L AGGUATO DI VIA FANI

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1 MAURIZIO BAROZZI L AGGUATO DI VIA FANI 16 marzo 1978 Una ricostruzione attenta e precisa, sulla base delle risultanze processuali, dei dossier e relazioni delle Commissioni parlamentari d inchiesta, delle testimonianze a verbale, e delle perizie medico, scientifico e balistiche. Roma Dicembre 2014 Saggio di studio - non in vendita 1

2 INDICE Introduzione... pag. 3 Quadro riassuntivo dei fatti... pag. 4 L agguato di via Fani: La Cronaca... pag. 4 Mappe e schizzi... pag. 7 Elementi riscontrati nell agguato... pag. 12 Armi... pag. 12 I componenti... pag. 15 Le auto e la fuga... pag. 16 Elementi per l azione di fuoco... pag. 18 Disposizione e tiratori... pag. 18 Il tiratore che uccise Leonardi... pag. 19 Il BR uscito dalla 128 targata CD... pag. 20 L uccisione dell agente Iozzino... pag. 20 Le armi che hanno sparato... pag. 21 Il conto dei 91 colpi... pag. 22 L agguato... pag. 25 Componenti commando e misteri correlati... pag. 30 Il super killer... pag. 31 BR eterodirette e segreti di Moro occultati?... pag. 31 Le presenze estranee in via Fani... pag. 33 La moto Honda... pag. 33 Appendici... pag. 37 Testimonianze Marini e Lalli... pag. 38 Corte d Assise di Roma pag. 40 Perizia Tecnico-Balistica-Medico Legale... pag. 46 M. Barozzi - Saggio di studio - non in vendita 2

3 Introduzione Questa che appresso presentiamo non è l unica ricostruzione dinamica possibile dell agguato brigatista del 16 marzo 1978 in Via Fani, ma può considerarsi la più realistica. Ci si sarebbe aspettato, visti 5 processi, 2 Commissioni Parlamentari d Inchiesta, deposizioni e racconti dei protagonisti, interviste, le sentenze, le condanne, le semilibertà e benefici correlati, di avere un quadro chiaro e preciso almeno delle fasi dell agguato, trattandosi di una semplice meccanica militare. E invece dubbi e particolari non chiari e non da poco abbondano, tanto che a volte dovremo formulare più di una ipotesi ricostruttiva. Pazienza per tante altre vicende del caso Moro, dove si percepiscono stranezze, accordi e situazioni mai spiegate, ma le sole fasi dell agguato che non si riescono a precisare, i brigatisti che prima attestano dati sbagliati, poi cambiano e modificano versioni o si arroccano nel silenzio del tanto tutto è oramai chiaro, hanno fatto sospettare, e ben a ragione, che forse quel giorno in via Fani ci furono presenze che non si possono rivelare. Per altri versi, e non a caso, nessuno ha potuto definire il ruolo effettivo di quel colonnello Camillo Guglielmi dei Servizi, presente quel giorno, a quell ora, nei pressi di via Fani,. Questa situazione, però, ha anche dato fiato a quanti si sono messi a fare i complottisti a tutto spiano, cosicché ne è generata un orgia di ipotesi, fantasie e vere e proprie bufale. La letteratura in argomento poi, articoli di stampa compresi, è spesso inesatta o inattendibile. Occorre quindi attenersi, più che altro, alle sentenze, alle perizie, sebbene carenti in molti aspetti e alle testimonianze e dichiarazioni a verbale o ufficiali. Con il disegno alla Pag. 11, abbiamo ricostruito le fasi dell agguato, con tutti i dubbi e le poche certezze in merito: VALE COME ORIENTAMENTO GENERALE. 3

4 IL QUADRO RIASSUNTIVO DEI FATTI L AGGUATO DI VIA FANI: LA CRONACA Ecco come la cronaca ha registrato l agguato di via Fani con il rapimento dell on Aldo Moro ( qui a lato una foto di qualche anno prima). Riassumiamo, mostrando anche qualche passaggio di come l ha riassunto l enciclopedia on line Wikipedia. Più avanti preciseremo, correggeremo e spiegheremo. Il sanguinoso agguato delle BR fu compiuto il mattino del 16 marzo 1978 in via Mario Fani a Roma, uccidendo i componenti della scorta di Moro, importante esponente politico della Democrazia Cristiana (ne era il presidente). Questo tragico fatto di sangue degli anni di piombo, fu il primo atto del drammatico rapimento dell'esponente politico che si concluse dopo 55 giorni, il 9 maggio 1978 con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani. Le modalità precise dell'agguato, denominato in codice all'interno delle Brigate Rosse Operazione Fritz [in riferimento alla frezza bianca sulla capigliatura di Moro], i dettagli operativi, le circostanze precedenti e successive all'attacco, le responsabilità, i componenti del gruppo di fuoco terroristico, l'eventuale presenza di altre componenti estranee alle Brigate Rosse o di connivenze e aiuti esterni, sono tutti aspetti della vicenda aspramente dibattuti in sede processuale, parlamentare e pubblicistica, e rimangono oggetto di discussioni e dubbi. Preliminari Non si conosce la data esatta in cui le BR presero la decisione definitiva di rapire l on. Moro, di certo molti mesi prima del 16 marzo 78. Era comunque da tempo che Moro veniva sorvegliato, soprattutto per studiarne gli spostamenti: l uscita da casa in via Trionfale, il suo studio in via Savoia, le sue lezioni all Università, le sue mattutine presenze alla Chiesa Santa Chiara in piazza dei Giuochi Delfici, i suoi frequenti passaggi con la scorta da via Mario Fani, e così via. Alla fine venne presa la decisione di eseguire l agguato in via Mario Fani, angolo via Stresa, un tratto di strada che si prestava bene per questo genere di operazioni. Nell ultima decade di febbraio 1978 i brigatisti eseguirono anche qualche prova preliminare sul luogo dove poi avrebbero consumato il rapimento. Accortisi che all angolo dell incrocio sostava permanentemente il fioraio, Antonio Spiriticchio, con il suo camioncino, una presenza che si sarebbe trovata proprio sulle traiettorie di sparo, i brigatisti provvidero, la sera del 15 marzo, giorno precedente all agguato, di andargli sotto casa per bucare tutte e quattro le ruote del suo furgoncino in modo che il fioraio, la mattina dopo verso le ore 9, non fosse presente sul posto. Roma, ore 08:45 - ore 09:00 circa. Giovedì 16 marzo 1978 a Roma era previsto il dibattito alla Camera dei deputati ed il voto di fiducia per il quarto governo presieduto da Giulio Andreotti (foto a lato); per la prima volta nella storia repubblicana il Partito Comunista Italiano avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare del nuovo esecutivo. Principale artefice di questa complessa e difficoltosa manovra politica era stato il presidente della DC, il partito italiano di maggioranza relativa, l'onorevole Aldo Moro. 4

