Anno 7 - Numero 2 Rivista di Cultura Storia e Tradizioni

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1 Anno 7 - Numero 2 Rivista di Cultura Storia e Tradizioni Aprile - Giugno 2011

2 Sommario In copertina Editoriale 3 Nudo di donne Vittorio Massucchi bianco e nero, matita 33x48 Le parti del corpo e le parole I sensi nell esperienza artistica e letteraria di Fausto Piuma di Maria Forni 4 5 Il linguaggio della gestualità di Eufemia Marchis Magliano 8 Dalle braccia il pane quotidiano di Umberto De Agostino 10 Disarmonie del corpo umano di Nadia Farinelli 11 Accende lumen sensibus di Alessandro Marangoni 13 L orecchio, l ascolto, il silenzio di Graziella Bazzan 14 Essere banali non paga: parola di Mou di Fabio Rubini 17 Ecco che i sensi salgono a quota otto di Simone Menicacci 19 Le mappe antropomorfe di Opicino di Stefano Sedino 20 Il Premio Nazionale di Poesia Città di Mortara 22 XVI Concorso Nazionale di Fotografia 25 Passione Protendo le mani - si sono persi i veli - Un fremito bianco vibra sul corpo nudo. Una donna. Un uomo. Un eterna passione. Sotto i misteriosi veli dov è il tuo essere, minuscoli seni. Spargono già le loro fiamme. Geme il cuore! Ora i globi accarezzati s accendono. La vampa invade il luogo dei veli. Ascolto il suo ardere nell abbandono. da Riflessi, Giancarlo Costa (marzo 2009)

3 I sensi e il corpo nella conoscenza e nel sapere EDITORIALE La cultura da toccare con mano di Marta Costa L uomo è la misura di tutte le cose, sosteneva il filosofo Protagora. Non aveva tutti i torti: dai sensi hanno inizio le nostre conoscenze, prende forma mentale la nostra percezione del mondo e degli oggetti che lo compongono. Compresi quelli che riteniamo astratti o evanescenti, come i sogni, le speranze e le proiezioni del pensiero nel futuro: immagini che comunque si basano su acquisizioni percettive remote, quindi sempre riconducibili e riducibili alla coscienza empirica. I sensi sono, in estrema sintesi, il punto di partenza da cui si snoda la strada del sapere. L occhio è il fondamento delle esperienze estetiche, l orecchio il canale di concretazione della musica, la bocca il presupposto della parola... Sembra banale osservarlo, eppure non di rado, cullati dall abitudine e persi nell ordinario, ci dimentichiamo che la meravigliosa macchina del corpo umano è il motore di qualsiasi possibile attività intellettiva. Ogni parte di essa serba in sé un germe di cultura, proprio perché la cultura trova nell uomo materiale il suo necessario contraltare. Le pagine di questo numero del Vaglio vogliono offrire al lettore una visione piena, come sempre declinata in un gustoso ventaglio di sfaccettature, delle potenzialità del corpo e dei sensi nel più vasto ambito intellettuale. Una ricognizione in campo artistico e letterario è offerta da Maria Forni: il suo contributo costruisce un affascinante ponte tra i costrutti immaginifici del Cinquecento e le sinestesie della poesia contemporanea. Da Torquato Tasso a Gabriele D Annunzio, da Giambattista Marino a Giovanni Pascoli, il sensibile, in accordo con paradigmi culturali sempre nuovi e profondamente diversi tra loro, si riversa mirabilmente nelle lettere. Non meno avvincente è il servizio firmato da Eufemia Marchis Magliano, nel quale viene messo a fuoco il tema della gestualità e dell epressività fisica nel teatro. Il percorso del trimestrale vira radicalmente direzione nelle righe che Umberto De Agostino ha dedicato al lavoro dei braccianti lomellini. Un conciso excursus storico racconta le fatiche di un tempo e le condizioni sociali di una popolazione, al crepuscolo dell Ottocento. Nadia Farinelli, poi, propone una curiosissima digressione tra le forme... della bruttezza! Significati metaforici plasmati dalla morale, divertenti ritagli di letteratura, valenze mistiche e religiose: ce n è per tutti i gusti. Di stampo filosofico, invece, l intervento di Alessandro Marangoni, mentre Graziella Bazzan ha indirizzato la propria attenzione verso la facoltà uditiva, descrivendo una piccola storia dell orecchio nella medicina e nella cultura. Ancora i sensi spadroneggiano nelle riflessioni a ruota libera di Simone Menicacci, nonché nei concetti enunciati dall ottima penna di Fabio Rubini. E il corpo, questa volta interpretato in estensioni allegoriche, sta al centro dei contributi di Fausto Piuma e Stefano Sedino. Un numero del Vaglio da toccare, vedere, raccontare. Per sentire il dolce profumo di quell incantevole fiore chiamato cultura. aprile - giugno

4 Cultura&& & Superficialità Le parti del corpo e le parole L UTILIZZO FIGURATO DEI VOCABOLI UMANI NEL GERGO QUOTIDIANO Fausto Piuma Nell uso comune i tratti anatomici assumono valenze espressive che rimandano in senso esteso sia alla loro funzione, sia a significati metaforici Le parti del corpo umano, i sensi del corpo umano, i pezzi di cui siamo composti, entrano nel linguaggio di tutti i giorni per dare immagini, allegorie, allusioni. Sono i birilli che tutti noi, giocolieri delle parole, consapevoli o inconsapevoli di questo, facciamo vibrare per aria quando ci esprimiamo. O quando ascoltiamo. E così è immediato nel momento in cui si nomina la testa pensare all intelligenza. Gli occhi evocano la bellezza, ma non solo quella che hanno di loro, piuttosto quella che ci permettono di assimilare, vedendo. Il naso è il testimonial dell olfatto e ci conduce a odori e profumi, ma avere naso significa anche avere intuito. La bocca porta alla mente baci oppure parole, e con le parole... si può tutto. L orecchio è la sensibilità, generalmente riferita alla musica. Con queste parti dell estremità superiore del corpo umano abbiamo - in un attimo - già passato in rassegna un mare di argomenti che sgorgano dalla grande foce della cultura. Discorso diverso per l ultimo tratto (verso l alto) della testa cioè i capelli, questi con la cultura c entrano poco. Si dice avere un diavolo per capello per indicare una forte arrabbiatura, avere i capelli dritti per uno spavento, al massimo i capelli possono essere simbolo di forza se si ricorda Sansone quando glieli hanno tagliati. Scendiamo in questa nostra passeggiata per il pianeta corpo umano e incontriamo le braccia: la forza, il lavoro; le spalle: la capacità di sopportazione; le mani sono legate alle doti artistiche (avere delle mani d oro) e le gambe stanno a indicare la velocità. Organi interni. Il cuore è l amore ma anche la generosità, il fegato il coraggio, lo stomaco lavora sia nel mondo del gusto che in quello della sopportazione, seppur in maniera diversa da quello che si dice per le spalle. La Filippo Tommaso Marinetti, Parole in libertà (1919) pancia (questione di pancia) serve per raffigurare certe intuizioni degli individui. Avere due polmoni così spesso è una parodia di seno pronunciato, il fondoschiena è legato al mondo della fortuna. In chiusura: chissà perché si dice andare di corpo per indicare quell indispensabile azione quotidiana... 4 IL VAGLIO

