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1 Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Anno XXVII - n 1 - Giugno 2010 Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI

2 Il Metodo Gruppi di sostegno psicologico per armonizzarsi con i cambiamenti della vita dopo il cancro Ascolto, aiuto pratico, orientamento: per la paura e il disorientamento davanti alla diagnosi Consulenze individuali psicologiche e mediche per problemi particolari di natura emotiva e fisica Attività di sostegno per partner e care giver per il sovraccarico emotivo nelle relazioni familiari Attività psicofisiche, creative, estetiche per accrescere l armonia mente-corpo Terapia medica sistemica per la prevenzione e cura della fatigue per rafforzare l organismo durante e dopo le terapie oncologiche Risposte aperte dei medici Dottore si spogli per saperne di più su alimentazione, ricostruzione, menopausa, malattia e cure I risultati raggiunti Potenziamento delle risorse psico-fisiche durante le terapie oncologiche Riduzione della depressione e della fragilità emotiva Rafforzamento dell autostima, dell assertività e dell autonomia Riduzione del coinvolgimento emotivo, pratico, economico, famigliare e sociale Un contributo personale al buon esito delle terapie oncologiche

3 Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro Editoriale Cari lettori e amici, Attivecomeprima Onlus Via Livigno 3, Milano Tel Fax segreteria@attive.org Consiglio Direttivo: Ada Burrone, Alberto Ricciuti, Arianna Leccese, Anna Dal Castagné, Giovannacarla Rolando. Collegio dei Sindaci: Mauro Bracco, Flavio Brenna, Luciana Dolci, Giusi Lanicole, Carlo Vitali. Comitato Scientifico: Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti, Fabio Baticci, Franco Berrino, Nicoletta Buchal, Massimo Callegari, Salvo Catania, Alberto Costa, Francesco Della Beffa, Maurizio Nava, Marina Negri, Willy Pasini, Manuela Provantini, Alberto Ricciuti, Giorgio Secreto, Paolo Veronesi, Umberto Veronesi, Claudio Verusio, Eugenio Villa. Per tradizione, il Sindaco di Milano è Presidente Onorario di ATTIVEcomeprima. mi dispiace davvero che, per un disguido postale, non vi sia giunta la rivista da noi spedita lo scorso Novembre: era particolarmente ricca di contenuti, nuovi spunti di riflessione e informazioni sulle le nostre iniziative. In questo numero vi parliamo del canto, della vela, dello sport in generale e dei benefici che l esprimersi fisicamente produce. Benefici capaci di rigenerare emotivamente e anche di cambiare la disposizione mentale verso ciò che può sembrare difficile. Negli anni 50, negli Stati Uniti, si fecero alcuni esperimenti su squadre di basket universitarie. A un gruppo di studenti fu chiesto di allenarsi a fare canestro per tre settimane, mentre a un altro gruppo, fu chiesto di esercitarsi solo con il pensiero, semplicemente visualizzando la palla, per tre settimane. Trascorso tale periodo i due gruppi furono testati. Il primo gruppo aveva aumentato la propria capacità di andare a segno del 24%. Il secondo gruppo, che non aveva mai toccato la palla, aveva aumentato la capacità di fare canestro del 23%. In pratica, lo stesso risultato. Questo è il potere della mente. Tale aspetto ha avuto una grande rilevanza nello sport: gli atleti non vengono preparati solo dai coach, ma spesso anche da psicologi che allenano la loro mente. E oggi si sa che se due atleti hanno fatto lo stesso allenamento fisico, tra i due quello che si è preparato meglio mentalmente, è quello che vince. Lo sanno anche coloro che, di fronte ad un esperienza drammatica, sono riusciti a spostare il baricentro dalla paura e dalla rassegnazione al coraggio e alla fiducia, impegnando la forza di volontà, le emozioni e le energie in modo costruttivo e consapevole per far vincere la vita, al di là di tutto. Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista. Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l omaggio degli impianti di stampa. Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad Attivecomeprima Onlus.

4 Anno XXVI - n 2 - Ottobre 2009 Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI Corso di Porta Romana, 63 Milano Pubblicazioni Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Rivista ATTIVE Viene offerta a tutti coloro che sostengono l Associazione Riprogettiamo l esistenza Decido di vivere La cura degli affetti Testi utilizzati per la conduzione dei gruppi di sostegno psicologico* * Riservati esclusivamente ai partecipanti dei nostri incontri formativi La Forza di Vivere La Forza di Vivere Cofanetto di 10 opuscoli a cura di ATTIVEcomeprima 10 opuscoli a cura di Il gusto di vivere di Ada Burrone e Gianni Maccarini Edizione Oscar guide Mondadori La forza di vivere Per affrontare con armonia il cambiamento di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima...e poi cambia la vita Parlano i medici le donne gli psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Edizione FrancoAngeli/Self-help La terapia di supporto di medicina generale in chemioterapia oncologica di Alberto Ricciuti Edizione FrancoAngeli M amo, non m amo di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima L a f o r z a di vivere come antidoto alla paura 5 ottobre 2008 ore Teatro Carcano Video integrale dell evento LaForzadi Vivere Come antidoto alla paura Registrazione integrale dell evento dal vivo al Teatro Carcano di Milano in occasione del nostro 35 DVD video durata 150 min. Lo spazio umano tra malato e medico Parlano medici, pazienti, psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Il Pensiero Scientifico Editore Per informazioni sulle pubblicazioni tel Quando il medico diventa paziente La prima indagine in Italia sui medici che vivono o hanno vissuto l esperienza del cancro a cura di ATTIVEcomeprima e Fondazione Aiom Edizione FrancoAngeli La danza della vita Le esperienze più straordinarie della mia esistenza di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione FrancoAngeli Getty images - Laura Ronchi

5 Sommario Periodico trimestrale Anno XXVII - N 1 Giugno 2010 Sped. abb. post. 70% Filiale di Milano La rivista è posta sotto la tutela delle leggi della stampa. Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. La riproduzione scritta dei lavori pubblicati è permessa solo dietro autorizzazione scritta della Direzione. Direttore responsabile: Ada Burrone Vice Direttore: Paola Bertolotti Segreteria: Aurelia Ruzzalini, Floriana Zappa Redazione: Elena Quarestano Hanno collaborato: Paola Bertolotti, Ada Burrone, Arsene Duevi, Stefano Gastaldi, Benedetta Giovannini, Franca Maffei, Francesco Raspigliesi, Alberto Ricciuti, Giovannacarla Rolando, Lucia Totaro. Proprietà della testata: Ass. ATTIVEcomeprima Onlus Direzione, Redazione, Amministrazione: ATTIVEcomeprima ONLUS Milano Via Livigno, 3 Tel Fax segretria@attive.org Progetto grafico e impaginazione: Alessandro Petrini Fonti iconografiche: Getty Images - Laura Ronchi, Milano Tel Fotolia Fotolito: ABC, Milano Tel Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co) Tel ATTIVEcomeprima ONLUS Autorizzazione del Tribunale di Milano n 39 del 28/1/1984 L Associazione è iscritta: - All Albo delle Associazioni, Movimenti e Organizzazioni delle donne della Regione Lombardia - Al Registro dell Associazionismo della Provincia di Milano - Al Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano - All Albo delle Associazioni della Zona 9 del Comune di Milano - Alla Società Italiana di Psiconcologia (S.I.P.O.) - Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) ATTIVEcomeprima aderisce al movimento di opinione Europa Donna Editoriale pag. 03 Avventura Curar per mare / Francesco Raspagliesi pag. 06 Vivere il cambiamento pag. 08 Piangersi addosso non aiuta / Paola Bertolotti Il linguaggio degli affetti pag. 10 Amore egoista, amore non ricambiato / Stefano Gastaldi Le vostre lettere pag. 12 Cara Ada / Ada Burrone Tra medico e paziente pag. 14 La medicina dell uomo / Alberto Ricciuti Un regalo per voi / Lucia Totaro pag. 16 Nutrire il benessere pag. 22 Fresche, facili, nuove e antiche / Franca Maffei Andar per erbe pag. 24 Alloro / Giovannacarla Rolando Benessere in movimento pag. 26 La vita è canto, il canto è vita! / Arsene Duevi Profili pag. 28 Maurizio Dallocchio / a cura di Stefano Gastaldi Sapevate che? / Benedetta Giovannini pag. 31 Letti e piaciuti pag. 33 Noi con gli Altri pag. 34

