LE TECNICHE DI ALLEVAMENTO L'allevamento dei ruminanti, pur essendo praticato con modalità differenti a seconda dell'indirizzo produttivo prevalente

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1 LE TECNICHE DI ALLEVAMENTO L'allevamento dei ruminanti, pur essendo praticato con modalità differenti a seconda dell'indirizzo produttivo prevalente (latte oppure carne) e del conseguente tipo di organizzazione aziendale (intensivo e prevalentemente stallino oppure estensivo e con largo ricorso al pascolamento), è però caratterizzato sempre dalle seguenti fasi: cure neonatali e periodo colostrale, allattamento, svezzamento, ingrassamento, allevamento della rimonta, riproduzione in purezza ed in incrocio, pascolamento, stabulazione; dalle modalità della loro attuazione dipende sia la conduzione dell'allevamento che la gestione dell'azienda zootecnica. LE CURE NEONATALI E LA FASE COLOSTRALE L'animale appena nato (neonato) ha bisogno delle prime cure, dette appunto neonatali, che consistono essenzialmente: nella ripulitura dall'eventuale liquido amniotico accumulatosi nella bocca e/o nelle narici durante l'ultima fase fetale, da eseguirsi a mano posizionando, se necessario, il neonato verticalmente e con la testa rivolta verso il basso; nell'asciugamento del corpo, sempre bagnato da liquido amniotico, con della paglia asciutta e pulita o meglio con uno straccio assorbente; nella predisposizione di abbondante lettiera in uno stallo apposito, riparato dalle correnti d'aria e con temperatura dell'ambiente intorno ai C; nella somministrazione, entro le prime ore di vita, del colostro, possibilmente materno oppure di stalla oppure, in subordine, artificiale; nella separazione immediata del neonato dalla madre, ovviamente soltanto in caso di allattamento artificiale, onde evitare sia l'instaurazione di legami affettivi fra madre e figlio che renderebbero più traumatica la separazione successivamente, sia la possibilità di trasmissione di eventuali malattie infettive dalla madre al figlio. Di queste operazioni la più importante è, ovviamente, la somministrazione tempestiva del colostro entro le prime ore di vita e per una durata di almeno h. Il colostro è la prima secrezione mammaria, che incomincia normalmente già prima del parto (talvolta anche all'inizio dell'ultima settimana di gravidanza) e cessa completamente al 4 5 giorno a causa della sua trasformazione definitiva in latte. Esso, nell'alimentazione del neonato, svolge le tre funzioni seguenti: alimentare, lassativa e immunitaria. La indispensabilità del colostro nell'alimentazione iniziale dei ruminanti è dovuta alla impermeabilità della loro placenta, al contrario di altre specie, agli anticorpi materni: l'immunità passiva, non acquisibile dal neonato durante la vita fetale, deve pertanto essere trasmessa dal colostro. La somministrazione del colostro è praticata: nel caso dell'allattamento naturale in cui il neonato poppa il latte materno per tutto il periodo dell'allattamento, a volontà e per diverse volte al giorno (3 4 nelle specie bovina e bufalina, 5 6 in quella ovina e 2 in quella caprina), a seconda che il neonato segua la madre (bovini, bufalini e ovini) oppure no (caprini); nel caso dell'allattamento artificiale, in cui il latte materno è in genere sostituito dal succedaneo, per mezzo di biberon per almeno 3 volte al giorno ed in quantità del 4 5% del peso corporeo dell'animale per volta (1,5 2 l per somministrazione, corrispondenti a 4 6 l/d, per vitelli e bufalini; 0,15 0,20 l per somministrazione, corrispondenti a 0,4 0,6 l/d, per agnelli e capretti). Qualora non si disponga, per qualunque causa (morte della madre al parto oppure assenza o ritardo della secrezione lattea), di colostro materno, si deve ricorrere: preferibilmente, a colostro di femmine dell'allevamento (che deve essere prelevato, immediatamente dopo il parto, da animali di buona produzione e conservato, surgelato, in azienda anche per 3 4 mesi), in quanto provviste di anticorpi specifici contro le più diffuse infezioni dell'allevamento; oppure a colostro artificiale che viene preparato con latte, tuorlo d'uovo e antibiotici e conservato refrigerato in azienda; un trattamento termico opportuno (alta oppure bassa temperatura) potrebbe risolvere i problemi legati alla trasmissione lattogena di malattie parassitarie (ascaridiosi). Lo scolostramento, che consiste nella soppressione della somministrazione del colostro e nel passaggio alla somministrazione del latte (naturale oppure artificiale), è forzatamente sempre graduale nell'allattamento naturale, ma deve esserlo anche nell'allattamento artificiale: la somministrazione di solo latte deve avvenire soltanto dopo il 3 4 giorno di età. Poichè in questa fase, nonostante l'immunità passiva conferita dal colostro, il neonato è particolarmente sensibile alle

