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1 Periodico Amministrativo delle Istituzioni Scolastiche Rivista mensile di cultura professionale e di formazione in servizio LE RESPONSABILITÀ DEL PERSONALE DOCENTE INSERTO N. 4 Allegato al N. 5 - Settembre Anno III A cura di Fabio Paladini Casa Editrice Spaggiari S.p.A. - Parma SETTEMBRE 2007

2 II

3 III SOMMARIO RESPONSABILITÀ PER CULPA IN VIGILANDO Pag. IV Premessa 1. Legittimazione passiva nelle cause di risarcimento dei danni 2. Differenti titoli di responsabilità 3. Fattispecie giurisprudenziali 4. Obblighi di vigilanza» IV» IV» V» VI» VIII RESPONSABILITÀ PENALE LE SANZIONI DISCIPLINARI Premessa 1. Le singole sanzioni 1.1 Avvertimento scritto 1.2 Censura 1.3 Sospensione dall insegnamento o dall ufficio 1.4 Destituzione 1.5 Recidiva 1.6 Riabilitazione 1.7 La sospensione cautelare 1.8 Docenti non di ruolo 1.9 Giurisprudenza 2. Le procedure per l irrogazione delle sanzioni disciplinari 3. Termini dell azione disciplinare 4. Procedimenti penali ed esercizio dell azione disciplinare 5. Rapporto tra procedimento penale e disciplinare» XII» XIII» XIII» XIII» XIV» XIV» XV» XVI» XVI» XVI» XVII» XIX» XX» XX» XXI» XXII» XXIII NORMATIVA DI RIFERIMENTO» XXIII

4 IV Responsabilità per culpa in vigilando Premessa Le norme del codice civile di riferimento per quanto concerne la responsabilità civile degli insegnanti per violazione dell obbligo di vigilanza (c.d. responsabilità per culpa in vigilando) sono rappresentate dagli artt e 2048 c.c. L art c.c. prevede che in caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto mentre l art c.c. dispone che i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la vigilanza. Le persone indicate dal comma precedente sono liberate da responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto. Quindi, la responsabilità civile sussiste sia nel caso in cui l alunno autore del fatto sia incapace di intendere e volere sia nel caso in cui il soggetto sia capace. Le norme dettate dagli artt e 2048 c.c. si differenziano soltanto in relazione all esistenza o meno della capacità di intendere o di volere del minore. 1. Legittimazione passiva nelle cause di risarcimento dei danni Ai sensi dell art 61 della Legge 11 luglio 1980 n. 312 Nuovo assetto retributivo- funzionale del personale civile e militare dello Stato la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell esercizio della vigilanza sugli alunni stessi. La suddetta limitazione si applica anche alla responsabilità del personale verso l Amministrazione che risarcisce il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi. Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 27 giugno 2002 n. 9346, hanno affermato che l'art. 61, comma 2, Legge 11 luglio 1980 n nel prevedere la sostituzione dell'amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi - esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando. Ne deriva, pertanto, che l'insegnante è privo di legittimazione passiva nei giudizi di risarcimento dei danni, con la precisazione che, qualora l'amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all'alunno autodanneggiatosi, l'insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest'ultimo, operante verso l'amministrazione ma non verso i terzi. Il suddetto limite è pertanto destinato ad operare nell ambito dell eventuale giudizio di rivalsa che l Amministrazione intraprenda contro l insegnante davanti alla Corte dei conti, dopo aver subito una condanna a favore del terzo danneggiato. Pertanto, nel giudizio di responsabilità la legittimazione passiva è riservata, ai sensi dell art. 61, comma 2, Legge n. 312 del 1980, al Ministero della Pubblica Istruzione, non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad un altro alunno, ma anche nell ipotesi di danni arrecati dall allievo a se stesso. Tali principi sono stati ribaditi, anche recentemente, dalla Corte di Cassazione. Infatti, con la sentenza 10 maggio 2005 n la Suprema Corte ha precisato che anche dopo l estensione della personalità giuridica, per effetto della Legge Delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore (nel caso di specie si trattava di un liceo scientifico) che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell organizzazione statale si trova in rapporto organico con l Amministrazione della pubblica istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa. Pertanto, essendo riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione e non ai singoli istituti gli atti, anche illeciti, posti in essere dal

5 V menzionato personale, sussiste la legittimazione passiva del Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando del personale docente, mentre difetta la legittimazione passiva dell istituto. (cfr. anche Cass. 29 aprile 2006 n ). Anche nella Nota 19 maggio 2003 n della Direzione Generale per l organizzazione dei servizi nel territorio si legge che pur dopo la profonda riforma dell organizzazione del sistema scolastico introdotta dall art. 21 della Legge 15 marzo 1997 n. 59 e delle fonti normative collegate (D.Lgs. 6 marzo 1998 n. 59; DPR 8 marzo 1999 n. 275 recante norme in materia di autonomia delle Istituzioni Scolastiche, ai sensi dell art. 21 della Legge 15 marzo 1997 n. 59, DPR 6 novembre 2002 n. 347) e l ambito di autonomia attribuito alle Istituzioni Scolastiche, il personale docente rimane personale dello Stato e l attività posta in essere da questo è dunque riferibile allo Stato. Pertanto, riassumendo, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza, la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell'applicabilità nei loro confronti della presunzione di cui all'art. 2048, comma 2, c.c., nei giudizi di danno per "culpa in vigilando" è attuata dall'art. 61 Legge 11 luglio 1980 n. 312, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sulla operatività dell'art. 2048, comma 2, c.c. nei detti giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l'esonero dell'insegnante statale dal processo, nel quale l'unico legittimato passivo è il Ministero dell'istruzione, nei cui confronti continuerà ad applicarsi, nei casi di danno provocato da un alunno ad un altro alunno, la presunzione di responsabilità prevista dalla norma citata, mentre la prova del dolo o della colpa grave dell'insegnante rileva soltanto ove l'amministrazione eserciti, successivamente alla sua condanna, l'azione di rivalsa nei confronti del medesimo (Cass.11 febbraio 2005, n. 2839). Pertanto la limitazione della responsabilità dei professori ai casi di dolo e colpa grave è fissata soltanto nell ambito dei rapporti con l Amministrazione e nell eventuale giudizio di rivalsa che essa dovesse intraprendere contro l insegnante davanti alla Corte dei Conti, dopo aver subito una condanna a favore del terzo danneggiato, senza nulla mutare nei rapporti verso i terzi per i quali, nei giudizi di responsabilità connessi alla attività di vigilanza sugli alunni, resta in vigore la presunzione di cui all art comma 2 c.c. 2. Differenti titoli di responsabilità Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute per dirimere il contrasto giurisprudenziale in ordine all applicabilità dell art c.c. ai casi di autolesione dell alunno. È stato affermato che nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che - quanto all'istituto scolastico - l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che - quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico - tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall'art c.c. (1), sicché, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile nè alla scuola nè all'insegnante (Cass. Sez. Unite 27 giugno 2002 n. 9346). Infatti nella responsabilità contrattuale l attore deve dimostrare soltanto l esistenza dell obbligazione e l oggettivo inadempimento mentre è a carico del debitore l onere di provare che l inadempimento non è a lui imputabile. (1) L art c.c. recita: Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

