LA DIFESA PERSONALE NEL DIRITTO: INQUADRAMENTO GIURIDICO E RESPONSABILITA'
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- Adelina Scotti
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1 Licia Albertazzi praticante di arti marziali, dottoranda di ricerca presso l'università degli Studi di Pavia, abilitata all'esercizio della professione forense. Sito web: contatto LA DIFESA PERSONALE NEL DIRITTO: INQUADRAMENTO GIURIDICO E RESPONSABILITA' Indice generale - Introduzione 1) Alcuni termini: dolo, colpa, preterintenzione 2) Antigiuridicità e cause di giustificazione 3) Lo stato di necessità 4) La legittima difesa 5) L'eccesso colposo di legittima difesa 6) La legittima difesa dopo la riforma 7) Ad ogni responsabilità penale corrisponde responsabilità civile Bibliografia: Marinucci, G. e Dolcini, E. - Manuale di Diritto Penale parte generale, Giuffrè editore, 2006.
2 Introduzione Nell'era del multidisciplinare, ove un singolo comportamento può avere diverse ripercussioni nella propria sfera soggettiva, è bene comprendere quali siano le dinamiche giuridiche che investono ogni singolo aspetto del comportamento umano, ivi compresa la pratica sportiva e la difesa personale. Ed è bene avere consapevolezza dell'azione normativa anche al di fuori dell'ambiente sportivo, laddove la conoscenza di tecniche marziali e di difesa può astrattamente incidere sulla posizione giudica soggettiva del praticante. Scopo della presente trattazione è quella di fornire ai praticanti di tecniche di difesa personale elementi giuridici di base, essenzialmente di natura penalistica. Personalmente credo sia utile sapere come la pratica sportiva abbia ricadute dirette nel mondo del diritto: a tale scopo saranno anche fornite indicazioni generali di comportamento che è utile seguire in caso di aggressione proveniente dall'esterno. Sarà cura della scrivente cercare di fornire, per quanto possibile, una visione della situazione giuridica in Italia quanto più completa ed esaustiva.
3 Alcuni termini: dolo, colpa e preterintenzione La condotta, cioè quel o quei comportamenti attivi o omissivi - posti in essere dal soggetto agente (art. 42 c.p.) può consistere in un'azione cosciente, compiuta dall'agente nel pieno della sua volontà e delle sue facoltà mentali, oppure involontariamente, per motivi ascrivibili a determinate mancanze (negligenza, imprudenza, imperizia). Nel primo caso si parla di condotta dolosa, nel secondo di condotta colposa. La preterintezione è un terzo caso a cavallo tra i primi due: l'agente compie con dolo l'azione principale ma l'evento finale esula dalla rappresentazione originaria, verificandosi una lesione più grave di quella prevista (art. 43 c.p.). Ex art. 90 c.p. è irrilevante per l'ordinamento penale lo stato emotivo o passionale del soggetto agente, salvo l'ipotesi in cui tale condizione psicologica sia dovuta a patologia validamente diagnosticata, sia essa permanente o anche solo a carattere transitorio.
4 Antigiuridicità e cause di giustificazione In alcuni casi l'ordinamento permette al singolo di utilizzare la forza fisica. Si tratta di situazioni eccezionali in cui è in pericolo la stessa incolumità (fisica e patrimoniale) della persona aggredita. Questi comportamenti, tassativamente previsti, sono definiti dal codice penale cause di giustificazione poiché escludono l'antigiuridicità del fatto (il comportamento è ritenuto legittimo dall'ordinamento, corretto e non perseguibile): poiché normativamente previsto, date determinate condizioni, quel fatto specifico non può essere considerato reato. Brevemente, tali situazioni sono: Il consenso dell'avente diritto; L'esercizio di un diritto; L'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica; L'adempimento di un dovere imposto da un ordine della pubblica autorità; Le legittima difesa; L'uso legittimo delle armi; Lo stato di necessità.
