IL REGIME GIURIDICO DEGLI ATTI DEL SOGGETTO SOTTOPOSTO AD AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
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- Renzo Fabiani
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1 IL REGIME GIURIDICO DEGLI ATTI DEL SOGGETTO SOTTOPOSTO AD AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO Con l'introduzione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, il Legislatore ha recepito l'esigenza di una riforma degli strumenti di tutela dei soggetti privi di una completa capacità di autodeterminazione. Alle figure tradizionali dell'interdizione e dell'inabilitazione, si aggiunge uno strumento adattabile ad ogni singola e particolare situazione di disagio, per la quale non si verifichi una totale perdita della capacità legale. Dal disposto di cui all'art. 404 c.c. emerge chiaramente come l'ambito applicativo dell'amministrazione di sostegno si estenda ad ogni ipotesi di impossibilità per un soggetto (maggiore di età), a provvedere ai propri interessi, per effetto di infermità o di menomazione fisica o psichica. Non sussiste una predeterminazione "ex lege" dell'incapacità: la valutazione della gravità degli effetti della menomazione viene rimessa all'autorità giudiziaria, che individuando a' sensi dell'art 405 c.c. l'oggetto dell'incarico e gli atti che l'amministratore ha il potere di compiere, acclara i limiti di capacità del beneficiario. Prova ne sia la norma di cui al primo comma dell'art. 409 c.c.: "il beneficiario conserva la capacità per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno". E' parere dello scrivente che il Legislatore, in relazione all'ipotesi di menomazioni psichiche, ha ritenuto l'amministrazione di sostegno una idonea soluzione all'esigenza di tutela di soggetti per i quali, anche non ricorrendo le condizioni richieste per l'interdizione o l'inabilitazione, sussistano i presupposti per l'incapacità naturale: il beneficiario trova un'idonea
2 salvaguardia giuridica (di natura preventiva), certamente più favorevole della norma dettata dall'art. 428 c.c.. L'amministrazione di sostegno, sia per la sua flessibilità nell'adattarsi alle singole esigenze, sia per il minor "peso" sociale per il beneficiario rispetto all'interdizione, ha avuto una repentina e notevole applicazione nel tessuto sociale. La genericità delle norme che disciplinano l'istituto, nonchè la rilevante discrezionalità attribuita al Giudice nei definire i limiti della capacità del beneficiario, caratterizzano l'istituto ed il suo ambito operativo: la Legge 9 gennaio 2004 n.6 ha legittimato una protezione all'incapace naturale meno rigida della tutela e dell'inabilitazione, ma allo stesso tempo più pregnante della tutela residuale concessa dall'art. 428 c.c.. Nel prosieguo dell'intervento verranno trattate brevemente le principali questioni relative alle limitazione alla capacità del beneficiario in ambito negoziale ed alle relative conseguenze giuridiche. CAPACITA' DEL BENEFICIARIO La norma di cui all'art. 409 c.c. riconosce la capacità di agire del beneficiario, per quanto non limitata dalle attribuzioni dell'amministratore di sostegno, dettate dall'autorità Giudiziaria, nonchè la possibilità del beneficiario medesimo di compiere in ogni caso gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana. Lo "status" del beneficiario non rientra tra le tradizionali fattispecie di incapacità legali. Per meglio dire, la riforma evidenzia come il beneficiario non deve ritenersi pienamente incapace: la "deminutio" che subisce può peraltro trovare fondamento in una menomazione fisica e non solamente di natura psichica.
