DONNE E LAVORO AUTONOMO ED IMPRENDITORIALE IN ITALIA di Antonella Rosso e Anna Soru. Sintesi a cura dell Area Ricerca Formaper

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1 DONNE E LAVORO AUTONOMO ED IMPRENDITORIALE IN ITALIA di Antonella Rosso e Anna Soru Sintesi a cura dell Area Ricerca Formaper Novembre 1999

2 Questa ricerca è inserita in un progetto finanziato dall'unione Europea nell'ambito dell'eu-india Economic cross-cultural programme. Al progetto, coordinato dalla Camera di Commercio Indoitaliana di Mumbai, hanno partecipato oltre al Formaper, l'austria con il WIFI Osterreich ed il Maharashtra Centre for Entrepreneurship Development. L'argomento approfondito per l'italia riguarda l'imprenditorialità femminile, con attenzione agli elementi che ancora agiscono nel limitarne lo sviluppo. Nello specifico, l'analisi dell'attività autonoma ed imprenditoriale femminile è stata inserita nell ambito della più generale tematica del lavoro femminile per avere uno sguardo d'insieme e per poter effettuare un confronto tra le diverse tipologie di lavoro e verificare se si incontrano le stesse differenze di genere. Donne e imprese nel mondo occidentale: riferimenti bibliografici La numerosità degli studi disponibili ha consentito un approfondimento, per quanto non del tutto soddisfacente, delle problematiche inerenti l imprenditorialità femminile, fornendo un quadro delle caratteristiche ed evoluzioni che l hanno interessata nei Paesi occidentali, con particolare riferimento all Europa. Sussistono evidenti limiti nell analisi eseguita, essenzialmente riconducibili al fatto che le comparazioni tra le ricerche realizzate all interno di singoli Paesi o regioni sono piuttosto difficoltose: le differenze nelle definizioni, nelle metodologie, nell ambito territoriale di indagine sono probabilmente alla base dell estrema eterogeneità dei risultati ottenuti. Innanzitutto non è risultato possibile alcun confronto attendibile tra il numero ed il peso relativo delle donne imprenditrici nei diversi Paesi; anche le stime sulla loro dinamica, oltre a non essere omogenee, generalmente non permettono di affermare che ci sia stato un reale incremento della propensione delle donne all imprenditorialità, testimoniato da una crescita delle donne imprenditrici superiore alla crescita della partecipazione femminile al lavoro. Ad ogni modo, tra i risultati condivisi, non emergono chiare ed univoche evidenze dell esistenza di diversità imputabili al genere nelle caratteristiche individuali alla base della vocazione all imprenditorialità, né nelle caratteristiche e performance delle imprese o relativamente all esistenza di ostacoli ai finanziamenti (in termini di concessioni di prestiti, mentre permarrebbero comunque maggiori generali difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie). Sembrano invece persistere, per quanto in riduzione, diversità nelle conoscenze ed esperienze femminili utili all attività di impresa, quale retaggio di diverse impostazioni nei sistemi educativi. Inoltre, emerge per le donne un più stretto condizionamento della famiglia (soprattutto se ci sono bambini piccoli) che influisce sulle motivazioni, sulla scelta dei settori di attività e quindi sulle caratteristiche e performance delle attività stesse. Non appare, tuttavia, chiaro se la minore disponibilità di tempo dettata dagli impegni familiari sia difficilmente conciliabile con un attività imprenditoriale o se, al contrario, ne favorisca la scelta. Alla base di questa apparente antitesi vi è, in realtà, una definizione di attività imprenditoriale non univoca nei diversi Paesi: il considerare il lavoro autonomo e imprenditoriale come una sola categoria omogenea crea questa ambiguità interpretativa; infatti, nel lavoro autonomo e imprenditoriale rientra una vasta gamma di tipologie e situazioni lavorative molto differenziate in termini di responsabilità e impegno. Esse possono consentire margini di autonomia e di flessibilità molto diversi e costituire altrettante opzioni d interesse per le donne, a seconda dei vincoli o della conciliabilità rispetto al loro carico familiare. Pertanto, l individuazione di parametri