L APPROCCIO RIABITATIVO AL PAZIENTE CHIRURGICO
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- Alfonso Donato
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1 L APPROCCIO RIABITATIVO AL PAZIENTE CHIRURGICO Negli ultimi anni l approccio prevalente della chirurgia moderna ha evidenziato una sempre maggiore precauzione nell eseguire interventi per la chirurgia vertebrale. Alcuni importanti studi hanno indicato come troppo spesso le principali indagini diagnostiche strumentali mostrano, in soggetti asintomatici, condizioni ritenute patologiche quali protrusioni, ernie discali e stenosi, e quindi situazioni di falsa positività che tendono ad aumentare con l innalzarsi dell età. Infatti, secondo alcuni studi, il 33% degli adulti di oltre 60 anni presenta una stenosi spinale. La discrepanza tra la diagnostica per immagini e la sintomatologia clinica è riportata da vari autori confermando che una sintomatologia algica possa risolversi con un intervento conservativo o grazie alla storia naturale di queste affezioni. Infatti, a media e a lunga distanza, non vi sono differenze significative nei risultati tra chirurgia e trattamento conservativo. Quando però, la situazione clinica del paziente lo richiede, l intervento chirurgico può essere necessario. I principali interventi adottati sono la rimozione di un ernia discale, la correzione di una stenosi e la stabilizzazione di un segmento instabile (Artrodesi). Svariate le tecniche chirurgiche rivolte a queste condizioni patologiche, ma, indipendentemente dalla scelta adottata, è importante la collaborazione del team interdisciplinare, cioè il fisioterapista, il fisiatra, il chirurgo vertebrale ed il medico di riferimento. La rieducazione post chirurgica, infatti, dovrebbe collocarsi come proseguimento ed ottimizzazione dei risultati dell intervento stesso. Quando un paziente è stato sottoposto ad un intervento chirurgico per risolvere una patologia del rachide, va considerato come un soggetto in cui sono presenti contemporaneamente una condizione post traumatica e una disfunzione strutturale più o meno grave, in relazione al tipo d intervento. ERNIE DISCALI I fattori prognostici nell ernia discale sono sia clinici che strumentali. Fattori prognostici favorevoli sono la mancanza di Lasègue contro laterale, il miglioramento della sciatica superiore al 50% nelle prime sei settimane, la presenza di un ernia espulsa, l assenza di stenosi. Fattori prognostici sfavorevoli sono la presenza di Lasègue contro laterale, la
2 mancanza di miglioramento o un miglioramento inferiore al 50% nelle prime 6 settimane, l ernia contenuta e la presenza di una stenosi. Indicazione assoluta all intervento è la sindrome della cauda equina e il peggioramento del deficit neurologico, come indicazione relativa il fallimento del trattamento conservativo; indicazione discutibile il desiderio del paziente di guarire rapidamente. Necessitano quindi d intervento chirurgico non oltre il 2/4% dei pazienti. Quindi non è l indagine strumentale ma la clinica a fornire le maggiori indicazioni. Il dolore lombare tende a regredire nei primi giorni, mentre dovrebbe scomparire subito il dolore irradiato. La persistenza di quest ultimo dimostrerebbe la mancata efficacia del trattamento, anche se saltuari dolori articolari possono essere ancora presenti. Il dolore è meno intenso nei casi trattati con microdiscectomia rispetto a quelli trattati in modo convenzionale. Ad un mese dall intervento vi è ancora un dolore lombare sotto sforzo nella maggior parte dei pazienti, con una minore intensità nei pazienti operati di microdiscetomia. Entro 2/3 mesi i risultati sono comunque soddisfacenti nell 85% dei casi. Alcuni studi hanno evidenziato che la muscolatura posteriore del rachide subisce dei danni durante l intervento, e il ripristino della forza dei muscoli estensori spinali dopo l intervento dipende dal timing dell intervento stesso. Il recupero dei deficit neurologici dipende dall entità del deficit stesso, esso è più rapido e totale, da 1 a 3 mesi, nei casi di modesta entità. L estensore proprio dell alluce è il muscolo che più di frequente presenta un recupero parziale, con presenza di parestesie associate nella sua area, ma anche il recupero del tibiale anteriore e dei peronei non è sempre ottimale. Se a distanza di ¾ mesi dall intervento non vi sono segni di miglioramento, è difficile un recupero ad integrum totale. Il recupero vescicale nelle sindromi della cauda equina non supera il 60% dei casi ad insorgenza rapida. In generale, tra il 5 e il 20% dei pazienti non ha esiti soddisfacenti dall intervento di discectomia, il 22/45% dei pazienti soffre di sciatica residua ed il 30/70 % di lombalgia residua. I risultati negativi possono derivare da difetti d indicazione, di programmazione o di trattamento chirurgico, ma possono anche derivare da complicanze insorte dopo un intervallo libero (fibrosi epidurale, aracnoidite adesiva). La media dei reinterventi a distanza, allo stesso livello od altro livello, è del 10%. La condizione psicosociale dei pazienti è un fattore molto importante per il ritorno al lavoro e la soddisfazione rispetto all intervento stesso. E stata anche considerata l importanza di una maggiore informazione al paziente riguardo all intervento chirurgico ed i suoi probabili esiti, fatto che può migliorare il coinvolgimento dei malati e la loro partecipazione al recupero.
