PROVINCIA DI BOLOGNA PIANO DEL COMMERCIO UN PROGETTO TERRITORIALE PER IL SISTEMA COMMERCIALE BOLOGNESE QUADRO CONOSCITIVO STESURA APPROVATA

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5 PREMESSA DOCUMENTI COSTITUTIVI DELLA VARIANTE AL PTCP IN MATERIA DI IN- SEDIAMENTI COMMERCIALI, DENOMINATA PIANO OPERATIVO DEGLI IN- SEDIAMENTI COMMERCIALI (POIC) Nell ambito delle procedure disposte dall art. 27 della L.R. 20/2000 per l approvazione del PTCP e delle sue varianti, il Piano Operativo degli Insediamenti Commerciali (POIC) costituisce variante al PTCP. Al fine di evitare erronee interpretazioni si specifica pertanto che con l acronimo POIC non si rimanda a successivi strumenti attuativi, bensì alla variante al PTCP in materia di Insediamenti Commerciali, denominata anche Piano del Commercio Provinciale. I documenti costitutivi della Variante al PTCP (approvato con delibera del Consiglio Provinciale n. 19 del ) sono: QUADRO CONOSCITIVO: il documento integra il Quadro Conoscitivo del PTCP alla sezione C capitolo C.1 -Il sistema insediativo- sostituendo integralmente il paragrafo C.1.6. RELAZIONE: il documento integra e modifica la Relazione del PTCP alla Sezione B Politiche riferite agli obiettivi di qualità del sistema insediativo, urbano e rurale, di qualità sociale e di competitività economica del territorio in particolare il capitolo B.2. sostituendo integralmente i paragrafi B e B VALSAT: il documento integra la VALSAT del PTCP e ne costituisce Allegato tematico per quanto attiene la pianificazione e programmazione degli insediamenti commerciali. NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE: il documento integra le Norme Tecniche di Attuazione del PTCP, sostituendo integralmente l art. 9.5 del Titolo 9 Ambiti specializzati per attività produttive e Poli Funzionali.

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7 SOMMARIO INTRODUZIONE... 9 La legislazione della Regione Emilia-Romagna Il sistema di programmazione commerciale in Emilia-Romagna Il ruolo delle Province La classificazione delle tipologie commerciali LA DINAMICA DEI CONSUMI E LE FAMIGLIE BOLOGNESI Introduzione e inquadramento generale L evoluzione della consistenza demografica provinciale La popolazione residente e presente nel territorio provinciale La presenza degli stranieri Altre tipologie di presenze Le proiezioni demografiche al La dinamica dei consumi I dati quantitativi della provincia di Bologna I dati quantitativi della regione Emilia-Romagna I dati quantitativi dell Italia La ripartizione percentuale della spesa in provincia di Bologna La ripartizione percentuale della spesa nella regione Emilia-Romagna La ripartizione percentuale della spesa in Italia L incidenza della spesa per servizi e pro-capite I consumi alimentari e i comportamenti d acquisto L apparato analitico e le fonti LA DINAMICA DELLE VENDITE E IL SOSTEGNO ALLA RETE COMMERCIALE La dinamica delle vendite Le fonti I finanziamenti alla rete commerciale La legge regionale n. 41/ I Progetti di valorizzazione Commerciale I finanziamenti relativi all obiettivo Le botteghe storiche GLI SPOSTAMENTI PER ACQUISTI E LA CONGESTIONE STRADALE La mobilità per acquisti La frequenza di acquisto per tipologia distributiva I mezzi, i luoghi e i tempi dedicati agli spostamenti per acquisti L apparato analitico e le fonti Le grandi strutture di vendita e i livelli di congestione viabilistica Valutazioni ed interpretazioni... 62

8 3.2.2 Metodologia di analisi GLI ARRIVI E LE PRESENZE TURISTICHE Introduzione e inquadramento generale Valutazioni e interpretazioni Gli Arrivi e le presenze turistiche nella provincia di Bologna Gli Arrivi e le presenze turistiche nella regione Emilia-Romagna L apparato analitico e le fonti IL COMMERCIO NEI CENTRI STORICI E NELLE AREE MARGINALI DELLA PROVINCIA Il commercio a Bologna Le aree commerciali naturali Le radiali I progetti di valorizzazione commerciale I centri storici dei comuni della provincia Le attività commerciali nelle aree marginali della provincia Valutazioni ed interpretazioni I caratteri delle imprese Una economia a base familiare La congiuntura e le prospettive La composizione socio-demografica di ceto Il rapporto con il territorio e gli orizzonti di valore GLI INSEDIAMENTI COMMERCIALI E LE IMPLICAZIONI TERRITORIALI Il Bilancio della conferenza dei servizi del L evoluzione storica della rete distributiva La distribuzione degli esercizi commerciali sul territorio provinciale La dotazione di strutture di vendita nel territorio Bolognese Gli insediamenti commerciali nelle province limitrofe Metodologia di analisi L apparato analitico e le fonti Impatto ambientale delle strutture commerciali Considerazioni generali Metodo di analisi e criticità individuate Obiettivi strategici Valori immobiliari generali della rete commerciale Valutazioni ed interpretazioni Le dinamiche di mercato delle piccole e medio-piccole strutture di vendita Le dinamiche di mercato delle strutture di vendita sovracomunali Metodologia di analisi I prezzi di vendita degli immobili commerciali nella pianura bolognese Conclusioni L apparato analitico e le fonti