6 VI Invece, l art c.c., che trova quindi applicazione ai soli casi di danno provocato da un alunno ad un altro alunno, pone una presunzione di responsabilità a carico dell insegnante per il fatto illecito dell allievo, collegata all obbligo di sorveglianza scaturente dall affidamento e temporalmente dimensionata alla durata di esso. La prova liberatoria non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto ma si estende alla dimostrazione di aver adottato in via preventiva le misure organizzative ad evitarlo. Il docente, pertanto, si ritiene possa liberarsi dalla responsabilità (cd. prova liberatoria) solo se riesce a dimostrare che, pur essendo presente, non ha comunque potuto evitare l evento poiché lo stesso si sarebbe manifestato in modo imprevedibile, repentino e improvviso. Vi è quindi una presunzione di responsabilità a carico dell insegnante che può essere superata solo dimostrando di aver esercitato correttamente la funzione di sorveglianza sugli alunni. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione alla scuola si richiede di dimostrare di non aver potuto impedire il danno e di aver posto in essere, in via preventiva, misure organizzative idonee a contenere nel massimo grado le situazioni di pericolo prevedibili, che non siano cioè riconducibili a eventi del tutto eccezionali. La valutazione della prevedibilità dell evento dannoso dovrà essere effettuata con riferimento alla sua ripetitività e ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione, secondo cui, certi eventi, già verificatisi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi. 3. Fattispecie giurisprudenziali In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo verificatosi a carico di uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell'ambito dello svolgimento di una partita, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art c.c., incombe sullo studente l'onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l'illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l'onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno; in particolare, non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato e se non è in concreto connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili col contesto ambientale e con l'età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco. Quindi, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art Cod. Civ. non è sufficiente il solo fatto di aver incluso nel programma di educazione fisica e fatto svolgere tra gli studenti una gara sportiva, in quanto è necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente, (quindi che lo studente infortunato abbia subito il danno perché fatto segno di una azione colposa da parte di altro studente impegnato nella partita) ed inoltre che la scuola non abbia predisposto tutte le misure atte a consentire che l insegnante, sotto la cui guida si svolgeva il gioco, fosse stato posto in grado di evitare il fatto (Cass. 14 ottobre 2003, n ). La responsabilità della P.A. per le lesioni riportate da un alunno minore all interno di un istituto di istruzione in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell orario delle lezioni, ove ne sia consentito l anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l obbligo delle autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell ambito della scuola fino al loro effettivo licenziamento (Cass. 19 febbraio 1994, n. 1623). L'art c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e dei maestri d'arte per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto; cosicché, perché possa verificarsi una tal genere di responsabilità, è necessario che il fatto sia prevedibile, in quanto ciò che è imprevedibile è anche, per definizione, non prevedibile. Per accertare la prevedibilità del fatto il giudice del merito deve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta,

7 VII sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatesi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi. (Nella specie, il Ministero della Pubblica Istruzione veniva condannato al risarcimento del danno in relazione alle lesioni subite dall'allievo di una scuola in conseguenza del lancio, da parte di un suo compagno, di una pallina di carta che l'aveva colpito nell'occhio. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito che, nell'affermare la prevedibilità del fatto, aveva tenuto conto del già avvenuto lancio di palline di carta in quella scuola e durante certe ore di insegnamento, nonché della situazione di indisciplina della classe) ( Cass. 2 dicembre 1996, n ). La presunzione di responsabilità sussistente a carico dei precettori ed ai maestri, per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi, nonché a carico della P.A. in virtù del rapporto organico intercorrente con gli insegnanti, può essere superata fornendo la dimostrazione che il soggetto preposto alla sorveglianza non abbia potuto impedire il verificarsi del danno, nonostante la predisposizione delle necessarie cautele, provando che la vigilanza sia stata esercitata nella misura dovuta, anche attraverso la preventiva adozione di concrete misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una prevedibile situazione di pericolo (Tribunale Bari, sez. III, 31 marzo 2006, n. 918). Il raggiungimento della prova liberatoria richiede la dimostrazione di non avere potuto impedire il fatto, ovvero di avere adottato tutte le misure preventive, disciplinari ed organizzative idonee ad evitarlo, anche in presenza di una condotta contraria alle regole del gioco (quale nel caso di specie deve ritenersi la gomitata al volto dell avversaria di turno), e, per quanto repentina ed improvvisa, non certamente imprevedibile, ove la tipologia del gioco (nel caso di specie la pallamano) comporti inevitabilmente la possibilità di un contatto fisico anche violento nell ambito del contrasto delle iniziative dell avversario e del tentativo di prevalere (Tribunale Messina, sez. I, 28 febbraio 2006). L'art c.c. non comporta una responsabilità oggettiva, per cui se nel corso di un'esercitazione sportiva durante la lezione di educazione fisica un alunno si infortuna senza che possa ravvisarsi un comportamento colposo di un compagno e senza che l'insegnante abbia il tempo di intervenire stante la rapidità dei movimenti che comporta il gioco "palla prigioniera", il fatto è da ritenersi accidentale, conseguente al rischio insito in ogni attività sportiva e la domanda di risarcimento del danno rivolta all'istituto e all'insegnante non può essere accolta (Tribunale Milano, 31 maggio 2005). Il superamento della presunzione di responsabilità che grava sugli insegnanti ex art c.c. per i fatti illeciti degli allievi ad essi affidati esige non solo la dimostrazione di non essere stato in grado di esercitare un intervento correttivo e repressivo dopo l'inizio della serie causale sfociata nella produzione del danno, ma anche la prova di aver preventivamente adottato tutte le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi della serie causale (Tribunale Torino, 25 maggio 2005). Per un incidente verificatosi nel giardino di una scuola materna durante l'ora di gioco libero dei bambini per essere stato colpito uno di questi alle spalle da un copertone di automobile fatto rotolare da altro bambino è indubbia l'applicabilità dell'art comma 2 c.c. anche alla luce della recente giurisprudenza espressa dalla Cass. S.U. 9346/02 che ha escluso l'operatività della presunzione di responsabilità a carico dei precettori in relazione ai danni "autoprocuratosi" trattandosi di danno derivante da fatto illecito commesso da un altro allievo, che sebbene non facente parte della classe affidata alle insegnanti convenute, era anch'egli sottoposto alla vigilanza ed al controllo di queste ultime, posto che, come riferito dalle stesse maestre, durante l'ora di gioco libero, ciascuna insegnante teneva sotto controllo anche i bambini che non facevano parte della propria classe. La norma in esame attua una forma di inversione dell'onere della prova, stabilendo la presunzione che l'evento dannoso, verificatosi durante il periodo di affidamento al personale scolastico, è dovuto ad inosservanza del dovere di vigilanza e prevedendo il superamento della presunzione con la dimostrazione dell'impossibilità di impedire l'evento (Tribunale Milano, 9 maggio 2003). Nel caso in cui un alunno si allontani furtivamente durante l orario delle lezioni, ovvero durante lo svolgimento di attività didattica, causando un sinistro stradale dal quale derivino danni a terzi,

8 VIII il Ministero della Pubblica Istruzione è tenuto a rispondere ai sensi dell art c.c. dei danni subiti da questi ultimi, a meno che non dimostri che gli insegnanti avevano nel caso concreto adottate tutte le misure idonee alla sorveglianza degli alunni (Tribunale Roma 7 luglio 2003). In tema di responsabilità civile ex art cod. civ., il dovere di vigilanza dell'insegnante per il danno subito dall'allievo - obbligo la cui estensione va commisurata all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto - presuppone che l'allievo gli sia stato affidato. Pertanto, colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall'ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l'incolumità dei discenti minori. (Nella specie la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell'amministrazione scolastica con riguardo al ferimento con arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con il quale aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto avvenuto in un cortile antistante la scuola, non adibito ad esclusivo uso della stessa, essendo transitabile ed accessibile da terzi per il parcheggio di autoveicoli, neppure rilevando l'uso di tale luogo per la sosta dei ritardatari, atteso che era stato accertato che l'alunno ferito aveva deliberatamente deciso di non entrare a scuola alla prima ora, ma di allontanarsi dal cortile per recarsi in un vicino bar) (Cass. n del 4 febbraio 2005). 4. Obblighi di vigilanza L art. 27, comma 5, del CCNL 2003 impone al docente di trovarsi a scuola almeno 5 minuti prima dell inizio delle lezioni e di assistere all uscita i propri alunni. Rientra, inoltre, tra gli obblighi del personale insegnante la sorveglianza degli alunni durante gli intervalli fra le lezioni. L art. 10 comma 3 lett. a) del D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, affida alla competenza del Consiglio di Istituto l adozione del regolamento interno della scuola, nel quale, fra l altro, figureranno le modalità per il funzionamento della biblioteca, per l uso delle attrezzature didattiche e sportive, per la vigilanza degli alunni durante l ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l uscita dalla medesima. Qualora il Consiglio d Istituto non abbia adottato il regolamento interno, si applica il regolamento-tipo predisposto dal Ministero della Pubblica Istruzione, ai sensi dell art. 37 del D.P.R. 416/74 e allegato alla C.M. 105/75 avente ad oggetto Applicazione del regolamento tipo nelle more della adozione del regolamento interno. L art. 17 della suddetta circolare prevede che per la vigilanza sugli alunni durante l'ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l'uscita dalla medesima valgono le norme seguenti: a) gli alunni entrano nella scuola nei dieci minuti che precedono l'inizio delle lezioni; pertanto, il personale docente dovrà trovarsi in aula almeno cinque minuti prima dell'orario in cui è possibile l'accesso agli alunni; b) gli alunni in ritardo giustificato rispetto all'orario di cui sopra, sono ammessi in classe con decisione del preside o del docente delegato; c) qualora gli alunni debbano lasciare la scuola prima della fine delle lezioni, il preside ne valuterà i motivi informandone i genitori, ove possibile, preventivamente, salvo che l'uscita prima del termine delle lezioni non avvenga a richiesta dei medesimi; d) la presenza degli alunni è obbligatoria oltre che alle lezioni, a tutte le altre attività (ricerche culturali, lavori di gruppo, visite istruttive, ecc.) che vengono svolte nel contesto dei lavori scolastici); e) per le assenze causate da malattia è necessario esigere il certificato medico quando esse si protraggono per oltre cinque giorni; f) durante l'intervallo delle lezioni, che è almeno di 10 minuti, è necessario che il personale docente di turno vigili sul comportamento degli alunni in maniera da evitare che si arrechi pregiudizio alle persone e alle cose; g) al termine delle lezioni, l'uscita degli alunni avviene per piani (a cominciare dal primo)

