GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI

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1 Istituto per l Energia Rinnovabile GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI Stima del potenziale di produzione di biogas nell Alta Val di Non Studio di fattibilità di un impianto di Biogas Versione documento 1.2 Autore: Ing. Michela Langone Coordinamento e Revisione: dott. Daniele Vettorato, PhD (daniele.vettorato@eurac.edu) Bolzano, Dicembre 2012 Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 1

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3 INDICE Premessa Inquadramento relativo allo studio di fattibilità La zootecnia e la gestione degli effluenti di allevamento in Trentino La zootecnia e la gestione degli effluenti di allevamento in Alta Val di Non Obiettivi dello studio Metodologia di lavoro adottato Inquadramento Normativo Gestione degli effluenti di allevamento Incentivi per la sostenibilità ambientale delle attività agricole e zootecniche Digestione anaerobica e gestione del digestato Digestione anaerobica: regime autorizzativo Promozione e incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili Impatti ambientali legati agli impianti a biogas Biometano La Digestione Anaerobica I Principi del processo biologico Le tecnologie per la digestione anaerobica La co-digestione anaerobica Le matrici addizionabili agli effluenti zootecnici Il settore zootecnico in Alta Val di Non Inquadramento territoriale Consistenza degli allevamenti nell Alta Val di Non Ubicazione degli allevamenti Stima produzione Liquame e Letame Carichi zootecnici e distribuzione della superficie agricola Analisi del potenziale energetico ricavabile dalla digestione anaerobica Potenzialità energetica degli effluenti zootecnici e delle biomasse Potenzialità dal settore agro-industriale in Alta Val di Non Potenziale di produzione di biogas ed energia dell Alta Val di Non dal comparto zootecnico Verifica della potenzialità energetica dell Alta Val di Non Dimensionamento di un impianto interaziendale P <300 kwel Substrati alimentati all impianto Tecnologia di processo Produzione di energia Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 3

4 6.4. Strutture e apparecchiature dell impianto Stoccaggio biomasse in ingresso Sistema di dosaggio ed alimentazione Digestori Separatore solido/liquido Stoccaggi digestati Cogeneratore Biofiltro Vasca di prima pioggia Tecnologie possibili per il trattamento del digestato Trattamenti di separazione solido/liquido Processi biologici di rimozione dell azoto Trattamenti chimico/fisici Valutazione economico-finanziaria Analisi di fattibilità economica e finanziaria di un impianto a biogas consortile (P< 300 kwel) in Alta Val di Non Parametri tecnico-economici assunti per l analisi economica-finanziaria Costo di spandimento degli effluenti zootecnici Costo della biomassa in ingresso Impianto di Biogas Processo di rimozione biologica dell azoto Strippaggio Costo di trasporto e di spandimento del digestato Entrate Flusso di cassa netto Analisi economica e finanziaria Ulteriori considerazioni all analisi tecnico economica e finanziaria Analisi degli impatti ambientali derivanti dall impianto a biogas Utilizzo risorse naturali ed energetiche Emissioni odorose Scarichi idrici ed inquinamento al suolo Rumore Stabilità e sicurezza geologica Trasporti Impatto visivo Alternativa alla produzione elettrica: Biometano Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 4

5 9.1. Tecnologie di upgrading del biogas a biometano Compressione ed immissione in rete Upgrading del biogas a biometano in Alta Val di Non Considerazioni conclusive Bibliografia Allegato 1 - Consistenza degli allevamenti Allegato 2 - Geolocalizzazione degli allevamenti Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 5

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7 Premessa Il presente elaborato si inquadra nell ambito del più ampio Studio di fattibilità tecnicoeconomica e diagnosi energetiche relative a produzione, recupero, trasporto e distribuzione di calore derivante dalla cogenerazione o dall utilizzo delle fonti rinnovabili di energia dei Comuni dell Alta Val di Non conferito in data / /2012 all Ente di Ricerca EURAC da parte dei comuni dell Alta Val di Non. La presente indagine fornisce dapprima una serie di valutazioni ambientali e normative sulla gestione degli effluenti zootecnici e analizza in seguito le problematiche e le risorse del settore agro-zootecnico dell Alta Val di Non. Nello specifico, il documento è relativo ad uno studio di fattibilità tecnico-economica per la localizzazione e realizzazione di uno o più impianti consortili di digestione anaerobica (DA) e delle eventuali sezioni di post trattamento del digestato, finalizzati alla valorizzazione energetica degli effluenti zootecnici. Lo studio è stato condotto tenendo conto del duplice obiettivo di: ridurre l'impatto ambientale provocato dalla gestione degli effluenti zootecnici in una zona ad alta vocazione turistica come l Alta Val di Non, effettuando una stabilizzazione biologica degli stessi con un processo di DA. Il successivo impiego in agricoltura dell effluente della DA, il digestato, comporta una serie di vantaggi rispetto all impiego diretto degli effluenti zootecnici non trattati, tra cui il contenimento dell inquinamento del suolo e delle falde nonché degli odori e delle emissioni in atmosfera. valorizzare gli effluenti zootecnici mediante il processo di DA ed effettuare un analisi della filiera del biogas prodotto considerando il suo utilizzo sia in cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica sia per usi diversi quali la produzione di biometano per l immissione nella rete del gas o per autotrazione. Il presente documento si propone dunque di fornire indicazioni per l analisi della problematica legata alla gestione degli effluenti zootecnici, proponendo una panoramica del vasto contesto normativo e tecnologico nonché linee guida per una corretta progettazione del sistema di gestione degli effluenti e gestione degli impatti ambientali. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 7