6 Avventura Curar per mare 6 Da anni mi trovo faccia a faccia con la malattia, in reparto, in sala operatoria. Mi sono abituato alle sua sfida quotidiana, ho imparato a non sottovalutarla mai, anche quando tenta di confondermi con la routine. C è una situazione alla quale non riesco ad abituarmi, quella dell incontro con la paziente che ho seguito per mesi e alla quale devo dire, con un sorriso e un sospiro di sollievo, che abbiamo ottenuto degli ottimi risultati, che l intervento ha sortito i risultati sperati, che c è stata una risposta positiva ai trattamenti postoperatori. Tutte le volte sento che, al di là di ogni segno tangibile della guarigione del corpo, resta una profonda cicatrice impigliata tra i pensieri, tra le cose non dette. Quando fisso il nuovo appuntamento per tre, quattro mesi dopo, vedo chiaramente i segni del cedimento. Mi rendo conto che quello spazio di tempo viene sentito come insostenibile, una pagina troppo grande e troppo bianca sull agenda di chi riprende a respirare dopo l apnea della malattia. Il tempo improvvisamente svuotato: niente più controlli, esami; niente più interlocutori d elezione: altri pazienti, medici, infermieri, psicologi, volontari. Mi chiedo sempre che cosa succeda appena fuori dal mio studio. Qual è la distanza che si riesce a mettere tra il proprio mondo abituale, la famiglia, gli amici, i colleghi e l esperienza appena vissuta? Tanta, così tanta che essa diventa un tabù. E come ogni tabù sparisce dal linguaggio, dalle conversazioni; è una cosa della quale non si parla, non si vogliono fare gaffes, non bisogna essere ossessivi né lasciarsi ossessionare. La malattia resta là, un bozzolo chiuso nei pensieri di chi l ha vissuta. Ho parlato di questo problema con la maggior parte delle mie pazienti cercando delle possibili soluzioni, ma nessuna è mai riuscita a convincermi fino in fondo. Fino al mio incontro con Cristiana, una velista. Me la sono trovata davanti per l ultima visita di controllo. Era felice perché avrebbe potuto tornare nel posto più bello del mondo: il mare. Negli ultimi mesi aveva navigato in acque di incertezza e di paura, adesso tutto poteva essere diverso e lei non avrebbe voluto perdersi assolutamente nulla di quello che la vita aveva ancora da darle. Ma c era di più, mi ricordavo di Paola, la ragazza di Brescia che era in camera con lei. Sarebbero partite insieme per una piccola crociera in barca a vela nell arcipelago toscano. Quell immagine mi ha folgorato, ho pensato subito che quello avrebbe potuto essere il modo giusto per tornare al mondo, per rientrare nel ritmo della vita. Il mio antico amore per il mare si era risvegliato, poteva essere quella la chiave giusta: un invito al viaggio, al viaggio per mare, su una piccola barca spinta dal vento. Dante Alighieri aveva invitato i propri amici su un vasel ch ad ogni vento / per mare andasse, là avrebbero

7 potuto ragionare insieme, parlare la stessa lingua, discutere le loro passioni. Ecco cosa sarebbe stato utile al momento del congedo, offrire alle pazienti la possibilità di ritrovarsi in uno spazio di condivisione dei timori, dei dubbi, dei ricordi. Una barca che scivola sull acqua, non più un bozzolo di solitudine ma di scambio e condivisione, l attenzione concentrata sugli spazi ridotti, sul bisogno di non sprecare acqua, luce, sull idea di preparare la cena per tutti. Quella poteva essere la soluzione giusta: un luogo nel quale sarebbe stato possibile parlare della propria esperienza e, nello stesso tempo, sarebbe stato necessario pensare agli aspetti pratici del vivere, anche dare una mano allo skipper nelle manovre. È cominciata così quella che considero un esperienza molto positiva che ha dato moltissimo a me e agli altri organizzatori, ma soprattutto alle pazienti che hanno partecipato a questa avventura e che l hanno definita straordinaria. Appena fuori dal porto le pazienti, quattro per ciascun viaggio, hanno taciuto per un po, sono tornate a controllare gli spazi nei quali avrebbero dovuto trascorre un intera settimana, le cuccette, il bagno, la minuscola cucina, i gavoni dove avevano stipato le proprie cose. Poi bastava un nulla, un informazione, da lì cominciava uno scambio che andava sempre più a fondo e scavava dentro esperienze comuni, dentro le rabbie, le paure, le ansie e ribaltava l esperienza individuale tramutandola in un comune punto di vista. I paesaggi cambiavano come il soffio del vento e il colore del mare, il gruppo, unito, affrontava rollii e beccheggi, pianificava il programma della giornata, la spaghettata serale, il caffè, i racconti delle proprie vite, del dramma che le aveva accomunate, dei progetti per un futuro che stentava a prendere forma. Tornavano in porto ricche di un diverso stile di vita, della capacità di affrontare insieme i nuovi ostacoli, convinte che la patologia non avesse minato le proprie potenzialità, ma ne avesse anzi portato alla luce di nuove. Avevano potuto, infatti, beneficiare, in un contesto completamente sganciato dai luoghi canonici della malattia e della cura, di un supporto psicoterapeutico, delle dinamiche di un gruppo funzionale alla reificazione dei propri fantasmi e delle proprie angosce, alla ricollocazione del pensiero della morte e della vita, dei propri valori e dei propri obiettivi. In porto, al rientro, la vita era ancora là con le proprie incognite ma c era una nuova voglia di usare costruttivamente il tempo senza chiedersi se sarebbe stato molto o poco. Io avevo una nuova freccia al mio arco, potevo proporre un esperienza di vita in barca, cioè di condivisione e solidarietà, di occupare la mente in un attività positiva per fare emergere nuove personali potenzialità e ritrovare la voglia di fare, di riappropriarsi della propria vita. Per questo non sarò mai abbastanza grato alle persone che mi hanno supportato in questa avventura, agli skipper, ai terapeuti, a coloro che ci hanno creduto e che l hanno resa possibile. 7 Francesco Raspagliesi Direttore dell Unità di Oncologia Ginecologia dell Istituto Nazionale Tumori di Milano.

8 Vivere il cambiamento Piangersi addosso non aiuta Lo dice Barbara Saba, una donna che ha saputo mettere a frutto la propria esperienza di malattia anche nell ambito della sua professione. 8 Ci racconti qualcosa di te e della tua storia personale? Mi è difficile partire da un punto preciso... ho studiato, mi sono laureata brillantemente in Economia e Commercio e a 24 anni ho intrapreso una carriera molto bella iniziando a lavorare per una Multinazionale Americana. Dopo qualche tempo ho deciso di cambiare e sono arrivata alla Johnson & Johnson, dove lavoro attualmente ricoprendo anche il ruolo di Direttore Generale dell omonima Fondazione. Tutto sommato ho avuto una vita serena, tranquilla, molto piena dal punto di vista delle amicizie e degli affetti. Ho avuto relazioni sempre molto stabili; credo nelle amicizie che durano e nelle affinità elettive con persone che ti porti dietro perché, in un certo qual modo, ti somigliano e non perché le vedi tutti i giorni, ma perché affettivamente hai qualche cosa da scambiare. La frequentazione assidua, nei rapporti interpersonali, non è sempre necessaria; io posso avere amici che vedo anche dopo 10 anni, con i quali ho sempre qualcosa da dire perché la nostra è una conoscenza profonda; ecco, per me le relazioni sono questo, non mi interessa molto la parte frivola, superficiale. Ho avuto una famiglia molto unita, ricca di affetti, che rappresenta il filo conduttore della mia vita. Ho sempre pensato che tutto ciò che ci accade abbia un senso e anche che è importante trovare chi ci rassicura e ci accompagna, soprattutto quando entriamo nelle esperienze dolorose, come accadde a me, quando conobbi una persona che era ammalata e che mi ha insegnato molte cose durante la sua malattia. Ti senti di parlarne? La sua è stata una malattia molto lunga, oltre 10 anni ed io sono entrata in confidenza con lui quando già era ammalato da diversi anni: questo tempo lungo di malattia però, fortunatamente, gli ha concesso anche il tempo per poter fare tutta una serie di elaborazioni. Guardandolo mi sono resa conto che si poteva vivere e vedere la malattia in un altra prospettiva. Poi, purtroppo, per lui è arrivata la fine, e qualche anno dopo mi sono ammalata io di un tumore al seno. È accaduto cinque anni fa ma, sulla base dell esperienza con il mio amico, sono riuscita a dare un senso a ciò che mi stava succedendo, come se ci fosse un destino che mi aveva preparato a trovare la strada giusta per poi affrontare la mia malattia: una sorta di scuola per imparare a reagire, dalla quale ho appreso che la vita c è sempre, fino a quando c è e non è che, quando ti ammali, devi smettere di vivere. Sei solo tu che te lo impedisci, rinunciando a tutto ciò che ancora, nonostante si possano avere periodi in cui non si sta per niente bene, la vita può offrire. Solo tu puoi decidere di vivere la vita, e non di far vivere la malattia. Certo, ci sono momenti in cui è stato necessario dare la priorità alla malattia, quando, ad esempio, dovevo andare in ospedale per la chemioterapia o per i controlli, però non è che il resto del tempo io non vivessi... anzi. È proprio questo che ho imparato, ed è stato un grande insegnamento. Quando ho scoperto di avere un cancro, ho pensato che avrei potuto continuare a vivere bene. Non ho mai creduto di essere in pericolo; avevo fatto controlli molto ravvicinati e avevo un tipo di tumore curabile, per cui non ho mai pensato che potesse accadere qualcosa di irreparabile, di poter morire per questo. Sentivo però, dentro di me, che chi mi stava intorno: i miei genitori, i miei fratelli, tutte le persone care, erano invece molto preoccupati. Lo sapevo perché avendo sperimentato io un ruolo simile accanto al mio amico, avevo ancora vivo il ricordo di come ci si sente in questa situazione e il senso di impotenza che si prova. La mia più grande preoccupazione, mentre io stavo male, era di non passare l immagine di me sofferente a tutti quelli che mi stavano vicino, e di non perdere la speranza di guarire o di non crederci fino in fondo, perché lo avrebbero potuto percepire e soffrirne forse più di me. È un mio modo di essere quello di pensare, prima di tutto, al benessere degli altri. Anche nel ruolo che rivesto in Fondazione Johnson&Johnson nel rapporto con le Associazioni, cerco di dare il mio

