Giotto, l Italia Palazzo Reale Milano

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1 Giotto, l Italia Palazzo Reale Milano

2 COMUNICATO STAMPA Giotto, l Italia è il grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015, a Palazzo Reale di Milano. La mostra, posta sotto l Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa. Il progetto scientifico è di Pietro Petraroia (Éupolis Lombardia) e Serena Romano (Università di Losanna) che sono anche i curatori dell esposizione. La mostra è un capitolo fondamentale del programma di ExpoinCittà, il palinsesto di iniziative che accompagnerà la vita culturale della città durante il semestre dell Esposizione Universale, ed è inserita in Agenda Italia per Expo Giotto, l Italia resterà aperta al pubblico dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio La mostra, con allestimento di Mario Bellini, ha un motivo particolare per essere realizzata in Palazzo Reale: esso infatti ancora ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, ove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto venne a realizzare due cicli di dipinti murali, oggi perduti. L arte di Giotto rappresenta un passaggio fondamentale nella storia della rappresentazione del pensiero e della realtà nella bellezza. Il nome di Giotto evoca, ovunque nel mondo, la grandezza dell Italia e della sua storia - ha dichiarato l Assessore alla Cultura Filippo Del Corno -. In questo semestre di ExpoinCittà che vede Milano sotto i riflettori del mondo, Palazzo Reale percorre i secoli a ritroso raggiungendo, dopo il Rinascimento di Leonardo, il primo Trecento di Giotto, quando l Italia, che ancora non esisteva come nazione, proponeva già i frutti della sua cultura unitaria in molti diversi centri lungo tutta la Penisola. Una proposta straordinaria che regalerà a tutti i visitatori la possibilità di gettare uno sguardo incantato sulla storia della nostra identità culturale e artistica. La mostra si avvale di un prestigioso Comitato Scientifico che riunisce i responsabili delle istituzioni italiane che nel corso degli anni e fino ad oggi hanno contribuito non solo alla conservazione e alla tutela delle opere di Giotto, ma anche e in misura straordinaria alla conoscenza e all approfondimento scientifico e tecnico delle innovazioni introdotte dal maestro, con studi e interventi d avanguardia, noti e apprezzati in ambito internazionale. Il Comitato è composto dal presidente Antonio Paolucci e da Cristina Acidini, Davide Banzato, Giorgio Bonsanti, Caterina Bon Valsassina, Gisella Capponi, Marco Ciatti, Luigi Ficacci, Cecilia Frosinini, Marica Mercalli, Angelo Tartuferi. Al progetto collaborano Soprintendenze, Musei italiani ed esteri e istituzioni religiose che conservano opere di Giotto: i Musei Vaticani; le Gallerie dell Accademia e le Gallerie degli Uffizi di Firenze; la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Firenze, Pistoia e Prato e il Polo Museale Regionale della Toscana; la Pinacoteca Nazionale di Bologna e il Polo Museale dell Emilia Romagna; il San Diego Museum of Art California; il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell Interno; i Musei Civici agli Eremitani di Padova e la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso; la pieve di San Lorenzo, Borgo San Lorenzo (Firenze); il Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte, Firenze; l Opera di Santa Maria del Fiore e l Opera di Santa Croce a Firenze; l Arcidiocesi di Firenze. La mostra, che è stata ideata come parte di un vasto progetto di valorizzazione che coinvolge i luoghi d Italia dove Giotto ha operato, propone alla folla cosmopolita dei visitatori di Expo e di Milano, fino all inizio del 2016, di incontrare i grandi capolavori dell artista fondatore di una nuova pittura che può dirsi, appunto, italiana: l alter ego di Dante Alighieri nel campo delle arti. Il titolo, Giotto, l Italia, intende appunto sottolineare il ruolo rivoluzionario del pittore fiorentino chiamato da cardinali, ordini religiosi, banchieri, dal re di Napoli e dal signore di Milano, in molti luoghi e città d Italia. Giotto infatti ovunque si sia trovato a lavorare ha avuto la capacità di attrarre fortemente le 2

3 3 scuole e gli artisti locali verso il suo stile innovatore, cambiando in modo definitivo i tragitti del linguaggio figurativo italiano. La mostra a Palazzo Reale riunisce 14 opere, prevalentemente su tavola, nessuna delle quali prima esposta a Milano: una sequenza di capolavori assoluti mai riuniti tutti insieme in una esposizione. Ognuno di essi ha provenienza accertata e visualizza quindi il tragitto compiuto da Giotto attraverso l Italia del suo tempo, in circa quarant anni di straordinaria attività. Si attraverseranno dapprima le sale dedicate alle opere giovanili: il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna da San Giorgio alla Costa documentano il momento in cui il giovane Giotto era attivo tra Firenze e Assisi. Poi il nucleo dalla Badia fiorentina, con il polittico dell altar maggiore, attorno al quale saranno ricomposti alcuni frammenti della decorazione affrescata che circondava lo stesso altare. La tavola con Dio Padre in trono proviene dalla cappella degli Scrovegni e documenta la fase padovana del maestro. Segue poi lo straordinario gruppo che inizia dal polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata, e che ha il suo punto d arrivo nel polittico Stefaneschi, il capolavoro dipinto per l altar maggiore della basilica di San Pietro in Vaticano. Accanto al polittico è esposto, evento straordinario, il frammento affrescato con due teste di apostoli o santi, proveniente dalla basilica di San Pietro, opera di Giotto anch essa commissionata dal cardinal Stefaneschi. Il percorso espositivo si completa con i dipinti della fase finale della carriera del maestro, che precedono di poco le sue opere milanesi nel palazzo di Azzone Visconti: il polittico Baroncelli dall omonima cappella della basilica di Santa Croce a Firenze, che grazie a questa mostra verrà temporaneamente ricongiunto con la sua cuspide, raffigurante il Padre Eterno, conservata nel museo di San Diego in California; e il polittico di Bologna, che Giotto dipinse nel contesto del progetto di ritorno in Italia, a Bologna, della corte pontificia allora ad Avignone. Prestiti così straordinari si devono alla collaborazione lungimirante di istituzioni e proprietari, tra cui un ruolo determinante è stato quello dei Musei Vaticani, e al supporto scientifico e tecnico di molti uffici e istituti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

4 SCHEDA INFORMATIVA titolo Giotto, l Italia sede Palazzo Reale, Milano Piazza Duomo 12 date al pubblico 2 settembre gennaio 2016 mostra a cura di Serena Romano e Pietro Petraroia patronato Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana promossa da MIBACT Comune di Milano-Cultura prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Electa con il patrocinio di Regione Lombardia nell ambito di ExpoinCittà autore del progetto espositivo Mario Bellini orari lunedì martedì, mercoledì, venerdì e domenica giovedì e sabato il servizio di biglietteria chiude un ora prima della chiusura ingresso intero 12 euro (comprensivo di audio guida) ridotto 10 euro (comprensivo di audio guida): visitatori fino a 26 anni, visitatori oltre i 65 anni, portatori di handicap, possessori di card annuale Musei di Milano, soci Touring Club con tessera, soci FAI con tessera, possessori di biglietti aderenti all iniziativa Lunedì Musei (Poldi Pezzoli / Museo Teatrale alla Scala), militari, forze dell ordine non in servizio, insegnanti, altre categorie convenzionate ridotto speciale 6 euro (comprensivo di audio guida): gruppi di studenti delle scolaresche di ogni ordine e grado, gruppi organizzati direttamente dal Touring Club o dal FAI (ai quali non si deve applicare il diritto fisso di prevendita), dipendenti Comune di Milano (previa esibizione del badge un eventuale ospite al seguito paga 10 euro), volontari del Servizio Civile operanti presso il Comune di Milano (previa esibizione del tesserino di identificazione), altre categorie convenzionate. Fino al 31 ottobre 2015 studenti della Summer School del Comune di Milano previa presentazione tessera scolastica gruppi adulti 10 euro (gruppi di almeno 15 e massimo 25 persone 1 accompagnatore per ogni gruppo) ridotto famiglia 16 euro: 1 o 2 adulti + bambini (da 6 a 14 anni) adulto: 10 euro - bambino: 6 euro (tariffa comprensiva di audio guida) prevendita 1,50 euro biglietto omaggio (comprensivo di audio guida gratuita): minori di 6 anni, un accompagnatore per disabile che presenti necessità, un accompagnatore e una guida per ogni gruppo FAI o Touring Club, dipendenti della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Milano, tesserati ICOM, guide turistiche (previa esibizione di tesserino di abilitazione professionale), impiegati presso il Servizio Mostre di Palazzo Reale (previa esibizione di tessera nominativa), membri della Commissione Vigilanza e Vigili del Fuoco (previa esibizione di apposita tessera non nominativa). Giornalisti accreditati info e prenotazioni visite guidate e didattica ADMaiora info@admaiora.education Aster info@spazioaster.it catalogo Electa ufficio stampa Electa Ilaria Maggi imaggi@mondadori.it t responsabile comunicazione Monica Brognoli brognoli@mondadori.it t Comune di Milano Elena Conenna elenamaria.conenna@comune. milano.it mostragiottoitalia.it palazzorealemilano.it #GiottoItalia 4

