Economia dei Sistemi Finanziari

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1 Economia dei Sistemi Finanziari Materiali per il Corso I 1 Rischi finanziari e assetti istituzionali 2 Evoluzione dei sistemi finanziari 3 Crisi finanziarie idiosincratiche e sistemiche 4 Crisi finanziarie idiosincratiche: analisi di alcuni casi Università di Siena Facoltà di Economia R.M. Goodwin A.A

2 I.1 Rischi finanziari e assetti istituzionali Dato che i contratti finanziari estendono i loro effetti nel futuro, un problema fondamentale della finanza è costituito dal permettere agli operatori di prendere decisioni informate circa il futuro Comune è affermare che il futuro è incerto, ossia che le informazioni sono incomplete. Per un singolo operatore ciò può significare che egli non ha accesso a informazioni che comunque esistono nel sistema. Si parla in questo caso di asimmetrie informative o di incertezza idiosincratica. Ma può anche significare che alcune informazioni circa il futuro non esistono; in questo caso si parla di incertezza sistemica. La precedente distinzione è importante perché nel primo caso si possono sviluppare istituzioni e contratti tesi a limitare le asimmetrie informative, o comunque i loro effetti negativi. Nel secondo caso si possono affinare tecniche di previsione basate sull esperienza passata; dato però che per sua natura il sistema economico produce continui cambiamenti, che, come quelli causati dal progresso tecnologico, sono sovente strutturali, il futuro è largamente non prevedibile. Qualsiasi contratto finanziario implica quindi l assunzione di rischi, ossia la possibilità che le decisioni correnti possano non essere convalidate dai risultati futuri. Incertezza sistemica e idiosincratica concorrono congiuntamente, seppur in misura diversa, a determinare e caratterizzare i rischi finanziari. La presenza di incertezza sistemica pone seri limiti ai metodi di misura dei rischi basati sull estrapolazione dei dati presi dal passato. Vediamo sinteticamente le principali tipologie di rischio. Rischio di credito Il rischio di credito si riferisce ad una potenziale perdita di valore di un attivo causato dall incapacità della controparte di onorare pienamente un contratto. Il caso classico è quello della possibilità che un debitore non assolva in parte o totalmente gli obblighi previsti dal contratto di debito (prestito), ossia il pagamento degli interessi e il rimborso del capitale. Il rischio di credito è però presente in molte altre tipologie di contratti. I Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 2

3 titoli obbligazionari comportano un rischio di credito in relazione a cambiamenti del merito di credito (probabilità di servire il debito) dell emittente. Il rischio di credito è presente quando si offrano garanzie, quindi anche in contratti derivati come i Credit Default Swaps. Sul rischio di credito influiscono fattori sia di natura sistemica (ad esempio la crescita economica in quanto si rifletta sul merito di credito dello specifico debitore), sia di natura idiosincratica (ad esempio relativi alla qualità della gestione dell impresa debitrice). Il rischio di credito può essere scomposto in due fattori principali. La probabilità di default e la percentuale di non ripagamento in caso di default. Come gli studenti hanno visto in altri Corsi, la valutazione del rischio di credito è complessa. In questa sede ci limitiamo a ricordare, per questa come per le altre tipologie di rischio, la differenza esistente tra una piena misura teorica e misurazioni empiriche. Trattandosi di contratti i cui effetti si traslano nel futuro, essi sono soggetti all incertezza sistemica ed idiosincratica per cui non esiste quell insieme completo di informazioni che sarebbe necessario per il calcolo oggettivo dei fattori del rischio di credito. Informazioni più esaurienti sono invece disponibili per il passato. Da qui lo sviluppo di metodi statistici di stima di quei fattori. Al di là dei limiti intrinseci delle varie metodologie statistiche e dei dati quantitativi disponibili, si tratta di stime operate su un esperienza passata che può differire, anche sostanzialmente, dalla dinamica futura. Più il sistema produce cambiamenti, quantitativi e qualitativi, rispetto al passato, meno queste misure empiriche sono di guida sicura per il futuro. Ciò non elimina la necessità di ricorrere a quelle stime; occorre però che gli operatori siano consapevoli dei loro limiti. Rischio di controparte Tradizionalmente il rischio di controparte è riferito a operazioni di trading nella quali è caratteristico uno sfasamento temporale negli adempimenti delle due parti. Una delle due parti può risultare inadempiente al momento dell esecuzione del contratto. Riportiamo la definizione data dalla Banca d Italia, che tiene conto di esposizioni assunte mediante strumenti derivati. Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 3