9 IX e con la vigilanza del personale docente di turno. In tema di responsabilità civile ex art cod. civ., il dovere di vigilanza dell insegnante va commisurato all età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto (Cass. 10/12/98, n ). La Cassazione ha precisato infatti che in tema di responsabilità civile degli insegnanti per i danni cagionati da fatti illeciti di loro allievi, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall'art. 2048, comma 2, c.c. non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l'esercizio in modo inversamente proporzionale all'età ed al normale grado di maturazione degli alunni, di modo che, con l'avvicinamento di costoro all'età del pieno discernimento, l'espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le più elementari misure organizzative dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi (nella specie in base al principio così formulato la S.C. ha confermato la decisione del merito che aveva respinto la richiesta di risarcimento di un allievo quindicenne di un istituto tecnico che, nel corso dell'intervallo ed in assenza di sorveglianza da parte degli insegnanti, aveva riportato lesioni personali dalla rottura di una vetrata causata da altri coetanei) (Cass. 23 giugno 1993, n. 6937). L arco temporale di estensione dell obbligo di vigilanza obbligo perdura, senza soluzione di continuità, dal momento in cui ha avuto inizio l affidamento dello studente alla scuola fino a quando il minore, riconsegnato ai genitori o lasciato in un luogo dove, secondo la normalità, non sussistono situazioni di pericolo, rientra ad ogni effetto giuridico nell alveo della sorveglianza parentale (Cass. Sezioni Unite 5 settembre 1986, n. 5424). In giurisprudenza è stato altresì affermato che non valgono ad escludere la responsabilità della scuola eventuali disposizioni o consensi impartiti dalla famiglia, ove essi non assicurino l incolumità dell alunno al momento della riconsegna. L'Istituto di istruzione ha, pertanto, il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati e quindi fino al momento del subentro, almeno potenziale, della vigilanza dei genitori (cfr. ex plurimis Tribunale Bologna, 04 maggio 2004). Il periodo di vigilanza non si esaurisce al tempo delle lezioni, ma si estende all attività scolastica in genere (ivi compresa ricreazione, gite scolastiche, viaggi di istruzione o attività di svago che si svolgono nei locali scolastici o in quelli di pertinenza), quindi la responsabilità degli insegnanti non è limitata all attività didattica in senso stretto, ma riguarda l intero periodo in cui gli alunni si trovano sotto il loro controllo. Il dovere di vigilanza sugli alunni non viene meno neppure quando sia stato consentito l ingresso anticipato o la successiva sosta nell edificio scolastico. La giurisprudenza ha, infatti, affermato la responsabilità dell autorità scolastica per le lesioni riportate da un alunno all interno di un istituto in relazione ad un fatto avvenuto al di fuori dell orario di lezione, giacché lo stesso era venuto a trovarsi legittimamente nell ambito della struttura (Cass n. 1623). Relativamente poi alla vigilanza durante la pausa di ricreazione, la giurisprudenza ha ritenuto che la mancata sorveglianza costituisce un ipotesi di colpa grave poiché, in tale periodo, è richiesta una maggiore attenzione per la prevedibile esuberanza degli alunni che determina maggiori rischi di eventi dannosi. Ancora riguardo alla vigilanza durante la pausa di ricreazione, è da escludere la legittimità di disposizioni interne all istituto che comportino la richiesta ai genitori degli alunni minorenni di autorizzazioni a far svolgere tale intervallo fuori dall edificio scolastico e dalle sue pertinenze e, in ogni caso, con modalità che non assicurino la vigilanza degli allievi. Nel gergo in uso tali autorizzazioni sono definite liberatorie perché si sostanziano in formule di esonero da responsabilità dell Amministrazione scolastica per gli eventuali danni conseguenti alla descritta situazione. Al contrario dette liberatorie, non solo non costituiscono cause esimenti la responsabilità dell Istituzione Scolastica, ma integrano, in un eventuale giudizio risarcitorio, elemento probatorio di responsabilità; infatti, esse si risolvono in un implicita ammissione dell omessa vigilanza sugli alunni. A tal proposito il Tribunale di Milano con sentenza 11 giugno 2004 ha affermato che il dovere di vigilanza e di protezione degli allievi a carico degli insegnanti si modula in relazione all'età degli stessi ed alle contingenze e modalità dell'attività didattica in concreto esercitata, senza

10 X che eventuali autorizzazioni dei genitori (nel caso in ispecie, al compimento di una gita scolastica) possa attenuare il dovere di vigilanza sui minori affidati. L'istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui essi gli sono affidati, e quindi fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate; tale dovere di sorveglianza, pertanto, permane per tutta la durata del sevizio scolastico, servizio che non può essere interrotto per l'assenza di un insegnante, non costituendo tale assenza fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato un istituto tecnico statale a risarcire i danni riportati da un minore che, uscito anticipatamente dalla scuola per l'assenza dell'insegnante che avrebbe dovuto tenere lezione nell'ultima ora, era stato accoltellato da alcuni giovani rimasti sconosciuti) (Cass. 30 marzo 1999, n. 3074). Sulla vigilanza durante le assemblee di Istituto è intervenuto l USR del Veneto con la nota 2561 del 24 aprile È stato affermato che la disciplina sulle assemblee studentesche deve essere coordinata con quella relativa all'obbligo di vigilanza gravante sul personale docente, che trova il suo fondamento nell'art del Codice Civile e nell'art. 27, comma 5, del CCNL 2002/2005 Comparto Scuola. Infatti, l'obbligo di vigilanza è strettamente connesso alla funzione docente, non essendo limitato, esclusivamente, al periodo di svolgimento delle lezioni, ma estendendosi a tutto il periodo in cui gli alunni si trovano all'interno dei locali scolastici. Pertanto, in caso di assemblee svolte all'interno dei locali della scuola, è stato ritenuto operante a tutti gli effetti l'obbligo di vigilanza a carico dei docenti che sono in servizio in quelle ore, in quanto tali assemblee si svolgono in orario scolastico. (Per tali ragioni, la Nota Min. prot. n del 26/11/03 impone l'obbligo di verificare la presenza dei docenti e degli alunni). Per le assemblee svolte al di fuori dei locali, è stato altresì ritenuto operante l'obbligo di vigilanza (con accompagnamento degli alunni nei locali in cui l'assemblea si svolgerà e conseguente vigilanza durante il suo svolgimento) in quanto, trattandosi di attività didattica a tutti gli effetti, come precisato dal MPI con la nota del 26 novembre 2003, vige quanto precisato in merito alle assemblee svolte all'interno dei locali. Si riporta di seguito una serie di pronunce della magistratura contabile. In primo luogo va rilevato come la giurisprudenza consideri la colpa grave una vasta ed evidente difformità tra l atteggiamento tenuto e quello doveroso, ovvero una massima imprudenza ed inammissibile negligenza del comportamento del dipendente. L affidamento della classe al bidello da parte dell insegnante per partecipare ai consigli di classe, non rappresenta una adeguata misura sostitutiva dell obbligo di sorveglianza, incombendo al professore, per un minimo di diligenza, il dovere di rappresentare al preside la difficoltà di lasciare la classe incustodita e, che, pertanto, va affermata la responsabilità amministrativa dell insegnante per l incidente accorso ad un alunno, in sua assenza e nella classe lasciata incustodita (Corte Conti - Sezioni Riunite n. 542 del 1987). L insegnante elementare che si allontani dal cortile ove si svolge la ricreazione lasciando i propri allievi senza sorveglianza (nella specie l insegnante si era limitata a chiedere ad una collega di riaccompagnare in aula gli alunni) è responsabile del danno subito dall Erario in conseguenza di un incidente (nella specie perdita di un occhio) accorso ad un ragazzo durante la ricreazione stessa (Corte Conti Sez. I, n. 174 del 1980). L obbligo si sorveglianza della scolaresca, ricadente sul personale docente, durante l orario di lezione, ha rilievo primario rispetto agli altri obblighi di servizio, in quanto articolazione del generale dovere di vigilanza sui minori; pertanto nel caso di concorrenza di più obblighi, derivanti dal rapporto di servizio dell insegnante, e di una situazione di incompatibilità per l adempimento degli stessi, non consentendo circostanze obiettive di tempo e di luogo la loro contemporanea osservanza, la scelta del docente deve ricadere nell adempimento dell obbligo di vigilanza; né vale ad esonerare il docente da responsabilità l eventuale incarico di supplenza, al riguardo assegnato ad un bidello, essendo tale strumento sostitutivo palesemente inadeguato (Corte Conti, sez. I, n. 172 del 1984).