9 SECONDA PARTE_NUOVO CIRCONDARIO IMOLESE 1. SVILUPPO DEL TERRITORIO IMOLESE E SPECIFICHE PROBLEMATICHE COMMERCIALI Le leve per il posizionamento competitivo La crescita di lungo periodo dell occupazione L occupazione nel commercio AGGREGAZIONI DI COMUNI E RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE PER IL PTCP IN MATERIA DI INSEDIAMENTI COMMERCIALI Il Nuovo Circondario Imolese e il PTCP in materia di Insediamenti Commerciali Confronto dati in sintesi al 2005 relativi al circondario e alla provincia di Bologna POPOLAZIONE IN PROVINCIA DI BOLOGNA E NEL CIRCONDARIO IMOLESE Variazioni di consistenza demografica dal 1998 al L apporto del movimento migratorio degli stranieri Popolazione presente in provincia di Bologna e nel Circondario Imolese Movimento migratorio dall Italia e dall estero nel periodo Le proiezioni demografiche al LA RETE COMMERCIALE IN PROVINCIA DI BOLOGNA E NELL IMOLESE Il numero degli esercizi La dotazione di superficie per esercizio (merceologia prevalente) LA DOTAZIONE DI SUPERFICIE PER MERCEOLOGIA La superficie alimentare e non alimentare in grandi strutture La superficie alimentare e non alimentare in strutture fra e mq La superficie alimentare e non alimentare in strutture fra 800 e mq La superficie alimentare e non alimentare in strutture con oltre 150 e fino a 800 mq La perdita di peso commerciale del territorio circondariale in provincia di Bologna I COMPORTAMENTI D ACQUISTO

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11 Introduzione INTRODUZIONE Il D.Lgs. n. 114/1998, Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997 n. 59 ha realizzato la riforma del settore del commercio; si tratta di un testo di riferimento organico del settore che contiene i principi ai quali devono fare riferimento le norme regionali di attuazione. Il decreto applica al ramo del commercio il principio della sussidiarietà, assegnando alle Regioni rilevanti attribuzioni nella definizione di regole che disciplinino il settore. Il decreto realizza anche il principio della semplificazione, abrogando le norme previgenti in materia (legge 426/1971, e il relativo regolamento di esecuzione, decreto ministeriale n. 375/88). Le principali novità introdotte consistono essenzialmente nella liberalizzazione degli esercizi di minori dimensioni, nel diverso e più incisivo ruolo affidato alle Regioni, nel superamento di una regolamentazione amministrativa che condizionava la struttura del mercato. Il decreto contiene indirizzi di tipo urbanistico e di tutela ambientale la cui definizione è affidata completamente agli Enti Locali, determinando le condizioni per uno sviluppo della rete distributiva che consenta la compresenza delle diverse tipologie di vendita, garantendo ad ognuna il proprio ruolo, in una ottica di integrazione. Esso disciplina ex novo i requisiti di accesso all attività commerciale, l esercizio dell attività di commercio in sede fissa attraverso l individuazione di tre tipologie di esercizi: esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita. Per esercizi di vicinato si intendono esercizi commerciali aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a abitanti. Per medie strutture di vendita si intendono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti previsti per gli esercizi di vicinato e fino a mq nei comuni con popolazione residente inferiore a abitanti e a mq. nei comuni con popolazione residente superiore a abitanti. Per grandi strutture di vendita si intendono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti previsti per le medie strutture di vendita. A tali tipologie corrispondono specifici procedimenti autorizzativi ai fini dell avvio dell attività; l esercizio dell attività di commercio sulle a- 9

12 Introduzione ree pubbliche; le forme speciali di vendita; il regime degli orari e delle vendite straordinarie. L impianto normativo che ne risulta è totalmente diverso da quello previgente e si allinea a quello degli altri paesi europei. Uno degli aspetti di maggiore rilievo introdotto dalla riforma consiste nel ruolo attribuito alle Regioni. Il D.Lgs n. 114/1998 assegna alle Regioni il compito di definire l intero sistema di regole che presiede al settore, consentendo l esercizio di una funzione sia programmatoria che normativa, avviando un vero e proprio federalismo. In particolare le Regioni debbono provvedere a definire le norme contenenti gli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali, i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, i criteri e le condizioni per regolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita al fine di assicurare il rispetto del principio della libera concorrenza e l equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive, le disposizioni per favorire lo sviluppo del commercio in particolari aree svantaggiate, (ad esempio quelle montane, rurali ed insulari), o nei centri storici, al fine di rivitalizzarne il tessuto economico, sociale e culturale. Il decreto stabilisce anche gli obiettivi che le Regioni devono perseguire, nel definire gli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali. Tali obiettivi hanno un notevole significato sistematico: in un quadro di complessiva liberalizzazione, (ai sensi dell art. 41 della Costituzione), rappresentano un elemento di orientamento, una legittimazione all intervento per le politiche pubbliche del settore. Tra questi obiettivi, oltre a quelli generalmente rivolti alla razionalizzazione del sistema distributivo ed alla qualità del servizio per il consumatore, si segnalano in particolare quelli rivolti all equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive. Un forte rilievo ha poi l obiettivo della compatibilità territoriale ed ambientale degli insediamenti commerciali, in riferimento alla mobilità, al traffico, all inquinamento. Questo obiettivo si lega alla notevole importanza che la pianificazione urbanistica ha assunto in materia di commercio, sostituendo, di fatto, la programmazione del settore, che costituiva oramai un obsoleto vincolo al suo sviluppo. Da ciò consegue anche la particolare attenzione del decreto legislativo di riforma ai diversi ambiti territoriali (aree metropolitane omogenee, aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza, centri storici, centri di minore consistenza demografica), finalizzata alla definizione da parte delle Regioni degli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali. 10

