Sistema monetario e aziende di credito. Parte prima: l economia reale e la moneta. Parte seconda: la moneta.

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1 Sistema monetario e aziende di credito Istruzioni per l uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarle e rendere così più scorrevole il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le parti scritte in carattere verde; tutto il resto, qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi possibilmente imparato. Parte prima: l economia reale e la moneta. 0) Premessa pag. 2 1) Capitale e moneta pag. 3 2) Il valore dei beni (e il colore dei camaleonti) pag. 4 3) Risparmio, investimento, funzione imprenditoriale e sviluppo pag. 9 4) Moneta, credito e mercato finanziario pag. 14 5) La natura reale del tasso d interesse: il prezzo del tempo pag. 15 6) I rischi di un prezzo del tempo sbagliato Parte seconda: la moneta. 7) Storia della moneta pag ) Inevitabilità degli scambi pag ) La nascita della moneta. pag ) Dall oro alla carta pag. 23 Parte terza: gli strumenti monetari e la Banca Centrale. 8) La moneta oggi pag ) Chi produce la moneta, come è prodotta e come funziona pag a) Come è prodotta e come funziona la moneta legale pag b) Come è prodotta e come funziona la moneta bancaria pag. 28 Il conto corrente bancario pag. 28 Il moltiplicatore monetario pag Sulla solvibilità pag Riepilogando un po pag. 38 9) Gli strumenti monetari collegati al conto corrente bancario pag ) L assegno bancario pag a) Nascita di un assegno bancario pag b) Vita e morte di un assegno bancario pag c) Effetti del mancato pagamento di un assegno bancario pag ) Altri strumenti collegati al conto corrente pag a) Il RID (Rapporto Interbancario Diretto) pag b) Il MAV (Pagamento Mediante Avviso) pag c) Carte di credito, carte di debito e prepagate pag d) L internet banking e i conti on line pag ) Le commissioni (o spese tenuta conto) pag. 48 Parte quarta: gli strumenti creditizi 10) Gli strumenti di raccolta pag ) Cose comuni a tutti gli strumenti di raccolta pag ) Il libretto di risparmio pag ) Il certificato di deposito e il buono fruttifero pag ) Le obbligazioni pag ) I pronti contro termine pag ) Gli strumenti di impiego pag ) Cosa è il fido bancario pag a,b,c,d) L istruttoria fido, le garanzie ecc. 11.1) L apertura di credito in conto corrente pag ) L anticipo s.b.f. di Ri.Ba. e altri effetti pag ) l anticipo su fatture pag ) L anticipazione bancaria pag ) Il mutuo pag ) Il factoring pag ) Il leasing pag. 68 1

2 0) Premessa Per ovvie ragioni legate all esame di stato, in quinta diversamene dagli anni scorsi dovrò attenermi con maggior rigore al programma ministeriale; nel caso non vi fosse noto, sappiate che per la moritura Erica il genio ministeriale ha previsto che si studino le aziende e i settori: a) del credito; b) assicurativo; c) turistico; d) dei trasporti. Considerando poi che: i. di questi quattro settori so a sufficienza solo dei primi due e, invece, quasi nulla di c) e d) ; ii. le problematiche e le tecniche operative delle aziende di trasporto (punto d)) sono decisamente particolari e conosciute solo a chi in queste aziende lavora; iii. la mancata conoscenza di tali problematiche e tecniche non pregiudica l efficienza nelle altre aziende (cioè quelle non del settore trasporti), e ciò in quanto per gestire i trasporti le imprese si affidano serenamente a chi di tale settore si occupa professionalmente (spedizionieri, vettori e corrieri in primis); iv. i dipendenti amministrativi (nel senso di diversi dagli autisti, meccanici, operai ecc.) delle aziende di trasporto sono meno del 2% dei lavoratori totali (e quindi è probabile che nemmeno 1 su 50 di voi si occuperà mai di tali problematiche); v. cose analoghe a quanto scritto nei tre precedenti punti (ii. iii. e iv.) valgono anche per il turismo (ben difficilmente un azienda che non sia del settore sente la necessità di avere al suo interno un dipendente professionalmente caratterizzato da un elevata conoscenza delle problematiche e delle tecniche operative degli alberghi, delle agenzie di viaggio, dei tour operator ecc., per cui tenendo anche conto che la provincia di Reggio non ha certo spiccate attitudini turistiche con ogni probabilità è solo come consumatori e non come operatori di servizi turistici che sarete mai interessati al punto c), tutto ciò considerando, non ho alcuna intenzione di trattare il punto d) e se svolgerò il c) lo farò in modo decisamente generico. A chi fosse però interessato agli argomenti trasporti e turismo sono comunque pronto a suggerire e eventualmente mettere a disposizione varie avvincenti letture. Il tempo risparmiato nei trasporti e nel turismo ho intenzione di sfruttarlo in tre modi, non necessariamente tra loro disgiunti: i. ripassando alcuni argomenti degli anni scorsi; ii. approfondendo la vostra conoscenza delle basi di ragioneria fin qui acquisite (e in particolare lo faremo imparando a leggere e ad analizzare i bilanci aziendali); iii. seguendo e cercando di comprendere i fatti economici che la cronaca ci offrirà durante l anno (e qui ci vorrà, da parte vostra, uno sforzo particolare per raccogliere un minimo di informazioni e poi fingere interesse per l attualità). Questo primo blocco di appunti, relativo al settore del credito, è suddiviso in quattro parti: la prima tratta concetti economici generali (valore, produzione, capitale, risparmio, sviluppo, funzione dell imprenditore, nei paragrafi 1 3) e di moneta e interesse (paragrafi 4 6); nella seconda parte (paragrafo 7) si ricostruisce la storia della moneta, la cui conoscenza è indispensabile per capire l attualità; la terza parte (paragrafi 8 9 ) si segnalano le funzioni della Banca Centrale e il funzionamento dei moderni strumenti monetari; nella quarta e ultima parte (paragrafi 10 e 11) ci si occuperà della funzione creditizia delle banche analizzando i principali strumenti di raccolta e di impiego delle aziende di credito (cioè le banche). Qua e là, in tutte le quattro parti, riprendo alcune cose già viste in terza o in quarta, per cui se di tanto in tanto avrete l impressione di un déjà vu significa che almeno qualcosa, della mia materia, in passato, avete fatto. 2

3 1) Capitale e moneta (o: economia reale e finanza) Nella prima pagina che vi diedi quando ancora eravate poco più che bambini (a parte il quasi mio coetaneo Walter) si leggeva: a) Il poeta per poetare ha bisogno di mangiare, ed in più di carta e penna ne fa uso esagerato. (Produce poesia e consuma cibo, carta e inchiostro). Qualsiasi attività umana, anche la più nobile ed elevata, si concretizza inevitabilmente in attività di produzione e di consumo. Senza sufficiente cibo, senza carta e senza inchiostro, Dante e Shakespeare non avrebbero prodotto le loro opere, lasciando di sé solo le loro ossa. Poetessa satolla e con carta e penna Ciò che, senza cibo, carta e penna, resterebbe del Poeta. b) I soldi non si mangiano; i soldi non riparano dal freddo; i soldi non tolgono il mal di denti (né per via orale, né per via rettale); i soldi non profumano le ascelle; i soldi non riparano i rubinetti ecc. ecc. Gli spaghetti si mangiano; un piumino ci tiene al caldo; un analgesico lenisce (= attenua) il mal di denti; un deodorante ascellare agevola la socializzazione; il servizio dell idraulico ripara il rubinetto ecc. ecc. Non sono i soldi a soddisfare le esigenze umane, bensì i beni. I soldi servono per facilitare gli scambi, e quindi a rendere più efficiente l attività di produzione e di consumo perché senza scambi ognuno dovrebbe prodursi da sé gli spaghetti, i piumini, i farmaci, i deodoranti e la riparazione del rubinetto; i soldi rendono perciò più fluida, più efficiente l attività umana, ma in sé servono a niente. L inutilità dei soldi L utilità dei beni c) I beni (gli spaghetti, i piumini, i farmaci, i deodoranti, i servizi di riparazione ecc.) non esistono in natura, e per ottenerli l uomo la deve modificare. La natura è mamma buona solo di quegli stronzetti dei puffi, ma è matrigna carogna di noi umani: la lasciassimo fare moriremmo tutti presto di fame e malattie varie. I beni, non esistendo in natura, li dobbiamo produrre noi umani modificando l ambiente. La Natura nella fantasia La Natura nella realtà d) Per produrre i beni servono il lavoro dell uomo e altri beni, non i soldi: i soldi non avvitano i bulloni, non piegano le lamiere, non cementano i mattoni, non fanno andare i motori ecc. I soldi non producono i beni A produrre i beni sono il lavoro umano e il capitale, cioè altri beni come chiavi inglesi, presse, edifici, robot, computer, cemento, materie prime ecc. Il lavoro e il capitale producono i beni 3

