non importanti (Silverstein & Fiske, 2004). Ai fini delle riflessioni che seguiranno saranno considerati proprio i beni del lusso accessibile come possibile nuovo riferimento per strategie di branding più consapevoli da parte delle imprese vitivinicole italiane, considerando che quelle delle imprese dei paesi nuovi (dove il terroir non c è o va creato e quindi non può essere utilizzato come fatto distintivo) già da qualche tempo vi sembrano orientate (Silverstein & Fiske, 2004). 3. Le strategie di branding dei vini italiani Le strategie di marca dei vini italiani si sono mosse nell intorno delle due classiche grandi categorie di identificazione del vino (Rouzet & Seguin, 2006): 5

6 l identificazione attraverso il collegamento all area tipica della produzione, cioè i vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.); l identificazione sganciata dal collegamento con l area di produzione nel caso dei prodotti marcati come vini da tavola. Il primo gruppo di vini si caratterizza per un brand che possiede come minimo: il legame del vino con il territorio, perché deve provenire da zone di produzione limitate, il legame del vino con un terroir, giacché deve rispondere a determinati requisiti di giudizio estetico - gustativo (profumi, persistenze, retrogusti, corpo, gradazione alcolica ecc.) che identifichi uno specifico ambiente estetico-geologico-microclimatico-gustativo riconosciuto, indicazione che ha qualcosa di geografico solo perché si trova da qualche parte, ma non è la località geografica qui ad interessare, il legame e la rispondenza del vino ai disciplinari adottati nell area riconosciuta istituzionalmente. Il secondo gruppo è quello costituito da tutti i vini che non rientrano nel primo gruppo. Il branding dei vini del primo raggruppamento è necessariamente contraddistinto da una sovrapposizione di indicazioni 7 (oltre alle altre obbligatorie e non) quali: il nome del produttore (il leader del processo di trasformazione, non necessariamente il produttore delle uve), il nome del prodotto (utilizzabile con riferimento ai regolamenti disciplinari), un nome di fantasia del prodotto, l aggiunta, sempre secondo i disciplinari, di un indicazione rafforzativa di qualità (ad esempio l identificazione Riserva ) e il riferimento all area (con due possibili indicazioni una più alta di DOCG e una più bassa DOC, cui si aggiunge una terza più generica di IGT). Per i vini da tavola, cioè per quelli appartenenti al secondo gruppo della precedente tassonomia, di norma il branding si limita a mostrare 8 : il produttore, il nome del prodotto, indicato con il nome generico dell uvaggio, e il nome di fantasia del prodotto. Per molto tempo la distribuzione del vino per fascia di prezzo ha seguito la logica della qualità evidente e certificata garantita dalle DOCG, DOC ecc., una strategia non rinnegata, 7 Un esempio di branding senza nome di fantasia potrebbe essere: Castello Tal dei Tali Chianti Classico DOCG. Un esempio con rafforzativo e nome di fantasia, Castello Tal dei Tali Chianti Classico Riserva Barone Rossi DOCG, oppure Castello Tal dei Tali Chianti Classico Riserva Vigoroso DOCG. (ovviamente le alternative sono molto più numerose). 8 Un esempio di branding di questo tipo potrebbe essere Castello Tal dei Tali Chianti (nessun riferimento a disciplinari, il castello Tal dei Tali cui ci si riferisce potrebbe non esistere affatto, ed inoltre non ci sono riferimenti a DOCG e DOC, pertanto non c è garanzia di provenienza del vino), Castello Tal dei Tali Chardonnay, Castello Tal dei Tali Chianti Rustichino, Chianti Topolino, oppure solo il nome del produttore ed il nome di fantasia come ad esempio Tal dei Tali Topolino. 6