8 1. Inquadramento relativo allo studio di fattibilità 1.1. La zootecnia e la gestione degli effluenti di allevamento in Trentino La Produzione Lorda Vendibile (PLV) della Provincia di Trento, che costituisce la quantificazione monetaria dei beni finali prodotti dalle imprese del settore agro-forestale e destinati al mercato, realmente venduti e non auto consumati, è cresciuta nel comparto zootecnico di circa il 10% durante il quinquennio per poi mantenersi costante fino al 2007 attorno ad un valore di euro (Piano di Sviluppo Rurale , 2007; Rapporto agricoltura PAT). Nel quinquennio , il comparto zootecnico ha denotato un lieve ma incoraggiante incremento rispetto agli anni precedenti soprattutto nella produzione di latte da vacca (+51%) e nell allevamento degli ovini, caprini, equini (+22%) e trote (+27%) mentre vi è stato un ridimensionamento per gli avicoli e i bovini da carne. La sempre più crescente attenzione verso gli aspetti ambientali e la pianificazione e gestione territoriale hanno però messo in evidenza le criticità del settore zootecnico, soprattutto a causa delle profonde trasformazioni che l attività zootecnica ha subito nel corso degli ultimi decenni. Si è assistito, infatti, in Trentino così come a livello nazionale, ad una trasformazione del settore con una progressiva intensificazione, che ha visto una marcata riduzione del numero di aziende zootecniche, passando da aziende nel 2003 a nel In contrapposizione, si è assistito ad un aumento sensibile della dimensione media delle aziende e della produzione unitaria nonché ad un aumento degli acquisti degli alimenti zootecnici per soddisfare le crescenti esigenze degli animali. (Odorizzi et al., 2006). Ciò ha comportato una serie di difficoltà legate soprattutto alla gestione degli effluenti zootecnici. Gli effluenti zootecnici, definiti come insieme delle deiezioni palabili e non palabili (DM 7 aprile 2006), risultano inquinanti, in quanto ricchi di azoto, fosforo e potassio. Anche i farmaci, somministrati agli animali, possono passare attraverso tale via nell'ambiente e residuare nei suoli, nei vegetali, nelle acque e quindi negli alimenti. Non pochi sono i problemi legati anche al rilascio di emissioni in atmosfera derivanti da letami e liquami ed al consumo di energia elettrica principalmente per le esigenze di raffrescamento delle stalle. A seguito dell intensificazione degli allevamenti, è inoltre cambiato anche il tipo di stabulazione, soprattutto per la categoria dei bovini. Da un punto di vista strutturale e gestionale, la stabulazione libera ha preso il sopravvento rispetto alla stabulazione fissa per i notevoli vantaggi di natura economica ed igienico-sanitaria per gli animali: ottimizzazione dei tempi di lavoro e degli spazi, benessere e fertilità degli animali (Odorizzi et al., 2006). Ciò ha comportato una riduzione del materiale di lettiera (paglia, torba, segatura, etc.) ed una maggiore produzione di un effluente in forma liquida, non palabile, più difficile da gestire ed utilizzare in agricoltura. Da un allevamento di tipo tradizionale, dove gli escrementi animali erano conglomerati con la paglia a formare il letame, utilizzato come fertilizzante in ampie superfici di pascolo e/o agricole, si è dunque passati ad un allevamento senza terra, con allevamenti medio-grandi, caratterizzati da una maggiore produzione di reflui allo stato liquido, liquami zootecnici, costituiti da una miscela di deiezioni animali ed acqua di lavaggio. Per contro le superfici agricole utili per lo spandimento risultano di estensione ridotta e/o di non facile accesso per la conduzione delle pratiche colturali (Moriconi, 2001). L utilizzazione diretta mediante distribuzione sul terreno degli effluenti zootecnici, per lo più sotto forma di letame, ha rappresentato in passato la migliore soluzione gestionale, ambientale ed agronomica in virtù degli effetti positivi sull apporto dei nutrienti e sulla struttura del terreno. Ad oggi, tale pratica non è più sostenibile. Infatti, a causa di una prevalenza di liquame, pur rispettando un equilibrato rapporto tra azoto immesso (numero capi allevati) e superficie coltivata, se non opportunamente pianificata, la gestione degli effluenti zootecnici può comportare una serie di problematiche aziendali (necessità di adeguate volumetrie di stoccaggio) ed ambientali (riduzione dell efficienza di utilizzazione dei nutrienti in essi contenuti, impatto odoroso sgradevole e persistente, inquinamento delle acque superficiali e Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 8

9 delle falde acquifere). Inoltre dal punto di vista economico lo spandimento del liquame, piuttosto che letame, rappresenta di solito una spesa onerosa nel bilancio complessivo delle aziende. Resta comunque saldo il concetto che la pratica di spandimento degli effluenti zootecnici, deve essere considerata come mero strumento agronomico di produzioni delle rese e non come mezzo di smaltimento. Le problematiche evidenziate si sono via via accentuate incrociandosi con la crescente sensibilità della collettività nei confronti delle problematiche ambientali. La gestione degli effluenti zootecnici rappresenta dunque, ad oggi, una delle maggiori criticità degli allevamenti. Per questo negli ultimi anni molte norme (comunitarie, nazionali e regionali) hanno regolamentato questa materia. Il Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Provincia Autonoma di Trento (PAT) pone primaria importanza alla salubrità dell'ambiente e alla qualità del paesaggio non solo per il benessere della produzione locale, ma anche per l'attrazione turistica (Piano di Sviluppo Rurale , 2007). In quest'ottica, nel PSR, è stata posta particolare attenzione alla definizione della norma di condizionalità introdotta con la Riforma di Medio Termine della Politica Agricola Comunitaria (PAC) del 2003 (conosciuta anche come ecocondizionalità o cross-compliance) che ha il duplice obiettivo di incrementare la sostenibilità ambientale delle attività agricole e, nel contempo, di favorire una maggiore accettabilità sociale dell agricoltura, corrispondendo alle esigenze di compatibilità ambientale, paesaggistica e di produzione di alimenti sani e di qualità che i cittadini dell Unione richiedono al settore primario. Il PSR del Trentino è andato oltre il recepimento delle disposizioni nazionali, integrando le norme in funzione delle specificità locali, ad esempio inserendo nella norma della "condizionalità" per il 2006 un rinvio alle previsioni del "Piano di Risanamento delle acque", relativamente alla gestione e allo spandimento economico degli effluenti zootecnici, unitamente ad alcune prescrizioni sulla gestione del pascolo permanente e al divieto di spandimento di reflui agroindustriali (Piano di Sviluppo Rurale , 2007). La politica sviluppata dall assessorato in provincia di Trento è dunque improntata alla salvaguardia e promozione di aziende zootecniche di definite dimensioni in grado di dimostrare un forte legame con il territorio esercitando la propria attività nel rispetto dell ambiente. Nel settore zootecnico, da sempre, fondamentale è stato l apporto della cooperazione. La Federazione provinciale allevatori ha contribuito nel corso degli anni al miglioramento genetico del patrimonio bovino, ha fornito assistenza agli allevatori nella soluzione di problemi tecnici, ha attivato corsi di aggiornamento per gli addetti; ha contribuito a migliorare la produttività dei prati, ad agevolare l attività commerciale svolta dagli associati. Dall altro lato anche i caseifici sociali hanno svolto la loro funzione di concentrazione dell offerta e valorizzazione della produzione zootecnica. Inoltre, la Provincia riserva un importante sostegno alle attività zootecniche legate, in particolar modo, agli ambienti difficili e svantaggiati di montagna con l erogazione di premi compensativi per gli svantaggi legati a pratiche ecocompatibili. Nell ultimo decennio, nel territorio trentino, molti Enti ed Istituzioni, sono stati coinvolti in un percorso di identificazione delle possibili soluzioni alla problematica della gestione degli effluenti di allevamento. In particolar modo sono stati condotti differenti studi, talvolta partecipati con le Comunità di Valle, che hanno contribuito a formare una concezione del problema condivisa nonché una maggiore percezione delle potenzialità degli effluenti zootecnici come risorsa energetica. Le attuali tecnologie di digestione anaerobica permettono di valorizzare gli effluenti zootecnici producendo energia e limitando la produzione di emissioni in atmosfera. Le sezioni di post-trattamento del digestato permettono di risolvere il problema dello smaltimento dei reflui riducendo i carichi di azoto ai campi. La produzione di biogas nel settore agro-zootecnico ha, negli ultimi anni, dimostrato una dinamicità molto interessante che ha portato, secondo un indagine condotta dal Centro Ricerche Produzioni Animali (C.R.P.A.) alla realizzazione di 521 impianti per circa 350 MW di potenza elettrica installata sul territorio nazionale (Claudio Fabbri et al., 2011). Gli effluenti zootecnici quindi da onere diventano risorsa sia ambientale che energetica ed economica. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 9