2 infezioni neonatali (enterotossiemia, setticemia e colibacillosi), queste devono essere prevenute tempestivamente con la vaccinazione materna a base di vaccini stabulogeni e/o con la vaccinazione del neonato a base di vaccini specifici e con la somministrazione, in dosi massicce, di vitamine A, D, E. L'ALLATTAMENTO Ricevute le prime cure neonatali e superata la fase colostrale, il neonato deve essere allattato, per un periodo più o meno lungo (almeno 2 3 m nelle specie bovina e bufalina e almeno 5 6 w nelle specie ovina e caprina), esclusivamente o quasi esclusivamente con latte (che può essere quello materno o comunque della stessa specie) oppure con un suo succedaneo, per la sua incapacità a digerire e quindi ad utilizzare proficuamente, almeno in questa prima fase della vita, alimenti diversi dal latte: sino al completo svezzamento infatti anche i ruminanti hanno un comportamento alimentare molto simile a quello dei monogastrici; l'unico stomaco funzionante è di fatto quello vero, l'abomaso, il cui volume costituisce il 70% dell'intero apparato gastrico (il complesso rumine-reticolo e l'omaso costituiscono il restante 30%) ed in cui, attraverso il meccanismo di chiusura della doccia esofagea che collega direttamente l'esofago con l'abomaso senza la intermediazione di passaggio nei prestomaci, il latte poppato perviene direttamente dalla bocca; per quanto riguarda la digestione del latte o di un suo succedaneo, a livello sia gastrico che intestinale, i ruminanti infatti non si differenziano da tutti gli altri mammiferi giovani. I lipidi, dopo aver subito una prima parziale digestione a livello abomasale ad opera della lipasi salivare, che agisce soprattutto sugli acidi grassi a catena corta, completano la loro digestione a livello intestinale ad opera della lipasi pancreatica, la cui azione è coadiuvata dall'effetto emulsionante dei succhi biliari. I minerali e le vitamine infine sono assorbiti esclusivamente a livello intestinale. Qualora venga praticato l'allattamento artificiale, il succedaneo deve contenere, almeno nella prima decade di vita dell'animale, caseina e non altre proteine (la cui digeribilità è di molto inferiore, soprattutto se queste sono di origine vegetale) ma può contenere anche amido, purchè in quantità non superiore al 10% della s.s. della razione per evitare turbe intestinali che possano provocare forme diarroiche anche gravi, talvolta ad esito letale. L'allattamento può essere naturale oppure artificiale. L'ALLATTAMENTO NATURALE L'allattamento naturale consiste nella utilizzazione, che può essere totale o anche soltanto parziale, del latte prodotto dalla madre durante tutta o parte della lattazione da parte dell'allevo direttamente per mezzo della poppata; esso è praticato negli allevamenti estensivi delle razze rustiche e/o da carne di tutte e 4 le specie (lo svezzamento coincide spesso con la fine della lattazione) e nelle razze da latte di livello produttivo e tecnico non elevato delle specie ovina e caprina. Gli allevi poppano, per tutto il periodo di allattamento, il latte materno seguendo le madri al pascolo per l'intera giornata (come nel caso dei bovini rustici e/o da carne e degli ovini da latte) oppure soltanto durante la notte (in quanto restano confinati di giorno) oppure ancora per due volte al giorno (al mattino ed alla sera al rientro delle madri nel caprile, come nel caso dei caprini allevati estensivamente). La fase di allattamento si può protrarre per tutta la durata della lattazione (in tal caso la produzione lattea non ha funzione economica diretta, ma è soltanto una produzione fisiologica finalizzata alla produzione della carne e all'allevamento della rimonta, come nel caso delle razze rustiche e/o da carne di tutte le specie) oppure per la parte iniziale della lattazione (in tal caso l'animale viene macellato oppure svezzato quando ha raggiunto un peso ritenuto idoneo ed il latte è munto sino all'asciugamento dell'animale, come nel caso delle razze ovine e caprine da latte e delle razze bovine di basso livello produttivo e/o tecnico). Durante questa fase il ritmo di accrescimento dell'allevo dipende, oltrechè dalle sue potenzialità di crescita, soprattutto dalla quantità e dalla qualità (contenuti lipidico e protidico) del latte materno e dalla sua disponibilità durante la giornata (numero di poppate giornaliere). L'ALLATTAMENTO ARTIFICIALE L'allattamento artificiale può essere attuato sia con latte naturale che con un suo succedaneo. Nel primo caso, il latte materno o comunque della specie viene somministrato razionatamente al secchio

3 per 2 3 volte al dì; è quanto avviene normalmente con animali di basso livello produttivo e in allevamenti di scadente livello tecnico oppure con allevi rimasti orfani e con madri che, per qualsiasi ragione, non siano in grado di allevare i propri allevi, quali alcune razze bovine da carne italiane oppure ancora con eccedenze produttive (bovini da latte di alto livello produttivo, con quote latte insufficienti). Nel secondo caso, in sostituzione del latte materno o della specie, viene somministrato un succedaneo (sostitutivo) che deve rimpiazzare adeguatamente il latte materno o della specie; prima di descriverne le tecniche è indispensabile però accennare alle caratteristiche fisiche, chimiche e nutrizionali che i succedanei per le diverse specie debbono possedere. I SUCCEDANEI DEL LATTE. I succedanei del latte sono alimenti in grado di sostituire completamente il latte naturale, materno oppure della specie, durante tutta la fase di allattamento e derivano, in genere, da sottoprodotti dell'industria lattiero-casearia, ricostituiti in alcuni loro componenti per poter appunto sostituire il latte; essi debbono avere, per esserne conveniente l'impiego, un prezzo, riferito al succedaneo ricostituito, di molto inferiore (<40%) a quello del latte naturale, il quale pertanto, anzichè essere usato nell'alimentazione dell'allevo, è impiegato, nell'alimentazione umana. I succedanei fisicamente si presentano sotto forma di farine lattee, che devono essere molto solubili per poter essere rinvenute in acqua al momento del loro impiego, e sono costituiti fondamentalmente: per il 60 75% da latte magro in polvere, che è il residuo della lavorazione del burro; per il 5 10% da siero