chiari ed oggettivi per definire l imprenditorialità femminile costituisce il primo passaggio per poterne stimare, in modo comparabile, la consistenza e l evoluzione; il secondo passaggio richiederebbe il riconoscimento delle profonde influenze esercitate dalle variabili istituzionali e sociali sulla diffusione dell imprenditorialità femminile; infatti non è detto che le evidenze rilevate in un contesto possano essere generalizzate. Pertanto, servirebbe uno studio che, con le stesse metodologie, analizzasse in parallelo più Paesi e contesti, per poter chiarire gli effetti country specific. Profilo dell occupazione femminile in Italia La partecipazione femminile al lavoro in Italia è lentamente ma costantemente cresciuta negli ultimi anni raggiungendo oggi il 36% dell'occupazione totale, dato significativo, tuttavia lontano dall'indicare una situazione paritaria. Il quadro dell occupazione femminile nazionale è stato indagato sulla base dei delle periodiche rilevazioni ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) sulle Forze Lavoro; i dati esaminati sono 2

3 relativi al periodo e utilizzano le rilevazioni di aprile, la meno soggette a variazioni di tipo stagionale. Nel la crescita dell'offerta femminile in Italia si è riflessa in una crescita della Forza Lavoro complessiva di unità, cui però ha corrisposto un calo dell'occupazione totale, sia nel lavoro dipendente, sia nel lavoro autonomo. Anche se la capacità del mercato di assorbire il lavoro femminile è stata inferiore alla crescita dell'offerta., va comunque considerato che l'occupazione femminile è riuscita ad aumentare di 3 punti percentuali in un periodo in cui l'occupazione maschile si è invece ridotta di quasi 4 punti. Le donne sono più spesso dipendenti (40% del lavoro dipendente complessivo) e, nel loro caso, il peso del lavoro dipendente è cresciuto (+5%) mentre è diminuito quello del lavoro autonomo(- 3,5%). Nel complesso le donne partecipano in misura più rilevante degli uomini al lavoro dipendente atipico, sia a tempo determinato sia part-time (preferito dalla donne coniugate con figli o altri familiari). L'innalzamento dell'istruzione femminile (con livelli, nel lavoro dipendente, mediamente superiori a quelli degli uomini) non è stato comunque in grado di garantire un pari accesso alle posizioni più elevate: la maggioranza delle donne laureate sono impiegate, mentre la maggioranza degli uomini laureati ha la posizione di dirigente o quadro. Analogamente a quanto emerge in altri Paesi, le donne sono molto più concentrate degli uomini nel terziario (72,9% contro il 55,5%), settore che ha permesso un significativo sviluppo dell'occupazione femminile, sia dipendente sia autonoma; le donne sono invece poco presenti nell'industria (21% contro il 38% degli uomini). Nello specifico, settori in cui sono concentrate le donne che lavorano sono istruzione e sanità, manifattura, commercio e pubblica amministrazione (81% del lavoro dipendente femminile) e commercio, agricoltura, alberghi e servizi nell'ambito del lavoro autonomo (73,1%). Lavoro autonomo ed imprenditoriale femminile in Italia Per un analisi più funzionale di questa tipologia lavorativa è stata utilizzata un elaborazione sui dati ISTAT eseguita secondo la classificazione adottata dal Formaper e che diversifica tra imprenditori (lavoratori autonomi con dipendenti), self-employed (lavoratori autonomi senza dipendenti, distinti tra professionisti e altri self-employed), e parasubordinati (coadiuvanti e soci di cooperative). La presenza delle donna è risultata maggioritaria, ma calante nelle posizioni parasubordinate ( unità); decisamente più bassa e lievemente in diminuzione in termini assoluti nelle categorie degli imprenditori e degli altri self employed (rispettivamente e unità); sempre bassa, ma fortemente crescente, nella categoria più dinamica, quella dei self employed professionisti, dove la presenza femminile quasi raddoppia in termini assoluti (raggiungendo le unità). La presenza delle imprenditrici come titolari di impresa (di cui il 55,4% delle è localizzato nell'italia Settentrionale) si è dimostrata particolarmente rilevante in termini