3 TRATTAMENTO Dimostrata l importanza della rieducazione post chirurgica, sia sui parametri fisici sia sulla ripresa del lavoro. Per quanto riguarda la scelta degli esercizi ed i tempi che il fisioterapista deve rispettare nel suo programma rieducativo, la ricerca deve indirizzare gli operatori verso un approccio precoce del paziente post operato. Dopo l intervento di discectomia, l allenamento intensivo precoce per 4 settimane riduce maggiormente il dolore e la disabilità nei pazienti, in alternativa al riposo per 6/8 settimane, prima di tornare alla piena attività. Sono stati confrontati un gruppo d allenamento attivo precoce con un gruppo di controllo, trattato classicamente. I pazienti che hanno effettuato più precocemente l allenamento più intensivo e funzionale, incoraggiati progressivamente alle passeggiate, al nuoto e al jogging, hanno riferito minor dolore e maggiore soddisfazione dell intervento. E stata evidenziata l importanza della lordosi lombare sia come situazione fisiologica statica dinamica, sia come fattore essenziale per la corretta cicatrizzazione dei tessuti molli posteriori periarticolari e per la riduzione del rischio di altre erniazioni posteriori. Evidenziata l importanza di un personal trainer, spesso corrispondente al fisioterapista, già nelle fasi iniziali del recupero del paziente post operato. Gli insegnamenti saranno così adattati alle situazioni della vita quotidiana, comprendendo tutte le simulazioni degli stress lavorativi, del tempo libero o sportivi. RIEDUCAZIONE POST CHIRURGICA DOPO DISCECTOMIA L intervento terapeutico deve essere precoce. L obiettivo terapeutico principale è di ripristinare i corretti automatismi statico dinamici, per recuperare le possibilità di carico e la motricità. Considerato che il muscolo multifido è spesso atrofico nei pazienti operati, data la sua importanza nella stabilizzazione della colonna lombare, bisogna riattivarne, quanto prima possibile, la sua funzionalità. Bisogna avere indicazioni dal chirurgo, conoscere il tipo di intervento adottato, quali precauzioni adottare, affinché l equipe riabilitativa possa modificare il proprio intervento nelle varie tipologie di pazienti. Infatti alcuni sono più motivati e vogliono riprendere precocemente le proprie attività sociali, altri hanno la paura di avere subito una lesione permanente e restano insicuri rispetto ai dolori residui ed hanno paura a muovere la propria schiena. I primi devono essere educati ad una ripresa graduale e a non sovraccaricare la schiena, finche questa non avrà una muscolatura valida, mentre i secondi devono ritrovare la fiducia nel movimento e coscientizzare progressivamente la possibilità di sollecitare
4 le strutture operate senza dolore. Bisogna insegnare subito al paziente operato come stare seduto correttamente, quali supporti lombari utilizzare, dare informazioni sulla postura eretta e sulle elementari norme ergonomiche ed incoraggiare il soggetto alla ripresa delle normali attività quotidiane. Bisogna insegnare, precocemente, esercizi di risveglio della funzione stabilizzatrice lombare, iniziando dalla percezione e dalla propriocezione, diminuendo progressivamente il tempo d utilizzo della fascia lombare nelle situazioni giornaliere più protette e man mano che gli esercizi di stabilizzazione progrediscono e mantenendola nelle attività più stressanti. Tale approccio serve a non far trovare impreparata la muscolatura della schiena al momento dell abbandono della fascia lombare e di non incoraggiare il paziente a delegare ad un ausilio la forza della propria schiena. Se si prolunga troppo l uso della fascia, si predispone il paziente ad esserne dipendente. In questa fase gli incontri potranno essere bisettimanali, per dar modo al paziente di verificare da solo i consigli dell equipe riabilitativa. Se la cicatrice procura sensazione di tensione nel movimento segmentario, può essere utile un massaggio specifico. Nelle prime sedute si possono attuare esercizi di rieducazione respiratoria e di mobilizzazione dei cingoli; quando sono stati tolti i punti di sutura, ai può fare anche rieducazione in acqua, poiché permette di recuperare il movimento in scarico gravitazionale. In seguito, man mano che le possibilità di carico del paziente lo renderanno possibile, bisognerà proseguire con le mobilizzazioni