4 In quella pagina c era già, esposta in modo elementare, la distinzione fra finanza ed economia reale. Ora che siete quasi adulti posso proporvi lo stesso concetto in modo un po più rigoroso; tento di farlo cominciando col ribadire che il capitale, come già segnalavo al punto d) di quell antica pagina, è cosa diversa dal denaro (o moneta, ché io do ai due termini lo stesso significato). Dando per scontato che abbiate ben chiaro il concetto di bene (qualsiasi cosa in grado di dare soddisfazione direttamente, se bene di consumo, o indirettamente, se bene di produzione e disponibile in modo limitato, cioè il cui ottenimento comporta un sacrificio a qualcuno), ora interiorizzate che per capitale si deve intendere qualsiasi bene prodotto dall uomo e non destinato a essere immediatamente consumato in quanto finalizzato a produrre altri beni. E però innegabile che il termine capitale lo si usi, nel parlato quotidiano ma pure fra chi per attività professionale non è del tutto ignorante in economia, anche per indicare una somma di denaro, ma quando lo si fa deve essere ben chiaro che si sott intende l aggettivo monetario o finanziario. Così come un avvocato sarebbe da radiare dall albo se desse al termine foro competente invece che il significato di tribunale a cui rivolgersi per dirimere una controversia quello di buco con particolari capacità e conoscenze, voi sareste da bocciare se non utilizzaste correttamente le due accezioni del termine capitale. Perché su una cosa dovete non avere dubbi: il capitale è tutt altra cosa rispetto al capitale finanziario o, se volete, il capitale finanziario non è capitale (reale). Capitale è un ponte, una strada, un camion, un chiodo, un aeroporto, una chiave inglese, un autobus, una zappa, un laboratorio per analisi, un trapano da dentista, una nave, un acquedotto, il tuo banco di scuola, il trattore New Holland T8 360, la scorta di sisso (concime biologico) di un azienda agricola reggiana, i chicchi di grano destinati alla semina, le conoscenze e le capacità lavorative (il cosiddetto capitale umano, la risorsa frutto dell educazione, della cultura e, a volte, della scuola di gran lunga più importante per lo sviluppo economico), la cantina dei vini di un ristorante e il cacao in scorta in una pasticceria, l arredo di un negozio e la sedia di un lustrascarpe, la rete di antenne per la telefonia mobile e i tamburi degli indiani americani, la recinzione di un ovile e il boomerang dell aborigeno australiano, un peschereccio da tonnellate e una canna da pesca ecc. ecc. Il capitale, diceva Luigi Einaudi, nasce e muore, eventi che nel gergo degli economisti sono detti, rispettivamente, investimento e ammortamento del capitale; bastano pochi anni, durante i quali l agricoltore pensi soltanto a cogliere i frutti della vigna ( ) perché la vigna sia invasa dalla gramigna e le viti uccise dalle crittogame ( ); non rinnovata e non sostituita da macchine più perfezionate, la macchina esistente diviene in breve volger d anni ferraccio. (Luigi Einaudi, Lezioni di politica sociale, Torino 1950). Ogni investimento di capitali comporta un sacrificio presente in vista di un beneficio futuro, e questo sacrificio si chiama risparmio. Solo non destinando tutta la capacità produttiva alla creazione di beni di consumo posso creare beni capitali (cioè beni atti a produrre altri beni e non a produrre immediata soddisfazione); sempre Einaudi scrive: affinché un investimento si faccia è necessario che vi sia stato prima qualcuno che abbia risparmiato, ossia che abbia preferito rinunciare a consumi presenti a favore di consumi futuri; ed abbia consentito quindi a se stesso o ad altri di consacrare tempo e costi per fabbricare beni strumentali invece di beni di consumo. Ecco cosa è il risparmio: reddito non consumato, capacità produttiva che poteva essere impiegata per ottenere beni di consumo, e invece è stata risparmiata, lasciata libera per creare beni di investimento. Gli economisti intendono il risparmio così, e non tanto in senso finanziario. L oro, la moneta, il credito non servono per investire se dietro a essi non c è capacità produttiva risparmiata. Citando ancora Einaudi, la moneta non s investe da sé, occorre che sia scambiata con impianti, macchine, scorte ecc. che sono le vere cose investite. ( ) non basta fabbricare mezzi di pagamento, emettere nuovi biglietti di banca o di stato, decidere più ampie aperture di credito e simili. I biglietti e le aperture di credito per sé non servono ad investimenti. Coi pezzi di carta non si prosciugano paludi, non si erigono fabbriche, non si fanno nascere spighe. I biglietti nuovi e le cresciute aperture di credito possono servire, a chi ne ottiene la disponibilità, per andare sul mercato ed acquistare ivi macchinari e scorte; ossia per indurre altri, con l offerta di prezzi più convenienti, a produrre beni strumentali in luogo di beni di consumo. ( Luigi Einaudi, Lo scrittoio del Presidente, Torino 1956, libro IV). 4

5 Da qui un concetto fondamentale ma che sfugge ai più e che, invece, deve essere chiaro se si vuole capire minimamente l economia: La verità è che il sacrificio del risparmio ha un senso importante, per una collettività di persone, ma solo se tale collettività ha bisogno di nuove macchine, nuovi strumenti di ogni genere, e li chiede. Se così non è, il risparmio è inutile per il paese, anche se è forse utile per l individuo risparmiatore, che mette da parte i soldi (non li spende subito in beni di consumo) per la vecchiaia o per acquistare tra qualche anno una casa e cosi via. Il paese potrebbe produrre subito più beni di consumo o più beni di investimento: se i primi non sono chiesti, perché la gente risparmia, ed i secondi neppure, perché nessun imprenditore vuole ampliare la sua fabbrica o costruirne una nuova, la capacità produttiva esistente nel paese resta in parte oziosa. Il reddito realizzato è inferiore a quello potenziale. (Sergio Ricossa, Guida alle letture di economia politica, Torino 1966, pagg. 37 e 38). Per una collettività solo il capitale è ricchezza, mentre il capitale finanziario è nulla; è infatti soltanto a livello del singolo individuo che il capitale finanziario può essere considerato ricchezza (l avere un milione di euro liquidi o anche in crediti indubbiamente dà a una persona la possibilità di soddisfare tante esigenze), ma se dalla situazione individuale passiamo a quella collettiva, allora inevitabilmente la somma complessiva delle posizioni finanziarie è pari a zero [poiché a fronte di un credito di uno c è sempre un debito di un altro, e questo vale anche per il denaro sotto forma di saldo attivo di conto corrente (che per la banca è un debito), e per il credito sotto forma di banconota cui si contrappone il debito di chi (la banca centrale e quindi, sostanzialmente, lo stato) quella banconota ha emesso; come vi dicevo quando eravate piccoli, un credito è un debito visto di spalle). Confondere quindi il capitale reale con quello finanziario è un abominio che non potrò mai perdonarvi, ma giunti alla vostra età e dopo tante ore di mia frequentazione posso e devo pretendere di più: voglio, infatti, che voi comprendiate, studiando attentamente il prossimo paragrafo, che la struttura del capitale non è omogenea e che, anche per questo, il suo valore non è determinabile. Cosa sia il capitale l ho scritto appena sopra; se e come si possa misurarlo è questione complessa che cercherò di sintetizzare nelle prossime quattro pagine. 2) Il valore dei beni (e quindi anche del capitale) e il colore dei camaleonti. Chi di voi, una volta liberatosi di me, affronterà lo studio dell economia, sappia che difficilmente ritroverà il concetto di fondo che tento di spiegare in questo paragrafo (l impossibilità di misurare il capitale e la sua struttura non omogenea) e ciò o perché la maggior parte degli economisti mainstream (cioè quelli di scuola neoclassica, i quali, essendo caratterizzati da un approccio positivista, studiano la materia facendo un grande uso degli strumenti matematici e statistici e pur correttamente adottando come teoria del valore il marginalismo rimangono almeno in parte ancorati all idea che il valore sia qualcosa di oggettivamente misurabile) e quelli di scuola keynesiana e marxista lo ritengono falso, o perché questi economisti danno alla questione una importanza trascurabile. Che il valore non sia misurabile e che sia importante tenere presente che il capitale è caratterizzato da una struttura non omogenea è infatti sostenuto soltanto da una minoranza di economisti cosiddetti di scuola austriaca in cui io più mi ritrovo (gli austriaci, sebbene marginalisti come i neoclassici, sono caratterizzati dal punto di vista metodologico da un approccio non positivista che alla matematica e alla statistica sostituisce lo strumento della logica applicata ai principi di base dell agire umano; ciò li porta, tra l altro, ad adottare una teoria del valore assolutamente soggettivista in base alla quale esso non è in alcun modo misurabile cardinalmente). La quantità e la qualità del capitale disponibile in un paese ne influenza in modo fondamentale il reddito, cioè il valore dei beni finali che, in un dato periodo, in quel paese possono essere prodotti (coincidendo il PIL di un paese con il reddito complessivo dei suoi abitanti, come già dovreste avere imparato e compreso). Per convincervene pensate alla quantità di cibo che una medesima popolazione potrebbe ottenere da un certo territorio (immaginate i naufraghi di una Costa Concordia affondata non al Giglio bensì al largo di un isola deserta su cui sono approdati in scialuppe sprovviste di tutto) in tre diverse condizioni: capitale; c) molto capitale. a) nessun capitale a disposizione; b) poco 5

