Indice. 1 Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO FALLIMENTARE LEZIONE V GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI PER I CREDITORI PROF. SIMONE LABONIA

2 Indice 1 Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori Atti che integrano maggior pregiudizio al principio della par conditio credito rum Atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento Pagamenti eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento L azione revocatoria ordinaria L azione revocatoria fallimentare La revocatoria degli atti compiuti fra coniugi La presunzione muciana di 15

3 1 Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori A seguito della dichiarazione di fallimento, che accerta l insolvenza dell imprenditore commerciale, il principio della par conditio creditorum assume un ruolo centrale ed assurge a ragione esclusiva del sistema fallimentare. Per la stabilità del mercato e del sistema economico, è opportuno che l insolvenza dell imprenditore fallito si distribuisca in maniera equa e proporzionale sul patrimonio di tutti i creditori, non potendo tollerare che alcuni creditori possano avvantaggiarsi rispetto ad altri. Tale principio giustifica l esistenza di alcuni istituti che perseguono la finalità di ricostruire l attivo fallimentare. Nel patrimonio fallimentare rientrano, infatti, non solo i beni appartenenti al fallito al momento della dichiarazione di fallimento, ma anche quelli usciti dal patrimonio del fallito anteriormente al fallimento stesso. Questi beni e diritti possono essere recuperati non al patrimonio del debitore, ma alla garanzia patrimoniale dei creditori: sono quindi assoggettabili all esecuzione concorsuale pur rimanendo in proprietà o nella titolarità di terzi acquirenti. La legge fallimentare, infatti prevede alcuni strumenti volti alla ricostruzione dell attivo e capaci di rendere inefficaci gli atti dispositivi dei beni del fallito compiuti dal fallito stesso prima della sentenza dichiarativa di fallimento e, quindi, di produrre conseguenze nei confronti dei terzi che sono stati parte di tali atti. 3 di 15

4 2 Atti che integrano maggior pregiudizio al principio della par conditio credito rum Vi sono alcuni atti di disposizione dell imprenditore insolvente che escludono un qualsiasi vantaggio per il suo patrimonio, consolidando un pregiudizio pieno, e quindi costituiscono il massimo danno per i creditori e per una distribuzione proporzionata degli effetti dell insolvenza. Si tratta degli atti a titolo gratuito e dei pagamenti di crediti che hanno scadenza il giorno della dichiarazione di fallimento o successiva e che quindi non avrebbero dovuto essere compiuti, se compiuti, nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, sono inefficaci. Tale inefficacia non abilita il curatore ad apprendere materialmente il bene oggetto dell atto di disposizione dal patrimonio del beneficiario, sul predetto incombe l onere di provare, oltre alla natura dell atto, il suo perfezionamento nel periodo sospetto. 2.1 Atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento L art. 64 L.F., rimasto immutato a seguito della riforma, prevede l inefficacia, rispetto ai creditori, degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, esclusi i regali d uso e gli atti compiuti in adempimento di doveri morali o a scopo di pubblica utilità, sempre che la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante. Non si dovrà trattare, dunque, esclusivamente di atti di donazione ma, più in generale, di atti di liberalità in funzione dei quali non discende alcun vantaggio economico per l imprenditore (es. donazioni simulate). L inefficacia opera automaticamente per il solo fatto che il fallimento è stato dichiarato entro i due anni dal compimento dell atto pregiudizievole, per cui non assume alcuna rilevanza che il debitore fosse insolvente al momento in cui ha compiuto l atto gratuito o che tale atto abbia diminuito il patrimonio del fallito, né occorre che il creditore dia prova della conoscenza, da parte del terzo, dello stato di insolvenza. 4 di 15

5 2.2 Pagamenti eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento A norma dell art. 65 L.F. sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. requisiti: Anche in tal caso l inefficacia opera automaticamente (di diritto), qualora sussistono due Il fallimento intervenga entro i due anni dal pagamento; La scadenza originaria del credito soddisfatto anticipatamente coincida con la data del fallimento o con un momento successivo. La norma, pertanto, riguarda sia i pagamenti effettuati in anticipo per sottrarre il creditore al pregiudizio di un eventuale successivo fallimento del debitore, sia i pagamenti anticipati che, indipendentemente dalle finalità perseguite dal debitore fallito e dal creditore, estinguano un debito la cui scadenza originaria era contemporanea o successiva alla data del fallimento. 5 di 15