graduali e specifiche del segmento lombare: tecniche di terapia manuale in estensione, stretching legamentoso, auto elongazioni, etc. Per i movimenti accessori, si possono avviare caute mobilizzazioni della radice nervosa, si intensificheranno gli esercizi propriocettivi e di ricondizionamento muscolare. Si useranno le tecniche di Maitland per i movimenti accessori, quelle di Butler per le mobilizzazioni del sistema nervoso, esercizi per la stabilizzazione del rachide e alle disfunzioni di movimento saranno applicate le tecniche di rieducazione posturale globale. Tutti i movimenti fisiologici devono essere ripresi, senza dolore o paura, gli esercizi con pallone o tavole oscillanti, gli esercizi di chinesiterapia per la mobilizzazione e il rinforzo funzionale aerobico sono utili per raggiungere questo obiettivo. All incirca un paziente operato di microdiscectomia dovrebbe tornare ad andare in bicicletta o fare nuoto dopo 3 settimane. Mentre s intensifica il programma rieducativo, bisogna aggiungere strategie per educare il paziente a gestire il suo problema e combattere i fattori di rischio. Le posture ergonomiche, specie da seduto e sull economia della colonna, devono essere automatizzate dal paziente, mentre lo si stimola alla definitiva ripresa della propria attività lavorativa
5 (con simulazioni, ripetizioni e verifiche) e di una vita di relazione completa e soddisfacente, facendogli mantenere un attività motoria adeguata e confacente alle proprie esigente (ginnastica, danza, joga, sport). In alcuni casi, a distanza di tempo c è una recidiva. Le cause più frequenti di recidiva, dopo intervallo libero, sono la fibrosi periradicolare (associata a fenomeni di sensibilizzazione del sistema nervoso ed eccitazione del sistema simpatico) e le recidive d ernia, con caratteristiche tissutali diverse dall ernia primitiva (tessuto condroide). La valutazione clinica e strumentale aiuta a distinguere tra queste 2 diverse condizioni, che naturalmente hanno bisogno di cure diverse. Nella fibrosi periradicolare, la terapia conservativa intende mobilizzare ed elasticizzare la radice nervosa, mediante tecniche manuali (cauti movimenti fisiologici e movimenti accessori) e procedure di mobilizzazione del sistema nervoso secondo Butler. Nelle ernie recidivate, bisogna verificare se i movimenti unidirezionali possono ridurre la compressione esercitata dall ernia sulle strutture contigue e quindi ridurre il dolore. Se il dolore del paziente risponde positivamente alle sollecitazioni meccaniche, si potranno utilizzare manovre secondo McKenzie. ARTRODESI VERTEBRALE Gli interventi di artrodesi vertebrale suscitano pareri discordi. Alcuni riportano risultati soddisfacenti, con migliorata funzione e dolore diminuito. Altri ritengono tale intervento di dubbia utilità. Le indicazioni per l artrodesi vertebrale comprendono le spondilolistesi istmiche e degenerative, le instabilità post chirurgiche e le scoliosi degenerative. Le varie tecniche operatorie differiscono tra loro per il livello di invasività, pertanto è necessario avere maggiori informazioni possibili sull intervento e le precauzioni da adottare. La rieducazione deve considerare le limitazioni che residueranno, prevenire le complicanze post chirurgiche alla radice del nervo (presenti nel 9% dei casi, ma con la tendenza a regredire nel tempo) e proteggere il disco limitrofo all intervento, che può andare incontro a sovraccarico e degenerazione. Questi pazienti hanno bisogno di una lunga riabilitazione, anche di diversi mesi, prima del ritorno al lavoro. Nelle fasi iniziali il trattamento deve essere dolce, deve rispettare il dolore del paziente e lo riduca con tecniche antalgiche, quali FKT strumentale, agopuntura, pompages, massaggi, ecc. L obiettivo terapeutico principale è quello di migliorare la distribuzione dei carichi. A prescindere da quanti segmenti sono coinvolti nel blocco vertebrale,
