Indice La Chiusura Della Procedura Fallimentare
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- Enrico Salvatori
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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO FALLIMENTARE LEZIONE IX LA CHIUSURA DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE E L ESDEBITAZIONE PROF. SIMONE LABONIA
2 Indice 1 La Chiusura Della Procedura Fallimentare OPERAZIONI PRELIMINARI: IL RENDICONTO DEL CURATORE COMPENSO DEL CURATORE LA CHIUSURA DEL FALLIMENTO DECRETO DI CHIUSURA GLI EFFETTI DELLA CHIUSURA DEL FALLIMENTO LA RIAPERTURA DEL FALLIMENTO LA PROCEDURA DELL ESDEBITAZIONE IL DECRETO DI ESDEBITAZIONE LA RIABILITAZIONE DEL FALLITO PRIMA DELLA RIFORMA LA RIABILITAZIONE EX LEGE A SEGUITO DELLA RIFORMA di 12
3 1 La chiusura della procedura fallimentare 1.1. Operazioni preliminari: il rendiconto del curatore Terminata la liquidazione dell attivo e prima della ripartizione finale, o in ogni caso di cessazione del proprio incarico, il curatore, investito dal Tribunale e nell interesse dei creditori e del fallito, è tenuto a presentare al giudice delegato il conto della propria gestione, ossia l esposizione analitica delle operazioni contabili e dell attività di gestione della procedura. Il curatore deve quindi presentare il rendiconto, il cui fondamento giuridico è da riporre nella gestione di un patrimonio altrui e nel mandato di cui ha avuto incarico. Con la riforma è stata legislativamente recepita l affermazione giurisprudenziale che il rendiconto del curatore non è un semplice rendiconto di cassa, ma anche di gestione e le contestazioni possono investire non soltanto i criteri di contabilità i relazione ad eventuali errori ed omissioni ma anche la gestione del curatore medesimo e la sua adempienza ai doveri dell ufficio con la diligenza del buon padre di famiglia, fermo restando il principio secondo cui la violazione di tali doveri può implicare responsabilità risarcitoria e quindi ragione ostativa all approvazione, solo quando abbia in concreto determinato un pregiudizio alla massa o ai singoli creditori 1. L art. 116 L.F. prevede che il curatore deve presentare al giudice delegato l esposizione analitica delle operazioni contabili e delle attività di gestione della procedura, ma i contenuti del rendiconto non potranno coincidere con un semplice bilancio, ovvero una serie di poste di dare e avere, ma dovranno esplicitare tutti gli atti e fatti salienti della gestione corredati dalla documentazione contabile giustificativa. Il curatore, dunque, presenta al giudice il conto della gestione, allegando o richiamando la documentazione giustificativa già agli atti della procedura. Il giudice, se, come ordinariamente accade, non effettua rilievi sul conto, ne ordina il deposito in cancelleria e fissa l udienza fino alla quale ogni interessato può presentare le proprie osservazioni o contestazioni, disponendo, a tal uopo, la comunicazione al fallito, ai creditori ammessi, a coloro che hanno proposto opposizione ed ai creditori della massa rimasti insoddisfatti, con l avvertimento che possono prendere visione del rendiconto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all udienza. 3 di 12
4 L udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi 15 giorni dal deposito del conto stesso. Se all udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il rendiconto con decreto. Invece, in caso di impugnazione del rendiconto (omissioni, errori materiali o di gestioni, danni causati dal curatore alla massa fallimentare o ai singoli creditori etc.), mentre prima della riforma era prevista l instaurazione di un vero e proprio giudizio ordinario, dopo la riforma il giudice delegato fissa l udienza di discussione davanti al collegio che provvede in camera di consiglio Compenso del curatore Ultimata la liquidazione dell attivo, dopo l approvazione del rendiconto e prima della ripartizione finale si deve procedere alla liquidazione del compenso al curatore. A seguito della liquidazione del compenso al curatore e soltanto dopo, è possibile quantificare definitivamente la somma ripartibile fra i creditori. Il tribunale liquida il compenso al curatore in base ai criteri stabiliti dal d.m. 28 luglio 1992, n 570, che fissa, a scaglioni, le percentuali minime e massime che vanno attribuite sull attivo realizzato, nonché le percentuali minime e massime, che possono essere attribuite sul passivo ammesso. Il Tribunale provvede con decreto che è espressamente dichiarato non soggetto a reclamo, tuttavia, il provvedimento, avendo natura decisoria, è comunque con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost La chiusura del fallimento A norma dell art. 118 L.F., e salvo quanto disposto in materia di concordato fallimentare, la procedura fallimentare si chiude : Se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo (mancanza di passivo); 1 Cass. 23 gennaio 1985, n. 277) 4 di 12