10 1.2. La zootecnia e la gestione degli effluenti di allevamento in Alta Val di Non L Alta Val di Non è l area più settentrionale della Val di Non e rientra nel bacino del Noce, tra le province di Trento e di Bolzano.Il suo territorio comprende i comuni di Amblar, Cavareno, Dambel, Don, Fondo, Malosco, Romeno, Ronzone, Ruffrè e Sarnonico. E possibile suddividere l area dell Alta Val di Non in una fascia di montagna, a vocazione turistica, in cui l agricoltura non è più praticata e una fascia bassa a contatto con il lago, che manifesta una vocazione agricola basata sulla monocoltura della mela. Tra queste vi è una fascia territoriale mediana a vocazione mista turistica, agricola ed artigianale-industriale. La superficie complessiva dei 9 comuni dell Alta Val di Non risulta di poco superiore ai 100 kmq rispetto ai 600 kmq dell intera Valle di Non e ai kmq dell intera provincia. Fig. 1 Orografia Alta Val di Non. Elaborazione EURAC su dati provinciali. In particolare nell Alta Val di Non, dove sono difficili molti tipi di colture, l attività zootecnica è uno dei principali settori, rivestendo un peso di primo rilievo nell economia del territorio, considerando anche il suo contributo al valore della produzione agricola trentina. Tale aspetto ha portato l Alta Val di Non a differenziarsi dal rimanente contesto complessivo della Valle di Non che risulta invece caratterizzato dalla coltura intensiva della mela. Dall analisi condotta in Alta Val di Non emerge che il settore dell allevamento bovino è più sviluppato rispetto agli altri allevamenti zootecnici (Tabella 1 - Tabella 2). Gli allevamenti di suini, ovini, caprini, avicoli ed equini sono praticati in misura minore, in alcuni casi trascurabile. Vi è un numero elevato di piccoli allevamenti familiari di conigli ed api. Considerando i soli allevamenti bovini, il numero di aziende zootecniche presenti in Alta Val di Non è pari a pari a 62 per un totale di capi bovini allevati di rispetto ai dell intera provincia (Dati ISTAT 2010). L allevamento dei bovini ha subito, rispetto al passato, un passaggio da un allevamento di tipo estensivo ad uno di tipo intensivo, che diventa attività primaria di fonte di reddito almeno per quei comuni che hanno un elevato numero medio di capi per azienda, come accade, ad esempio, per Cavareno, Romeno e Ronzone (mediamente circa 100 capi per azienda). I rimanenti comuni dell Alta Val di Non sono caratterizzati da un numero medio di capi per azienda di circa 30. L allevamento di tipo intensivo e la contemporanea contrazione della produzione foraggicola locale stanno compromettendo la sostenibilità del settore zootecnico in Alta Val di Non. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 10

11 L attuale gestione degli effluenti zootecnici prevede lo spandimento agronomico dei liquami e dei letami tal quali. In particolare, nelle pratiche di smaltimento dei liquami le criticità principali riguardano i carichi di azoto e l impatto odorigeno di tale pratica. Tabella 1 Numero di aziende per comune e provincia Totale totale totale totale totale equini, struzzi, Tipologia di Allevamento bovini e bufalini suini ovini e caprini avicoli conigli, api e altri allevamenti Trento (TOTALE) Val di Non (TOTALE) Tipologia di Allevamento Totale bovini e bufalini totale totale totale suini avicoli equini totale ovini e caprini struzzi, conigli, api e altri allevamenti Alta Val di Non (TOTALE) Amblar Cavareno Dambel Don Fondo Malosco Romeno Ronzone Ruffrè-Mendola Sarnonico Dati ISTAT Censimento dell Agricoltura Tabella 2 Numero di capi totali per comune e provincia Tipo allevamento Trento (TOTALE) Val di Non (TOTALE) totale bovini e bufalini totale suini totale ovini e caprini totale avicoli Alta Val di Non (TOTALE) Amblar Cavareno Dambel Don Fondo Malosco Romeno Ronzone Ruffrè-Mendola Sarnonico Dati ISTAT Censimento dell Agricoltura Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 11