5 Lo stato necessità Può accadere che, in determinate circostanze, il comportamento di un soggetto, finalizzato a salvare sé o altri, provochi danni a cose o ad altre persone. Questo comportamento è ritenuto legittimo dall'ordinamento (art. 54 c.p.) nel caso in cui un soggetto sia spinto a preservare la propria o l'altrui incolumità, sempre che il pericolo non sia stato da lui stesso creato. La fonte del pericolo, quindi, può essere sia un evento naturale (si pensi ad un terremoto, un'inondazione, un incendio) che un comportamento umano (es. la vittima soccorsa dopo l'incidente nel caso in cui, per salvarle la vita, il passante le provochi alcune lesioni aggiuntive). Infine, non può invocare lo stato di necessità chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo (si pensi, ad esempio, ai vigili del fuoco o alle forze dell'ordine in generale).
6 La legittima difesa Art. 52 co1 c.p.: Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all offesa. La legittima difesa rappresenta una delle deroghe più importanti alla regola generale. Ma perchè essa sussista, a seguito di aggressione esterna, occorre che siano presenti tutti i quattro requisiti sopra evidenziati. 1) La condizione di necessità: diversa dallo stato di necessità prima esaminato, si considera necessità l'impossibilità concreta di agire in un modo diverso da quello scelto dall'agente in difesa di un diritto proprio o altrui. In particolare occorre che: non sia possibile adottare una condotta alternativa ritenuta lecita senza subire inevitabile pregiudizio fisico. L'esempio classico si ha ove la fuga sia esclusa; non sia possibile agire in maniera meno lesiva per l'aggressore: di qui la valutazione del caso concreto nel caso in cui si sia utilizzata un'arma. Da ciò discende che scappare o, in ogni caso, evitare lo scontro diretto restano pur sempre le prime soluzioni da ricercare, sempre che ciò sia possibile e purchè da esse non possano scaturire pregiudizi ancora maggiore rispetto a quelli concretamente minacciati. Il nostro ordinamento impone al soggetto che si difende di adottare il comportamento meno lesivo tra quelli possibili. 2) Il pericolo attuale: il pregiudizio per il diritto difeso deve essere reale; l'aggressore cioè deve essere concretamente in grado di provocare la lesione minacciata. La minaccia di lesione deve essere altresì attuale, cioè si deve verificare nel tempo presente (non vale come legittima difesa la reazione posticipata nel tempo, né quella a prevenzione di un ipotetico danno futuro che l'agente, soggettivamente, pensa si potrebbe verificare). 3) L'offesa ingiusta: il diritto oggetto di potenziale lesione va inteso in senso ampio. Ad esempio, vi è sicuramente differenza tra diritto personale (come alla vita, all'integrità fisica) e diritto patrimoniale (in caso di sottrazione di somme di denaro o altri preziosi). Particolare è poi la previsione di difesa dell'incolumità pubblica: si pensi ad un soggetto che intenzionalmente voglia appiccare un incendio. Inoltre, l'offesa deve essere ingiusta, cioè non giustificata dall'ordinamento (si pensi, al contrario, ad un intervento coattivo delle forze dell'ordine). 4) Proporzione tra difesa e offesa: questo, tra tutti, è l'elemento che richiede una valutazione più delicata. L'ordinamento non richiede una superiorità né un'equivalenza dell'interesse protetto rispetto agli interessi propri dell'aggressore (che, in qualità di soggetto giuridico, detiene anch'egli il diritto alla conservazione dei diritti personalissimi) ma che tale rapporto non sia eccessivamente sproporzionato. E' naturale quindi che la valutazione andrà operata sicuramente sul piano concreto, analizzando congiuntamente ogni singola circostanza. Tale valutazione è effettuata sostanzialmente sulla base dei valori etici dell'ordinamento: ad esempio, la nostra Costituzione ritiene prevalente la
7 tutela del bene della vita rispetto a qualsiasi altro diritto patrimoniale. Esaminati i due istituti dello stato di necessità e della legittima difesa, appare chiara la loro differenza sostanziale: nel primo caso si tratta di una vera e propria azione di salvataggio limitata tuttavia alla protezione dei soli diritti personalissimi (come la vita); nel secondo, la fonte di aggressione è strettamente umana e possono essere tutelati anche diritti di natura patrimoniale.