di latte, che è il residuo della lavorazione del formaggio, meglio delattosato (entrambi vengono essiccati con diversi metodi); per il 15 25% da grassi. Possono essere integrate farine proteiche (es. soia). L'integrazione del succedaneo è completata con l'integrazione vitaminica liposolubile (A, nella dose di U.I./kg; D, nella dose di U.I./kg; E, nella dose di mg/kg) e idrosolubile (B 1, B 2 ), minerale (Mg, Co, Cu; Fe soltanto nei succedanei destinati a vitelli non a carne bianca, nei quali infatti non deve superare ppm), aminoacidica (lisina, metionina), antibiotica con prodotti a lento effetto e a basso dosaggio (Virginiamicina, Flavomicina, Bacitracina, Spiramicina) per prevenire infezioni neonatali (Colibacillosi etc.). LA SOMMINISTRAZIONE DEL SUCCEDANEO. Essa è praticata con modalità e tecniche variabili con la specie e la sua destinazione produttiva (allevamento oppure ingrassamento); i parametri principali da considerare sono: la concentrazione, la quantità, la temperatura di erogazione, la modalità di distribuzione. La concentrazione o diluizione del succedaneo è la quantità, sempre espressa in peso (kg), di succedaneo da disciogliere nell'unità di volume (l) oppure di peso (kg) di acqua; a seconda della grandezza cui si fa riferimento (l oppure kg) per l'acqua, la stessa concentrazione assume valori diversi: ad esempio 100 g di farina disciolta in un litro o kg di acqua, rappresentano contemporaneamente il 10% (peso/volume) ed il 9% (peso/peso); allo scopo di evitare il rischio della confusione è bene esprimere la concentrazione sempre come rapporto fra il peso del succedaneo ed il volume dell'acqua. La concentrazione, che varia con la specie e con la destinazione produttiva, deve però essere tale da soddisfare sempre le esigenze nutritive dell'animale senza superarne la capacità di ingestione; è in genere più elevata per animali destinati all'ingrassamento latteo e più bassa per animali destinati allo svezzamento (qualunque sia la loro destinazione successiva: allevamento per la rimonta oppure ingrassamento per la macellazione): per vitelli è del 10 14%, per bufalini del 12 14%, per agnelli del 20 24%, per capretti del 15 18%, a seconda della destinazione produttiva (svezzamento oppure ingrassamento); concentrazioni inferiori non soddisferebbero appieno le esigenze nutritive dell'animale, con ripercussioni negative sul suo stato di salute e sul suo ritmo di accrescimento; concentrazioni superiori potrebbero provocare ingrassamento non desiderato, associato per giunta a complicazioni digestive e a costi più elevati. La quantità da erogare, sia nella giornata che nell'intero periodo di allattamento, dipende dalla specie, dalla destinazione produttiva e dalla modalità di distribuzione; essa è mediamente: nella specie bovina: giornalmente, del 10 12% del peso corporeo del vitello, corrispondente a 4 12 l/d di succedaneo rinvenuto ed a 0,5 1,5 kg/d di farina lattea; nell'intera fase di allattamento, di l di succedaneo rinvenuto, corrispondente a kg di farina lattea, in 2,5 3 m;

4 La temperatura di erogazione può essere quella di refrigerazione del succedaneo ricostituito (3 4 C), quella corporea dell'animale (36 38 C), quella ambientale dell'allevamento (18 20 C). Il primo sistema, non è più adottato sia per l'elevato indice di conversione ed il conseguente alto costo del succedaneo sia per la indispensabilità di apparecchiature di refrigerazione. Il secondo sistema richiede o la preparazione istantanea del succedaneo con acqua riscaldata a C e la sua distribuzione immediata oppure la disponibilità di apparecchiature di riscaldamento dell'acqua, di miscelazione e di distribuzione automatica del succedaneo ricostituito; esso è comunque il sistema fisiologicamente migliore, anche se è molto costoso e necessita di strutture adeguate. Il terzo sistema è quello più economico, in quanto non richiede attrezzature particolari (è sufficiente infatti soltanto un contenitore o un secchio), ma anche sanitariamente il più pericoloso, per la facilità di fermentazione e di sviluppo dei batteri, e comporta necessariamente o la preparazione e la somministrazione istantanee del succedaneo oppure l'impiego di succedanei particolari (latti acidi) in grado di resistere in buone condizioni dietetiche per almeno ore; questi però, essendo poco appetiti dagli animali, possono essere utilizzati, almeno per il momento, soltanto con soggetti destinati allo svezzamento e non alla macellazione immediata, anche a causa dei bassi ritmi di accrescimento dell'animale allattato e dello scadente sapore e della scarsa consistenza delle sue carni. La modalità di distribuzione può essere: rispetto alla quantità, volontaria ( ad libitum) oppure razionata; rispetto al tempo, continua oppure discontinua. L'apparecchiatura di distribuzione può essere costituita: da un semplice secchio individuale munito di tettarella, provvista di valvola di arresto da cui l'animale possa succhiare a volontà; da un recipiente cilindrico collettivo, provvisto di numerose tettarelle; da una autoalimentatrice automatica, provvista di una tramoggia per il contenimento del succedaneo, di una coclea per il suo trasporto nel bicchiere di miscelazione, di un boiler per il riscaldamento dell'acqua, di un bicchiere per la miscelazione del succedaneo in acqua alla temperatura ed alla concentrazione prestabilite e di un sistema di tubicini e di tettarelle per la distribuzione agli animali. LO SVEZZAMENTO Lo svezzamento è la fase di transizione dell'animale giovane dall'alimentazione lattea a quella con