5 Cultura&& & Percorsi Francesco Hayez Rinaldo e Armida (1821) I sensi nell esperienza artistica e letteraria DAll incantesimo magico del ʼ500 alle sinestesie contemporanee Maria Forni I suoni rispondono ai colori. I colori ai profumi. Baudelaire Il corpo è il primo e il più naturale strumento liberamente creati, mentre le sensazioni generate dalle dell uomo. (Mauss 1934). cose assumono il valore di rappresentazioni filtrate I sensi sono i canali attraverso cui il mondo e- attraverso l intuizione simbolica propria dell individuo come componente di una data cultura. Come la co- sterno e la natura entrano in contatto con l uomo. L uomo ha un ruolo mentalmente attivo, che fa noscenza, così anche la percezione sensoriale, che ne di lui un creatore di simboli: anche il linguaggio non è è il presupposto, non coglie né riproduce direttamente che il prodotto di un attività simbolizzatrice applicata il reale, ma si rivela come mediazione di una peculiare all attività sensoriale, sia auditiva, sia visiva, tattile, olfattiva, gustativa, spazio-temporale ecc. La conoscenza l immagine percettiva diventa parte della stessa realtà struttura simbolica propria della specie umana, per cui in ogni sua forma, nella prospettiva antropologico-critica, si configura come complesso di simboli delle cose. (Cassirer). intellettuali aprile - giugno L uomo è un creatore di simboli: anche il linguaggio non è che il prodotto di un attività simbolizzatrice applicata ai sensi

6 Nell età dell Umanesimo la valorizzazione della percezione sensoriale si attua nell ottica di una prospettiva antropocentrica, di contro al geocentrismo medievale La dimensione della percezione sensoriale muta poi col mutare delle condizioni storico-sociali: in questo momento storico e nell attuale contesto culturale si coglie come particolarmente vitale l interconnessione tra due aspetti della facoltà percettiva che una certa tradizione voleva separare tra loro, la percezione sensoriale e quella estetica, che invece già i Greci antichi intuitivamente unificavano nella parola aisthesis, sensazione. In tale visione culturale, emerge come inevitabile e strutturale il legame tra prodotto artistico-letterario e percezione sensoriale e si giustifica l intuizione degli artisti barocchi della poesia come forma di conoscenza affidata alla riproposizione delle percezioni sensibili come rinvio a categorie simboliche costitutive della realtà. *** Fu nell età umanistico-rinascimentale che la valorizzazione della percezione sensoriale si attuò in perfetto accordo con la rivalutazione dell universo umano, in una prospettiva antropocentrica di contro al geocentrismo medievale. Se la natura non è più rappresentata come la sfera della fragilità, della caducità, dell imperfezione e dell errore rispetto alla perfezione del divino trascendente, ne consegue che i sensi dell uomo si acuiscono, si affinano, nella ricerca edonistica della fisicità dei corpi, sotto la spinta del desiderio. Dai sensi alla sensualità: ne è simbolo la profumata rosa dai vivi colori, a cui viene sovrapposta (o sottesa) la valenza semantica della giovinezza trionfante, della quale occorre cogliere il frutto prima che languisca e svanisca per sempre. Cogli la rosa, o Ninfa, or ch è il bel tempo, esorta Lorenzo de Medici nel Corinto. Ma forse più sottile e ambiguamente allettante è il tema del fascino penetrante dei sensi, tesi in tutta la loro potenza a cogliere il piacere visivo, uditivo, tattile e sensuale, nella produzione artistica e letteraria dell età della Controriforma, quando, dopo la metà del 500, la Chiesa cercò di arginare quelli che parvero gli eccessi del laico Rinascimento, imponendo un ritorno all ordine, al pudore e ai buoni costumi attraverso un rigido controllo anche politico. Nacque un clima conformistico e prudente, ma anche segnato dal fascino del proibito e dall abile uso di invenzioni favolose e di mondi irreali, dove dare libero sfogo alla ricerca della fisicità e del trionfo dei sensi. Specchio perfetto di questa situazione culturale e antropologica di bifrontismo (Caretti) dell artista diviso tra ossequio alla religione e timore del peccato da un lato, e attrazione dei sensi dall altra è Torquato Tasso. Il suo poema epico, La Gerusalemme liberata, testimonia questa affascinante dualità. Nel canto XVI è possibile individuare un esempio singolarmente efficace di come l erotismo e la trasgressione ideologica dallo spirito religioso e guerriero programmaticamente enunciato come dominante nell opera, riescano a esprimersi solo se inseriti in un mondo fiabesco e incantato, in un isola-giardino segregata dal campo di battaglia e chiusa nel suo felice ma irreale isolamento. Armida, maga e donna bellissima, allontana l eroe cristiano Rinaldo dalla guerra combattuta per la fede, allo scopo di favorire i pagani contro l esercito crociato e vive con lui in un luogo ameno, che fa da sfondo alla loro storia d amore sensuale e felicemente dimentica di ogni cosa che non sia il piacere. Ma il regno di Armida, pur splendido, presenta un eccesso di lussureggiante fertilità e bellezza, in cui i sensi, tutti sollecitati, rappresentano contemporaneamente una fonte di piacere e un illusorio inganno, frutto di magia. Accanto all illusionismo magico, lo scambio di apparenza e realtà, che culmina nell esaltazione del carpe diem, fatta da un pappagallo variopinto che canta con voce umana. Il senso della vista si appaga di mille splendidi colori, quello dell udito è soddisfatto dal dolce fruscio dell aria e dalle soavi armonie dei canti degli uccelli, l olfatto gode di meravigliosi profumi, il tatto delle reciproche carezze dei due amanti: par che la terra e l acqua e formi e spiri / dolcissimi d amor sensi e sospiri. Ella dinanzi al petto ha il vel diviso, / e l crin sparge incomposto al vento estivo. Ma, pur nel godimento dei sensi, la scenografia prepara, nel disorientamento intellettuale e nell illusione ottica, il dramma di Rinaldo, che dovrà infine riconoscere l inganno di cui i sensi stessi lo hanno reso vittima. La natura del giardino nasconde dietro la seduzione del piacere il suo mistero e la sua insidia mortale. Lo stesso dinamismo metamorfico di ogni forma della natura diventa simbolo dell incertezza e dell insicurezza dell uomo, affascinato dal piacere dei sensi, ma anche consapevole della loro fallacia e caducità. Inizia nella cultura tardo-rinascimentale il dissidio tra materia e spirito, non più uniti nella difficile sintesi armonica operata dall Umanesimo. Eppure nella poesia tassiana si riscontrano momenti di assoluta e pura contemplazione della magica atmosfera creata dalle impressioni sensibili, nell abbandono totale, fino quasi all annullamento della soggettività e delle sue inquietudini, alle sensazioni visive e uditive, armonicamente composte in uno scenario incantato. Così avviene soprattutto nella breve e intensa musicalità dei Madrigali, scritti per essere accompagnati dallo strumento e dal canto: Ecco mormorar l onde e tremolar le fronde a l aura mattutina e gli arboscelli, e sovra i verdi rami i vaghi augelli cantar soavemente e rider l oriente: ecco già l alba appare e si specchia nel mare, e rasserena il cielo e le campagne imperla il dolce gelo e gli alti monti indora. (Rime, parte II, n. 12 ) Nel secolo successivo, il 1600, si verifica un abbandono, senza più i tormenti morali e religiosi del Tasso, al fascino dei sensi, in una ricerca della meraviglia e della complessità scenografica che conducono talora all ossessione del complicato e del nuovo. Accanto al gusto dello strano e del ricercato, tuttavia, all interno della cultura secentesca si va affermando un interesse scientifico volto all esplorazione della realtà materiale, della natura del mondo e del cosmo. Le nuove teorie 6 IL VAGLIO