3 Al mutamento delle condizioni e delle esigenze del beneficiario corrisponderà la modifica delle attribuzioni dell'amministratore: il Giudice dovrà valutare, per ogni singola fattispecie, gli atti per i quali l'incapacità del beneficiario sia totale (con rappresentanza esclusiva dell'amministratore) o parziale (con attività di assistenza dell'amministratore). Si rende opportuno precisare che parte della dottrina ha proposto una differente interpretazione della norma dell'art. 409 c.c., ammettendo una piena capacità del beneficiario per quegli atti che questi non può compiere per effetto di menomazione non invalidante sotto l'aspetto cognitivo, in alternativa alle forme tipiche della rappresentanza esclusiva o dell'assistenza dell'amministratore. In tal caso (cosiddetta "amministrazione non incapacitante), sussisterebbe pertanto un concorso di poteri/legittimazione tra beneficiario ed amministratore, senza diminuzione di capacità del primo. Nel senso della ammissibilità della capacità concorrente anche Tribunale di Pinerolo in data 4 novembre 2004 a previsione dell art. 411, comma 4, c.c. delinea un percorso atipico dell amministrazione di sostegno in senso restrittivo (perdita di capacità del Beneficiario senza attribuzione di poteri corrispondenti all amministratore). Qualora, infatti, la persona Beneficiaria non presenti deficit psichici o intellettivi, ma sia impossibilitata a perseguire i propri interessi di natura personale o patrimoniale per effetto di una menomazione esclusivamente fisica, senza ripercussioni nell ambito cognitivo e volitivo, non vi è ragione per comprimere la sfera della sua capacità legale di agire. In simili condizioni, si impone una lettura più articolata dell art. 409 c.c., secondo il quale come si è già ricordato il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l assistenza necessaria dell amministratore di sostegno. La norma, letta a contrario, lascia aperti spazi applicativi per una rappresentanza non esclusiva del beneficiario da parte dell amministratore: una rappresentanza,
4 quindi, con effetti analoghi a quella negoziale, con la peculiarità costituita dal controllo dell organo pubblico il Giudice Tutelare sull attività svolta dall amministratore. L amministrazione di sostegno si connota, in questa ipotesi, come strumento espansivo delle facoltà del soggetto debole, realizzandosi la protezione essenzialmente nel controllo pubblico dell attività svolta dall amministratore: controllo soltanto ex post se nel decreto l unico onere per l amministratore è quello di rendere il conto; controllo anche ex ante se il Giudice Tutelare, applicando, con il meccanismo dell art. 411, comma 4, c.c., gli effetti e le limitazioni di cui agli artt. 374 e 375 c.c., richieda per la validità degli atti dell amministratore o dello stesso beneficiario l autorizzazione preventiva al loro compimento. La netta distinzione tra l'incapacità legale e l'incapacità del beneficiario emerge anche in merito alla possibilità di compiere in ogni caso gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, ai sensi dell'art. 409 secondo comma c.c., norma che ha trovato contrastanti interpretazioni dottrinali in ordine alla tipologia degli atti. Il beneficiario ha indubbiamente la possibilità di compiere atti non solo materiali ma anche di natura negoziale, diretti a procurarsi beni o servizi che vengano a soddisfare dette esigenze. Controversa è invece la definizione dei criteri da utilizzare per individuare gli atti ammissibili, criteri individuabili nella rilevanza degli effetti degli atti rispetto al patrimonio, nonchè nel tenore di vita od in relazione all'età del beneficiario: per certo, il riferimento di legge alla "propria vita quotidiana" esclude la possibilità di creare una categoria generica di atti, senza tener conto del "modus vivendi" di ogni singolo soggetto.
5 L'art. 411 c.c. (norme applicabili all'amministratore di sostegno) costituisce, tra l'altro, norma di rinvio per la disciplina degli atti perfezionati vigente l'amministrazione di sostegno. In primo luogo deve rilevarsi una sorta di equiparazione tra l'amministrazione in parole e la tutela, (figura quest'ultima caratterizzata da una prevalente funzione sostitutiva): è escluso invero il richiamo alle norme in materia di inabilitazione (ove prevale una attività di assistenza da parte del curatore verso l'inabilitato, attività prevista anche per il beneficiario). Al primo comma dell'art. 411 c.c. vengono richiamati l'art. 378 c.c. (atti vietati al tutore ed al protutore) e l'art. 388 (divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto). In particolare, il divieto di perfezionare convenzioni di cui all'art. 388 c.c. si pone a salvaguardia del "soggetto debole" nei confronti del tutore, presupponendo una sudditanza psicologica da parte dell'interdetto: stante la rilevanza degli interessi, tale norma deve intendersi inderogabile anche per l'amministrazione di sostegno, fatta eccezione per la fattispecie prevista al terzo comma dell'art. 411 c.c., ovvero in ordine alle convenzioni concluse con persone legate da quel particolare vincolo o rapporto con il beneficiario, predeterminato dalla legge. In conformità a quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 411 secondo comma, 596, 599 e 779 c.c., le disposizioni testamentarie e le donazioni da parte del beneficiario a favore dell'amministratore sono nulle: di qui trattasi non tanto dell'impossibilità a disporre per il beneficiario, bensì di incapacità a ricevere da parte dell'amministratore, a tutela della libertà a
6 disporre e/o contrarre da parte del beneficiario, in relazione a detti atti di liberalità. La dottrina è divisa in merito all'applicabilità della norma non solo all'amministrazione sostitutiva, ma anche all'amministrazione di assistenza (stante la similitudine alla figura della curatela dell'inabilitato): è invero concorde nel ritenere che il requisito ostativo debba sussistere al momento del perfezionamento della donazione e della redazione del testamento. Particolare rilievo assume il terzo comma del citato art. 411 c.c. ("sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente"), norma che amplia la più limitata elencazione di soggetti benvisi al legislatore, prevista dall'art. 596 ultimo comma c.c.. Si rileva tuttavia che la valutazione in merito alla validità degli atti donativi e delle disposizioni testamentarie, perfezionate dal beneficiario, non può non tener conto dei divieti previsti dall'art. 774 (incapacità a donare per coloro che non hanno la piena capacità a disporre dei propri beni) e dall'art. 591 n. 2 (incapacità a testare degli interdetti per infermità di mente) e n. 3 (incapacità a testare degli incapaci di intendere e di volere) del codice civile. I merito agli atti "mortis causa", si ritiene che il mancato richiamo delle norme e la generale capacità del beneficiario per quegli atti non attribuiti all'amministratore non determinino una incapacità a testare.