foraggi (erba, insilato, fieno) e concentrati, che può anche coincidere con la separazione del figlio dalla madre (come nell'allevamento estensivo) ma non necessariamente (come in quello intensivo, in cui questa avviene con lo scolostramento o addirittura alla nascita). Esso può essere praticato: gradualmente, quando la fase di passaggio dall'alimentazione esclusivamente lattea (naturale o artificiale) a quella esclusivamente solida (fieno e concentrati oppure erba oppure ancora insilati, concentrati e fieno) è graduale ed ha una durata variabile di d nei bovini e nei bufalini; oppure bruscamente, quando tale fase di passaggio e quindi di adattamento dell'animale è ridotta al minimo o addirittura soppressa. Lo svezzamento, comunque venga praticato, comporta sempre un rallentamento (talvolta un arresto o addirittura una inversione) del ritmo di accrescimento, con conseguente arresto oppure calo ponderale dell'animale; per ridurre al minimo questo aspetto negativo occorre quindi attuare lo svezzamento secondo opportune norme e tecniche. Nell'allevamento estensivo (bovini rustici e da carne, ovini da latte di basso livello produttivo ed ovini da carne) l'allevo durante la fase di allattamento segue la madre al pascolo per tutta la giornata o per parte di essa ma, raggiunta una determinata età (4 8 m nei bovini), è separato e svezzato automaticamente a causa dell'asciugamento della madre (bovini rustici e da carne) oppure per la destinazione di tutto il latte prodotto alla mungitura (ovini da latte): in entrambe le specie l'allevo viene svezzato gradualmente, in quanto l'alimentazione solida, attuata quasi esclusivamente con erba, incomincia molto precocemente (3 4 m nei bovini,); normalmente le femmine destinate alla rimonta hanno una fase, sia di allattamento che di svezzamento, leggermente più lunga. Nell'allevamento intensivo (bovini da latte, bovini da carne, bufalini, ovini da latte di buon livello produttivo, caprini da latte) lo svezzamento è praticato quasi sempre gradualmente, grazie alla

5 somministrazione di soli concentrati o di concentrati e fieno anche durante la fase di allattamento. Lo svezzamento deve essere attuato in ciascuna specie ad età e pesi peculiari della razza; nella pratica però conta, più che l'età, il peso corporeo che l'animale deve avere raggiunto all'atto dello svezzamento; tale peso è quantificato normalmente in almeno 2,5 3 volte il peso alla nascita: kg 100 nei bovini da latte ( nelle femmine e nei maschi), kg 200 nei bovini da carne ( nelle femmine e nei maschi), kg 150 nei bovini rustici ( nelle femmine e nei maschi) Durante lo svezzamento l'animale deve passare, più o meno gradualmente, dalla fase di monogastrico funzionale (lattante), in cui l'unico stomaco funzionante è quello vero (abomaso), alla fase di poligastrico funzionale (ruminante), in cui gli stomaci funzionanti sono tutti e quattro (rumine-reticolo, omaso ed abomaso); questo passaggio, dovendo essere il più graduale possibile e quindi senza brusche variazioni, presuppone lo sviluppo progressivo dei prestomaci associato alla riduzione relativa dell'abomaso. Lo sviluppo e la funzionalità dei prestomaci dipendono soprattutto dagli alimenti usati, i quali vanno messi a libera disposizione dell'animale e debbono possedere un'elevata concentrazione energetica (1 0.9 UFL/kg di s.s.), proteica (20 22% di PDI) e soprattutto fibrosa (32 35% di NDF) per garantire la graduale funzionalità del rumine e la salvaguardia dell'apparato digerente da turbe digestive. Nell'allevamento bovino da latte di buon livello tecnico la fase di svezzamento inizia molto presto, normalmente dopo la seconda settimana di età, con la somministrazione di fieno di ottima qualità (possibilmente di medica o di logli) in rastrelliera individuale o di gruppo (a seconda che i vitelli siano allevati in box singoli oppure di gruppo) e di concentrato in mangiatoia (costituito prevalentemente di farine di orzo, di mais, di estrazione di soia, dallo stesso succedaneo del latte adoperato contemporaneamente per l'allattamento e da integratori minerali e vitaminici) messi a disposizione, entrambi a volontà, in posizione facilmente accessibile al vitello. Dopo la 4 5a w, quando l'animale è già in grado di assumere gli alimenti solidi anche se in modeste quantità ( g/d), deve aver inizio, per stimolare ulteriormente la capacità e la funzionalità ruminali, la riduzione del latte, la cui entità deve passare dai l/d della 4 5a w a zero nella 10 a w con un calo graduale di circa 2 l/d per w, mentre l'ingestione di fieno e di concentrati deve crescere dai g/d iniziali sino ai kg/d 1,8 2 alla fine dello svezzamento che si completa intorno ai 2,5 3 m di età. Sotto l'aspetto tecnico, il vitello è considerato svezzato se a tale età il suo livello di ingestione, fra fieno e concentrati, non è < al 2% del peso corporeo (kg/d 0,2 0,3 di fieno e kg 1,8 1,7 di concentrati al peso corporeo di kg 100 ed all'età di 2,5 m, grazie ad un ritmo medio di accrescimento che deve essere stato di kg/d 0,7 0,8). Nell'allevamento bovino da carne, sia esso praticato estensivamente con grande ricorso al pascolamento oppure intensivamente in ambiente confinato, lo svezzamento è attuato a pesi ed età più elevati di quelli dei bovini da latte ma quasi sempre gradualmente, in quanto il vitello utilizza tutto il latte prodotto dalla madre per tutta la lattazione (4 6 m), non essendo conveniente sottoporre questa a mungitura sistematica per la sua scarsa attitudine lattifera; il vitello, quando la produzione lattea materna