6 Tenete sempre presente che nei tre casi non muta né la disponibilità di beni naturali (il terreno, il clima, la vegetazione, gli animali, le risorse idriche dell isola ecc. sono sempre le stesse), né la disponibilità di forza lavoro (i naufraghi e le loro professionalità non cambiano). a) Nessun capitale: in caso di povertà assoluta le uniche risorse utilizzabili sono quelle naturali e il lavoro; il problema è che senza capitale disponibile (nessun attrezzo, niente canali irrigui né fossi di scolo, zero scorte di concimi e di semi ecc.) la produttività del lavoro (cioè il valore del cibo ottenibile in media in una giornata di lavoro di un naufrago) è bassissima, dovendo tutte le energie lavorative essere dedicate alla raccolta di bacche e frutti selvatici, alla ricerca di insetti commestibili, alla pesca a mani nude di pesci e all inseguimento di piccoli animali. La diabolica combinazione fra mancanza di capitale e fame impellente impone l adozione di una struttura produttiva elementare e di brevissimo ciclo, in cui cioè tutto il valore della risorsa lavoro confluisce direttamente nei beni di consumo. Questa bassissima produttività del fattore lavoro è il motivo per cui fino all inizio del neolitico (cioè fino a quando l uomo non imparò a fare l agricoltore) tutte le risorse della Terra erano appena sufficienti a far sopravvivere stentatamente solo pochi milioni di persone (le stime vanno da 1 a 10 milioni), cioè mille volte meno (come ordine di grandezza) di quelli che oggi il nostro stesso pianeta ( orribilmente violentato e cementificato per dirla come i verdi ignoranti e magari stupidi sostenitori della decrescita felice ) riesce agevolmente a ingrassare (e volte meno di quanti la Terra potrà mantenere nell opulenza fra qualche secolo se il processo di accumulazione del capitale continuerà con il ritmo degli ultimi tre secoli). b) Poco capitale: supponiamo ora che, grazie all abbondanza sull isola di dodi (grossi e sciocchi gallinacci che zampettavano sereni nelle Mauritius prima dell arrivo dei coloni portoghesi, i quali pare ne apprezzarono moltissimo, oltre la carne, anche l estrema goffaggine che, rendendoli facili prede, ne causò l estinzione), non tutti i naufraghi siano costretti a dedicarsi al procacciamento del cibo, in modo tale che alcuni possano applicarsi alla produzione di rudimentali attrezzi in legno come zappe, canne da pesca, zattere e reti magari ottenute intrecciando canne e foglie di bambù. Il lavoro profuso in queste occupazioni non si trasforma direttamente in cibo (cioè in maggiori beni di consumo) ma si cristallizza in beni strumentali che solo in seguito permetteranno di arrivare a un miglioramento delle condizioni di vita (a un aumento di esigenze soddisfatte) grazie all accresciuta produttività del lavoro (pescare su una zattera in mare con reti è certamente più efficiente che farlo a mani nude tuffandosi dagli scogli, e si ottengono più fragole seminandole in un terreno ben zappato e reso morbido che cercandole selvatiche nei boschi). E importante notare come nel caso b) la struttura produttiva dell economia isolana si sia allungata temporalmente: in assenza di capitale (caso a)) tutte le risorse (naturali e lavorative) erano immediatamente trasformate in beni di consumo; ora, invece, una loro parte non viene consumata (è cioè risparmiata ) perché la si trasforma (la si investe ) in beni produttivi (in beni capitali ). Il tempo necessario affinché il valore dalle risorse diventi soddisfazione di esigenze umane è ora maggiore, e in questo senso si può dire che la struttura produttiva si è allungata. c) Molto capitale: l accresciuta produttività del settore primario (fornitore dei beni di consumo alimentari) ottenuta grazie all impiego dei primi beni capitali (le zappe in legno, le zattere in bambù ecc. ottenute da un settore secondario ancora allo stato embrionale) permette a una percentuale ancora maggiore di persone di applicarsi in occupazioni diverse dal diretto ottenimento del cibo: qualcuno potrà, ad esempio, finalmente dedicare il proprio tempo e la propria professionalità per costruire una fornace e con essa produrre (magari fondendo gli scafi delle altrimenti inutili scialuppe) attrezzi migliori con i quali scavare un canale che devii l acqua del fiume portandola dove è più necessaria; i bambini, che prima erano 6

7 mandati nei boschi alla ricerca di cibo, potranno invece ora seguire le lezioni di agraria svolte da chi, finalmente, può dedicare le proprie energie lavorative all insegnamento invece che alla raccolta di bacche. Nell uno e nell altro caso ciò che aumenterà ulteriormente è non solo il valore del capitale [fisico (costituito dalla fornace, gli attrezzi in ferro, il canale irriguo ecc.) o umano (le maggiori conoscenze che si diffondono nella popolazione migliorandone le capacità professionali)] disponibile sull isola, ma aumenterà anche il tempo necessario affinché il valore delle risorse si trasferisca nei beni di consumo capaci di soddisfare esigenze: si parte dagli zero giorni nel caso a) (quando il valore delle risorse naturali e del lavoro di raccolta diviene immediatamente valore del cibo) per passare agli X giorni nel caso b) (quando nel valore dei pesci disponibili in modo più copioso perché pescati non più a mani nude entra anche il valore delle risorse utilizzate per produrre zattere, reti e canne da pesca) e arrivare a Y mesi o anche anni nel caso c) [poiché qui si deve tenere conto anche del valore delle risorse (natura, lavoro e capitale) usate tanto tempo prima per ottenere i beni capitali (come la fornace) da cui successivamente si sono ottenuti gli altri beni capitali (come gli attrezzi in ferro) che hanno, ancora dopo, permesso la costruzione di ulteriori beni capitali (come il canale irriguo) grazie ai quali è stato infine possibile un forte aumento nella produzione di beni di consumo]. Quanto visto nella nostra immaginaria isola è ciò che è accaduto in tutto il pianeta, anche se in misura diversa fra zona e zona (e con l eccezione di qualche parte di foresta equatoriale, dove alcune microscopiche popolazioni vivono ancora in condizioni primitive) nella storia umana: col passare degli anni e dei secoli e con l accumularsi del capitale (sia fisico che umano, quest ultimo sotto forma di conoscenze o, per dirla all inglese, di know how ) la produzione è diventata sempre meno naturale e sempre più artificiale, attuata com è da una struttura produttiva che ha costantemente (almeno come trend di lungo periodo) continuato ad allungarsi. Quindi, man mano l economia si sviluppa e più aumenta il valore del capitale. Ma come lo si può misurare questo valore? Tra le domande qual è il valore di un bene? e qual è il colore di un camaleonte? quella con più senso è di gran lunga la seconda. Ad essa, infatti, pur non potendosi rispondere una volta per tutte poiché il colore del camaleonte cambia in funzione dell ambiente in cui è inserito, è pur sempre almeno possibile rispondere univocamente caso per caso: lì, tra le foglie verdi (rosse), quel camaleonte è oggettivamente di colore verde (rosso). Quanto al valore di un bene, invece, esso non è determinabile oggettivamente nemmeno se riferito a un determinato contesto ambientale e temporale; ad esempio: non solo il valore che ha in questo istante una bottiglia da 33 cl d acqua Ferrarelle sugli scaffali dell Esselunga a Reggio è diverso da quello che ora la stessa bottiglia ha nel distributore automatico a scuola, ma non si può nemmeno dire che oggi qui a scuola quella bottiglia valga 0,35 : 0,35 è il suo prezzo, ma il prezzo è una cosa, altra cosa è il valore. Il prezzo alla macchinetta di 35 cent ci dice solo che per il merendero (per il venditore) il valore della bottiglia è inferiore a 0,35 (altrimenti non la scambierebbe per 35 cent) e che invece per te (per il compratore) sono i 35 cent che valgono meno della bottiglia (altrimenti non avresti chiesto di uscire dall aula per scambiare 0,35 con la bottiglia); e nello stesso istante in cui per te la bottiglia d acqua vale più di 0,35, per il tuo compagno di banco che non ha sete vale meno. A essere oggettivo è solo il prezzo (che, comunque, varia nel tempo e da luogo a luogo), mentre il valore è soggettivo, variando anche da persona a persona. A questo punto lo studente brillante ma troppo impetuoso potrebbe sostenere che poiché in un mercato concorrenziale il prezzo di un bene è determinato dal suo prezzo di equilibrio (cioè il prezzo che rende la quantità 7

8 offerta di un bene esattamente uguale alla quantità domandata, e se hai dei dubbi sull argomento riguardati il paragrafo La legge della domanda e dell offerta e il prezzo di equilibrio degli appunti Il mercato finanziario dell anno scorso) il quale, pur potendosi considerare una sintesi dei valori che gli operatori assegnano al bene in un certo istante e in un certo luogo (essendo la risultante delle singole valutazioni di tutti i soggetti coinvolti negli scambi di quel bene), è però indubbiamente un dato oggettivo, allora ecco che si può dire che anche il valore è un dato oggettivo. Quanto partorito dalla giovanile e brillante testa può essere considerato corretto, ma tace due questioni. La prima, tutto sommato non molto rilevante, è che il mercato perfettamente concorrenziale (quello cioè in cui nessun operatore ha dimensioni tali da poter influire sul prezzo) è, nella migliore delle ipotesi, un approssimazione della realtà [come insegna Ludwig von Mises ( L azione umana cap. XVI, 1 Il processo di formazione del prezzo), infatti, i prezzi sono determinati non in modo puntuale (100 ) ma all interno di margini (tra 100 e 101 ) costituiti da una parte (il limite inferiore) dalle valutazioni del compratore marginale e del venditore marginale che si astiene dal vendere, e dall altra (il limite superiore) dalle valutazioni del venditore marginale e del compratore marginale che si astiene dal comprare]; la seconda questione, ben più importante, è che l oggettività nella misura del valore costituito dal prezzo d equilibrio è pur sempre il riflesso delle valutazioni soggettive degli operatori, e non è certamente una caratteristica intrinseca del bene (come, invece, lo è ad esempio il suo peso (in realtà la sua massa), che è misurabile in modo certo e definitivo e al cui dato si può giungere attraverso percorsi diversi anche in base a considerazioni logiche e rigorose: il peso dell oggetto α è 6 volte maggiore di quello di β perché α e β sono dello stesso materiale e il volume di α è sei volte quello di β, oppure perché α ha un volume triplo e un peso specifico doppio rispetto a β ). Nella prima metà del 600 alcuni teologi spagnoli della Scuola di Salamanca gettarono le basi della teoria marginalista e soggettivista del valore (di cui farò un breve cenno fra poche righe) e uno di loro, il cardinale Juan de Lugo, in un trattato sulla giustizia e il diritto, concludeva saggiamente che i fattori coinvolti nella formazione di un dato prezzo sono così tanti e complessi che l uomo non può comprenderli e che pertanto il giusto prezzo può essere conosciuto solo da Dio. Come dire: l unica misurazione possibile del valore è attraverso il prezzo di mercato (il prezzo di equilibrio), ed è insensato cercare un qualsiasi criterio oggettivo che possa giustificare tale prezzo. Già l anno scorso vi scrissi (alle pagine 8 e 9 di Tempo di Dio e tempo del mercante ) che le geniali intuizioni di questi teologi cattolici rimasero sepolte per oltre due secoli; infatti gli economisti classici del XVIII e XIX secolo, a cominciare dal calvinista Adam Smith, tornarono purtroppo a incartarsi cercando l introvabile (il modo per determinare il valore dei beni, quello che Smith chiamava prezzo naturale ) come già fecero inutilmente nei due millenni precedenti tanti filosofi, a partire da Aristotele, riesumando la (falsa) contrapposizione fra valore d uso e valore di scambio e con essa l antico (apparente) paradosso esposto ad esempio da Adam Smith in questo modo: Nulla è più utile dell acqua, ma difficilmente essa serve ad acquistare qualche cosa, perché nulla, o quasi, si può ottenere in cambio dell acqua. Un diamante, al contrario, non ha alcun valore d uso, ma spesso si potrà ottenere in cambio di esso una grandissima quantità di altri beni. (A. Smith, Ricerca sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni Libro primo, IV). L errore su cui si basa il paradosso verrà definitivamente evidenziato e corretto solo nella II metà dell 800 quando gli economisti, ripercorrendo la strada già imboccata due secoli prima dai teologi cattolici e procedendo oltre, chiarirono definitivamente che una cosa è la utilità totale dell acqua indispensabile a ognuno di noi per vivere (che è certamente elevatissima), altra è la utilità marginale di un ultimo bicchiere per chi ha già bevuto una bottiglia intera (certamente scarsissima quando non nulla), ed ecco quindi come per quell ultimo bicchiere il bevitore è disposto a pagare poco o nulla posto che, data l abbondanza di acqua disponibile, non ha difficoltà a dissetarsi in altro modo. D'altronde, tutti i beni indispensabili per sopravvivere devono essere abbondanti e quindi avere una bassa utilità marginale e quindi ancora un valore (e quindi anche un prezzo) basso, altrimenti il nostro pianeta non sarebbe così brulicante di vita come in effetti è. I beni cari vanno quindi cercati fra quelli rari, che assai spesso sono del tutto superflui. George Stigler 8

