L Assistente Sociale in Provincia di Cremona
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- Giorgina Visconti
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1 L Assistente Sociale in Provincia di Cremona Indagine sulla condizione professionale e lavorativa della Assistente Sociale nella Provincia di Cremona Questa indagine è nata dall impegno che ci siamo presi come Gruppo Provinciale di Supporto all Ordine in chiusura dell Evento Formativo del Giugno 2011 In quella occasione ci eravamo lasciati con profondi interrogativi sulla nostra realtà sia professionale che in ambito lavorativo rilevando la necessità di arrivare ad avere una fotografia della situazione provinciale:queste problematiche sono state riportate negli incontri di coordinamento in sede Provinciale prima e Regionale poi riuscendo così ad inserire la realizzazione di una indagine conoscitiva tra le attività del 2012 promosse dall Ordine Regionale. Sottolineo inoltre che grazie a questi incontri di coordinamento ho potuto accedere a materiale già predisposto da colleghi di altre provincie. Materiale che è stato poi personalizzato per le nostre esigenze e lanciato per la compilazione on line grazie al supporto logistico che ci ha fornito la Amministrazione Provinciale. L adesione alla rilevazione è stata piuttosto alta per sondaggi di questo genere. Difatti ci sono ritornati 101 questionari su un popolazione di 189 iscritti all Albo Regionale per la Provincia di Cremona. Una percentuale superiore al 50%, e considerato che di solito su questi tipi di indagine si rileva una adesione che va dal 10% al 30% siamo rimaste piuttosto soddisfatte. Dobbiamo anche rilevare che probabilmente sarebbero arrivati molti più questionari in quanto vi è stato qualche disguido nella procedura di invio, per cui alcuni questionari sono andati persi e qualcuno è risultato doppio. Con il Tecnico Informatico che ci ha messo a disposizione l Amm. Provinciale abbiamo ripulito i questionari che sospettavamo fossero doppi abbiamo quindi lavorato su un numero totale di 99 questionari. Sicuramente si poteva fare anche di meglio e di più. Adesso che abbiamo terminato la lettura dei risultati possiamo dire che alcune domande andavano declinate diversamente, però non siamo nemmeno la Doxa, e abbiamo fatto tutto con le nostre forze e siamo comunque contenti dei risultati che abbiamo raggiunto. Possiamo dire che ora abbiamo in mano una fotografia sufficientemente rappresentativa della situazione attuale. Nella cartellina abbiamo inserito i risultati e i grafici relativi. Vorrei invece soffermarmi qui su alcuni dati che ci sono sembrati particolarmente interessante rilevare. Gli assistenti Sociali della provincia di Cremona rappresentano il 4% degli iscritti all albo regionale che vede una grande maggioranza rappresentata dagli iscritti delle Province di Milano e Brescia. Fotografia della popolazione Una prima sezione presentava domande per così dire anagrafiche al fine di avere una fotografia della popolazione che ha risposto al questionario. Come da previsioni emerge subito che la popolazione è prevalentemente femminile (i maschi sono meno del 10%) così come è anche nell Ordine Regionale dove su 4882 iscritti solo 349 sono i maschi.(nemmeno l 8%) Le fasce d età maggiormente rappresentate vanno dai 24 ai 43 anni a differenza degli iscritti all Ordine che si sposta un po più verso i 50 e oltre. Per cui la nostra popolazione si caratterizza per una forte presenza giovanile La stragrande maggioranza è originaria della Regione Lombardia.