4 Il rischio di controparte è il rischio che la controparte di una transazione avente a oggetto determinati strumenti finanziari risulti inadempiente prima del regolamento della transazione stessa. Il rischio di controparte grava su alcune tipologie di transazioni, specificamente individuate, le quali presentano le seguenti caratteristiche: 1) generano una esposizione pari al loro fair value positivo; 2) hanno un valore di mercato che evolve nel tempo in funzione delle variabili di mercato sottostanti; 3) generano uno scambio di pagamenti oppure lo scambio di strumenti finanziari o merci contro pagamenti. Si tratta di una particolare fattispecie del rischio di credito, che genera una perdita se le transazioni poste in essere con una determinata controparte hanno un valore positivo al momento dell insolvenza. A differenza del rischio di credito generato da un finanziamento, dove la probabilità di perdita è unilaterale, in quanto essa è in capo alla sola banca erogante, il rischio di controparte crea, di regola, un rischio di perdita di tipo bilaterale. Infatti, il valore di mercato della transazione può essere positivo o negativo per entrambe le controparti. Per i contraenti il rischio di controparte può venire ridotto in presenza di una organizzazione (in genere un mercato o una clearing house) con buon merito di credito che agisca come intermediario e che a fronte di un limitato compenso assuma in proprio quel rischio. Ovviamente nell aggregato il rischio non scompare, viene solo traslato ad un diverso soggetto. Rischio operativo È un rischio presente in qualsiasi impresa, legato alla variabilità dei suoi risultati. In campo finanziario (intendendo con ciò anche la gestione finanziaria di imprese non finanziarie) esso assume però caratteri specifici. In primo luogo, come meglio vedremo parlando delle crisi finanziarie, la volatilità dei mercati finanziari può divenire estrema in alcuni periodi, sottoponendo ad enormi stress i conti di molti intermediari. In secondo luogo, a differenza dell operatività tipica dell attività di produzione, quella finanziaria può velocemente spostare ingenti capitali tra usi diversi perché non soggetta a elevati costi di uscita (sunk costs), ovvero perché gode di costi di transazione assai limitati. Se ciò permette pronti e poco costosi aggiustamenti di portafoglio, permette anche cambiamenti repentini del profilo di rischio non sempre ben valutati o in alcuni casi non voluti. Una fattispecie di questi ultimi è il rischio di frode (vedi il recente caso del trader di UBS). Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 4

5 Rischio di mercato Il rischio di mercato deriva dal detenere attivi il cui prezzo è determinato nei mercati nei quali sono scambiati. A seconda del tipo di attivo, si parla di: rischio d interesse, per titoli obbligazionari il cui valore è inversamente relazionato ai tassi d interesse di mercato; rischio azionario, per le azioni il cui valore fluttua in relazione a fattori macro e microeconomici; rischio di cambio, quando si ha una posizione (attiva e/o debitoria) in valuta estera. Rischio di liquidità La liquidità assume connotazioni complesse, derivanti dalle specifiche caratteristiche degli strumenti finanziari, da quelle dei mercati nei quali sono scambiati e da come le diverse attività e passività finanziarie strutturano l operatività degli intermediari. Sgombriamo il campo da possibili fraintendimenti. L abbandono di un attivo liquido per eccellenza, la moneta legale, a favore di una qualsiasi attività finanziaria è ovviamente fonte di tutti i rischi finanziari. Per rischio di liquidità non si intende il complesso di rischi derivanti dall abbandono della liquidità. Si intende, più limitatamente, il rischio derivante da assumere una posizione più o meno liquida, come definita di seguito, indipendentemente dagli altri tipi di rischio che possono essere associati. Iniziamo con una definizione riferita ad uno strumento: il grado di liquidità di un attivo finanziario equivale alla probabilità di convertirlo in un certo ammontare di valore (contante) entro un determinato periodo di tempo. Le dimensioni della liquidità sono quindi: valore, tempo e probabilità. Confrontiamo ad esempio un deposito bancario a vista con un titolo obbligazionario scambiato in un mercato secondario, non considerando gli altri tipi di rischio che possono essere associati ai due strumenti. Il deposito bancario è prontamente liquidabile o trasferibile a valore certo, cioè al suo valore nominale; con costi di transazione trascurabili, il valore netto di realizzo equivale sostanzialmente al valore nominale. Da qui la denominazione dei depositi bancari come quasi moneta. Un titolo Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 5