9 contributo ascoltando chi ha bisogno e supportando progetti che facciano crescere e sviluppino il sostegno alla comunità. Spesso mi si rimprovera di non pensare abbastanza a me, ma non lo faccio imponendomelo. Non è una forzatura, perché è solo così che mi sento serena e tranquilla con me stessa. Non hai mai pensato di nascondere la tua esperienza di malattia nell ambito professionale? No, ma non per un atto di coraggio. Ammalarsi non è una vergogna. Prima dell intervento ho riflettuto riguardo al dirlo a tutti o no, solo per paura di muovere negli altri la pietà. Ho capito poi che uscire da quella posizione egocentrica, che ti fa pensare di essere l unica al mondo a soffrire, ti dà la possibilità di condividere la tua esperienza, che può essere di grande importanza per tutti. Come ti sono stati vicino i tuoi cari? Loro ci sono stati sempre, per mia madre era cruciale esserci, è sempre venuta in ospedale tutte le volte che io facevo la chemio. Mio papà è più introverso, per cui non dava a vedere la sua preoccupazione, è il suo modo di essere. Quello più emotivo è mio fratello, era molto preoccupato e quindi è stato quello che forse, purtroppo, ha sofferto di più. Da parte mia mi sento come una bambola che si è rotta: ti hanno riaggiustato ma tu, comunque, sei rotta. Quando succedono queste cose ti rimangono dentro, ma da esse ho imparato talmente tanto, che penso sia giusto non dimenticarle. Ho capito che riesco a trasmettere energia ad altri e che nessuno può rubare il mio tempo. Il vero killer è la paura, che uccide la capacità di reagire, di progettare, quella che ti tiene lontana dai controlli quando invece sai che li dovresti fare. La vera malattia è la paura. 9 Perché hai ritenuto che i progetti di Attivecomeprima fossero meritevoli di sostegno? Faccio una premessa: sono arrivata ad Attivecomeprima attraverso un percorso e grazie al mio nuovo incarico di Direttore della Fondazione Johnson & Johnson. Nella mia personale avventura conobbi per primo, all Ospedale Gemelli di Roma, il Professor Riccardo Masetti - Presidente di Komen Italia, una Onlus di donne operate al seno - e da lì ho cominciato ad interessarmi a questo ambito. Tutte le Associazioni che la Fondazione Johnson&Johnson sostiene sono certificate, se i documenti non sono in regola non facciamo nulla e altri miei colleghi avevano incontrato e presentato Attivecomeprima. Una delle cose che mi ha colpito in Attivecomeprima è che ho trovato un lavoro ed un clima particolare che non si incontrano facilmente: una sorta di familiarità, una conoscenza profonda del problema e la capacità di accogliere con il sorriso e di offrire un aiuto concreto. Sono convinta che si possa aiutare molto meglio e con più efficacia, se si riesce anche a far ritrovare la capacità di sorridere, nonostante quanto accaduto. Mi auguro che la nostra Fondazione possa estendere anche a molte altre organizzazioni il sostegno che dà alla vostra Associazione, perché ritengo che l atmosfera che io e i miei colleghi abbiamo trovato qui, nonostante tutte le storie di dolore, conferma l importanza di quello che facciamo nel sostenervi. Paola Bertolotti. Info Psicologa autoree psicoterapeuta. Conduce in Associazione i gruppi di sostegno psicologico Riprogettiamo l esistenza e Decido di vivere.

10 Il linguaggio degli affetti Amore egoista, amore non ricambiato 10 Ogni amore è, in fondo, un atto di egoismo. Amiamo e vogliamo essere amati; quando un amore non crea problemi è perché si riesce a realizzare una fortunata (o anche voluta) corrispondenza con ciò che l altro chiede o desidera o accetta da noi, e viceversa. Spesso sentiamo dire dalle persone felicemente innamorate di quanta sintonia vi sia nella loro relazione e di come i partner riescano, quasi senza chiedere alcunché, a dare e ricevere proprio ciò che è nei desideri più profondi. È forse proprio l egoismo dell amore che ci rende felici quando tutto funziona: non potremmo spiegarci altrimenti il sentimento di gioia e compiutezza personale che proviamo quando i nostri amori funzionano bene. Non si tratta necessariamente di un egoismo negativo, di un desiderio di portare tutto a sé e di non dare niente all altro. È invece un più sottile bisogno di mettere in quel bene amoroso mille e più parti di noi perché ne siano alimentate e sorrette, fatte crescere e volare, rese belle e buone. Se ciò da un lato è chiedere troppo all amore, pare dall altro che così faccian tutti, che sia in un certo senso inevitabile. In questo quadro, nelle sofferenze amorose sono coinvolti ideali, bisogni, desideri, fraintendimenti, cocciutaggini e bizze di carattere, fragilità e ambizioni. La più classica delle sofferenze è quella relativa al non essere corrisposti. È la vecchia storia dell amore disperato, quello per cui ci si perde per qualcuno e si passa un tempo più o meno lungo a macerarsi e a chiedersi perché dall altra parte non si provi un sentimento analogo. Quando si è in una situazione disperata, perché innamorati e non corrisposti, serve chiedersi chi ce lo fa fare. La domanda porta a scoperte interessanti. Una di queste è che gli amori disperati sono una costruzione accurata e infernale, ma anche astuta e ingannevole, dei nostri affetti. Un paio di esempi, per uscire dall astratto. Da adolescenti l amore disperato è utile, perché permette di vivere un sentimento importante - ed essere quindi normali, come tutti - e, al tempo stesso, esso permette di proteggersi dalla necessità di mettersi veramente in gioco e sperimentare rapporti emotivi, confronti ed esperienze sessuali per cui non ci si sente ancora pronti. Classici gli innamoramenti per persone irraggiungibili (la più bella della scuola, l insegnante quarantenne, il più corteggiato del reame), amori spesso segretissimi e struggenti, vissuti a distanza, nella totale inconsapevolezza degli interessati. La sofferenza, in questi innamoramenti, è una croce quotidiana. Abita le stanze della mente, condiziona i pensieri e impedisce spesso di concentrarsi su altre e ben più pericolose questioni, come, ad esempio, l affrontare la propria vergogna e il rischio di fallire, scoprendo di non essere tanto capaci. In effetti, è una sofferenza che dà un vantaggio: proprio perché si ama qualcuno impossibile o che comunque non ha la più pallida idea di essere amato, il fatto di non averlo è normale, non discende da un rifiuto. Per di più, soffrire perché si ama rende comunque normali : basta guardarsi intorno e si vedrà che anche quelli che hanno davvero delle relazioni non fanno altro che lasciarsi, tradirsi, litigare. Quindi va bene così: indossata la divisa della normalità, si può aspettare di sentirsi più capaci di affrontare i pericoli di un vero incontro e intanto stare alla finestra a fantasticare, al calduccio di una sofferenza utile, tragica quel tanto che basta per vivere una vita spericolata. Anche da adulti capita di amare senza essere ricambiati. Può succedere ad esempio, di innamorarsi di qualcuno che, per com è, come parla, come ragiona, apre all improvviso davanti agli occhi la possibilità di cambiare, di vivere una nuova vita più ampia e creativa, di riscrivere la propria carta identità.

11 Questi innamoramenti capitano a tutte le età e sono solitamente il segnale di un bisogno profondo di cambiare, di evolvere, oppure di sanare le ansie di invecchiamento, la paura di rinchiudersi per sempre in una strada già segnata, verso il declino L innamoramento impossibile ci racconta che c è qualcosa in noi che ci spinge ad andare proprio lì, nella direzione indicata dalle caratteristiche della persona di cui ci si innamora (ad esempio vivere con maggiore creatività, sapere di più, riattivare il desiderio sessuale un po spento). Anche in questo caso l impossibilità concreta di dare corso a una nuova relazione, che potrebbe distruggere dolorosamente ciò che si è costruito fin qui (famiglia, lavoro) è un fattore protettivo. Gli amori impossibili indicano, ancor più chiaramente di quelli ricambiati, le strade che desideriamo e non osiamo percorrere. 11 Getty images - Laura Ronchi Stefano Info autore Gastaldi. Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo La terapia degli affetti.