12 1.3. Obiettivi dello studio Il territorio trentino risulta caratterizzato da sempre più numerose aree circoscritte dove vi è un intensificazione degli allevamenti zootecnici e dunque problematiche legate alla gestione delle deiezioni zootecniche. Anche nel contesto dell Alta Val di Non si è assistito ad un graduale passaggio dalle piccole stalle con ampie superfici di pascolo e/o agricole ad allevamenti mediograndi con superfici utilizzate di estensione sostanzialmente ridotta e/o di non facile accesso per la conduzione delle pratiche colturali. Tale cambiamento è stato accompagnato da un aumento dell utilizzo di alimenti extra aziendali, da un modesto impiego di lettiera, dall inadeguatezza dei volumi di stoccaggio che costringono gli allevatori a volte a distribuzioni intempestive. Tutti questi, fattori che hanno contribuito a compromettere la sostenibilità del comparto zootecnico. Il presente studio si pone l obiettivo di identificare nuove strategie di gestione degli effluenti zootecnici nell area dell Alta Val di Non, sia per minimizzare l impatto ambientale degli allevamenti sia per valorizzare gli effluenti-zootecnici nonché gli scarti agricoli eventualmente disponibili sul territorio. La soluzione individuata è finalizzata alla stabilizzazione biologica degli effluenti zootecnici ed alla loro valorizzazione energetica mediante processo di digestione anaerobica, che consente il recupero energetico mediante la produzione di biogas e il suo utilizzo (cogenerazione e/o biometano per autotrazione). Sono stati inoltre considerati alcuni scenari per recupero/rimozione dell azoto e trattamenti fisici del digestato (separazione solido / liquido) tutti finalizzati al suo impiego ottimale in agricoltura. Lo studio ha permesso di individuare la potenzialità massima di produzione energetica a partire dalle risorse presenti nel territorio dell Alta Val di Non e i possibili scenari localizzativi di impianti di digestione anaerobica destinati alla produzione di biogas e/o biometano. La tipologia, la taglia e la posizione degli impianti di trattamento degli effluenti zootecnici sono stati individuati sulla base delle problematiche e delle risorse del territorio, del quadro normativo e a seguito di un attenta analisi di sostenibilità tecnico/economica, considerando sia ipotesi di centralizzazione sia di decentralizzazione degli impianti. Il territorio dell Alta Val di Non è stato ed è tutt oggi oggetto di molte indagini condotte al fine di analizzare i problemi legati agli allevamenti zootecnici. Sono stati condotti studi da Enti ed Istituzioni fra cui l Istituto Agrario di San Michele all'adige (IASMA), l Agenzia Provinciale per la Protezione dell Ambiente (APPA), il Servizio Energia della PAT. Ciò ha portato ad una maggiore consapevolezza nei comuni dell area di studio sia delle problematiche che delle potenzialità del settore zootecnico. Tale consapevolezza rappresenta oggi un punto di forza dei comuni dell Alta Val di Non che intendono, attraverso un percorso compartecipato delle differenti realtà locali, salvaguardare il proprio territorio in un ottica di sviluppo sostenibile, valorizzazione delle risorse e conservazione dell ambiente naturale mediante strategie comuni. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 12

13 1.4. Metodologia di lavoro adottato Lo studio ha richiesto un analisi approfondita del campo di indagine costituito dalle seguenti componenti: stato attuale dell ambiente ed del territorio, stato dell arte dell attività zootecnica ed agricola, normativa di settore nazionale e provinciale, sistema degli incentivi, tecnologie di trattamento. Il programma di lavoro adottato ha previsto: un indagine conoscitiva relativa a: approfondimento dello stato di fatto della zootecnia locale: numero aziende zootecniche, tipologie allevamento, numero capi, geolocalizzazione delle aziende, tipo di stabulazione, tipologia materiale di lettiera, stima della produzione di letame/liquame; analisi dell attuale gestione effluenti zootecnici, determinazione dei carichi potenziali di azoto dal settore zootecnico e stima degli ettari adatti allo spandimento in ogni comune, determinazione delle superfici agricole utilizzabili (SAU), problemi di stoccaggio e spandimento; presenza di altre biomasse idonee ad essere avviate al processo di digestione anaerobica per la produzione di biogas. un analisi della vigente normativa nazionale e provinciale inerente: gestione degli effluenti di allevamento; produzione di biogas e biometano; incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili; regime autorizzativo degli impianti a biogas; problematiche ambientali, quali emissioni in atmosfera; scarichi, rumori, etc definizione di differenti scenari localizzativi della filiera di gestione degli effluenti zootecnici ed individuazione della soluzione ottimale; progettazione preliminare della sezione di digestione anaerobica e dell unità di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica ed indicazioni delle possibili strategie di post trattamento del digestato; individuazione di differenti scenari di gestione degli effluenti zootecnici e studio di fattibilità tecnico-economica e finanziaria; segnalazione delle misure da adottare per mitigare gli impatti ambientale di un impianto di biogas; considerazioni sulla produzione di biometano mediante processo di up-grading. La scelta tra le diverse soluzioni tecniche è stata effettuata considerando la fattibilità, i vantaggi, gli svantaggi e le opportunità delle diverse tipologie di trattamento, valutando anche soluzioni innovative. La principale documentazione assunta alla base dell analisi conoscitiva e delle valutazioni tecnico, economiche e finanziarie consiste in: Dati forniti dal Servizio Territoriale Valle di Non: U.O. Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria (n. aziende, capi, tipologia stabulazione, geolocalizzazione); 5 Censimento generale dell'agricoltura, ISTAT; 6 Censimento dell Agricoltura, Luglio ISTAT; Rapporto Finale- Strategie per la gestione sostenibile degli effluenti di allevamento del territorio dell Alta Valle di Non, Giugno Committente Comune di Cavareno. Fondazione Edmund Mach (FEM)- Istituto Agrario di San Michele all Adige; Piano di Sviluppo Rurale PAT- Assessorato all'agricoltura Commercio e Turismo; Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio PAT: cartografia di base e tematiche. Articoli e dati di letteratura. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 13