diventa insufficiente (per contemporaneo calo produttivo della curva di lattazione e per innalzamento delle sue esigenze nutritive), è costretto ad alimentarsi prevalentemente con erba nell'allevamento brado e con insilati e concentrati nell'allevamento intensivo. Sotto l'aspetto tecnico, il vitello è considerato svezzato se a tale età il suo livello di ingestione è del 2 2,2%, il suo peso corporeo è di kg 220 a 6 mesi di età ed il suo ritmo di accrescimento è stato mediamente di almeno 1 kg/d. Nell'allevamento bovino rustico, praticato sempre estensivamente con utilizzazione quasi esclusiva di erba da pascolo, lo svezzamento è attuato, in coincidenza con l'asciugamento materno, all'età di m 6 8 ed al peso di kg , grazie ad un ritmo medio di accrescimento di kg/d 0,5 0,6. L'INGRASSAMENTO L'ingrassamento è la tecnica con cui gli animali eccedenti la rimonta o giunti, per qualsiasi causa, a fine carriera riproduttiva e/o produttiva o comunque non più atti all'allevamento vengono messi in condizioni nutrizionali adatte per la macellazione, ovviamente dopo aver raggiunto un peso ed uno

6 stato corporeo adeguati. L'ingrassamento può quindi essere attuato su animali giovanissimi appena nati (ingrassamento latteo, per la produzione di lattoni a carne bianca) oppure su animali giovani ma già svezzati (ingrassamento di vitelloni, bufalotti, agnelloni e caprettoni) oppure ancora su animali adulti (ingrassamento di animali a fine carriera oppure da scarto). L'INGRASSAMENTO LATTEO L'ingrassamento latteo degli animali giovanissimi è praticato con latte (normalmente artificiale per il suo minor costo, ma talvolta anche naturale) somministrato sempre a volontà allo scopo di esaltare al massimo la capacità di accrescimento dell'animale e di anticiparne il più possibile l'età di macellazione. La possibilità di utilizzare, nelle razze lattifere, il latte naturale per scopi differenti dalla sua funzione fisiologica (allattamento) e la scarsa attitudine (bassa produzione e/o bassa persistenza), nelle razze da carne, alla produzione lattea limitano molto la produzione del lattone con latte naturale in entrambi i tipi di razze; il minor costo del succedaneo, consentendo la forzatura alimentare del giovane, favorisce invece la produzione del lattone con latte artificiale: questo, pur conservando ancora le caratteristiche organolettiche e merceologiche dell'animale da latte, può pertanto raggiungere pesi molto più elevati sia in razze lattifere che in razze da carne. La tecnica di produzione consiste essenzialmente nella somministrazione di quantità superiori, in pratica con distribuzione quasi a volontà (12 15%, anziché 10 12% del peso corporeo al giorno), di un succedaneo più energetico (contenuto lipidico 25 30%, anzichè 20%) e più proteico (contenuto proteico 24%, anzichè 20%) di quello di allevamento ed a concentrazione superiore in modo che risultino superiori sia il livello di ingestione (1,5% anzichè 1%), sia il ritmo di accrescimento (kg 1,2 anzichè 0,8 nei vitelli; g 300 anzichè 200 negli agnelli; g 200 anzichè 150 nei capretti) ed il peso alla macellazione dell'animale (q 1,8 2,0 nei vitelli, kg negli agnelli e kg nei capretti). Poichè però le carni ottenute da questi animali devono, per poter essere giustamente apprezzate dal consumatore e quindi adeguatamente retribuite dal mercato, avere gusto e colore particolari, i succedanei impiegati non devono alterarne le caratteristiche fondamentali; esse devono quindi essere molto proteiche e ricche di aminoacidi indispensabili, poco grasse ma ben dotate di grassi insaturi e/o a catena corta, molto digeribili, bianche per scarsità di Fe, adatte per tutte le categorie di consumatori ed infine molto versatili nell'uso culinario. Questi animali sono purtroppo particolarmente predisposti, sia per il tipo di alimentazione che costituisce pur sempre una forzatura nutrizionale, sia per la ristrettezza degli spazi e la relativa concentrazione in cui essi vengono mantenuti, a malattie soprattutto digestive meteorismo, provocato da anomala fermentazione ruminale per caduta di latte dalla doccia esofagea; costipazione intestinale, provocata spesso da concentrazione eccessiva del succedaneo; diarrea, provocata da brusche variazioni di concentrazione del succedaneo e favorita da repentini sbalzi di temperatura sia del succedaneo che dell'ambiente; gastroenterotossiemia (Welchia perfrigens) e colibacillosi (Escherichia coli), talvolta ad esito letale ma anche respiratorie (broncopolmonite settica da Pasteurella spp, favorita da sbalzi di temperatura), a forme influenzali virali, (rinotracheite infettiva IBR e diarrea virale BVD) e ad altre (ectima contagioso degli ovini e dei caprini, coccidiosi etc) contro le quali deve essere praticata tempestivamente un'opportuna profilassi e/o un'adeguata terapia per evitare danni economici, talvolta molto rilevanti, all'impresa zootecnica. La quantità di succedaneo necessario per capo da ingrassare è mediamente di kg per vitelli da macellare a 150 d di età ed a kg 220 di peso corporeo (la resa alimentare è del 60% e l'indice di conversione di 1,7); d L'INGRASSAMENTO DEI GIOVANI GIÀ SVEZZATI L'ingrassamento dei giovani già svezzati (vitellone, bufalotto, agnellone e caprettone) varia con il tipo di animale (specie, razza, sesso ed età) e con il tipo di allevamento (intensivo da latte o da carne oppure estensivo rustico o da carne). Nell'allevamento estensivo gli animali da ingrasso (ristalli) iniziano la fase di ingrassamento in età giovanile avanzata, in quanto lo svezzamento coincide con l'asciugamento materno (6 8 mesi nei bovini rustici, 4 6 mesi nei bovini da carne, 2,5 3 mesi negli ovini da carne o simili): poichè però i giovani provenienti da questo tipo di allevamento, quasi sempre indenni da malattie infettive sia