6 non è utilizzabile negli scambi al dettaglio, è liquidabile nel mercato secondario con costi di transazione significativi e ad un valore di realizzo incerto. Come vedremo tra breve, i prezzi nei mercati secondari possono muoversi indipendentemente dal variare degli altri tipi di rischio. La dimensione temporale è ora importante: data la variabilità del prezzo nel mercato secondario, la probabilità di ottenere il valore massimo, o quello desiderato, aumenta col tempo disponibile per la sua liquidazione. Mentre il deposito bancario è quasi perfettamente liquido, il grado di liquidità del titolo è inferiore e dipende dai costi di transazione e dalla variabilità del suo prezzo nel mercato secondario. Altro esempio: i prestiti bancari non hanno mercati secondari (non consideriamo qui i processi di cartolarizzazione), per cui il grado di liquidità di un prestito si relaziona alla sua durata. Quindi il grado di liquidità dipende da un lato dalle caratteristiche specifiche degli strumenti finanziari e dall altro lato dall esistenza e dalle caratteristiche di mercati secondari. L esistenza di mercati secondari organizzati permette di ridurre i costi di transazione, i tempi di liquidazione e di rendere meno casuale la fissazione del prezzo. Non sempre esistono mercati secondari organizzati e non tutti permettono scambi fluidi. Se consideriamo un immobile, sappiamo che il suo costo di transazione, specie la provvigione per l agenzia immobiliare, incide significativamente sul valore netto e che il prezzo dipende fortemente dal tempo di attesa, che può raggiungere molti mesi. Il mercato immobiliare è quindi scarsamente liquido, in gran parte a causa dell eterogeneità dei beni scambiati. La standardizzazione di attivi reali e finanziari è, infatti, un requisito indispensabile per l esistenza di mercati secondari liquidi. Strumenti finanziari non standardizzati sono i cosiddetti strumenti over the counter (OTC); essi hanno il vantaggio di poter essere configurati con le caratteristiche specifiche richieste dalla controparte, ma proprio per questo non hanno mercati secondari e sono sostanzialmente illiquidi. Veniamo quindi alle caratteristiche specifiche che conferiscono liquidità ai mercati. Questa è definita come la possibilità di operare transazioni rapidamente, con bassi costi e con impatto nullo sul prezzo. Quindi un importante connotato della certezza del valore nei mercati secondari è che l operazione di acquisto o di vendita non deve influenzare il prezzo dell attività. La liquidità dei mercati ha quattro dimensioni. Il grado Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 6