8 L'eccesso colposo di legittima difesa E' la situazione che si verifica quando, sussistendo i primi quattro elementi (non punibilità, condizione di necessità, pericolo attuale, offesa ingiusta) manca tuttavia la proporzione tra difesa e offesa. Ciò si verifica ad esempio se ad un'aggressione a mani nude si risponde con un'arma da fuoco quando, in realtà, la stessa arma si sarebbe potuta utilizzare al fine di dissuadere l'aggressore dal suo intento; oppure quando vi sia ampio divario di condizioni fisiche tra aggressore ed aggredito. L'eccesso di legittima difesa deve essere colposo, l'evento dannoso cioè deve essersi verificato anche se l'agente aveva ben presente quali fossero gli aspetti della circostanza concreta venuta in essere e ben avrebbe potuto adottare un altro comportamento ugualmente efficace oppure nel caso in cui lo stesso non abbia rispettato semplici regole di condotta (ad esempio, chiudendo una porta o utilizzando determinate protezioni). Riassumendo, esistono due circostanze nelle quali viene integrato l'eccesso colposo di legittima difesa, con conseguente responsabilità penale a carico dell'aggredito: evento volutamente provocato a seguito di erronea e colposa valutazione della situazione di fatto; realizzazione del comportamento in violazione di regole di comportamento specifiche a sfondo precauzionale, con il conseguente verificarsi di evento lesivo più grave di quello originariamente voluto per errore di esecuzione. Di conseguenza, una reazione difensiva estremamente violenta potrebbe condurre proprio ad un eccesso colposo di legittima difesa: se, ad esempio, l'aggressore è disarmato e fisicamente debole è penalmente responsabile l'istruttore di arti marziali che, provocandone una violenta caduta, ne procura una lesione permanente se non addirittura la morte.
9 La legittima difesa dopo la riforma Art. 52 co2 e co3 c.p.: nei casi previsti dall articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Il legislatore è intervenuto nel 2006 con la legge n. 59 del 13 Febbraio introducendo un importante correttivo all'istituto della legittima difesa a favore dell'aggredito. In sostanza, se l'aggressione avviene in determinati luoghi, cioè: nella propria residenza; nel proprio domicilio, inteso non solo come luogo di dimora abituale ma luogo in cui si svolge la prevalente attività del soggetto, professionale e non; rientra quindi in tale contesto il luogo di lavoro l'ordinamento presume in maniera assoluta l'esistenza di proporzione tra difesa e offesa. Ciò significa che, sul piano probatorio, si ritiene giustificato qualsiasi comportamento assunto dal difensore, il quale può legittimamente utilizzare un'arma legalmente detenuta e difendere ogni tipo di interessi, sia personali che patrimoniali. Attenzione però: si ricordi che vanno comunque riscontrati tutti gli altri elementi necessari in genere affinchè sia integrata la legittima difesa (condizione di necessità, pericolo attuale, offesa ingiusta) ed occorre inoltre che il reato di violazione di domicilio si sia consumato. Non opera questa presunzione quando l'aggressore abbia tentato, senza successo, di introdursi in casa e, ad esempio, il proprietario spari allo stesso, provocandone il ferimento o la morte. Analogamente non opererà la legittima difesa quando il proprietario faccia fuoco all'aggressore già in fuga o che abbia desistito dal suo intento criminoso.
10 Ad ogni responsabilità penale corrisponde responsabilità civile Se non è assolutamente vero il contrario, nel caso in cui sul piano penale venga accertata la commissione di un reato, sul piano civile scatta la corrispondente responsabilità di risarcire il danno provocato. L'art. 185 c.p. contempla l'obbligo a carico del reo di risarcire il danno provocato, sia esso patrimoniale o non patrimoniale. Occorre dunque tenere ben presente questa circostanza poiché le conseguenze di un atto penalmente rilevante non si fermano su questo piano, ma producono effetti anche su quello della responsabilità civile. In questo senso il risarcimento monetario funge da riparazione del danno cagionato a livello fisico.
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