12 Le vostre lettere a cura di Ada Burrone foto Paolo Liaci 12 Ada cara, sono sul depresso perché il colloquio con l oncologo mi ha confermato il rischio medio alto della mia situazione: ho 51 anni, carcinoma duttale infiltrante 2,1 cm G3, assenza di invasione vascolare peritumorale, linfonodi negativi. Terapia: chemio 6 cicli ogni 21 gg + ormonoterapia + radio. Quello che mi ha preoccupato è che mi è stato detto che, indipendentemente dai linfonodi, potrebbe essersi diffuso per via vascolare. Ma un po di speranza mai? Penso che parte della guarigione passi anche dall entusiasmo di ognuno di noi, altrimenti diventa veramente difficile affrontare tutto quanto. Grazie, ciao e a presto. Elsa È comprensibile, Elsa, il tuo bisogno di speranza. Come tutti, anche tu cerchi nel medico un alleato che parli a te persona. Purtroppo quando uno specialista, anche se molto bravo, pone attenzione più su ciò che in teoria potrebbe succedere, anziché sul percorso di cura e sulle risorse dell individuo, nella relazione con il paziente non riesce a comunicare speranza, anche quando possiede elementi per trasmetterla. Nell attesa di conoscerti, ti abbraccio. Dopo tanto tempo sono finalmente riuscita a trovare un buon equilibrio. Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me e mio marito. In questi due ultimi anni ho subito un ulteriore trasformazione interiore che mi ha portato a realizzare il sogno della mia vita. Vivere al mare. Il tuo aiuto ha fatto emergere il bisogno di vivere pienamente senza paura, come se non avessi avuto il cancro. L ostacolo era mia madre, poi due anni fa è morta e io non ho più potuto resistere, così ho seguito il mio istinto che è emerso prepotentemente, dopo anni di abnegazione e l ho fatto. Da un anno viviamo in Liguria, vicino a posti stupendi come Noli e Varigotti. Sto gustando la vita come mai avevo osato, mi sembra di sognare, ogni giorno mi sveglio e ancora non ci credo. Grazie grazie grazie. Ti abbraccio forte forte. Bacia tutti per me e ringrazia anche loro. Ginetta. Amica carissima, sono davvero confortata nel saperti finalmente felice! Se c è una persona che merita di vivere come sente sei proprio tu. Con l augurio che questo sogno duri per sempre, ti abbraccio forte. E con me coloro che ti hanno conosciuto e che ti portano nel cuore. Voglio rassicurarti Ada, mi sento curata e le premure dei medici sono veramente tante. In me ci sono momenti di grande ottimismo ed altri (per fortuna molti di meno) in cui sento un peso grande sulle spalle come se dovessi portare un enorme fardello. Mi aiuta molto conoscere, dai vostri scritti, quante donne sono uscite da questa triste avventura con un bagaglio arricchito di bene e positività. Alcune volte ho la sensazione di essere in un film dove tutto avviene da copione e non mi rendo conto se sono attrice o spettatrice. Una cosa è certa: non ho mai pensato a me come in questo periodo. Vi ringrazio tutti per quello che mi date. Un grande abbraccio. Luigina Mia cara, ho conosciuto da vicino la storia della tua vita nella quale fin da giovane non sono mancati gli ostacoli che tu hai sempre affrontato con determinazione e positività. Sei una donna, una mamma e una moglie che tutti vorrebbero avere accanto. Ora ti si ripresenta un altra prova dalla quale il tuo buon carattere cerca di distaccarsi ma il tuo cuore ti dice che anche tu hai bisogno di darti spazio. E ha ragione. Conceditelo, ne hai diritto. Il mio ti è vicino. Sono Mariuccia, quasi un anno fa ho varcato la soglia di Attive con l angoscia nel cuore. Avevo da poco ricevuto la notizia della terza ricomparsa di quella che chiamavo la bestia ; due mie amiche, due mamme adottive mi avevano dato i vostri riferimenti pochi giorni prima, consigliandomi di mettermi in contatto con la tua associazione, Ada. Il primo impatto è stato di vera accoglienza. Una lunga chiacchierata, lacrime, sorrisi,... faceva caldo, sono uscita

13 con il vestito tutto bagnato dal sudore e dall emozione... ma con la sensazione benefica di aver fatto, forse per la prima volta, qualcosa di veramente dedicato a me stessa. Avere degli appuntamenti che non fossero solo controlli medici e terapie mi ha dato una sensazione nuova e piacevolissima. A settembre 2008 si comincia il gruppo Riprogettiamo l esistenza verso una nuova consapevolezza. Siamo una decina di donne, ognuna con la propria storia, i propri desideri, le proprie speranze. Tina, Lorella, Silvia, Silvana e Grazia diventano le mie amiche del corso, come le chiamo in famiglia.... Grazia, ci hai lasciato... È stato dolore puro ascoltare la notizia della tua scomparsa: tutte noi, le amiche del corso ci guardavamo smarrite... Voglio ricordarti per la tua spiritualità e la tua grande determinazione. Ora sono convinta di avere un angelo in più che mi protegge... Finiscono i primi due corsi, arriva la primavera: fisicamente mi aiutano le cure del Dott. Ricciuti (oltre alle chemio!); conosciamo Stefano, il nuovo psicologo e Lucia, la sua recorder, le nostre nuove preziose guide in quest altro cammino di consapevolezza: la Terapia degli Affetti. Marisa, Laura, Patrizia, Susi, Sonia sono le nuove amiche del corso che incontro: nuove storie da scoprire, esperienze da condividere, sguardi da incrociare... Mi affaccio alla danza terapia: Nicoletta, il medico che la conduce, con grande umanità e vicinanza ci offre la sua esperienza per riappropriarci del nostro corpo, per sentirlo di nuovo un alleato per affrontare la nostra vita, non un nemico da cui difendersi! Angela, che lavora con il dottor Berrino, ci dispensa consigli alimentari e non solo, sguardi di pacatezza e serenità... E così tra incontri, sessioni di trucco, balli, parole, sorrisi e lacrime si snoda la mia vita, arricchita di una consapevolezza prima sconosciuta. Quando mi viene paura penso al tuo sguardo Ada, alle tue parole, ai volti di chi ho conosciuto ad Attive, alle sensazioni provate, ai colori incontrati... un respiro profondo e... si va avanti! La vita è troppo bella per essere sprecata nel terrore e nell immobilismo, è questo il significato di questa ricca e stupenda esperienza vissuta in questo anno. Grazie, di vero cuore, a tutti voi. Mariuccia cara, hai fatto il ritratto del tuo viaggio con noi, con te stessa e con le tue compagne di avventura. Sei stata davvero brava! Il tuo scritto esprime in modo chiaro la tua grande capacità di elaborare le esperienze drammatiche della vita per assaporarla in modo rinnovato. Ti ringrazio anch io per tanto affetto. Alcune tappe della nostra storia: 1973 Anno di fondazione (presso il Circolo della Stampa di Milano). I primi 10 anni di attività svolti all interno dell Istituto Tumori di Milano 1983 Trasferimento nell attuale sede di Via Livigno, 3 in una palazzina liberty di proprietà dell ASL Città di Milano 1984 Incremento delle attività e organizzazione sistematica dei gruppi di sostegno psicologico, di consulenza medica e di attività creative e psicofisiche 1990 Inizio dell attività di studio e ricerca per lo sviluppo della propria metodologia 1994 Avvio dell attività di formazione per la trasmissione del nostro metodo a specialisti di altre organizzazioni italiane ed estere Attive oggi pazienti e famigliari aiutati risposte telefoniche ed epistolari nell ultimo anno 100 persone usufruiscono costantemente delle attività ogni settimana La rete di Attive ospedali, medici, infermieri, psicologi, fiduciarie istituzioni, professionisti di diversi settori altre Associazioni e organizzazioni 13 Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Con Attive in Italia Anno XXVI - n 1 - Maggio 2009 Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI segreteria@attive.org Se desiderate ricevere la rivista tramite posta elettronica, potete richiederla alla nostra segreteria (segreteria@attive.org) Oltre 100 collegamenti operativi con specialisti di organizzazioni e strutture sanitarie Network con 3 oncologie italiane Convenzioni con Aziende ospedaliere Progetti, studi e ricerche con Università, Fondazioni, Aziende Ospedaliere, Istituti di ricerca, etc. Per i vostri quesiti vi ricordiamo i nostri recapiti: ATTIVEcomeprima via Livigno, Milano Tel mail: segreteria@attive.org Per parlare con Ada potete telefonare il lunedì e il mercoledì dalle h. 14 alle h. 17,00.

14 Tra medico e paziente La medicina dell uomo Già quando ero studente si parlava della necessità di riumanizzare la medicina e di riportare la persona al centro della cura, cosa che tuttora si continua a fare con immutata convinzione. Per accogliere e dare risposta ai bisogni dell uomo malato, sono sorte negli ultimi decenni molte organizzazioni e associazioni di volontariato. Il ruolo e i rapporti con le istituzioni che tali associazioni hanno sviluppato negli anni nel contesto socio-sanitario è però progressivamente cambiato per una complessa serie di ragioni sulle quali vale la pena riflettere. 14 La Medicina (dal latino mederi, medicare, curare) è una prassi che, fin dalle sue origini più remote, nella sua essenza, consiste nell atto caritatevole dell uomo di prendersi cura dei suoi simili in stato di sofferenza. Nei secoli passati, gli stessi ospedali erano intitolati al malato (Ospedale del Pellagrosi, Ospedale dei Mendicanti, Ospedale dei Pazzi, ecc.), ma da quando Boerhave, nel 700, ha fondato a Leida la prima Clinica universitaria, l ospedale ha lentamente iniziato ad assumere la sua connotazione moderna fino intitolarsi alla malattia (Clinica delle malattie nervose, Clinica delle malattie infettive, e così via). Sicuramente questa denominazione è più funzionale all attuale sistema medico-sanitario, però il significato della cosa rimane: sancisce, in qualche modo, il nuovo orientamento dello sguardo del medico verso il problema della sofferenza che è emerso con l affermarsi del metodo scientifico in Medicina. Fino a quel momento volgere lo sguardo alla sofferenza coincideva col volgerlo verso il sofferente, verso il malato, il problema era tutto lì in quel letto: una persona da accudire, un dolore da lenire, una famiglia intorno da aiutare e rassicurare, se si poteva. Poi le cose sono cambiate: volgere lo sguardo alla sofferenza ha assunto un nuovo significato per il medico, che si è, quanto meno, aggiunto al precedente per assumere poi nel tempo una sua precisa configurazione. Con l affermarsi di una sempre più chiara e stretta correlazione fra i sintomi accusati dal malato e i segni osservati dal medico, lo sguardo clinico ha iniziato a spostare il suo baricentro verso quegli agenti esterni individuati come causa e come tale quindi oggettivabile - di quella sofferenza che poteva essere così descritta come malattia e affrontata scientificamente come guasto del dispositivo biologico che è l organismo. La dimensione esistenziale del sofferente - la malattia vista dal di dentro, potremmo dire - è così progressivamente sfumata sullo sfondo delle competenze mediche, fino a essere pressoché totalmente delegata al contesto familiare, religioso e, infine, sociale. La dimensione della cura (il bisogno di accudimento, di consolazione, di lenire il dolore, di contenere la sofferenza generata dalla paura di soffrire, di sostegno, di speranza) ha lentamente cominciato a organizzarsi in varie forme attorno al malato; dalle opere pie per l assistenza agli infermi, alle attuali organizzazioni di auto-aiuto, di volontariato e quant altro. Questo processo non è certo stato di breve durata; ha occupato almeno gli ultimi due secoli, ma con una accelerazione esponenziale - dovuta sostanzialmente allo sviluppo tecnologico - nell ultimo secolo che si è appena concluso. Quando nasceva mio nonno, infatti, nel 1882, infuriava la campagna di Robert Koch contro Louis Pasteur, convinto difensore delle pratiche vaccinali, e qui in Italia si facevano ancora gli ultimi salassi quando, peraltro già da cinquant anni, Pierre Louis, a Parigi, ne aveva dimostrato, col neonato metodo statistico, non solo l inefficacia, ma addirittura la dannosità. Lo strumentario del medico era limitato allo stetoscopio di Laennec, in uso da una settantina d anni, o poco più. Dai primi del Novecento lo sviluppo delle tecnologie mediche, diagnostiche e terapeutiche, è stato esponenziale e vorticoso, raggiungendo una