7 di tensione (tightness), misurato dalla differenza tra prezzo di acquisto e di vendita (bid-ask spread); minore è lo spread, maggiore è la liquidità. Lo spessore (depth), ovvero l ammontare delle transazioni che possono essere assorbite senza influenzare il prezzo. L immediatezza (immediacy), ovvero la velocità di esecuzione degli ordini. La resilienza (resiliency), ovvero quanto prontamente i prezzi tornano al livello antecedente al verificarsi di uno squilibrio negli ordini. Ovviamente, l andamento e la volatilità dei prezzi nei mercati secondari dipendono non solo dalle caratteristiche appena viste, ma anche dal flusso di informazioni capaci di indurre la maggior parte degli operatori a rivedere la valutazione attuale dei titoli. Si può trattare di informazioni specifiche sulla qualità dell emittente e/o di informazioni su andamenti macroeconomici capaci di influenzarne redditività e solvibilità. Questo flusso complesso di informazioni può quindi influenzare sia il prezzo di un attivo rispetto agli altri, sia il livello generale di una o più tipologie di strumenti. Il flusso di informazioni capaci di mutare prontamente aspettative e valutazioni è ormai ingente e continuo, e la sensibilità dei prezzi si è accentuata per l accresciuta gestione attiva dei patrimoni. Da qui la distinzione tra il rischio di mercato (market risk) che, come si è visto, è relativo ai rischi d interesse, azionario e di cambio; il rischio di credito, che varia al variare del merito di credito dell emittente; e il rischio di liquidità del mercato (market liquidity risk) relativo alle caratteristiche di liquidità dello strumento e del suo mercato secondario. Una tipologia specifica di rischio di liquidità si ha includendo strumenti e mercati nelle problematiche di gestione di operatori e intermediari finanziari. Ma non di tutti. Chi acquisisce strumenti di mercato per mezzo di capitale, proprio o altrui, assoggetta quel capitale al rischio di mercato e di credito. È questo, ad esempio, il caso di un fondo comune d investimento, il valore delle cui quote è proporzionale al valore dell attivo; in caso di liquidazione di una quota essa è soggetta al complesso dei rischi prima esaminati. Diverso è il caso per chi acquisisce attivi ricorrendo anche all indebitamento; costoro sono soggetti ad un ulteriore rischio di liquidità, il rischio di liquidità sull indebitamento (funding liquidity risk), derivante dalla possibilità che il creditore non rinnovi il finanziamento alla scadenza, o non alle condizioni precedenti o comunque Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 7

8 non a quelle previste dal debitore. Un maggior costo di rifinanziamento può incidere fortemente sull equilibrio finanziario dell intermediario; l impossibilità di rifinanziare il debito in scadenza lo rende insolvente. Questo rischio è particolarmente severo quando il passivo è di breve termine, in quanto necessita frequenti rinnovi, a fronte di attivi con scadenza di medio-lungo termine. È questo il caso tipico in cui si trova una banca dato il suo passivo a vista e a breve termine a fronte di un attivo formato da titoli, ma ancor più da prestiti privi di mercato secondario e con scadenza più prolungata (trasformazione delle scadenze). Anche operatori non bancari, come gli hedge fund con leva, sono soggetti a questi rischi, specie quando la loro strategia d investimento è di lungo termine. Funding liquidity risk e market risk possono interagire, dando luogo a processi cumulativi che possono condurre a situazioni di insolvenza e di crisi generalizzate. Ad esempio, se una banca fa fronte ad un eventuale ritiro dei depositi liquidando parte dell attivo detenuto in strumenti di mercato, il valore di realizzo di quegli attivi può comportare perdite significative, tanto più se il mercato non è liquido e la vendita incide negativamente sui prezzi. La realizzazione di perdite può indurre un ulteriore ritiro dei depositi, e così via. In quest ottica il grado di capitalizzazione di una banca, quindi il suo leverage, e il grado di liquidità dell attivo e del passivo sono indicatori della forza con la quale essa può affrontare una illiquidità di tipo funding. Minore è la leva, minore in termini relativi l effetto sull attivo e minore l effetto sul conto economico di un eventuale aumento del costo di rifinanziamento. Maggiore è il grado di liquidità dell attivo, minori saranno le perdite derivanti dalla liquidazione. Minore il grado di liquidità del passivo, più diluito nel tempo, e quindi più facilmente gestibile, il suo rifinanziamento. Lo shock iniziale può partire dall attivo bancario, nella forma di una caduta del valore dei titoli o di un aumento dei crediti inesigibili. In quanto ciò peggiori il merito di credito della banca, un aumento del costo di rifinanziamento o, al limite, l impossibilità di rifinanziare il debito in scadenza, danno luogo al processo cumulativo dianzi descritto. Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 8