9 (premio Nobel dell economia nel 1982) con acutezza osservò che quel paradosso nasconde una trappola etica in quanto l affermazione di Smith per cui il valore d uso poteva essere inferiore al valore di scambio era in realtà un giudizio morale, tra l altro non condiviso dai possessori di diamanti (G. J. Stigler Essays in the history of economics, Chicago-London 1965, pag. 68). C è di peggio: Smith, Ricardo e gli economisti classici pensarono di aver trovato il metro di misura del valore dei beni nella quantità di lavoro necessario per la loro produzione, e così facendo, oltre a frenare l avanzamento della scienza economica, contribuirono purtroppo a dare un sostegno alla successiva (e totalmente ascientifica) costruzione di Marx e, in particolare, alla sua tautologica e mai dimostrata teoria del plusvalore da cui discende la falsa idea che nel sistema economico di libero mercato i lavoratori sarebbero inevitabilmente sfruttati dai capitalisti. 3) Risparmio, investimento funzione imprenditoriale e sviluppo. Da quanto scritto fin qui, e soprattutto alle pagine 3 e 4, si ricava che una elevata propensione al risparmio favorisce lo sviluppo economico, quanto meno nel lungo periodo. Non dovete però pensare che in ogni caso più il risparmio è abbondante e l accumulazione del capitale è rapida e meglio è (in quanto la produzione e quindi il reddito e il benessere materiale aumentano più in fretta), perché le cose non sono così semplici: in realtà nel determinare la misura ottimale dell accumulazione (o, vista dall altra parte, l ideale propensione al consumo) occorre stabilire un delicato equilibrio tra vantaggi attuali (la soddisfazione ottenuta con il consumo possibile oggi) e vantaggi futuri (la soddisfazione futura che l investimento fatto oggi renderà possibile attraverso la maggiore produzione di beni di consumo di domani); infatti, investire oltre certi limiti significa sciupare il capitale, perché gli imprenditori privati o pubblici non sono onnipotenti. Sono anch essi un fattore di produzione scarso, difettando il quale gli investimenti si fanno male, nel luogo sbagliato, in strumenti inutili, con sprechi di ogni genere. (Sergio Ricossa, Guida alle letture di economia politica, Torino 1966, pag. 117). Gli imprenditori sono un fattore di produzione scarso, allo stesso modo del capitale e del lavoro. Essendo limitata la quantità di buoni imprenditori, il rendere disponibile per gli investimenti una percentuale eccessiva di valore della produzione porta a una riduzione dei consumi odierni cui non si contrappone un valore (attuale) altrettanto elevato di consumi futuri, e ciò in quanto gli investimenti fatti con il risparmio in eccesso hanno un alta probabilità di risultare sbagliati (è il caso, ad esempio, del recente eccesso di investimenti nel settore edile che ha portato a un numero considerevole di edifici sia residenziali che produttivi che ora restano invenduti e inutilizzati, e forse anche il caso di alcuni investimenti nell alta velocità ferroviaria, la cui redditività è molto dubbia). La funzione dell imprenditore è centrale nell economia capitalistica, e qui vale la pena recuperare concetti già visti negli anni precedenti. Per Joseph Schumpeter, tra i maggiori economisti del 900, gli imprenditori sono gli uomini nuovi nel significato che i Romani davano a homines novi, cioè di persone non nate da famiglie importanti e note ma che erano artefici del proprio brillante destino grazie a doti non comuni. Ma se le doti degli antichi homines novi romani, come Cicerone o Catone, erano soprattutto l eloquenza e la capacità politica, quelle dei moderni imprenditori schumpeteriani sono la capacità di innovare e l essere visionari. Visionari non nel senso del folle che vede ciò che non può esistere, ma nel senso di colui che vede ciò che ancora non esiste ma che ritiene di poter realizzare, vede ciò che gli altri ancora non scorgono ma apprezzeranno quando lo vedranno realizzato. 9

10 L imprenditore di successo vede per primo il prodotto ancora inesistente che il pubblico gradirà in futuro (innovazione di prodotto), o vede per primo il processo produttivo più efficiente che sostituirà quello tradizionale ancora usato dagli altri (innovazione di processo). Egli crede nella realizzabilità di questa sua visione e destina all impresa innovativa risorse proprie (il capitale netto) e altrui (il capitale di terzi, dei finanziatori che riesce a convincere) che vengono così distolte (= rimosse, allontanate) dal consumo e dalle produzioni tradizionali e più obsolete (= arretrate, vecchie, superate), contribuendo così alla trasformazione del mondo. E questa, usando il termine di Schumpeter, la distruzione creatrice operata dall imprenditore: è la ferrovia che uccide la diligenza, il motore a scoppio che distrugge quello a vapore, la catena di montaggio che annienta la bottega artigiana, le isole produttive che superano la catena di montaggio, il CD che cancella la cassetta, l ipod che mette in crisi i CD, il processo homico per la sterilizzazione degli alimenti che sostituisce quello termico tradizionale, e così via fino alle innovazioni più minute ma numerosissime, come la pizza con rucola e scaglie di grana che fa declinare la quattro stagioni; piccoli e grandi cambiamenti che, insieme, hanno una potenza innovatrice incommensurabilmente superiore a quella del più grande fra i grandi personaggi della storia. Nella società capitalista basata sulla libertà economica e la concorrenza, le innumerevoli e non coordinate volontà imprenditoriali tese ognuna a realizzare le singole personali visioni (per quanto ognuna di queste sia di norma certamente piccola e meschina, agli occhi dell intellettuale tronfio come può esserlo l erbazzone precotto surgelato), messe insieme hanno una potenza tale da soverchiare e rendere inattuabili i più grandiosi progetti sociali pensati dagli intellettuali, Marx compreso, e dai politici; concetto, questo, che può riportare all idea Manzoniana della Storia. Contro l economia capitalista, infatti, è non solo l intellettuale conservatore, legato ai valori tradizionali della società del passato, come il Dante che ripudia la Firenze della gente nuova e dei sùbiti guadagni (Dante, Inferno, canto XVI); contrario ad essa è anche l intellettuale progressista, quello che auspica l avanzamento della società verso una meta ancora mai raggiunta ma ben delineata nella sua mente: entrambi, conservatore e progressista, non possono accettare un sistema che si muove senza meta, modificando freneticamente l equilibrio e la stabilità sociale prima ancora che questi siano raggiunti. E se dal giudizio sul sistema sociale passiamo a quello sulla vita dell individuo, cosa può esserci di apprezzabile, o addirittura di ammirevole, nel realizzare l impresa di arricchirsi producendo un gel che scolpisce i capelli meglio degli altri? E forse che gli intellettuali considerano le figure di Bill Gates o di James Watt anche solo paragonabili, in termini di grandezza e importanza storica, a quella di Napoleone? Ugo Foscolo scrisse la lode A Bonaparte Liberatore, non quella A James Watt Liberatore, eppure, all epoca, il secondo con la sua macchina a vapore aveva già liberato dalla fatica milioni di uomini mentre il primo, con le sue campagne di guerra, ne stava liberando centinaia di migliaia dalla vita. E chi, agli occhi di tanti intellettuali, è più meritevole di ammirazione: il grande industriale Ford con la sua modello T nera, o non piuttosto il Grande Timoniere Mao con il suo libretto rosso? La seconda metà degli anni 60 ha visto l affermarsi sia della Rivoluzione culturale (nata in Cina e subito apprezzata da quasi tutti gli intellettuali in tutto il mondo), sia della Nutella (nata a Cuneo e anch essa rapidamente apprezzata da tanti in tutto il mondo), ma gli intellettuali dell epoca si illusero di scorgere il buono nella prima e non si occuparono della seconda (che, però, mangiavano con soddisfazione mentre scrivevano entusiastiche lodi a Mao Tse-tung, la cui Rivoluzione culturale stava intanto uccidendo, di comunismo e di fame, milioni di cinesi). 10