13 Introduzione Sul piano più strettamente urbanistico, le Regioni devono definire i criteri della relativa programmazione riferita al settore commerciale, affinché i Comuni individuino, nei propri strumenti urbanistici, alcuni elementi fondamentali. Fra questi si segnalano le aree da destinare all insediamento degli esercizi di vendita e in particolare quelle idonee alla localizzazione di medie e di grandi strutture di vendita i limiti e i vincoli di natura urbanistica ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali, principalmente in relazione alla tutela dei beni artistici, ambientali e culturali. Importante è anche l attenzione del decreto di riforma alla correlazione dei procedimenti volti al rilascio della concessione edilizia e dell autorizzazione all apertura di una media o di una grande struttura di vendita, favorendone la contestualità. Il D.Lgs n. 114 realizza, nel settore del commercio, quella inversione di competenze amministrative e normative che caratterizza la legge di delega n. 59/1997. Questa inversione di competenze generali che ha precorso la legge di riforma costituzionale n. 3/2001 è mitigata, riguardo alla materia, dal generale principio di liberalizzazione introdotto. Oltre agli aspetti pianificatori sono, quindi, devolute alle Regioni funzioni specifiche di grande importanza, che completano il quadro della organicità del conferimento. Fra queste funzioni si ricordano: la definizione delle modalità di organizzazione dei corsi di formazione professionale per il commercio, l istituzione degli Osservatori regionali del commercio, l adozione delle importanti norme sul procedimento relativo alle domande per l apertura delle grandi strutture di vendita (art. 9, D.Lgs. n. 114/98), l individuazione dei Comuni ad economia prevalentemente turistica e delle città d arte al fine dell applicazione, nei medesimi, delle deroghe previste in materia di orari, la definizione delle modalità di effettuazione delle vendite di liquidazione e di fine stagione, la definizione delle modalità di autorizzazione dei Centri di assistenza tecnica al commercio. La legislazione della Regione Emilia-Romagna La Regione Emilia Romagna ha dato attuazione alle funzioni e ai compiti che le sono stati conferiti dal D.Lgs. n. 114 del 1998 con due diverse leggi: una in materia di commercio su aree pubbliche e una in materia di commercio in sede fissa. La legge regionale 5 luglio 1999, n. 14, recante le norme per la disciplina del commercio in sede fissa, non reintroduce alcuno strumento di regolamentazione amministrativa, ma definisce un sistema di regole centrato sul riconoscimento del valore che la funzione commerciale ha nelle sue relazioni con il sistema e con l economia sociale del territorio. 11

14 Introduzione Essa stabilisce, inoltre, i principi generali e demanda a successivi atti di competenza del Consiglio regionale la definizione dei criteri di pianificazione territoriale ed urbanistica riferiti alle attività commerciali nonché dei criteri per regolare obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita. La legge n. 14/1999 demanda alla Giunta regionale l adozione di normative specifiche, quali quelle concernenti l Osservatorio regionale, i Centri di assistenza tecnica, le vendite di liquidazione e di fine stagione, i corsi di formazione professionale, la modulistica per le domande di autorizzazione per grandi strutture di vendita. La L.R. si ispira fondamentalmente ai principi della sussidiarietà e della concertazione. In base al principio della sussidiarietà, la Regione Emilia Romagna ha affidato, oltre che ai Comuni, alle Province un importante ruolo di pianificazione urbanistica e programmazione della rete commerciale. La concertazione costituisce un forte elemento di novità che ha cambiato profondamente, nei fatti, i rapporti fra le istituzioni e le rappresentanze della società civile. La legge regionale prevede che la Regione promuova, ai fini delle proprie determinazioni e di quelle di competenza degli Enti Locali, il metodo della concertazione con le rappresentanze degli Enti locali, con le Associazioni d impresa, le Organizzazioni sindacali e le Associazioni dei consumatori. All art. 2 sono legislativamente indicati con una formulazione abbastanza e- stesa gli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali (previsti dal comma 1 dell art. 6 del D.Lgs. n. 114/98). Premesso ed evidenziato che la programmazione regionale si pone quale obiettivo fondamentale la qualificazione degli assetti urbani e territoriali, la legge ha fissato gli indirizzi generali ai quali le Province e i Comuni devono dare attuazione nell ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Fra questi indirizzi, assumono particolare rilievo quelli relativi all adeguatezza della rete, all integrazione del commercio nel contesto sociale ed ambientale, alla valorizzazione della qualità delle città e del territorio, alla salvaguardia dei centri storici e delle aree di particolare valore storico o artistico e all equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive. La Regione Emilia Romagna ha deciso, in base al principio di liberalizzazione, di non introdurre vincoli numerici, definendo, attraverso le indicazioni contenute nell atto del Consiglio recante i criteri e le condizioni per regolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, specifiche modalità di attuazione della fase di autorizzazione delle grandi strutture di vendita. Tali modalità prevedono che gli Enti preposti alla programmazione, (Comuni e Province), assu- 12

15 Introduzione mano atti che consentano una gradualità della realizzazione delle scelte urbanistiche in merito alle grandi strutture di vendita. Il sistema di programmazione commerciale in Emilia-Romagna La legge regionale colloca, come previsto dalle disposizioni del D.Lgs. n. 114/1998, la programmazione della rete distributiva nell ambito degli indirizzi e delle decisioni della pianificazione territoriale. Si realizza quindi il passaggio da un approccio di tipo settoriale, caratterizzato dal perseguimento di obiettivi di equilibrio fra domanda e offerta a un approccio in cui prevalgono gli strumenti di carattere territoriale e dove l intervento pubblico mira alla realizzazione di un equilibrio fra le differenti funzioni territoriali. Il nuovo impianto definito dalla legge regionale, basato sull intreccio fra programmazione della rete commerciale, (in quanto derivante dai criteri di regolazione degli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita ), e pianificazione territoriale urbanistica, consente il superamento di uno dei limiti più vistosi della normativa previgente: lo scarso coordinamento fra le scelte effettuate nell ambito dei piani comunali del commercio e quelle definite nei Piani Regolatori Generali. Questo insufficiente collegamento dei due strumenti programmatori era del tutto evidente a livello dei procedimenti autorizzativi volti al rilascio della concessione edilizia e dell autorizzazione amministrativa alla vendita. La nuova legislazione supera questo limite prevedendo espressamente, per quanto riguarda le medie e le grandi strutture di vendita, la contestualità del rilascio della autorizzazione di apertura e della concessione edilizia o, ove ciò non sia possibile, il rilascio della concessione successivo a quello della autorizzazione. Un ulteriore scelta che la Regione ha operato è stata quella della più ampia valorizzazione del ruolo degli Enti locali, che sono i titolari della decisioni in ordine alle funzioni ad essi attribuite, seppur nel rispetto degli indirizzi e dei criteri stabiliti dalla Regione. Come abbiamo visto, le più rilevanti funzioni che il D.Lgs. n. 114/98 attribuisce alle Regioni sono la definizione degli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali e la determinazione dei criteri di programmazione urbanistica relativi al settore commerciale (art. 6 del D.Lgs. 114/98). La Regione Emilia-Romagna ha dato attuazione agli obiettivi di cui all art. 6 del D.Lgs. 114/98 mediante l approvazione della legge regionale n. 14/99. 13