7 ma sottoposta a modifiche e affiancamenti di un certo rilievo. Un ruolo di grande peso l hanno avuto, a questo proposito, i brand ombrello nati con i consorzi di protezionepromozione dei vari vini legati alle DOCG-DOC ecc., i quali hanno generato nel corso degli anni molti successi, ma anche molte problematiche. Così i vini con prezzi icon o ultra-super premium sono stati a lungo vini legati al territorio, al terroir e così via, ed in larga parte lo sono ancora (Mattiacci & Maralli, 2007; Romano, 2003). Recentemente, insieme alla precedente strategia sono emerse altre politiche di marca non collegate dall identificazione dell etichetta del vino con un territorio determinato o con un terroir. Da un lato è riemersa con forza una politica di marca tesa ad identificare prodotti popolari a prezzi molto bassi e profili di immagine estremamente orientati a valorizzare l innovazione di prodotto, di confezione, d uso del canale distributivo e così via, con l utilizzo strategico della marca tipico del mondo dei più classici convenience good. Dall altro invece, si è prodotto un vero e proprio break-through con l emergere degli accessible luxury wine (Silverstein & Fiske, 2003). La strategia di branding con cui questa ultima categoria di vini innovativi e di elevata qualità si è contraddistinta è il punto che ci interessa evidenziare in questo lavoro. L impressione, infatti, è che l emergenza di tali prodotti offerti con delle strategie di marca del lusso accessibile abbiano cambiato in modo definitivo il mercato del vino, dividendolo in almeno tre segmenti: l area dove si vende ancora vino come beni di lusso tradizionale (territorio e terroir), l area dove si vende vino con strategie di marca distintiva tipicamente convenience (senza territorio né terroir) e l area dove si vende una nuova categoria di prodotti del cosiddetto lusso accessibile (senza territorio e terroir), ma con un forte valore del brand. L ipotesi della presente ricerca è che sia stato proprio il cambio di strategia di branding a sancire la rottura tra i mondi. I luxury wine cominciano ad essere anche vini della tipologia da tavola, identificati come tali con marche di prodotto e nomi di fantasia. Sono vini che vengono offerti con una precisa strategia di marca di prodotto e normalmente hanno l impostazione del brand secondo il nome del produttore e di un nome di fantasia. Non si tratta solo di un cambio di strategia di marca, ma anche, in parallelo, e simultaneamente, di un nuovo paradigma evolutivo del prodotto che, potendo uscire dai limiti dei disciplinari, può innovarsi come mai era avvenuto in passato. Blend diversi da quelli imposti dal territorio, unicità e riconoscibilità del prodotto (attraverso strategie di marca diretta alla singola soluzione, spesso un blend completamente nuovo, senza riferimenti classici a territorio o terroir) sono le nuove leve strategiche alla base dei vini emergenti nella gamma più alta. Inoltre, la ricerca di un immagine di prodotto, ottenuta anche adottando 7

8 strategie di prezzo elevato e trading-up sistematico, rappresentano le emergenti strategie dei produttori di vino di media-alta qualità. La presente trasformazione, fatta di innovazione di prodotto, di strategia di marca e di prezzo, ha introdotto il prodotto vino verso una profonda mutazione. In termini evolutivi non si sa ancora se tale mutazione porterà verso la creazione di un mulo, cioè di un cambiamento temporaneo non in grado di permanere, degli hopeful monster, che segnano la svolta evolutiva verso l avvicinamento di un nuovo prodotto, oppure si è già in presenza di una nuova specie di prodotti. I top wine dei vini da tavola competono in un area di mercato completamente diversa da quelle originali e molto differente da quella immaginata anche dagli operatori più brillanti ed open-mind. Il vino con queste politiche di innovazione di prodotto e di marca diventa stabilmente un componente tipico di quel portafoglio di mercati-ambiti-ambienti cosiddetto del lusso accessibile, con forti condizionamenti dalle dinamiche delle mode in essi imperanti. Nel nuovo mercato globale, dai legami più deboli con il concetto di terroir, con consumatori più aperti alla sperimentazione e meno radicati in una qualche tradizione estetico - gustativa, è probabile che l innovazione di prodotto e le politiche di identificazione del prodotto in quanto tale (con annessa la sua specifica strategia di costruzione dell immagine), possano influenzare sempre più la formazione dell intero portafoglio dei prodotti e soprattutto dei brand, in specie nel caso delle imprese tese a competere nel mercato globale. E chiaro il fatto che non è ritenuto possibile che gli approcci estetico - gustativi al vino si globalizzino. Non ci saranno né consumatori né prodotti globali, ma imprese globali con dimensioni produttive, portafogli di prodotti e strategie di marca articolate in tal senso. A questo proposito, a partire dai dati presenti nella guida del Gambero Rosso Slow Food del 2008 è stata testata l ipotesi appena esposta. 4. L uso dei nuovi brand come fattore distintivo: un salto evolutivo nel marketing del vino? Sono state individuate 130 imprese, cioè i produttori italiani di vino con almeno un milione di bottiglie prodotte nel Il numero delle marche di prodotto è risultato pari a e di queste sono state analizzate le scelte di branding per capire l intensità e la direzione di marcia dello sforzo di distintività che i produttori italiani ritengono di affidare ai vini con marca generica. A questo proposito si è distinto tra marche con riferimento al territorio, ovvero DOCG, DOC o IGT (sono state definite come marche terroir, cioè riferite per la distintività 8