assoluti nel commercio (dove, tuttavia, è diminuita) e, in termini relativi rispetto a quella maschile, nei settori dei servizi personali e sociali e negli alberghi e ristorazione; rimane, invece, assolutamente marginale nell'edilizia, nei trasporti e nell'intermediazione finanziaria. Nel complesso, le imprenditrici rappresentano solo un quinto del totale degli imprenditori italiani ( nel 1998) e le imprese gestite da donne restano più piccole di quelle gestite da uomini. La tendenziale crescita della partecipazione femminile all'imprenditorialità ha interessato soprattutto le donne più giovani, riflettendosi nella giovane età delle loro imprese; le donne imprenditrici hanno un'età concentrata nelle due fasce centrali dei e e, grazie al recente recupero, presentano livelli di scolarizzazione solo lievemente inferiori a quelli degli uomini (sempre, comunque, medio-bassi). Il confronto di genere fa emergere un peso meno rilevante delle imprenditrici coniugate rispetto ai colleghi uomini (70% contro 78% nel 1998) e, al contrario, più rilevante soprattutto nel caso delle coniugate senza figli a carico (31,1% contro 11,3% degli uomini); la categoria in maggiore aumento tra le imprenditrici risulta comunque coincidere con quella delle single. Ciò ribadisce che l'avere figli è un ostacolo all'impegno imprenditoriale; tale ostacolo viene necessariamente più spesso superato quando la donna è capofamiglia ed ha la necessità di un reddito. Quanto alla categoria delle self employed professioniste, che fa registrare gli incrementi più significativi, va rimarcato che esse sono soprattutto professioniste specializzate e tecnici con elevata 3

4 istruzione ed un'età concentrata tra i 30 ed i 44 anni, prevalentemente coniugate od ex coniugate che vivono con altri familiari (presumibilmente figli). I settori di attività più importanti e in crescita sono rappresentati dai servizi alle imprese, dall intermediazione e dalla la formazione, indicando la penetrazione di queste self employed nelle attività di servizi alla produzione ad alta specializzazione sviluppatisi in seguito ai processi di ristrutturazione e di segmentazione del mercato del lavoro postfordista. Dall'insieme di questo quadro emergono alcune importanti focalizzazioni sulla partecipazione femminile al lavoro autonomo ed imprenditoriale in Italia: - le donne sono più spesso dipendenti ed il peso del lavoro dipendente è cresciuto, mentre è diminuito il peso del lavoro autonomo. Le donne sono maggiormente presenti nel settore pubblico, dove risultano più tutelate e dove possono competere alla pari per un riconoscimento professionale e di carriera. La propensione per i lavori dipendenti deriva da garanzie di maggiore sicurezza e tutela che essi offrono, ma anche dal fatto che sopravvive un ruolo femminile per tradizione più orientato all'esecuzione e non all'iniziativa; inoltre il lavoro dipendente risulta più circoscrivibile in termini di impegno e lascia spazi maggiormente definiti per la vita personale e familiare - più di frequente degli uomini, le donne sono legate da rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato e da rapporti autonomi parasubordinati. Probabilmente, la persistente maggiore debolezza femminile sul mercato del lavoro spinge ad accettare forme di impiego non ottimali pur di uscire dallo stato di disoccupazione, anche se la presenza di elementi di flessibilità utili a conciliare attività lavorativa e attività familiare potrebbe, in alcuni casi, motivarne una scelta preferenziale. - emerge un percorso verso la regolarizzazione e la tutela delle posizioni lavorative femminili, testimoniato dalla crescita del lavoro dipendente e dal calo delle posizioni autonome parasubordinate; - la presenza femminile resta poco rappresentata nelle posizioni elevate del lavoro dipendente e nelle attività a maggiore contenuto professionale nell'ambito del lavoro autonomo. Lavoro autonomo ed imprenditoriale: vincolo od opportunità? Al di là della riduzione della presenza femminile autonoma registrata negli ultimi anni, è importante comprendere se questo ambito possa risultare più aperto ad una partecipazione femminile non "relegata" ed