11 L avversione verso un sistema che si muove senza alcuna meta particolare e avendo come solo scopo quello di soddisfare sempre più bisogni, molti dei quali un tempo nemmeno avvertiti; l avversione cioè verso un sistema che si ostina a non incamminarsi sulla via di una società più giusta e migliore (o addirittura perfetta) come è sempre (e solo) quella sognata o progettata, non è certo solo dell intellettuale ma è anche diffusa fra le masse, ed è originata dal costo, tutt altro che immaginario, costituito dalla rottura delle abitudini e dalle offese che, all irrompere del nuovo e dell imprevedibile, subiscono gli interessi precostituiti, piccoli o grandi che siano; al fondo, questa avversione è motivata dalla tendenza dei più a preferire la sicurezza alla libertà. Se a ciò si aggiunge che l ignoranza economica diffusa porta la gente a ritenere che le risorse siano un dato fisso e che pertanto non può esistere un sistema in grado di portare a un incremento di benessere continuo e generalizzato, si spiega gran parte della cattiva fama del sistema economico di mercato. L economista Maffeo Pantaleoni scriveva, un secolo fa, che il dinamismo sociale del sistema liberista, col suo continuo modificare gli equilibri e le posizioni raggiunte incute alle masse un vero terrore, in ragione del suo costo, che se non è per ora misurato e misurabile, è tuttavia vagamente sentito. E questo il fondamento delle opposizioni che incontra. La grandissima maggioranza è in favore di posizioni statiche. Una piccola parte dell umanità funziona da lievito. Nelle nostre società questa parte della popolazione è più numerosa e incontra minori resistenze che in altre. Eppure, anche nelle nostre società sono manifeste molte correnti che tendono a limitare la variabilità dei gusti, le invenzioni tecniche o sociali, e la concorrenza [ ]. Una gran parte del favore che il socialismo trova è dovuta alla speranza che riesca a creare condizioni più stabili, a burocratizzare la vita, ad assicurare pensioni, a eliminare la rivoluzione perpetua che la concorrenza produce in ogni situazione (Maffeo Pantaleoni, 1925 Erotemi di economia, vol. I, pagg ). Ma torniamo, ora, alla figura dell imprenditore, così centrale nell economia di mercato. Per noi in economia, in sintesi, l imprenditore è colui che, basandosi su valutazioni soggettive, decide cosa e come produrre e che controlla gli altri fattori produttivi (altri rispetto a sé, cioè i beni di produzione e il lavoro) e li combina fra loro per produrre beni da offrire successivamente in vendita a chi li desidererà. Quindi: l imprenditore prima decide cosa e come produrre, poi organizza e produce e, ancora dopo (almeno nel caso di beni fisici, perché i servizi si vendono mentre li si produce) vende il prodotto. E fondamentale tenere presente che la produzione richiede tempo, non è istantanea: prima si semina e dopo mesi si raccoglie, prima si costruisce la piattaforma nel Golfo del Messico e solo dopo anni si estrae il petrolio, prima si comprano le nocciole e poi c è il vasetto di Nutella, prima si comprano gli arredi e il forno a legna e poi si vendono le pizze. In generale: prima si sostengono i costi e solo dopo si ottengono i ricavi (e più è sviluppata l economia più è lungo il ciclo produttivo), ma poiché il futuro non è conoscibile, quando l imprenditore deve decidere cosa e come produrre, non conosce con precisione né i prezzi e né le quantità degli input che saranno necessari per produrre, e ancor meno ha un idea precisa dei prezzi e quantità dell output che riuscirà a vendere. L imprenditore inevitabilmente anticipa le risorse necessarie e decide nell incertezza: quando l agricoltore di Massenzatico impianta un nuovo vigneto, anticipa delle risorse mettendo a disposizione della sua azienda agricola il suo capitale netto, e contemporaneamente fa le sue valutazioni ipotizzando i futuri prezzi e quantità degli input (l aratura, i pali di sostegno, le piantine di vite, il lavoro dei braccianti ecc.) e dell output (l uva ancellotta); ma se alla prima vendemmia dopo qualche anno dall impianto del vigneto il prezzo dell ancellotta si rivela più basso di quello che aveva previsto, così che i ricavi siano inferiori ai costi, allora si accorgerà che, invece di ottenere il guadagno sperato, si è impoverito, e se ne renderà conto leggendo nel bilancio aziendale che il capitale netto è diminuito. 11

12 e: In una economia libera l imprenditore, quindi, si accolla (= prende su di sé) i rischi della produzione a) se è bravo e/o fortunato si arricchisce con il profitto, che è l utile prodotto dall azienda, la remunerazione del fattore produttivo imprenditorialità ; b) se è incapace e/o sfortunato si impoverisce a causa della perdita subita dall azienda. Chi non vuole correre questo rischio, chi vuole avere la certezza del guadagno, allora invece che lavorare in proprio come imprenditore deve lavorare nell azienda di un altro come suo dipendente. Chi fa questa scelta (e sono i lavoratori dipendenti, che costituiscono la gran parte dei lavoratori) rinuncia così al possibile profitto futuro per avere la garanzia di un guadagno certo immediato (lo stipendio mensile): se anche le previsioni dell imprenditore (il datore di lavoro) si riveleranno errate il dipendente lo stipendio lo prende ugualmente, e quasi sempre prima che il prodotto del suo lavoro sia venduto dall azienda che lo ha remunerato. (La sicurezza del dipendente, comunque, non è assoluta: se nell azienda le cose vanno talmente male da portarla al fallimento, cioè alla sua morte, allora il dipendente dovrà cambiare lavoro; però è certo che gli sarà pagato il lavoro fino a quel momento svolto). E importante avere sempre presente che in ogni caso qualcuno deve correre il rischio d impresa e deve anticipare i fattori produttivi. E questo può avvenire in soli due modi: 1) nel sistema economico capitalista-liberista, dove la proprietà delle aziende è privata, la scelta se rischiare avviando una propria attività oppure lavorare con maggiore serenità come dipendente è libera e individuale; i costi dell anticipazione (cioè del finanziamento dell attività aziendale) e i rischi del risultato se li addossano solo i volontari in cambio di un ipotetico profitto; 2) nel sistema economico socialista-dirigista, dove i mezzi di produzione sono di proprietà dello stato o comunque di un ente pubblico, questa scelta individuale non è possibile: l unico imprenditore è l ente pubblico e ogni individuo può lavorare solo come dipendente (pubblico); ma ciò non elimina da quella società né la necessità di anticipare le risorse né il rischio del risultato: questi oneri si sono solo trasferiti dai volontari (gli imprenditori, come era nell economia di mercato-liberista) a tutti i cittadini (nell economia socialistadirigista). Nelle economie dirigiste le funzioni dell imprenditore sono cioè ripartite fra tutti i cittadini, che si suddividono in due classi: da una parte i politici e i burocrati, a cui spetta il compito di decidere cosa e come produrre, dall altra tutti gli altri cittadini, a cui spetta in comune il compito di anticipare i fattori produttivi (anche attraverso le imposte, se il risparmio volontario non è sufficiente) e quello di sopportare i rischi. Se le scelte dei politici e dei burocrati sono buone la collettività di arricchisce, il contrario se sono sbagliate. In considerazione della loro importanza, provo ora a riassumere alcuni concetti visti in queste prime pagine a rischio anche di essere ripetitivo; lo faccio cominciando a ribadire che la natura non è generosa: fosse per lei quasi nessuno di noi sarebbe vivo; se non l avessimo violentata e se non continuassimo a modificarla per adattarla alle nostre esigenze, su questa terra potremmo vivere in pochissimi, ancora nelle caverne, da cui potremmo uscire, timorosi delle belve feroci, unicamente per raccogliere bacche disgustose e carogne di animali. Se non è così, se in questo momento, mentre magari nevica ed è già buio, stai comodamente al caldo e alla luce del video del tuo computer a leggerti queste pagine via internet, è perché l uomo ha prodotto nei millenni, e massimamente negli ultimi due o tre secoli, cose di un valore superiore alle risorse utilizzate. Questo valore in più non è mai stato nella natura, questo di più è opera dell attività creatrice dell uomo, della sua intelligenza. 12

13 Se è vero che in fisica nulla si crea e nulla si distrugge, se è vero che l uomo non ha la capacità di creare né la materia né l energia, è però vero che è dell uomo la capacità di creare l utilità (il valore) trasformando la Terra (l universo, la natura) con la sua intelligenza. Il valore dei beni che abbiamo a disposizione è il frutto quasi esclusivo dell attività umana, solo in minima parte deriva dall attività divina della creazione dell universo, cioè dalla natura. Le stesse risorse naturali sono per la gran parte tali (risorse) solo grazie all intelligenza dell uomo: il petrolio c è sempre stato, ma finché non si è scoperto il modo di usarlo valeva nulla, e lo stesso vale per quasi tutte le cosiddette risorse naturali, come la sabbia, ad esempio: se l uomo non avesse inventato il cemento, la clessidra e il microchip, la sabbia servirebbe a nulla e, dunque, non avrebbe alcun valore e non sarebbe una risorsa. Il valore che hanno le cose non si rivela da sé; è il senno dell uomo che le discopre (Carlo Rusconi, Prolegomeni dell Economia Politica, 1852, cap. V) L attività umana creatrice di valore non è da intendere solo come attività lavorativa (come, erroneamente, pensavano Smith, Ricardo e altri economisti classici ) né, tanto meno, come lavoro salariato (come, ancor più erroneamente, sosteneva Marx, l ultimo degli economisti classici ). La sostanza valorificante è l attività umana intesa in un modo più ampio, che comprende in sé, oltre al lavoro, anche l attività creatrice dell imprenditore e quella anticipatrice del capitalista, attività che, entrambe, implicano l assunzione del rischio del risultato. Perché il rischio di produrre un valore inferiore al valore dei fattori usati (e quindi di distruggere ricchezza anziché aumentarla) è ineliminabile qualunque sia il sistema sociale, in quanto discende dall imprevedibilità del futuro, dall incerta e incompleta conoscenza umana. Nel sistema capitalistico-liberista questo rischio se lo assume liberamente chi, potendolo, lo vuole (e cioè l imprenditore e il capitalista), mentre chi non può o non vuole (il lavoratore dipendente, sia esso proletario o benestante) rinuncia a una parte del possibile guadagno per avere maggiore garanzia nel compenso. Nel sistema collettivistico-dirigista, invece, tutti i cittadini sono obbligati a suddividersi sia il rischio del risultato (frutto delle scelte che non sono più fatte direttamente da noi, che non sono più personali perché fatte per tutti noi dai politici, e quindi sono ora collettive ) sia l onere dell anticipazione (perché in ogni caso prima si devono reperire e utilizzare i fattori produttivi e solamente dopo si ottiene la produzione). Può essere fatto un parallelismo fra il frutto dell attività d impresa e la musica di un concerto sinfonico. In un mondo (come era fino a un secolo fa) senza la possibilità di registrare e riprodurre i suoni, chi ci permetterebbe di ascoltare quella musica? A chi dovrebbe andare il merito e quindi il compenso? Certamente agli orchestrali, senza i quali sarebbe solo silenzio, ma non certo solo agli orchestrali, che pure apparentemente sono gli unici produttori di quell insieme di suoni. Una parte decisiva va innegabilmente anche al compositore che l ha pensata, quella musica suonata dagli orchestrali, ma altrettanto indispensabile è l impresario che ha finanziato lo spettacolo (e cioè ha anticipato le risorse): senza di lui e senza la sua attività anticipatrice dei capitali necessari per allestire il teatro e pagare gli orchestrali durante le tante giornate di prove, ugualmente non potremmo ascoltarla, quella musica pensata dal compositore. D altronde, indispensabili risultano anche i liutai e gli altri artigiani che hanno fabbricato i fiati, gli archi e gli altri strumenti che, se non sono di proprietà degli orchestrali, sono anch essi capitale anticipato dall impresario. Se sostituite il musicista che compone con l imprenditore che pensa il prodotto, l impresario con la banca o altri finanziatori che hanno fiducia nelle capacità dell imprenditore, e gli orchestrali con i lavoratori (e magari il direttore d orchestra che cerca di trarre il meglio da ciò che ha a disposizione col manager che cerca la massima efficienza aziendale), avrete un idea non distorta dell azienda. E così come ognuno di noi è certo che la soddisfazione che trae dal concerto sia merito di compositore, impresario, orchestrali e direttore insieme, allo stesso modo il merito della produzione va ripartito fra l attività dell imprenditore, del capitalista e del lavoratore. 13