9 ad un preciso collocamento geografico-geologico-climatico), e marche con nomi di fantasia e del tutto slegate dalla logica territoriale (sono state definite semplicemente marche nonterroir ). Nel 2007 le prime sono risultate 794 (il 71% circa del totale delle marche rilevate), mentre le altre sono state 322 (pari al 29% circa). Le indicazioni di fascia di prezzo, che lo stesso database del Gambero Rosso offre, sono servite per capire se l uso delle marche non-terroir indicano vini di bassa fascia o viceversa segnalano vini di qualità a prezzi elevati. Sono state individuate così tre semplici fasce di prezzo considerate come al consumatore finale 9 : bassa, fino a 7,50 euro a bottiglia; media, fino a 13 euro a bottiglia; alta, maggiore di 13 a bottiglia. Tavola 1. Branding per fascia di prezzo delle imprese analizzate in Italia nel 2007 Fonte: Nostra elaborazione su dati Gambero Rosso (2007). Come è possibile vedere nella tavola 1 il primo dato che emerge, in riferimento alle marche non-terroir, è che queste per il 48% (pari a 153 etichette) del loro totale (corrispondente a 322) identifica vini di alta fascia di prezzo, mentre solo il 19% (60 etichette) indicano vini di bassa fascia di prezzo e il 34% (109 etichette) indica vini di fascia media di prezzo, cioè fino a 13 euro a bottiglia. Per quanto riguarda le marche terroir si può notare che solo circa il 40% di queste (corrispondenti a 316 etichette) sono state utilizzate per vini di fascia alta di prezzo, 9 In realtà il Gambero Rosso (Gambero Rosso, 2007) suddivide i vini in otto differenti fasce di prezzo e cioè: prima (fino a 3,5 euro), seconda (da euro 3,51 a 5 euro), terza (da euro 5,01 a 7,5 euro), quarta (da euro 7,51 a euro 13), quinta ( da euro 13,01 a euro 20) sesta (da euro 20,01 a euro 30), settima (da euro 30,01 a euro 40), ottava ( oltre euro 40). 9