essere considerato un opportunità interessante anche dalle donne con un carico familiare, o se al contrario tenda ad escluderle. Nel tentativo di formulare una risposta si sono dimostrate utili le indicazioni emerse da una ricerca questionaria svolta su un campione di ex allievi Formaper (565 fra uomini e donne), prevalentemente lombardi, aventi un progetto di lavoro autonomo o imprenditoriale. Infatti, l indagine ha consentito di eseguire confronti di genere sulle motivazioni, i problemi, le caratteristiche degli aspiranti creatori e delle attività avviate. Inoltre, un approfondimento delle problematiche legate al genere di appartenenza è giunto anche dallo studio di dieci casi di lavoro autonomo e imprenditoriale femminile, sempre riguardanti la realtà lombarda. Mentre nell ambito del lavoro dipendente, soprattutto nel settore privato, la scelta di avere una famiglia è spesso incompatibile con le possibilità di carriera, maggiori spazi di realizzazione personale e professionale appaiono associarsi al lavoro autonomo di seconda generazione, ovvero legato ad attività di consulenza ed intermediazione, anche per l implicita possibilità di maggiore flessibilità sia nei tempi sia nei luoghi. Il continuo e crescente ricorso delle imprese a consulenze esterne crea importanti spazi per lo sviluppo di queste attività, che vengono colti in misura rilevante dalle donne; non creandosi l obbligo di sostenere i costi indiretti connessi alle eventuali assenze per maternità decade in effetti un importante elemento di discriminazione a sfavore delle donne (che è però anche un elemento di tutela). Più complesso è il caso del lavoro imprenditoriale; in generale quando esiste un'attività strutturata di impresa con dipendenti e soprattutto quando l imprenditore è l unico titolare, il carico di impegni tende ad essere talmente elevato da annullare i vantaggi derivanti da una certa flessibilità. Queste difficoltà spiegano la bassa presenza di donne imprenditrici (soprattutto di donne imprenditrici con figli) il cui numero risulterebbe ancora più ridotto se venissero escluse le attività di cui le donne 4

5 imprenditrici non sono titolari uniche, ma dove partecipano in quanto figlie, mogli o sorelle di imprenditori e con un ruolo, spesso concentrato su alcune funzioni (soprattutto amministrazione e contabilità), che permette una gestione del lavoro comunque flessibile. L'analisi sul campione di aspiranti lavoratori autonomi e imprenditori conferma che spesso la scelta di un lavoro autonomo è residuale, che la motivazione dell'autoimpiego è particolarmente rilevante per le donne e che esse tendono a concentrarsi in attività più propriamente autonome, senza dipendenti o collaboratori fissi e, quindi, di dimensione mediamente più piccole rispetto agli uomini. Questa scelta non appare imputabile a particolari ostacoli nell'accesso ai finanziamenti o di mercato; l'unico elemento che si conferma discriminante è il carico familiare sia nell'avvio di una nuova attività sia nel suo svolgimento ordinario, che spinge le donne a cercare un impegno lavorativo più equilibrato. Esiste, inoltre, un problema di redditività. Se nel lavoro dipendente la remunerazione delle donne resta mediamente più bassa di quella degli uomini, anche nel lavoro autonomo imprenditoriale ritroviamo spesso situazioni di scarsa redditività. Dall'indagine campionaria (e anche da nostre precedenti ricerche) svolte sia sui nuovi imprenditori, sia sulle imprese già consolidate, emergono situazioni di performance economica meno favorevoli alle donne. E' possibile che questi risultati siano collegabili ad una certa discontinuità nella formazione delle donne imprenditrici o lavoratrici autonome che spesso, non avendo precedenti esperienze lavorative o avendole in altri settori, non hanno maturato le necessarie competenze manageriali. Tuttavia non è certo ininfluente il ruolo familiare: la presenza di vincoli (attuali o prospettici) che ne derivano spinge le donne a contenere lo sviluppo dei propri impegni lavorativi, mentre più facilmente gli uomini tendono ad espanderli senza limiti. 5

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