6 3 L azione revocatoria ordinaria L art. 66 L.F., non modificato dalla riforma, prevede lo strumento dell azione revocatoria ordinaria, per cui il curatore, qualora non possa agire con la revocatoria fallimentare, può chiedere che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile (art c.c.): deve trattarsi, dunque, di un atto di disposizione tale da incidere, attualmente o in futuro, sul patrimonio del debitore. L azione revocatoria ordinaria ha lo scopo di reintegrare la garanzia patrimoniale dalle aggressioni che hanno matrice negli atti di disposizione del debitore 1. Attraverso l'esercizio di tale azione i beni usciti dal patrimonio continuano a costituire una garanzia per i creditori; la responsabilità del terzo contraente trova invece la sua giustificazione nell'aver questi acquistato un bene ancora vincolato dalla garanzia delle obbligazioni del suo dante causa. L azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore conserva, per richiamo espresso del legislatore, gli elementi costitutivi regolati dal codice civile ed in particolare: L eventus damni, costituito dal pregiudizio alla garanzia patrimoniale, ovvero la diminuizione, o anche il pericolo di diminuzione, del patrimonio del debitore; l'eventus danni, è il presupposto oggettivo per l'esperimento dell'azione, viene individuato nello stato di insolvenza o nel suo aggravamento, dovendosi dimostrare il nesso causale tra l'atto revocando e lo stato di insolvenza o l'aggravamento delle stessa; Il consilium fraudis, da intendersi come consapevolezza del debitore di arrecare, con il proprio atto, un pregiudizio al creditore; occorre in proposito specificare che, nell ipotesi di atti dispositivi a titolo gratuito è sufficiente la consapevolezza del debitore, anche se il terzo è in buona fede (si parla in tal caso di scientia damni); laddove, invece, si tratti di un atto a titolo oneroso, è necessaria anche la consapevolezza del terzo di arrecare un pregiudizio al creditore (consilium fraudis). 1 Quando l atto di disposizione non è ancora perfezionato l effetto di preservare il patrimonio del debitore è da ricercare nell azione cautelare del sequestro conservativo e, qualora il creditore sia già munito di un titolo esecutivo, nell azione esecutiva mediante pignoramento. 6 di 15

7 L azione viene proposta dal curatore innanzi al Tribunale fallimentare nei confronti del terzo contraente ed, eventualmente, dei suoi aventi causa. L azione, che di regola ha efficacia relativa, nel senso che avvantaggia solo il creditore che l ha promossa e nei limiti del danno allo tesso arrecato, secondo il prevalente orientamento dottrinale quando coinvolge il fallimento investe l atto nella sua interezza al di là dell importo del credito danneggiato e nei limiti del danno subito dalla massa dei creditori. L azione revocatoria ordinaria, a differenza dell azione revocatoria fallimentare, si prescrive nel termine di 5 anni che decorre non dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento, ma dalla data di stipulazione dell atto impugnato. 7 di 15

8 4 L azione revocatoria fallimentare Uno dei rimedi e dei mezzi più efficaci per la ricostruzione dell attivo fallimentare. Tale istituto, previsto dall art. 67 L.F., persegue la finalità di ricostruire il patrimonio del debitore fallito, revocando atti di disposizione di beni o eliminando debiti o garanzie venuti ad esistenza illegittimamente, con pregiudizio per i creditori. La norma in oggetto, in tema, appunto, di revocatoria fallimentare, è stata completamente novellata dalla recente riforma del diritto fallimentare, in particolare la novella è stata introdotta dal cd. decreto competitività (D.L. n. 35/2005), convertita nella L. n. 80/2005. Lo scopo di tale nuova disciplina è quello della protezione e della certezza dei rapporti con la ferma intenzione di attribuire una maggiore stabilità del traffico giuridico e commerciale, tanto più necessaria in un contesto caratterizzato da un mercato globalizzato e rappresentato da una forte concorrenza. La nuova disciplina si applica alle azioni revocatorie proposte nell ambito di procedure concorsuali iniziate dopo il 17/03/2005, data di entrata in vigore del decreto stesso. A differenza della revocatoria ordinaria, quella fallimentare è preordinata alla salvaguardia del principio della par conditio creditorum, e, in quanto tale, è posta a tutela, non del singolo, ma di tutta la massa dei creditori, e può essere promossa solo dal curatore fallimentare. Gli effetti sono identici a quelli della revocatoria ordinaria, in quanto anche l azione revocatoria ordinaria determina l inefficacia relativa degli atti compiuti in frode ai creditori, con la differenza che tale inopponibilità non riguarda il singolo creditore ma la massa dei creditori. L atto dispositivo revocato non avrà, dunque, effetti per i creditori, ma ovviamente rimane valido tra le parti. L effetto dell azione è restitutorio: il terzo, tenuto a restituire quanto acquisito con l atto revocato, può proporre domanda di insinuazione al passivo per l equivalente e/o per quanto deve ancora ricevere. Presupposti dell azione revocatoria fallimentare sono: 1. il compimento dell atto oggetto di revocatoria nel periodo sospetto stabilito dall art. 67 L.F., che con la riforma, dai due anni e un anno previsti dal vecchio testo, si è ridotto in un anno e sei mesi. 2. la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo. 8 di 15