6 bisogna mantenere tre elementi essenziali: la corretta ripartizione dei carichi tra i dischi e le articolazioni posteriori in tutto il segmento lombare, la lordosi per evitare che la resistenza assiale al carico diminuisca, la corretta e completa estensione dell anca. In una prima fase si favorirà il trattamento posturale in scarico, con esercizi percettivi e di propriocezione, da continuare fin quando il paziente indosserà il corsetto. In un tempo successivo bisognerà rinforzare la funzione statica e migliorare la resistenza al carico. L obiettivo terapeutico seguente dovrà essere il ripristino dei corretti automatismi statico dinamici. Tecniche di mobilizzazione segmentaria e ginnastiche dolci globali possono favorire il mantenimento della maggiore flesso estensione della colonna, che l intervento ha ridotto del 40/50%. Per non danneggiare per sovraccarico i dischi adiacenti l intervento, tutti i segmenti limitrofi siano elastici e sappiano rispondere a maggiori sollecitazioni. Ad es. la ridotta estensione del rachide lombare può essere sostituita da una maggiore estensione dell anca, la ridotta flessione lombare può essere sostituita dai segmenti contigui della colonna e da una maggiore elasticità degli ischio crurali. Nel caso della ridotta motilità dovuta all artrodesi, sarà il cingolo pelvico a compensare la ridotta funzionalità del segmento operato. La massima funzionalità di questo distretto si può ottenere attraverso esercizi percettivi e percettivo motori e con tecniche di mobilizzazione articolare passiva; vanno evitati i movimenti in rotazione, fin quando l artrodesi non è consolidata. Dato che il paziente operato di artrodesi tende a ridurre il movimento, è importante favorire l approccio cognitivo comportamentale, per ridare sicurezza e fiducia nel movimento (educare alla gestione razionale del proprio problema). Alla fine della terapia bisogna insegnare un programma di mantenimento funzionale da eseguire a domicilio. OUTCOME DEL TRATTAMENTO CHIRURGICO Indipendentemente dalla tecnica chirurgica utilizzata, l obiettivo è quello di migliorare le condizioni di salute. Negli ultimi venti anni è stata studiata la qualità di vita correlata allo stato di salute, soprattutto quanto le patologie determinanti l intervento potrebbero compromettere lo stato di salute, come ad es. la stenosi lombare. In un gruppo di pazienti operato di laminectomia associata a foraminotomia, il follow up eseguito a 4 anni dall intervento ha evidenziato un miglioramento della sintomatologia, in particolare del
7 dolore sciatico, della claudicatio neurogena e della lateralità dei sintomi, mentre non sono stati riportati miglioramenti della sensibilità. Il miglioramento clinico non trova riscontro in un miglioramento neurofisiologico; infatti, nell EMG non si sono trovati cambiamenti nella presenza dei segni di denervazione, mentre il reclutamento e l ampiezza delle unità motorie hanno evidenziato un peggioramento. Non essendo al momento disponibili in letteratura dati sull evoluzione naturale del quadro elettromiografico, non è possibile avere informazioni sulle capacità dell intervento chirurgico di limitare l eventuale evoluzione peggiorativa del quadro EMG di pazienti con stenosi lombare. Altri studi, invece, indicano un miglioramento neurofisiologico dopo decompressione chirurgica misurata mediante potenziali evocati somatosensoriali. Le due metodiche neurofisiologiche difficilmente possono essere confrontate, dato che misurano strutture neurologiche diverse. L elettromiografia, infatti, misura la funzione delle radici nervose, mentre i potenziali evocati sensitivi valutano il funzionamento delle vie somatosensoriali midollari e intracraniche. Per quanto attiene la valutazione della qualità della vita correlata allo stato di salute, i soggetti con stenosi lombare sottoposti ad interventi di laminectomia presentano, a 4 anni dall intervento, una lieve compromissione degli aspetti fisici della qualità della vita rispetto alla popolazione generale italiana, mentre secondo alcuni studi, gli aspetti mentali ed emotivi della qualità della vita sono addirittura migliorati nei campioni considerati, rispetto alla popolazione generale. A 8 anni dall intervento è riportato un miglioramento della qualità della vita, relativamente allo stato fisico e psicologico, rispetto a quanto registrato a 4 anni dall intervento. Gli effetti dell intervento chirurgico sembrano essere positivi anche in pazienti d età avanzata; infatti, su alcuni ottuagenari affetti da stenosi lombare e sottoposti ad intervento di decompressione, è stato riportato un miglioramento della qualità della vita e della disabilità a 3 anni dall intervento..
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