10 mentre il 16% (pari a 130 etichette) per i vini di fascia bassa. Rilevante è il peso delle marche terroir in fascia media di prezzo con ben il 44% del totale (corrispondente a 348 etichette). Quelle imprese, che sono situate nelle regioni nelle quali è più forte il peso dell immagine distintiva del terroir, tendono, generalmente, ad utilizzare il riferimento al territorio senza effettuare avventure in politiche di valorizzazione di marche di prodotto non legate ad un terroir. Dall altro, nelle regioni dove le imprese sono più giovani ed i terroir meno robusti nell immagine internazionale che se ne ha, la scelta del branding è stata decisamente a favore del distinguersi con marche di prodotto non legate a richiami territoriali, soprattutto per indicare vini di alta fascia di prezzo e alta qualità, come nel caso di: Abruzzo, Calabria, Sicilia, Sardegna, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Puglia. Rispetto ai due sopra evidenziati raggruppamenti la Toscana costituisce una eccezione perche sebbene sia ricca di un terroir affermato sembra che l utilizzo delle etichette di tipo non-terroir stia emergendo significativamente. Di seguito saranno dettagliati tre raggruppamenti regionali indicativi di altrettante strategie di branding Primo raggruppamento: il branding dei vini nelle regioni che vantano terroir tradizionalmente pesanti (Piemonte, Trentino - Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia) Le etichette delle imprese di queste regioni sono 448 (di cui 416 con indicazione terroir, pari al 93% del totale e 32 non-terroir, equivalente al 7%). I vini di fascia di prezzo alta sono risultati composti da 192 etichette con riferimento territoriale (corrispondente al 46% del totale) e 12 etichette senza riferimento territoriale (pari al 38% del totale). Solo 29 etichette di tipo terroir, corrispondenti al 7%, e 4 non-terroir, pari al 13 %, indicano vini di fascia bassa di prezzo. Il divario tra numero delle marche di tipo terroir e numero di quelle non legate a indicazioni territoriali indica ancora, in questo raggruppamento, un forte radicamento delle politiche di marca sul valore distintivo del territorio. E comunque indicativo che l uso della marca di tipo non-terroir sia legato, anche in queste regioni, a vini di fascia alta di prezzo. 10

11 Tavola 2. Branding per fascia di prezzo in regioni ad elevato valore del terroir Fonte: Nostra elaborazione su dati Gambero Rosso (2007) Secondo raggruppamento: l eccezione è Toscana Le imprese vinicole toscane, pur essendo composte da aziende antiche e con un peso del terroir elevato, sia in termini di immagine complessiva che in termini di capacità di indicare qualità dei vini, hanno mostrato un comportamento strategico di branding diverso rispetto a quello più tradizionale evidenziato nel primo raggruppamento (tavola 3). Le marche complessivamente esaminate sono state 98, delle quali 59 di tipo terroir e 39 no. Tra le prime, 26 (pari al 44% del totale) hanno rappresentato vini di fascia alta dei prezzi, mentre quelle non legate alla tipologia terroir sono state 27 (corrispondenti al 69% del totale delle etichette non-terroir). Per quanto riguarda la fascia più bassa dei prezzi i valori sono rispettivamente pari a solo 9 etichette, per il 15% del totale, per le marche di tipo terroir e 7, pari al 18%, per quelle non-terroir. Le imprese toscane sembrano credere nella marca di prodotto svincolata dal territorio per la collocazione dei propri vini appartenenti alla fascia alta di prezzo. Tali vini, solitamente, si rivolgono al mercato globale e pertanto si devono distinguere per quei consumatori dai gusti avanzati e sofisticati che pero nell ottica internazionale pongono meno attenzione ai vini di tipo terroir. Tuttavia, ciò non toglie, l importanza dei branding tradizionali e i relativi vantaggi che ne derivano, cosi come è stato fino ad oggi per quelle regioni che li hanno adottati. 11

12 Tavola 3. Branding per fascia di prezzo delle imprese toscane. Fonte: Nostra elaborazione su dati Gambero Rosso (2007) Terzo raggruppamento: il nuovo che avanza (Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) Le etichette presentate dalle imprese operanti in questo raggruppamento di regioni sono 570, delle quali 319 sono etichetta legata al territorio (pari al 56% del totale) e 251 con etichetta non-terroir, cioè pari al 44% del totale. I vini di fascia alta di prezzo sono rappresentati da 98 etichette con riferimento territoriale (corrispondenti al 31% del totale terroir) e 114 di tipo non-terroir (pari al 45% del totale). Per contro, nella fascia dei vini a basso prezzo vi sono 92 etichette terroir (pari al 29% del totale) e 49 non-terroir (corrispondenti al 20%) (tavola 4). Tavola 4: Branding per fascia di prezzo delle imprese operanti nelle regioni vinicole italiane emergenti Fonte: Nostra elaborazione su dati Gambero Rosso (2007). 12