5 SCHEDA CATALOGO titolo Giotto, l Italia a cura di Serena Romano Pietro Petraroia editore Electa pagine 208 illustrazioni 150 prezzi 35 euro in libreria 32 euro in mostra SOMMARIO Giotto XXI secolo Serena Romano Il frammento da Borgo San Lorenzo. Una Maestà della Vergine per Giotto giovane Alessio Monciatti La figura e il trono: la Madonna di San Giorgio alla Costa risarcita Andrea De Marchi La Badia Fiorentina: il polittico per l altare maggiore Angelo Tartuferi La Badia Fiorentina: il ciclo ad affresco Serena Romano Dalla cappella Scrovegni di Padova: Dio Padre in trono Alessandro Tomei Giotto e la cattedrale di Firenze. Il polittico a due facce Giorgio Bonsanti Giotto e la basilica di San Pietro: il polittico Stefaneschi Serena Romano Giotto e la basilica di San Pietro: il polittico nella basilica Pietro Zander Giotto e la basilica di San Pietro: il polittico in Pinacoteca Marta Bezzini Giotto e la basilica di San Pietro: le Imagines Collectae Andrea De Marchi e Serena Romano Il polittico Baroncelli per Santa Croce. Gli ultimi anni a Firenze Julian Gardner Angeli per il papa. Il polittico di Bologna Damien Cerutti Tecnica e stile nella pittura su tavola di Giotto Marco Ciatti Le pitture murali: il caso della cappella Peruzzi Cecilia Frosinini Milano I luoghi di Giotto Marco Rossi La luce di Giotto tra penombra e altari di ferro Mario Bellini Bibliografia generale 5

6 TESTI ISTITUZIONALI A cavallo tra la fine del Duecento e l inizio del Trecento a Firenze Giotto e Dante definiscono i canoni della letteratura e dell arte italiana. Un epoca straordinaria e cruciale per la storia della civiltà europea si dipana nel torno di due generazioni Dante prima e Giotto poi dando vita alla matrice originaria della nostra identità. Non a caso l Italia ha scelto di dedicare a Giotto, grande maestro della storia dell arte moderna, l evento conclusivo del semestre di Expo 2015 a Palazzo Reale di Milano. Quattordici opere mai esposte prima nel capoluogo lombardo, capolavori assoluti mai raccolti in precedenza in un unica mostra, guidano il visitatore lungo le tappe fondamentali del percorso artistico giottesco, dalle opere giovanili fino alla fase finale della carriera dell artista. Prestiti eccezionali, come il polittico Stefaneschi dai Musei Vaticani messo a confronto con quello fiorentino di Santa Reparata, insieme a riunioni storiche, come il polittico Baroncelli completo della cuspide conservata al San Diego Museum of Art, permettono al pubblico cosmopolita di Expo di cogliere appieno il segno rivoluzionario della pittura giottesca. Il sigillo di Giotto a Expo è pertanto il degno compimento dell Esposizione Universale di Milano e invito tutti a godere di questa straordinaria esperienza. Dario Franceschini Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo 6

7 Giotto l innovatore arriva a Milano nell anno dell Esposizione Universale. La città che cerca e propone il nuovo incontra un rivoluzionario della pittura, che ha portato l arte oltre i canoni della classicità, verso gli spazi nuovi dell Umanesimo. Giotto accompagna Milano nei mesi conclusivi dell Expo, e ci invita a prolungare lo slancio che l Esposizione ha regalato al mondo. Quattordici capolavori mai esposti a Milano per documentare il Giotto italiano con le opere dei maggiori centri d arte del Paese. Quattordici emozioni, quattordici splendori d arte diventano il simbolo migliore del post-esposizione: l invito alla bellezza che rinnova il mondo. Giotto ha anticipato il futuro, gettando un ponte verso strade che hanno percorso i posteri, e fondando la grande arte italiana. Milano non è stata la città di Giotto, ma lo diventa oggi per questa affinità di spirito, per questa tensione a migliorarsi superando il presente. Benvenuto a casa, Giotto. Giuliano Pisapia Sindaco di Milano 7

8 Giotto, l Italia. E il mondo, aggiungerei al titolo di questa mostra. L arte di Giotto rappresenta infatti un passaggio fondamentale nella storia della rappresentazione del pensiero e della realtà nella bellezza. Il nome di Giotto evoca, ovunque nel mondo, la grandezza dell Italia e della sua storia. In questo semestre di ExpoinCittà che vede Milano sotto i riflettori del mondo, Palazzo Reale percorre i secoli a ritroso raggiungendo, dopo il Rinascimento di Leonardo, il primo Trecento di Giotto, quando l Italia che ancora non esisteva come nazione proponeva già i frutti della sua cultura unitaria in molti diversi centri lungo tutta la Penisola. Giotto infatti prestò la propria opera in numerose città del nostro Paese, esperienze dalle quali al tempo stesso ha tratto e restituito energie e suggestioni che hanno arricchito la sua vena creativa e la poetica artistica del tempo a lui contemporaneo. Fu proprio a Milano che Giotto concluse la sua opera, chiamato da Azzone Visconti a decorare il suo palazzo con un affresco poi purtroppo andato perduto. Ma la nostra città conserva ancora tracce importanti del suo passaggio, compiuto alcuni anni prima della morte, avvenuta nel 1337: segni racchiusi in cicli pittorici giunti fino a noi ed eseguiti da pittori sensibili al suo linguaggio. Basti pensare alla Chiesa di San Gottardo in Corte, cappella del Palazzo visconteo, che conserva l affresco trecentesco della Crocifissione, di scuola giottesca, ritrovato nel 1929 alla base del campanile e ora collocato sulla parete della controfacciata. Ma anche la Cappella Visconti della Chiesa di Sant Eustorgio, la Cappella di San Tommaso nella Chiesa di San Marco, le Abbazie di Chiaravalle e di Viboldone, oltre naturalmente alla Pinacoteca di Brera, rappresentano tappe fondamentali dell itinerario giottesco che i visitatori della mostra potranno seguire in città, dopo aver ammirato l originale mano di Giotto di Bondone nelle sale di Palazzo Reale. Quello stesso Palazzo che ha costituito l approdo ultimo della sua esperienza di uomo e della sua maturità di artista, prima di passare definitivamente alla Storia. Filippo Del Corno Assessore alla Cultura del Comune di Milano 8

9 La mostra Giotto, l Italia conclude il programma che Palazzo Reale ha ideato in occasione di Expo 2015 e che ha riscosso un notevole apprezzamento sia della comunità scientifica che di pubblico. La straordinarietà di questa mostra, curata da Serena Romano e da Pietro Petraroia, consiste, innanzitutto, nel fatto che, per la prima volta in assoluto, è stato possibile raccogliere, in un unico luogo, un numero così alto di opere autografe di Giotto, provenienti da contesti certi e documentati. Cosa ha reso possibile il raggiungimento di questo obbiettivo che, all inizio, sembrava utopistico? Sicuramente e prima di tutto la feconda collaborazione interistituzionale tra il Comune di Milano e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Questa sinergia ha consentito il decisivo coinvolgimento dell Opificio delle Pietre Dure e di numerose Soprintendenze e Direzioni di Musei che hanno lavorato, in una ammirevole comunità di intenti, con Palazzo Reale, i curatori e il prestigiosissimo comitato scientifico, presieduto da Antonio Paolucci. Gli straordinari prestiti, in alcuni casi si pensi al Polittico Stefaneschi dei Musei Vaticani mai spostati dalla loro storica collocazione, sono stati resi possibile in virtù di un serio e rigoroso controllo scientifico sulle condizioni di conservazione delle opere, talvolta accompagnato da indagini diagnostiche preventive e da interventi di restauro. Se uno degli scopi delle esposizioni temporanee è quello di promuovere lo studio e la conoscenza scientifica, allora con Giotto, l Italia questo fine è stato sicuramente traguardato. Le opere in mostra sono presentate per nuclei territoriali e cronologici: Giotto è il primo vero artista italiano perché ha percorso l Italia da sud a nord, lavorando in molti cantieri e lasciando in alcune città opere di altissimo valore artistico. Da qui il titolo della mostra Giotto, l Italia che, da un lato, testimonia la dimensione artistica nazionale, dall altro, fa da eco e da volano ad una iniziativa parallela, curata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, consistente nell istituzione dei Luoghi di Giotto, una serie di itinerari dove il visitatore può ammirare cicli di affreschi o capolavori che era impossibile, per ragioni esclusivamente conservative e di tutela, trasferire in mostra a Milano. La mostra è corredata da un volume, edito da Electa, contenente contributi inediti di approfondimento di ciascuna opera in mostra, scritti dai maggiori esperti internazionali di Giotto. Il progetto allestitivo ideato da Mario Bellini, uno dei principali esponenti dell architettura italiana contemporanea, si muove nel rispetto e nella tutela assoluta che si richiedono in questi casi: Bellini ha saputo dare centralità all opera del Maestro toscano, isolando le tavole e gli affreschi nello spazio e, al tempo stesso, unendoli idealmente in un continuum cronologico e geografico di assoluta godibilità estetica. Siamo lieti e fieri, per le ragioni accennate, di aver collaborato alla costruzione di un impresa che permette a tutti un incontro privilegiato ed emozionante con Giotto. Domenico Piraina Direttore di Palazzo Reale 9