14 2. Inquadramento Normativo La gestione degli effluenti zootecnici si inserisce in una vasto panorama legislativo europeo e nazionale, nonché regionale e provinciale. Gli effluenti zootecnici rientrano, infatti, nelle norme ambientali in materia di utilizzazione agronomica, promozione dell energia da fonti rinnovabili, emissioni in atmosfera. Di seguito sono riportate le principali normative che disciplinano differenti aspetti connessi alla gestione degli effluenti zootecnici Gestione degli effluenti di allevamento Normativa Comunitaria e Nazionale I principali riferimenti normativi nazionali relativi alla gestione degli effluenti di allevamento sono presenti nel Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), nel DLgs 152/06 e s.m.i. e nel DM 7 aprile 2006, recanti criteri e norme tecniche generali per la disciplina nazionale e regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. Il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), approvato con il D.M. 19/04/1999, è stato adottato in attuazione dell articolo 4 della Direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, nota come Direttiva Nitrati, e reca i criteri e le indicazioni per una corretta pratica agricola. Il CBPA prende in considerazione i problemi dell'azoto, ottimizzando la gestione dell'azoto nel sistema suolo/pianta. Esso prevede indicazioni sulla gestione degli allevamenti e sul controllo e il trattamento degli effluenti di origine zootecnica. Il CBPA è applicabile a discrezione degli agricoltori nelle zone non vulnerabili ai nitrati (Zone Ordinarie, ZO), cosi come definite dalla Direttiva Nitrati. Per le aree designate vulnerabili (ZNV), in quanto connesse con le acque superficiali e profonde inquinate o potenzialmente inquinabili dai nitrati provenienti da fonti agricole, la Direttiva Nitrati prevede la predisposizione di programmi di azione obbligatori per gli agricoltori con misure più restrittive. Il DLgs 152/06 costituisce formalmente il recepimento della Direttiva Quadro in materia di acque Dir 2000/60/CE e rappresenta il principale riferimento in materia di tutela ambientale ed in particolare in materia di tutela delle acque dall inquinamento. Nel 152/06 vengono riportati i criteri di individuazione delle Zone Vulnerabili ai Nitrati e per la stesura dei Programmi d Azione regionali (art. 92) e quelli relativi all utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento (art. 112). Indipendentemente dal riscontro oggettivo, attraverso i campioni analitici, di nitrati di origine agricola o di altri prodotti inquinanti, quali prodotti fitosanitari, l allegato 7, parte AII e parte BII e BIII del D.lgs. 152/06, richiede di determinare la vulnerabilità territoriale considerando la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli acquiferi e vulnerabilità specifica, ossia considerando la qualità e le criticità degli acquiferi, il tipo di ordinamento colturale con le relative pratiche agronomiche, le condizioni climatiche e idrologiche e infine la capacità di attenuazione del suolo nei confronti degli inquinanti. La vulnerabilità intrinseca degli acquiferi viene dunque definita in funzione delle caratteristiche litostrutturali, idrologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa è riferita ad inquinanti generici, es. azoto e fitofarmaci. La vulnerabilità specifica, invece, tiene conto sia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi sia della capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. In tal modo, sulla base delle mappe della vulnerabilità intrinseca e specifica è possibile individuare dei punti di monitoraggio utili per il controllo degli acquiferi più vulnerabili, nonché programmi di azione tendenti a ridurre i possibili rischi di inquinamento sia legato a fonti puntuali (per effetto dell antropizzazione) che diffuse (come sono definite ad esempio le gli deiezioni sui pascoli e sulle aree agricole). Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 14

15 Il decreto del ministero delle politiche agricole e forestali del 7 aprile 2006 (DM 7 aprile 2006), è stato emanato in applicazione dell articolo 38 del D. Lgs n.152/06. Il DM 7 aprile 2006 rappresenta il testo di riferimento specifico per la gestione degli effluenti di allevamento. Esso detta gli indirizzi tecnici riguardanti l'intero ciclo di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento: produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e maturazione, trasporto e distribuzione. Il Decreto disciplina l utilizzazione agronomica degli effluenti distinguendo tra Zona Vulnerabile ai Nitrati da fonte agricola (ZVN) e Zona Ordinaria (ZO), che tra le altre si differenziano per il quantitativo di nutrienti applicabile al suolo: 170 kg/(ha a) di azoto zootecnico (o di origine zootecnica), inteso come quantitativo medio aziendale; 340 kg/(ha a) di azoto zootecnico (o di origine zootecnica) inteso come quantitativo medio aziendale. Il DM 7 aprile 2006 prevede, inoltre, norme specifiche che riguardano, in particolare, le modalità di somministrazione (periodi) delle deiezioni animali e le relative restrizioni territoriali (es. distanza dai corsi d'acqua: 5-10 m, limiti di pendenza: differenti per letami e liquami) e temporali (es. divieti di spandimenti: invernali 1 novembre- fine febbraio e periodi siccitosi). Per quanto riguarda lo stoccaggio degli effluenti zootecnici, che rappresenta una delle fasi dell utilizzazione agronomica che più condiziona l efficacia della fertilizzazione e la protezione ambientale, la sua durata viene differenziata tra le diverse aree italiane in funzione dei fattori climatici e degli assetti colturali praticati. Per le aree caratterizzate da un eccessiva produzione di azoto, il Decreto prevede il ricorso a ulteriori misure per riequilibrare l apporto di azoto al suolo, individuando le possibili strategie di gestione integrata degli effluenti e le soluzioni impiantistiche e tecnologiche (rimozione biologica, strippaggio, digestione anaerobica con produzione di energia da biogas e separazione solido/liquida) per ottenere la riduzione del carico di nutrienti. Nel decreto viene chiarito che lo stoccaggio ed il trasporto degli effluenti zootecnici, diversamente da quanto ritenuto in passato, non devono essere regolamentati ai sensi della normativa sui rifiuti (Parte IV del D.Lgs.n.152/06 e s.m.i) né dal regolamento CE 1174/2002 e s.m.i, relativo alle norme sanitarie sulla gestione dei sottoprodotti di origine animale. Il decreto chiarisce che l utilizzazione agronomica effettuata ai sensi del DM 7 aprile 2006 non necessita del documento commerciale, dell autorizzazione sanitaria, dell identificazione specifica, del riconoscimento degli impianti di immagazzinaggio. Ne deriva dunque una notevole semplificazione delle operazione di gestione degli effluenti zootecnici. Il Decreto 7 aprile 2006 introduce, poi, il Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti commerciali da redigere conformemente alle disposizioni di cui all'allegato V al decreto stresso. Il Piano di utilizzo agronomico (PUA) degli effluenti zootecnici diventa dunque lo strumento attraverso il quale la Pubblica amministrazione può verificare la congruità delle scelte gestionali dell azienda agricola e dà modo agli agricoltori di pianificare un corretto utilizzo agronomico degli effluenti, o più in generale, una giusta fertilizzazione, mediante la formulazione di un bilancio dell azoto relativo al sistema suolo-pianta. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 15