5 Con una faticosa mediazione e sintesi politica, Aldo Moro, dopo colloqui con il segretario comunista Enrico Berlinguer, era riuscito a sviluppare il rapporto politico tra i due maggiori partiti italiani la DC e il PCI. Superò forti resistenze interne al suo partito e contrasti tra le varie forze politiche; fino alle ultime ore erano sorti nuovi problemi legati alla composizione ministeriale, giudicata insoddisfacente dai comunisti, del nuovo governo guidato da Andreotti, ma alla fine gli accordi erano stati trovati e la votazione sembrava scontata. Ministro degli Interni sarà Francesco Cossiga (qui a lato in foto) che poi avrà un decisivo ruolo nei 55 giorni del rapimento. Questa evoluzione politica aveva in sé molti aspetti ambigui e pericolosi: rispetto agli accordi di Jalta, era un compromesso storico foriero di possibili sviluppi autonomisti del nostro paese rispetto al suo schieramento atlantico e scollamenti rispetto all inquadramento del PCI nell orbita sovietica (Eurocomunismo), quindi uno sviluppo mal visto sia a Washington che a Mosca. Anche ad Israele la politica estera di Moro, propensa ad una certa equidistanza nei conflitti arabo palestinesi - israeliani, non era mai piaciuta. Si ricordava di quando nel 1973, Moro da ministro degli esteri, nego gli scali agli arerei americani che dovevano rifornire Israele nella guerra del Kippur, facendo approvare dal Parlamento il diniego. Ma ancor più nel 1975 Moro per evitare ritorsioni, o comunque l estendersi della guerriglia sul nostro territorio, si accordò con le frange Palestinesi, di non usare l Italia come terra di scontro, e in cambio liberò due palestinesi arrestati per un progettato attentato a Fiumicino contro la El Al. Furono liberati e portati in Libia da un aereo, Argo, dei nostri Servizi. Poco dopo si scatenò una tremenda vendetta: l aereo Argo venne fatto precipitare su Porto Marghera, e ne rimasero uccisi 4 membri dell equipaggio. Tutti i sospetti erano sugli israeliani, ma al processo non ci furono colpevoli. Su Moro pesava anche il segretissimo lodo Moro, una specie di accordo con la guerriglia palestinese che si impegnava a non compere attentati in Italia. Non era però vero che Moro apriva al comunismo, anzi era vero il contrario perché questa nuova formula di governo, intanto risolveva la crisi che attanagliava, anche in termini di voti, da tempo la DC e in prospettiva rischiava di snaturare completamente il PCI coinvolgendolo nella prassi di governo, come già era avvenuto anni prima per i socialisti. Aldo Moro era inoltre oggetto di accuse scandalistiche, ispirate dagli Usa per minarne l'autorevolezza. Nel quadro del cosiddetto "scandalo Lockheed", era stato ventilato sulla stampa che il famoso Antelope Kobbler, il misterioso referente politico, coinvolto nella transazione finanziaria con l'industria aeronautica statunitense, avrebbe potuto essere Moro. Proprio il mattino del 16 marzo 1978 il quotidiano la Repubblica pubblicava in terza pagina un articolo in questo senso con il titolo: <<Antelope Kobbler? Semplicissimo, è Aldo Moro>>. Si è saputo in seguito che fu una montatura ispirata dagli Sati Uniti. La presentazione delle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Andreotti alla Camera dei deputati era stata fissata per le ore 10:00 del 16 marzo e fin dalle ore 08:45 gli uomini della scorta dell'onorevole Moro erano in attesa, fuori dalla sua casa in via del Forte Trionfale 79, che l'uomo politico uscisse dalla propria abitazione per accompagnarlo in Parlamento anche se forse doveva prima avere un altro incontro politico con un perplesso Zaccagnini a casa sua. I brigatisti provvidero anche a passare sotto casa di Moro per accertarsi che ci fosse la scorta e quindi Moro fosse in procinto di uscire di casa. Aldo Moro scese qualche minuto prima delle 09:00 e accompagnato dal maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, suo collaboratore da anni, salì sulla Fiat 130 blu, guidata da Domenico Ricci, sedendo nei sedili posteriori. Subito dopo il piccolo convoglio, l'auto del presidente con l autista e Leonardi e quella della scorta, una Alfa Romeo Alfetta bianca, con l autista Giulio Rivera e due agenti, Zizzi e Iozzino, si mise in movimento in direzione di via della Camilluccia tagliando, come faceva spesso, ma non sempre, per via Fani. Le auto procedevano a velocità un pò sostenuta, mentre Moro consultava i giornali del mattino. 5

6 Ore 09:02 Alle ore 09:02 circa in via Mario Fani (via larga circa 10 metri, a doppio senso, che nel proseguo chiameremo Fani alta il tratto in discesa fino quasi all incrocio con via Stresa, e Fani bassa, dall incrocio in avanti), l'auto di Moro e l Alfetta della scorta, provenienti da via Trionfale, furono bloccate allo stop, all'incrocio con via Stresa, da una Fiat 128 familiare targata CD, una falsa targa diplomatica destante pochi sospetti, che messasi davanti al convoglio, si era fermata proprio a cavallo dello stop dell incrocio. Sembra che la macchina con Moro, tamponò la 128 CD che gli si era fermata improvvisamente davanti, e poi l Alfetta di scorta tamponò a sua volta la 130 di Moro. Il BR Moretti, che guidava la 128 CD, lo escluse, disse che proprio il non farsi tamponare era importante per non destare attenzione negli agenti di scorta. Non è molto importante, ma invece,sia la versione del BR Valerio Morucci, che alcuni testimoni che hanno sentito il rumore degli urti, divergono. Ancora oggi la 130 di Moro mostra una ammaccata anteriore, a meno che non sia stata causata poco dopo con le auto che si tamponarono a catena. L autista della 130 di Moro, cercò di svicolare sulla destra, ma non poteva passare a causa di una Mini Morris parcheggiata a destra a fianco del marciapiede. A macchine ferme, 4 uomini vestiti simile alle uniformi dell aeronautica, sbucarono dal marciapiede di sinistra, da dietro le piante di fronte al bar Olivetti chiuso per restauri, e fecero qualche passo per coprire i 5 metri di mezza carreggiata che li separavano dalle auto ferme. Qui sotto, una simulazione, dal film Il caso Moro di Giuseppe Ferrara. In terra si vede una borsa, marcata Alitalia, che probabilmente portava le armi, vista dai testimoni. Non è ben chiaro, ma sembra che un passeggero della 128 CD, quello a fianco di Moretti alla guida, scese e sparò sul Leonardi, che era a fianco del guidatore Ricci nella Fiat 130, e quindi forse anche su quest ultimo. Ruppe anche il vetro anteriore destro per sparare meglio. Il maresciallo Leonardi colpito anche in pieno petto al cuore morì subito e gli altri colpi che lo attinsero furono ininfluenti. Qui a lato Domenico Ricci, riverso sul volante. E anche incerto se Moretti scese anche lui e andò verso la 130 di Moro, lato autista a infrangere il vetro anteriore, ma Moretti disse di essere rimasto in auto. 6