10 SAGGIO DAL CATALOGO Giotto XXI secolo Serena Romano L evidenza dice che ogni epoca e ogni cultura si fabbricano un immagine propria dei grandi fenomeni di civiltà che le hanno precedute; e Giotto appartiene al non vasto gruppo di artisti che bucano le cortine della distanza, del non specialismo, e della non informazione, e sono suggestivi a partire dallo stesso semplice nome. Che viene preso in prestito per etichettare oggetti o imprese che con la pittura del Trecento non hanno assolutamente nulla a che fare: non ci sono soltanto i pastelli Giotto o i bus turistici Giotto, ma ci sono centri commerciali Giotto, residence Giotto, panettoni Giotto, ovviamente addensati nelle zone che conservano le opere, Firenze e Padova soprattutto. L etichetta, insomma, suscita associazioni mentali vaste e solidarmente nazionali; rappresenta il brand italiano, suona antica e affidabile, allude a nobili e belle regioni, fa pensare a viaggi e paesaggi. Forse in qualche modo arriva, ancorché confusa e ridotta, anche a evocare questa somma di qualità agli occhi e alla mente di chi non condivide gli elementi di base della cultura occidentale: se con questi termini si può fare allusione a principi comuni, messi oggi in gran periglio a fronte di trasformazioni molto rapide e molto radicali. Il Giotto witty, brutto e intelligentissimo, ironico, rapido e vitale degli aneddoti e delle novelle che emergono nella letteratura toscana a breve distanza dagli anni della sua vita mantiene forse un briciolo di realtà storica: certo, le novelle di Franco Sacchetti ci mostrano in modo irrefutabile che entro la fine del Trecento era vivissima la nozione del gruppo di pittori che noi definiamo giotteschi, e specificamente allievi di Giotto, come Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi, o Buffalmacco che trovava nel nome di Giotto la propria radice identitaria; e che a Giotto stesso era tra loro accordata una posizione indiscutibile e preminente, conquistata grazie alla sua straordinaria capacità tecnica, al suo carattere, e ovviamente alla sua maggiore anzianità 1. Via via, il personaggio si riveste di una sacralità archetipica: e in Ghiberti e Vasari, addobbato di episodi adattati dall Antico, diviene il punto fermo da cui tutto deriva 2. Per Vasari, la storia dell arte funziona a individui straordinari, isole di genio e innati picchi di eccellenza la cui massima densità si trova a Firenze e nel resto della Toscana 3. La genialità non si eredita, ma la capacità tecnica e artigianale del mestiere si trasmette da maestro ad allievo, e la trasmissione avviene nella bottega del maestro che certo appare anche in Sacchetti quale luogo dove Giotto è reperibile, quotidianamente, familiarmente per sua natura ancorata a un luogo, fatta per conservare e custodire, per eternizzare direi, i saperi artistici. L insieme delle botteghe costituisce la tradizione di una città. In questa geografia fissa, piena di bandierine appiccate su campanili, si dà naturalmente anche il caso di artisti che si spostino dalla loro culla di formazione: il caso di Giotto è il primo raccontato, e in certa misura il più eclatante, perché Giotto nel racconto di Vasari è il più fiorentino dei fiorentini, ma è talmente bravo che tutti lo chiamano, e lui va a Roma, a Padova, a Napoli, a Milano, forse ad Avignone: è il primo artista ufficialmente viaggiatore. Non c è naturalmente una sola parola che permetta di chiedersi se Vasari si sia posto il problema del dialogo dell artista-genio con il luogo dove di volta in volta egli si recava: per Vasari l opera del genio viene recapitata nelle varie destinazioni, per così dire a scatola chiusa, intesa a suscitare ammirazione e impermeabile al contesto in cui viene prodotta. Il viaggio insomma, per Vasari, non è una traiettoria cronologica e psicologica che costruisca il personaggio secondo una successione longitudinale logica e in sviluppo: una nozione, questa, che sarebbe certo stata anacronistica nel Cinquecento, ed è comunque perfettamente inutile agli obiettivi vasariani. Che Giotto abbia potuto reagire agli ambienti e alle tradizioni artistiche via via incontrate nei suoi viaggi non è proprio questione che occupi Vasari, il quale si sarebbe probabilmente offeso di una simile idea. Al contrario: tanto innato e impermeabile è il genio, per Giorgio Vasari, che proprio nella Vita di Giotto egli, che vi scolpiva le radici del mito del primato fiorentino, dà a Cimabue la responsabilità della formazione del ragazzo geniale, ma gli sottrae per così dire la prima orma, perché, se Cimabue trasmette al giovane Giotto le capacità tecniche ed è la marca della fiorentinità, la Natura è in realtà la sua maestra divina, che lo ispira direttamente, senza tramiti, senza gavette, senza sacerdoti mediatori 4. Questa ispirazione alla fonte della Natura ha una connotazione quasi cristologica: è il tocco della Grazia che fa di Giotto l eccezione suprema rispetto a tutto il circostante panorama e di fatto ne sottolinea il ruolo provvidenziale e in certa misura quasi astorico. 10

11 In Vasari non ci sono intersezioni orizzontali: sullo schema biografico, le opere dell artista sono distribuite (talvolta in misura e in un ordine ancora oggi utile) in una successione che non concepisce innesti di natura allogena. E se Giotto non ha bisogno di alcun input e reale contatto con i diversi ambienti nei quali si trova a lavorare si limita a riscuotere la loro ammirazione anche i ricettori dell arte giottesca appaiono essere contenitori passivi: sono standard sociali che mostrano la crescita dell artista e il suo status in ascesa. È ovvio che concetti come quello della committenza, così come è oggi largamente inteso, o dell orizzonte di attesa come fu teorizzato da Jauss e come Michael Baxandall ha formulato per il nostro specifico campo storico-artistico sono del tutto estranei alla cultura vasariana 5. Piuttosto, se ne captano sfumature in alcuni degli aneddoti che Vasari conosce, manipola e usa, a partire da quello famoso della O. Di fonte ignota forse antica, come altri ghibertiani e vasariani? o più probabilmente locale, succo di una consolidata tradizione fiorentina? l aneddoto mostra Giotto accostato dall ambasciatore (il cortigiano ) del papa che da Avignone vuol essere sicuro che lui sia veramente bravo come si dice, e gli chiede una prova. Il cortigiano arriva a lui, si noti, avendo già fatto indagini specialmente a Siena e avendo raccolto disegni di maestri senesi, da usare si comprende come termini di confronto. Giotto intuisce qual è la sfida: la affronta, la supera e la snobba, disegnando il circolo perfetto che è molto meno e ben più di quanto il papa gli ha mandato a chiedere 6. Un gesto mitico, perché assolutamente semplice e spiazzante: un gesto di assoluta leggerezza. Che fa eco non è certo un caso, e anzi è la conferma della coerenza letteraria e storiografica di una tradizione a quello che racconta Boccaccio di Guido Cavalcanti: Guido, messo anche fisicamente alle strette dall ostile brigata dei giovani e ricchi perditempo fiorentini che vogliono fargli confessare la sua mancanza di fede, chiuso in angolo con la via sbarrata dalle arche marmoree presso Santa Reparata, vi poggia sopra una mano e come colui che leggerissimo era agilmente salta l ostacolo e si allontana, lasciando i suoi petulanti avversari con un palmo di naso 7. Anche Giotto insomma, era immensamente dotato di leggerezza: forse Italo Calvino concorderebbe con questa lettura, e come nel caso di Guido, potrebbe ancora ravvisare nella figura archetipica di Giotto l auspicio del modello semplice e intatto, e l invito a guardarlo come guida al secolo, il ventunesimo, al tempo delle Lezioni americane ancora di là da venire, e ora invece già in corso, forse meno arioso, più difficile e arduo, di quanto si sarebbe pensato 8. Modelli vecchi e nuovi Distanziarsi dal modello vasariano è difficilissimo, se non impossibile, nonché, forse, inutilmente presuntuoso. A grandi linee, il disegno tracciato da Vasari Giotto, vita e opere nella storia dell arte così come è venuta a configurarsi ha resistito fino a oggi; e se l ordine degli episodi cambia costantemente, se cambia la cronologia delle opere e si modifica in parecchi importanti casi la certezza dell attribuzione, la speranza di poter comporre un percorso geo-biografico in cui le opere integrino in qualche modo il desiderio di conoscere più e meglio l uomo-giotto, l artista-giotto, non è mai venuta meno e, credo, ha indistintamente nutrito tutti gli studi e gli studiosi che con questo lontano obiettivo si sono cimentati. Naturalmente, con grandi rischi: particolarmente evidenti nel genere che più da vicino percorre la strada tradizionale del vita e opere, cioè quello della monografia, che per definizione crede alla possibilità di costruire un profilo biografico di un individuo attraverso il supposto svolgimento stilistico delle opere a lui attribuite 9. Anche Giotto, sulla cui produzione abbiamo così pochi dati di oggettiva cronologia, viene dunque fornito di una sequenza ordinata: si cerca di datare le opere, e di scandirle nel corso degli anni, in pratica immaginando che l artista, basato nella sua città natale, si impegnasse a eseguire i compiti richiesti, muovendosi se necessario da casa e recandosi episodicamente nei luoghi in questione. Movimenti e percorsi geografici, quelli di Giotto, che vengono ben isolati e numerati e nei quali vanno a incastrarsi le opere note, da realizzare e consegnare al richiedente prima della partenza dell artista che poi torna a casa o va in un altro luogo in cui è richiesta la sua presenza. L illusion biographique, questo tentativo di ordinare dati spesso poco eloquenti in un ordine di relazioni intelligibili e sotto la protezione di quella che Bourdieu ha chiamato la constance nominale dunque il riferimento a un nome, quello di Giotto, contenitore la cui definizione cambia vertiginosamente a seconda dei punti di vista domina assolutamente 10. Plutarco e Vasari la vincono ancora. 11