7 astronomiche e l uso di strumenti quali il telescopio e il microscopio trasformarono modelli e categorie interpretative secondo cui si organizza l esperienza umana. Gli effetti della rivoluzione copernicana sulla concezione del mondo si fecero sentire anche nella produzione letteraria: tra i poeti che con maggior entusiasmo aderirono al nuovo spirito e ammirarono soprattutto le scoperte galileiane basterà ricordare Giambattista Marino, che nel suo poema mitologico Adone inserì, oltre a una dissertazione sul cannocchiale e a un elogio di Galilei, una lunga parte relativa ai cinque sensi. Nel VI canto inizia infatti il percorso di Adone introdotto da Venere in cinque successivi giardini, dedicati ognuno a un senso (vista, odorato, udito, gusto, tatto ). L avventura del giovane innamorato di Venere non è soltanto il tripudio di un gioioso abbandono alla sensualità, ma anche l odissea di un essere condotto verso la conoscenza dall esperienza sensibile dell universo tramite le curiosità e i procedimenti della scienza e dell arte figurativa. (Renucci ). *** L attenzione alle percezioni sensoriali come punto di partenza per la costruzione poetica e imprescindibile momento di ispirazione diventa particolarmente importante nell età del Decadentismo, che prende l avvio sul finire del secolo XIX, dalla reazione al razionalismo positivistico e alle certezze della società borghese rivolta al mito del progresso e dell industrializzazione. Il movimento culturale parte dalla Francia, dove la prospettiva simbolista induce a cogliere attraverso i sensi non tanto la realtà oggettiva, ma i significati nascosti dietro le presenze materiali e quotidiane delle cose. Così la breve esperienza poetica di Arthur Rimbaud, svoltasi nell arco di pochi anni, dal 1870 al 1875, viene salutata come innovatrice per il suo carattere simbolistico e come precorritrice del Surrealismo. Nelle pagine teoriche della Lettera del veggente egli afferma l esigenza per il poeta di farsi veggente, per giungere a cogliere intuitivamente gli aspetti celati dietro l esperienza sensibile della realtà. Il poeta si fa veggente mediante un lungo immenso e ragionato sregolarsi di tutti i sensi. Attraverso il deragliamento dei sensi egli giunge all ignoto Dunque il poeta è veramente rubatore di fuoco. Da tali premesse, si inferisce facilmente che da allora la poesia si presenta come trasformazione dell esperienza sensibile in un mondo simbolico: ciò richiede nuove tecniche espressive e formali, tra le quali spicca la sinestesia, ossia la contaminazione e la compenetrazione di percezioni derivate da sensi diversi. La tecnica sinestetica fu cara a Giovanni Pascoli, poeta fortemente influenzato da una visione simbolica della realtà quotidiana e dall ascolto attento delle voci del mondo agreste delle piccole cose, assurte tuttavia a segni delle complesse vicende dell esistenza umana e del suo mistero. La sinestesia, che insieme all analogia esprime a livello connotativo la sintesi soggetto-mondo, io-realtà e il rapporto di scambio e fusione tra le sensazioni, si riscontra soprattutto in Myricae e nei Canti di Castelvecchio, in cui le impressioni del mondo, tratte dai sensi, si caricano dell indeterminatezza fonosimbolica del mistero: e del prunalbo l odorino amaro/senti nel cuore (Novembre) Nell ultima strofa de La mia sera, si trova un esempio perfetto di sinestesia nella fusione tra percezione uditiva (voci) e percezione visiva (azzurra): Don Don E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano Dormi! bisbigliano Dormi! Là, voci di tenebra azzurra Già Baudelaire, nella poesia Corrispondenze, utilizzò fortemente la sinestesia, a commentare le dolcezze e- streme dello spirito e dei sensi: La Natura è un tempio dove incerte parole / mormorano pilastri che son vivi / una foresta di simboli che l uomo / attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari. I vigili sensi di Gabriele D Annunzio e la presenza molteplice e vitale di sensazioni auditive, visive, tattili fuse tra di loro e pronte alla metamorfosi in slanci esistenziali e in raffinata estenuata sensualità richiederebbero un discorso a parte. Non finisce tuttavia con lui la presenza importante della percezione sensoriale colta anche attraverso l uso della sinestesia nella produzione poetica del 900: Ungaretti, Montale e la corrente dell Ermetismo continuano il percorso tracciato recependo dal mondo dei sensi emozioni e suggestioni che la parola scavata nell abisso ricollega e ritrasforma nella dimensione globale dell esistere. aprile - giugno A sinistra: Tiziano Vecellio Venere e Adone (1560). A destra: Antoon van Dyck Rinaldo e Armida (1629) L attenzione alle percezioni sensoriali come momento di ispirazione diventa centrale nell età del Decadentismo, che prende l avvio sul finire del secolo XIX

8 Cultura&& & Recitazione Il linguaggio della gestualità SGUARDI E MOVENZE NELL ARTE DI COMUNICARE Eufemia Marchis Magliano Tutta la sfera animale avverte il bisogno di esprimersi. L uomo, più di ogni altra creatura, ha una grande varietà di mezzi per farlo con la propria fisicità Gli esseri viventi usano vari mezzi di comunicazione per denotare la gamma di emozioni e di bisogni che caratterizzano ciascuna specie e ciascun individuo. Comunicare è indispensabile per ogni appartenente alla sfera animale, dai più semplici organismi ai primati e all uomo. Questi, più di ogni altra creatura, ha una grande varietà di mezzi e di modi per esprimersi con la propria fisicità. Il volto è la sede più ricca e varia della comunicazione: fronte, occhi, bocca, voce possono indicare con estrema chiarezza gioia, paura, preoccupazione, amore, odio, curiosità, incertezza, stupore e quant altro si riferisce a stati d animo. Si aggrottano le sopracciglia per ira, incertezza; si corruga la fronte per preoccupazione, meraviglia, dubbio, curiosità... Gli occhi, poi, sono lo specchio più evidente del proprio pensiero: si spalancano per paura, per meraviglia... si socchiudono per incertezza di comprensione, per concentrazione, si volgono a destra e a manca per cercare scampo, aiuto, dubbio sul da farsi, si alzano al cielo nel giudizio negativo su un affermazione o un comportamento che non si condivide. Si riempiono di lacrime per dolore, diventano lucidi per commozione, dolci per amore e tenerezza, severi nel rimprovero, cattivi per odio e feriscono come due lame d acciaio. La bocca, che dà spazio alla voce, può segnalare vari stati d animo anche quando non emette suoni: si apre al sorriso, alla risata, si piega in smorfie di ribrezzo, le labbra vengono strette in momenti di tensione, tremano per timore o indignazione, si protendono al bacio dell amato. Le diverse modulazioni della voce trasmettono in modo inequivocabile il proprio sentire accompagnandosi, perlopiù, ad altri segnali inviati da movenze, occhiate, atteggiamenti del corpo. Il suono può essere tagliente come una spada, tenero come una carezza, forte e cattivo come uno schiaffo. La voce vibra per tensione, s inceppa per emozione, è squillante per allegria, desiderio di dividere con altri momenti di gioia, beffarda per scherno, studiosamente cadenzata per snobismo, sussurrante per complicità. Altre parti del corpo intervengono nella comunicazione: le braccia e le mani col gesto che s accompagna alle parole o può, da solo, impartire un ordine, approvare o negare, accondiscendere ad una richiesta, insultare... Atti delle mani, costume radicato in noi italiani, che hanno significato pronto, inequivocabile. Parlano al posto della voce ed hanno maggior forza comunicativa. Grazie a movimenti delle mani e, delle dita in particolare, i sordomuti sono in grado di comunicare con segni codificati che danno rappresentazione visiva di parole e concetti; grazie al tatto dei polpastrelli i ciechi hanno la possibilità di leggere, in alfabeto Braille, testi scritti. La gestualità, la mimica facciale, la postura del corpo sono determinanti nell arte. Le sculture e le pitture di Michelangelo sono opere di complessi sinergismi dovuti all espressione del volto, al contrarsi dei lineamenti, alla posa dinamica, agli sguardi intensi. Le creazioni pittoriche dell eclettico Leonardo da Vinci sono messaggi linguistici di affetti primari dell uomo con l accentuazione espressiva dei tratti fisionomici, dello sguardo, del gesto, delle serpentine del corpo; l accurata rappresentazione mimica rivela la ricerca psicologica dell espressività delle figure. Chi poi, più dell attore, usa la gestualità, l espressione del volto, la postura, il movimento del corpo, la variabilità della voce per far vivere e suscitare pensieri, emozioni, sentimenti? Saper modificare l aspetto del volto, il modo di gestire, il suono della voce, comunicare determinando altri aspetti nella manifestazione esterna di stati d animo legati alla vita emotivoistintiva è complesso e difficile, ma trova attuazione in artisti veri che creano dei tipi in grado di far presa sul pubblico rendendolo partecipe di ciò che passa attraverso l interpretazione del personaggio. Tommaso Salvini, il più grande tragico dell Ottocento, è maestro nell uso 8 IL VAGLIO