16 Introduzione La legge regionale n. 14/99 ha collocato, in attuazione alle disposizioni nazionali, la programmazione della rete distributiva nell ambito delle determinazioni della pianificazione territoriale, passando da una valutazione settoriale, (equilibrio tra domanda e offerta), al perseguimento di un equilibrio tra le differenti funzioni territoriali, coordinando strettamente programmazione commerciale e pianificazione urbanistica. Costituiscono indirizzi generali da perseguire, ai sensi dell art. 2 della L.R. n. 14/99, lo sviluppo equilibrato delle differenti tipologie commerciali, nei diversi ambiti territoriali, l affermazione dell efficacia e della qualità del servizio ai consumatori, la diffusione di attività commerciali, soprattutto di piccola e di media dimensione, allo scopo di qualificare gli assetti urbani. Per la realizzazione degli indirizzi generali, la Regione ha promosso un processo di programmazione degli insediamenti delle attività commerciali al quale hanno concorso i Comuni e le Province, provvedendo all attuazione degli indirizzi nell ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. La L.R. n. 14/99 non ha prestabilito la durata della programmazione che di fatto viene adeguata in base alla revisione dei Piani operativi per gli insediamenti commerciali di rilevanza provinciale e sovracomunale, dei piani di attuazione nell ambito dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP) e dei Piani Operativi Comunali (POC). Ha definito poi il quadro di programmazione regionale approvando la Deliberazione di Consiglio Regionale n. 1253/1999, criteri di pianificazione territoriale e urbanistica, e la Deliberazione di Consiglio Regionale n. 1410/2000, con la quale sono stati approvati i criteri e le condizioni per regolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita. La D.C.R. n. 1410/2000 costituisce tuttora riferimento fondamentale per valutare in Conferenza di servizi le domande per l apertura di grandi strutture di vendita, secondo criteri di sostenibilità socioeconomica e ambientale, contenendo l uso del territorio, garantendo le compatibilità ambientali, esaminando i progetti di insediamento di Grandi Strutture di Vendita, (GSV), in termini insediativi, socioeconomici, della mobilità, della rete distributiva in relazione all entità dei servizi offerti ai consumatori. 14

17 Introduzione La D.C.R. n. 1253/1999, Criteri di pianificazione territoriale e urbanistica riferiti alle attività commerciali in sede fissa, ha specificato ulteriormente le tipologie commerciali, di cui all art. 4, del D.Lgs. 114/98, ha definito l articolazione degli indirizzi per l insediamento delle attività commerciali riferite ai diversi ambiti territoriali, ha determinato i criteri cui attenersi per l individuazione delle aree idonee alla localizzazione di medie e di grandi strutture di vendita, fissando i requisiti urbanistici, in termini di accessibilità e standard, e i criteri di incentivazione della qualificazione e dell ammodernamento della rete commerciale. Il ruolo delle Province Il punto 2.1 della D.C.R. 1253/1999 ha stabilito che le Province e i Comuni tengano conto delle caratteristiche dei diversi ambiti territoriali come definiti dalla normativa regionale di pianificazione territoriale e urbanistica e dagli strumenti urbanistici comunali con riferimento alle tendenze evolutive socio-economiche, insediative, dell assetto strutturale della rete distributiva, al fine di realizzare la pianificazione territoriale urbanistica degli insediamenti commerciali, nonché di procedere, mediante Conferenza Provinciale di Servizi, alla valutazione dell idoneità delle aree commerciali di rilievo sovracomunale. Le Province con i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale, (PTCP) e, in fase di prima attuazione con la Conferenza Provinciale di Servizi hanno articolato le proprie previsioni individuando: gli ambiti territoriali idonei alla collocazione delle aree che costituiscono parte del territorio ad elevata specializzazione funzionale, ovvero i poli funzionali (o aree commerciali integrate) programmati in relazione alla capacità di gestire forte attrazione di mobilità, idonei alla collocazione di centri commerciali di livello superiore e di aree commerciali di livello superiore; le aree sovracomunali configurabili come unico bacino di utenza per gli insediamenti commerciali, grandi strutture di vendita, centri commerciali, e aree commerciali integrate; eventuali subpartizioni delle suddette aree sovracomunali, qualora, in relazione alle caratteristiche orografiche e infrastrutturali del territorio, queste si configurino come specifici bacini di utenza per strutture di vendita di medio-grandi dimensioni che siano di più limitata attrazione comunale. La Provincia ha assunto così un ruolo fondamentale in materia di programmazione territoriale e di coordinamento dei comuni, in particolare: 15