12 12 La bibliografia giottesca è quindi piena di tentativi di mettere in ordine i dati supposti oggettivi con le opinioni sullo stile; un brain storming ormai secolare, i cui punti più bollenti sono forse quelli che toccano la basilica di Assisi, ma che annovera altri casi di continui stravolgimenti cronologici (pensiamo alla datazione delle cappelle Bardi e Peruzzi di Santa Croce a Firenze, o a quella, che commentiamo nei saggi di questo catalogo, del gruppo vaticano) e che, a mio avviso, anche recentemente cade nell ingenuità di usare i vuoti della documentazione come prova dell assenza del maestro, per esempio, da Firenze. Coloro che nel corso degli ultimi decenni hanno avuto il coraggio di scrivere una monografia sull opera di Giotto Schwarz, la più recente, che sfugge al modello vita e opere ma ha attirato molte critiche; quella editorialmente fortunata di Francesca Flores d Arcais, la più incline al sistema di riempimento lacune con le opere note; quella di Bonsanti del 1985 e ovviamente quella di Previtali, che introdusse il concetto di bottega in chiave strutturale e con valenza metodologica hanno affrontato un compito micidiale, infatti minoritario fra gli studi, che preferiscono nettamente approcci a singole opere o ad aspetti specifici 11. Forse, scrivere una monografia su Giotto aspirando alla completezza dei dati e delle informazioni bibliografiche è ormai impossibile: la parzialità, e l approfondimento per carotaggi, sono oggi l unico obiettivo praticabile. Ma pur rinunciando all idealismo più speranzoso e romanzesco, va evitata la paralisi per impotenza: va trovato un compromesso nuovo tra i dati oggettivi, quelli altamente plausibili e probabili, e quelli forniti dall esercizio della filologia storico artistica, che se cerca di evitare le opinioni troppo arbitrarie si rivela, come tante volte si è rivelata, un potentissimo mezzo di forte ed efficace approssimazione. Non essendo possibile, e nemmeno opportuno, rinunciare alla possibilità di ricostruire l opera, i tragitti, e il modus operandi di colui che per la cultura italiana ed europea è ben più dell occasione di una constance nominale, può anche esser utile, a immaginarne almeno una parte d attività, l uso di due modelli di riferimento, entrambi attuali: partendo dal principio che l uomo del primo Trecento non doveva poi essere così nettamente diverso nei comportamenti e nell organizzazione del lavoro da quello di oggi. Soccorre, nella fabbricazione di un analogia, lo schema del sistema di lavoro di un grande restauratore e della sua équipe: un modello, questo, che ha avuto e ha ancora grandi ed evidenti episodi negli ultimi decenni, compresi quelli che sono andati a toccare proprio l opera giottesca; è, comunque, quello tecnicamente più vicino a quanto stiamo qui discutendo. Negli anni d oro del restauro specialmente di affreschi in Italia quello di Assisi e quello degli Scrovegni, per restare in tema ha offerto paradigmi evidentissimi circa il modus operandi, appunto, del capo-restauratore che dà il nome alla ditta e la garanzia della qualità, stabilisce protocolli, tecniche e tempi d intervento, lasciando marginalmente liberi i suoi collaboratori nella messa in pratica e applicazione dei principi-guida durante il lavoro quotidiano. E un altro possibile modello, specialmente per quel che attiene la dimensione imprenditoriale e direi planetaria del lavoro, è quello di qualche grande studio di architettura di oggi (pensiamo all autore dell allestimento di questa stessa mostra, Mario Bellini; o a Renzo Piano, Herzog & de Meuron, Frank Gehry ) che sforna progetti identificati dal nome cui si intitola lo studio, nome che coincide in genere con la più grande e carismatica delle personalità presenti, normalmente anche il creatore del gruppo e colui che ne ha definito lo stile e la produzione. Stile e prodotti che restano riconoscibili anche attraverso le molto complesse fasi del lavoro e gli apporti spesso determinanti di aiuti e collaboratori di grande identità e peso professionale. Come lavorano i grandi restauratori e i grandi architetti? È fuori discussione che essi possano svolgere ordinatamente un lavoro per volta, accettando commesse, progettandole e realizzandole, per poi passare alla successiva. Così facendo si taglierebbero un numero esorbitante di contatti e di possibilità; non arriverebbero a soddisfare le richieste anche soltanto della crème de la crème dei potenziali committenti; e dovrebbero accettare una vita fatta di segmenti sequenziali di geografie e di ambienti, con drammatica perdita, per lunghi periodi, di un centro vitale ed esistenziale. La soluzione che invece vediamo sistematicamente in atto in tutte queste vicende è la compresenza, certo oggi resa radicalmente più facile dai sistemi di comunicazione: cantieri aperti simultaneamente, personalità di vicari affidabili ed efficienti, e il ruolo del capo consistente soprattutto nella progettazione più o meno stretta e rigorosa a seconda delle occasioni, e nell indirizzo verso quello che si è chiamato il prodotto riconoscibile, dunque il brand della firma. Fantascienza, per il Trecento? Google calcola il tempo che ci vuole per recarsi a piedi da una all altra delle città in cui la tradizione storiografica e le conoscenze storiche e visive attestano l attività di Giotto. Risultano 33 ore di cammino per andare da Firenze a Ro-

13 ma; 34 da Firenze ad Assisi; 31 da Assisi a Rimini; 38 da Rimini a Padova. Aggiungiamo un po più di tempo per superare le montagne; ma immaginando che Giotto non si spostasse a piedi, ma a cavallo o su un mulo, o con un carro, si deve pensare non ci volessero più di due o tre giorni per recarsi da una all altra di queste destinazioni. Ne abbiamo irrefutabile prova nel documento del 1334, che attesta come il corteo del cardinale Bertrando Dal Poggetto, in cammino per tornarsene in Provenza forse avendo con sé Giotto che tornava a casa sua, sia partito da Bologna il 28 marzo e arrivato a Firenze il 31, o il 1 aprile, si immagina viaggiando con agio, onori, riposi, eccetera 12. Un mondo più lento del nostro, ma di sicuro capace di muoversi. Giotto, l Italia. Dati documentari Chiunque lavori su Giotto dopo l anno 2004 deve prioritariamente dichiarare una assoluta gratitudine verso l opera di Michael Viktor Schwarz e Pia Theis, che per la prima volta nella storia hanno raccolto e analizzato, rendendoli strumento di uso comune e di facile studio, i documenti e le fonti che riguardano il pittore 13. È forse significativo che nel corso dei più di dieci anni che sono trascorsi dall uscita del loro monumentale Giottos Leben, i dati da loro pubblicati, spesso inediti, siano stati solo episodicamente presi in conto e ragionati. In parte, probabilmente, perché il lavoro fatto dagli autori stessi era stato già molto approfondito e quindi un po scoraggiava chi volesse misurarsene; in altra parte, forse, perché l uso poi fatto dagli autori stessi di questi dati, nel successivo volume Giottos Werke, non ha convinto del tutto, su punti e questioni di grande importanza e tradizione storiografica, a cominciare da quello relativo al ciclo francescano di Assisi 14. Cerco quindi ora di usare questo lavoro, e senza certo apportare aggiunte significative, o nuovi ritrovamenti d archivio di ragionarne alcuni punti per me importanti: tenendo presente che dati maggiori potrebbero venire solo da spogli sistematici e a tappeto condotti non solo negli archivi fiorentini, ma su un numero molto più ingente di luoghi e città, un compito, certo, di vastità scoraggiante. Un primo aspetto è quello della fisica presenza di Giotto in luoghi e città. Non se ne ha alcuna traccia certamente ancorabile a una data sicura prima del 4 gennaio 1309, quando un documento notarile di Assisi attesta che il mutuo da lui stretto per 50 lire cortonesi (fra 13 e 22 fiorini d oro) viene dichiarato soluto 15. Si noti bene che Giotto non è fisicamente presente all atto, ma è rappresentato da Palmerino di Guido. Tuttavia, a buon diritto il documento è sempre stato considerato prova certa della presenza di Giotto ad Assisi in data non molto anteriore, come se all inizio di quell anno egli, chiuso il periodo per il quale aveva avuto bisogno di denaro, chiudesse anche le sue pendenze in città. Dedurre da tutto questo che entro la fine del 1308 si debba considerare la stretta verosimiglianza di un periodo di lavoro di Giotto ad Assisi è quanto mai legittimo 16. Anteriormente a questa data, esistono tracce fiorentine, che per quanto non capaci di dirci se Giotto si trovava in quel momento a Firenze, attestano però il suo insediamento abitativo in città. Il ben noto documento del 25 maggio 1301 mostra infatti il notaio Latino Latini, fratello di Brunetto, in atto di comprare una casa nel quartiere di Santa Maria Novella. La casa confina con altre abitazioni, tra le quali quella di Giotto 17. Del quale non è fatta altra parola: ma certamente, la citazione fa intravedere il pittore insediato in un quartiere, che sarà confermato dalla sistematica specifica ( pictoris populi sancte Marie Novelle ) per lungo tempo nel corso della sua vita; e permette anche di immaginare un Giotto già ben adulto, che vive separato ancorché vicino alla famiglia. Martino, suo fratello, fabbro come il padre Bondone, viveva infatti nello stesso quartiere già nel 1295, quando sposa una domina Riccha; Martino e Bondone sono ambedue fabri populi sanctae Marie novelle, e nel 1297 Martino sarà sindaco et camerario della relativa corporazione 18. Che Giotto sia uomo fatto e con famiglia si capisce dal fatto che suo figlio Francesco appare nei documenti per la prima volta il 15 settembre 1318, già emancipato e ricettore di una procura generale da parte del padre 19. Doveva avere almeno tra 20 e 25 anni: poteva dunque esser nato all inizio degli anni novanta, quando il padre era se la tradizionale data di nascita nel 1267 resiste anche lui più o meno venticinquenne 20. Della casa di Giotto parlano anche altri cenni documentari, nel 1305 e nel Le precise indicazioni sulle abitazioni confinanti nell atto del 1305 che nominano sia Latino Latini, recente proprietario come dal citato atto del 1301, che il padre Bondone e la specifica che la casa si trova in sulle fossi, precisato dalla porta dell Alloro nel documento del 1307, fanno concludere che si trattava sempre 13