9 della cosiddetta plastica, termine teatrale per indicare l atteggiamento del corpo. Nelle sue morti in scena, studiate nei minimi particolari, le membra si irrigidiscono, il volto si decompone, la voce, prima potente come un uragano, s arrochisce in un rantolo, le parole si perdono. Angelo Diligenti, abile promiscuo, nella commedia assume atteggiamenti spavaldi, furbeschi, intriganti, nel dramma come nella sua migliore interpretazione, Nerone, nel viso, nel passo, nell agitare convulso delle braccia, negli occhi atterriti è l immagine della viltà, del terrore, del vizio. Ermete Zacconi, con la mirabile mutabilità del viso e della voce, con l incisività del gesto e del comportamento in scena, significa allo spettatore tutte le gradazioni del sentimento, dal patetico all orrido, dall amore all odio. Giacinta Pezzana, divertente in mossette birichine, interprete eccezionale di eroine classiche e moderne, raggiunge l apice dell arte nella parte dell anziana madre in Teresa Raquin di Émile Zola. La vecchia Raquin, paralitica, non può parlare, ma l attrice, solo con gli occhi, grida lo stupore, l orrore, l odio, la vendetta verso chi ha tradito ed ucciso suo figlio. I suoi occhi dardeggiano la morte!. L uso di tutte le possibilità espressive del proprio corpo, di voce adeguata, gesto disciplinato, corpo docile, mimica appropriata è particolarmente evidente in attori moderni quale Petrolini, Totò, Carlo Verdone, tanto per citarne alcuni fra i più popolari. Artisti che calibrano l espressione del volto, la plastica del corpo, il linguaggio scenico a temi drammatici e comici con originale genio inventivo. Petrolini, umorista e grottesco nelle sue parodie, con l uso del corpo in disequilibrio, la mimica facciale intensa, la voce dai toni più svariati. Totò, dagli straordinari movimenti di burattino, mento che si allunga nella disarmonia marcata del volto, giochi linguistici accompagnati da battute con sottintesi elegantemente piccanti. Verdone, dotato di grandissimo talento mimico, creatore di figure caratteristiche, significative di personalità svariate, esempi anche grotteschi, sulla scia di Petrolini, della società contemporanea che, come attore e regista, esplora, studia, rappresenta, ironizza. Esistono fin dall antichità, artisti di palcoscenico che fanno dell uso del corpo la predominante oppure l unica forma di recitazione. Nella storia del teatro sono ricordati i mimi della Grecia classica, del mondo romano ove, al tempo di Silla e Cesare furono i favoriti delle classi aristocratiche, quelli del Medio Evo e della commedia dell arte. Riguardo quest ultima, il dialogo aveva un importanza limitata mentre intere scene erano in forma di pantomima, ossia di azione scenica svolta con movenze e danze. Nell Ottocento le pantomime ebbero successo soprattutto per merito di raffinati artisti francesi, il più noto dei quali fu Jean Gaspar Deburau che conquistò i pubblici nei panni del lunare Pierrot. Nell epoca contemporanea diede grande popolarità alla pantomima un altro straordinario attore francese, Marcel Marceau, dotato di mezzi espressivi eccezionali, che portò in tutto il mondo i suoi spettacoli; in Italia divenne noto come mimo Marcello Moretti, attore del Piccolo Teatro di Milano, dall estro comico irresistibile e dalla singolare genialità d invenzione che si produsse nella maschera di Arlecchino. L uso del corpo per comunicare è, dunque, una multiforme potenzialità dell uomo sia insita che elaborata nell arte: chiarifica, accentua, e- splicita il pensiero. Ma che dire delle pose, delle mosse, dei linguaggi triviali, volgari, osceni che paiono essere diventati oggigiorno consuetudine di molte persone pubbliche e no e che i mass-media ci propinano con dovizia? Nulla! Cui prodest? Attendiamo il naturale andamento delle vicende terrene che nascono e muoiono; tout passe, tout lasse, tout casse. Amen. aprile - giugno A sinistra il mimo francese Marcel Marceau, a destra Antonio De Curtis in arte Totò L uso del corpo per comunicare è una multiforme potenzialità dell uomo che l arte, in particolare quella del teatro, ha capitalizzato in ogni sua possibilità

10 Cultura&& & Tradizione Dalle braccia il pane quotidiano Il lavoro dei braccianti lomellini, impiegati a giornata Umberto De Agostino Silvio Santagostino ( ) Rustico con suonatori Fino a circa cinquant anni fa in Lomellina i lavoratori e le lavoratrici della terra si distinguevano in due categorie: salariati e braccianti (o avventizi) Le braccia sono la parte del corpo che per secoli ha garantito il sostentamento a milioni di contadini definiti, non a caso, braccianti. In Lomellina erano due, fino a mezzo secolo fa, le categorie di lavoratori e di lavoratrici della terra che ogni giorno facevano affidamento sui muscoli delle braccia e sulla forza fisica: i salariati, contadini fissi oppure obbligati, e i braccianti, o avventizi. Mentre il primo aveva un salario sicuro per tutta l annata, il secondo era nella condizione di non avere ogni giorno una mercede quotidiana per la poca richiesta, soprattutto nei mesi invernali. «Meschina è pur sempre la condizione del contadino avventizio», commentava nel 1882 lo storico lomellino Enrico Pollini nella sua monografia sulle condizioni della classe agricola. Generalmente si fissava la loro retribuzione a giornata, ma spesso venivano impiegati per l intera settimana. Molti di questi braccianti avventizi possedevano una piccola casa in paese e una microscopica frazione di terreno. Il termine dialettale è päisän, cioè contadini che abitavano in paese a differenza degli obbligati, residenti in cascina. L avventizio era posto alla base della piramide sociale della campagna. Il proprietario, detto comunemente padrone, era rappresentato dal fattore, seguìto dal camparo che disciplinava le acque e spesso affiancava il fattore nel controllo della proprietà. Nelle grandi proprietà fondiarie questa attribuzione di polizia era affidata ai campagnoni. C erano poi i capi dei vari servizi: il capo cavallante per i cavalli; il capo famiglio per la stalla delle vacche; il capo bifolco per la stalla dei buoi; il capo d uomini, per impartire gli ordini ai lavoratori di badile e di falce. Il casaro, nelle cascine in cui era prevista la lavorazione del latte, aveva un trattamento speciale ed era considerato al di fuori della gerarchia rurale. Ponendo in raffronto la condizione economica del salariato con quella dell avventizio, troviamo che il primo, se da una parte aveva un ridotto assegno annuo, dall altra vedeva assicurata per sé e per la famiglia un esistenza al riparo da insicurezze, poiché era sempre certo d ottenere la provvista convenuta con il padrone. L avventizio, invece, se godeva di maggior libertà nel portare il lavoro delle braccia dove riscontrava maggior convenienza, era pur sempre soggetto a giornate di forzato riposo per mancanza di lavoro o a causa dei giorni piovosi. «Alcune volte deve subire il prezzo della giornata voluta dai richiedenti a prezzi infimi, massime quando non v è ricerca, il che avviene spesso nel verno. Deve l avventizio tutto provvedersi alla bottega, onde spende più, e spesso è obbligato a far debiti che non riesce a pagare», scrive Pollini. La ricchezza, se così si vuole chiamare, del bracciante era la prole, che garantiva un guadagno grazie al lavoro dei campi: non a caso il detto popolare recita Fiö e dänè ièn mai a sè. Secondo lo studioso di fine Ottocento, l avventizio sarebbe vissuto meglio del salariato: «Se ha moglie, figli o figlie, tutti prestano l opera loro nei lavori di campagna, percependo ciascuno qualche mercede». Da non dimenticare l esercito dei braccianti forestieri provenienti dal Genovesato, dal Bobbiese, dal Tortonese e dal Vogherese. Circa lavoratori, nei mesi di maggio e giugno, calavano in Lomellina all epoca dei bachi, della mondatura e del raccolto del riso. 10 IL VAGLIO