7 La capacità del beneficiario a ricevere "mortis causa" non trova il vincolo dell'accettazione con beneficio di inventario, ancorchè si renda necessaria l'autorizzazione giudiziale di cui al richiamato art. 374 c.c.. Controversa è invece la questione della liceità degli atti donativi da parte del beneficiario. E' indubbio che il beneficiario conservi una capacità d'agire non "piena", bensì "residuale" per tutti quegli atti non soggetti alla rappresentanza o all'assistenza dell'amministratore. Parte della dottrina propende per il riconoscimento della relativa capacità per il beneficiario, a mente dell'art. 411 terzo comma, concernente la validità delle convenzioni a favore di particolari soggetti e del mancato rinvio all'art. 774 c.c., precisando: - che la previsione di validità attiene esclusivamente all'elemento soggettivo, ovvero al destinatario della liberalità: debbono comunque sussistere i requisiti di forma e di sostanza del singolo atto; - che il termine "convenzioni" si riferisce agli atti unilaterali o bilaterali, sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito, che a fronte di un depauperamento del beneficiario non prevedano un corrispettivo equivalente per il medesimo. A parere dello scrivente, il riconoscimento della capacità di donare per il beneficiario non può trascendere dalla "deminutio" che comunque subisce il soggetto, anche in considerazione della salvaguardia dei suoi interessi: parimenti deve escludersi l'ammissibilità, per il beneficiario, di compiere atti dispositivi che, in difetto di idoneo corrispettivo, comportino al medesimo un depauperamento patrimoniale. Invero la capacità a donare è esclusa per il minore emancipato autorizzato all'esercizio dell'impresa nonchè per l'inabilitato, ai sensi dell'art. 776 c.c.
8 che prevede l'annullabilità delle donazione perfezionate dal medesimo nei sei mesi precedenti l'inizio del giudizio di inabilitazione: pertanto il termine "convenzioni" di cui all'art. 411 terzo comma c.c. non può ricomprendere a titolo gratuito ed in particolare gli atti donativi. Eventualmente potrà ammettersi ai sensi dell'art. 409 secondo comma c.c., l'ammissibilità dei negozi gratuiti di modesta entità, come ad esempio le liberalità in occasione di nozze a favore di discendenti, ammesse anche per l'interdetto, salvo autorizzazione, dall'art. 777 c.c.., se ritenute comprese negli atti necessari a soddisfare le esigenze di vita. In relazione ai negozi "inter vivos" già perfezionati in epoca anteriore alla nomina dell'amministratore di sostegno, i cui effetti non si siano ancora esauriti, la dottrina ne riconosce il permanere dell'efficacia: qualora il compimento di tali negozi siano invece demandati dal Giudice alla competenza dell'amministratore, si avrà l'automatica estinzione del rapporto. Pertanto, nell'ipotesi di mandato (nonchè di procura generale), qualora il Giudice indichi nell'oggetto dell'amministrazione alcune facoltà già comprese nel mandato, in luogo della caducazione dell'intero rapporto deve ammettersi la riduzione dei poteri già conferiti al mandatario, al fine di evitare una coincidenza di specifiche competenze tra il terzo e l'amministratore. Per contro, qualora il Giudice indichi nell'oggetto dell'amministrazione il contratto mandato in parola ovvero, ai sensi dell'art. 411 ultimo comma, preveda che taluni effetti dell'interdizione si producano a carico del beneficiario ed in particolare quelli previsti dall'art n. 4 c.c., il mandato si estingue. La dottrina ha infine rilevato che non può precludersi al beneficiario la continuazione di una attività di impresa, non applicandosi, per mancato
9 richiamo, la norma dell'art. 371 n. 3 c.c.: spetterà al Giudice disporre espressamente nel decreto di nomina dell'amministratore la limitazione degli atti propri dell'impresa. Per quanto concerne invece la possibilità del beneficiario di iniziare una nuova attività o di acquisire una partecipazione in una società, parte della dottrina propende per l'ammissibilità, riconoscendo la capacità "residuale" a' sensi dell'art. 409 c.c.: altra dottrina, più restrittiva, ritiene invece applicabile per analogia il disposto dell'art. 397 c.c.. INVALIDITA' DEGLI ATTI COMPIUTI DAL BENEFICIARIO L'art. 412 secondo comma c.c. prevede che "possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno. Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno." Nell'ordinamento, l'annullabilità costituisce la sanzione tipica prevista per i negozi perfezionati da soggetti incapaci, in quanto i vizi che determinano detta invalidità attengono al processo formativo della volontà di una delle parti del rapporto (art c.c.) Anche per l'istituto dell'amministrazione di sostegno valgono le norme ordinarie in materia di annullamento, compresa quindi l'ammissibilità della convalida del negozio ai sensi dell'art c.c., per il compimento del quale si renderà necessaria l'apposita indicazione nel decreto di nomina dell'amministratore.