13 4.4. L analisi statistica dei risultati ottenuti Al fine di misurare la possibile correlazione statistica esistente tra il tipo di marca scelta dai produttori di vino (in particolare il branding senza riferimenti al terroir) e la fascia di prezzo relativa di ciascuna bottiglia è stato calcolato l indice di Cramer per ciascuna regione. I valori di tale indice variano da 0 a 1, dove zero significa assenza di correlazione tra due variabili, mentre uno rappresenta il caso di massima dipendenza di una variabile da un altra (Leti, 1983). Come si può osservare dalla tavola 5 le imprese appartenenti alla Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Sardegna e Toscana hanno l indice di Cramer superiore a 0,30. Tale valore è considerato il limite perche ci possa essere correlazione statistica tra le variabili analizzate. Pertanto, può essere affermato che i produttori di vino di queste regioni hanno una correlazione tra la tipologia di etichetta scelta (terroir o non terroir) e la fascia alta di prezzo dei vini venduti. Dato che le regioni sopra elencate appartengono al raggruppamento delle regioni con prevalenza di vini non-terroir, può essere affermato che in queste regioni (Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Sardegna e Toscana) vi è l esistenza di una correlazione tra la scelta dell etichetta di tipo non-terroir e il posizionamento di questa nella fascia più alta di prezzo. Tavola 5. Correlazione tra tipologia di brand e fascia di prezzo Fonte: Nostra elaborazione su Gambero Rosso (2007). In altre parole, in queste regioni la scelta della marca di prodotto senza riferimenti al territorio e assimilati contraddistingue lo sforzo delle imprese di identificare i vini di qualità. Tale strategia si contraddistingue da quanto è accaduto tradizionalmente nelle strategie di branding 13

14 nelle quali i vini con etichette non-terroir identificavano vini da tavola, di scadente qualità e con basso profilo di immagine. L uso di un tale comportamento di marca inaugura una nuova stagione delle strategie di branding: accanto alle tradizionali marche terroir dei vini di lusso, d ora in avanti potranno essere presentati nel mercato anche prodotti non identificati ad un territorio, ma pronti a intercettare una crescente globalizzazione dei gusti (gusti convergenti magari attorno a quelli dei mercati più importanti e potenti 10 ) perche volti a soddisfare una clientela disposta ad acquistare tali vini in fascia alta di prezzo. 5. Conclusioni Dalla presente ricerca sembra emergere il tentativo da parte di alcuni produttori italiani di vino, in particolare da parte delle nuove cantine e di quelle che non sono in grado di utilizzare la forza distintiva di un proprio brand legato ad un terroir, di introdurre nelle politiche di marca dei propri vini una nuova strategia di branding delle etichette non legate ad un terroir. Prodotti come l Ornellaia, il Sassicaia, il Solaia, il Tignanello, il Cepparello o il Percarlo sono alcuni esempi, tanto per citarne solo alcuni, ben riusciti di tutto ciò. Tale strategia è facilitata dal crescere della globalizzazione dei gusti e dal tentativo dei produttori di vino di ottenere prodotti generali, cioè che abbiano un riconoscimento da parte dei consumatori, quindi una distintività legata al prodotto, ma non ad un terroir. Consapevoli o meno delle conseguenze dell uso di una parte decisiva del marketing mix, come sono la marca e la scelta di prezzo, le imprese che stanno puntano su questo nuovo tipo di branding, non solo possono godere di effetti di trading-up sull intero portafoglio prodotti, ma, di fatto, con la marca focalizzata e personalizzata per singolo prodotto (con indicazione del produttore), una comunicazione globale e un elevato prezzo, trasformano la bottiglia di vino in un prodotto globale. Probabilmente, tale strategia rientra in quel concetto di lusso disponibile, che ha e deve continuare a godere di un gran profilo di immagine. E questa la trasformazione evolutiva che ci pare in corso per la fascia alta dei vini: da prodotti agricoli di alta qualità ed un elevato legame con i territori di provenienza (Zampi, 2003), a prodotti con qualche tenue o nessun legame territoriale, ma con caratteristiche appartenenti alla tipologia dei beni del lusso accessibile e con una crescente dipendenza dalla moda. 10 Come interpretare diversamente anche certe strategie di comunicazione, come quella che in questi ultimi anni ha tenuto la celebre rivista Wine Spectator. 14