7 Ma soprattutto la scena fu presa dai 4 avieri che spararono con i mitra verso le due macchine. Fu una strage, fatto salvo Moro, rimasto incolume nel sedile posteriore. Qui sotto l Alfetta di scorta devastata dall agguato: vista da destra e, nella foto accanto, dalla parte opposta da dove sul lato sinistro ricevette i colpi. Solo l agente Iozzino, seduto dietro nella Alfetta di scorta, riuscì ad uscire dall auto ed anche a sparare due colpi con la sua Beretta 92 contro i brigatisti, ma venne falciato da molti colpi. Nel frattempo una donna, vestita con una gonna blu o grigia in modo da apparire della polizia, si era messa al centro dell incrocio bloccando il traffico con una paletta e munita di una mitraglietta. Dietro le auto che erano scese da via Fani, invece, si pose una 128 bianca di traverso e due BR armati si misero di guardia a protezione della via alle spalle. Oltre l incrocio, invece, una 128 blu, sempre in via Fani bassa, era pronta per la fuga. Qui nella foto sotto si vede la 128 giardinetta CD bianca in prima fila, ferma allo stop all incrocio e che ha bloccato dietro le due auto di Moro. Si nota anche via Fani, da dove venivano le auto, che mostra un po di pendenza. 7

8 Finiti gli spari, da via Stresa, dietro l incrocio, arrivò, a marcia indietro, una Fiat 132 blu che si affiancò alla 130 devastata dai colpi, da cui fecero uscire Moro e lo caricarono sopra. Venne notata anche un grossa moto con due uomini sopra che era presente nell azione sia pure a latere, anche se il suo ruolo non si riuscì pienamente a ricostruire. Alcuni BR salirono sulla 128 bianca che era stata messa a chiusura dietro le auto bloccate, altri sulla 132 con il rapito e inoltre sulla 128 blu e si dileguarono per via Stresa (verso via Trionfale), via in salita, un poco stretta e a doppio senso, non tanto agevole per una fuga. Il tutto era durato circa 3 minuti, sotto gli occhi di alcuni testimoni casuali. Tra i testi più importanti, che ebbero modo di vedere ampie scene dell agguato, e si trovarono in parte coinvolti in quella cronaca, ci furono l ing. Alessandro Marini che, arrivato in motorino da via Fani bassa, si era fermato all incrocio con via Stresa (per lo Stop e per la brigatista con la paletta) proprio all inizio della sparatoria e vide tutta la scena. Anzi i due sulla moto andando via gli spararono anche contro per intimidirlo e non farlo muovere. La signora Eufemia Evadini, che proprio tra le 9 e le 9,02 aveva visto passare le macchine che poi si fermarono allo Stop con via Stresa ed ebbe inizio la sparatoria. Il giovane Paolo Pistolesi, della edicola di giornali su via Fani alta più o meno dietro la fiat 128 bianca che sarà poi messa di sbieco dai brigatisti a cancelletto. Giovanni Intrevado, un poliziotto della stradale fuori servizio che era arrivato con la sua Fiat 500 da via Stresa all incrocio proprio mentre portavano via Moro e venne fermato dalla donna con mitra e paletta e da un altro brigatista in divisa da aviere. Pietro Lalli che si definì un buon esperto di armi e che era addetto ad una pompa di benzina su via Fani bassa; questi, uditi i primi spari, aveva risalito qualche metro per arrivare a circa 100 metri dall incrocio e vide un BR in divisa da aviere che sparava, disse il Lalli, con grande abilità, in due tempi, contro la 130 e poi contro L Alfetta. Ed infine (ma ricordiamo che in tutto si ebbero oltre 30 testimoni, anche dai balconi e finestre, di varie fasi dell agguato, del rapimento e della fuga), Antonio Buttazzo, un ex poliziotto che stava eseguendo funzioni di autista privato, il quale accortosi del rapimento andò dietro le auto in fuga per un primo tratto. Fuggiti i brigatisti, rimasero sul luogo dell agguato sparuti testi, impauriti e sconcertati, e le auto crivellate di colpi con dentro 4 agenti tutti morti, e uno moribondo che morirà poi all ospedale. In terra l agente Iozzino crivellato di colpi, coperto prima con un giornale e poi con un lenzuolo (foto a lato). Rimase anche l'auto Fiat 128 familiare con targa del corpo diplomatico "CD 19707", ferma all'incrocio e abbandonata. Nel frattempo arrivò prima una Alfetta con dei poliziotti in borghese, alquanto esagitati, e subito dopo un auto della polizia. La prima comunicazione alle forze dell'ordine venne registrata alle ore 09:03 al 113 da una telefonata anonima che informava di una sparatoria avvenuta in via Mario Fani; la centrale operativa del 113 provvide quindi ad allertare subito la pattuglia del Commissariato di Monte Mario che era in sosta di servizio in via Bitossi, proprio dove, poco dopo, secondo i racconti dei brigatisti, sarebbero dovute giungere alcune auto dei brigatisti in fuga. Dalla documentazione della Questura risulta che già alle 09:05 arrivò la prima comunicazione degli agenti della pattuglia di Monte Mario che, giunti sul posto in via Fani, provvidero ad allontanare la folla che si era radunata, ispezionarono le auto con i colleghi colpiti, raccolsero 8

9 le prime notizie dalle persone presenti e richiesero di "inviare subito le autoambulanze, sono della scorta di Moro e hanno sequestrato l'onorevole". Gli agenti, da informazioni sul posto, riferirono anche che i malviventi si sarebbero allontanati su una Fiat 128 bianca con targa "Roma M53995"; i poliziotti della pattuglia diramarono anche l'informazione che i terroristi avrebbero indossato "divise da marinai o da poliziotti". Entro le ore 09:10, venne comunicato alle autoradio delle volanti dalla sala operativa della Questura di ricercare, oltre alla Fiat 128 bianca in cui erano stati segnalati giovani a bordo, anche una auto Fiat 132 blu targata "Roma P79560" e una "moto Honda scura". Qui sotto: le auto di Moro. Nella prima foto la Fiat 130 blu, a fianco si nota una Mini Morris parcheggiata a fianco del marciapiede. Nella foto sotto l Alfetta della scorta crivellata di colpi. 9