15 potenza d azione che mio nonno non avrebbe nemmeno potuto immaginare. Ma questo positivo sviluppo della scienza e delle tecnologie mediche del 900, ha anche avuto un effetto collaterale: vero è, infatti, che la medicina tecnologica, se da un lato ha portato a una frammentazione di saperi che ha comunque consentito un esponenziale arricchimento di conoscenze, dall altro ha progressivamente eroso lo spazio umano fra malato e medico. Tale spazio, avvertito sempre più dai pazienti come un vuoto incolmabile, soprattutto nelle situazioni più critiche e di maggiore bisogno, negli anni è stato progressivamente colmato da comportamenti correttivi dei pazienti stessi e da iniziative che hanno preso corpo nella costituzione di associazioni di auto-aiuto e di volontariato sviluppate, in molti casi, con la collaborazione di medici, psicologi e operatori in ambito sanitario, che hanno messo a disposizione le loro competenze. Le associazioni colmavano così effettivamente un vuoto e cercavano di dare una risposta a dei bisogni che peraltro ancora timidamente espressi non sempre trovavano adeguato ascolto e considerazione in ambito medico. Col passare del tempo, però, qualcosa è cambiato. Infatti, se inizialmente Istituzioni mediche e Associazioni sono, per così dire, co-esistite nel contesto socio-sanitario, procedendo su strade parallele o tutt al più con interazioni deboli, negli anni è accaduto che le Associazioni nate per dare una risposta organizzata ai bisogni della persona, hanno sviluppato una conoscenza su questi temi e una competenza nell affrontarli, che ha consentito, almeno per alcune di esse, di sviluppare fecondi rapporti di collaborazione professionale a favore dei malati, per migliorare la loro qualità di vita e dare sostegno ai loro stessi familiari. In alcuni casi si è anche dato risposta al bisogno di supporto fisico durante terapie gravate di importanti effetti collaterali, che le istituzioni mediche hanno difficoltà a gestire non necessariamente per scarsa sensibilità, ma quantomeno per difficoltà pratiche nella gestione di pazienti affetti da patologie, come quelle oncologiche, che necessitano di prestazioni professionali e tecniche diagnostico-terapeutiche numerose e particolarmente complesse. Si è così via via sviluppata e consolidata una interazione forte e una collaborazione professionale con Ospedali, Istituti di Ricerca e Istituzioni Pubbliche sul territorio, che non solo sta colmando quel vuoto, ma sta offrendo al mondo medico l opportunità di sviluppare, insieme, una nuova cultura della salute e della cura in quel senso globale che tutti noi cerchiamo quando siamo ammalati e che spesso evochiamo come nostalgico ricordo dei secoli passati. Ma oggi tutto è cambiato e, rispetto al passato, siamo più ricchi sul piano della conoscenza non solo scientifica, ma anche della conoscenza dell uomo intorno a se stesso. Possiamo infatti dire che, anche grazie a un percorso evolutivo per certi aspetti molto sofferto, è emersa la consapevolezza molto più chiara e articolata nelle sue ragioni rispetto ai secoli passati che la condizione di sofferenza della persona malata è una dimensione esistenziale ben più ampia e ricca di contenuti, rispetto a quanto la medicina individua come malattia nel corpo malato, e che come tale va affrontata nella sua complessità e globalità con le migliori competenze professionali e con metodi efficaci e trasmissibili. E oggi, tali competenze professionali e metodi, dove già operanti nel contesto sociale e sanitario, possono rafforzare le loro sinergie per costruire insieme una cultura della cura e del supporto alla persona fondata su un modello cognitivo forte e unificante e non su stereotipi culturali deboli e ideologici. Ma per realizzare tutto ciò occorre anche che le Istituzioni pubbliche sul territorio sappiano saggiamente ed efficacemente creare le condizioni più favorevoli perché le risorse disponibili possano sempre meglio interagire, affinché il supporto globale alla persona sia finalmente considerato parte integrante della cura. Credo che la riumanizzazione della medicina oggi debba avere e possa avere solo questo respiro, un respiro ad ampio orizzonte, un respiro biopsicosociale forte, alimentato dalla fertile interazione fra scienze naturali e scienze umane, animato da uno spirito collaborativo e non competitivo e fondato su un etica del rispetto. E questo lasciatemelo dire ad Attive, è già il presente. 15 Alberto Ricciuti. Medico Info autore di medicina generale. Responsabile del Servizio di Supporto di Medicina Generale durante la chemioterapia.

16 Nutrire il benessere Un regalo per voi Un testo scritto nel 1994 da una giovane donna, dedicato a coloro che decidono di trasformare la sopravvivenza in rinascita e scelgono con noi di piangere dal ridere e ridere sul piangere. 16 LUNEDÌ 27 GIUGNO Non so a quale tempo remoto risale questa sentenza, ma mi è rimasta in mente: Dopo il tumore al seno, niente più vacanze al mare. E mi passa dinanzi agli occhi la visione di milioni di donne che vivono nelle città sul mare. Dopo la fatidica disgrazia, cosa dovrebbero fare? Questo è già sufficiente per far crollare la veridicità della cosa. Eppure nonostante i medici dicano il contrario, dentro di me restano sibillini i resti di questa antica diceria. Credo che sia come tutte quelle cose che ti propinano da bambino, non le dimentichi mai. Infatti avevo rinunciato all idea di un altra vacanza al mare. Per due anni ci sono andata e sono stata male. Non ho considerato però che la prima estate avevo finito la chemioterapia da pochi mesi e l anno dopo, che poi sarebbe l anno scorso, avevo altri problemi. Bene, mi è sembrato giusto inserire inizialmente questo contesto per porre un quesito: E indovinate dove vanno le nostre Amazzoni in vacanza Ma al mare, naturalmente! Per ragioni di simpatia e di affetto verso Sofy a volte chiamerò il nostro gruppo gruppo selvaggio, così come lei usava definirci. Sofy ora non c è più, è morta. Avevamo progettato di farlo insieme il prossimo viaggio. Quindi ci sarà anche lei e ci saranno anche Anna e Mimma. Non spaventatevi per il numero delle cadute sul campo. Quando si combatte per vivere ci sono sempre delle perdite ma la lotta continua e anche i feriti si rialzano e continuano a combattere fino a quando la vita non trionfa. E la vita trionfa sempre, anche nella morte, quando consideri quest ultima non come una fine, ma il proseguimento della vita stessa. Questo imparano subito le nostre giovani (si fa per dire) Amazzoni nella loro tribù ATTIVE COME PRIMA che qualcuno sorridendo chiama Cattive come prima. C è poco da sorridere, bisogna solo provare a fare qualcosa a qualcuna di noi. Siamo come i Moschettieri, ci muoviamo al motto di Tutte per una, una per tutte, ma a differenza di loro, noi non siamo quattro, ma molte, molte di più e chi vuole può entrare ad aumentare il numero. E per questo che tremo al pensiero di dieci selvagge alla conquista di quella meravigliosa isola che è la Sardegna. Chissà se oggi a due giorni dalla partenza gli abitanti di Costa Rei sono stati avvisati del terremoto che ci sarà lì fra poco. Chissà se al Villaggio stanno predisponendo tutto bene in modo da non farci imbufalire. Le Amazzoni vogliono divertirsi. Sono già in fermento come delle scolarette pronte per una gita scolastica. Meno male che il viaggio si presenta bene: ventiquattr ore, tra macchina, nave, macchina. Ma loro sono pronte a tutto... o quasi tutto! Qualcuna ha fifa della macchina, qualcuna della nave, ma al grido di andiamo del capo tribù Ada, hanno aderito lo stesso. Ormai nessuna di loro sogna più il meraviglioso viaggio in aereo di solo un ora e un quarto preventivato all inizio. Beh, ma sono abituate alla conquista, tutto ha un prezzo e più alto è, più alta sarà la ricompensa: una meravigliosa vacanza. MERCOLEDI 29 GIUGNO Siamo in viaggio. Non ho tempo: devo respirare! GIOVEDI 30 GIUGNO SI CAMBIANO I MECCANISMI MENTALI VIVENDO ALL AVVENTURA. Fatidica frase di Ada detta al gruppo il secondo giorno di viaggio. Frase non accolta con molto entusiasmo e approvazione dalle nostre giovani guerriere. Sì, giovani, non tanto di età, ma perché parecchie di loro devono ancora farsi le ossa, crescere e appunto imparare a vivere e gustare la meravigliosa avventura della vita. Eh già, anche la vita è un viaggio e più ne superiamo gli ostacoli e le paure, più ne godiamo. Difficile però apprezzare un pensiero così profondo durante il travaglio del sacrificio. Facile è invece capire dopo, che ne è valsa la pena. Non starò a raccontarvi tutti i particolari della cavalcata selvaggia, andrei a ledere un po la nostra privacy. Solo qualche flash, qualche cosa buffa o simpatica. Non vi racconterò che siamo partite alle quindici e trenta di ieri pomeriggio e che siamo arrivate al Villaggio alle diciotto di stasera. Temperatura: dai trenta ai quaranta gradi... ventilato, d accordo, ma che...(censura). Traffico regolare: intenso. Strade ottime: tratti molto curvilinei e montagnosi. Orario preferito per spostarsi in macchina, il pomeriggio: si suda meglio. Viaggiamo in quattro macchine. Navigatore il nostro capo che ad ogni fermata ripete: Stiamo unite, non lasciate spazio fra le macchine. Così le segnalazioni della Stradale sono: traffico tra Porto Torres e Cagliari, ostacolato da quattro vetture pirata. Per favore, lasciatele unite. Siamo riuscite a perderci. E il capo tribù tenta con un altro incoraggiamento: Non lamentatevi ragazze, considerate che siamo in vacanza da quando siamo partite. Anche il viaggio è una vacanza. Ci avranno creduto? Una di noi quasi ormai in estasi dice: Che bello, il villaggio, un miraggio. E sicuramente un miraggio, mancano ancora tre ore. Vicino all aeroporto di Cagliari vedo gli aerei