7 virali che batteriche, sono di solito massivamente parassitati (soprattutto strongilosi gastro-intestinali e broncopolmonari, teniasi e distomatosi epatiche), la prima operazione che l'allevatore deve eseguire, ancor prima di iniziare l'ingrassamento, è un esame parassitologico per diagnosticare il tipo di parassita ed il conseguente trattamento farmacologico; successivamente gli animali debbono essere riuniti in gruppi omogenei per sesso, tipo genetico, peso corporeo e, possibilmente, anche per età e provenienza, allo scopo di poter praticare tecniche di ingrassamento (livelli nutritivi, piani alimentari, durata d'ingrassamento) adeguate a ciascun gruppo. La consistenza dei singoli gruppi e la superficie ad essi destinata varia, per la diversità di mole e quindi di peso corporeo, con la specie animale: capi con bovini e bufalini, n quanto non è opportuno superare una densità di q 1 di peso corporeo per mq di superficie. Poichè gli animali di provenienza estensiva hanno, per le scadenti condizioni ambientali, ritmi di accrescimento di solito bassi nella fase di allattamento (in cui sviluppano prevalentemente gli apparati scheletrico e muscolare) ma conservano, per effetto del fenomeno dell'accrescimento compensativo, una buona attitudine di crescita nella successiva fase (in cui sviluppano prevalentemente gli apparati muscolari ed adiposo), il piano alimentare di questa seconda fase deve essere, allo scopo di ottenere soggetti ben finiti al momento della macellazione, necessariamente sempre alto con le razze precoci e moderato-alto con le razze tardive. Nell'allevamento intensivo invece gli animali da ingrasso iniziano la fase di ingrassamento in età più giovanile, in quanto l'allattamento è di norma artificiale e lo svezzamento è di conseguenza precoce (2,5 3 m nei bovini da latte e nei bufalini, 3 4 m nei bovini da carne); gli animali provenienti da questo tipo di allevamento sono spesso mantenuti per qualche periodo (2 3 mesi, i bovini e i bufalini; nella stessa struttura di svezzamento, indi sono trasferiti (a 5 6 m i bovini ed i bufalini) in apposite strutture di ingrassamento del tutto simili o uguali a quelle per gli animali provenienti dall'allevamento estensivo. La durata dell'ingrassamento, e quindi l'età ed il peso alla macellazione, variano: con il sesso (i maschi, per la loro maggiore capacità di accrescimento sia come ritmo che come persistenza, possono essere macellati ad un'età superiore a quella delle femmine), con il tipo genetico (le razze da carne, i loro meticci, le razze da latte e le razze rustiche maturano in ordine temporalmente decrescente); con la provenienza (gli animali bradi maturano dopo quelli stallini) e con il piano alimentare (piani sempre alti comportano ingrassamento spinto, non sempre desiderabile, e indici di conversione più elevati; piani sempre moderati comportano accrescimenti bassi, carni magre e tempi lunghi; piani discontinui, alto-moderato o moderato-alto, sono spesso i più indicati per contemperare ritmi di accrescimento sostenuti, buone conversioni, giusto ingrassamento e tempi modesti). L'INGRASSAMENTO DEGLI ADULTI L'ingrassamento degli adulti è praticato con animali giunti a fine carriera riproduttiva (animali da carne e simili) e produttiva (animali da latte e simili) o che, per qualsiasi altra causa (malattia, scarso livello produttivo etc.), non siano più utilizzabili per l'allevamento. Questi animali raggiungono la fine della loro carriera in condizioni corporee in genere non idonee alla macellazione, per cui debbono prima essere " messi in carne" con un ingrassamento non spinto, di breve durata e soprattutto a costi ridotti, per il modesto valore commerciale della loro carne (1 2 mesi di ingrassamento, con livello moderato per evitare di produrre carcasse troppo grasse). L'ALLEVAMENTO DELLA RIMONTA L'allevamento aziendale della rimonta è indispensabile negli allevamenti che producono in proprio i giovani animali (maschi e/o femmine) per la riproduzione. La sua entità Quota di rimonta viene espressa come percentuale di animali che ogni anno debbono essere allevati per la riproduzione e che hanno la funzione di sostituire gradualmente quelli che vengono eliminati dall'allevamento perchè giunti a fine carriera oppure per malattia oppure ancora per altre cause. La quota di rimonta è variabile con la specie, con la razza e con il tipo di allevamento e dipende essenzialmente dal numero medio di nati per carriera produttiva oppure riproduttiva, di cui infatti costituisce l'inverso;