5 Quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione (totale soddisfacimento dei crediti); Quando è compiuta la ripartizione finale dell attivo; Quando nel corso della procedura si accerta che le prosecuzione della stessa non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura (mancanza di attivo) In presenza di uno degli innanzi descritti presupposti il Tribunale, su istanza del curatore, del debitore o, anche, d ufficio, dichiara la chiusura del fallimento con decreto. La chiusura della procedura di fallimento della società determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell art. 147 L.F., salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale Decreto di chiusura La chiusura di fallimento è dichiarata, ex art. 119 L.F., con decreto motivato del Tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, e viene pubblicata con le stesse modalità previste per la sentenza dichiarativa di fallimento di cui all art. 17 L.F.. Con lo stesso decreto sono impartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Avverso il decreto di chiusura del fallimento o di rigetto dell istanza di chiusura è ammesso reclamo alla corte d Appello, a norma dell art. 26 L.F., nel termine perentorio di 10 giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento. Nell ipotesi di chiusura, legittimati a presentare reclamo sono i creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo nel termine stabilito, di trenta giorni prima dell udienza di verifica del passivo (e non, quindi, i tardivi) e nel caso in cui il fallimento si sia chiuso con il pagamento integrale dei creditori la legittimazione è pure di coloro che sono stati esclusi o ammessi con riserva ed hanno presentato opposizione. 5 di 12
6 Il provvedimento della Corte d Appello è, invece, impugnabile con ricorso per cassazione nel termine di 30 giorni (art. 119 L.F.), così come modificato dal decreto correttivo Gli effetti della chiusura del fallimento Con la chiusura del fallimento, ai sensi dell art. 120 L.F., cessano gli effetto patrimoniali del fallimento ed il fallito ritorna in bonis. Egli riacquista, infatti, il possesso e la disponibilità del suo patrimonio, nonché la legittimazione processuale sia attiva che passiva. Con la chiusura del fallimento, decadono, altresì, gli organi della procedura e non posso essere proseguite le azioni esperite dal curatore per l esercizio dei diritti derivanti dal fallimento e i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale ed interessi, salvo quanto previsto dagli artt. 142 e ss per la procedura dell esdebitazione (di cui parleremo a breve). Cessano, inoltre, gli effetti personali previsti dagli artt. 48 e 49, in quanto strumentali alla procedura, nonché le conseguenti incapacità personali che colpiscono il fallito a seguito di sentenza che dichiara il fallimento. Inoltre, a seguito della chiusura definitiva del fallimento, riprende nuovamente il decorso delle eventuali prescrizioni dei crediti interrotte con la presentazione della domanda di ammissione al passivo. Il decreto o la sentenza con cui il credito è stato ammesso al passivo del fallimento costituisce prova scritta per gli effetti di cui all art. 634 c.p.c. La chiusura del fallimento produce effetti anche nei confronti dei creditori, i quali riacquistano il diritto del libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale ed interessi. La chiusura del fallimento determina, altresì, l interruzione delle cause promosse dal curatore in sostituzione del fallito e dei creditori. Tali cause (es. azioni di recupero crediti, azioni revocatorie) potranno poi essere proseguite o riassunte dal fallito ritornato in bonis e/o dai creditori. 6 di 12
7 1.6. La riapertura del fallimento L art. 121 L.F. prevede che il Tribunale, entro 5 anni dal decreto di chiusura del fallimento, su istanza del debitore o di qualunque creditore, ne può ordinare la riapertura, ma ciò solo nell ipotesi in cui il fallimento si è chiuso per mancanza di attivo o compiuta ripartizione integrale dell attivo realizzato, se sussiste per i creditori una convenienza economica. Se il fallimento è stato chiuso senza che i creditori ammessi al passivo siano stati interamente soddisfatti, è possibile la riapertura del fallimento. Ne discende che la riapertura presuppone il rinvenimento di nuove attività, tale da rendere utile il provvedimento, oppure l offerta, da parte del fallito, della garanzia di pagare almeno il 10% dei crediti. La riapertura del fallimento, nei casi espressamente previsti, può essere ordinata esclusivamente su istanza del debitore o di qualunque creditore, restando esclusa l ammissibilità della riapertura d ufficio, ovvero su istanza del magistrato del pubblico ministero, o, ancora, del curatore. In difetto di iniziativa di alcuno dei soggetti legittimati può venir lesa la par conditio creditorum dalle scelte del debitore ritornato in bonis di pagare alcuni, piuttosto che altri creditori o dalle iniziative assunte da singoli creditori con l esercizio di azioni esecutive individuali. Il Tribunale può rigettare l istanza di riapertura e, in tal caso, provvede con decreto avverso il quale è possibile proporre reclamo alla Corte d Appello ai sensi della disposizione dell art. 742 bis c.p.c. integrata dall art. 22 