11 XI Non integra una ipotesi di colpa grave il comportamento del docente il quale, per l effettuazione di una lezione pratica di aeromodellismo, nel corso della quale un alunno subisce un infortunio ad un occhio, per effetto di un corpuscolo sollevato dall urto del modello contro il suolo, utilizzi un terreno abitualmente destinato a tali esercitazioni ed impartisca in equivoche disposizioni agli alunni per il rispetto della distanza di sicurezza (Corte Conti, Sez. I, n. 161 del 1990). Un'insegnante che si trovi in classe prima dell'inizio della prevista ora di lezione è comunque tenuto a vigilare sul comportamento degli alunni, anche se gli stessi si trovino nel periodo di ricreazione e ancorché vi siano altri colleghi tenuti alla sorveglianza; pertanto, la semplice affermazione di non essere in servizio, allorché sia provata l'effettiva presenza in aula di un insegnante non è idonea ad escludere la responsabilità per omessa vigilanza, in caso di infortunio di un alunno (C.Conti reg. Veneto, sez. giurisd., 5 maggio 1999, n. 232). L'insegnante ha la responsabilità della salute dello studente a scuola anche durante l'intervallo per la ricreazione (C.Conti reg. Piemonte, sez. giurisd., 11 ottobre 1999, n. 1590). Non sussiste l'elemento soggettivo della colpa grave, e la conseguente responsabilità per danno erariale, a carico dell'insegnante di scuola materna comunale, nel caso di incidente occorso ad un alunno a lei affidato che, durante la ricreazione, è caduto da un attrezzo di gioco, riportando lesioni, dovendosi ritenere l'attrezzo adatto per i bambini dell'età considerata, e tale da non richiedere particolari cautele da parte della sorvegliante (C.Conti reg. Emilia Romagna, sez. giurisd., 14 aprile 1999, n. 211). Sussiste la colpa grave nel comportamento del docente che, al fine della proiezione di un filmato a scopo didattico, conduce i suoi allievi in un'aula, assolutamente inadeguata alla ricezione degli stessi (mancavano le sedie in numero sufficiente), laddove una studentessa si procura una frattura, a seguito del cedimento di un tavolo sul quale il docente l'aveva invitata a sedersi, mentre lo stesso docente si allontanava, del danno che ne è derivato all'amministrazione è responsabile anche il preside che ha autorizzato l'uso dell'aula (C.Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 13 marzo 1998, n. 404). Va affermata la colpa grave ex art. 61 Legge n. 312 del 1980, per massima negligenza ed imprudenza, a carico di un'insegnante che, dopo aver preparato il caffè nell'aula (seppure vuota), si apprestava a portare il liquido bollente, contenuto in un recipiente non ermeticamente chiuso, in giro per i corridoi di un'ala della scuola frequentata da bambini di sei - otto anni, proprio durante l'ora di ricreazione, venendo in tal modo a collisione con un'alunna che correva nello spazio comune (C.Conti reg. Toscana, sez. giurisd., 7 giugno 1996, n. 311). L'omessa vigilanza da parte dell'insegnante, oltretutto in assenza di motivi che la giustificano, comporta violazione dell'art. 350 r.d. 26 aprile 1928 n. 1297, concernente l'obbligo del maestro di sorvegliare l'alunno non soltanto durante le lezioni ma anche durante la ricreazione, violazione che costituisce ragione sufficiente a far ritenere la sussistenza della colpa grave (nella specie, la convenuta, maestra elementare, si era assentata durante la ricreazione degli alunni, allorché si verificava l'incidente ad una bambina della sua classe) (C.Conti reg. Lazio, sez. giurisd., 11 marzo 2003, n. 576). Pertanto si può offrire il seguente quadro riassuntivo sulla responsabilità da difetto di vigilanza: Personale docente: - obbligo di vigilanza e sorveglianza. L intensità e il grado della vigilanza vanno rapportati all età ed al grado di maturazione dell alunno in relazione alle circostanze del caso concreto. - Obbligo di trovarsi a scuola almeno 5 minuti prima dell inizio delle lezioni. - La sorveglianza si estende all attività scolastica in genere: ricreazione, gite scolastiche, attività di svago che si svolgono nei locali scolastici o in quelli di pertinenza. - Qualora l amministrazione sia condannata a risarcire il danno ad un terzo, l insegnante sarà successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto nel caso in cui sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave.

12 XII Responsabilità penale Per il personale della Scuola, oltre le norme penalistiche applicabili a tutti i cittadini, vengono in rilievo i reati c.d. propri contro la Pubblica Amministrazione, ossia quei reati che possono essere commessi solamente da pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. L art. 357 del codice penale, come sostituito dalla Legge 26 aprile 1990 n. 86 e successivamente modificato dalla Legge 7 febbraio 1992 n. 181, prevede che, agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. L art. 358 del codice penale, come sostituito dalla Legge 26 aprile 1990 n. 86, prevede che agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. La qualità di pubblico ufficiale deve essere attribuita a tutti gli insegnanti di scuole statali, in quanto essi esercitano una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi. Ne consegue che qualunque strumentalizzazione di questa attività a fini privati può determinare, secondo le modalità e le circostanze con cui si attua, una responsabilità penale per la violazione di norme dettate a tutela dell imparzialità e del prestigio della Pubblica Amministrazione (Cass. penale 16 marzo 1992 n. 2790). Si riporta di seguito una serie di sentenze in materia di responsabilità penale degli insegnanti. In relazione all'elemento oggettivo del delitto di concussione, l'abuso dei poteri da parte dell'agente pubblico consiste nel compimento di atti di ufficio in maniera antidoverosa, ossia in violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della P.A. Quanto al requisito della costrizione o dell'induzione della vittima, non ha importanza che l'attività compiuta dal soggetto attivo del reato sia legittima o illegittima, lecita o illecita, potendo il requisito essere integrato anche attraverso la prospettazione del compimento di un atto doveroso, connotandosi questo di illegittimità quando sia usato quale mezzo per conseguire fini illeciti. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto configurabile la concussione nel comportamento di un insegnante pubblico che inviti i genitori di un alunno inadeguatamente preparato a prendere lezioni private da un altro insegnante) (Cassazione penale, sez. VI, 12 luglio 2001, n ). Risponde del reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli l'insegnante che ponga in essere nei confronti dei propri alunni una condotta, espressione di un unico disegno volontario e consapevole, che renda dolorose e mortificanti per i suoi alunni le relazioni con lui, e agisca in esplicazione della coscienza e della volontà di sottoporre gli alunni in sè e la classe affidatagli ad una serie di sofferenze fisiche e morali, vietate - prima che dalla legge - dalle regole di pedagogia, metodologia e didattica. (Nella specie, i maltrattamenti consistevano nell'imbrattamento del viso, nello schiaffeggiamento, nel taglio dei capelli degli alunni) (Cassazione penale, sez. VI, 25 giugno 1996, n. 8314). Integra il delitto di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e non quello di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.) la condotta dell'insegnante di scuola elementare il quale sottoponga gli allievi a violenze fisiche e morali (nella specie, costringendoli a restare in piedi, distruggendo i loro giochi, picchiandoli) in quanto le suddette violenze non possono mai rientrare nell'uso legittimo dello "ius corrigendi" (Cassazione penale, sez. VI, 8 ottobre 2002, n ). È ravvisabile il delitto di abuso di ufficio nel comportamento di un'insegnante di scuola statale che abbia tratto occasione dai colloqui con i genitori di taluni allievi per segnalare ai medesimi, i quali chiedevano l'indicazione del nome di un insegnante privato, la disponibilità del proprio