14 Cercate di tenere sempre presente la continuità (= la non separatezza) fra l economia (o economia politica) e l economia aziendale e non fatevi ingannare dall apparente lontananza dei rispettivi ambiti di indagine; non di rado nei libri di testo si trova che l economia politica osserva i fenomeni economici propri dei grandi aggregati regionali, nazionali e internazionali mentre l economia aziendale li osserva nelle manifestazioni delle singole aziende o, ed è analogo, che l economia studia come il genere umano affronta la scarsità mentre l economia aziendale studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita nell azienda ; in genere allo studente risulta più interessante (meno noioso) comprendere perché una nazione si sviluppa oppure declina e cosa sarebbe opportuno fare per elevarne il tenore di vita piuttosto che capire perché un azienda è in utile o in perdita e cosa fare per migliorarne i risultati di bilancio; in realtà, però, non è possibile comprendere l economia se non si ha un adeguata conoscenza dell economia aziendale (si può dire, un po grossolanamente ma neanche tanto, che chi non conosce la ragioneria non può capire l economia), e ciò perché, al fondo, entrambe le discipline hanno come oggetto le attività di produzione e consumo di beni atti a soddisfare i bisogni delle persone. E considerando (riprendendo il concetto espresso nella prima pagina) che la gran parte di ciò che accade nella vita umana sulla terra è riducibile a produzione e consumo (e comunque ciò che ne resta al di fuori non esisterebbe senza produzione e consumo) dovete sia cogliere la vastità e l interesse della materia che da anni tento (invano?) di insegnarvi sia intuire quanto possano essere frequenti i suoi collegamenti con le discipline umanistiche e, principalmente, con la storia. Mi piace chiudere il paragrafo con due citazioni: la prima, di Marshall, a conferma di quanto scritto in queste ultime righe sulla vastità dell oggetto dell economia, la seconda, di Cattaneo, per ribadire la centralità dell intelletto umano nello sviluppo del benessere. L economia è lo studio del genere umano negli affari ordinari della vita; essa esamina quella parte dell azione individuale e sociale che è più strettamente connessa col conseguimento e con l uso del benessere materiale. Così essa è da un lato uno studio della ricchezza, dall altro, il più importante, è una parte dello studio dell uomo. Infatti più di qualsiasi altra influenza, salvo quella dei suoi ideali religiosi, il carattere dell uomo è stato plasmato dal suo lavoro quotidiano e dalle risorse materiali che egli ottiene con quel lavoro. I due grandi fattori della storia del mondo sono stati quello religioso e quello economico (Alfred Marshall, 1890 Principi di Economia, Libro primo, cap. I) Nel corso oramai d un secolo, la nuova scienza dell economia pubblica pose successivamente in evidenza tre fonti di produzione; la natura, il lavoro, il capitale. Questa è la fisica della ricchezza. Rimaneva da aggiungere, che, supposte eguali presso diverse nazioni quelle tre forze produttive, le ricchezze potevano inegualmente crescere o scemare anche solo per certi fatti dell intelligenza, o per certi fatti della volontà. Sono fenomeni che, svolgendosi nell uomo interiore, soggiaciono alle leggi proprie del pensiero. Questa può dirsi la psicologia della ricchezza. ( ) Gli atti di intelligenza che aprirono ai popoli le fonti di ricchezza più vaste e universali, hanno dovuto necessariamente antecedere ad ogni produzione diretta ( ). Non v è lavoro, non v è capitale, che non cominci con un atto di intelligenza. Prima di ogni lavoro, prima di ogni capitale, quando le cose giacciono ancora non curate e ignote in seno alla natura, è l intelligenza che comincia l opera, e imprime in esse per la prima volta il carattere di ricchezza. (Carlo Catteneo, 1861 Rivista Il Politecnico, numero di aprile-maggio ). 14

15 4) Moneta, credito e mercato finanziario. Ai fini dello sviluppo conviene non solo che il risparmio sia abbondante, ma anche (quando, come il più delle volte capita, non si investa personalmente il proprio) conviene che il risparmio sia volentieri e agevolmente trasferito dal risparmiatore all investitore. E per far sì che ciò accada occorre sia un buon funzionamento dello strumento che rende possibile questo trasferimento, e cioè occorre che la moneta sia buona, sia un buon funzionamento delle istituzioni monetarie e creditizie in modo che si generi un clima di fiducia e sicurezza negli ambienti finanziari e che così il tasso d interesse preteso dai risparmiatori possa abbassarsi fino al livello in cui gli imprenditori trovano conveniente indebitarsi per investire. Quindi, più siamo sicuri che: 1) la moneta sia buona, cioè conservi il suo attuale potere d acquisto anche in futuro; 2) coloro a cui affidiamo i nostri risparmi siano corretti e solidi, (cioè più riteniamo affidabili gli intermediari finanziari ), e più il tasso d interesse che pretendiamo per concedere in prestito il nostro capitale monetario è basso. Dovreste già sapere, infatti, che il tasso d interesse è la somma di tre componenti: a) quanto pretendiamo, in termini di potere d acquisto aggiuntivo, per rinunciare temporaneamente alla disponibilità del potere d acquisto del capitale prestato (il tasso reale base d interesse, quello che si chiede a un debitore ritenuto assolutamente solvibile nel caso ci si attenda che durante il periodo del prestito i prezzi dei beni rimangano costanti, cioè in caso di inflazione attesa nulla); b) il tasso d inflazione atteso, cioè quanto pensiamo aumentino in media i prezzi dei beni nel periodo in cui si prolunga il nostro prestito (perché è ovvio che si pretenda (almeno) la restituzione di un capitale monetario che abbia la stessa capacità di acquisto di quello che prestammo al debitore); c) quanto pretendiamo per accettare di rischiare di perdere il capitale che prestiamo [il premio per il rischio, quello che ormai anche le pantegane sanno costituire lo spread, ad esempio i famosi X punti base di spread fra le obbligazioni decennali pubbliche italiane e le analoghe tedesche, con X che da qualche anno è solito oscillare fra i 200 e i 500, pari rispettivamente al 2% e al 5% di tasso annuo che lo stato italiano deve offrire in più rispetto a quello tedesco (che oggi è universalmente considerato un debitore assolutamente solvibile) per convincere i risparmiatori (nazionali ed esteri) a prestargli per 10 anni la moneta che non riesce o non vuole spillare ai contribuenti (nazionali) con le imposte (e i contributi, le tasse, i dazi e le accise)]. Poiché le istituzioni monetarie e creditizie più importanti sono la Banca Centrale e le aziende di credito (cioè le banche) è opportuno avere un idea sufficientemente corretta di quali sono le funzioni dell una e delle altre, e di questo si occuperanno, rispettivamente, i paragrafi 8) e 9). Nel prossimi due, invece, vi ripropongo le pagine solo un poco modificate con cui l anno scorso tentai di farvi comprendere la natura reale dell interesse. Tornateci su, magari questa volta le capite meglio; in ogni caso vi serve anche come ripasso dell abc di matematica finanziaria. 15