11 Cultura&& & Apparenze Quentin Massys ( ) Gli amanti trovati Disarmonie del corpo umano Quando la bruttezza fa da padrona Nadia Farinelli La definizione di brutto è stata lungo i secoli un vero grattacapo. Da Platone (V sec a.c.) a Plotino (III sec d.c.) il concetto di brutto corrispondeva addirittura al nonessere. Lo scultore greco Policleto aveva teorizzato le proporzioni e i rapporti numerici del corpo umano: una persona che non rispettasse questi canoni era brutta, in un epoca classica che aveva imposto l ideale di perfezione nel binomio bellezza-bontà. Dunque chi era buono doveva essere necessariamente bello e il malvagio non poteva che essere di aspetto sgradevole: nell Iliade il prode Achille era incantevole, mentre l invidioso Tersite era storto, zoppo di un piede, con le spalle curve e ripiegate sul petto, la testa a punta con u- na rara peluria. Per non parlare di alcune creature dantesche, come Minosse e Lucifero, quali brutti simboli di perdizione. Il Medioevo si spinse oltre ogni limite: la bruttezza femminile fu lo strumento di dissuasione più utilizzato dai moralisti, che presero di mira le presunte streghe e le vecchie lussuriose, come ci tramandano i versi del poeta burlesco Rustico di Filippo: Dovunque vai con teco porti il cesso, o vecchia puzzolenta; chiunque ti sta appresso si tura il naso e fugge immantinente. Successivamente, nel Rinascimento, i cortigiani elencarono come segni tipici delle donne brutte i piedi lunghi, il seno piatto, il naso grosso e gli occhi piccoli. Caratteristiche che in età barocca furono invece rivalutate come polo di attrazione: le narratrici delle novelle del Cunto de li Cunti, di Giovan Battista Basile, erano sveglie e argute, ma vantavano soprannomi quali la nasuta, la labbrona, la sciancata, la gozzuta, la storta... aprile - giugno L ideale di bruttezza si è trasformato nel corso dei secoli, assumendo talvolta il ruolo di simulacro di immoralità e perdizione

12 A sinistra: Juan Carreño de Miranda Carlo II con armatura (1681). A destra Diego Velázquez Ritratto di Filippo IV (1632) Antonio Rocco, sul suo trattato Della bruttezza, elogiò la scorfanaggine, come custodia di onestà, rimedio di lussuria, occasione di equità e di giustizia E quelle di Basile erano solo novelle per bambini, scritte in napoletano antico. Più autorevole fu l Orazione in lode e difesa dei brutti scritta da Carlo Roberto Dati ( ), che sottolineava come i bellissimi per antonomasia avessero fatto una fine miseranda: Giacinto e Narciso trasformati in vegetali e Adone dilaniato da un cinghiale. Addirittura nello stesso periodo lo scrittore Antonio Rocco, sul suo trattato Della bruttezza, elogiò la scorfanaggine, come custodia di onestà, rimedio di lussuria, occasione di equità e di giustizia. D altra parte la parola mostro deriva dal latino monstrum e significa prodigio. Mentre alcuni mostri mitologici, come Medusa, avevano il solo scopo di terrorizzare gli uomini e di pietrificarli con lo sguardo, ad altri, come il Centauro, la Chimera, la Sfinge e la Sirena, venivano attribuiti poteri magici e divini. Con l avvento del Romanticismo, già a partire dal filosofo Hume che considerava la bruttezza un concetto relativo ( La bellezza è nella mente di chi la contempla ), si cominciò a celebrare tutto ciò che appariva selvaggio, dominato dalla natura, anche quando ciò poteva significare malattia e sofferenza: nella Signora delle camelie di Dumas, le e- spettorazioni di Violetta, afflitta dalla tubercolosi, non la rendevano meno attraente. Per non parlare di Quasimodo, il deforme e commovente campanaro di Notre Dame, che però non aveva l arguzia del suo connazionale e nasuto Cyrano De Bergerac. Più tardi Carlo Marx affermò con disinvoltura che il rimedio alla bruttezza ha sempre avuto un paio di nomi: denaro e potere. Del resto, sono molti i potenti del passato ad averci tramandato con orgoglio un immagine di sé tutt altro che attraente. Ricordiamo Elisabetta I d Inghilterra, Filippo IV di Spagna, Carlo II d Asburgo. Le tare fisiche dei potenti furono in certi casi bersaglio della satira. Napoleone fu preso in giro dagli amici d infanzia per la bassa statura (...ha la paglia che gli arriva al naso!) e, dopo di lui, Re Vittorio Emanuele III di Savoia, per la stessa ragione, venne soprannominato sciaboletta (Claudia Giammatteo). Ma proprio mentre poeti e pittori cominciavano a subire il fascino della bruttezza, Cesare Lombroso, antropologo di fine 800, dedicandosi anima e corpo alla fisiognomica, individuò alcune anomalie fisiche ad alto rischio. La presenza del tubercolo del Darwin, una protuberanza sul bordo del padiglione auricolare, venne associata alla spiccata tendenza a delinquere, insieme ad una particolare forma del cranio. Così il delinquente tornò ad essere, per forza di cose, brutto. Umberto Eco nel suo Storia della bruttezza ci dice che, nell immaginario collettivo, il nemico deve essere brutto, perché l antagonista è sempre l altro, il diverso, i cui tratti spesso non corrispondono ai nostri criteri di bellezza. E comunque un essere umano dall aspetto banale non promette mai nulla di buono.eppure questo pregiudizio millenario era stato sfatato da tanto tempo: la bellezza di Gesù Cristo non era esteriore. Già nell Antico Testamento si leggeva che il Messia: Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto (Isaia, 53-2). George Gower, Ritratto di Elisabetta I (1588) 12 IL VAGLIO