18 Introduzione individuando gli ambiti territoriali sovracomunali, definiti dall art. 6, 3 comma, lett. a) e b), del D.Lgs. 114/98, e dall art. 9, della legge regionale n. 14/99, in coerenza con le scelte di sviluppo dei sistemi insediativi, ambientali, socio-economici e della mobilità; convocando e presiedendo la conferenza provinciale dei servizi che, su proposta dei comuni, adeguava le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, e/o adottati, a quanto previsto dalla normativa; definendo, sulla base degli obiettivi di cui al punto 2.d della D.C.R. n. 1410/2000, i criteri per lo sviluppo equilibrato della capacità insediativa delle diverse tipologie distributive; convocando le conferenze di pianificazione per la definizione degli accordi di pianificazione, vincolanti per le conferenze dei servizi di autorizzazione, ai sensi dell art. 11, della legge regionale n. 14/99, di grandi strutture di vendita, (vedi D.C.R. n. 1410/2000, punto 2g). Gli obiettivi indicati alla lettera 2.e), della D.C.R. n. 1410/2000, evidenziano che la definizione dei criteri per lo sviluppo equilibrato della capacità insediativa delle diverse tipologie distributive si basa su una valutazione complessiva della rete distributiva provinciale sia da un punto di vista commerciale, individuando le possibilità di insediamento di nuove strutture commerciali compatibili con un armonico sviluppo della rete distributiva, sia da un punto di vista urbanistico-territoriale, individuando, tra le aree ritenute idonee dalla conferenza provinciale dei servizi, quelle più vocate all insediamento in termini di infrastrutture esistenti, impatto viabilistico, utilizzo del territorio, adeguato sviluppo del commercio nelle diverse aree, consentendo di ridurre gli squilibri territoriali e le evasioni di consumatori. La classificazione delle tipologie commerciali Il punto 1 della D.C.R. 1253/1999 ha previsto, rispetto al decreto legislativo n. 114/1998, una subclassificazione delle medie e delle grandi strutture di vendita, che si suddividono, a seconda delle dimensioni e delle classi demografiche dei Comuni, in medio-piccole strutture e in medio-grandi strutture vendita, nonché in grandi strutture di vendita di livello superiore, (grandi strutture di vendita alimentari con superficie di almeno mq. e grandi strutture di vendita non alimentari con superficie di almeno mq.). Anche per i centri commerciali è stata prevista una distinzione in centri commerciali di vicinato, (nei quali gli esercizi, considerati singolarmente, rientrano nella dimensione degli esercizi di vicinato, salvo l eventuale presenza di una mediopiccola struttura), e centri commerciali d attrazione, a loro volta distinti in attrazione di livello superiore, (se comprensivi di grandi strutture di vendita alimentari di livello superiore e comunque di medie strutture di vendita o di grandi strutture di vendi- 16

19 Introduzione ta alimentare le cui superfici complessivamente superassero i mq.), ed attrazione di livello inferiore, (se comprensivi di medie strutture di vendita e/o di grandi strutture di vendita le cui superfici di vendita risultino complessivamente inferiori ai limiti di e di mq., rispettivamente per le strutture alimentari e non alimentari, e con superficie territoriale non superiore a 5 ettari). Non era considerato centro commerciale un aggregazione di esercizi di vendita nell ambito di una, o più, unità edilizie destinate anche ad altre funzioni non commerciali, costituita da più esercizi di vicinato, eventualmente anche con la presenza di medio-piccole strutture di vendita, e da esercizi paracommerciali, o ricreativi, con accessi separati, collocati in contenitori contigui e caratterizzati da attrattività unitaria per gli utenti. Per tali aggregazioni, definibili complessi commerciali di vicinato o gallerie commerciali di vicinato, non si considerava la superficie di vendita complessiva, e le procedure autorizzative, gli indirizzi, le direttive, i requisiti urbanistici si applicavano con riferimento ai singoli esercizi. La D.C.R. n. 1253/1999 ha definito l area commerciale integrata (A.C.I.), detta anche polo funzionale, quale parte del territorio a elevata specializzazione funzionale, a forte attrattività, come tale sottoposta alle procedure di programmazione e di intervento individuate nella normativa regionale in materia di pianificazione territoriale e di programmazione urbanistica. Si trattava di un area che interessa di norma almeno due ettari di superficie territoriale, specialmente dedicata al commercio, all interno della quale sono previsti una pluralità di edifici destinati a attività commerciali, paracommerciali, ricreative, a servizi complementari. Tale area comprende più strutture di medie, e/o di grandi, dimensioni ed è configurabile come complesso organico quanto a fruibilità per gli utenti, dotata di servizi esterni comuni, (quali parcheggi, percorsi pedonale, ecc.), ma costituita da più unità edilizie autonome realizzate, o da realizzarsi, anche in tempi diversi. Le aree commerciali integrate erano, dal punto di vista urbanistico e per quanto riguardava gli effetti sul territorio, da considerarsi unitariamente nell ambito di un piano urbanistico attuativo, ma le procedure autorizzative e le dotazioni pertinenziali erano riferite alle singole unità edilizie. L area commerciale integrata, qualora comprenda più strutture di cui almeno una grande struttura di vendita di livello superiore alimentare, o non alimentare, e comunque superasse la superficie territoriale di cinque ettari, si definiva di livello superiore. Su quest ultimo tema delle forme di aggregazione non riconducibili a centro commerciale, essendo dall origine sottili e precari i livelli di distinguo fissati per legge fra diverse tipologie, la Regione Emilia-Romagna è intervenuta con la re- 17

20 Introduzione cente Deliberazione del Consiglio regionale 653/2005 (integrando su questi punti la precedente Deliberazione di urbanistica commerciale 1253/1999) fissando in modo più preciso e rigido i limiti di tipologia: per quanto concerne le aggregazioni di medie strutture di vendita in a- ree commerciali integrate, è individuato il limite della sovracomunalità su cui deve operare il Piano territoriale (PTCP) nella soglia del superamento di 1,5 ettari di superficie territoriale e, comunque, di mq. di superficie di vendita realizzabili anche in successive fasi attuative, assoggettando a Piano unitario particolareggiato tali insediamenti; per quanto concerne i complessi e gallerie di vicinato, per i quali sia le procedure autorizzative, sia le prescrizioni e i requisiti urbanistici si applicano con riferimento ai singoli esercizi (con possibile inserimento di un medio esercizio fino a mq. di vendita a prescindere dal tipo di comune), si limita ai soli interventi di recupero di patrimonio edilizio e- sistente l ammissibilità di detti interventi integrati (che, con la precedente deliberazione, potevano anche essere di nuovo insediamento) circoscrivendoli ai soli casi interni a zona A, mentre, all esterno delle zone A, si fissa un limite complessivo massimo di mq. nei piccoli comuni e di nei comuni con oltre abitanti per una deroga dei soli aspetti autorizzativi (e non degli standard urbanistici). 18