2 L anno di iscrizione all albo vede picchi in corrispondenza del 1995 anno di Istituzione dell Albo e del 2003, anno di avvio dei percorsi specialistici. Formazione Andando ad esaminare il titolo di studio dei partecipanti si rileva che la maggioranza dei partecipanti ha conseguito il Diploma Universitario, seguono la Laurea di I Livello e quella di II. Non si è riscontrata però una particolare distribuzione incrociando il titolo con l Età se non che vi è una maggiore prevalenza di Diplomi Universitari nelle fasce d età oltre i 40 anni (come è logico che sia) Alla Laurea di II livello hanno aderito anche chi era già in possesso del Diploma triennale. Andando a vedere l età di chi ha conseguito la laurea specialistica abbiamo notato una distribuzione con picchi nella fascia d età più giovane e nella fascia d età dai 44 ai 53 anni Alla domanda è sua intenzione intraprendere ulteriori percorsi formativi i partecipanti si sono equamente divisi tra i si e i no. Non si è neppure osservata una correlazione delle risposte con il titolo già acquisito. Si può invece registrare una motivazione al completamento della propria formazione ed alla ricerca di continui approfondimenti che non si esaurisce con l avanzare dell età. Situazione lavorativa Passando ad esaminare la condizione lavorativa delle colleghe nei diversi servizi possiamo subito vedere come grandissima maggioranza lavora a tempo indeterminato e questo dato è presente anche nelle fasce più giovani. Possiamo pensare che questo sia anche in relazione alla stabilizzazione di molti servizi conseguentemente ai processi innescati dalla Legge 328, ma comunque sia il fenomeno del precariato per ora non tocca in modo particolare la nostra provincia ma si può concludere per un contesto di servizi storici e ben stabilizzati. Solo il 20 % lavora da meno di 5 anni, mentre il 30 % lavora da più di 20 anni e anche questo dato ci riporta a rapporti di lavoro in essere da lungo tempo e quindi di un ingresso veloce nell ambito del lavoro dopo la laurea. Questi dati che sembrano positivi andrebbero rivisti tra qualche anno, alla luce delle modifiche introdotte nell accesso ai corsi di laurea, del completamento dei processi di stabilizzazione del personale da parte degli enti e dell introduzione della riforma pensionistica. Per quanto riguarda il datore di lavoro la maggioranza di noi è occupata negli Enti Locali, seguono le Aziende Speciali o Consorzi di Comuni, le Asl le Aziende Ospedaliere. Associazioni, Coop.ve e Fondazioni rappresentano una grande minoranza. Insomma è ancora il pubblico che la fa da padrone. Sono numericamente esigui i rapporti di lavoro per più enti o più servizi, cioè colleghe che lavorano su più incarichi. Emergerebbe pertanto un quadro piuttosto adeguato. Sull intero numero di partecipanti, 79 sono assunte con il ruolo di collaboratore e, dato interessante, il 20% riveste incarichi di coordinamento o direttivi. Non è una percentuale da poco anche se come vedremo più avanti c è ancora da fare ma sicuramente rispetto al passato possiamo notare dei miglioramenti. Sottolineiamo il dato interessante che il 2% segnala di lavorare come Docente Universitario.