14 14 della casa del 1301, la cui grandezza e conformazione purtroppo ci sfugge 21. Era situata all estremo del quartiere, verso la porta de Panzani. Nel 1305, la casa risulta affittata per 6 fiorini piccoli a un lavoratore del cuoio, Bartolo coregiarius ( Item alia domus Giotti Bondonis dibitoris [=dipintoris]... in qua moratur Bartolus coregiarius : il documento è una lista di affitti, e il termine usato è quasi sempre moratur ). L altro documento del 1307 dice poi di una monna Lapa che abita in casa di Giotto, forse non sola ( A monna Lapa vocola oste Giotto dipintore in sulle fossi dalla porta dell Alloro ; alcune pagine dopo, in riferimento evidentemente a ulteriori persone: stanno in casa di Giotto dipintore in sulle fossi popolo S. Maria Novella 22. Il Manni traduce il termine oste con pigionale : nell ambiguità della parola, mi pare si possa pensare che Bartolo, Lapa e chi altro, abbiano affittato la casa di Giotto e gli paghino una pigione, come è evidente soprattutto nel caso di Bartolo. Viene in mente pensando certo anacronisticamente al modello degli accademici di oggi, che quando vanno a passare un sabbatico o un periodo di studio altrove, affittano la loro casa per non sostenere troppe spese che forse in questi anni, entro il 1305 e almeno fino al 1307, Giotto poteva esser stato per la maggior parte del tempo fuori Firenze, e quindi avesse affittato la casa, o più verosimilmente un pezzo di essa: il che non disdirebbe all informazione del gennaio Certo avventurosa, l ipotesi non deve far trascurare il dato principale, cioè che la pertinenza della casa a Giotto è chiarissima, e il suo mestiere è acclarato: egli è chiamato, sempre, pittore 23. Pur se assente per periodi più o meno lunghi, il filo che lega Giotto a Firenze è dunque di forte e lunga durata, è familiare, è professionale, ed è lo si vede tra poco culturale, nel senso di una cerchia di persone e di relazioni che non emergono per nessun altro luogo in cui egli abbia soggiornato, ovviamente a eccezione del Mugello. Le attestazioni successive al 1309 sono fiorentine, ma con un importante eccezione. Dal 1311 al 1315 una sequenza di documenti segnala periodicamente la presenza fisica di Giotto a Firenze. Il 23 dicembre 1311 Giotto garantisce, insieme ad altri, un debito di Zucchero di Giunta nei confronti di Corso di Simone 24. Il 4 settembre 1312 affitta un telaio ( francese ) a Bartolo di Rinuccio; il 28 marzo 1314 fa suoi procuratori Giovanni Rosticci e Filippo Boncini; il 15 aprile altra procura a Donato Gherardi, Bene Riccobeni, Giovanni Ciai e Pagno Bonaffedi; il 14 settembre, per converso, è Giotto, insieme con Bartolo di Giacomo, a ricevere una procura da parte di Diedi Salimbeni e Vanni Bencivenna per la restituzione del prestito a Zucchero di Giunta, il medesimo che nel 1311 doveva pagare i 500 fiorini d oro a Corso di Simone, debito poi rilevato da Diedi e Vanni 25. Il 23 dicembre 1314 Giotto fa da testimone a un atto di vendita di un terreno a Calenzano; l 8 febbraio 1315 un altro documento attesta che egli ha comprato (poco tempo prima?) delle terre da Chele di Nello Giunta site nel comune di Galgalandi 26. Il Mugello comincia ad affacciarsi. In questo stesso lasso di tempo cade l ulteriore e celebre documento, datato a Firenze l 8 dicembre 1313, in cui Giotto dà la procura a Benedetto di Pace perché vengano recuperate le sue proprietà, in quel momento custodite da Filippa da Rieti, abitante a Roma in contrata turris del Conte, cioè presso la torre dei Conti, al Foro: si tratta di panni di lana e di lino, di letti e di masserizie e di lenzuola/coperte ( superlectilia ), e di ogni cosa che sia sua 27. Il tono dell atto è piuttosto duro: si trattava di un consistente gruppo di oggetti, che come sempre è stato riconosciuto sicuramente prova un soggiorno, e non breve, di Giotto a Roma presso questa signora che presumibilmente gli aveva affittato una casa o una stanza. Il nesso con l attività per San Pietro in Vaticano e il cardinal Stefaneschi è sempre discusso negli studi, e in questo stesso volume, nel saggio sul polittico. È del tutto ragionevole quanto assunto da Schwarz, che malgrado il documento fiorentino del 23 dicembre 1311 chiami Giotto emancipatus dal padre Bondone, l assenza di atti in data precedente non significhi per forza che il pittore fosse assente da Firenze, ma solo che non fosse nella piena capacità giuridica di compiere atti pubblici. Tuttavia questa conclusione contrasterebbe con l atto, già citato, del 1309 ad Assisi, in cui Giotto sembra agire nel pieno possesso delle sue facoltà giuridiche: Schwarz sostiene, non a torto, che fuori Firenze si poteva forse far meno caso a questo tipo di norme, valide in patria 28. L atto del 1311 potrebbe di conseguenza segnalare il fatto che dopo un periodo di lavoro all estero Giotto, tornato a Firenze, avesse compiuto i passi necessari per emanciparsi, visto che era ormai adulto a pieno titolo e professionista rinomato e già benestante; e/o forse anche che, se la condizione di non emancipato poteva magari avere aspetti di qualche comodità, per esempio fiscale, il padre tuttavia invecchiava e quindi Giotto prevedeva il futuro. Infatti, nel documento del 1313 in cui si tratta di Filippa da Rieti, Bondone viene qualificato quondam : defunto 29.

15 15 Non è dunque del tutto da escludere, mi pare, che già a partire dal 1305 o anche prima, e fino al 1313 almeno, Giotto sia stato molto più fuori che dentro Firenze: un lasso di tempo atto a inquadrare i due grandi cantieri di Assisi e di Roma. Successivamente, il 2 ottobre 1315 lo vediamo litigare ben bene per la proprietà di terre a Cafaggiolo nel Mugello; poi la documentazione tace per tre anni, e riaffiora solo il 25 aprile 1318, quando, ancora in Mugello ma a Vespignano, egli incassa un credito di 25 fiorini 30. Impossibile dire se l assenza documentaria equivalga alla sua assenza da Firenze e dal Mugello. In questi anni, però, la vita del pittore manifesta chiari segni di mutamento. A partire dal 1315, e poi nel corso dei dieci anni che vanno dall aprile 1318 in cui appare a Vespignano fino all 8 dicembre 1328 in cui compare nei documenti regi napoletani, il tenore dei documenti, che sempre lo dichiarano populi sancte Marie novelle, segnala che l asse dei suoi interessi è fortemente spostato su vari paesetti e borghi del Mugello dove egli compie atti, compra terre, incassa crediti, funge da testimone per vendite, ben inserito al centro di una rete di amicizie e vecchie conoscenze che in qualche caso si rintracciano accanto a lui dall atto del 1301 fino agli anni trenta, e sono riflesse anche nella nascente letteratura: come nel caso di Forese, protagonista con Giotto della novella di Boccaccio e ora veramente documentato, fascinosissima nota realistica, come suo vicino a Vespignano 31. Gli atti fiorentini, si noti, sono invece procure affidate, il 15 settembre 1318, al figlio Francesco, e il 16 ottobre 1320 al notaio Lorenzo di Ubertuccio; oppure questioni riguardanti il Mugello (il 4 dicembre 1321 un affitto ad Aglioni, e l 11 ottobre 1323 testimonia un contratto d affitto di una casa a Firenze, ma per gente di Vespignano e di Pesciola) 32. La presenza fisica del pittore sui luoghi documentati dall intera serie di atti è certa nei seguenti casi: il 15 settembre 1318 a Firenze (procura a Francesco); il 3 febbraio 1320 a Vespignano e il 16 ottobre 1320 a Firenze (procura al notaio); il 10 agosto 1321 e il 30 dicembre 1321 a Sagginale e ad Aglioni, nonché il 4 dicembre a Firenze, per la questione riguardante Aglioni; il 27 dicembre 1322 e il 14 gennaio 1323 a Vespignano; l 11 ottobre 1323 a Firenze; il 15 agosto 1324 e il 10 novembre 1325 a Vespignano 33. Nel 1326 Giotto è in Mugello per il matrimonio della figlia; il 23 gennaio 1328 il figlio Francesco agisce come suo procuratore generale perché, come sappiamo dai documenti napoletani, il pittore parte per Napoli. Il che fa forse riflettere sul senso di almeno alcune delle altre procure 34 e fa riflettere sul reale inizio del periodo napoletano. Viene un po in mente Machiavelli in campagna a giocare a carte e poi, di notte, a studiare 35. Giotto è già più che cinquantenne, e probabilmente si preoccupa di dare stabilità e solidità alla sua vita e alla sua famiglia; costruendo sulla fama che ormai doveva essere assolutamente assestata, probabilmente accettando committenze solo ai massimi livelli, e delegando invece la maggior parte delle opere siglate dal suo marchio di fabbrica. Intorno a lui la famiglia è una stabile presenza, si direbbe del tutto positiva: Giotto si fida dei figli Francesco, presumibilmente il maggiore, Bondone (vocatus Donato) e Nicola e li manda a trattare i suoi affari, affidando loro procure generali; a Chiara, la figlia probabilmente la maggiore delle femmine dà una dote ricca in fiorini e terre quando nel 1326 lei si fidanza e poi si sposa con Zuccherino figlio di Coppino, nel quadro agreste del Mugello dove sono site le terre e le case ormai di sua proprietà 36. Nell atto appare la moglie di Giotto, Ciuta. Altra nota positiva è che a questo Zuccherino, il giorno stesso dell atto che sancisce il matrimonio (gli atti sono due, ambedue del 12 maggio: nel primo Chiara è definita uxor futura, nel secondo uxor ) Giotto affida una procura generale, e in documenti successivi Zuccherino continuerà ad apparire, ormai membro della famiglia, per esempio come testimone a un atto dell 8 febbraio 1328 accanto al figlio di Giotto Nicola 37. L altra figlia, Bice Pinzochera, terziaria domenicana, viene emancipata e nel settembre 1328 riceve un podere e delle terre in dono da parte del padre e del fratello Francesco; contemporaneamente, Bice affida la procura generale a Francesco e al cognato Zuccherino 38. Un altra figlia, Lucia, compare solo nell agosto 1330, mentre prende come marito Alessio ( Lesso ) Martinocchi, e poi nel 1339, quando usa il denaro, a questo fine lasciato per testamento dalla sorella Bice, pro anima di suo padre, ormai defunto 39. Un evidentissima distribuzione di eredità è quella degli atti del 1337, quando Chiara e Lucia ricevono un dono in terre dalla madre Ciuta, e un ulteriore figlia, Caterina, moglie del pittore Ricco di Lapo, riceve analoga donazione nello stesso giorno 40. Come Alessio Martinocchi, anche Ricco, pittore iscritto all Arte già nel 1320 circa, è bene accolto (e collaboratore del suocero?), figurando come procuratore in sostituzione di Francesco il 27 agosto e il 13 settembre 1331, la prima volta a Firenze e la seconda a Vespignano 41. Palesemente, tutta la famiglia allargata segue le orme di Giotto nella predilezione per il Mugello.