15 Eventuali sviluppi della presente ricerca possono essere individuati nell approfondire la presente analisi inglobando le imprese che, potremmo chiamare, atelier du vin, cioè le aziende italiane produttrici di vino con almeno 250 mila bottiglie all anno circa. 15

16 Bibliografia Aiello, G., & Donvito, R. (2006). L'evoluzione del concetto di lusso e la gestione strategica della marca. Un'analisi qualitativa delle percezioni sul concetto, sulla marca e su un prodotto di lusso, Congresso Internazionale "Le tendenze del marketing". Università Ca' Foscari Venezia gennaio. Allsopp, J. (2005). Premium pricing: Understanding the value of premium. Journal of Revenue & Pricing Management, 4(2), Beverland, M. (2004). Uncovering "theories-in-use": building luxury wine brands. European Journal of marketing, 38(3/4), Brioschi, A. (2000). Comunicare il lusso, Convegno "Le tendenze del marketing in Europa". Università Ca' Foscari Venezia. 24 novembre Campbell, G., & Guibert, N. (2006). Introduction. Old World strategies against New World competition in a globalising wine industry. British Food Journal, 108(4), Carcano, L., & Catalani, A. (2007). Il lusso alla ricerca di un'identità. Economia & Management, 5, De Martino, V. (2001). I prodotti di lusso: il caso Bulgari. Micro & Macro Marketing, 2, Della Bella, C. (2002). Value-value companies nel settore del lusso. Milano: Egea. Dubois, B., & Paternault, C. (1995). Understanding the world of international luxury brands: the dream formula Journal of Advertising Research, 35 (4), Folwell, R. J., Bales, T. A., & Edwards, C. G. (2001). Cost economies and economic impacts of pricing and product mix decisions in premium table wine trade wineries. Journal of Wine Research,, 12(2), Gambero Rosso. (2007). Vini d'italia Roma: G. R. H. Leti, G. (1983). Statistica descrittiva. Bologna: il Mulino. Lockshin, L., Rasmussen, M., & Cleary, F. (2000). The Nature and Roles of a Wine Brand. Australia and New Zealand Wine Industry Journal Special Issue on Wine Marketing, Vol. 15(4), Mattiacci, A., & Maralli, R. (2007). Il wine marketing nell'esperienza di una media impresa leader: Banfi di Montalcino. Mercati e Competitivita'. 2. Nueno, J. L., & Quelch, J. A. (1998). The mass marketing of luxury. Business Horizons, 41(6),

17 Phau, I., & Prendergast, G. (2000). Consuming luxury brands: the relevance of the rarity principle. Journal of Brand Management, 8(2), Poiani, M. (1994). Alti consumatori. Il marketing dei beni ad alto valore simbolico. Milano: Editori di Comunicazione. Romano, J. (2003). Marketing e vino: Progetto Bacchus e Wine360. Micro & Macro Marketing, 3. Rouzet, E., & Seguin, G. (2006). Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione. Bologna: Edagricole. Silverstein, M. J., & Fiske, N. (2003). Luxury for the Masses. Harvard Business Review, 81(4), Silverstein, M. J., & Fiske, N. (2004). Trading up. La rivoluzione del lusso accessibile. Milano: Etas. Tartaglia, A., & Marinozzi, G. (2006). Il lusso... Magia & Marketing. Presente e futuro del superfluo indispensabile. Milano: FrancoAngeli. Vickers, J. S., & Renand, F. (2003). The Marketing of Luxury Goods: An exploratory study-- three conceptual dimensions. Marketing Review, 3(4), Vigneron, F., & Johnson, L. W. (2004). Measuring perceptions of brand luxury. Journal of Brand Management, 11(6), Wetlaufer, S. (2001). The perfect paradox of star brands: an interview with Bernard Arnault of LVMH. Harvard Business Review, 79(9), Yeoman, I., & McMahon-Beattie, U. (2006). Luxury markets and premium pricing. Journal of Revenue & Pricing Management, 4(4), Zampi, V. (2003). Wine Management: strategie e aspetti gestionali delle imprese vitivinicole quality-oriented. Firenze: Università degli Studi di Firenze. 17

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