10 (Giovedì 16 marzo ore 09,02 / 09,05) (Via Fani angolo via Stresa - posizioni e distanze sono approssimate) Senso di marcia auto ; Fuga auto: via Stresa verso via Trionfale. M = teste A. Marini (arriva da via Fani, parte bassa, con il motorino allo Stop con via Stresa, all inizio dell agguato); I = teste G. Intrevado (arriva all incrocio con la sua 500, poco dopo il Marini (M), mentre trasbordano Moro. L = teste P. Lalli, (a circa 100 mt. dall incrocio, via Fani bassa, vede un BR aviere sparare con grande abilità). P = teste P. Pistolesi. (Sentiti gli spari e uscito dalla giornaleria, in via Fani alta, vede un BR con sottocasco e mitra) J = Agente R. Iozzino (uscito dall Alfetta spara due colpi di pistola Beretta 92, ma è subito abbattuto colpito a morte).? Elementi dubbi: uno spara a G. Leonardi dalla parte anteriore dx della Fiat 130 (A) e un altro spara contro l Alfetta (B) e lo Iozzino (J), (Uno può essere uscito dallo sportello dx della 128 (C), l altro dalla Moto (11); 1. M. Moretti (alla guida nella 128 CD (C), è incerto se sia uscito o rimasto in auto; Va via sulla 132 (D), con Moro. 2. A. Lojacono (BR irregolare,); Va via sulla 128 bianca (F), 3. A. Casimirri, (BR irregolare); Va via sulla 128 bianca (F), 4. B. Balzerani ha una paletta per il traffico per fermare il traffico all incrocio; Va via sulla 128 blu (E) di fuga. 5. B. Seghetti, è alla guida della 132 blu di fuga (D) che porterà via Moro; 6. V. Morucci in uniforme aeronautica (è uno dei 4 tiratori davanti al bar Olivetti. Va via, dopo aver preso un paio di borse dall auto di Moro, guidando la 128 blu (E) di fuga). 7. R. Fiore in uniforme aeronautica è uno dei 4 tiratori davanti al bar Olivetti, Va via sulla 132 (D), di fuga. 8. P. Gallinari in uniforme aeronautica (è uno dei 4 tiratori davanti al bar Olivetti, Va via sulla 128 bianca (F). 9. F. Bonisoli in uniforme aeronautica (è uno dei 4 tiratori davanti al bar Olivetti; Va via sulla 128 blu (E) di fuga. 10. R. Algranati (BR irregolare, Segnala arrivo macchine con Moro, va via poco prima dell agguato su un motorino). 11. Due sulla moto Honda; (in borghese, uno ha il volto coperto. Vanno via dietro le macchine); X = Mini Morris scura, estranea, parcheggiata, che ostacola la manovra di svincolo della 130 di Moro. A = Fiat 130 blu scuro targata Roma L guidata da D. Ricci (a fianco O. Leonardi e dietro A. Moro). B = Alfetta bianca, Roma S 93393, guidata agente G. Rivera, con a fianco F. Zizzi e dietro R. Iozzino (J). C = Fiat 128 giardinetta bianca, targa CD 19707, (ferma allo stop, muso verso via Stresa. Guidata da Moretti (1). E quasi certo, che abbia un passeggero a fianco, uscito per sparare al maresciallo Leonardi. L auto resterà sul posto). D = Fiat 132 blu scuro, targa Roma P79560, posteggiata in via Stresa contromano parte posteriore verso l incrocio, guidata da Seghetti (5). Preleverà, arrivando in retromarcia, Moro e porterà via anche Moretti (1), Fiore (7), e forse un altro componente (?) del commando. Potrebbe infatti avere a bordo 4 brigatisti più Moro. E = Fiat 128 blu targata Roma L (in via Fani bassa, verso l incrocio. Va via, guidata da Morucci (6), con Bonisoli (9) e Balzerani (4). F = Fiat 128 bianca targata Roma M (in via Fani alta fà da canceletto per sbarrare di traverso la strada e poi per la fuga di Casimirri (2) e Lojacono (3) e raccoglierà anche il Gallinari (8). 10

11 VERSO VIA TRION- FALE 11

12 DATI ED ELEMENTI RISCONTRATI ARMI: Spararono almeno 4 mitra calibro 9 mm parabellum (uno non recuperato) e 2 pistole Cal. 7,65 e 9, parabellum alle quali si aggiunge la pistola Beretta 92 cal. 9 parabellum di ordinanza dell agente Iozzino. Per un colpo (o due) Cal. 9 corto repertato, c è il sospetto di una pistola cal. 9 X 17 o 9M34 mai trovata o accennata dai brigatisti (a meno che non sia un 9 corto caricato per sbaglio in un caricatore parabellum). Si suppone anche presente una mitraglietta straniera non recuperata e mai accennata. E stato rinvenuto un caricatore con 22 colpi (forse ne aveva sparati in terra), repertato, ma non periziato. Nell'audizione del dott. Ciampoli nella Nuova Commissione Moro, si parla di arma straniera riconducibile a tale caricatore, quindi sarebbe un arma non individuata (quelli della moto Honda?, anche se sembra da attribuirsi a quello inceppatosi al Morucci, non viene sciolta questa incertezza molta importante). Sono stati individuati 91 bossoli (+ 2 della Beretta 92 dell agente Iozzino), ma devono considerarsene altri non repertati perché andati smarriti sul posto dalla folla accorsa prima del transennamento. Di questi 93 colpi si sono ritrovati 68 proiettili o loro parti. Importante sapere che sono stati trovati bossoli anche sul lato destro delle macchine e inquieta che sono state individuate circa 31 munizioni speciali, ricoperte di vernice protettiva, come di provenienza da depositi militari segreti. I brigatisti hanno indicato la sottostante distribuzione delle armi e possibile numero di colpi sparati. Su questa versione dei brigatisti diamo, appreso, modelli anno costruzione e dotazione possibili caricatori. Qualche dato può aver subito modifiche: M12 9mm. Parabellum (Mitra, Caricatori: 20, 32, 40 colpi ) 1961 Italia. Peso 3,80 Kg. (R. Fiore, gli si inceppa, cambia caricatore e gli si inceppa di nuovo. Sembra che non abbia sparato o forse ha sparato 3 colpi. Dicesi che sparò contro la 130 di Moro, ma è incerto). FNA 43 (forse due) 9 mm Parabellum; (Mitra, Caricatori: 10, 20, 30, 32, 40 colpi) ; 1943 / 45 Italia. Peso 3,7 Kg. (uno V. Morucci, spara 7 colpi, gli si inceppa, cambia caricatore e forse spara un'altra trentina di colpi, forse tutti contro la 130 di Moro e poi qualcuno contro l Alfetta. E un altro F. Bonisoli che non si sa quanti colpi abbia sparato - forse 5, o forse 20? - contro l Alfetta, prima che si inceppasse). TZ45 9mm. Parabellum (Mitra, Caricatori: 20, 30, 40 colpi) 1945 / anni 50 Cecoslovacchia; Peso 3,260 KG. (P. Gallinari, non si sa bene quanti colpi abbia sparato, contro l Alfetta prima che si inceppasse: - forse 5, o forse 20?). MAB 38 9mm parabellum - (Mitra, Caricatori da 10, 20, 30, 40 colpi); IT / anni 60 Peso 4,8 Kg. (M. Moretti, non ha sparato). 12

13 M1 cal. 30, USA 1945 (Fucile, Caricatori 15, 30 colpi); Peso Kg. 2,48; (A. Loiacono, non ha sparato) Vz 61 Scorpion 7,65 Browning, (Mitraglietta, Caricatori 10, 20 colpi); Peso 1,400 kg., 1945 Cecoslovacchia (B. Balzarani, non ha sparato) Browning HP 9 mm. parabellum (Pistola, Caricatori: colpi), Belgio 1935 e seg. (M. Moretti, V. Morucci, non hanno sparato; R. Fiore, è incerto se ha sparato qualche colpo o non ha sparato affatto). Smith & Wesson 39 9 mm. parabellum (Pistola, Caricatore 8 colpi.) USA 1955 e seg. (P. Gallinari, ha sparato alcuni colpi contro l Alfetta). Beretta 51 (52 adattato) 7,65 parabellum (Pistola, Caricatore 8 colpi), IT e seg. (F. Bonisoli, ha sparato alcuni colpi, un po dappertutto, anche aggirando le macchine). Beretta 92 9 mm. parabellum, (Pistola, Caricatore 15 colpi. IT e seg. (R. Iozzino, ha sparato due colpi verso i brigatisti senza colpirli).?? restano indefinite l arma (cal. 9) con cui si è sparato al maresciallo Leonardi, e la mitraglietta con la quale uno dei centauri sulla moto Honda, ha sparato all ing. Marini. Se non tra queste, allora è anche indefinita l arma (cal. 9) che ha finito l agente Iozzino. Non si sà il Casimirri che arma aveva (non ha sparato). FOTO DEI MODELLI (generiche) M12 FNA 43 13