9 L art. 67 L.F. prevede due ipotesi di revocatoria fallimentare, a seconda che colpisca atti che rientrano nella normale gestione dell impresa (cd. atti normali )o, invece, atti che non vi rientrano (cd. atti anormali ) Atti soggetti a revocatoria Innanzitutto, sono revocati, salvo che l altra parte provi che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore, gli atti cd. anormali, in quanto non discendenti nella prassi commerciale dalle attività ordinarie di un imprenditore solvibile, le cui anomalie fanno presumere in colui che entra in rapporto con il fallito una conoscenza dello stato di insolvenza in cui versa quest ultimo; in sostanza si tratta di atti che l imprenditore non avrebbe mai compiuto se non si trovasse in una situazione di illiquidità o insolvenza. L anormalità, pertanto, fonda una presunzione della scientia decoctionis, ovvero provoca un inversione dell onere della prova e sarà, quindi il convenuto a dover provare che ignorava lo stato di insolvenza. Tra gli atti anomali che fanno presumere la conoscenza dello stato di insolvenza, l art. 67 contempla: 1. gli atti sproporzionati, ovvero gli atti a titolo oneroso compiuti nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite e le prestazioni assunte dal fallito superino di oltre ¼ ciò che a lui è stato dato o promesso. Il periodo sospetto è stato ridotto dal D.L. n. 35/2005, da due anni ad un anno, ed al criterio della notevole sproporzione è stato sostituito il criterio rigido della sproporzione superiore ad 1/4. 2. i pagamenti con mezzi anomali, ossia gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. In tal caso, il ricorso del debitore a mezzi di pagamento anomali rappresenta un sintomo della conoscenza, da parte del debitore stesso, del proprio stato di insolvenza, per cui il curatore non dovrà provare tale condizione ma sarà il terzo a dover fornire la prova dell ignoranza dello stato di insolvenza del debitore poi fallito. 3. i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti. 9 di 15

10 Questi atti se compiuti nel periodo sospetto (cioè entro un anno o sei mesi prima del fallimento, a seconda dei casi) non sono automaticamente revocati, ma occorre, a tal fine, che siano stati compiuti da un debitore insolvente e che colui che ha contrattato con il debitore non dimostri di aver ignorato lo stato di insolvenza del debitore fallito. A questo fine, la conoscenza dello stato di insolvenza dell imprenditore da parte del terzo contraente deve essere effettiva e non meramente potenziale, con la conseguenza che, agli effetti della revoca, assume rilievo soltanto la concreta situazione psicologica da parte del terzo e non la semplice conoscibilità oggettiva del predetto stato:la relativa dimostrazione può basarsi anche su indizi precisi gravi e concordanti ex artt c.c., i quali conducano a ritenere che il terzo, facendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della situazione di insolvenza del debitore (Cass. N /2005) Gli atti normali La distribuzione dell onere della prova segue le regole generali di cui all art c-c- e il curatore deve provare i fatti costituendi della domanda quando l atto è normale, ovvero non costituisce indice di una difficoltà di liquidità dell imprenditore. Sono, infatti, revocati, se il curatore prova che l altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore, gli atti cd. normali, ovvero i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso (compiuti dal debitore o da un terzo: si pensi, ad esempio, alla domanda giudiziale di risoluzione del contratto esercitata nei confronti del contraente poi fallito) e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento 2 (art. 67 L.F.). Pertanto non ogni pagamento di un debito liquido ed esigibile è revocabile dalla curatela fallimentare, ma solo quelli in relazione ai quali chi l ha ricevuto era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore poi fallito. Per conoscenza dello stato di insolvenza si intende la consapevolezza della crisi finanziaria di chi ha compiuto il pagamento che non era in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, secondo la definizione dell art. 5 L.F. 2 Occorre sottolineare che il termine di un anno o sei mesi, cui l art. 67 L.F. fa riferimento, si calcola a ritroso dalla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento. 10 di 15