13 XIII figlio a seguire a pagamento gli allievi nelle ore pomeridiane; ciò nella prospettiva, sia pure tacita, di una più favorevole valutazione ufficiale del profitto scolastico di tali allievi. In tale condotta, infatti, sono identificabili tutti gli elementi richiesti dall'art. 323 c.p. per l'integrazione del reato "de quo", vale a dire l'"abuso", posto in essere con la sostituzione di un fine meramente privato a quello pubblico nei contatti con i genitori e nel giudizio sugli allievi, per effetto della quale le due attività non hanno realizzato gli scopi loro assegnati dalla legge, e il dolo specifico, consistente nell'intento di procurare al proprio figlio un illecito vantaggio patrimoniale (Cassazione penale, sez. VI, 13 giugno 1991). È configurabile il reato previsto dall'art. 328 c.p. nell'ipotesi in cui un insegnante, ancorché più volte invitato dal preside a depositare presso l'istituto gli elaborati scritti svolti in aula dagli alunni, si rifiuti di consegnarli, impedendo così il regolare svolgimento del processo finale di valutazione dei singoli studenti ad opera del collegio di classe (Pretura Bologna, 27 novembre 1986). L'obbligo di sorveglianza sugli alunni da parte dell'insegnante non è limitato a determinare attività della vita scolastica, ma ha carattere generale ed assoluto, poiché l'insegnante è tenuto ad osservarlo in ogni momento in cui l'alunno sia a lui affidato, tanto da incorrere in penale responsabilità ogni volta che l'incidente occorso ad alcuno degli alunni debba essere attribuito, in rapporto di causa o di concausa, ad omessa sorveglianza. (Fattispecie in tema di lesioni personali gravi, perdita di un occhio, riportate da un'alunna che aveva battuto con la testa contro la maniglia di una porta mentre correva nel corridoio della scuola insieme con altre compagne dopo essersi allontanata dall'aula con il consenso dell'insegnante) (Cassazione penale, sez. IV, 18 maggio 1982). La vigilanza consiste nel complesso di attività, volte a conseguire le finalità stabilite dalla legge e non nella semplice presenza fisica. Risponde pertanto delle lesioni personali riportate da un alunno, a titolo di "colpa in vigilando", l'insegnante che si allontani dal locale, nel quale si effettui l'istruzione degli allievi all'uso di macchine tipografiche, prive del dispositivo di scansamano, senza apprestare misure atte ad evitare infortuni (Cassazione penale, sez. IV, 23 marzo 1981). Premessa Le sanzioni disciplinari L art. 55 comma 10 del D.Lgs. n. 165 del 2001 Norme generali sull ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche prevede che fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola nei confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le norme di cui agli artt. da 502 a 507 del D.Lgs. 16 aprile 1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado). L art. 88 CCNL 24/07/2003 prevede che la materia disciplinare del personale docente ed educativo di ogni ordine e grado continua ad essere sottoposta alle norme di cui al D.Lgs n. 297 del 1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), fino a quando la stessa non sarà definita con le OO.SS. in sede negoziale da attivarsi nei 30 giorni successivi all entrata in vigore della legge di riordino degli organi collegiali, mentre la responsabilità disciplinare del personale ATA è regolata dagli artt del CCNL del 24 luglio In argomento è altresì intervenuta la circolare ministeriale n. 72 del 19 dicembre 2006 con la quale sono state precisate le linee di indirizzo generale per quanto concerne i procedimenti e le sanzioni disciplinari nel Comparto Scuola. L art. 507 D.Lgs. 297/94 dispone che, per quanto non previsto dal Testo Unico, si applicano, per quanto compatibili, le norme in materia disciplinare degli impiegati civili dello Stato (cfr. D.P.R. 10 gennaio1957 n. 3 Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato ). 1. Le singole sanzioni L articolo 492 del D.Lgs. 297/94 stabilisce che al personale docente, nel caso di violazione dei propri doveri, possono essere inflitte le seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento scritto; censura; sospensione dall insegnamento o dall ufficio fino ad 1 mese;

14 XIV sospensione dall insegnamento o dall ufficio da oltre 1 mese a 6 mesi; sospensione dall insegnamento o dall ufficio per un periodo di 6 mesi e l utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva; destituzione. L avvertimento scritto è inflitto dal direttore didattico o dal Dirigente Scolastico. Ai sensi dell art. 502 del Testo Unico del 1994 la censura è inflitta dal provveditore agli Studi (leggi oggi Direttore Generale dell USR o suo delegato) al personale docente in servizio nelle scuole e Istituzioni Scolastiche. Gli organi competenti per irrogare la sanzione della sospensione dall insegnamento sono: - per la sospensione dell insegnamento fino a un mese e da un mese a sei mesi è competente il Direttore Generale dell USR o suo delegato. - per l irrogazione della sanzione della sospensione dall insegnamento o dall ufficio per un periodo di 6 mesi e l utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente e della sanzione della destituzione l art. 503 comma 2 prevede la competenza del Ministro, acquisito il parere degli organi collegiali competenti. La circolare n. 72 del 2006 ha precisato che tale disposizione sia da intendersi implicitamente superata per effetto dell entrata in vigore dell art. 4, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001, con il quale viene stabilito il principio che agli organi di governo di ciascuna amministrazione spettano funzioni di indirizzo politico - amministrativo, mentre è riservato ai dirigenti l adozione di tutti gli atti e provvedimenti amministrativi, ivi compresi quelli relativi alla gestione del rapporto di lavoro del personale di ciascuna amministrazione. Pertanto, la competenza ad irrogare le sanzioni disciplinari al personale docente è attribuita solo agli organi amministrativi anche in relazione a quelle sanzioni disciplinari che la normativa precedente al decreto legislativo n. 165 del 2001 rimetteva alla competenza del Ministro. Quindi la competenza per le suddette sanzioni deve essere riconosciuta direttamente in capo al Direttore Generale dell Ufficio Scolastico Regionale che adotterà la sanzione, acquisito il parere dell organo collegiale competente. 1.1 Avvertimento scritto Per il personale docente il primo grado di sanzione disciplinare è costituito dall avvertimento scritto. L avvertimento scritto consiste nel richiamo all osservanza dei propri doveri. È illegittima l irrogazione ad un insegnante della sanzione dell avvertimento scritto che non sia stata preceduta dalla formale contestazione degli addebiti (TAR Lombardia 18 giugno 1980 n. 662). La sanzione disciplinare dell'avvertimento scritto può essere irrogata, ai sensi dell'art. 94, comma 2, D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417, agli insegnanti elementari, per comportamenti che, pur non costituendo un illecito, si concretino in atti che rendono inefficace la collaborazione dell'insegnante ai compiti istituzionali della scuola (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 29 febbraio 2000, n. 109). Legittimamente è irrogata la sanzione disciplinare dell'avvertimento ad un insegnante elementare che, durante l'ora della ricreazione, essendosi dedicato alla correzione di compiti, non abbia esercitato la dovuta vigilanza sugli alunni, con la conseguenza che un alunno di altra classe, arbitrariamente aggregatosi alla classe ad esso affidata, veniva a subire un incidente di una certa gravità (Cons. Stato 09 maggio 1990, n. 326). È legittimo il provvedimento di avvertimento rivolto ad un insegnante secondario per non aver tempestivamente comunicato alla scuola l'impedimento che lo costringeva ad assentarsi, determinando così il turbamento nell'andamento del servizio. (Cons. Stato 20 ottobre 1982, n. 953) 1.2 Censura La censura viene inflitta per mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente o i doveri d ufficio e consiste in una dichiarazione di biasimo scritta e motivata. È illegittima la sanzione disciplinare della censura, irrogata all'insegnante di una sezione staccata per assenza arbitraria nel servizio per un giorno, se essendo egli stato autorizzato dal preside ad assentarsi per il disbrigo di alcune