14 TZ45 MAB 38 M1 Vz 61 Scorpion Browning HP SmIth & Wesson 39 Beretta 51 (52) Beretta 92 14

15 L agguato: Fu rapidissimo e senza imprevisti di sorta. La sua realizzazione, nonostante la scarsa abilità dei tiratori, fu dovuta al fattore sorpresa, alla vicinanza di tiro e al limitato grado di addestramento degli uomini della scorta, alcuni singolarmente adeguati e preparati, altri no, ma come equipe d insieme antisequestro, non lo erano e che, tra l altro, non tutti avevano le loro armi a immediata portata di mano. Quindi la riuscita è posibilissima, ma sorge qualche dubbio, come vedremo, per il fatto che tutti i mitra, in qualche modo, si icepparono. I componenti: Riuscita dell operazione a parte, però, stabilita solo a posteriori, non è assolutamente credibile che coloro che hanno studiato il piano operativo, abbiano impiegato 4 tiratori dilettanti e dalla sola parte sinistra delle auto bersaglio, avendo pur dovuto considerare che: a) Avevano di fronte 5 uomini di scorta (due carabinieri: Leonardi, comandante della scorta, e Ricci e tre agenti Ps: Iozzino, Rivera e Zizzi), dei quali non potevano conoscere il grado di addestramento e quindi presumere che fosse alto ed infatti poi rivendicarono che avevano annientato le teste di cuoio di Cossiga e Morucci confermò che ritenevano di aver a che fare con agenti scelti e preparatissimi. b) Possibili inceppamenti delle armi impiegate (infatti: Morucci sparò in due tempi causa l inceppamento, forse con una prima raffica di 7 colpi; Fiore con il mitra M12 più moderno, non sparò o al massimo sparò 3 colpi. Anche Bonisoli e Gallinari, con l Fna43 e il Tz45, non si sa bene dopo quanti colpi gli si incepparono le armi); c) L evenienza che il punto prestabilito di fermo delle macchine, allo Stop, avrebbe potuto essere diverso, seppur di pochi metri, magari con auto estranee che si erano frapposte, costringendo i cecchini ad arrivare da più lontano e diminuendo così il fattore sorpresa. Ergo deve per forza essere stato previsto un ulteriore accorgimento con altri tiratori ed infatti il maresciallo Leonardi venne attinto da 9 colpi di cui almeno 6 con traiettorie intrasomatiche da destra a sinistra (colpendo anche il petto) quindi da destra anteriore delle auto, mentre l agente Iozzino, uscito dall auto, fu abbattuto, con 17 colpi tutti dal lato sinistro del corpo anche da uno o due tiratori, con arma in calibro 9 mm., che agivano dal fondo delle auto sulla parte alta di via Fani dal lato di fronte, ma più in là dei 4 tiratori in divisa. Detto questo, constatiamo: 1. E dubbio l esatto numero dei componenti del commando impiegati nell agguato, agli atti se ne sono accertati 10: Morucci, Fiore, Gallinari, Bonisoli, Moretti, Seghetti, Balzerani, Lojacono, Casimirri + 1: la Algranati (usata come segnalatrice dell arrivo delle macchine con Moro e poi andata via), di cui solo i primi quattro, impiegati come tiratori nella sparatoria. A questi si aggiunge la presenza, pur negata dai brigatisti, della moto Honda con due elementi in borghese di cui uno con il passamontagna o sottocasco o zuccotto. E ragionevole quindi aggiungere due tiratori: uno, defilato dalla parte anteriore destra delle auto ferme, che spara contro il Leonardi seduto a fianco del guidatore della 130 di Moro, e questi può essere un passeggero, uscito dallo sportello destro della 128 CD (proprio come lo ha visto l ing. A. Marini), o (più difficile) un tiratore già pre posizionato su quel lato destro delle auto. I testi A. Marini, P. Lalli, E. Evadini, C. Damiani, D. Calia, G. Conti, E. Skerl, N. (Lina) Procopio, P. Pistolesi, hanno udito, prima alcuni colpi isolati, e poi lo sgranarsi dei mitra. Forse (ipotesi) bloccate le auto allo stop, il passeggero destro della 128 CD è uscito, fingendo di constatare un tamponamento, e abbia sparato contro il Leonardi a cui hanno subito seguito i 4 tiratori con mitra, ecc. Ed un altro tiratore (se non due), in fondo alle macchine del marciapiedi di fronte, via Fani alta, un poco più in là dei BR che erano in divisa da avieri, il quale spara / spararono, con 15

16 arma in calibro 9 mm, poi non ritrovata, contro l agente Iozzino. Un soggetto con sottocasco, l unico a volto coperto, armato di mitraglietta, è stato infatti visto chiaramente da P. Pistolesi, e in modo più approssimativo, dai coniugi Moscardi, e da N. Procopio che indicarono forse una specie di zuccotto. E probabile che sia un passeggero della moto Honda. Stranamente anche l agente Rivera, autista dell Alfetta, risultò colpito anche da destra con arma diversa da quella usata per il Leonardi. Ricapitolando: Quindi il conto totale dei brigatisti impiegati come minimo sale a: 9 noti, + 2 della Honda + 1 Algranati, totale 12 (e non 10 come asserito dalle BR), che potrebbero elevarsi a 13 (quasi sicuro), aut 14 se il BR che spara a Leonardi dal lato destro delle auto o quello/i allo Iozzino dall alto di via Fani, non sono tra i due sulla moto, ma altri sconosciuti. 2. I referti balistici e le perizie sono risultati incompleti, per mancanza dello studio esaustivo delle armi e dei bossoli e con troppe risultanze date come possibili, probabili, ma non certe. Ad esempio: il famoso tiratore che si disse da solo avrebbe sparato 49 colpi, forse non esiste, essendo stati, nella prima perizia, considerati due mitra FNA43 come uno solo. Una seconda perizia però effettuata da Salza e Benedetti a metà degli anni 90 non potè attribuire con certezza i 49 bossoli a un unica arma (e ugualmente non potè esprimersi con precisione un altro consulente, il Nordio). L incertezza resta e forse il teste P. Lalli, che da circa 100 metri di distanza posizionato in via Fani bassa, vide questo superkiller sparare con grande abilità in due tempi, causa la distanza, potrebbe invece aver visto Morucci, l unico pratico con le armi, che in divisa sparò in due tempi, spostandosi indietro, causa inceppamento del mitra. L incertezza comunque resta. 3. Come accennato è certo (vedesi teste Marini) che dalla 128 targata CD che bloccava l auto di Moro, uscì il passeggero di destra e si diresse alla 130 sparando sul maresciallo Leonardi. E incerto se uscì anche il guidatore (Moretti) e da chi e quando furono rotti i vetri laterali anteriori della 130 per sparare meglio dentro. 4. Non è certo se i due occupanti della moto Honda, o almeno uno dei due, parteciparono alla sparatoria, ma è probabile che quello con passamontagna o sottocasco, è quello che ha sparato, dal fondo delle macchine, contro lo Iozzino. Come noto, nell andare via, questi due centauri intimidirono il teste Marini, fermo all incrocio sul motorino, sparandogli contro. Le auto e la fuga: Le macchine accertate, poi utilizzate anche per la fuga furono: la Fiat 128 bianca messa a cancelletto per chiudere via Fani alta; una Fiat 128 blu parcheggiata in via Fani bassa con il muso verso via Stresa; Quindi una 132 Blu scuro parcheggiata contro mano in Via Stresa, per arrivare in retro marca a prendere Moro; le tre machine rimaste ferme essendo state coinvolte nell agguato (tra cui la Fiat 128 giardinetta targata CD). Anche una Austin 112, non utilizzata era parcheggiata in via Stresa per ogni evenienza. Quindi non contando la A112 si contano sei macchine attive più la misteriosa moto Honda. Nella fuga Moretti salì davanti sulla 132 blu scuro guidata da Seghetti e con Moro e Fiore dietro. Secondo però un teste attendibile (A. Buttazzo un autista, ex poliziotto, che con la sua macchina andò per un breve tratto dietro alla macchina in fuga), nella 132 ci sono due uomini avanti, mentre dietro c è Moro tra altri due. Anche un'altra testimonianze riferisce che quando arrivò la 132, guidata in retromarcia da Seghetti per prendere Moro, ne scesero due uomini. Ora quelli che misero Moro in macchina, prevedibilmente Moretti, Fiore e/o Gallinari 16