17 sfrecciare nel cielo e penso all aria condizionata. Bello è stato al ristorante. Abbiamo brindato alla nostra libertà. Senza uomini, senza figli, potevamo fare quello che volevamo... Due si sono fatte accendere il televisore e hanno guardato Beautiful. Roba da matti! Ma il coraggio di queste donne è incalcolabile e ammirevole, perlomeno da parte mia, veramente giovane apprendista Amazzone. Già all imbarco ieri a Genova mi sono richiesta: Ma che... (censura) andiamo a fare al mare?. Allora, una non fa il bagno, non prende sole, viene per la compagnia... è finita in camera da sola. Molte non sanno nuotare, ma sono munite di braccioli, salvagente... e protesi mammaria. Silvia ce l ha nel marsupietto legato alla vita come una teen-ager, insieme alle sigarette e al filo interdentale. Ci portiamo con noi anche: macchie sulla pelle, flebiti varie, una distorsione alla caviglia, pressioni sanguigne alte o basse a scelta, una malattia seria ma che non ci preoccupa perché non è il cancro, un braccio dolorante per intervento al polso e una bella e bianca protesi dentaria fatta apposta per l occasione, la mia. Ma siamo splendide e sempre sorridenti e questa non è ironia, è verità, ci sono le foto e soprattutto ci siamo noi personalmente a dimostrarlo. Però non siamo sempre così, sappiamo anche imbufalirci ed è successo al nostro arrivo al villaggio. E pensare che erano stati avvisati... Siamo arrivate un tantino accaldate, praticamente stravolte, tipo zombi nel deserto, blaterando: agua, agua. Assegnazione camere, regolare: singole, doppie, tutto ok. Ricerca camere: un disastro. Avete presente il film Fantozzi va in vacanza? Sono solo seicento o settecento cottages in muratura nascosti nel verde. I numeri non si vedono e quando riesci a localizzarli ti accorgi che non seguono una progressione logica, saltano di centinaia in centinaia così come niente. Meno male che alla reception ci hanno dato la piantina, così almeno ci confondiamo del tutto. Vaghiamo nel verde dei vialetti incontrandoci ogni tanto, chiamandoci per non disperderci, qualcuna non l abbiamo più rivista fino alla sera. Chi trova il suo cottage raccoglie l ultimo fiato per urlare: E qui, è qui, l ho trovato, come se avesse vinto la caccia al tesoro e un altra che accorre per condividere la sua gioia, disperata le chiede: Non hai visto per caso il n. 321?. A quella ormai arrivata non gliene importa niente e non risponde...forse è semplicemente svenuta! Allora l assalto di estorsione di informazioni si rivolge ai villeggianti che rispondono con un non so e si capisce che stanno ancora cercando il loro. Il capo generoso accompagna le più sprovvedute...e poi ci mette mezz ora a ritrovare il suo, scarpe in mano e vesciche ai piedi. OH! FINALMENTE TUTTE IN CAMERA! Oh, no! Finalmente un corno! Ci hanno imbrogliato! Le singole non sono vicine come ci avevano promesso, una vuole la finestrina in bagno perché soffre di claustrofobia, un altra ha cambiato idea e non vuole stare da sola. Telefonate di fuoco alla reception. Si scusano perché hanno solo mille e duecento persone. Figuriamoci se noi ci lasciamo impressionare da questo e continuiamo a cioccare. Nel frattempo, il direttore del villaggio, ignaro di ciò che sta succedendo, telefona ad Antonia e lei stravolta dal caldo capisce: Ci vediamo, è sola, venga su,... lei ha il toplex?. E Dio solo sa che cosa ancora ha capito. Va bene che è bella, ma pensare che le saltino addosso subito appena arrivata, mi sembra un tantino esagerato. Non oso pensare cosa può avere risposto perché ha detto che era parecchio arrabbiata. Ma lui voleva semplicemente proporle il cambio del suo cottage singolo con uno doppio vista mare e ha beccato per caso l unica che era contenta della sua sistemazione. Così mentre una lottava per tenersi stretta la sua camera, altre rognavano per avere la doppia. Roba da matti, bastava solo capirsi subito! Interviene il capo... e anche il Buon Dio che le dà la forza di stare ancora in piedi. Si rimescolano le carte, spostamenti vari e tutto si sistema all alba delle ore venti. Noto con piacere che nel vialetto vicino al mio cottage c è un cartello: INFERMERIA. Questo mi tranquillizza... A questo punto penserete che le nostre guerriere tonfate sul letto non si siano più rialzate fino alla mattina. Macché! Alle ventuno eccole tutte in sala ristorante, come se niente fosse stato... o quasi! E poi a nanna. La liberazione dalla stanchezza, dalle fatiche... e dal Mirto, la bottiglia di liquore che ci siamo scolate a mezzogiorno. Silvia, che divide la stanza con me, ha vomitato, si è liberata. Non posso dire che sta male perché sghignazziamo fino alle due di notte ripensando alla giornata trascorsa. Ma non eravamo stanche? VENERDI 1 LUGLIO 1994 Primo giorno di mare. Qualcuno potrebbe immaginare il nostro gruppo cicatrizzato, pudicamente e prudentemente coperto nella parte incriminata. Eh no, miei cari! Si parte dal costume intero...due pezzi...e tette ricostruite al vento. Sì, qualcuna a seno nudo. Del resto si sa, le cicatrici con il sole si rimarginano meglio. Ed io che pensavo... Sì, sì, lei dice che gliel ha detto il medico! Sarà vero? Ne parlo con il capo e dico: Che donne coraggiose!. Lei mi sorride divertita e mi dice che anche con una tetta sola ci si può esporre, tanto il coraggio è di chi guarda, al massimo sviene. Nel nostro gruppo ce n è per tutti i gusti. Di seni intendo. Ci sono mastectomie totali oscene, risalenti a venticinque anni fa e di più recenti esteticamente migliorate. Oltre alle donne a tetta unica, che poi sarebbero solo loro ad avere diritto al titolo di Amazzoni, ci sono quelle che hanno fatto solo la quadrantectomia. Ci sono io con la biquadrantectomia (mezzo seno), che doveva essere una totale, evitata grazie alla bravura del chirurgo. Due o tre hanno fatto la ricostruzione. Ed ora siamo tutte Amazzoni. Sì, perché quello che vorrei si capisse è che l intervento è sì operatorio, ma che poi bisogna 17