15 XV pratiche relative alla sua posizione, nella sede principale della scuola, sia stato poi costretto ad assentarsi oltre il tempo previsto per l'acquisizione di documenti, richiesti dall'amministrazione (Cons. Stato 25 marzo 1992, n. 877). È legittimamente inflitta la sanzione disciplinare della censura ad un bidello di scuola media ritenuto responsabile di negligenza in servizio e di allontanamento, senza autorizzazione, dal posto di lavoro (Cons. Stato 04 aprile 1990, n. 130). È stata inflitta la sanzione della censura per l'assenza alla visita di controllo. Infatti, la predetta visita può essere giustificata oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione, la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale del dipendente, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché il lavoratore dimostri l'impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alle fasce orarie di reperibilità (Cons. 04 giugno 2002, n. 3142). 1.3 Sospensione dall insegnamento o dall ufficio La sospensione dall insegnamento o dall ufficio consiste nel divieto di esercitare la funzione docente con la perdita del trattamento economico ordinario. La sospensione dall insegnamento o dall ufficio fino a 1 mese viene inflitta per: 1) atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio; 2) violazione del segreto d ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità; 3) avere omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza. Legittimamente ad un preside di istituto secondario è irrogata la sanzione disciplinare di cui all'art. 96 lett. a) D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417 (sospensione dal servizio per dieci giorni) per comportamenti non conformi ai doveri, alla correttezza ed alle responsabilità proprie della funzione direttiva, nei rapporti con ispettori ministeriali, revisori dei conti, provveditore agli studi, insegnanti e dipendenti (Cons. Stato 12 gennaio 1994, n. 213). La sospensione dall insegnamento o dall ufficio da oltre 1 mese a 6 mesi è inflitta: 1) nei casi di cui sopra qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità; 2) per uso dell impiego ai fini di interesse personale; 3) per atti di violazione dei propri doveri che pregiudichino il regolare funzionamento della scuola e per concorso negli stessi atti; 4) per abuso di autorità. La sospensione dall insegnamento o dall ufficio per un periodo di 6 mesi e l utilizzazione, dopo che sia trascorso il tempo di sospensione, nello svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente, è inflitta per il compimento di uno o più atti di particolare gravità integranti reati puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 3 anni, per i quali sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza di condanna nel giudizio di primo grado, confermata in grado di appello, e in ogni altro caso in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione dall esercizio della potestà dei genitori. In ogni caso gli atti per i quali è inflitta la sanzione devono essere non conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione e denotare l incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio nell esplicazione del rapporto educativo. Con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione sono disposti i compiti diversi, di corrispondente qualifica funzionale, presso L Amministrazione centrale o gli uffici scolastici regionali o provinciali, ai quali è assegnato il personale che ha riportato la suddetta sanzione. L articolo 497 del D.Lgs. 297/94 disciplina gli effetti della sospensione dall insegnamento o dall ufficio stabilendo che: la sospensione dall insegnamento o dall ufficio fino ad 1 mese comporta il ritardo di 1 anno nell attribuzione dell aumento periodico dello stipendio; la sospensione dall insegnamento o dall ufficio, da oltre 1 mese fino a 3 mesi, comporta il ritardo di 2 anni nell aumento periodico dello stipendio; qualora tale sospensione sia superiore a 3 mesi, il ritardo nell aumento periodico dello stipendio è elevato a 3 anni. I suddetti ritardi decorrono dalla data in cui verrebbe a scadere il primo aumento successivo

16 XVI alla punizione inflitta; per un biennio dalla data in cui è disposta la sospensione da 1 a 3 mesi o per un triennio, se la sospensione è superiore a 3 mesi, il personale docente non può ottenere il passaggio anticipato a classi superiori di stipendio e non può partecipare a concorsi per l accesso a carriera superiore, ai quali va ammesso con riserva se è pendente ricorso avverso il provvedimento che ha inflitto la sanzione. È stabilito, inoltre, che il tempo di sospensione dall insegnamento o dall ufficio è detratto dal computo dell anzianità di carriera e che il servizio prestato nell anno non viene valutato ai fini della progressione economica e di carriera dell anzianità richiesta per l ammissione ai concorsi direttivo e ispettivo nei confronti del personale che abbia riportato in quell anno una sanzione disciplinare superiore alla censura, salvo i maggiori effetti della sanzione emessa. 1.4 Destituzione La destituzione è la sanzione disciplinare più grave; essa ha carattere espulsivo mentre tutte le altre sanzioni hanno carattere emendativo. L articolo 498 del D.Lgs. 297/94 prevede che la sanzione della destituzione, che consiste nella cessazione del rapporto d impiego, è inflitta: 1) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione; 2) per attività che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla Pubblica Amministrazione, agli alunni, alle famiglie; 3) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza; 4) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi; 5) per richiesta o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio; 6) per gravi abusi di autorità. Ai sensi dell art. 500 del D.Lgs. cit., nel periodo di sospensione dall ufficio è concesso un assegno alimentare in misura pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia. La concessione dell assegno alimentare va disposta dalla stessa Autorità competente ad infliggere la sanzione. Ai sensi della art. 504 Testo Unico del 1994 contro i provvedimenti del direttore didattico, del preside (Dirigente Scolastico) o del provveditore agli studi (leggi ora Direttore Generale USR), con cui vengono irrogate sanzioni disciplinari nell'ambito delle rispettive competenze, è ammesso ricorso gerarchico al Ministro della Pubblica Istruzione, che decide su parere conforme del competente consiglio per il contenzioso del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione. 1.5 Recidiva In caso di recidiva in una infrazione disciplinare della stessa specie di quella per cui sia stata inflitta la sanzione dell avvertimento o della censura, va inflitta rispettivamente la sanzione immediatamente più grave di quella prevista per l infrazione commessa. In caso di recidiva in una infrazione della stessa specie di quella per la quale sia stata inflitta la sanzione della sospensione dall insegnamento o dall ufficio fino a un mese o quella della sospensione dall insegnamento o dall ufficio per un periodo di sei mesi e utilizzazione in compiti diversi, va inflitta, rispettivamente, la sanzione prevista per la infrazione commessa nella misura massima; nel caso in cui tale misura massima sia stata già irrogata, la sanzione prevista per l infrazione commessa può essere aumentata sino a un terzo. Inoltre, è da precisare che per concretizzarsi la figura della recidiva è necessario che le due mancanze, commesse in successione di tempo, si siano verificate nella stessa posizione di status, ovvero nel mentre si riveste la stessa qualifica giuridica. 1.6 Riabilitazione Trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva (art. 501 D.Lgs. 297/94). Il suddetto termine è fissato in cinque anni per