17 erano già in strada, quindi sembrerebbe esserci un elemento in più già nella 132, ma non c è certezza. Ricapitolando anche la fuga con le auto quindi: - Fiat 132: con Seghetti, Moretti, Fiore (Moro) e forse un altro BR (?): totale BR: 3 aut 4 - Fiat 128: blu con Morucci, Bonisoli e Balzerani: totale BR 3 - Fiat 128: bianca con Casimirri, Lojacono e Gallinari: totale BR 3 - moto Honda: due sconosciuti: totale -? Algranati andata via prima: totale BR 1 Resta sconosciuto come si allontanò il brigatista uscito dallo sportello destro della 128 targata CD, e altre possibili presenze attorno non segnalate. Vediamo adesso altri elementi, quelli riguardanti le fasi di fuco perché presentano vari dubbi e problemi interpretativi che le perizie balistiche non hanno potuto sciogliere del tutto. Alfredo Carlo Moro, magistrato e fratello di Aldo, nel libro Storia di un delitto annunciato, con buone ragioni ha osservato «I brigatisti, come hanno essi stessi riconosciuto, non erano adeguatamente addestrati per un impresa così difficile, e sul fatto che erano anche dotati di armi non molto efficienti perché facilmente si inceppavano». 17

18 ELEMENTI DELL AZIONE DI FUOCO Nonostante le perizie, i racconti dei brigatisti (tra l altro modificati nel tempo) e oltre 30 testimoni, che però hanno assistito o udito sprazzi di fasi diverse dell agguato in via Fani, angolo via Stresa, consumatosi tra le 9,02 e le 9,05 circa, di giovedì 16 marzo 1978, ricostruire con esattezza e precisione la dinamica e le esatte presenze sul posto, è quasi impossibile a causa di menzogne, lacune e reticenze nei racconti dei brigatisti e del fatto che le perizie balistiche e le risultanze scientifiche, per motivi vari sono risultate parziali e spesso approssimate e le risultanze processuali non hanno sciolto molti dubbi. Addirittura ci sono stati dei proiettili repertati, ma non periziati per totale negligenza. Le pur numerose, anche se frastagliate testimonianze, vuoi per il fatto che l azione criminosa fu improvvisa e si concretizzò in circa 3 minuti in tutto, vuoi perché la dislocazione di luogo e di tempo dei vari testimoni è del tutto eterogenea, rendono alquanto problematico ricostruire il quadro d insieme degli avvenimenti. Non indifferente è poi il fatto, ben noto agli inquirenti, che quando si verificano eventi particolarmente traumatici e improvvisi, i ricordi, pur di uno stesso momento e di uno stesso episodio, sono spesso divergenti in vari particolari: le memorie fanno difetto, sequenze si confondono, cose sentite si immagina di averle viste e vie dicendo. Insomma, considerando queste carenze d insieme dobbiamo giocoforza restare sul cauto, e più che altro prendere per buono quello che è possibile confermare con l incrocio di più testimonianze e con alcune risultanze scientifiche e peritali. Ecco perchè la dinamica e le modalità dell agguato, da noi ricostruite, non sono le sole possibili, ma certamente sono le più realistiche. A fianco: colpi sulla fiancata sinistra dell Alfetta di scorta. Sostanzialmente quello che resta in dubbio è il numero esatto dei tiratori, l uccisione del maresciallo Leonardi da parte di uno uscito dalla 128 targata CD, oppure ancora, già posizionato anteriormente sulla destra delle auto. L uccisione dell agente Iozzino non da parte di un aviere, ma da parte di un altro tiratore, o due, sbucato/i dall alto della strada in fondo alla coda delle auto. Anche il Moretti rimasto nella 128 CD, oppure uscito dall auto, e il ruolo della moto Honda sono in parte da definire, così come la distribuzione esatta degli spari tra le varie armi che sono state individuate. Vediamo allora questi dubbi alquanto problematici. La disposizione e il numero dei tiratori. Come abbiamo visto, i brigatisti hanno attestato 10 elementi del commando, di cui uno, la Algranati, non partecipante all azione conclusiva. Ma da molti particolari (oltre alla presenza certa della moto Honda con due elementi a bordo) e dalla ragionevolezza del piano stesso (è assurdo fosse progettato con solo quattro tiratori contro due auto e 5 agenti), gli elementi impiegati nell agguato furono almeno 12, se non 13 o 14. Probabilmente, inoltre, nelle strade adiacenti, ci furono anche altri elementi sia pure con funzioni di vigilanza (ad esempio, è possibile che la Balzerani, durante il fuoco, sia rimasta sola a vigilare l incrocio via Fani - via Stresa?), ma questi elementi di contorno, per non complicare troppo le cose, possiamo anche metterli da parte. 18