9 Attivi liquidi e capitalizzazione costituiscono di fatto ammortizzatori rispetto all operatività centrale di una banca, che dovrebbe essere quella tradizionale di erogare prestiti all economia. Se problemi di funding sono risolti con la liquidazione di parte degli attivi liquidi ed eventuali perdite sono assorbite dal capitale, la banca può non trasmettere lo shock del passivo all attività di finanziamento dell economia. In altri termini, la banca starebbe operando con una leva variabile, almeno nel breve-medio periodo. Più in generale, l interazione tra funding liquidity risk e market risk è più rilevante quando la leva è sostanzialmente fissa. Vediamo due esempi relativi all attività di trading. Il primo esempio è relativo a uno speculatore in titoli (trader) che opera sul mercato tramite un broker. Lo speculatore deposita presso il broker una somma (margine) il cui ammontare è legato non al valore dell investimento, ma alla variabilità del mercato in cui opera. In altri termini, il broker si cautela da eventuali perdite del cliente obbligandolo a depositare un margine commisurato alle perdite potenziali. Nella tavola 1 la situazione iniziale vede un margine percentuale del 10% che permette allo speculatore di acquisire un attivo pari a 100 versando un margine di 10, quindi con un moltiplicatore pari a 10. Siamo in presenza di un diverso tipo di leva rispetto a quella finanziaria; essendo relativa al tipo di operatività dello strumento è denominata instrument leverage. Se si verifica una perdita di valore dell attivo pari al 5% essa intacca il capitale versato, cioè il margine, che costituisce ora solo il 5,3% del nuovo valore dell attivo, con un moltiplicatore pari a 19. A questo punto il broker effettua un margin call, ossia chiede al cliente di ricostituire il margine o di liquidare parte dell attivo per tornare alla percentuale iniziale. La tavola 1 mostra il caso di un cliente che sceglie di liquidare parte dell attivo, per cui con un margine di 5 dovrà liquidare attività per 45 unità. La tavola 2 mostra invece il caso in cui lo speculatore vuole mantenere la posizione al nuovo valore di 95, per cui dovrà versare 4,5 di nuovo capitale sul suo conto presso il broker per riportare il margine al 10%. Se il broker interpreta la perdita da cui siamo partiti come un aumento della volatilità del mercato, chiederà una più elevata Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 9

10 percentuale del margine, poniamo del 20%. Nel caso della tavola 1 ciò significa liquidare ulteriore attivo per un ammontare pari a 25, portando così a 70 la smobilizzazione dell attivo che si è resa necessaria a seguito di una iniziale perdita di 5. Nel caso della tavola 2 ciò significa una nuova iniezione di capitale, portando a 14 quanto è necessario reintegrare a fronte di una perdita iniziale di 5. Tavola 1 Margine e smobilizzazione (unwinding) dell attivo Margine iniziale Perdita di valore Nuovo margine 10% 5% 20% Valore dell attivo (1) Margine (2) Margine % (3) Instrument leverage (4 = 1/2) Inizio 100,0 10,0 10,0 10,0 Dopo la perdita di valore 95,0 5,0 5,3 19,0 Dopo il margin call 50,0 5,0 10,0 10,0 Dopo l aumento del margine 25,0 (-70) 5,0 20,0 5,0 Tabella 2 - Ricostituzione del margine Margine iniziale Perdita di valore Nuovo margine 10% 5% 20% Valore dell attivo (1) Margine (2) Margine % (3) Instrument leverage (4 = 1/2) Inizio 100,0 10,0 10,0 10,0 Dopo la perdita di valore 95,0 5,0 5,3 19,0 Dopo il margin call 95,0 9,5 10,0 10,0 Dopo l aumento del margine 95,0 19,0 (+14) 20,0 5,0 In entrambi i casi la variazione iniziale del prezzo di mercato induce variazioni amplificate a causa del moltiplicatore con il quale opera lo speculatore. Il primo caso (quello della tavola 1) può condurre all interazione tra market e funding liquidity risk, quando l impossibilità di rifinanziare il margine o un costo eccessivo di quel rifinanziamento conducano a smobilizzare una quota consistente dell attivo. Quando ciò interessa molti, o pochi ma grandi, operatori si produce un ulteriore riduzione del prezzo di realizzo (si riduce la liquidità dei mercati), comportando così nuove perdite, e così via. Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 10