16 16 Non notarili, ma regi, sono poi i documenti napoletani. Il primo dei quali attesta che l 8 dicembre 1328 re Roberto ordinava di pagare a Giotto un mese di stipendio arretrato 42. Nel documento successivo, 20 gennaio 1331, Giotto è nominato familiare di Roberto: ipsum in familiarem nostrum recipimus et de nostro hospicio retinemus volentes (chissà se il beneficio viene concesso per parare eventuali nervosismi del pittore, che forse voleva tornarsene a casa) 43. Poi, nel lungo documento del 20 maggio 1331 si discute delle opere eseguite nella capella magna e nella capella secreta, nonché della cona che Giotto dipinge a casa sua, in domo, e intanto Roberto continua a coprire Giotto di doni e benefici 44. Il documento del 16 marzo 1332 riguarda il pagamento di due once d oro e 15 tarì e l esenzione fiscale; quello del 26 aprile fissa una pensione annuale di dodici once d oro, da pagare a Giotto per il resto della sua vita e anche dopo, ai suoi eredi. Il tono del conferimento della pensione farebbe pensare a una sorta di buonuscita, o di ricompensa finale, per il pittore sul piede di partenza 45. Fra il 1 settembre 1332 e il 31 agosto 1333 Giotto e il notaio Amico litigano con Giovanni da Pozzuoli, ma la presenza fisica di Giotto in città nel corso del 1333 non è attestata con assoluta certezza 46. L evidenza più solida situa dunque Giotto a Napoli dal 1328 circa all aprile Difficile, dato il suo impegnativo status rispetto al re, che sia andato molto in giro: tanto insistentemente lontano da Firenze doveva essere Giotto in quegli anni, che il 5 e il 22 gennaio, e il 16 settembre 1330, i documenti, citando il figlio Nicola, si sbagliano e qualificano il pittore di quondam e olim, come se non fosse più in vita: certamente nei primi due casi, quando Nicola è ancora vivo, ma verosimilmente anche nell ultimo, in cui Nicola risulta defunto 47. Rispetto ai dati documentari, si incontra a questo punto un vuoto di circa due anni, dall estate 1332 all ottobre 1334, quando Giotto ricompare a Firenze: è plausibile che in questo periodo cada la sosta a Bologna per Bertrando dal Poggetto e di conseguenza per la curia pontificia, un nesso di certo agevolato non solo dalla fama del pittore, ma dai suoi trascorsi romani e curiali, nonché dal tramite angioino di Roberto, sintonico e coerente con la parte papale; e ancora, molto probabilmente, da altri contatti con la corte avignonese, che del resto sono certissimi, almeno per interposte persone, a causa dei rapporti di Giotto con il cardinal Stefaneschi 48. La fisica presenza di Giotto ad Avignone, affermata da Vasari e certo non peregrina, resta per ora senza prove e, si deve aggiungere, senza precisi riflessi locali 49. Come si vede anche dai saggi di questo catalogo, i soggiorni a Roma o a Bologna non dicono che, con certezza, Giotto vi eseguisse anche le opere mobili: anzi, la struttura del polittico bolognese sembra fatta apposta per spedirlo, si suppone da Firenze, nel luogo di destinazione; solo la perduta tavola per la cappella di re Roberto è detta nel documento, esplicitamente, dipinta da Giotto a Napoli, ma non è menzionata una bottega bensì la casa, in domo sua 50. Giotto imprenditore reggeva quindi i suoi cantieri nel modo più funzionale al risultato e alla propria vita, gestendo le ben diverse situazioni di un cantiere d affresco, e di una macchina di legno dipinto, con abilità diplomatica e alta efficienza. Al ritorno da Napoli e da Bologna, comunque, la condizione personale e lo status di Giotto che ha servito il re e il papa, risultano, molto evidentemente, assurti a un eccellenza che, se lo pone al di sopra di qualsiasi altro artista cittadino, ne cambia forse anche la vita. Il Mugello infatti sembra per così dire arretrare: Giotto continua a occuparsene, comprando terre a Collelungo il 18 ottobre 1334, e a metà settembre 1335 facendosi protagonista di un gran litigio dai toni durissimi per un altra terra a San Michele in Aglione; ma i documenti sono stilati a Firenze, possiamo immaginare per comodità del pittore che a quel punto non più giovanissimo aveva davvero anche troppo da fare 51. Come ben si sa, infatti, il 12 aprile 1334, prima che i documenti notarili lo attestino fisicamente di ritorno a Firenze, i priori delle arti e il vessillifero di giustizia, non avendo reperito in tutto il resto del mondo qualcuno più adatto di Giotto, lo nominano maestro e direttore del progetto e dell opera della chiesa di Santa Reparata, della perfetta costruzione delle mura della città di Firenze, delle sue fortificazioni, e di altre opere del Comune 52. L onore è reso perché il maestro accipiendus sit in patria sua, venga accolto di ritorno nella sua città, ed è quindi il benvenuto a chi si era palesemente ricoperto di gloria e sta rimettendo piede in patria: è ovvio ci sia qualche giorno di iato tra l arrivo vero e proprio e la ricezione ufficiale e pubblica, non si può immaginare una sorta di Ingresso a Gerusalemme, sia pure per un personaggio del calibro di Giotto. Francesco Caglioti ha proposto che il ritorno avvenisse da Bologna, probabilmente nel corteo di Bertrando dal Poggetto in cammino per tornarsene in Provenza: l ipotesi, di forte suggestione, daterebbe il rientro di Giotto a Firenze al 31 marzo o 1 aprile Gli ultimi anni sono brevi. Giotto cambia casa e va ad abitare nella zona di San Michele Visdomini,

17 accanto al genero Ricco di Lapo 54 ; ma forse poi cambia ancora, perché nei documenti post mortem viene identificato come populi sancte Reparate, o forse viene associato al sito dell ufficio che reggeva 55. La sua casa nel Mugello, sita a Collina in Mucello, era forse degna del suo status, se nel 1336 viene definita curia Giotti Bondonis 56. Egli è documentato a Firenze nell ottobre-novembre 1334, poi certamente nel settembre-dicembre 1335; i due atti di Vespignano del 1336 nominano le sue proprietà e la sua curia, ma non dicono che egli fosse presente 57. Se accertato e il testimone Giovanni Villani è degno di assoluta fiducia il periodo milanese dovrà cadere o nella prima metà del 1335, o nel corso del E poi, malinconicamente, nell atto di Vespignano del 4 luglio 1337 Ciuta appare come uxor olim Giotti pictoris : Giotto è morto l 8 gennaio 59. Aveva perduto il figlio Nicola entro il 1330; successivamente, Bice risulta defunta nel 1338, e Francesco muore nel 1342 lasciando Donato suo erede universale. Di Chiara, Lucia e Caterina si perdono le tracce. La mostra, e qualche considerazione finale Molto altro si dovrebbe aggiungere, a questo punto, e in questa tela che un po somiglia al Montaillou resuscitato da Le Roy Ladurie si dovrebbero via via inserire le testimonianze di altro tipo: quelle di Riccobaldo Ferrarese, quelle di Giovanni Villani, i documenti padovani e quelli romani, le attribuzioni, i riflessi, gli studi di ogni tipo, per costruire una nuova Vita di Giotto, incastrare ipotesi e far quadrare contraddizioni 60. Ma ogni volta che si tenta una simile operazione lo accennavamo più sopra si spera di aver pacificato ogni elemento e aver composto un pelo d acqua unitario, lucido e compatto; e poi ci si avvicina a toccarne un dettaglio, la superficie si frange, l immagine si scompone, ogni frammento mantiene il suo nocciolo di apparente verità ma non è sempre coerente con gli altri. Inoltre, questo è il catalogo di una mostra, e non una nuova monografia, o un catalogue raisonné. Presenta un percorso ben nutrito, ma non pretende che sia esaustivo; gli studiosi, numerosi e di livello altissimo, che hanno scritto in questo catalogo, hanno studiato il loro oggetto a tutto tondo, nella sua valenza artistica, nel suo contesto funzionale, liturgico, quando possibile architettonico; hanno, insomma, considerato le opere quali grandi tappe della carriera e della produzione di Giotto nelle loro complesse relazioni con la società del tempo, con i committenti, con le tradizioni degli edifici cui erano destinate, in sostanza quali nuclei di energie convergenti, la cui molteplicità nulla toglie al ruolo del loro protagonista Giotto di Bondone. Secondo un approccio munito di un non trascurabile albero genealogico, il sito diventa un attore cruciale nella storia dell opera, e l artista lo vive, lo legge, lo trasforma; quando è un sito per così dire straniero, certo non rimane a esso indifferente, e le dinamiche in cui viene implicato sono quelle che anche oggi esistono, di seduzione, fascinazione, interesse, dialogo 61. La storia di Giotto con Roma è forse in questo emblematica, ma lo è anche quella con Padova, e quindi con la cultura veneta e veneziana, antica e medievale, grande tema di studio cui adduce qualche novità il saggio di Alessandro Tomei (in questo catalogo). In sostanza, la mostra procede per grandi nuclei, ognuno dei quali raggruppa più opere. Nel primo che conta la Madonna di Borgo San Lorenzo, quella di San Giorgio alla Costa, gli affreschi di Badia e il loro polittico, e infine il Dio Padre degli Scrovegni a Padova è l ipotesi del percorso giovanile dell artista, a partire dalla formazione nutrita di elementi cimabueschi, arnolfiani e romani, antichi e medievali; in un tragitto che lo conduce dalle prime committenze toscane ai grandi exploits della croce di Santa Maria Novella e delle storie assisiati di Isacco, fino alle storie francescane; e poi, vari anni dopo, a Padova. Una quindicina d anni di una crescita senza pari per qualità e ampiezza di cultura, e anche per la capacità di impadronirsi dei bacini di committenza più dinamici ed elitari dell epoca, dagli Ordini mendicanti, alla curia pontificia, al Comune di Firenze, ai banchieri: interlocutori con cui Giotto parlò tutta la vita. È un grande dispiacere non essere riusciti a testimoniare in mostra la tappa riminese, intermediaria tra Assisi e Padova, essendo troppo preziosa al culto e al contesto cittadino la croce del Tempio Malatestiano per pensare di spostarla. Ed è rimasta di ubicazione assolutamente ignota la cimasa di quella stessa croce, passata nel 1919 al Burlington Fine Arts Club, identificata e pubblicata da Zeri nel 1957, forse oggi distrutta, o sepolta in qualche collezione privata, forse misconosciuta 62. Che un pezzo della croce di Rimini, noto e pubblicato, possa essere sottratto alla pubblica conoscenza, è certo giuridicamente possibile; eticamente, ci si ribella a questa inevitabilità, e chissà che questo grido di dolore non smuova qualche acqua e non venga un domani ascoltato. 17