18 18 effettuarne un altro a livello mentale. Mastectomia totale o parziale, quadrantectomia ecc., noi veniamo colpite emotivamente dal cancro alla stessa maniera. La ferita interiore è uguale per tutte. Questo spiega perché a volte donne a seno unico ma equilibrate e felici già prima del cancro, guariscono prima e meglio di altre non menomate fisicamente in modo evidente. Le prime avranno un motivo in più: ce l hanno fatta, sono vive! Quelle invece che avevano già dei problemi, solitamente agiscono al contrario. Rafforzano la loro infelicità attribuendone la colpa alla malattia. Ecco perché il lavoro che facciamo in Associazione dopo l intervento è quello su noi stesse. Non cerchiamo di cambiare il mondo, cambiamo noi. Impariamo ad amarci e ad accettarci indipendentemente da chi ci sta intorno. Per questo chiamo tutte Amazzoni e sono così affascinata dal coraggio di queste donne. Io, che fino all anno scorso, con un seno quasi perfetto, al mare mettevo la maglietta. E per concludere questa parentesi seria, vi butto lì una frase raccolta in spiaggia dai nostri vicini d ombrellone. Il marito sta andando via e dice alla moglie: Vado, perché sono stufo di vedere donne nude. Simpatica no? Un momento... una però è vestita. Sì, ha indosso un camicione lungo fino ai piedi. Ma lei non fa testo perché è sana! E Vally che insieme a Maria Pia si è unita a noi in questo viaggio. Ma loro in spiaggia non stanno quasi mai con noi. Pensare che alla nostra scuola chiamiamo anche le donne non operate, per vaccinarle, anche se non hanno il cancro, contro la paura della vita. Sono sorde? E finalmente in acqua. Un acqua cristallina e trasparente, con fondale di sabbia finissima: na meraviglia, nu babbà. E con braccioli, salvagenti e protesi galleggianti, eccoci sguazzare felici. Maria Grazia nuota al largo con i braccioli e una signora dice: Ma guarda quella bambina, va al largo da sola Maria Grazia si gira e sempre la signora: Mi scusi, pensavo fosse una bambina. E lei ridendo: Sì, signora, dietro liceo, davanti museo. In fondo ha solo cinquant anni. E bello guardare e ascoltare queste Amazzoni. E per questo che scrivendo a volte esco dal gruppo e ne narro le vicende da spettatrice. Ma occhio, ci sono anch io. Il nostro capo tribù Ada non si riposa mai, neanche al mare e l insegnamento per noi continua sempre, se si sa ascoltarla. Forte, perché l ho cuccata su di una frase curiosa. Siamo in acqua e lei ha paura di andare dove non tocca, però dice: Tanto mi salvo lo stesso, faccio il morto. Riuscite a scovare il significato di ciò che può voler dire? Pensate che la prima cosa che ci insegnano dopo l intervento, per spronarci alla vita, è l approccio con la morte. Impara a morire e imparerai a vivere. Beh, non è proprio come una frase di Ada, ma avete capito lo stesso. Sono seduta sulla veranda del mio cottage. Ho dinanzi a me un prato verdissimo che scende fino al mare, una fitta vegetazione di oleandri e buganvillee, un cielo azzurrissimo e tra le fronde il mare di un colore stupendo. Ventole di acqua fresca innaffiano il giardino e un concerto di uccellini festosi anima questo stupendo scenario della natura. Non credo scriverò ancora per molto. Le attività nel villaggio sono tante e noi abbiamo intenzione di scatenarci. SABATO 2 LUGLIO Abbiamo una schizzata nel gruppo: Maria Grazia. E già arrivata alla partenza, in Associazione a Milano, con gli occhi spalancati e spiritati... e non li ha ancora chiusi! Tre terribili notti in bianco. Sulla love boat adocchiava i marinai e diceva a ciascuno di loro: Io tremo, ma lei non trema?. E ha continuato a tremare tutta la notte, seduta al bar e da sola. Questa è stata la prima notte: in bianco in tutti i sensi! Seconda notte: idem. La terza mattina si presenta a colazione con occhi che sembrano due biglie. A questo punto cominciamo a preoccuparci e ci adoperiamo per fare qualcosa: si pensa ad una botta in testa. Ada le consiglia una tecnica particolare e segreta per calmarsi. Gliela spiega e alla sera le chiede: Maria Grazia, hai messo in pratica? Sei riuscita a riposare? E lei: Sì, sì, ho contato le pecore. Se il capo avesse avuto le...(censura) gli sarebbero cadute di botto! Nel villaggio c è un massaggiatore di Shiatsu. Le consigliamo di andare da lui. Lei va e gli spiega tutto. Lui molto gentile l ascolta e fra le altre cose, le dice di stare calma, ferma, di non continuare a stancarsi, se no sarà sempre peggio, accumula stress. Sì, sì, va bene dice lei. Oh Signore! Ha capito! Ma allora se ha capito, perché salta da un attività all altra? Perché balla? Perché va in continuazione al bar? Perché non sta mai ferma? Siamo disperate! DOMENICA 3 LUGLIO A colazione: Dov è Maria Grazia? - E tardi, avrà dormito? - Ma perché non arriva?. Ed eccola. Sì, ha dormito ed è già andata in spiaggia a prendere le sdraio per tutte. Finalmente noi ci rilassiamo e intanto lei con il suo solito fare allegro ci dice: Per forza ho dormito... quando ho sentito che il massaggio costa sessantamila lire. Però ci rompo le...(censura) lo stesso a quello lì. Poi è sparita per ore e quando è tornata mi ha dato dell addormentata perché intanto che io ero ferma lì, lei aveva fatto il corso di nuoto, aveva conosciuto un ragazzo e con lui era andata al supermercato. Non ve l ho detto, ma è lei che ha quella malattia un po seria. Maria Grazia, sei meravigliosa, tanto da farti fare la foto dal fotografo. (Abbiamo fra tutte solo una decina di macchine fotografiche). Peccato che nella foto non ci siano i piedi. Ma non è brocco lui, sei tu che sei troppo alta: un metro e trentacinque! Cattiveria questa eh? Abbiamo un grossissimo problema: non ci sono uomini liberi qui nel villaggio. Solo ragazzi dai trenta in giù. A Maria Grazia va benissimo, li tira su da piccoli. Svolazza leggiadra dall uno all altro ammiccando sorridente. A noi va un po meno bene perché al problema succitato si aggiunge quello di curare lei. Stasera a tavola Maria Grazia dice che si dorme se prima si fa all amore. Noi Amazzoni vissute bofonchiamo indifferenti un ma va! ed io penso: magari!. Dopo mangiato il gruppo selvaggio si riunisce in una tavola rotonda al bar del villaggio. Tra caffè, musica, coppie solitarie e monotone, sole, mare, movimento, noi continuiamo il nostro addestramento. Non so se rendo l idea di come in modo leggero e leggiadro ci vengono impartite le lezioni, a volte tra una

19 sghignazzata e l altra. Bene, tutte presenti. No, manca Maria Grazia. Stanno suonando il Te la pongo (sigla musicale dell inizio delle attività) e per lei è come una droga: quando la sente, non capisce più niente, deve correre lì e ballare. E il capo parla di una terapia (descritta da un libro che stavamo leggendo) per la pulizia dell ultimo tratto dell intestino. Sembra infatti che parecchie nostre malattie dipendano da incrostazioni tossiche che si formano proprio lì e che non vengono appunto espulse ma assorbite dall organismo. La terapia consiste nel fare una volta al mese per tre giorni un clistere con acqua calda. La proposta era di farlo tutte per tre mesi e poi ritrovarci per constatare gli effetti ottenuti. Meno male che non abbiamo il clistere qui dico ironicamente al capo. E lei: Peccato! - Ed io: Mah! - Risata. Certo che a Rosy le farebbe bene un clistere. Con tutto quello che mangia! Pensate che di gelato prende quello con il bastoncino di liquirizia, così mangia anche quello. Poi continua a farsi fotografare, forse vuole il prima e dopo. Boh! Antonia ci ha raccontato che stanotte c era il poliziotto che girava fra i cottages e lei gli ha detto: Bravo, fa bene a controllare, perché qui c è una persona importante. E lui incuriosito: Ah sì, e chi è?, Io ha risposto. E lui: Allora guarderò meglio. Antonia è veramente una persona importante, oltre a essere la più accessoriata rispetto alla protesi mammaria. La sua è a doppio uso. Di giorno, sostegno tetta, di sera spallotta. Ieri sera ballando con lei le ho stretto la spalla e vengo fuori con la frase spiritosa: Che belle spallotte! E lei serafica: Non è una spallotta, è la protesi. D istinto stacco la mano e smetto di ridere... Noo! E invece sì, all occorrenza le usa sia in un modo che nell altro. Ma cosa ci faranno ancora con queste protesi? Incredibile! LUNEDI 4 LUGLIO Con amore perdono e abbraccio il passato. Scelgo di colmare di gioia il mio mondo. Amo me stessa e mi approvo. (Regina) Sto rivalutando me stessa (Mariuccia) Lucia rivolta a se stessa dandosi i bacini sul braccio: Ti voglio bene, mi sono innamorata di te. Avete sentito cosa succede alle nostre piccole donne? Crescono! In queste occasioni il capo è fiero, ma noi ancora di più. Eh sì, la nostra scuola di vita continua sempre e dovunque. Sulla spiaggia, in un tavolo del piano bar... e poi via, si va a divertirsi. La nostra asciuttona Mariuccia (è lei quella che non ama il mare, infatti acqua solo fino alla caviglia), ha vinto il torneo di carte. Ci ha snobbato. Siccome è timida, non vuole spargere la notizia. Noi, che siamo sue amiche, provvediamo affinché ci sia la giusta informazione: facciamo un tal casino che adesso lo sanno tutti. Regina ormai è diventata famosa qui al villaggio per la sua bottiglia da litro di olio che ad ogni pasto si trascina dietro per la dieta. A me fa venire in mente i cani San Bernardo. Regina è una persona molto ricca. Non di soldi, ma di voglia di vivere e di sperimentare tutto. E Lucia? Lei stasera ha cantato per quasi un ora al piano bar. Che stonate! Ci fosse stato uno solo a dirle: Ma come sei brava!. No. E vomitevole tutta questa sincerità. Ma loro non sanno che da bambina volevo fare la cantante e che mi sono divertita come una pazza. Avrete capito che Lucia sono io e per fortuna di professione faccio l impiegata. Ha cantato anche Regina ma lei è brava. Non ci sono stati morti e svenimenti fra gli spettatori, in men che non si dica eravamo una decina al microfono a sghignazzare, cantare e stonare. Al vero cantante dopo gli hanno fatto una flebo. MARTEDI 5 LUGLIO Mariuccia vince ancora! Questa volta la lotteria. Primo premio, un anello d oro. Della serie Quanto sono timida, lasciatemi nel mio brodo, eccola al centro della pista, tra foto, ovazioni, baci, abbracci e... la minaccia del bagno in piscina promesso al vincitore. Credevo avrebbe ceduto il premio! Maria Grazia, Antonia ed io, partecipiamo al concorso di Miss Simpatia. Su trentacinque partecipanti, Maria Grazia si classifica terza e noi due in quarta posizione, pari merito. La presentazione dell animatore riguardante Antonia è stata: Hobby: nuoto con i braccioli. Di me ha detto: Lucia è una donna di classe. Su Maria Grazia ne ha dette, ne ha dette! E su Mariella, presenza determinante nel gruppo selvaggio, dico qualcosa io. Mariella è il nostro angelo custode, la piccola vedetta sarda, che si potrebbe anche definire Prova solo ad avvicinarti e ti mollo uno sganascione. Adesso capirete... Lei è robusta e forte e quando siamo in spiaggia, seduta sulla sdraio studia con sguardo attento la nostra postazione (una circoscrizione che comprende sette o otto ombrelloni), e la difende dagli attacchi nemici: marocchini, eventuali ladri di borse e soprattutto vicini invadenti. Infatti nessun uomo ci ha molestato... Peccato! Io la vedo come il braccio destro del capo, la sua guardia del corpo e anche come una dura prova di ostinazione per lei. Sono simpaticamente testarde entrambe. Mariella impone rispetto, silenzio e obbedienza anche senza parlare. Non per niente è insegnante di yoga in Associazione. Anzi, speriamo le piaccia ciò che ho scritto di lei, se no lo sganascione lo prendo io... MERCOLEDI 6 LUGLIO E la vita continua, anche se ricevo da Milano la notizia che la mia amica Adriana è morta. Mi ero spesso chiesta ultimamente come avrei retto la cosa quando sarebbe successo. Adriana muore nei giorni in cui io sono più felice, in cui canto, ballo e mi sento libera come non mai. Piango alla notizia e poi cerco dentro di me il vuoto che avrebbe dovuto lasciarmi e la sofferenza. Ma non trovo né l uno, né l altra. Le voglio molto bene e questo non permette alla morte di separarci. Guardo una stella e penso a lei. Il pianista suona le solite canzoni. Perché non ballare anche stasera? Perché non regalarle la mia allegria, la mia gioia di vivere? E questo faccio, mentre in me si fa strada la consapevolezza di concepire la morte come un passaggio. Sì, lo so, l ho scritto all inizio, ma devo ammettere che c è una bella differenza tra il dire e l essere, cioè tra pensare un emozione e viverla dentro. E la vita continua... ed io ritorno al mio gruppo selvaggio. Vi segnalo baruffa stasera. Sì, non sono sempre rose e fiori. Poi si sa, gli scontri sono necessari per avere nuovi motivi di crescita. Vi piacerebbe sapere cosa è successo? Non ve lo dico! Bello e buffo però, vedere le nostre Amazzoni 19