16 5) La natura reale dell interesse. Siamo nel settembre 2013, tu, Al e Bo siete tre appassionati cinefili; accessibile per voi c è un unico cinema che offre, allo stesso prezzo da pagare comunque oggi, la scelta fra 9 biglietti (con titoli dei film a scelta) utilizzabili già da ora, oppure 12 biglietti utilizzabili però solo da settembre Chi sceglie il pacchetto da 12 non avrà possibilità di entrare nel cinema nei prossimi 12 mesi. Tu (nell imbarazzo della scelta) Al Bo Ipotizza che ci siano almeno 12 film che giudichi ugualmente validi e di essere certo che la tua passione per il cinema non si modificherà col tempo. Tu giudichi equivalenti le due proposte, nel senso che la scelta che ti si propone (fra 9 film subito o 12 fra un anno) ti imbarazza al punto che ti affidi al lancio di una moneta, ed invece fra 9 film in quest anno e 11 nel prossimo sceglieresti i 9 subito, mentre se, da vedere nel prossimo anno, ti offrissero 13 film allora opteresti per l attesa. Al, invece, sceglie con decisione i 9 film immediatamente disponibili, in quanto per lui 9 film subito valgono di più di 12 fra un anno. Bo, al contrario di Al, preferisce attendere un anno e vederne 12 piuttosto che 9 subito. In effetti Bo sarebbe disposta a scambiare i 12 film fra un anno solo con 10 film godibili fin da ora. Si può dire che 9 spettacoli al cinema disponibili da subito sono, per te, il valore attuale di 12 film godibili fra un anno, oppure ed è la stessa cosa che, per te, il valore di 9 film già utilizzabili equivale a un montante di 12 film fra un anno. Al e Bo, invece, danno ai 12 film disponibili fra un anno un valore rispettivamente minore (Al) e maggiore (Bo) a quello di 9 film immediatamente visibili. La faccenda può anche essere osservata in questo modo: tu valuti in tre film il sacrificio di attendere un anno per soddisfare nove volte la tua passione cinefila, Al lo valuta più di te ed è Bo che a quel sacrificio dà un minor valore. Si può anche dire che, fra voi tre, è Al che dà al tempo un valore maggiore (quando lo valuta in riferimento al bene spettacolo cinematografico ), mentre per te e ancor più per Bo il tempo (sempre in riferimento a quel bene) ha un valore minore. Infatti, Al è ben disposto a pagare (rinunciando a vederli) 3 film per comprare un anno di tempo e anticipare così il godimento cinematografico; per te, invece, quello è il prezzo limite, mentre per Bo il giusto prezzo di un anno di attesa è solo 2 film. In questo senso si può dire che il tasso di interesse è il prezzo del tempo (della risorsa tempo, l unica risorsa non producibile dall uomo, ché tutte le altre l uomo le può produrre o sostituire grazie alla sua intelligenza, e sono certissimo che ti sia accorto come questo concetto sia già stato espresso, in modo solo appena diverso, nei paragrafi 2) e 3)). La stessa cosa si può esprimere dicendo che il tuo tasso di interesse annuo riferito al cinema è il 33,33% (in quanto il rapporto fra le quantità equivalenti di film disponibili con una differenza temporale di un anno è 12/9 = 1,3333), il tasso d interesse annuo applicato da Al è maggiore del 33,33% mentre quello di Bo è inferiore, ed esattamente è del 20% (infatti: 12/10 = 1,2, dove 12 corrisponde al montante disponibile fra un anno di un capitale che oggi vale 10 film, e quindi essendo il tempo pari a un anno dalla formula I = C x r x t deriva che il tasso annuo d interesse r con cui Bo, seppure inconsciamente, fa le sue valutazioni in merito a come il tempo modifica il valore del bene visione film al cinema è: r = I (C x t) r = 2 / (10 x 1) r = 0,2 = 20% ). 16

17 Bo applica il tasso d interesse del 20% al bene visione film al cinema, ma il tasso d interesse con cui Bo e tutti noi facciamo le nostre valutazioni varia in funzione del tipo di bene la cui disponibilità viene spostata nel tempo: se alla visione dei film sostituiamo ad esempio la cura di un dente o il nutrirsi col cibo, allora il tasso d interesse applicato sarà molto più alto (di fronte alla scelta fra tenersi il mal di denti per un anno facendoselo curare nel settembre 2014 o farselo curare subito in settembre 2013, tutti probabilmente saremmo disposti a pagare anche il doppio pur di soddisfare immediatamente la nostra esigenza, e questo ci dice che probabilmente per tutti il tasso d interesse riferito al bene cura del mal di denti è superiore al 100%). Poiché il denaro è lo strumento che permette di entrare in possesso di qualsiasi bene economico, il tasso di interesse del denaro (cioè il tasso con cui facciamo le valutazioni di equivalenza fra la disponibilità di somme monetarie di diverso importo disponibili in tempi diversi) è la sintesi di tutti i tassi d interesse dei beni reali, come dire che il tasso d interesse che si applica ai calcoli finanziari è la media dei tassi di tutti i beni acquistabili (media ponderata in base al peso che ogni bene ha sul complesso dell economia). Da quanto ho scritto emerge che l interesse non è un fenomeno monetario! Al contrario di quanto pensa l uomo della strada ma anche ahimè la gran parte dei giornalisti economici e dei banchieri, l interesse è un fenomeno reale che riguarda, cioè, i beni concreti e l economia reale; ed è solo perché gli scambi dei beni reali avvengono attraverso la moneta che questa viene coinvolta nel fenomeno e quindi che l interesse assume (anche) una veste monetaria. Il tasso d interesse a cui ognuno di noi è disposto a prestare il denaro (il prezzo a cui siamo disposti a sopportare il sacrificio del rinvio degli acquisti, del rinvio dell utilità che traiamo da essi) è soggettivo, nel senso che cambia da persona a persona, così come è soggettivo il tasso di interesse che è disposto a pagare chi vuole anticipare gli acquisti (di beni sia di consumo che di investimento) per goderne prima l utilità, cioè chi chiede denaro in prestito. L uno e l altro sono la stessa cosa, sono il prezzo del tempo. La media dei tassi d interesse sul bene denaro con cui ragiona ogni operatore finanziario (cioè ognuno dei milioni di risparmiatori che offrono e dei milioni di prenditori che domandano il bene uso del denaro ) è il tasso d interesse espresso dal mercato, ed ecco perché ha un senso dire che il tasso d interesse di mercato misura il valore che la società dà al tempo. Ecco perché (a parità dello strumento moneta) i tassi alti sono spesso un sintomo di vivacità della popolazione, segnalano la sua voglia di vivere e di fare, di costruire il futuro; i tassi bassi, invece, sono spesso indicatori del declino di una società che si accontenta di conservare il presente e non vuole, nell immediato, né pagare più di tanto né correre troppi rischi per realizzare un futuro diverso. E la cultura della stabilità e della conservazione, atteggiamento che è naturale e quindi comprensibile nei vecchi (come vecchia è la gran parte della nomenclatura, a partire dal presidente della vostra repubblica Giorgio Napolitano), ma che addolora vedere così diffusa in tutta la popolazione, a partire da quella giovanile (anche per effetto di un martellamento propagandistico talmente capillare ed esteso che avrebbe stupito lo stesso Goebbels). 17

18 6) I rischi di un prezzo (del tempo) sbagliato. Che sia il prezzo dell uso del denaro (e quindi il prezzo del tempo) o il prezzo dell uso dei pedalò o il prezzo del cocomero, una cosa non cambia: il nostro (soggettivo) prezzo si scontra sempre con quello di mercato ; se Agro Zotico ritiene che i suoi cocomeri valgano 3 al chilo ma la media ponderata dei prezzi pensati dagli operatori (agricoltori che vendono e grossisti che comprano frutta) è 0,3 al chilo, Agro dovrà rassegnarsi o a vendere i suoi cocomeri a un prezzo 10 volte più basso di quello che ritiene giusto, oppure a smettere di produrre cocomeri. Allo stesso modo, chi ritiene che il prezzo giusto per comprare i cocomeri sia 0,15 al chilo dovrà rassegnarsi o a pagarli il doppio o a farne senza. La grande differenza fra il prezzo dei cocomeri (o del noleggio di pedalò) e il prezzo dell uso del denaro (l interesse) sta nel fatto che mentre la produzione dei cocomeri (e del servizio di noleggio dei pedalò) costa il consumo dei fattori produttivi impiegati, la produzione del denaro da circa un secolo, e massimamente dal 15/8/1971, cioè da quando tutta la moneta è totalmente fiduciaria costa, in termini di fattori produttivi, praticamente nulla. Un prezzo politico (nel senso di influenzato o addirittura imposto da un autorità pubblica e quindi diverso da quello naturale di mercato) di un bene (come fu, ad esempio, nel 2009 quello delle auto nuove, in quanto venne diminuito di circa grazie agli incentivi alla rottamazione ) ha conseguenze limitate, ma un prezzo politico dell uso del denaro può avere conseguenze gravissime in termini di benessere sociale e di libertà. Se la politica (il governo o il parlamento) decide che le auto nuove debbano costare meno del loro prezzo naturale, allora gli effetti saranno un significativo aumento della domanda di auto e la lieve diminuzione della domanda di tantissimi altri beni, come cucine, corsi d inglese e computer (ché, se si anticipa la sostituzione dell auto allora si deve rinviare qualche altra spesa); l effetto di tale decisione, quindi, è dare maggior reddito a chi lavora nel settore dell auto togliendone un po a chi lavora negli altri settori (ma anche ai meccanici d auto, ché le auto nuove si rompono meno delle vecchie; il buon vecchio Bastiat (economista francese del XIX secolo) ribadiva di continuo l importanza di non fermarsi, nel valutare l opportunità di un intervento legislativo, alle conseguenze immediatamente evidenti che da esso derivano (l evitare qualche migliaio di licenziamenti concentrati negli stabilimenti Fiat), ma di cogliere e valutare anche gli effetti non immediati che sono più difficili da scorgere ma non per questo meno importanti (qualche migliaio di meccanici d auto sparsi per l Italia che devono chiudere o licenziare un apprendista)). Se, invece, il prezzo che viene alterato dalla politica è quello del denaro (del suo uso), allora gli effetti saranno significativi in tutti i settori: se la politica decide che i tassi d interesse devono essere più bassi di quel che sarebbero naturalmente, è un po come se decidesse di abbassare i prezzi di tutti i beni, in quanto la maggiore disponibilità di denaro (quello prodotto in gran quantità essendo moneta fiduciaria appositamente per abbassare i tassi e stimolare gli acquisti, soprattutto quelli a debito) provocherà un effetto sulla domanda complessiva analogo a quello che si sarebbe prodotto se si fossero applicati gli incentivi alla rottamazione a tutti i settori, dall auto all abbigliamento passando per stoviglie e cancelleria. Ma poiché il denaro non è un fattore produttivo, per un aumento reale della produzione più denaro serve a poco; ciò che serve è un miglioramento nella produttività del lavoro (lavoratori più istruiti e motivati) o un miglioramento del capitale fisico disponibile (impianti più efficienti, infrastrutture migliori ecc.): un miglioramento, cioè, di quello stesso capitale che, invece, probabilmente verrà eroso proprio dai tassi d interesse troppo bassi. L interesse monetario tenuto basso dalla politica può avere l effetto di una rottamazione generale dei beni già prodotti (sia di consumo durevole sia di investimento) per far posto ai beni che si devono andare a produrre. Ma i beni prodotti in precedenza e ancora in uso costituiscono il capitale, la ricchezza accumulata dalla società, e la politica, abbassando i tassi d interesse, spinge gli individui a distruggere la propria ricchezza. Infatti, i maggiori redditi monetari che inizialmente la gente ottiene grazie alla droga dei tassi bassi (che nel breve termine porta a maggiore o più retribuita occupazione) spinge a consumare di più e a ridurre la propensione al risparmio (più aumenta il reddito e la sicurezza e più diminuisce la parte che viene risparmiata: se è vero che la quantità di risparmio tende ad aumentare all aumentare del reddito è altrettanto vero che la percentuale risparmiata tende a diminuire all aumentare del reddito). 18