3 Quale ruolo Anche i dati relativamente alla presenza di un Responsabile di Servizio o Coordinatore o alla presenza di una équipe di lavoro confermano un miglioramento delle condizioni di lavoro, e chi ha una certa età, sa bene cosa vuol dire lavorare soli. Quindi da un punto di vista questo è un grosso passo avanti che però non ci soddisfa pienamente. Difatti se esaminiamo nei diversi sevizi a chi è assegnato questo compito, notiamo che, specie nei servizi sanitari, raramente è affidato ad una A.S. Nelle Asl la prevalenza dei Resp. di Serv. è individuata nella figura del Medico, dello psicologo poi e in una percentuale insignificante della As. Soc. Anche nei servizi non sanitari, Aziende speciali o Consorzi, la responsabilità di Servizio è affidata prevalentemente al Segretario o Direttore sociale, o altre figure del settore amministrativo finanziario.anche nell ambito degli Enti Locali dove quasi sicuramente la competenza della As.Soc. in merito ai servizi sociali e alle politiche sociali è maggiore di quella di altre figure la resp. di servizio le viene affidata in una forte minoranza dei casi che viene registrata in modo numericamente emergente prevalentemente negli enti locali Condizioni di lavoro L analisi delle condizioni in cui si trovano ad operare le colleghe negli ambienti di lavoro sono state analizzate con specifiche domande sulle condizioni di sicurezza, sul rispetto per il setting, per la tutela della privacy e per la dotazione strumentale messa a disposizione E nei Servizi Pubblici quali le Aziende e gli Enti locali che dobbiamo registrare le maggiori carenze nei termini di attenzione per il setting e per la Privacy degli utenti. C è veramente poca attenzione per la specificità del lavoro della As. Sociale per la quale il Setting e il segreto delle informazioni possedute sono aspetti professionalmente primari. Anche rispetto alla dotazione strumentale si rilevano ancora molte carenze, specialmente nei comuni. Poco meno del 30% delle colleghe non lavora in adeguate condizioni di sicurezza, in 42 casi su 99 non vi sono le condizioni per operare in adeguate condizioni rispetto al setting professionale e così pure sono preoccupanti i valori rispetto alla tutela della privacy. Non sono dati di drammatici ma non si può non notare che a parità di responsabilità professionale e obblighi formativi, non tutti lavorano nelle stesse condizioni. Per cui se la figura dell As. Sociale è cresciuta qualitativamente, forse non si è ancora fatto abbastanza perché tutto il bagaglio di sapere, competenza e ricchezza che portiamo sia incidente anche nella pratica quotidiana. Dovremmo interrogarci su quali passaggi abbiamo saltato o restano da fare o da curare maggiormente per sollecitare maggiore cura da parte degli enti ma anche delle organizzazioni sindacali per questi aspetti. Soddisfazione rispetto al lavoro della Assistente Sociale Per quanto le condizioni di lavoro mostrino aspetti ancora insoddisfacenti i valori sulla soddisfazione sono una sorpresa. La maggior parte delle risposte relativamente alla soddisfazione globale si colloca su risposte medio alte. E così anche su mansioni, retribuzione e carico di lavoro. La soddisfazione rispetto ai carichi di lavoro è un po più bassa nel pubblico rispetto alla sanità. Un po più bassi i valori sulle retribuzioni ma rispetto alle mansioni le risposte si sono orientate maggiormente sui valori 3 4.
4 Abbiamo esaminato gli aspetti del lavoro della As. Sociale che soddisfano maggiormente e possiamo vedere che la maggiore soddisfazione cade rispetto alla possibilità di agire sui cambiamenti per le colleghe delle Aziende speciali si hanno avute più risposte sulla possibilità di aiutare gli altri Ci aspettavamo risposte più negative invece dobbiamo pensare ad una globale convinzione nella scelta effettuata di fare l Assistente Sociale e le criticità rilevate non erano sufficienti per ricredersi e quindi alla base c è stata una scelta fortemente motivata. Formazione Una serie di domande erano pertinenti alla registrazione delle opportunità formative dei colleghi nei diversi ambiti di lavoro per avere un quadro complessivo della situazione. Sia nella Sanità, in cui includiamo sia Asl che azienda ospedaliere, che nel privato, ci segnalano che nella maggior parte dei casi vi è un piano formativo dell ente. Ne pubblico, cioè comuni e Aziende sociali, siamo a metà tra risposte affermative le risposte negative, pensiamo che in ciò abbia inciso il dato relativo ai piccoli comuni, dove più difficile vi è una programmazione della formazione dei dipendenti. Vengono però riconosciute nella