17 XVII il personale che ha riportato la sanzione di cui all'articolo 492, comma 2, lettera d). Ai sensi dell art. 505 il provvedimento di riabilitazione di cui all'articolo 501 è adottato: a) con decreto del provveditore agli studi (leggi Direttore USR), sentito il competente consiglio di disciplina del consiglio scolastico provinciale, per il personale della scuola materna, elementare e media o sentito il consiglio di disciplina del consiglio nazionale della pubblica istruzione per il personale degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore; b) con decreto del direttore generale o del capo del servizio centrale, sentito il competente consiglio di disciplina del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi del personale appartenente a ruoli nazionali. La riabilitazione, pur facendo venir meno le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, non impedisce di per sè l'efficacia delle ulteriori conseguenze prodottesi in modo autonomo sul piano amministrativo, a seguito della sentenza che ha qualificato il comportamento al dipendente pubblico (T.A.R. Lazio 10 ottobre 2005, n. 8149). 1.7 La sospensione cautelare La sospensione cautelare non rientra tra le sanzioni disciplinari bensì rappresenta un provvedimento provvisorio, avente lo scopo di allontanare dal servizio il dipendente quando ragioni di particolare gravità lo richiedano. Secondo la dottrina e giurisprudenza più autorevole la sospensione cautelare ha lo scopo di evitare che un impiegato sottoposto a procedimento penale o disciplinare, per rispondere di un reato o di una infrazione di particolare gravità, continui, in attesa di tale procedimento, a prestare servizio in ufficio, con pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio della Amministrazione e con il pericolo che possa continuare a perpetrare reati o infrazioni e che possa inquinare le prove a suo carico. Esclusi i dipendenti appartenenti ai ruoli del personale ATA, nei cui confronti valgono le disposizioni contenute negli articoli 89 e seguenti del CCNL, Comparto scuola, vigente, per il personale docente ed educativo la materia inerente la sospensione cautelare è disciplinata dagli articoli del Testo unico degli impiegati civili dello Stato, di cui al D.P.R. n. 3 del 1957, già citato, in virtù dell esplicito rinvio operato dall articolo 506 del D.Lgs. 297/94, nonché dalla legislazione successiva applicabile a tutti i pubblici dipendenti. Il legislatore individua due tipi di intervento cautelare: la sospensione obbligatoria e quella facoltativa. La sospensione è obbligatoria quando: sia stata emessa dall autorità giudiziaria procedente una misura cautelare restrittiva della libertà personale (art. 91, comma 1, seconda parte, D.P.R. n. 3/57); il dipendente, ai sensi dell articolo 4, comma 1, della Legge 97/2001 sia stato condannato anche non definitivamente, e ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuni reati tassativamente indicati: peculato, concussione, corruzione per un atto contrario ai doveri d ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di persona incaricata di pubblico servizio. In presenza di queste fattispecie l adozione del provvedimento cautelare è del tutto svincolata da qualsiasi valutazione dell Amministrazione che deve pertanto essere comminato al ricorrere delle circostanze obiettive poste dalla norma. La sospensione cautelare è invece facoltativa in due casi: quando il dipendente è sottoposto ad un procedimento penale per un reato particolarmente grave (art. 91, comma 1, prima parte, D.P.R. n. 3/57); quando ricorrono gravi motivi, indipendentemente dalla loro rilevanza penale, anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare (art. 92, comma 1, D.P.R. n. 3/57). La valutazione in ordine alla gravità dei motivi è rimessa al prudente apprezzamento dell organo competente ad adottare il provvedimento. In entrambe le suddette ipotesi di sospensione facoltativa, va compiuto un apprezzamento in merito all interesse pubblico concretamente configurabile ed alla valutazione se esso sia tale da richiedere l allontanamento provvisorio del dipendente dal servizio. È rilevante, in particolare, tenere conto sia della natura di particolare gravità del reato, sia dell opportunità di adottare il

18 XVIII relativo provvedimento con riguardo ai precedenti ed alla personalità del dipendente ed all interesse dei fruitori del servizio scolastico e dell Amministrazione stessa. La circolare n. 72 citata ha inoltre precisato che deve essere effettuata una tempestiva e rigorosa valutazione nei seguenti casi: a) nei confronti di chi è imputato di reati (609 bis - violenza sessuale - eseguenti del codice penale) in danno di minori affidati; b) quando la gravità dei reati contestati tende ad inficiare quel rapporto di fiducia intercorrente tra il dipendente e l Amministrazione tanto da non consentire più la prosecuzione di un corretto rapporto di lavoro; c) quando i fatti contestati appaiono in evidente, palese contrasto con la funzione (dirigenziale, docente o amministrativa) istituzionalmente espletata o come atti non conformi, in maniera grave, ai doveri specifici inerenti alla funzione stessa. L interesse del dipendente rimesso in libertà ad essere reintegrato in servizio, pertanto, deve essere comparato con l eventuale pregiudizio che la riammissione in servizio può arrecare alla regolarità del servizio ed al prestigio della scuola. La competenza ad adottare i provvedimenti di sospensione cautelare obbligatoria è attribuita al Provveditore agli Studi, quando si tratta di personale appartenente ai ruoli provinciali, e al direttore generale o al capo del servizio centrale competente, quando si tratta di personale appartenente ai ruoli nazionali (articolo 506, comma 2, D.Lgs. 297/94). Come chiarito dalla circolare n. 72/2006, tale norma non tiene conto del nuovo assetto che il Ministero ha assunto per effetto delle riforme intervenute alla fine degli anni novanta. In base all attuale organizzazione, pertanto, l organo competente deve essere individuato, per entrambi i casi, nel direttore generale dell Ufficio scolastico regionale o nel dirigente munito di specifica delega. Ai sensi dell articolo 506, D.Lgs. 297/94 la sospensione cautelare facoltativa è disposta dal Ministero della pubblica istruzione. Anche per tale ipotesi la competenza è da ritenersi ormai attribuita al direttore generale dell Ufficio scolastico regionale o al dirigente munito di specifica delega. Il comma 4 del citato art. 506 prevede una norma di chiusura volta a regolamentare quelle ipotesi residuali in cui la necessità del provvedimento cautelare derivi da ragioni di particolare urgenza. In tali casi, in deroga alle regole predette che individuano l organo competente nel dirigente dell ufficio scolastico regionale (o di un dirigente da questi delegato), la sospensione cautelare può essere disposta dal direttore didattico o dal preside (ora Dirigente Scolastico) sentito il collegio dei docenti per il personale docente, salvo convalida da parte dell autorità competente cui il provvedimento dovrà essere immediatamente comunicato. In mancanza di convalida entro il termine di dieci giorni dall adozione, il provvedimento di sospensione si intende revocato di diritto. Anche in questo caso, la verifica della ricorrenza delle ragioni di particolare urgenza, deve essere oggetto di prudente ed attento apprezzamento. Qualora il pubblico dipendente, sospeso cautelarmente ex art. 91, t.u.imp.civ.st. per la pendenza di giudizio penale, venga in quest'ultima sede prosciolto o assolto "perché il fatto non sussiste o perché l'impiegato non lo ha commesso", lo stesso, una volta riammesso in servizio, ha diritto, ex art. 97, t.u.imp.civ.st. a tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale e salva deduzione dell'assegno alimentare eventualmente corrisposto durante la sospensione. Qualora invece il pubblico dipendente, sospeso cautelarmente ex art. 91, t.u.imp.civ.st. per la pendenza di giudizio penale, venga in quest'ultima sede condannato, e in sede disciplinare non venga destituito ma gli venga comminata la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo inferiore a quello trascorso in sospensione cautelare (attesa la durata del giudizio penale), lo stesso non ha diritto alla suddetta restitutio in integrum, in assenza di espressa previsione di legge (non potendosi applicare gli art. 96 s, t.u.imp.civ.st.) e della mancata erogazione della propria prestazione lavorativa per comportamento illecito a sè imputabile (T.A.R. Campania Napoli 03 marzo 1997, n. 524). Il pubblico dipendente sospeso cautelativamente dal servizio in pendenza del processo penale, conclusosi con sentenza di condanna a pena detentiva, ha diritto alla retribuzione per il