13 Cultura&& & Filosofia Accende lumen sensibus PER UNA MISTICA DEL CORPO Alessandro Marangoni I sensi sono la nostra interfaccia con il mondo, il ponte tra il nostro io autocosciente e la realtà dei fenomeni che ci circonda, il collegamento tra due pneumi: quello della nostra interiorità e l aria che soffia nel mondo. Il coinvolgimento dei sensi corporei è fondamentale in ogni azione umana, pertanto molto importante è la consapevolezza che noi abbiamo di essi: udito, tatto, vista, olfatto, gusto sono i cinque sensi canonici che di solito citiamo, tralasciandone altri due: la propriocezione, cioè la capacità di percepire il nostro corpo nello spazio anche senza vedere (senso molto sviluppato nei non-vedenti) e l equilibrio, ossia l apparato vestibolare. Anche nelle esperienze religiose o spirituali, i sensi sono pienamente coinvolti e non elusi. Il nostro corpo vibra in empatia con gli altri corpi terrestri e con quello che il grande scienziato Theilard de Chardin chiamava il Pleroma: un unità di sensi trasversale, che unisce gli uomini nello spazio cosmico, attraverso un unico soffio, che il gesuita francese identificava nello Spirito universale (che appunto è un soffio, un alito). Il corpo dunque è quel super-tessuto che collega i cinque sensi tra loro e essi stessi con qualcosa che va oltre alla percezione dell individuo singolo, della persona: è un interfaccia che ci mette in comunicazione nel tempo e nello spazio con gli altri viventi, che in qualche modo sono già dei risorti. «Mi chiamasti e il tuo grido lacerò la mia sordità; balenasti e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza e respirai e anelo verso di te; gustai e ho fame e sete; mi toccasti e arsi dal desiderio della tua pace» (Agostino, Confessioni X, 27,38). Così il filosofo di Tagaste elabora una nuova dottrina dei sensi spirituali, che segnò tutta la storia del pensiero, della scienza e della medicina fino ai giorni nostri. La luce non è solo il dualismo onda-corpuscolo ma anche la luce che illumina l anima; la parola che viene udita non è solo un insieme di fonemi; il pane che viene gustato dalle papille presenti nella bocca è anche il pane degli angeli ; il profumo che l olfatto percepisce è anche la presenza del Santo. Scriveva Tommaso d Aquino: Visus, tactus, gustus, in te fallitur, sed auditu solo tuto creditur (la vista, il tatto e il gusto in te si ingannano, ma solo con l udito con certezza si crede dall inno Adoro te devote). La tradizione cristiana mai come altre afferma l importanza del corpo e dei sensi! Tommaso vuole toccare le piaghe del Cristo; nella religiosità popolare (non sempre sana e priva di fondamentalismo) la gente vuole toccare la statua, baciare, possedere una reliquia. L atto stesso dell adorazione è uno stare vicino alla bocca (ad-oro), per ascoltare la Parola ma anche per sentirne il soffio, l alito di vita: l orante che adora è colui che sta alla presenza e la afferma col suo corpo. Il Santo è il bello (vista), colui che emana profumo (olfatto), colui che vede coi sensi oltre la sensorialità immanente e che sente una locuzione interiore (udito). E allora i sensi spirituali non sono solo metafore, ma connotano l'esperienza della comunione con il divino nei vari aspetti in cui si può manifestare all'animo u- mano: dolcezza, forza, intimità, adesione amorosa, obbedienza, presenza intensa. È l esperienza dell amore, il senso più alto che l uomo possiede, il senso nascosto che si cela nella comunione con gli altri uomini. Come nell antichissimo inno, allora possiamo cantare: Accende lumen sensibus!. aprile - giugno La tradizione cristiana afferma l importanza del corpo e dei sensi: nella religiosità popolare la gente vuole toccare la statua, baciare, possedere una reliquia

14 Cultura&& & Acustica L orecchio, l ascolto, il silenzio UN RAPIDO EXCURSUS NELLA STORIA DELL OTOLOGIA Graziella Bazzan Sulla funzione e la struttura dell orecchio, l organo di senso che ci permette di udire e su cui si basa la percezione dello spazio e del nostro equilibrio, si conosceva ben poco e l otologia fu per tanto tempo non materia di studio, ma di ricerche speculative di carattere magico, mistico, filosofico. Le prime scoperte di qualche valore su questo complesso e relativamente inaccessibile organo le troviamo verso la prima metà del Cinquecento. Seguono trattati e più specifiche scoperte anatomiche e anatomo-comparative sopra l organo dell udito che terminano con le ricerche, pubblicate a Pavia, sua città di adozione, di Antonio Scarpa, figura di primo piano negli ambienti scientifici europei e docente di grande livello della stessa università. Curiosa la fine della sua testa, mozzata, senza che nessuno ne conosca la ragione, e finita in un vaso di formalina per la conservazione nel museo della storia e della medicina dell Ateneo Pavese (che quest anno festeggia i 650 anni di fondazione). Forse un singolare omaggio, come sostiene il suo sucessore Bartolomeo Panizza, secondo il quale la testa degli uomini grandi dovrebbe sempre essere conservata, poiché l uomo sta tutto nella sua testa. Con le osservazioni sperimentali al microscopio, una delle più significative invenzioni nella storia dell uomo che mandarono in frantumi antiche teorie e sistemi ormai consolidati, dando origine a intere nuove banche della ricerca scientifica, l otologia recuperò il tempo perduto compiendo passi da gigante. L incalzare del progresso tra il 1877 e il 1900 con il telefono, il fonografo e la radio, rilanciò in modo importante il ruolo che l orecchio ha svolto e svolge tuttora nella nostra vita quotidiana. L ascolto da sempre ha avuto un ruolo importante nella trasmissione della cultura. Ci sono Le prime scoperte sull orecchio risalgono all inizio del Cinquecento. Ma è con l avvento delle osservazioni al microscopio che l otologia compie passi da gigante Antonio Scarpa ( ) Amé Bourdon ( ), Nouvelles tables anatomiques 14 IL VAGLIO

15 L orecchio di Dioniso a Siracusa quattro tipi di ascolto: passivo, quando si odono parole ed esse entrano in un orecchio ed escono dall altro; selettivo, il più comune dei quattro, si riscontra quando si sente solo ciò che si vuole sentire, filtrando il messaggio; riflessivo, in cui chi ascolta diventa una specie di cassa di risonanza di chi parla, riflettendo, come in uno specchio, le idee dell interlocutore; e attivo in cui l ascoltatore risponde a chi parla basandosi su quanto ha compreso dal messaggio che gli è stato inviato. L ascolto è importante nella vita dell uomo ed essere in grado di usare l empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni dell altra persona, è una delle abilità dell ascolto attivo. Nei tempi antichi era l unica forma di conoscenza: i poemi epici, i miti, le fiabe, gli usi e costumi erano tramandati attraverso la voce per essere poi direttamente ascoltati da chi li narrava. Ora tutto è cambiato, l ascolto moderno si è trasformato e con l assenza di immagine la voce risulta un puro suono senza correlato fisico modificando così non solo la nostra vita, ma anche la qualità delle nostre relazioni, e l elettronica recentemente, potenziando l ascolto, ha contribuito all inserimento clandestino nelle comunicazioni altrui. Questo non è nuovo nella storia, dai tempi del tiranno Dionigi di Siracusa, che aveva trasformato una grotta dalle particolari qualità acustiche, in prigione (l orecchio di Dioniso) attraverso la quale riusciva ad ascoltare le conversazioni dei prigionieri, l uomo ha spesso manifestato l intenzione di ascoltare di nascosto il suo prossimo, origliando. Veri e propri casi sono passati alla storia come il Watergate, in cui le intercettazioni telefoniche hanno portato alle dimissioni del presidente Nixon. Sono poi fatti recenti, praticamente cronaca quotidiana italiana le intercettazioni telefoniche che hanno causato l incriminazione di giudici e uomini politici. Altro tipo di ascolto, completamente diverso, è quello che si ha nella vita prenatale perchè, fin dal primo momento, l embrione comincia a essere immerso in un universo sonoro che lo accompagna durante i nove mesi di gestazione. Il battito cardiaco della mamma che lo culla come in un concerto ritmico, unitamente alle altre fonti sonore, costituiscono per lui una stimolazione avvolgente e vitale, i suoni materni riempiono così il suo mondo e ognuno di questi è portatore del messaggio della presenza della madre. Presenza che non ha solo un valore fisiologico e funzionale, ma si carica anche di valenze emotive ed affettive molto profonde. Il suono è il veicolo privilegiato del contatto d amore tra madre e bambino, dentro di lei percepisce, sente, ode non solo il suono materno ma anche gran parte dei suoni del mondo esterno, tra loro intercorre una forma di dialogo sonoro che li rende entrambi persona, dialogo che rappresenta la culla sonora della vita. È in questo periodo che l orecchio del bambino mette in funzione processi cognitivi di riconoscimento e di memorizzazione e alla nascita scoprirà di avere anch egli un suono, proprio come la stessa madre, e da questa scoperta inizierà il suo percorso verso il linguaggio. L esperienza dell ascolto sonoro ha avuto un ruolo fondamentale nella vita umana perchè l uomo alle sue o- rigini ha imparato innanzi tutto ad ascoltare i suoni: il vento fra le foglie, il mare, il canto degli uccelli, i versi degli animali, i passi sul terreno; ha imparato a tendere l orecchio mettendosi in ascolto, poi si è evoluto, si è molto evoluto e sotto certi aspetti ha disimparato alcune cose a vantaggio di altre, sicuramente importanti, ma con effetti collaterali. aprile - giugno L esperienza dell ascolto ha avuto un ruolo fondamentale nella vita umana, perchè l uomo alle sue origini ha imparato prima di tutto ad ascoltare i suoni