19 Il tiratore che uccise Leonardi Spiegò il perito balistico Antonio Ugolini: << Sia nella prima consulenza per la procura nell immediatezza del fatto che nelle perizie balistiche eseguite successivamente in sede dibattimentale ed istruttoria scrissi che nell agguato di via Fani per rapire Moro, vi fu un fuoco incrociato da parte delle Brigate Rosse. Lo dimostravano i fori dei proiettili ed il numero delle armi». E il giudice Rosario priore, osservò: <<[Sulla base dei risultati delle perizie balistiche] il fuoco non proveniva soltanto dal marciapiede di sinistra ma anche da quello di destra; e chi sparava da questo lato doveva essere particolarmente esperto nell uso delle armi. Si era creata una situazione di fuoco incrociato. Pericolosissima, perché potevano essere colpiti anche Moro e i brigatisti. Ma né l uno ne gli altri riportarono ferite [...]. L uomo che sparava da destra [...] doveva per forza essere un killer>>. Uno dei tiratori mai attestato dai brigatisti, è quello che ha immediatamente ucciso il maresciallo Leonardi, seduto a fianco al guidatore Ricci, quindi sul sedile anteriore destro della 130 di Moro, sparandogli non dalla sinistra delle auto, cioè dove erano i 4 tiratori vestiti da avieri, ma sparando quasi frontalmente (lo colpì al cuore uccidendolo subito) e da destra, verso sinistra del lato dello sportello destro, in pratica con posizione alquanto defilata per non essere colpito dal fuoco dei compagni che sparavano dal lato opposto. Costui precedette di poco il tiratore in divisa da aviere che aprì il fuoco anche dal lato sinistro delle auto. I brigatisti affermarono che il Leonardi venne ucciso dal fuoco dei due finti avieri, Morucci e Fiore, che spararono dal lato sinistro delle auto uccidendo anche il guidatore, ma la perizia balistica che ha ricostruito le traiettorie dei colpi che hanno attinto il Leonardi da destra/sinistra, li smentisce. Quindi questo tiratore o è uscito dalla 128 targata CD che bloccava la 130, oppure era già pre posizionato sul lato destro delle macchine. L ing. Marini vide la scena della uscita dalla 128 del passeggero di destra che andò verso la 130 di Moro e fece fuoco (anche dei testi dicono che prima ci furono alcuni spari singoli e poi lo sgranarsi dei mitra). Si confermerebbe così che a sparare per primo al maresciallo Leonardi fosse stato uno sconosciuto brigatista che gli sparò quasi frontalmente dal lato destro delle auto. A lato: gli effetti del tiro sulla 130 di Moro. I BR avieri che possono aver sparato sulla 130 di Moro, potrebbero essere stati Morucci e Fiore, ma causa inceppamenti, Morucci sparò in due tempi e il Fiore non sparò o sparò solo tre colpi, difficile in queste condizioni una piena riuscita dell impresa. I brigatisti asserirono che si sparò solo dal lato sinistro delle auto, perché un fuoco incrociato sarebbe stato pericoloso per loro stessi. Ma invece era possibile ed in effetti è dimostrato, dalle tracce sulla 130 e sui cadaveri, che arrivarono proiettili anche da destra. E proprio 19

20 questo fuoco, quasi incrociato, garantì la riuscita dell azione, altrimenti il Leonardi probabilmente sarebbe riuscito a uscire dallo sportello di destra. Sulla Alfetta di scorta spararono Gallinari con il mitra TZ45 e Bonisoli con l Fna43, ma entrambe si incepparono e non c è certezza dei colpi sparati. Poi usarono le pistole: Gallinari la Smith & Wesson 39, cal. 9 parabellum e Bonisoli la Beretta 51, cal. 7,65 parabellum, entrambe con caricatori max 8 colpi. E qui sappiamo che lo Zizzi e lo Iozzino,, posti sul lato destro delle auto, riuscirono, uno lo Zizzi, quasi ad uscire, e l altro, lo Iozzino, ad uscire in strada. L uscita di uno o due brigatisti dalla 128 CD I brigatisti hanno sempre attestato che nella 128 CD usata per bloccare le macchine di Moro, ci fosse il solo Moretti, il quale poi rimase in macchina con il freno tirato per non far svicolare la 130 di Moro, così bloccata dietro. A mettere in dubbio questa ricostruzione abbiamo però la testimonianza dell ing. Marini, una testimonianza molto precisa e l unica tra tutte le altre che osservò la scena da vicino e dal suo momento iniziale. Ebbene il Marini disse che dalla 128 CD, fermata allo stop bloccando la 130 di Moro, uscirono il guidatore (dovrebbe essere il Moretti) e il passeggero di destra, che si recarono subito ai due lati della 130, ruppero i vetri laterali e cominciarono a sparare. Immediatamente dopo si unirono al fuoco i 4 avieri dal lato sinistro. Può essere che il ricordo del Marini, non sia molto preciso sulla tempistica della rottura dei vetri (prima o dopo gli spari?). Comunque l ing. Marini era un uomo di cultura, sveglio e le sue ricostruzioni, nel complesso, sono risultate precise e particolareggiate. Si pensi che aveva anche indicato, a spari finiti, la presenza di un soggetto con cappotto di cammello che si aggirava tra le macchine, ma non risultava tra i testi: era sparito. Ebbene questi, il sig. Bruno Barbaro venne individuato molti anni dopo. L effrazione dei vetri lateri poi è stata confermata dalle perizie sulle auto. Al massimo quindi si può ipotizzare che il Marini abbia confuso i tempi di esecuzione ovvero che prima venne sparato sugli occupanti anteriori della 130 e poi furono rotti i vetri per finire meglio il lavoro, sequenza notata anche da qualche altro teste. Può anche darsi che il Moretti restò in auto e che il Marini lo abbia confuso con l altro brigatista aviere (Morucci) che si avvicinò dal lato sinistro alla 130 e fece fuoco da distanza ravvicinata. Ma per il resto, cioè per l azione del passeggero di destra della 128 CD, non dovrebbero esserci dubbi. L uccisione dell agente Iozzino I brigatisti hanno affermato che l agente Iozzino, uscito dall Alfetta e che sparò un paio di colpi di pistola contro di loro, sia avvenuta per mano di Bonisoli, con un miracoloso tiro della sua 7,65 parabellum (il mitra gli si era inceppato), il quale poi fece anche il giro del lato destro della macchine sparando, e forse anche dal Gallinari con la sua Smith & Wesson 39 calibro 9 mm parabellum. Ma come abbiamo già detto lo Iozzino fu abbattuto quasi subito risultando poi attinto da 17 colpi quasi tutti dal lato sinistro del corpo (si trovava quasi di fronte agli avieri, che avrebbero potuto colpirlo con tiro da sinistra a destra o frontalmente, o al massimo, se un aviere si era mosso aggirandolo, solo da qualche colpo con traiettoria da destra a sinistra). Quindi venne attinto anche da un tiratore (se non due), con arma in calibro 9 mm., che agiva dal fondo delle auto sulla parte alta di via Fani ma più in là dei 4 tiratori in divisa da avieri (all altezza circa del cancelletto formato dalla 128 bianca). Ebbene, in quella fase, Bonisoli si trovava a sparare sul lato sinistro delle auto e poi impugnò una pistola cal. 7,65 parabellum, quindi è escluso, mentre il Gallinari, che oltretutto in strada 20