11 Il secondo esempio è relativo a un intermediario che acquisisce titoli usando la leva finanziaria e dando i titoli stessi in garanzia del prestito. La tavola 3 mostra il caso di una posizione iniziale costituita acquisendo 100 unità di un titolo dal valore unitario di 10. I titoli dati in garanzia hanno permesso una leva pari a 10 in quanto il finanziatore ha applicato un haircut del 10% sul loro valore di mercato per cautelarsi da eventuali perdite nella copertura del prestito. Come è per il margine nell esempio precedente, l haircut è commisurato alla stima della volatilità dei titoli in questione. Come è noto, la logica di operare con leva finanziaria è quella di massimizzare la redditività del capitale quando ci si attende che il rendimento derivabile dall operatività supererà il tasso di interesse sui prestiti. Vediamo cosa avviene se il prezzo dei titoli aumenta del 5%. Il nuovo valore dell attivo (1050) riduce la leva finanziaria da 10 a 7 e comporta un 50% di aumento del valore del capitale. Dato che conviene mantenersi alla massima leva permessa, l intermediario chiede un supplemento di prestiti di 450 con i quali acquisire ulteriori 42,9 unità di titoli (per semplicità l esempio comprende una sola categoria di titoli) e riportare a 10 la leva. Poniamo ora che il prezzo di mercato dei titoli torni al valore iniziale di 10. Il nuovo valore dell attivo comporta una perdita di 71 (quasi dimezzando il capitale), una leva di 18 e un haircut ridotto al 5,5%. A questo punto i meccanismi di risposta sono analoghi a quelli dell esempio precedente. Si può adeguare l attivo al nuovo valore del capitale o ricapitalizzare la posizione per tornare al valore iniziale dell attivo. Eventuali adeguamenti della percentuale di haircut alla volatilità produrrebbero, come nel caso dei margini, ulteriori amplificazioni nell adeguamento dell attivo o nella ricapitalizzazione. Tavola 3 Intermediario con prestiti garantiti dall attivo Attivo Passivo Valore unitario Valore totale di mercato attivo Haircut Prestiti Capitale 10 10X100= % ,5 10,5X100= % ,5 10,5X142,9= % = X142,9=1429 5,5% Alternative Adeguamento dell attivo Leva finanziaria 10X79=790 10% = Ricapitalizzazione 10X100= % = Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 11

12 L esempio della tavola 3 mostra anche l asimmetria nei risultati quando la ricerca del miglior risultato conduce a tenere la leva al valore massimo permesso. Mantenendo la leva a 10 dopo l aumento di prezzo si produce una secca perdita di capitale quando il prezzo torna al valore iniziale. Entrambi gli esempi mostrano cosa succede quando si ha una proporzionalità rigida tra capitalizzazione e attivo valutato ai prezzi di mercato. Essa impone pronti aggiustamenti che si riflettono necessariamente in perdite, smobilizzazioni dell attivo e/o ricapitalizzazioni. Si può da questi esempi valutare quanto sia cruciale anche la dimensione temporale. Una maggiore flessibilità negli aggiustamenti significa poter guadagnare tempo sia nella ricerca di nuovi fondi, sia nell attesa che i prezzi possano tornare su livelli più favorevoli. Rischio di cambio Al di là della residenza della controparte, posizioni caratterizzate da attivi e passivi denominati in valute diverse implicano l assunzione di un rischio di cambio. Vediamo alcuni esempi. Parte del debito di uno Stato è denominato in valuta estera, mentre le sue entrate (imposte) sono in valuta nazionale. Le entrate necessarie per servire la parte del debito denominata in valuta estera dipendono quindi anche dal tasso di cambio. Se la valuta nazionale si apprezza rispetto a quella in cui è denominato il debito, diminuisce l ammontare di valuta nazionale necessario per servire il debito estero; e viceversa. Si noti che il debito nazionale denominato in valuta estera può essere detenuto da residenti, che quindi assumono un rischio speculare a quello dello Stato. Se una famiglia accende un mutuo denominato in valuta estera il ragionamento è analogo al precedente. Se una famiglia acquista titoli pubblici denominati in valuta estera il rischio di cambio ricade sulla famiglia e non sullo Stato emittente. Una banca finanzia parte del suo attivo denominato in valuta locale acquisendo depositi in valuta estera. Si ha una posizione non bilanciata in valuta, per cui se la Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 12