21 Introduzione Le tabelle seguenti sintetizzano le subclassificazioni effettuate dalla Regione Emilia-Romagna ( D.C.R. 1253/1999 e s.m.) COMUNI CON POPOLAZIONE INFERIORE A ABITANTI COMUNI CON POPOLAZIONE SUPERIORE A ABITANTI 1. ESERCIZI DI VICINATO Superficie di Vendita < 150 mq [alimentari e non alimentari] Superficie di Vendita < 250 mq [alimentari e non alimentari] 2. MEDIO PICCOLE STRUTTURE DI VENDI- TA 150 mq < Superficie di Vendita < 800 mq [alimentari e non alimentari] 250 mq < Superficie di Vendita < mq [alimentari e non alimentari] 3. MEDIO GRANDI STRUTTURE DI VENDI- TA 800 mq < Superficie di Vendita < mq [alimentari e non alimentari] mq < Superficie di Vendita < mq [alimentari e non alimentari] 4. GRANDI STRUTTURE DI VENDI- TA mq < SdV < mq. [alimentari] mq < SdV < mq. [non alimentari] mq < SdV < mq. [alimentari] mq < SdV < mq. [non alimentari] 5. GRANDI STRUTTURE DI VENDITA DI LIVEL- LO SUPERIORE SdV > mq. [alimentari ] SdV > mq. [non alimentari ] SdV > mq. [alimentari] SdV > mq. [non alimentari ] TIPOLOGIE DI ESERCIZI COMMERCIALI 19

22 Introduzione CENTRI COMMERCIALI COMPLESSI COMMERCIALI DI VICINATO AREE COMMERCIALI INTEGRATE Strutture commerciali medie o grandi, dotate di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente Sono definibili come: Aree per una pluralità di edifici dedicati a strutture commerciali, paracommerciali, ricreative ed a servizi DI VICINATO Devono comprendere: di livello INFERIORE Devono comprendere: DI ATTRAZIONE di livello SUPERIORE Devono comprendere: aggregazione di esercizi di vendita nell ambito di una o più unità edilizie destinate anche ad altre funzioni non commerciali sono costituite da: di livello INFERIORE Devono comprendere: di livello SUPERIORE Devono comprendere: ESERCIZI DI VICINATO oppure anche una MEDIO PICCOLA struttura di vendita MEDIE e/o GRANDI strutture a condizione che Sdv tot < mq per strutture alim. e Sdv tot < mq per strutture non alim. e inoltre S territoriale < 5 ettari (Sdv tot = Superficie di vendita complessiva) almeno una GRANDE strutture di vendita DI LIVELLO SUPERIORE (alim. o non alim) oppure anche MEDIE o GRANDI strutture di vendita (alim. o non alim) a condizione che Sdv tot > mq per strutture alim. e Sdv tot > mq per strutture non alim. (Sdv tot = Superficie di vendita complessiva) più esercizi di vicinato, eventualmente con la presenza anche di medio-piccole strutture di vendita, e da servizi paracommerciali e ricreativi con accessi separati ancorché collocati in contenitori contigui e caratterizzati da attrattività unitaria per gli utenti. Nei Comuni con meno di abitanti è ammessa la presenza di una media struttura fino a 1500 mq di Sdv la realizzazione di tali complessi è ammessa solo nell ambito di interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente più strutture MEDIE e/o GRANDI, in conformità alla pianificazione comunale e provinciale e soddisfare la condizione 2 ettari < S territoriale < 5 ettari N.B. Costituisce Grande struttura di vendita l aggregazione di più e- sercizi commerciali che superi i limiti di mq di SV nei Comuni sino a ab. e mq nei Comuni con oltre ab. più strutture MEDIE e/o GRANDI, in conformità alla pianificazione comunale, provinciale, di cui almeno una GRANDE strutture di vendita DI LIVELLO SUPERIORE (alim. o non alim) o soddisfare la condizione S territoriale > 5 ettari N.B. Costituisce Grande struttura di vendita l aggregazione di più esercizi commerciali che superi i limiti di mq di SV nei Comuni sino a ab. e mq nei Comuni con oltre ab. TIPOLOGIE DI AGGREGAZIONI DI ESERCIZI COMMERCIALI 20

23 Introduzione La funzione del Quadro Conoscitivo nella disciplina regionale Come già accennato nei paragrafi precedenti il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, (articolo 6) attribuisce alle Regioni il compito di definire gli indirizzi generali per l insediamento delle attività commerciali, nonché di fissare i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale; ai Comuni viene attribuito invece il compito di adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi e i regolamenti di polizia locale alle disposizioni regionali. Il cardine di questa riforma, relativamente agli aspetti di natura territoriale, sta nella necessità di rendere localmente compatibile l impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali, con particolare riguardo ad alcuni fattori quali l accessibilità, la mobilità, il traffico e l inquinamento; individuando nella valorizzazione delle funzioni commerciale un mezzo sussidiario alla riqualificazione dei tessuti urbani, sia nei centri storici da salvaguardare e rivitalizzare, sia nei quartieri urbani periferici e degradati. La legge della Regione Emilia-Romagna, 5 luglio 1999 n. 14, Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.114, individua poi le Province come ulteriore soggetto pubblico con preminenti funzioni nel campo della programmazione urbanistico-commerciale, con particolare riguardo alle medie e grandi strutture di vendita, ossia a quelle previsioni urbanistico-territoriali nel settore commerciale che esplicano effetti a scala sicuramente sovracomunale. La stessa legge regionale attribuisce al Piano territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) il compito di individuare gli ambiti territoriali sovracomunali rilevanti ai fini della programmazione commerciale delle medie e delle grandi strutture di vendita. Il PTCP in materia di Insediamenti Commerciali è dunque uno strumento di pianificazione settoriale, intimamente connesso col PTCP vigente, dal quale trae fondanti indirizzi, e sul quale opererà una specifica variante. In quanto tale, il Piano del Commercio Provinciale viene predisposto con le procedure e i contenuti disciplinati dalla L.R. 24 marzo 2000, n. 20. L Atto di indirizzo e coordinamento tecnico per l attuazione della suddetta legge, definisce e illustra i contenuti conoscitivi e valutativi dei Piani e della Conferenza di Pianificazione. Nel paragrafo 2.1 dell Atto di indirizzo si illustra chiaramente la funzione del Quadro Conoscitivo nel processo di pianificazione: La definizione del quadro conoscitivo del territorio costituisce il primo momento del processo di pianificazione. Il comma 1 dell art. 4 della suddetta legge richiede che a fondamento dell attività di pianificazione sia posta una ricostruzione dello stato del territorio al momento nel 21