L.F. Se il Tribunale accoglie l istanza di riapertura provvede, previa convocazione del debitore ove non sia egli stesso il ricorrente, con sentenza in camera di consiglio, e, di conseguenza, Richiama in ufficio il giudice delegato e il curatore o li nomina nuovamente; Fissa i termini per la presentazione delle domande di ammissione al passivo nonché la data dell udienza di verifica dei crediti, eventualmente abbreviandoli non oltre la metà. Nel fallimento riaperto concorrono i nuovi creditori e i creditori già ammessi al passivo nel fallimento chiuso, i quali, ai sensi dell art. 121 L.F., possono chiedere conferma del provvedimento di ammissione, salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi per i quali dovranno presentare apposita domanda di insinuazione al passivo. 7 di 12
8 La sentenza è pubblicata a norma dell art. 17 L.F. e può essere appellata a norma dell art. 18 L.F. La proposizione dell appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata. Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori. In sostanza, il fallimento, nel caso di riapertura, ricomincia nuovamente secondo le regole previste per l ipotesi ordinaria con la possibilità di una riduzione dei termini non oltre la metà. Per le azioni revocatorie relative agli atti del fallito compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini di cui agli artt. 65,67 e 67 bis L.F. sono calcolati dalla data della sentenza di riapertura. Sono privi di effetti nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito e quelli di cui all art. 69, posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento La procedura dell esdebitazione La recente riforma ha introdotto ex novo l istituto dell esdebitazione, che ha la finalità di incentivare la liberazione del fallito dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti integralmente, a condizione che questi non abbia avuto comportamenti ostativi o fraudolenti nei confronti dei creditori stessi e che abbia collaborato con gli organi della procedura. L istituto dell esdebitazione, disciplinato dagli artt. 142, 143 e 144 L.F., può trovare applicazione solo in presenza di determinate condizioni, al fine di evitare un uso improprio di tale procedura in danno dei creditori. L obiettivo perseguito dal legislatore, sull esempio della legislazione europea, è quello di consentire al fallito, una volta eliminate tutte le posizioni debitorie, di recuperare l attività economica. Infatti, chiusa la procedura di fallimento, al fallito persona fisica che abbia tenuto un comportamento collaborativo viene data la possibilità di avviare nuove attività commerciali senza dover ricorrere a prestanomi per sottrarsi ad ulteriori azioni da parte dei creditori. In primo luogo occorre sottolineare che può beneficiare dell esdebitazione solo il fallito persona fisica, essendo, pertanto, escluse dall istituto le società dichiarate fallite. 8 di 12
9 L art. 142 L.F. prevede, inoltre, che il fallito - persona fisica può beneficiare della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali, dei creditori, cioè, che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo, che non siano stati soddisfatti, neppure in parte. L esdebitazione fallimentare fondata sulla meritevolezza, presuppone alcune condotte positive da parte del fallito. L art. 142 L.F., infatti, fissa i limiti di accesso al beneficio dell istituto in esame ed in particolare, egli può essere ammesso a tale procedura e condizione che: Abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; Non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; Non abbia violato le disposizioni di cui all art. 48 L.F.; Non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; Non abbia distratto l attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; Non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per il reato di bancarotta fraudolenta o per delitti contro l economia pubblica, l industria ed il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l esercizio dell attività di impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Sono poi esclusi dall esdebitazione alcuni debiti contratti dal fallito prima dell apertura del fallimento ma non inerenti all esercizio dell attività d impresa, e precisamente: Gli obblighi di mantenimento, quelli alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell art. 46 L.F.; I debiti per il risarcimento dei danni derivanti da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti. Nei confronti di tali creditori il fallito rimane obbligato per l intero debito. Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti dei coobligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso. 9 di 12