18 18 Poi c è il mirabile, difficilissimo secondo decennio, così come lo abbiamo concepito, dal polittico fiorentino di Santa Reparata al vaticano Stefaneschi, fino al celebre frammento di collezione privata, proveniente da San Pietro. Inutile dire che la possibilità di mostrare il polittico vaticano, mai prestato a una mostra, insieme all affresco quasi certamente reliquia del ciclo che gli era vicino nella basilica di San Pietro è stata degna del quadro internazionale ed eccezionale di Expo 2015; l affresco era stato pubblicato da Valentino Martinelli nel 1971, e poi mai più visto da alcuno, né tanto meno studiato. Al di là dello scoop che certo queste due presenze costituiscono per la mostra, ci auguriamo che l evento renda vivida l importanza del cantiere vaticano nella vita e nella carriera di Giotto, sempre sistematicamente un po sottovalutata negli studi. La possibilità di vedere il polittico Stefaneschi a fronte di quello di Santa Reparata è un altra delle straordinarie occasioni offerte dalla mostra: ambedue le tavole bifronti, quella della cattedrale di Firenze e quella del santuario petrino romano, in probabile competizione con la recentissima Maestà di Duccio a Siena. Incomprensibili sarebbero però i due polittici, il fiorentino e il romano, senza il loro terzo polo, invisibile in mostra ma presentissimo e cruciale: quello del cantiere della chiesa inferiore di Assisi, aperto in parallelo e parallelo per stile e presenza di collaboratori. Lo sviluppo è coerente e interessantissimo, da Santa Reparata ad Assisi al gruppo vaticano: se non dei medesimi pittori Giotto era un troppo abile regista per imbrogliare le carte e pasticciare i ruoli si tratta della grande ricchezza degli anni imprenditoriali di Giotto, che nessuna asfittica sottovalutazione potrà, come in passato, obliterare. È soprattutto a partire da questo gruppo di opere che comincia a porsi, con urgenza, la questione dell autografia, e quella, connessa, della qualità : due giudizi che sono di fatto rarissimamente supportati da dati oggettivi e dipendono invece da una somma di esperienze, punti di vista, e postulati, la cui frequente soggettività spiega, fra l altro, l estremo variare delle valutazioni e attribuzioni, nel tempo, e fra gli studiosi, nonché il bizzarro destino incontrato dalle opere firmate o documentate di Giotto, tra cui, appunto, il polittico vaticano. Quel tutto di sua mano, l espressione usata dai contemporanei per situare l opera al più alto livello di qualità, è certo una nozione anche sociale, sorta di noblesse oblige: la usa verso metà Quattrocento Michele Savonarola a proposito degli affreschi per Enrico Scrovegni (e aggiunge cum magno pretio : per un sacco di soldi) e la echeggia ancora Grimaldi, proprio a proposito del polittico Stefaneschi 63. Che l attenuarsi del dato stilistico omogeneo, quale invece si accerta nelle opere, ad esempio, padovane, possa essere anche il segno di un evoluzione dell organizzazione e distribuzione esecutiva del lavoro, a me pare del tutto possibile; questi anni furono, comunque, un ulteriore gradino nell ascesa sociale di Giotto, e i profumati pagamenti documentati nel Liber Anniversariorum da parte del cardinal Stefaneschi e, si presume, quelli per Assisi e per Firenze, ben si vedono riflessi nei massicci acquisti immobiliari che, non per caso, hanno inizio nel e fanno di Giotto e della sua famiglia solidissimi proprietari terrieri nelle campagne e nei paesini del Mugello. Infine, il gruppo delle opere tarde, tra Santa Croce a Firenze e Bologna, quando Giotto aveva conquistato anche il re di Napoli, era ormai famoso più di qualsiasi altro artista e, purtroppo, vicino a morire. In mostra, il polittico Baroncelli riunito alla sua punta per la generosità del Museo di San Diego e il retablo bolognese offrono un occasione di confronto che si era avuta solo nella mitica mostra giottesca del 1937, quando il Baroncelli passava sotto il nome di Taddeo Gaddi e il polittico bolognese era relegato alla bottega. Sono opere che ci mostrano solo una faccia del Giotto tardo ; al quale, nel concluderle, restava solo il tempo di partire per Milano e lavorare per Azzone Visconti, nel palazzo che oggi, simbolicamente, di nuovo lo accoglie. Marco Rossi resuscita in catalogo lo skyline della città trecentesca dove lui arrivò; e pubblica nel suo saggio le vestigia del palazzo visconteo che lo accolse, con un ipotesi disegnata da Pier Nicola Pagliara; e alcune novità sull opera più vicina alla lezione di Giotto stesso e forse dei pittori che lo accompagnarono interpretandone e svolgendone lo stile la Crocifissione di San Gottardo, dipinta nella chiesa palatina di Azzone, oggi restaurata da Anna Lucchini e resa più leggibile, e più intrigante di prima. Se non in mostra, almeno nel catalogo ha posto un ulteriore tassello, quello relativo alla ricerca tecnica e scientifica sulle opere di Giotto. Il saggio di Marco Ciatti esemplarmente presenta uno spaccato delle vastissime conoscenze che l Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha accumulato, nel corso di molti anni, sulla pittura da cavalletto che per Giotto significa non solo i polittici e le tavole d altare, ma le grandissime Maestà e le gigantesche croci dipinte e Cecilia Frosinini dà un assaggio del progetto pionieristico da lei diretto in collaborazione con I Tatti/Harvard University, sui dipinti murali

19 19 delle cappelle Bardi e Peruzzi in Santa Croce a Firenze. Così abbiamo voluto rendere omaggio alle istituzioni l Opificio delle Pietre Dure e l Istituto Centrale Superiore per il Restauro che fin dall inizio hanno assistito il progetto della mostra, le stesse che hanno condotto restauri e indagini sulle opere giottesche, fino ad accumulare competenze e informazioni uniche al mondo. Esse hanno anche accompagnato la fase di indagini e ricerche sul polittico Stefaneschi, rese possibili dalle risorse della mostra e svolte dai laboratori dei Musei Vaticani: ancora in via di conclusione nel momento in cui licenzio queste pagine, speriamo trovino al più presto l occasione di essere pubblicate con la larghezza e l esaustività che meritano. Sono le stesse istituzioni che hanno garantito, tengo a sottolinearlo, la correttezza dell intero progetto, che non ha voluto essere mediatico, ma prima di tutto scientifico e conoscitivo, su opere che mai prima d ora erano state accostate l una all altra basti pensare che in Palazzo Reale sono riuniti tutti i politici giotteschi di accertata provenienza. E che avrà ancora qualche conseguenza virtuosa perché l intervento di restauro realizzato dall Opificio delle Pietre Dure sugli affreschi di Badia avrà ri-valorizzato questi dipinti preziosi che, dopo la mostra, non saranno rimessi nei depositi della Soprintendenza ma riallestiti nella chiesa da cui provengono. E perché, infine, il frammento di Collezione privata proveniente da San Pietro sarà restaurato da parte dell Opificio e restituito ad una migliore leggibilità e a una perfetta conservazione. Da parte di Pietro Petraroia e mia, un grazie a tutti coloro che hanno reso possibile quest avventura che sembrava, all inizio, quasi impossibile, e in particolare a tutti i componenti del comitato scientifico e al suo presidente e direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci; al direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina, che ha creduto nella scommessa; e agli amici di Electa con cui l abbiamo vissuta giorno per giorno, due nomi per tutti, Rosanna Cappelli e Roberto Cassetta.