20 20 imbufalite. Il match si svolge a tavola, con naturalezza, in mezzo a tutti. Non può non venirmi in mente un particolare. Solitamente, sia in spiaggia o appunto a tavola, le persone ci guardano incuriosite e invidiose della nostra allegria, soprattutto le donne. Una signora infatti ci ha detto: Beate voi. Ma siete amiche? Dove vi siete conosciute?. La risposta è stata: Alla scuola della vita. Io avrei aggiunto: Ci siamo fatte un cancro. Adesso a quella stessa gente che si sta gustando la lotta direi: Avete visto? Siamo anche vere! Lo spettacolo dura poco perché la pace e l equilibrio ritornano subito nel gruppo. Nessun vincitore. Tutte ci siamo prodigate per ristabilire l ordine. Anche quelle di noi che non erano direttamente coinvolte. Segnalo un altro fatto eccezionale: Mariuccia fa il suo primo bagnetto. Il capo ce l ha fatta. L ha presa per mano e pian pianino, nell acqua fino alle tette. Grosso applauso delle sue amiche... sempre per mantenere l anonimato. Ultima notizia inedita del giorno: Gabry si è fatta la ragazza! Una signora un po traccagnotta la invita a ballare con insistenza, nonostante lei continui a rifiutare. E quella furbetta di Silvia a farcelo notare e ci sghignazziamo sopra come delle matte. Gabry è la più calma del gruppo e forse la più giovane come ordine di entrata. E stata operata solo un anno e mezzo fa. Ha dei begli occhi grigio azzurri ai quali manca ancora la fermezza di espressione che noi acquistiamo con il tempo... e il lavoro su noi stesse. GIOVEDI 7 LUGLIO Tra sole, mare, giochi e grandi abbuffate al ristorante, il tempo passa e noi lo viviamo pienamente. Ciascuna partecipa alle attività che preferisce. Maria Grazia fa nuoto e impara a stare a galla come un ranocchio, insieme alla sua nuova conquista: un ragazzo di trent anni. Al pomeriggio, lezione di ballo. Regina, instancabile come ho già detto, partecipa a tutto. Fa anche canoa. Io gioco a freccette e perdo. Il capo, Mariuccia e altre, si cimentano in partite a bocce e perdono. Ma stasera non perdiamo a tombola, perché ci portiamo via due premi: una maglietta e un asciugamano da spiaggia firmato. Direi che non è poco, su mille e duecento persone: che fondo!. E adesso parliamo un po delle grandi abbuffate al ristorante. Sì, perché Rosy si è incavolata per quello che ho scritto su di lei: Teh! (tipica esclamazione lecchese), mi ha detto. Non sono mica solo io che mangio!. E adesso mi guarda spesso di traverso con i suoi occhietti dolci: vorrebbe minacciarmi! Mi fa teneramente sorridere e le rendo giustizia. Sempre stanche, accaldate e senza appetito, soprattutto sottolineo senza appetito, tutte ci trasciniamo a tavola. Fa un caldo boia anche se siamo sul mare, tra il verde e all aperto. A fregarci è il lungo buffet (dieci o più metri), incredibilmente ricco di portate, che dovrebbero essere antipasti ma c è di tutto. Poi c è il reparto dei primi, dei secondi, dei contorni, della frutta e alla sera per finire, ci sono sempre due o tre tipi di dolce. E veramente una cosa irresistibile! Il capo ce la mette tutta e suggerisce: Bisogna mangiare prima l insalata. E mangiamo prima l insalata ma poi... non vi dico cosa riusciamo a mandare giù. Finito il pasto qualcuna con nonchalance ha il coraggio di dire: E solo per gola, oppure: Tanto è verdura.... (Non sapevo che tutto quel ben di Dio, dolce con la panna compreso, si chiamasse verdura!). Contenta Rosy? Però spiegami una cosa. Perché tu e Antonia avete deciso di fare la dieta a settembre? Cos è, la famosa dieta programmata, quella che non si farà mai? Rosy, ti prego, non uccidermi! Noto un particolare: le nostre donne sono sempre eleganti e tutte le sere sfoggiano un tutù diverso. Ritorno col pensiero ai giorni prima della partenza e alla diramazione del comunicato di Ada: Mi raccomando, un solo bagaglio!. E così ci presentiamo. Una sola borsa a testa. Ma sono delle maghe! Continua a venire fuori roba da quelle borse. Ci manca solo il coniglietto... Pazzesco! VENERDI 8 LUGLIO Ed eccoci alle ultime battute, l ultimo giorno. E così non potevamo fare che qualcosa di straordinario e indimenticabile: una bella escursione alle isole con il gommone. Dopo una bella imburrata con un cocktail di creme protettive, eccoci pronte per la partenza. Astenute: Mariuccia, naturalmente, Maria Grazia, che dice che deve fare le gare di nuoto (?); e Maria Pia, che ha paura di andare in gommone. Veramente l imbarcazione è così grossa che sembra un motoscafo, ci stiamo su tutte. Dopo le solite estenuanti foto per immortalare l attimo, si parte: via per il mare aperto! Veniamo assalite da un emozione euforica viaggiando su quel mare mosso, di colore blu cobalto meraviglioso. Andiamo velocissimi e ad ogni sobbalzo violento dell imbarcazione intoniamo all unisono urla allucinanti. E poi cantiamo, cantiamo al mare, al sole, al cielo, ai gabbiani che volano leggeri o che accovacciati sull acqua si lasciano dondolare dalle onde. Approdiamo a spiagge bellissime, vediamo il mare cambiare colore: turchese intenso, azzurro, verde smeraldo trasparente. Ci fermiamo a quelle che loro chiamano le piscine. Sono delle insenature con mare profondo sei o sette metri, dove l acqua ha veramente il colore delle piscine. Le più coraggiose fanno il bagno. Ritorniamo nel blu cobalto, increspato e minaccioso, e via per l isola della Serpentera! Solo roccia, gabbiani, mare, cielo e tanti ricci. Ebbene sì, anche lì abbiamo mangiato qualcosa, l antipasto no? Accovacciati tutti sulle rocce di una piccola insenatura, gustiamo questi frutti di mare, che ci sembrano il nettare degli Dei. Siamo in ritardo per il rientro, una bella accelerata e l imbarcazione sfreccia velocissima contro le onde e un vento furibondo. Io, seduta a cavalcioni del seggiolino, ho la sensazione di cavalcare un cavallo selvaggio e con l asciugamano sventolante sulle spalle a mo di mantello, urlo all arrembaggio e ho veramente la sensazione di stare andando alla conquista del mondo intero, seguita dalle altre, urlanti anch esse. Urliamo, ridiamo, cantiamo. Cantiamo alla vita che in questo momento sembra essere nella sua massima manifestazione. E vediamo un uccello, il Martin Pescatore, che ci sfreccia davanti velocissimo con le sue ali trasparenti colore del mare. E vediamo una farfalla bianca e poi...vediamo anche quello che non vediamo normalmente: bellezze nascoste dentro di noi mai portate alla luce. All arrivo ci aspetta Maria Pia per le foto del rientro e poi la pappa come al solito. Dimenticavo di dire che il ragazzo che guidava

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