16 Normativa e contesto provinciale In Trentino, come previsto dall allegato n. 6 del Programma di Sviluppo Rurale della Provincia di Trento, la corretta gestione delle deiezioni zootecniche e l utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici sono disciplinati da una serie di normative provinciali, oltre che nazionali: Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell ambiente dagli inquinanti, decreto del Presidente della Giunta Provinciale 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl. Legge provinciale 27 febbraio 1986 n. 4 Piano di risanamento delle acque Norme di attuazione del Piano provinciale di risanamento delle acque, approvate con deliberazione della Giunta provinciale 12 giugno 1987, n Piano di Tutela della qualità delle Acque, approvato con deliberazione della Giunta Provinciale n del 30 dicembre 2005 approvazione Modifiche al Titolo IV delle norme di attuazione del Piano Provinciale di risanamento delle acque. Gli obiettivi primari del Piano di Risanamento delle acque, aggiornato più volte nel corso degli anni, sono il miglioramento della dotazione dell apparato fognario depurativo provinciale e il rispetto delle scadenze comunitarie in materia di depurazione delle acque. Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) approfondisce invece gli aspetti qualitativi della risorsa idrica attraverso il monitoraggio e la stima degli inquinanti. Nel PTA vengono individuate le zone sensibili e vulnerabili. In particolare la Provincia autonoma di Trento, vista la direttiva 91/271/CEE e la sentenza della Corte di Giustizia Europea del , con deliberazione di Giunta Provinciale n. 283 del 16 febbraio 2004, ha formalmente individuato come aree sensibili tutti i bacini idrici provinciali con l obiettivo di istituire una tutela capillare del territorio, stabilendo, in particolare, di dotare di sistemi di abbattimento del fosforo e di predisporre eventuali sistemi di abbattimento dell azoto per tutti gli impianti provinciali di acque reflue urbane di nuova realizzazione. Per gli scarichi industriali sono stati adottati limiti più restrittivi di quelli già applicati in Provincia di Trento (Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell ambiente dagli inquinamenti) e previsti dal D.Lgs 152/06, pari a 1 mg L -1 per il fosforo totale e 10 mg L -1 per l azoto totale (Piano di Tutela delle Acque). Nel territorio trentino, dati analitici evidenziano la totale assenza di prodotti fitosanitari nelle acque sotterranee trentine. Comunque, la Provincia Autonoma di Trento definisce, nell ambito del proprio territorio, il Piano nazionale triennale (piani triennali ex. D.lgs. 194/95), ai sensi dell art. 3 comma 4, dell accordo 8 maggio 2003 Accordo tra i Ministri della Salute, dell Ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l adozione del piano triennale di sorveglianza sanitaria ed ambientale su eventuali effetti derivanti dall utilizzazione di prodotti fitosanitari. Inoltre, nel PTA viene affermato che, a seguito del monitoraggio condotto in osservanza dei dispositivi della direttiva 91/676/CEE, e tenendo conto che il fattore inquinante limitante l eutrofizzazione nella Provincia autonoma di Trento è il fosforo, allo stato attuale l intero territorio della Provincia Autonoma di Trento è stato escluso dalle Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola, ai sensi dell art. 19 commi 1 e 3 del d.lgs. 152/06 (Piano di Tutela delle Acque). Nel Piano di Tutela delle Acque, come previsto dal 152/06, è stata inoltre determinata la vulnerabilità intrinseca della litologia affiorante finalizzata alla successiva definizione della vulnerabilità specifica secondo quanto indicato all allegato 7 al d.lgs. 152/06. Nel PTA viene anche riportata una stima degli inquinanti di tipo diffuso, che si riferisce alla valutazione dei nutrienti originati dall uso agricolo del territorio, oltre che puntuale, per effetto dell antropizzazione del territorio (es. scarichi civili ed industriali). In Trentino, nel rispetto della direttiva 91/676/CEE, è ammessa la possibilità di utilizzare gli effluenti zootecnici per usi agronomici, mediante spargimento sul suolo e vengono definite le modalità di stoccaggio, le quantità impiegabili sui terreni nonché le modalità di spargimento dei Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 16

17 liquami e dei letami. Gli impegni che gli agricoltori sono tenuti a rispettare si rifanno alle disposizioni contenute nel Piano Provinciale di Risanamento delle Acque ed in particolare alle disposizioni riportate nella deliberazione della Giunta Provinciale n del 27 aprile 1990 pubblicata sul B.U. della Regione del 5 giugno 1990, n. 27, adottata ai sensi dell articolo 80 del Testo Unico, nel testo previdente alla data di entrata in vigore della L.P. 10/1998. I vincoli connessi all uso di effluenti zootecnici in aziende, site in Zone Ordinarie (ZO), prevedono: obblighi relativi allo stoccaggio degli effluenti così come riportate nell allegato 8 della Circolare Agea ACIU , del : - gli allevamenti che effettuano lo spandimento dei liquami zootecnici devono essere dotati di idonei contenitori per lo stoccaggio, opportunamente impermeabilizzati; - i contenitori di stoccaggio di liquami devono avere una capacità utile complessiva, valutata in base alla potenzialità massima dell allevamento, non inferiore al volume del liquame prodotto in quattro mesi, elevabile a cinque nelle zone montane; - i depositi di letame vanno realizzati con apposite platee impermeabilizzabili in calcestruzzo con una pendenza tale da rendere possibile il convogliamento del percolato in apposite vasche di raccolta; - il letame deve essere stoccato prima dello spargimento per almeno sei mesi, al fine di assicurare un opportuna maturazione; - il letame, preventivamente depositato per almeno due mesi su platea impermeabile, può inoltre essere depositato temporaneamente al di fuori dell azienda in suolo non impermeabilizzato a patto che siano verificate le seguenti condizioni: distanza minima del deposito da acque superficiali di 10 m, senza deflusso di colaticcio verso le acque superficiali; distanza minima da strade di 5 m, senza deflusso di colaticcio verso le strade; deposito su aree adibite a scopi agrari, in posizione diversa rispetto all anno precedente. Non è consentito il deposito in aree boschive; Realizzazione di un solco o di un arginatura perimetrale attorno al deposito temporaneo. obblighi relativi al rispetto dei massimali di azoto previsti dall art. 10 (1) del Decreto 7 aprile 2006, per lo spandimento dei liquami e letami: 340 kg/ha/anno di apporto di azoto (media aziendale) dovuto agli effluenti distribuiti sui terreni aziendali posti al di fuori delle ZVN ovvero nelle c.d. zone ordinarie (ZO); obblighi e divieti relativi all utilizzazione degli effluenti (spaziali e temporali) come previsti dagli articoli 4 e 5 del Decreto 7 aprile 2006 e corretta gestione degli accumuli temporanei di effluenti palabili sul terreno. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 17