stragrande maggioranza dei casi le spese per la formazione in orario di servizio per iscrizione, missione e anche per ore straordinarie. Nella maggioranza dei casi è riconosciuta anche la formazione fuori orario di servizi. Chi organizza per ora eventi formativi sono ancora gli enti pubblici. Le risposte circa formazione organizzata dal proprio ente cadono maggiormente nei servizi sanitari (ASl e Ospedali) ma anche dalle aziende sociali, come dire che servizi più strutturati hanno maggiori capacità organizzative. Le proposte formative organizzate dalla provincia sono maggiormente scelte dalle colleghe degli enti locali o aziende speciali. Nell ambito degli enti locali e del privato sono maggiormente presenti attività formative centrate sulla partecipazione a convegni e seminari. Nella sanità sono prevalenti partecipazione a corsi di formazione inoltre le proposte formative nell ambito della Sanità (sempre Asl e Aziende Ospedaliere) sono maggiormente distribuite su percorsi di supervisione e gruppi di autoformazione. Nei restanti casi è prevalente l attività di svolgimento di supervisione. Sia nella Sanità, in cui includiamo sia Asl che azienda ospedaliere, che nel privato, ci segnalano che nella maggior parte dei casi vi è un piano formativo dell ente. Ne pubblico, cioè comuni e Aziende sociali, siamo a metà tra risposte affermative le risposte negative, pensiamo che in ciò abbia inciso il dato relativo ai piccoli comuni, dove più difficile vi è una programmazione della formazione dei dipendenti. Vengono però riconosciute nella stragrande maggioranza dei casi le spese per la formazione in orario di servizio per iscrizione, missione e anche per ore straordinarie. Nella maggioranza dei casi è riconosciuta anche la formazione fuori orario di servizio. Chi organizza per ora eventi formativi sono ancora gli enti pubblici. Le risposte circa formazione organizzata dal proprio ente cadono maggiormente nei servizi sanitari (ASl e Ospedali) ma anche dalle aziende sociali, come dire che servizi più strutturati hanno maggiori capacità organizzative. Le proposte formative organizzate dalla provincia sono maggiormente scelte dalle colleghe degli enti locali o aziende speciali. Nell ambito degli enti locali e del privato sono maggiormente presenti attività formative centrate sulla partecipazione a convegni e seminari. Nella sanità sono prevalenti partecipazione a corsi di formazione inoltre le proposte formative nell ambito della Sanità (sempre Asl e Aziende Ospedaliere) sono maggiormente distribuite su percorsi di supervisione e gruppi di autoformazione.
5 Per quanto concerne le aspettative formative per il futuro la maggioranza delle risposte è rivolta verso l area minori e famiglia, seguita però da progettazione e organizzazione dei servizi, con un interessante numero di preferenze la dimensione di approfondimento è però prevalentemente su aspetti metodologici seguito da aspetti giuridico amministrativi. Nel complesso si è avuta però l impressione che al di fuori di servizi più strutturati come le Asl o le Aziende Ospedaliere, l accesso alla formazione è molto occasionale e frammentario, lasciato molto alla iniziativa individuale. Questo specie negli enti pubblici minori, meno nell ambito di servizi più strutturati dove però si pone maggiormente il problema del riconoscimento della specificità della formazione formativa per l As. Sociale. Fanno pensare le risposte sulla non attenzione dell ente per la formazione della As. Sociale, ma d altra parte se i resp. Di Servizio sono prevalentemente figure non dell area sociale, o magari senza la minima competenza è evidente che non ci possiamo aspettare che venga colta la dimensione in cui si declina la nostra operatività. Potremmo chiederci in che modo andare a riproporci, ridefinire la nostra dimensione negli ambiti lavorativi più critici. Però anche le risposte necessità di non lasciare scoperto il Servizio fanno pensare perché ci portano a ambiti di lavoro dove l intervento sociale ha una dimensione numerica, di prestazioni. La complessità della azione che opera l As. Sociale di traduzione delle scelte politiche nella pratica quotidiana con attenzione particolare alla tutela dei diritti delle persone non è sufficientemente presente. In questi nuovi servizi, così frammentati e disgregati, diventa anche difficile capire chi è il proprio referente o responsabile. Sarebbe anche importante capire cosa il mondo politico si aspetta dagli operatori sociali. Quale è la loro idea di politiche sociali e in che modo noi dovremmo esserne parte.
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