11 D altra parte, la ratio della norma è evidente: non ogni pagamento è revocabile, ma solo quelli ricevuti da chi era effettivamente consapevole del dissesto finanziario dell impresa poi fallita, non essendo sufficiente, a questo fine, la semplice possibilità di conoscere, con l ordinaria diligenza, lo stato di insolvenza del debitore. Poiché il pagamento costituisce in sé un atto lecito perché dovuto, esperimento l adempimento del debitore alla propria obbligazione, sono colpiti solo i pagamenti da chi conosceva il dissesto finanziario che poi ha portato al fallimento. Solo in tal caso il pagamento deve ritenersi inefficace rispetto ai creditori e può essere revocato, andando così a ricostituire il patrimonio del fallito e consentendo la soddisfazione concorsuale dei creditori rimasti insoddisfatti. In deroga all art. 67 L.F., non è revocabile il pagamento della cambiale scaduta, se il possessore della cambiale doveva accettarlo per non perdere il diritto all azione cambiaria di regresso. In tal caso, l ultimo obbligato in via di regresso, nei confronti del quale il curatore provi che conoscenza lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore (art. 68 L.F.). Tali disposizioni no si applicano all istituto di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di credito fondiario, salve le disposizioni delle leggi speciali Atti sottratti alla revocatoria La novella del 2006 ha introdotto alcune importanti esenzioni all azione revocatoria, che hanno condotto il legislatore a far prevalere la tutela di beni giuridici corrispondenti ad interessi e valori anche di rango costituzionale. Ai sensi dell art. 67 L.F., sono sottratti all azione revocatoria fallimentare (ma, se ne ricorrono i presupposti, possono essere oggetto di revocatoria ordinaria ex art c.c.): 1. i pagamenti di beni e servizi effettuati nell esercizio dell attività di impresa nei termini d uso; 2. le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; 11 di 15

12 3. le vendite e i preliminari di vendita a giusto prezzo di immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l abitazione principale dell acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado; 4. gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell art bis c.c.; 5. gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell amministrazione controllata, nonché dell accordo omologato ai sensi dell art. 182 bis L.F.,(accordi di ristrutturazione di debiti); 6. i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche se non subordinati, del fallito; 7. i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all accesso alle procedure concorsuali, di amministrazione controllata (ora abrogata dalla riforma) e di concordato preventivo. Il termine di prescrizione della revocatoria fallimentare, che prima della riforma era di cinque anni dalla sentenza di fallimento, è previsto dall art. 69 bis L.F., a norma del quale l azione revocatoria fallimentare non può essere esercitata decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dal compimento dell atto Utilizzazione del prezzo della vendita per il pagamento del credito privilegiato In giurisprudenza si è posto il problema se sia revocabile, ai sensi dell art. 67 L.F., la vendita eseguita dall imprenditore, poi fallito entro un anno il quale abbia utilizzato parte del prezzo riscosso per il pagamento di un credito privilegiato. Sul punto si è affermato che, ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell art. 67 L.F., l eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par conditio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale e assoluta, all uscita del bene dalla massa conseguente all atto di disposizione. 12 di 15