20 NOTE 1 L argomento è naturalmente complesso. Per una prima indicazione, Falaschi 1998, Romano 2008a, pp , e specialmente Schwarz, Theis 2004, che hanno raccolto e ripubblicato tutti i passi letterari relativi a Giotto. In particolare per il Trecentonovelle, Sacchetti ed. Marucci 1996 (novelle LXIII, LXXV, CXXXVI, CLXI). Su Giotto witty, Ladis Ghiberti ed. Bartoli 1998, pp ; Vasari ed. Bettarini, Barocchi 1967, pp Riprendo qui parte della comunicazione da me presentata al convegno Contaminazione/ Contaminazioni, svoltosi a Milano nella primavera 2014 e attualmente in corso di stampa, ringraziandone Marisa Meneghetti. 4 Vasari ed. Bettarini, Barocchi 1967, p Jauss 1972 (anche in traduzione francese con prefazione di Jean Starobinski, 1978); Baxandall 1971, 1972, Mi sembra ancora ottimo il saggio di Biermann 1991; Romano 2008a, p. 251; Bellucci, Frosinini 2010, p Giornata VI, novella 9: Boccaccio ed. Branca 1980, pp Italo Calvino, Lezioni americane, I: Leggerezza, Milano 1988, pp A mia conoscenza, l unico studioso che si sia posto in modo critico e penetrante la questione della monografia come genere è Giovanni Agosti (Agosti 1987). Sulla questione specifica del profilo biografico di Giotto v. però le osservazioni di Gardner 2011, pp Bourdieu Inutile dire che non tenterò qui uno stato degli studi su Giotto, nemmeno limitato alle monografie (esercizio che sarebbe in sé piuttosto sciocco). Dico solo che il filo logico proposto da Previtali (1967, con nuove edizioni nel 1974 e nel 1993), nonostante ampie revisioni e tante diverse opinioni poi emesse, è stato di fatto il primo che abbia aperto la strada a un approccio meno idealistico. Il volume di Bonsanti (1985) è programmaticamente indirizzato ai non specialisti ma è in realtà opera assolutamente scientifica pur se priva di note e apparati; sceglie andamento biografico e cronologico, come pure il volume della Flores d Arcais (1995), anch esso senza apparati. Il percorso di Schwarz (2008) è invece più anticonvenzionale, non tentando la costruzione biografica (i cui elementi sono però nel precedente Schwarz, Theis 2004) e non seguendo un percorso cronologico, né andando verso il catalogue raisonné. 12 Caglioti 2005, p. 42 e note (Chronicon Parmense, in RIS IX/9, p. 229). 13 Schwarz, Theis Schwarz Assisi, 4 gennaio Bevagna, Biblioteca Comunale, Archivio storico comunale, frammento E, c.13v; Schwarz, Theis 2004, pp Non potendo qui approfondire la questione, mi limito a ricordare che la maggioranza degli studiosi inclina a legare questo documento con la realizzazione della cappella della Maddalena nella chiesa inferiore di San Francesco. 17 ASF, NA 13364, c. 30v-31r; Schwarz, Theis 2004, pp Schwarz, Theis 2004, pp Schwarz, Theis 2004, pp : il documento è perso, ma è noto da Baldinucci in poi, con incertezze cronologiche che Schwarz e Theis hanno tranciato in favore dell anno Ipotesi su Francesco in Hueck ASF, Estimo I, 43-44); Schwarz, Theis 2004, pp Libro d Entrata e Uscita d Orto San Michele: Schwarz, Theis 2004, pp Il documento è pubblicato dal Manni (1742, p. 415) e oggi, a quanto ne so, non è rintracciabile. Non capisco il significato della parola vocola, così riportato anche dal Manni; a meno che non sia in realtà un soprannome, o un cognome di Lapa. 23 Né Bartolo né Lapa risultano affittuari in senso stretti: si dice solo che stanno in casa di Giotto. La possibilità di accomodamenti provvisori non mi sembra però da escludere. 24 ASF, NA 950, c. 129r; Schwarz, Theis 2004, pp ASF, NA 11484, c. 88v; ASF, NA 9569, c. 82r; ASF, NA 9569, c. 100r; ASF, NA 9569, c. 174r: Schwarz, Theis 2004, pp ASF, NA 9569, c. 222v-223r; ASF, NA 9569, c. 150r-150v: Schwarz, Theis 2004, pp ASD, NA 9569, c. 34r: Schwarz, Theis 2004, p Sull importanza del soggiorno presso la torre dei Conti per la conoscenza della Roma antica, Romano 2008a, p Schwarz, Theis 2004, p ASF, Archivio di S. Maria Nuova, f.26, c. 28; Schwarz, Theis 2004, p ASD, NA 9569, c. 34r: Schwarz, Theis 2004, p ASF, NA 8048, 58v-59r, 19 maggio 1336: il documento, datato a Vespignano, ha straordinaria importanza storica, ed è stato scoperto e pubblicato da Schwarz, Theis 2004, pp Schwarz, Theis 2004, pp (il documento del 15 settembre 1318 non è rintracciabile); per i successivi, ASF, NA 11388, f. 57r; ASF, NA 11388, f. 101r; ASF, NA 7871, f. 145 v.: Schwarz, Theis 2004, pp , 120, 121, Schwarz, Theis 2004, pp , , , , , 130, ASF, NA 7821, f. 192r, 196 v-197r: Schwarz, Theis 2004, pp N. Machiavelli, Lettera XI a Francesco Vettori (10 dicembre 1513), Machiavelli ed. Gaeta 1961, pp Per l ipotesi su Donato, Hueck ASF, NA 8046, f. 28r: Schwarz, Theis 2004, p ASF, NA 8046, f.50v, 51r: Schwarz, Theis 2004, pp Bice muore nel 1338 (ibid., ). 39 ASF, NA 7872, f. 100r; ASF, NA 8084, f. 181v-182r: Schwarz, Theis 2004, pp e ASF, NA 7374, f. 111v-112v: Schwarz, Theis 2004, pp ASF, NA 7372, f. 94v e 140v: Schwarz, Theis 2004, pp ; Hueck I documenti napoletani sono andati distrutti durante la seconda guerra mondiale, e sono noti da precedenti pubblicazioni. Schwarz, Theis 2004, p. 222; Leone de Castris 2006, pp e la trascrizione dei documenti, pp Schwarz, Theis 2004, p. 223; Leone de Castris 2006, p Schwarz, Theis 2004, pp ; Leone de Castris 2006, pp Schwarz, Theis 2004, pp ; Leone de Castris 2006, pp Caglioti 2005; Leone de Castris 2006, p. 22 e ASF, NA 7872, f. 84v, 86r, 103v: Schwarz, Theis 2004, pp e Verrebbe da pensare che per la morte del figlio Giotto debba certamente aver fatto ritorno, ancorché breve, a Firenze. 48 Caglioti 2005, pp ; Medica 2005, pp ; Medica 2010, pp Per tutta la questione Stefaneschi si vedano i saggi in questo catalogo. 49 Vasari ed. Bettarini, Barocchi 1967, pp ; il viaggio ad Avignone e in molti altri luoghi di Francia è situato sotto Clemente V ( ). Irene Hueck (Hueck 2000, p. 53) ha discusso la questione in merito al beneficio ecclesiastico concesso nel 1324 da Giovanni XXII al figlio di Giotto, Donato, scettica, giustamente, sul fatto che la palese conoscenza di Giotto da parte del papa, che per questo fa un grande favore al figlio, possa essere connessa direttamente al polittico vaticano e a Stefaneschi, che non è in copia nella lettera. Un viaggio di Giotto ad Avignone mi parrebbe facile, dopo il grande lavoro del secondo decennio del secolo; poteva magari essere un viaggio di contatti e di diplomazia personale, non necessariamente di lavori pubblici che infatti non sembrano avere diretta ricezione in Provenza. Si noti anche che l episodio della O è situato da Vasari a Firenze: quando la nuova della O arriva al papa, egli, dice Vasari, fecelo andare a Roma per affrescare la tribuna e fare il polittico. Vasari ed. Bettarini, Barocchi 1967, p Cfr. nota ASF, NA 7372, 180r; ASF, NA 8048, 130r, 7973, 35r-v: Schwarz, Theis 2004, p. 195 e magistrum et gubernatorem laborerii et operis ecclesie sancte Reparate et constructionis et perfectionis murorum civitatis Florentie et fortificationis ipsius civitatis ac aliorum operis dicti communis. ASF, Provvisioni Registri 26, c. 100v-101r): Schwarz, Theis 2004, pp Caglioti 2005, p ASF, NA 8048, 130r: Schwarz, Theis 2004, pp ASF, NA 7374, 111v; ASF, NA 11389, 283r-v; ASF, NA 8048, 190r-191v: Schwarz, Theis 2004, pp. 207, , ASF, NA 7873, 89r: Schwarz, Theis 2004, pp ASF, NA 7372, 180r; NA 8047, 113r; ASF, NA 11389, 172r; ASF, NA 8048, 58v-59r; ASF, NA 7873, 89r: Schwarz, Theis 2004, pp. 194, 196, Villani ed. Porta 1990, p ASF, NA 7873, 118r-119r: Schwarz, Theis 2004, pp Il riferimento è al fortunatissimo libro di Emmanuel Le Roy Ladurie, Montaillou, village occitain de 1294 à 1324, Paris Su Riccobaldo Ferrarese, che cita Giotto ad Assisi, Rimini e Padova, scrivendo circa il 1312, Hankey Villani ed. Porta 1990, p. 53. Per Padova, Romano 2008a, pp , e il saggio di Tomei in questo catalogo. 61 Mi permetto di rinviare a Fragmenta Picta Zeri Tutta la mia gratitudine a Riccardo Lattuada con cui abbiamo tentato, invano, di rintracciare il dipinto. 63 Suis cum digitis magno cum pretio pinxit : Savonarola, Libellus de Magnificis Ornamentis Regie Civitatis Padue, Savonarola ed. Segarizzi 1902, p. 44. Grimaldi 1603, c.121, e i saggi in questo catalogo. 20