18 2.2. Incentivi per la sostenibilità ambientale delle attività agricole e zootecniche Normativa Comunitaria e Nazionale La Riforma di Medio Termine della Politica Agricola Comunitaria (PAC) del 2003 ha introdotto la il concetto di "condizionalità" (ecocondizionalità o cross-compliance), recepita in ambito nazionale dal Decreto del MiPAF 5406/04. Il Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009 e ss.mm.ii., ha poi stabilito le norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e ha istituito taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori. Dunque, la condizionalità, definita in base al Regolamento (CE) n. 73/2009, è un sistema incentivante che ha l obiettivo di incrementare la sostenibilità ambientale delle attività agricole e, nel contempo, di favorire una maggiore accettabilità sociale dell agricoltura, corrispondendo alle esigenze di compatibilità ambientale, paesaggistica e di produzione di alimenti sani e di qualità. La condizionalità, è costituita da una serie di norme comunitarie, nazionali e regionali, relative alla sanità pubblica, alla salute delle piante e degli animali, all ambiente e al benessere degli animali e da regolamenti finalizzati al mantenimento in Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali delle terre agricole (BCAA). Essa rappresenta il presupposto per poter ricevere i sostegni finanziari della PAC (in applicazione del Regolamento (CE) n. 73/2009). Le aziende agricole che beneficiano dei pagamenti diretti hanno l obbligo di rispettare la condizionalità per non incorrere in riduzioni o esclusioni dei pagamenti e degli aiuti. Tale obbligo si estende anche alle aziende che decidono di aderire ad alcune Misure del Programma Regionale di Sviluppo rurale a norma degli articoli 39 e 51 del Regolamento (CE) n. 1698/05. AGEA, in qualità di autorità competente, con la Circolare ACIU del ha definito l applicazione della Normativa Comunitaria in materia di Condizionalità per l anno Normativa e contesto provinciale La Provincia di Trento ha definito una priorità politica a favore del settore zootecnico, mettendo in campo cospicue risorse attraverso gli strumenti di incentivazione provinciali, nazionali e comunitari e in particolare mediante il Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della PAT, dove appunto riveste molta importanza la salvaguardia e promozione di aziende zootecniche nel rispetto dell ambiente e del territorio rurale e montano. Ben oltre il 50 % delle risorse disponibili sono state destinate al comparto zootecnico. Per quanto riguarda il rispetto dell ambiente, il PSR del Trentino è andato oltre il recepimento delle disposizioni nazionali, integrando le norme in funzione delle specificità locali, ad esempio inserendo già nella norma della "condizionalità" per il 2006 un rinvio alle previsioni del "Piano di Risanamento delle acque", relativamente alla gestione e allo spandimento economico degli effluenti zootecnici, unitamente ad alcune prescrizioni sulla gestione del pascolo permanente e al divieto di spandimento di reflui agroindustriali, pena la decurtazione dei premi di condizionalità (Piano di Sviluppo Rurale , 2007). L 11 ottobre 2012 è stata approvata la Circolare 4/2012/UTAPREMI - Applicazione della normativa comunitaria, nazionale e provinciale in materia di condizionalità relativa all anno Per quanto riguarda gli allevamenti zootecnici, al fine di assicurare un livello minimo di mantenimento dei terreni ed evitare il deterioramento dell habitat, tutte le superfici a pascolo permanente sono soggette al rispetto della densità di bestiame da pascolo per ettaro di superficie pascolata (Standard 4.6). In Trentino, il presente standard prevede un carico massimo non superiore a 4 UBA/ha anno e un carico minimo non inferiore a 0,2 UBA/ha anno. Comunque il PSR prevede delle azioni incentivanti che vanno ben oltre il requisito minimo dell osservanza della condizionalità, con vincoli più restrittivi in termini di UBA/ha anno. Così come previsto Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 18