13 Per cui grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato (eventualmente anche garantito da ipoteca gravante sull immobile compravenduto) non esclude la possibile lesione della par conditio creditorum, né far venir meno l interesse all azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che anche successivamente all esercizio dell azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi (Cass.n. 7028/2006) Effetti dell azione revocatoria L azione revocatoria fallimentare assolve la funzione di attuare la difesa dei creditori contro gli atti compiuti dal debitore in frode delle loro ragioni, tendendo a reintegrare la garanzia patrimoniale mediante la dichiarazione di inefficacia degli atti dispositivi del proprio patrimonio posti in essere dal debitore. In particolare, a norma del novellato art. 70 L.F., la revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società fiduciarie o di revisione si esercita, produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione. Colui che, per effetto della revocatoria di cui sopra, abbia restituito quanto ricevuto, è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito. Qualora la revocatoria riguardi atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somme pari alla differenza tra l ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e l ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Nel caso di revocatoria di rimesse bancarie, dunque, la banca è tenuta a restituire, non tutte le rimesse effettuate nel periodo sospetto, sebbene fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore, ma al massimo di una somma equivalente alla differenza tra il massimo scoperto in detto periodo ed il saldo finale del correntista al momento del fallimento. E fatto salvo il diritto del destinatario della revocazione di insinuare al passivo un credito d importo corrispondente a quanto restituito. 13 di 15

14 5 La revocatoria degli atti compiuti fra coniugi Il legame dei coniugi scaturente dall unione matrimoniale è caratterizzato da complicità e iniziative tra le più insidiose e pregiudizievoli per i creditori, e ciò giustifica la maggiore severità e rigidità della disciplina dovuta soprattutto alla consapevolezza della insolvenza dell imprenditore da parte del coniuge. L art. 69 L.F., novellato, ne prende atto e prevede la revocabilità degli atti compiuti tra coniugi ed, in particolare: degli atti a titolo oneroso previsti dall art. 67 L.F. compiuti quando il fallito esercitava un attività d impresa commerciale; degli atti a titolo gratuito, compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un attività d impresa commerciale 3. Tali atti sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato di insolvenza del coniuge fallito. La conoscenza dello stato di insolvenza è presunta per tutte le ipotesi previste dall art. 67 L.F. e al curatore è sufficiente provare che l atto è stato compiuto quando il fallito già esercitava l impresa e in costanza di matrimonio; tutte le ulteriori circostanze di fatto rilevanti devono essere provate dal convenuto e particolarmente la mancata conoscenza dello stato di insolvenza. Gli atti di cui all art. 69 L.F. sono inefficaci ex lege e, dunque, non occorre una pronuncia giudiziale. 3 Tale previsione rappresenta un adeguamento della norma preesistente alla sentenza n. 100/1993 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l illegittimità costituzionale del precitato articolo nella parte in cui non comprendeva nel proprio ambito di applicazione tali atti. 14 di 15

15 6 La presunzione muciana Con l introduzione, ad opera del D.L. n. 35/2005 convertito nella L. n. 80/2005, del nuovo testo dell art. 70 L.F., è stata formalmente abrogata, per incompatibilità, la vecchia previsione riguardante la cd. presunzione muciana, istituto ereditato dal diritto romano secondo il quale i beni acquistati dal coniuge fallito a titolo oneroso nei cinque anni anteriori alla dichiarazione di fallimento si presumevano, nei confronti dei creditori e salvo prova contraria, acquistati con danaro del fallito e si consideravano proprietà di questi, legittimando così il curatore ad apprenderne il possesso; se detti beni, nel frattempo erano stati alienati o ipotecati, la revocatoria operava a danno del terzo salvo nel caso in cui questi provasse la propria buona fede. Tale previsione era già stata ritenuta incompatibile con la riforma del diritto di famiglia, che sostituì il regime di separazione dei beni tra coniugi con quello della comunione legale. A dirimere i contrasti intervenne la Cassazione che, in un primo momento, statì che la presunzione muciana operava solo nelle ipotesi in cui i coniugi avessero scelto il regime di separazione dei beni, potendo, altrimenti, i creditori rivalersi solo sulla quota di spettanza del fallito (Cass. N. 954/1989) e, successivamente, sancì espressamente l implicita abrogazione della presunzione muciana a seguito della entrata in vigore della Riforma del diritto di famiglia di cui alla L. n. 151/1975, con conseguente disapplicazione anche nel caso in cui i coniugi avessero adottato il regime della separazione dei beni (Cass. N. 5291/1997). 15 di 15

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