24 Introduzione quale detta attività si avvia (stato di fatto) nonché una analisi dell andamento delle dinamiche evolutive delle situazioni accertate (processo evolutivo). A tale scopo la legge stabilisce che, per la predisposizione del quadro conoscitivo, l amministrazione procedente si avvalga dei dati conoscitivi e delle informazioni che devono essere messe a disposizione da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, le quali svolgono tra i propri compiti istituzionali funzioni di raccolta, e- laborazione e aggiornamento degli stessi (art. 17). Inoltre, la stessa legge prescrive che il quadro conoscitivo sia sottoposto all esame della conferenza di pianificazione, per perseguire la condivisione dei suoi contenuti ed assicurare l eventuale integrazione e aggiornamento dei dati e delle informazioni ivi riportate (art. 14, comma 1). Il Quadro Conoscitivo deve essere formato sin dall avvio della fase di elaborazione del Piano. Questa stretta aderenza del contenuto del piano allo strumento conoscitivo del territorio si collega, da una parte, all obbligo di motivazione delle scelte strategiche operate, di cui al comma 3 dell art. 3, dall altra, allo svolgimento delle valutazioni di sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dall attuazione dei piani (art. 5). Inoltre, le analisi e valutazioni contenute nel quadro conoscitivo devono essere integrate, approfondite e aggiornate in ragione dell eventuale sviluppo o modifica del Piano, nel corso della sua formazione e gestione. In considerazione di tutto ciò, la legge stabilisce che il Quadro Conoscitivo del territorio sia uno degli elaborati costitutivi degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica (art. 4, comma 1). 22

25 La dinamica dei consumi e le famiglie bolognesi 1 LA DINAMICA DEI CONSUMI E LE FAMIGLIE BOLOGNESI 1.1 Introduzione e inquadramento generale Il rallentamento dei consumi registrato a partire dagli anni novanta, accompagnato dall impatto dell introduzione dell euro nei primi anni del nuovo secolo e da un rallentamento generale dell economia, ha determinato profonde modifiche nei comportamenti d acquisto. Stili di vita e di consumo sono stati, poi, ulteriormente influenzati dalla diffusione di nuovi format distributivi e da alcune clamorose vicende che hanno coinvolto il settore alimentare, mettendo in evidenza il tema della sicurezza del consumo. I costi per i servizi, sia quelli necessari alla conduzione della vita quotidiana che quelli connessi al tempo libero, sono nel frattempo aumentati, occupando quote sempre più crescenti di reddito. Questa situazione ha determinato una polarizzazione dei comportamenti, distinguendo in modo sempre più netto chi non ha problemi e ricerca il massimo di qualità e soddisfazione nell acquisto da chi, al contrario, si trova in una situazione di necessità e costretto a ricercare continuamente le soluzioni più vantaggiose da un punto di vista economico e da chi si trova in una situazione mediana e oscilla fra la ricerca della qualità e l acquisto orientato alla convenienza. Per comprendere meglio questi fenomeni, indicazioni importanti vengono dai dati disponibili relativi alla spesa delle famiglie, vista nella prospettiva storica, a partire dal Prima di procedere con questa analisi è però necessario delineare un quadro generale circa le dinamiche demografiche che negli ultimi anni hanno investito la regione Emilia-Romagna e tutta la provincia di Bologna. Dinamiche che hanno inciso in modo significativo sulle esigenze di servizio delle diverse parti del territorio da un lato, e generando implicitamente delle prospettive di sviluppo e ristrutturazione del settore commerciale dall altro lato. Il periodo è essenziale per comprendere l evoluzione recente del commercio; nel 1998 è stata infatti varata la riforma Bersani che è entrata a regime nel 1999 ed ha trovato una prima concreta applicazione in termini di programmazione nel Anche l analisi delle trasformazioni della popolazione sono perciò principalmente da riferire a questo periodo, non solo perché è il più recente, 23