19 E questa erosione del capitale che nel breve termine rende possibile un maggior consumo (perché senza rendersene conto ci si mangia ciò che prima si era accumulato) ma che nel medio-lungo termine condanna all arretratezza e alla povertà (o, meno pessimisticamente, a un più lento avanzamento e a una minor ricchezza). Un tasso di interesse elevato è sintomo di una elevata considerazione del valore del tempo. Non è quindi un caso che chi, come Keynes e in genere gli economisti più seguiti dai governi, ha un ottica di breve periodo e quindi poco si preoccupa del futuro non prossimo, suggerisca di correggere al ribasso i tassi d interesse che il mercato forma naturalmente attuando manovre monetarie espansive con lo scopo di accelerare lo sviluppo (suggerimento che i politici accolgono entusiasticamente perché aumenta le loro probabilità di essere rieletti sull onda di un economia drogata che sembra andare bene ma che, in realtà, sta accumulando problemi che si evidenzieranno solo dopo, a elezioni avvenute). E, questa, la politica monetaria troppo spesso applicata negli ultimi decenni, suggerita da chi, ritenendo assai più rischioso l eccesso di risparmio dell eccesso di consumo, ha artificialmente tenuti bassi i tassi d interesse per stimolare i consumatori ad acquistare e le imprese a investire indebitandosi sempre più. Una tale politica, che può aver senso solo in alcuni casi particolari di elevata disoccupazione, è invece assai più spesso deleteria in quanto porta a una successiva crisi le cui conseguenze negative superano gli effetti positivi (e temporanei) ottenuti in precedenza. 19

20 7) Storia della moneta. L economia è una faccenda parecchio complicata, e di tutti i problemi economici la moneta è forse il più intricato e quello per cui è maggiormente necessario assicurarsi di avere ben capito i concetti di base prima di affrontare gradualmente le questioni più complesse. Per di più, il continuo e agevole uso che quotidianamente facciamo dello strumento moneta ci porta a sottovalutarne la straordinaria complessità, un po come la semplicità del telefonare al cellulare allontana dalla corretta percezione (che solo un ingegnere delle comunicazioni può avere) della straordinaria complessità dei processi e delle infrastrutture sottostanti a quell azione. Ecco perché vi chiedo attenzione mentre leggerete questa e le prossime due pagine (in parte tratte dall introduzione di What Has Government Done to Our Money? un testo scritto nel 1964 da Murray N. Rothbard, un economista di scuola austriaca ): non commettete l errore di crederle semplici o banali. 7.1) Inevitabilità degli scambi. Perché è nata la moneta? Chiaramente Robinson Crusoe non ne aveva bisogno: non avrebbe potuto mangiare monete, né, con esse, curarsi il mal di denti o ripararsi dal freddo. Neanche ne avrebbero avuto bisogno Crusoe e Venerdì, nei loro scambi di poniamo pesce per noci di cocco. Ma quando la società si espande oltre alcune famiglie, lo scenario è pronto per la comparsa della moneta. Per spiegare il ruolo della moneta dobbiamo andare ancora indietro, e chiederci: perché gli uomini scambiano? Lo scambio è la base della vita economica Senza scambi non ci sarebbe nessuna vera economia e praticamente nessuna società. Robinson Crusoe e Venerdì Chiaramente uno scambio volontario si verifica perché entrambe le parti se ne attendono un beneficio. Uno scambio è un accordo tra A e B per trasferire beni o servizi di un individuo per i beni e i servizi dell altro. Entrambi ne beneficiano perché ognuno valuta quello che riceve in cambio più di quello che cede, ed è questo il motivo per cui, anche a parità di beni prodotti e disponibili, una collettività in cui gli scambi sono liberi e agevoli è più ricca di una in cui gli scambi sono limitati. Quando Crusoe scambia del pesce per le noci di cocco di Venerdì, egli valuta le noci che compra più del pesce che vende, mentre Venerdì, al contrario, valuta il pesce più delle noci. Per millenni, da Aristotele a Marx, gli uomini hanno erroneamente creduto che uno scambio richieda una qualche sorta di eguaglianza di valore, che se il cesto di pesce è scambiato per 20 noci di cocco, allora c è una sottostante uguaglianza tra di loro, per cui in tutti i casi in cui uno ci guadagna l altro necessariamente ci perde. In realtà, invece, lo scambio è stato fatto proprio perché ogni parte ha valutato i due prodotti differentemente, e l argomento è già stato trattato alle pagine 6 e 7. 20

21 Perché lo scambio è da sempre stato così universale nella specie umana? Fondamentalmente a causa della duplice grande varietà della natura, e cioè: 1. la varietà nell uomo, in quanto ognuno di noi possiede differenti abilità, attitudini e gusti; 2. la diversità di localizzazione delle risorse naturali, in quanto ogni porzione di suolo ha le sue proprie caratteristiche, le sue specifiche risorse. Lo scambio deriva cioè dalla realtà naturale della varietà; olio di Puglia per aringhe d Islanda; i servizi sanitari di un medico in cambio del concerto di un pianista. La specializzazione permette ad ogni uomo di sviluppare le sue migliori abilità, e permette ad ogni regione di sfruttare le sue peculiari risorse. Se nessuno potesse scambiare, se ogni uomo (o ogni piccola collettività di uomini come una tribù o un borgo medioevale) fosse costretto a essere completamente autosufficiente, è ovvio che la maggior parte di noi morirebbe di fame, e il resto rimarrebbe vivo a malapena: ancora pochi secoli fa, quando per motivi tecnici e/o politici gli scambi erano limitati, il nostro pianeta aveva risorse per mantenere in vita solo qualche centinaio di milioni di uomini (di cui la gran parte in estrema povertà); oggi, a globalizzazione ormai completa, lo stesso pianeta fa vivere oltre sette miliardi di persone (e buona parte in opulenza). Lo scambio è la linfa vitale, non soltanto dell economia, ma della civiltà stessa. Tuttavia lo scambio diretto di beni e servizi (il baratto) sarebbe a malapena sufficiente a mantenere un economia appena sopra un livello primitivo. Lo scambio diretto, il baratto, difficilmente può portare a condizioni economiche di poco migliori della pura autosufficienza. Perché questo? Per prima cosa, è chiaro che si potrebbe realizzare una produzione molto limitata. Se do l incarico a degli operai di costruire una casa, con cosa li pagherò? Con delle lezioni di economia che interessano a nessuno? Con dei pezzi della casa che mi stanno costruendo? I due problemi base del baratto sono l indivisibilità e la mancanza di coincidenza dei desideri. Così, se ho un televisore e lo volessi scambiare con diverse cose diciamo uova, pane e vestiti come posso fare? Non posso certo fare a pezzi la TV e darne un pezzo al contadino e un altro pezzo al sarto. Ma anche quando i beni sono divisibili, è generalmente impossibile per due che abbiano da scambiare qualcosa incontrarsi proprio in quel momento. Se A ha delle uova da vendere e B ha un paio di scarpe, come possono trovarsi d accordo se A in quel momento vuole un vestito e non le scarpe? E pensate alla fatica, per un vecchio (ma immortale) professore di economia amante del pinzimonio, trovare un venditore di carote e cipollotti che voglia acquistare alcune lezioni di economia o una consulenza fiscale in cambio dei suoi prodotti! Chiaramente nessun tipo di società non primitiva è possibile sotto un regime di scambio diretto. 7.2) La nascita della moneta. L uomo ha scoperto, grazie al processo per tentativi ed errori by trial and error (processo che più di qualsiasi altro fattore ci ha portato dalle caverne ai grattacieli), la strada che conduce ad un economia in continua espansione: lo scambio indiretto. Effetti dell applicazione del processo by trial and error 21

22 Con lo scambio indiretto si vendono i prodotti non per un bene che ci serve direttamente, ma per un altro bene che può a sua volta essere venduto per un bene desiderato. A prima vista questa può sembrare una complicazione. Ma è invece uno strumento meraviglioso che permette alla civiltà di svilupparsi. Consideriamo il caso di Biolco, il contadino ricco di uova che vuole comprare le scarpe fatte da Ciabattoni, il calzolaio. Dal momento che Ciabattoni, avendo il colesterolo alto, non è interessato alle uova, Biolco scopre ciò che il calzolaio desidera, ad esempio della benzina, e si mette alla ricerca di un terzo, Carburo, che desidera uova e ha benzina in eccesso. Biolco scambia le sue uova per la benzina di Carburo; poi Biolco vende la benzina a Ciabattoni per le scarpe. Attenzione: Biolco va in bicicletta, non in auto; non gli interessa la benzina per il consumo diretto, ma perché essa gli permetterà di prendersi le scarpe. Il contadino ha bisogno di scarpe, ma al al calzolaio non interessano le sue uova: a lui interessa, invece, la benzina. Il contadino, allora, vende le sue uova al benzinaio che è goloso di frittata, al solo scopo di comprare da lui la benzina da dare al calzolaio e ottenere così le scarpe. Ecco come la benzina si evolve in moneta. Allo stesso modo io, proprietario di una televisione di cui posso fare a meno, venderò il mio TV per un prodotto che posso più facilmente dividere e vendere ad esempio sempre la benzina e poi scambierò litri di benzina per uova, pane, vestiti ecc. In entrambi i casi la superiorità della benzina la ragione per cui c è una domanda extra di benzina oltre a quella originata dalla semplice volontà di consumarla sta nella sua maggiore commerciabilità o, come anche si dice, nel suo maggior grado di liquidità. Se un bene è più commerciabile (più liquido ) di un altro se tutti cioè pensano che sarà più prontamente vendibile allora esso sarà molto richiesto perché sarà comprato per accumularne una certa scorta da utilizzare come efficace mezzo di scambio. Sarà il mezzo con cui un produttore specializzato può scambiare il suo prodotto con i beni di altri produttori specializzati. 22

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