10 E' diversamente indicato il "dies a quo" del termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione di cui all'art. 412 ultimo comma (cinque anni dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno): si precisa che detta norma risulterebbe di fatto inapplicabile in caso di amministrazione a tempo indeterminato, anche a mente del disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 410 c.c.. In ordine alle norme che fanno espresso riferimento all'incapacità (art n n. 3 codice civile),... la dottrina ne limita l'applicazione solamente a quei negozi preclusi al beneficiario, in conformità a quanto disposto dal decreto di nomina dell'amministratore. Le fattispecie affette da invalidità prevista all'art. 412 secondo comma c.c., si riferiscono agli atti compiuti personalmente dal beneficiario: - a) in violazione delle disposizioni di legge; - b) in violazione delle disposizioni contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno. La fattispecie sub a) non può che costituire un mero rinvio alle norme generali dell'ordinamento in materia di piena capacità di agire, per la quale è controverso il riconoscimento in capo al beneficiario per quegli atti non attribuiti all'amministratore da parte del Giudice. Certamente, il requisito della piena capacità di agire di cui al suindicato art. 774 (incapacità a donare per coloro che non hanno la piena capacità a disporre dei propri beni), nonchè degli artt. 701 (impossibilità per detti incapaci ad essere nominati esecutori testamentari) e 230 bis (rappresentanza obbligatoria nel voto degli incapaci) del codice civile, non può non essere valutata
11 attentamente in riferimento al beneficiario ed alla "deminutio" che consegue all'assoggettamento all'amministrazione di sostegno. In relazione alla fattispecie sub b), l'invalidità colpisce tutti gli atti compiuti personalmente dal beneficiario, atti per i quali invece vi sia stata previsione nel decreto di nomina dell'amministratore e precisamente: - gli atti oggetto di rappresentanza esclusiva dell'amministratore; - gli atti oggetto di amministrazione di assistenza, in difetto dell'assistenza necessaria dell'amministratore nonchè delle autorizzazioni giudiziali; - gli atti vietati al beneficiario, in forza delle limitazioni di capacità derivanti da disposizioni di legge dettate per l'interdetto o l'inabilitato, prescritte dal Giudice a' sensi dell'art. 411 quarto comma c.c. Si rende opportuno, infine, valutare la portata dell'art. 428 c.c., in merito agli atti compiuti dal beneficiario, ma non espressamente vietati dalla legge nè al medesimo preclusi da parte del Giudice. La norma in parola prevede l'annullabilità degli atti compiuti dal soggetto incapace di intendere e di volere. A differenza dell'incapacità legale, ove al preventivo accertamento dello stato di incapacità, conoscibile a priori dai terzi, consegue comunque l'invalidità di ogni atto compiuto dal soggetto debole, nell'incapacità naturale la sanzione costituisce una sorta di strumento di salvaguardia "occasionale" e successiva, soggetto a particolari limiti ed oneri probatori. L'annullabilità di cui all'art. 428 c.c. si fonda su una fattispecie complessa costituita dall'incapacità naturale, dalla sussistenza di un grave pregiudizio per l'incapace, nonchè dalla malafede del contraente.
12 Il necessario concorso di tali requisiti incide notevolmente sull'applicazione della norma: la "ratio" è posta nell'esigenza di tutela non tanto di colui che si trova in una situazione di incapacità di fatto, bensì della sicurezza dei traffici e dei terzi contraenti, per l'affidamento che genera il difetto di idonea pubblicità dello stato di incapacità. L'incapacità naturale va provata ed accertata in relazione ad ogni singolo caso di specie nonchè alle caratteristiche del negozio perfezionato e deve sussistere al momento del perfezionamento dell'atto impugnato. Per quanto concerne gli atti del beneficiario, particolare rilevanza assume il requisito della malafede del contraente. La malafede corrisponde ad una situazione soggettiva di consapevolezza dello stato di incapacità naturale del soggetto - parte, al fine di tutelare l'affidamento del contraente. A tal fine, la dottrina presume la sussistenza della malafede, ricorrendo le forme di pubblicità dettate dall'art. 405 c.c. (Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro. Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell'incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga), nonchè dall'art. 47 disposizioni di attuazione del codice civile.
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