16 La mistica Madeleine Delbrêl ( ) Siamo circondati dal rumore: si teme il silenzio come se contenesse un inganno, un precipizio verso il vuoto dal quale non sapersi difendere La frenesia e il rumore che quotidianamente ci circonda sono diventati una costante del nostro vivere quotidiano; l inquinamento acustico, oltre ai danni all udito, scatena reazioni generalizzate in tutto l organismo con ripercussioni sul sistema cardiovascolare, immunitario, endocrino e nervoso. Siamo tutti abituati a riempire la nostra vita con pensieri a ciclo continuo, con musica rumorosa che nulla ha che vedere con l armonia, con suoni che non danno spazio a un po di silenzio, che nella nostra cultura prende il significato di una mancanza, uno spazio vuoto che inquieta facendoci sentire soli, spaventandoci. Si teme il silenzio come se contenesse un inganno, un precipizio verso il vuoto dal quale non sapersi difendere. Imparando però ad ascoltarne la voce, quella stessa voce senza parole, quel suono senza strumento, restando attenti e ricettivi non potremmo che averne vantaggio, sarà nutrimento e guida ad ogni passo della nostra crescita; stare in silenzio è un modo di ritrovarsi e ascoltarsi, di riprendersi uno spazio fisiologico che è allo stesso tempo una possibile riconquista di uno spazio interiore e razionale. Una presenza invece di un assenza. Due modi completamente opposti di interpretarlo. Ascoltare il suono del silenzio è possibile anche in una situazione in cui si è circondati da persone, perché il silenzio in realtà è una nostra condizione interiore: è calma, è lasciare andare l irrequietezza e la voglia di raggiungere sempre un fine, è distanza dal mondo duale della personalità. La comunicazione è il frutto di un silenzio che è attraversamento del nostro ascolto interiore, di un opportunità nata dal riflettere e comprendere, dove gli altri non sono appiglio o proiezione di sé, ma compagni di viaggio che sapranno imparare con noi la sfida del vivere giorno per giorno. La parola è verbo vivo e con essa si scagliano pietre che colpiscono bersagli, sta a noi farne strumento di offesa o aquiloni che volano liberi colorando un arcobaleno infinito nel cielo della nostra anima che come noi necessita di silenzio la cui voce è comprensione e anche obbedienza alla parola divina, silenzio in cui accogliere senza fretta e rumore, silenzio per comprendere e accettare le indicazioni spirituali per far crescere ed espandere il meglio che è in noi. Ha mille significati, mille sfaccettature; scrive Madeleine Delbrêl, definita dal cardinal Martini una delle più grandi mistiche del XX secolo : Il silenzio non ci manca, perché lo abbiamo. Il giorno in cui ci mancasse, significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo. Tutti i rumori che ci circondano fanno molto meno strepito di noi stessi. Il vero rumore è l eco che le cose hanno in noi. Non è il parlare che rompe inevitabilmente il silenzio. Il silenzio è la sede della Parola di Dio, e se, quando parliamo, ci limitiamo a ripetere quella parola, non cessiamo di tacere. Il silenzio che è pace e serenità interiore è motivo di ricerca profonda e il suo suono, a molti sconosciuto è fondamentale e necessario per il nostro ritrovare senso a quel che siamo. Antica miniatura raffigurante due cantastorie 16 IL VAGLIO

17 Essere banali Cultura&& & Personaggi non paga: parola di Mou Mourinho è un vero e proprio catalizzatore di sensi Fabio Rubini José Mourinho è uno che sta simpatico all Onnipotente, otre che agli interisti, ai tifosi del Chelsea e a quelli del Porto. José Mourinho, però, è anche uno che sta sulle santissime a tutti gli altri. È uno che, col suo modo di fare sa attirare su di sé odi e antipatie. Lo ha fatto in Inghilterra, ha concesso la replica in Italia e non poteva fare diversamente anche in Spagna dove, di recente, qualcuno ha persino tentato di fargli la pelle con un coltello. Roba seria. A questo punto qualcuno (esclusi interisti, tifosi del Chelsea e del Porto) si chiederà: che c azzecca José Mourinho con i sensi? Ecco la spiegazione: José è un catalizzatore di sensi. In tutti i sensi! Senso numero uno. Il portoghese è dannatamente affascinante. Avete mai sentito una donna parlare male di Mourinho? No, nessuna. Nemmeno le juventine o le milaniste (che pure avevano Leonardo ). Vi pare poco? Diciamo che Mou stimola i sensi femminili. E qui ci fermiamo per non trascendere nell hard. Senso numero due. Il Nostro ha un gran senso dello show e della notizia. Una conferenza stampa e bum, un titolone di giornale. Tutti i santi giorni, tutte le sante conferenze. In Portogallo come in Inghilterra; in I- talia come in Spagna. Di seguito riportiamo un breve campionario di frasi celebri. Giugno 2008, Mourinho si presenta all Inter: Io non sono un pirla, lo dimostrerà; settembre 2008, il dirigente del Catania Lo Monaco lo provoca e lui replica gelido: Lo Monaco? Io conosco Bayern Monaco, Monaco di Montecarlo, monaco del Tibet, Gp di Monaco. Non ne conosco altri. Se questo Lo Monaco vuol farsi pubblicità parlando di me mi deve pagare ; aprile 2009 uscita epocale al Chiambretti Night: Neanche Gesù era simpatico a tutti. Figuratevi io. L ultima (per questioni di spazio) è del marzo 2011, da Madrid: Dio deve avere molta stima di me. E avanti così potremmo fare un numero L ex allenatore dell Inter alza al cielo la Champions League 2010 aprile - giugno Il mister è il più bravo comunicatore nel mondo sportivo: grazie al suo senso provocatorio è tra i personaggi più amati ed odiati del Pianeta