8 [Alcuni autori chiamano questa quota quota di sostituzione, intendendo invece per quota di rimonta il rapporto fra il numero di riproduttori necessari al mantenimento della costanza della consistenza numerica dell allevamento ed il numero dei riproduttori potenziali disponibili ai fini della selezione]. Questa è la quota di rimonta obbligatoria, cioè la percentuale minima di animali da allevare ogni anno per mantenere costante la consistenza numerica dell'allevamento; l'allevatore non può quindi scendere al di sotto di tale limite, ma può superarlo, qualora decida, per qualsiasi ragione tecnica e/o economica, di allevare annualmente una quota superiore, che costituisce quindi la quota di rimonta facoltativa. Ovviamente la quota di rimonta maschile è di molto inferiore a quella femminile sia per il diverso rapporto riproduttivo fra i sessi (1:20 40 nei bovini rustici; 1: nei bovini da latte; sia per la diversa durata della carriera riproduttiva nei due sessi (sempre superiore nelle femmine rispetto ai maschi). La tecnica di allevamento della rimonta è molto importante ai fini della successiva fase produttiva e/o riproduttiva degli animali, in quanto è sulla sua bontà in tale fase improduttiva che si impernia il successo (o l'insuccesso) dell'allevamento: essa deve garantire l'ottenimento di animali sviluppati, fertili, longevi, produttivi e sani. Gli aspetti più importanti da tenere in considerazione sono l'alimentazione, la riproduzione e la conduzione dell'allevamento. L'alimentazione deve essere basata sull'impiego di alimenti: sufficientemente fibrosi (30 32% di NDF), in quanto lo sviluppo dell'apparato digerente, ed in particolare del rumine e della sua flora cellulosolitica indispensabile per la funzionalità dell'organo, è strettamente legato alla concentrazione fibrosa della razione; sufficientemente energetici (0,7 0,8 UFL/kg di s.s.), in quanto una carenza energetica, che spesso si accompagna ad una fibrosità eccessiva, può ridurre il ritmo di accrescimento e l'armonico sviluppo del giovane (ritardo nella comparsa del primo calore e quindi dell'età al primo parto, sviluppo corporeo ridotto e quindi animale sotto peso), così come una eccedenza energetica, che spesso si accompagna ad un uso eccessivo di concentrati e/o di insilati, può provocare un ingrassamento non voluto e dannoso all'animale, che può avere ripercussioni negative sulla carriera riproduttiva ed in particolare sulla funzionalità ovarica (deposito eccessivo di grasso, difficoltà di parto); giustamente proteici (18 20% di proteina grezza CP), in quanto soprattutto la carenza proteica comporta riduzione del ritmo di accrescimento (il giovane animale per crescere adeguatamente ha bisogno di concentrazioni proteiche tanto più elevate quanto più scadente è il foraggio e minore è l'apporto di concentrato). In pratica, gli animali costituenti la rimonta dovrebbero essere suddivisi, dallo svezzamento al 1 parto, in tre gruppi, possibilmente omogenei per peso corporeo e per età, nel modo seguente: per i bovini ed i bufalini: manzette da 3 a 6 mesi, da alimentare prevalentemente con fieno e concentrati; manze da 6 a 18 mesi, con fieno, insilati e concentrati; giovenche da 18 mesi sino al 1 parto (27±3 mesi) con fieno, insilati e concentrati; Il concentrato dovrebbe apportare il 60 65% dell'energia totale della razione nella prima categoria, il 45 50% nella seconda ed il 20 25% nella terza; l'insilato dovrebbe essere somministrato soltanto alla seconda e alla terza categoria, in quantità non superiore ai kg 6 8 alle manze e il fieno a tutte le categorie; LA CONDUZIONE DELL ALLEVAMENTO BOVINO DA LATTE La conduzione dell allevamento bovino da latte, rispetto a quella degli altri allevamenti, presenta: da un lato, una maggiore complessità, per il maggior numero di gruppi che costantemente lo compongono e che è dovuto sia al più elevato livello produttivo degli animali della specie che al più avanzato livello tecnico delle aziende bovine da latte; dall altro, una accentuata uniformità nelle diverse stagioni, grazie soprattutto alla poliestralità continua delle vacche da latte, che comporta una distribuzione dei calori e delle gravidanze e, conseguentemente, dei parti e delle lattazioni quasi uniforme durante tutto l anno; le femmine in età riproduttiva, che costituiscono mediamente il 50%

9 della consistenza numerica totale della mandria, si trovano per i 5/6 dell anno in lattazione e per 1/6 in asciutta, almeno nella condizione ottimale teorica, cui però tendono tutti gli allevamenti, di un interparto medio di mesi (circa 1 parto all anno) ripartito in 10 mesi circa di lattazione e 2 mesi circa di asciutta. Qualunque sia la consistenza patrimoniale e l organizzazione aziendale di questo tipo di allevamento, la mandria è sempre composta, per tutto l anno, dai seguenti gruppi: gruppo delle vacche in lattazione che, quando la dimensione aziendale lo consente, può essere a sua volta suddiviso, per differenziarne l alimentazione in funzione delle esigenze alimentari, nei seguenti sottogruppi; a) vacche fresche di parto: da 1 settimana sino ad un mese dal parto; b) vacche ad inizio lattazione (2 3 mese) sino al 90 giorno dal parto; c) vacche a metà lattazione (4 6 mese) sino al 180 giorno dal parto; d) vacche a fine lattazione (7 10 mese) dal 180 giorno dal parto sino all asciugamento; gruppo delle vacche in asciutta e delle giovenche prossime al parto (8 9 mese di gravidanza); gruppo delle manzette e delle manze non ancora inseminate: talvolta questo gruppo è ulteriormente suddiviso in 2 sottogruppi (manzette e manze) per meglio regolarne l alimentazione; gruppo delle vitelle (femmine al di sotto dei 6 mesi di età) da rimonta; gruppo degli animali eccedenti la rimonta in ingrassamento, ovviamente qualora l ingrasso venga praticato in azienda: talvolta esso è suddiviso in 2 o più sottogruppi, in funzione sempre del sesso (maschi vs femmine) o anche del tipo genetico (puri vs meticci) o dell età e del peso corporeo (sino a 2 q, oltre i 2 q). La suddivisione delle vacche in lattazione in più sottogruppi è indispensabile comunque per mantenere distinti fra loro animali di differente livello produttivo giornaliero ai fini della corretta alimentazione: infatti animali con differente distanza dal parto hanno ovviamente produzioni giornaliere differenti, che sono