26 La dinamica dei consumi e le famiglie bolognesi ma anche perché corrisponde all arco temporale che racchiude il dispiegarsi degli effetti della riforma di settore. 1.2 L evoluzione della consistenza demografica provinciale Negli ultimi anni, l evoluzione demografica è stata caratterizzata dalla evidente perdita di popolazione patita dalla città capoluogo a tutto vantaggio del restante territorio provinciale: al 31 dicembre 2005, mentre il comune di Bologna ha perso rispetto a dieci anni prima il 3% dei suoi abitanti, il complesso della provincia ha segnato un costante, seppur lieve, incremento: +4,0% tra 1998 e 2005, crescendo in termini assoluti da a abitanti. Andamento consistenza popolazione residente dal 1998 al 2005 negli ambiti sovracomunali della provincia di Bologna Comuni, Associazioni e Unioni di Comuni Terre d Acqua Reno Galliera Terre di Pianura Valle Idice Cinque Valli Alta e Media Valle Reno Bazzanese-Samoggia Circondario Imolese Comune di Bologna Totale Provincia Tab. 1.1: Andamento consistenza popolazione in Provincia di Bologna - dati Provincia di Bologna, fonte anagrafe dei Comuni Relativamente alle associazioni e unioni comunali, gli incrementi percentuali più consistenti hanno riguardato la pianura a nord del comune capoluogo, quindi le associazioni Terre di Pianura (+12,1%), Reno-Galliera (+12,3%) e Terre d Acqua (10,5%). Segnali dunque di un importante crescita demografica che trovano ulteriore conferma considerando anche la variazione annuale della popolazione residente avvenuta tra 31 dicembre 2004 e 31 dicembre 2005: ancora per quest ultimo anno osservato, infatti, la popolazione provinciale nel suo complesso è cresciuta dello 0,6% contro la lievissima perdita - pari allo 0,2% - patita dalla città di Bologna; ma sono appunto le associazioni Reno-Galliera (+1,9%), Terre d Acqua (+2%), Terre di Pianura (+1,4%) e Valle del Samoggia (+1,4%) a registrare gli incrementi più elevati. E del resto, non risulta affatto casuale, che ancora nell ambito territoriale della pianura a nord di Bologna si trovino quei comuni che hanno registrato i maggiori incrementi demografici: Castello d Argile (+6,8%) e 24

27 La dinamica dei consumi e le famiglie bolognesi San Giorgio di Piano (+4,1%) nella seconda fascia, e Granarolo dell Emilia (+3,4%) contermine a Bologna. Variazioni annuali e di periodo dal 1998 al 2005 della popolazione residente negli ambiti sovracomunali della provincia di Bologna Comuni, Associazioni e Unioni di Comuni in v.a in % Terre d Acqua ,5% Reno Galliera ,3% Terre di Pianura ,1% Valle Idice ,6% Cinque Valli ,7% Alta e Media Valle Reno ,0% Bazzanese-Samoggia ,5% Circondario Imolese ,4% Comune di Bologna ,2% Totale Provincia ,0 % Tab. 1.2: Variazione annuale e di periodo della popolazione in Provincia di Bologna - dati Provincia di Bologna, fonte anagrafe dei Comuni 1.3 La popolazione residente e presente nel territorio provinciale La provincia di Bologna è più di altre investita da profondi rivolgimenti interni causati dalla perdita di peso del Capoluogo e dal trasferimento fuori città (ormai nella seconda e terza cintura) di molte famiglie e soprattutto di giovani coppie; le migrazioni interne alla provincia, più ancora dell'immigrazione dall'estero, hanno ormai portato a completi travasi di popolazione riconfigurando la composizione sociale di ciascun territorio. Le aree cresciute dal punto di vista demografico negli ultimi vent'anni presentano quote marginali di popolazione autoctona (nata sul posto o con padre nato nello stesso luogo); ma è quasi tutta la provincia ad aver subito livelli di rivolgimento tali da veder svuotato il concetto stesso di popolazione autoctona. Da questo punto di vista è del tutto evidente che le possibilità di "tenuta" di un commercio tradizionale basato sulla condivisione della comunità di appartenenza, su rapporti fiduciari trasmessi di padre in figlio, sono ormai agli sgoccioli e possono essere rilanciati solo sulla base di concetti nuovi, frutto di un progetto e non di abitudini residuali. In sostanza la trasformazione del tessuto sociale in ciascun ambito della provincia (immigrazione dall estero per nazionalità, immigrazione dall Italia, travasi interni al territorio provinciale, popolazione presente non residente, diversi tassi di 25

28 La dinamica dei consumi e le famiglie bolognesi attività, grado di invecchiamento, ecc.) segnano condizioni assai diverse per lo sviluppo delle attività commerciali. Le tipologie di famiglia con più bambini è tipica solo di alcune parti di territorio dove è più facile il congiungimento familiare degli stranieri e dove, in relazione ai costi abitativi, si trasferiscono le nuove famiglie. Alcune zone di pianura (l'area del Reno, l'imolese) sono connotate da nuove famiglie e dalla presenza di popolazione infantile. Il fenomeno dei single e del nucleo minimo di convivenza, insieme alla riduzione del numero medio di componenti, è invece particolarmente forte in città, oppure, in relazione al trasferimento dopo il pensionamento di parte della popolazione verso aree periferiche della provincia, in alcune aree montane. Questo fenomeno dei single e della presenza di nuclei ristretti determina riflessi notevolissimi sui comportamenti di consumo e sulle abitudini d acquisto imponendo format commerciali attenti alla personalizzazione del servizio (piccole pezzature, orari particolari, esigenze di servizio accentuate, fra cui, per gli anziani, la consegna a domicilio, ecc.). Le previsioni demografiche e le prevedibili trasformazioni di composizione dei bacini di consumo (consistenza globale, tipo di famiglie, prevedibile grado di invecchiamento, numero medio componenti) sono dunque da analizzare zona per zona; gli ambiti individuati per la pianificazione in provincia di Bologna appaiono sufficientemente attagliati per fornire indicazioni adeguate La presenza degli stranieri Guardando i dati presentati nella tabella che segue, al 31 dicembre 2005, il numero di residenti stranieri nella provincia ammonta a unità, pari al 6,5% del complesso della popolazione; di questo numero, risiedono nel comune di Bologna, dove l incidenza degli stranieri ogni 100 residenti in complesso sale a 7,5. La distribuzione di questo indicatore (stranieri su 100 residenti in complesso) nei vari comuni del territorio provinciale mostra che l area in cui la presenza straniera pesa maggiormente è la fascia montana-appennica a sud del capoluogo (tra i comuni di Vergato, Grizzana Morandi, Marzabotto, Loiano, Monghidoro), dove si può ipotizzare che la distanza dal centro urbano e il diverso contesto immobiliare offra agli immigrati da altre nazioni soluzioni abitative meno costose, più contenute e sostenibili economicamente. 26

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