19 XIX periodo della sospensione cautelare eccedente la sospensione inflitta in esito al procedimento disciplinare, escluso il periodo di condanna a pena detentiva, ancorché non scontata (T.A.R. Sicilia Catania 22 luglio 2004, n. 1920). 1.8 Docenti non di ruolo L art. 535 del Testo Unico del 1994 prevede che ai docenti non di ruolo, a qualsiasi titolo assunti, possono essere inflitte, secondo la gravità della mancanza, le seguenti sanzioni disciplinari: 1) l'ammonizione; 2) la censura; 3) la sospensione della retribuzione fino ad un mese; 4) la sospensione della retribuzione e dall'insegnamento da un mese ad un anno; 5) l'esclusione dall'insegnamento, da un anno a cinque anni; 6) l'esclusione definitiva dall'insegnamento. Le sanzioni di cui ai numeri 1) e 2) del comma 1 sono inflitte dal capo dell'istituto (leggi Dirigente Scolastico). Tutte le sanzioni possono essere inflitte dal provveditore agli studi (leggi Direttore Generale dell Ufficio Scolastico Regionale o suo delegato), che per quelle indicate ai numeri 4), 5) e 6) decide su conforme parere del competente Consiglio di disciplina. Le sanzioni di cui ai numeri 4) e 5) dell'articolo 535 comportano l'esclusione dall'insegnamento nelle scuole e negli istituti statali, pareggiati, legalmente riconosciuti, parificati ed autorizzati, nonché l'esclusione dai concorsi a cattedre ed a posti di insegnamento nelle scuole e negli istituti statali e pareggiati, per la durata della sanzione inflitta. L'esclusione definitiva dall'insegnamento comporta anche l'esclusione dai concorsi a cattedre ed a posti di insegnamento. L'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 535 è disposta, previa contestazione degli addebiti, con facoltà del docente non di ruolo di presentare le sue controdeduzioni entro il termine massimo di dieci giorni che può essere ridotto a due per le sanzioni di cui ai numeri 1) e 2) dell'articolo 535. Le sanzioni si applicano mediante comunicazione scritta all'interessato. Qualora la gravità dei fatti lo esiga, l'autorità scolastica può sospendere cautelarmente dal servizio, a tempo indeterminato, il docente non di ruolo anche prima della contestazione degli addebiti. La sospensione importa la privazione di qualsiasi retribuzione. L'autorità scolastica dispone la corresponsione degli assegni alimentari, entro i limiti della durata della nomina. Se alla sospensione segue la sanzione disciplinare della esclusione dall'insegnamento, questa ha effetto dalla data in cui è stata disposta la sospensione. Se, il procedimento disciplinare si conclude col proscioglimento dell'incolpato, la sospensione è revocata ed il docente non di ruolo riacquista il diritto agli assegni non percepiti, entro i limiti della durata della nomina. Il docente non di ruolo sottoposto a procedimento penale per delitto può essere sospeso dal servizio dal capo di istituto. La sospensione deve essere disposta immediatamente quando sia emesso contro il docente non di ruolo provvedimento di custodia cautelare. Se il procedimento penale ha termine con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non l'ha commesso ovvero perché il fatto non costituisce reato, la sospensione è revocata ed il docente non di ruolo riacquista il diritto agli assegni non percepiti, entro i limiti della durata della supplenza. Tuttavia l'autorità scolastica quando ritenga che dal procedimento penale siano emersi fatti o circostanze che rendano il docente non di ruolo passibile di sanzione disciplinare può provvedere ai sensi del precedente articolo 535. La stessa norma vale nel caso di proscioglimento per remissione di querela o di non procedibilità per mancanza o irregolarità di querela. Se alla sospensione dal servizio prevista dal comma 1 segue la sanzione disciplinare della esclusione dall'insegnamento, questa ha effetto dalla data in cui è stata disposta la sospensione. Dalla stessa data ha effetto l'esclusione definitiva dall'insegnamento di cui all'articolo 535. Il supplente temporaneo sottoposto a procedimento penale per delitto può essere licenziato dal Dirigente Scolastico. Deve essere provveduto all'immediato licenziamento del supplente temporaneo contro il quale sia stato emesso provvedimento di custodia cautelare. Il docente non di ruolo che riporti condanna definitiva alla reclusione, senza beneficio della

20 XX sospensione condizionale dalla pena, cessa dal servizio e il rapporto d'impiego è risolto di diritto. Contro le sanzioni inflitte dal dirigente scolastico è ammesso ricorso, entro trenta giorni, al provveditore agli studi (leggi direttore generale Ufficio Scolastico Regionale o suo delegato), il quale decide in via definitiva. Contro le altre sanzioni è ammesso ricorso al Ministro della pubblica istruzione. Il termine del ricorso al Ministro è di 30 giorni. 1.9 Giurisprudenza Costituisce provvedimento disciplinare, e deve, pertanto, essere preceduto dalla contestazione degli addebiti, l'atto con il quale il preside di una scuola secondaria richiama un insegnante a non pubblicizzare, nelle vicinanze della scuola, i suoi problemi personali attinenti all'organizzazione scolastica (T.A.R. Abruzzo Pescara, 19 dicembre 1989, n. 546). Il trasferimento degli insegnanti per incompatibilità ambientale, che è disciplinato dagli artt. 468 e 469 del D.Lgs. n. 297 del 1994, ove la contrattazione collettiva non abbia diversamente disposto, e per quanto non previsto, dai principi generali fissati dall'art c.c., ha natura cautelare e non disciplinare; conseguentemente, non è applicabile la procedura prevista dagli artt. 503 e 504 dello stesso decreto per i trasferimenti disciplinari e, non essendo previsto dalla citate norme applicabili nè un termine perentorio, nè alcunché in ordine al diritto di difesa, il termine per l'adozione del provvedimento è quello ragionevole oltre il quale verrebbero meno le esigenze d'urgenza del provvedimento ed il diritto di difesa è soddisfatto dalla possibilità per l'interessato di far pervenire le proprie osservazioni al dirigente prima dell'emanazione dell'atto (Cass. 28 luglio 2003, n ). In tema di adempimento delle formalità prescritte per il controllo dell orario di lavoro mediante orologi marcatempo o altri sistemi di registrazione, per i dipendenti pubblici il relativo obbligo deve discendere da specifica fonte normativa o contrattuale. Nel settore scolastico, la fonte legale, l art. 396 del D.Lgs. n. 297 del 1994, si limita ad affidare al dirigente scolastico compiti di promozione e coordinamento, nell ambito delle disposizioni normative e del contratto collettivo, e le disposizioni collettive (art. 89 CCNL 24 luglio 2003) prevedono solo per il personale ATA l obbligo di adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze, e non anche per il personale docente. Atteso ciò, La Corte di Cassazione ha ritenuto illegittima la disposizione impartita dal dirigente scolastico al personale docente di marcare l orario di servizio, sia in entrata che in uscita, con il cartellino magnetico e, conseguentemente, decidendo nel merito, ha annullato la sanzione disciplinare inflitta dal Provveditore agli Studi ad un insegnante per non aver rispettato l ordine impartitogli (cfr. Cass.12 maggio 2006 n ). 2. Le procedure per l irrogazione delle sanzioni disciplinari Le sanzioni disciplinari irrogabili agli insegnanti vanno precedute dalla contestazione di addebito per iscritto, formulata "expressis verbis", con la chiara esplicitazione che essa viene mossa a fini disciplinari, onde dare al destinatario la contezza dell'avvio del procedimento sanzionatorio a suo carico e metterlo in grado di far valere idoneamente le sue possibilità di difesa. (Cons. Stato 26 febbraio 1997, n. 2773) Infatti il procedimento disciplinare inizia con la contestazione degli addebiti che è obbligatoria per qualsiasi sanzione disciplinare, ai fini di garantire all incolpato il fondamentale diritto alla difesa di cui all art. 24 della Costituzione, applicabile anche in campo disciplinare. È da ritenere, perciò, illegittima l irrogazione di una sanzione disciplinare a carico di un impiegato, se non è preceduta dalla contestazione, con indicazione precisa dei fatti assunti a base dell imputazione e dei pregiudizi arrecati, nonché del nesso causale fra i primi e i secondi. La contestazione degli addebiti deve: - essere redatta per iscritto; - indicare i fatti addebitati in modo preciso e specifico: l atto deve contenere l indicazione specifica e precisa dei fatti che vengono addebitati al dipendente, al fine di porlo in condizione di esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa. È illegittima una sanzione disciplinare preceduta da una contestazione degli addebiti del tutto generica;

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