19 nel PSR, differenti sono gli incentivi di cui può beneficiare l azienda zootecnica operante nel territorio provinciale, quali: MISURA 112 Aiuti per il primo insediamento per giovani imprenditori; MISURA 121 per l ammodernamento delle aziende agricole; MISURA 211 che prevede indennità a favore degli agricoltori delle zone montane; MISURA 214 Pagamenti agro ambientali; MISURA 311 Diversificazione in attività non agricole. In particolare i pagamenti agro ambientali (MISURA 214 ) prevedono premi per una corretta gestione delle aree prative e delle superfici a pascolo mediante l alpeggio del bestiame, da cui sono automaticamente escluse le aziende con carico UBA/ettaro superiore a 2, Digestione anaerobica e gestione del digestato Il processo di digestione anaerobica ha lo scopo principale di stabilizzare le biomasse putrescibili in ingresso e ricavare energia in forma di biogas da biomasse di differente provenienza. Il digestato, inteso come effluente della digestione anaerobica, in ragione del suo riconosciuto elevato valore fertilizzante, può essere utilizzato con efficacia in agricoltura, nel rispetto delle regole di buona pratica agronomica. Il digestato è caratterizzato da un alto contenuto di acqua che determina elevati costi di gestione, trasporto e distribuzione in campo. Per tale motivo, il digestato è di solito sottoposto ad un processo di separazione solido/liquido al fine di ottenere una frazione più densa ed una chiarificata. La frazione chiarificata sarà caratterizzata da elevate concentrazioni di azoto, sottoforma di azoto ammoniacale prontamente disponibile, potendo dunque essere facilmente utilizzata per concimare le colture anche in microirrigazione limitando le emissioni ammoniacali. La frazione solida sarà invece caratterizzata da un elevata percentuale di sostanza organica parzialmente stabilizzata e può essere utilizzata come ammendante. La separazione solido/liquida, inoltre dal punto di vista della gestione degli effluenti, previene una serie di problematiche legate alle fasi di stoccaggio, quali ad esempio problemi di flottazione superficiale, sedimentazione sul fondo delle vasche. Occorre precisare che, per quanto riguarda il digestato e la sua gestione, sono possibili, oltre all uso agronomico, anche altre alternative, quali: - sversamento in fognatura pubblica ed invio ad impianto di depurazione civile; - depurazione in loco con rimozione biologica o recupero dell azoto e sversamento in acque superficiali; - invio a compostaggio insieme ad altri scarti organici. Normativa Comunitaria e Nazionale Il digestato è, in generale, inteso come residuo di un processo di trasformazione e produzione e si configura dunque come rifiuto. Tuttavia la tipologia delle biomasse impiegate in digestione anaerobica, le modalità di trattamento del digestato e il suo utilizzo possono incidere sul suo status normativo ed in particolare sulla sua classificazione come sottoprodotto o come rifiuto. Nei casi diversi da utilizzo agronomico, il digestato è inteso come rifiuto: con codice nel caso di digestato prodotto da rifiuti urbani e con codice nel caso di digestato prodotto da rifiuti di origine animale o vegetale. In caso di riutilizzo agronomico, il panorama normativo è ben più ampio. Una nota alla Tabella 3 dell Allegato I del DM 7 aprile 2006 chiarisce che le linee di trattamento di liquami possono essere affiancate dal processo di digestione anaerobica che, pur determinando di per sé riduzioni significative del carico di azoto, consente tuttavia, soprattutto con l'aggiunta di fonti di carbonio (colture energetiche, prodotti residuali delle produzioni vegetali), di ottenere un digestato a miglior valore agronomico ed una significativa produzione energetica in grado di sostenere maggiormente le stesse linee di trattamento elencate. Nel caso dunque di digestione anaerobica applicata agli effluenti zootecnici, da soli o in co-digestione con biomasse di origine Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 19

20 agricola, il processo di digestione anaerobica viene inteso come trattamento volto ad incrementare il valore fertilizzante degli effluenti zootecnici. Di conseguenza il digestato non viene più classificato come rifiuto, ma viene di fatto assimilato ai liquami stessi. Anche le sostanze vegetali di origine agroindustriale, se conferite all impianto di digestione anaerobica come sottoprodotti, ai sensi del D.Lgs. 205/2010, e in co-digestione con effluenti zootecnici non rientrano nella normativa rifiuti (art. 185 D.Lgs. 152/2006). Un recente provvedimento legislativo ha introdotto un seppur parziale chiarimento. La legge 7 agosto 2012 n. 134 ha, infatti, sancito che è considerato sottoprodotto, il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agroindustria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. La norma rimanda a successivi decreti attuativi che stabiliranno i casi in cui esiste l equivalenza del digestato, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all'efficienza di uso, rispetto ai concimi di origine chimica nonché le modalità di impiego del digestato e le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura. Ad oggi dunque, ai sensi del DM 7/4/2006, se le matrici organiche in ingresso al digestore sono reflui zootecnici, da soli o in miscela con altre biomasse non rifiuto, il digestato può essere assimilato agli effluenti di allevamento e il suo spandimento in campo (tal quale o nelle sue frazioni separate solida palabile/liquida non palabile) è assoggettato alle prescrizioni contenute nello stesso DM circa tempi di stoccaggio, criteri e divieti di spandimento, modalità di trasporto, adempimenti documentali e, soprattutto, dosaggi di nutrienti analogamente a quanto precedentemente chiarito per l impiego degli effluenti di allevamento. Da notare che il digestato non è però presente nel decreto legislativo 75/2010 recante una revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, dunque non è riconducibile ad un prodotto fertilizzante noto e non vi è ancora una normativa specifica di riferimento per l uso agronomico. Per tale motivo molte regioni hanno legiferato in materia di utilizzo agronomico del digestato. In particolare la Regione Emilia Romagna ha emanato il Regolamento regionale 28 ottobre 2011 n.1, che fornisce i criteri per l utilizzazione agronomica delle biomasse e del digestato così come definito all articolo 2, lett. q) e t). Nell art. 2 comma 1, viene definito fertilizzante azotato qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati applicati al suolo per favorire la crescita delle colture. Sono compresi i fertilizzanti del D.Lgs. 75/2010, gli effluenti zootecnici di cui all articolo 112 del D.Lgs. n. 152/2006 nonché i materiali derivanti dal trattamento degli effluenti d allevamento e/o di biomasse di origine agricola o agroindustriale. Al fine di inserire l azoto totale da digestato nel bilancio complessivo dell azoto, molte normative regionali hanno imposto che l utilizzazione agronomica del digestato dovrà avvenire nel rispetto del Piano di Utilizzazione Agronomica, in modo dunque da consentire una riduzione della quantità di fertilizzante di sintesi consentita per arrivare a coprire il fabbisogno della coltura. Normativa e contesto provinciale In Ambito Provinciale non esiste ancora una normativa che regola l utilizzazione agronomica del digestato. In generale, in applicazione degli adempimenti stabiliti con Deliberazione n 4420 della Giunta Provinciale del 27 aprile 1990, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione del 5 giugno 1990 n. 27, adottata ai sensi dell art. 80 del Testo Unico, nel testo previgente alla data di entrata in vigore della L.P. 10/1998, non è consentito lo spandimento al suolo dei fanghi di depurazione a fini agronomici. Bolzano - GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI 20

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