21 è più interno rispetto a Bonisoli, dopo l inceppamento, impugnò sì una pistola di cal. 9 parabellum, ma portando solo 8 colpi. Pertanto è ovvio che ci fu almeno un altro tiratore, se non due, da aggiungere ai classici 4 avieri (oltre a quello che ha sparato al Leonardi), posizionato dalle parti del cancelletto, un elemento notato non in divisa da aviere e con il volto in parte coperto dal sottocasco, come attestato da alcune testimonianze. Che il Bonisoli poi fece il giro dalla parte del marciapiede destro, sembra confermato anche da alcuni bossoli trovati verso la fine del marciapiede, quasi all incrocio, dove c era un alberello ai cui piedi vennero trovati alcuni bossoli 7,65. Le armi che hanno sparato Anche sulle armi impiegate dai brigatisti, c è molta confusione. Le perizie balistiche hanno attestato la presenza di 6 armi in azione, escludendo la Beretta 92 dello Iozzino. Esattamente 4 mitra tutti in 9 mm parabellum, e due pistole, cioè: due (forse) FNA43, di cui uno però mai ritrovato (si ipotizza possa anche essere uno Sten); una machine pistole Tz45, e un mitra M12; una pistola Smith & Wesson 39, calibro 9 mm. parabellum; e una Beretta 51 (o 52 adattata) in 7,65 parabellum. Un proiettile calibro 9 corto, ritrovato nell Alfetta di scorta, forse venne caricato erroneamente in un mitra, causandone poi l inceppamento, ma si è anche supposta, la presenza di un'altra Pistola cal. 9 X 17 o 9M34. A detta dei brigatisti tutti i mitra si sarebbero inceppati: l Fna43 di Morucci gli fu in poco tempo cambiato il caricatore, forse dopo 7 colpi, e riprese a sparare almeno un altro caricatore; l M12 di Fiore non sparò o sparò forse solo 3 colpi; mentre per l Fna43 (presunto) di Bonisoli e il Tz 45 di Gallinari è incerto il numero di colpi sparati prima dell inceppamento. Queste perizie però sono un poco approssimate, sia perché non si è recuperata un arma, sia perché alcune canne risultarono in pessimo stato per una analisi precisa e sia perchè ci fu un gruppetto di bossoli recuperati, ma (negligentemente?) mai sottoposti a perizia. Praticamente furono ritrovati 93 bossoli sparati (2 dallo Iozzino e 91 dalle BR ), con almeno 6 armi (più la Beretta dello Iozzino), e 68 proiettili o loro parti, in qualche modo individuati, anche se alcuni talmente deformati da non consentire analisi precise. Ovvio che i colpi sparati saranno stati di più di 93, potendo facilmente prevedere che alcuni bossoli rimasti in terra o in qualche borsa non furono recuperati. Senza contare il caricatore (da arma straniera?) recuperato ma non periziato. Inoltre sulla Fiat 130 sono stati ritrovati 27 colpi, e sull Alfetta di scorta 34, totale 61. Sugli agenti uccisi abbiamo: 8 colpi su Ricci (guidatore della 130), 9 su Leonardi seduto al suo fianco, 8 su Rivera (guidatore dell Alfetta), 3 su Zizzi e 17 su Iozzino. Riassume il ricercatore Manlio Castronuovo nel suo libro Vuoto a perdere : secondo la balistica a fronte di 91 colpi BR esplosi (i soli repertati), 45 hanno attinto la scorta, cioè il 49 %, 3 hanno mancato i bersagli, ovvero il 25 %, e 23 sono risultati dispersi, ovvero il 25 %. Con queste cifre, anche se parziali, una sia pure approssimata proporzione ci mostra una non eccelsa precisione di tiro dei brigatisti considerando che era un tiro molto ravvicinato. Per i soli proiettili o parti di proiettili su cui fu possibile fare analisi (quindi incomplete), si hanno queste proporzioni (con l interrogativo di un FNA43 mai ritrovato): FNA43: 19 proiettili; FNA43: 15 proiettili; 21

22 M12,: 1 proiettile; TZ 45: 5 proiettili; Pistola S & W 39: 5 proiettili; Pistola Beretta 51: 2 proiettili. In un primo momento si ipotizzò che c era stata un arma che da sola aveva sparato 49 dei 91 bossoli BR recuperati. Di fatto un super killer. Quest arma si presumeva essere stata un FNA43. Un teste, il Lalli, casualmente competente di armi, lo aveva visto, però da circa 100 metri, sparare verso le auto con grande abilità in due tempi. Ma come abbiamo già accennato, successivamente si è ridimensionato questo super killer, perché perizie più accurate hanno attestato, sia pure dubitativamente, che forse quei 49 colpi andavano divisi tra i due FNA43. Una certa incertezza però resta sempre. Tutto questo sembra ragionevole, ma tuttavia, a meno che i brigatisti non abbiano mentito sugli inceppamenti, considerando che il solo Morucci, dopo aver sparato 7 colpi, disinceppato l arma e sparato un altro caricatore, è quello che ha sviluppato un certo volume di fuoco, che unito ai colpi (quanti?) sparati da Bonisoli con il suo FNA43 prima che si inceppasse, dovrebbero totalizzare i 49 colpi del fantomatico supersparatore ; resta però alquanto problematico, seppur non impossibile, totalizzare e assegnare i restanti 42 colpi, per arrivare a 91, sommandoli con i colpi sparati dal Gallinari con il TZ45 (non meno di 5) e ai pochissimi, forse 3, sparati dal M12 di Fiore, e dai due caricatori da 8 colpi, delle pistole di Gallinari e Bonisoli (quella di Fiore non dovrebbe aver sparato o forse ha sparato qualche colpo, ma non risulta dai ritrovamenti dei bossoli). Come calcolare buona parte dei 17 colpi, cal. 9, che sconosciuto/i spararono all agente Iozzino e quelli dello sconosciuto al Leonardi? Comunque la si pone i conti non tornano bene. Restano dunque alcuni dubbi da dirimere, anche in considerazione dei non individuati, ma possibili colpi i cui bossoli non sono stati ritrovati e anche in considerazione degli indicati due tiratori in più (sul Leonardi e sullo Iozzino) e che fanno sorgere molte domande. Il conto dei 91 (sicuri) colpi BR Lasciamo da parte un super killer che da solo avrebbe sparato tutti questi 49 colpi o che possono essere stati sparati da due mitra Fna43, come sostiene Morucci e consideriamo invece che molti hanno assegnato a Gallinari 5 colpi e a Bonisoli 20 colpi di mitra, prima degli inceppamenti. Questo perchè sono stati trovati 5 proiettili sparati dal TZ45 di Gallinari. Ma non si hanno certezze e questa proporzione, a dar retta ai brigatisti, potrebbe essere invertita e lo stesso vale per Fiore che invece potrebbe anche non aver sparato affatto. Vediamo, infatti, cosa hanno detto i 4 brigatisti avieri : Morucci sembra da tutti accettato che abbia sparato 7 colpi e poi, cambiato il caricatore ne ha sparato un altro da 30 o 32 colpi (interamente?), ma come disse oramai le auto erano ferme volendo forse dire che oramai la scorta era stata annientata. Bonisoli ha sempre dichiarato che il suo mitra si bloccò «quasi subito». Sempre che abbia detto il vero, o invece abbia voluto sminuire le sue responsabilità nel massacro. Gallinari ha scritto: <<Quello che temevo accade: a metà della raffica il mitra si inceppa, estraggo istintivamente la pistola che porto alla cintura, continuando a sparare come se non fosse cambiato nulla». Se il caricatore del suo TZ45 era di circa trentadue cartucce, probabile che l arma sparò una ventina di colpi (poco più di metà della raffica). Fiore ha affermato: «Ricordo che premetti il grilletto e il mio mitra, un M12, che avrebbe dovuto essere il migliore, si inceppò subito. Io avevo il compito di sparare sull autista. [...] Tolsi il caricatore del mitra, ne misi un altro, ma non funzionò egualmente. [...]». Quel si inceppò subito dovrebbe significare che non ha sparato affatto, ma sembra si sia reperito almeno 1 proiettile che potrebbe assegnarsi al suo M12. Poi ci sarebbero i colpi delle due pistole di Gallinari e Bonisoli, max

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