prima crescenti (sino a 4 6 w), poi costanti (2 3 mese) e successivamente via via decrescenti, inizialmente con ritmo lento (4 6 mese) e successivamente con ritmo più accentuato (7 10 mese), sino all asciugamento. I gruppi e, all interno dei gruppi i sottogruppi, restano pertanto mediamente costanti per numero e consistenza, ma i singoli individui che li compongono passano gradualmente da un gruppo o sottogruppo all altro, via via che cambia la categoria di appartenenza, con il proseguire dell età e della lattazione. In tutti i casi agli animali in lattazione viene somministrata una razione alimentare di base (in grado di soddisfare le esigenze di mantenimento e quelle di produzione sino a 10 kg/d di latte) cui si aggiunge (in mangiatoia oppure in sala di mungitura oppure ancora con autoalimentatore) una integrazione (individuale oppure di gruppo, a seconda del tipo di autoalimentatore) differenziata in base alla distanza dal parto, che viene assunta come parametro di stima della diversità di livello produttivo giornaliero fra animali aventi identica anche se sfasata curva di lattazione. LA CONDUZIONE DELL ALLEVAMENTO BOVINO DA CARNE La conduzione dell allevamento bovino da carne è funzione della razza allevata (rustica oppure specializzata), del sistema di allevamento (estensivo oppure intensivo) e dell eventuale adozione della tecnica dell incrocio industriale, la quale è indispensabile soltanto nell allevamento delle razze rustiche ma può essere utile anche in quello delle razze specializzate. Nell allevamento estensivo tipico e sempre caratterizzante delle razze rustiche ma abbastanza frequente anche per quelle specializzate la utilizzazione del pascolo (soprattutto arbustivo nelle prime ed erbaceo nelle seconde) come fonte alimentare principale e la sua integrazione prevalentemente con fieno e/o concentrati soltanto in alcuni periodi dell anno (autunno e/o inverno, a seconda del livello altimetrico dell azienda) ed in alcune fasi produttive degli animali (vacche in gravidanza inoltrata e/o ad inizio lattazione), nonché la totale assenza della mungitura, se non limitatamente a qualche mese dopo il parto, comportano la organizzazione e la suddivisione della mandria in gruppi, variabili per numero e consistenza con le diverse fasi produttive che coincidono con le diverse stagioni dell anno.

10 La mandria all inizio dell annata agraria, convenzionalemente fissata nel 1 di ottobre, è normalmente costituita da 3 gruppi: il primo formato dalle vacche asciutte, in gravidanza inoltrata nelle zone costiere ove i parti sono prevalentemente autunnali oppure a metà gravidanza nelle zone montane ove i parti sono prevalentemente primaverili; il secondo dalla rimonta, ossia dalle manzette sotto l anno d età e dalle manze oltre l anno; il terzo dai tori e dai torelli. Essa permane tale sino alla fine dell autunno in pianura e sino alla metà della primavera in montagna, momento in cui i tori sono imbrancati con le vacche già figliate o pronte al parto e con le manze in età riproduttiva (26 27 mesi); il/i gruppo/i delle vitelle, delle manzette e delle manze non ancora in età riproduttiva (al di sotto dei 24 mesi) deve essere accuratamente e rigorosamente mantenuto separato dai tori per evitare il rischio di gravidanze indesiderate in animali troppo giovani che comportano sempre maggiori probabilità di distocie e/o di arresto dello sviluppo somatico delle giovenche. I vitelli durante l allattamento, che si protrae al massimo per 6 8 mesi nelle razze rustiche e per 4 6 nelle razze specializzate, possono seguire le madri al pascolo per tutto il giorno, oppure restare separati soltanto durante la notte, oppure ancora, per favorire la ripresa immediata dell attività riproduttiva delle madri, per tutto il giorno, nel qual caso però si deve avere cura di allattare i vitelli almeno 2 volte al giorno. Nell allevamento intensivo basato sulla stabulazione permanente degli animali e sull impiego esclusivo di razze specializzate in aziende (asciutte o parzialmente irrigue) di elevata produzione foraggera la conduzione, a parte quelli igienico sanitari, non pone particolari problemi. La mandria è sempre costituita da almeno 2 gruppi: quello degli animali adulti e quello degli animali giovani (rimonta). Il gruppo degli adulti può, a sua volta, essere ulteriormente suddiviso in 2 sottogruppi: il sottogruppo delle vacche allattanti, i cui vitelli possono essere imbrancati con la madre per tutto o soltanto per parte del giorno, ed in cui è imbrancato il toro riproduttore se è praticata la inseminazione naturale (IN o monta) oppure il toro saggiatore (maschio intero deferenctomizzato), per l accertamento tempestivo dei calori, se invece è praticata quella strumentale (IS); il sottogruppo delle vacche asciutte in gravidanza accertata più o meno avanzata, i cui singoli capi confluiscono, via via che partoriscono, in quello precedente e dal quale provengono, via via che vanno in asciutta, le vacche in gravidanza. Il gruppo dei giovani può essere anch esso suddiviso in due sottogruppi: quello delle vitelle svezzate e destinate alla rimonta (15 18% delle vacche, corrispondente al 30 35% delle vitelle nate) e quello delle manze sino all età del primo salto o della prima inseminazione (18 20 mesi). Il toro in questo tipo di allevamento, in cui i parti sono distribuiti abbastanza uniformemente in tutte le stagioni grazie alla poliestralità quasi continua delle vacche, resta sempre imbrancato con le vacche fresche di parto.

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