10 1.8. Il decreto di esdebitazione Il tribunale, con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l anno successivo alla chiusura, verificate le condizioni di cui all art. 142 L.F. e tenuto conto dei comportamenti collaborativi del debitore stesso, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito e tornato in bonis i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente. Contro il decreto che provvede sulla richiesta di esdebitazione, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell art. 26 L.F. Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti, secondo il disposto dell art. 144 L.F., anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tal caso, però, l esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto il diritto di percepire nel concorso. Ne consegue che questi possono sempre agire individualmente nei confronti del fallito tornato in bonis per la sola parte che sarebbe loro spettata qualora avessero partecipato al concorso. Tale soluzione evita che i creditori possano essere disincentivati, nell ottica di una possibile esdebitazione da parte del fallito, a presentare domanda di insinuazione al passivo. I creditori concorsuali, che hanno invece, partecipato al fallimento e, quindi, anche alle ripartizioni eseguite, perdono ogni diritto ad agire individualmente nei confronti del fallito tornato in bonis ed ammesso al beneficio dell esdebitazione, salvo il loro diritto di agire nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso del fallito La riabilitazione del fallito prima della riforma Nella vigenza della precedente disciplina, dalla sentenza di fallimento derivava l iscrizione del fallito nel pubblico registro dei falliti, al quale erano collegate una serie di incapacità perduranti fino alla conservazione di tale iscrizione. L iscrizione veniva meno solo con la riabilitazione del fallito, istituto disciplinato dal vecchio testo dell art. 142 L.F. e soppresso dalla recente riforma a seguito dell abrogazione delle sanzioni personali a carico del fallito. 10 di 12
11 Infatti, con il D.lgs. n. 5/2006, in attuazione dei principi di cui alla legge delega, sono state abrogate, con effetto immediato dalla data di pubblicazione, le limitazioni personali del fallito e il pubblico registro dei falliti. Le incapacità derivanti dall iscrizione del fallito nel pubblico registro dei falliti non cessavano con la chiusura del fallimento ma solo se il fallito chiedeva, ed otteneva, la riabilitazione civile. La riabilitazione, a norma dell art. 143 L.F., poteva essere concessa al fallito che aveva pagato interamente tutti i crediti ammessi al fallimento, compresi gli interessi e le spese, nonché al fallito che aveva regolarmente adempiuto agli obblighi assunti con il concordato fallimentare, sempre se concesso dal Tribunale, tenuto conto delle cause e delle circostanze del fallimento, delle condizioni del concordato e della misura della percentuale di pagamento dei debiti. La riabilitazione non poteva essere concessa se la percentuale stabilita per i creditori chirografari era inferiore al 25%, oltre interessi se la percentuale doveva essere pagata in un termine maggiore di sei mesi. Infine, la riabilitazione poteva essere concessa anche al fallito che aveva dato prove effettive e costanti di buona condotta per un periodo di almeno cinque anni dalla chiusura del fallimento. Per il beneficio della riabilitazione non era necessario che concorressero tutte le condizioni di cui sopra ma bastava la sussistenza anche di una sola di esse. Tuttavia, a norma del vecchio testo dell art. 145 L.F. la riabilitazione non poteva essere concessa in nessun caso se il fallito era stato condannato per il reato di bancarotta fraudolenta o per delitti contro il patrimonio, la fede pubblica, l industria ed il commercio, salvo che per tali reati fosse intervenuta la riabilitazione prevista dalla legge penale. Se era in corso il procedimento per uno di tali reati, il Tribunale non si pronunciava sull istanza fino all esito del procedimento. L istanza per la riabilitazione doveva essere presentata dal fallito o dai suoi eredi, nel caso di morte del fallito, al tribunale che aveva dichiarato il fallimento ed era pubblicata, a norma del vecchio testo dell art. 144 L.F., mediante affissione alla porta esterna del Tribunale stesso, che poteva, però, disporre anche altre forme di pubblicità, affinché chiunque ne potesse prendere visione e depositare, entro tre giorni, eventuali deduzioni in merito a ragioni ostative alla riabilitazione stessa. 11 di 12
12 Trascorsi i tre giorni, il Tribunale decideva sull istanza di riabilitazione, in camera di consiglio, previa audizione del pubblico ministero, con sentenza di accoglimento o di rigetto. Una volta riabilitato il fallito riacquistava, dunque, tutte quelle capacità perdute con la dichiarazione di fallimento La riabilitazione ex lege a seguito della riforma Il venir meno dell istituto della riabilitazione, nonché l abrogazione dell art. 50 L.F., che disciplinava il pubblico registro dei falliti, conseguente all entrata in vigore della riforma della legge fallimentare, ha determinato una sorta di riabilitazione ex lege per tutti gli iscritti al registro dei falliti. E poiché le norme introdotte dalla riforma trovano, in questo ambito, immediata applicazione, dovrà essere disposta l immediata cancellazione dal registro dei falliti di tutti i nominativi che vi sono attualmente iscritti. 12 di 12
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