13 valuta nazionale si deprezza si ha un aumento in valuta nazionale sia del debito, sia del costo del passivo. Una banca bilancia passivo e attivo in valuta estera prestando in questa valuta a residenti. Il rischio di cambio ricade sui debitori se questi hanno posizioni non coperte in valuta (ad esempio perché hanno redditi in valuta nazionale). Trasferendo il rischio di cambio ai debitori la banca aumenta però il suo rischio di credito nei loro confronti. Nel decidere se investire in titoli denominati in valuta estera occorre considerare due grandezze: la differenza di rendimento di titoli di pari rischiosità in due diverse valute e l andamento del tasso di cambio tra le stesse. Se ci si attende che il tasso di cambio resterà immutato fino alla scadenza del contratto, in mercati valutari perfetti i tassi d interesse nazionale ed estero a parità di rischiosità devono essere uguali. Se ci si attende che la valuta nazionale si apprezzerà, il rendimento in valuta estera deve superare quello in valuta nazionale di un ammontare tale da azzerare la perdita dovuta al nuovo tasso di cambio. E viceversa. Si parla quindi di parità coperta dei tassi d interesse quando: F (1) ( 1 ii ) (1 ie ) S dove i I è il tasso d interesse nella valuta nazionale, i E è il tasso d interesse in valuta estera, F è il tasso di cambio nel mercato forward e S il tasso di cambio a pronti (dove il tasso di cambio è qui definito come la quantità di valuta nazionale necessaria per acquisire una unità di valuta estera). Si parla di parità coperta in quanto in quelle condizioni è indifferente la valuta in cui investire in quanto il rischio di cambio è azzerato da un contratto di cambio forward. Se i valori effettivi dei tassi d interesse e dei cambi a pronti e a termine non conducono a quella uguaglianza c è spazio per operazioni di arbitraggio a rischio nullo. Se, ad esempio, il segno della precedente equazione fosse di maggiore, si avrebbe un profitto certo indebitandosi in valuta estera al tasso i E, cambiarla in valuta nazionale al tasso S, Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 13

14 investirla in titoli nazionali al tasso i I, entrando nel contempo in un contratto di cambio forward al tasso F. Se non si entra in un contratto di cambio forward, il rischio di cambio non è coperto e si assume una posizione speculativa. Un esempio di operazioni di questo tipo è il carry trade. Si tratta di un arbitraggio basato sul prendere a prestito in aree caratterizzate da bassi tassi d interesse e impiegare quei fondi in aree con rendimenti più elevati. Classico è stato il carry trade tra i bassi tassi d interesse del Giappone e i più elevati rendimenti ottenibili in altre aree (anche restando su titoli sicuri come i Treasury Bonds USA). La scommessa insita in queste operazioni riguarda l andamento dei tassi di cambio; il differenziale nominale di rendimento (es. 4% derivante da 1% in Giappone e 5% in USA, non considerando i costi di transazione) deve coprire eventuali variazioni del tasso di cambio a favore dello yen durante il periodo di investimento. Questo tipo di arbitraggio non conduce in genere ad eliminare il vantaggio comparato di investire in valuta estera in quanto il flusso di capitali in uscita tende ad indebolire il cambio della valuta nazionale. Ad esempio, se la vendita di yen per operazioni di carry trade compensa il forte avanzo in dollari delle partite correnti della BdP giapponese, lo Yen non si rivaluta e l arbitraggio, finché perdura questa condizione, risulta vincente. Come mostra l esempio riportato di seguito, eventi che incidano sul tasso di cambio in direzione sfavorevole portano a smontare le operazioni di carry trade e a produrre perdite per le posizioni esistenti. Da: IMF, International Capital Markets Report, 1998, p. 44 Box 2.9. The Asian Carry Trade International commercial and investment banks were heavily involved in dollar and yen carry trades in Asia. Dollar carry trades became popular beginning in 1992 and yen trades following the yen s peak against the dollar in Apri One technique was to borrow on the interbank market in dollars and yen, to convert the proceeds into local currency, and to on-lend on the local currency short-term interbank market. At the end of the loan period, principal and interest were converted back into dollars or yen. An alternative was for banks and other institutional investors to borrow in the dollar or yen short-term debt market (through, for example, a treasury term repo agreement), to convert the proceeds into local currency, and to hold a time deposit. A final technique was to utilize the money markets. International investors issued money market Materiale per il corso di Economia dei sistemi finanziari Parte I 14

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