18 Negli ultimi anni ha dato un senso al calcio moderno che senza di lui si troverebbe intrappolato nelle solite, banali ed inutili frasi di circostanza. Ci ha regalato motivi di dibattito speciale del Vaglio. Senso numero tre. Manna per i giornalisti, ma anche per i calciatori che con lui si caricano a mille. Come quando, gennaio 2011, nel ricevere il Pallone d Oro per gli allenatori, José (che sta al Real Madrid) si alza e prima di andare a ritirare il premio abbraccia uno per uno tutti i suoi ex giocatori dell Inter. O come quando a San Siro, per caricare pubblico e calciatori, all ennesimo fischio dell arbitro mima il gesto delle manette. Insomma tanto per la gente comune quanto per i suoi giocatori, Mourinho accende i sensi della passione sportiva e d appartenenza a una maglia, a dei colori. Senso numero quattro. L abbiamo lasciato in fondo, ma è (quasi) quello per il quale l articolo è stato vergato: José Mourinho ha un dannato senso della vittoria! Lo ha fatto sempre e dappertutto. Se un cronista si mettesse ad indagare a fondo scoprirebbe che anche a Setubal, da piccolino, probabilmente vinceva al nido e alla materna per non parlare delle elementari. Scherzi a parte, José è l emblema del vincente: bello, controverso e dannatamente preparato nel suo lavoro. Anche qui urge un elenco (completo stavolta) delle sue imprese. Col Porto in tre stagioni vince 1 Champions League, 1 coppa Uefa, 2 campionati, 1 coppa del Portogallo, 1 Supercoppa portoghese. Con il Chelsea in tre stagioni si porta a casa 2 campionati, 1 coppa d Inghilterra, 2 coppe di Lega, 1 Comunity Schield. Infine l Inter. In soli due anni vince tutto ma proprio tutto: 1 Champions, 2 scudetti, 1 coppa Italia e una Supercoppa italiana. Ed è in nerazzurro che il portoghese realizza il suo capolavoro: il triplete campionato, coppa nazionale e Champions League. Apoteosi dei sensi. Era solo l anno scorso, ma le immagini sono impresse in noi interisti come se fosse successo l altro giorno. Per noi, abituati alle coppe dalle grandi 18 IL VAGLIO orecchie trasmesse in bianco e nero, Mourinho è stato il senso del riscatto, il senso dell orgoglio, il senso di un calcio che senza gente come lui, si troverebbe intrappolato nelle solite banali, inutili frasi di circostanza. Mourinho ci ha regalto (agli interisti, ma anche no) il senso che essere banali, ovattati fino all apatia non paga. Anzi. Ci ha insegnato il senso di osare a vivere la propria avventura con rigore e metodo, ma anche con passione. Ecco, adesso l avrete capito il VERO motivo di questo mini saggio su José era soltanto per dirgli da nerazzurro a nerazzurro: Grazie Mou! In alto un Mou bel tenebroso; sopra in versione provocatoria

19 Cultura&& & Pensieri Ecco che i sensi salgono a quota otto RIFLESSIONI A RUOTA LIBERA SULLE SCOPERTE DELLA SCIENZA Simone Menicacci So che non è da molti capitare in momenti come questi e non biasimo quindi la vostra incredulità e sorpresa nel leggere le prossime righe. Ma cosa volete che vi dica, è capitato a voi. Ebbene sì, stiamo per dare vita ad un nuovo senso del corpo umano, o meglio, dobbiamo in qualche modo, come dire, sfrattare quello che tutti abbiamo sempre conosciuto come sesto senso. Direte voi: ma perché ottavo? Non eravamo forse arrivati a cinque? Eh ma siete un po indietro coi tempi! La gente scopre nuove cose ogni giorno che passa. Ma che dico giorno, ogni minuto! È da retrogradi pensare che ci siano solo cinque sensi. Tanto per aggiornarvi i nuovi arrivati sarebbero la propriocezione, ovvero la capacità di percepire la posizione del nostro corpo nello spazio, e il senso dell equilibrio che occuperebbe la settima postazione. Allora mi sono chiesto: com è mai possibile che tutti questi organetti sensoriali come il naso o le papille gustative che, detto tra noi, mi paiono a dir poco insignificanti, si siano aggiudicati una così prestigiosa collocazione, mentre, il nostro cervello, che fino a prova contraria gestisce tutti quanti loro, sia stato così in malo modo messo in disparte? Snobbato? Mi pare una vera e propria ingiustizia. Così, con non poca rabbia, ho deciso di assegnare all ottava postazione proprio la nostra zucca. Sì, ma a quale senso farlo corrispondere? Ma all intuito no! Azzeccare la giusta direzione cercando d interpretare le poche sensazioni a disposizione, oltretutto diverse da ognuno di noi. Indovinare il momento e il modo di agire tra le infinite combinazioni forniteci dal caos. Scegliere così, magicamente, senza ragionare, dopo aver elaborato le informazioni inviate dagli altri sensi al sistema centrale, vale a dire la nostra capoccia. Prendi le sue mani e ti avvicini sempre di più, fino a sentire il respiro carezzarti il volto, l odore della pelle, il suono dei suoi bisbigli; catturi il suo sguardo e ti perdi nel buio fondo delle pupille, tanto da riuscire ad ascoltare i suoi pensieri, e dentro senti esplosioni di umori che lottano col timore d un imbarazzo indesiderato e con le solite paure che mai si fanno i fattacci loro. Qui, entra in gioco l intuito e sceglie al tuo posto. Sì, è proprio così, non sei tu a decidere, ma l ottavo senso, un altra entità. Tutti noi ogni giorno ed in ogni momento usiamo l intuito per agire nelle svariate situazioni che ci capitano, senza per forza usare un ragionamento canonico per fortuna. Ovunque è pieno di segnali significativi per l intuito ma irrilevanti per la nostra razionalità. Se questi vengono decifrati correttamente ci troveremo in automatico lungo una bella strada diritta e non dovremo far altro che percorrerla sgambettando spensierati. Dobbiamo solo sperare d aver acquistato il software giusto, altrimenti è molto probabile che incontreremo lungo la vita parecchie brutte sorprese. Perché entrasti in un locale piuttosto che un altro? Saranno state le luci colorate o t avrà incuriosito quello strano profumo davanti all ingresso? E cosa sarebbe accaduto se fossi entrato nell altro? Se le note provenienti da lontano t avessero catturato tanto da sforzarti quel poco che bastava? Non avresti mai conosciuto la persona che condivide ogni giorno della tua vita o, chissà, avresti potuto trovarne una migliore, risparmiandoti i tanti bocconi amari mandati giù. Giusto per anticiparvelo si sta già lavorando al nono. Questo è un po più delicato dei precedenti e non appena si scopriranno gli organi responsabili ne vedremo delle belle. Si tratta del senso di colpa. aprile - giugno La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli

20 Cultura&& & Geografia Le mappe antropomorfe di Opicino De CANISTRIS E LA RAPPRESENTAZIONE ALLEGORICA DEL MEDITERRANEO Stefano Sedino Nato a Lomello nel 1296, Opicino raggiunge Avignone nel 1329, a seguito delle dilanianti lotte che a Pavia contrappongono guelfi e ghibellini Avignone, anno domini Una folta schiera di letterati, artisti e filosofi si stringe intorno agli sfarzi della corte papale di Giovanni XXII (al secolo Jacques Duèze, ), divenuta centro del potere temporale e spirituale in seguito alla fuga di Clemente V da Roma. Esule, spiantato e irrequieto, il chierico Opicino de Canistris raggiunge la città francese in cerca di quella fortuna che il destino gli ha fino a quel punto tristemente negato. Le laceranti lotte tra guelfi e ghibellini, a Pavia detti rispettivamente fallabrini e marcabotti, lo hanno costretto a lasciare la parrocchia ticinense che reggeva dal 1323, Santa Maria Capella (soppressa nel 1788), spingendolo dapprima a Valenza, poi a Tortona e Alessandria. Infine in Francia. Lì tenta disperatamente di guadagnarsi il pane, smarrito nello stuolo supplichevole del clero mendicante, grazie alla sua abilità di miniatore. I giorni trascorrono nella totale indigenza, con le mani perennemente tese a implorare qualche spicciolo. Mosso a compassione, un dignitario di corte (forse un protonotario del papa) gli affida l incarico di impreziosire un libro, lavoro che, tra una questua e l altra, lo tiene occupato per circa un mese. Il risultato è notevole. Tanto che lo stesso Giovanni XXII, sfogliando il volume illustrato, ne rimane favorevolmente colpito. Niente più elemosine: il pontefice stesso ha deciso di procurargli un modesto impiego di scrivano alla Penitenzieria Apostolica. È passato un anno dall arrivo ad Avignone e Opicino, seppur fugacemente, trova un barlume di stabilità a rischiarargli l anima. Esistenza turbolenta, quella del religioso lomellino. Primo di cinque fratelli, de Canistris nasce a Lomello la Vigilia di Natale del All età di 10 anni la Diagramma con simboli zodiacali, Codice Vaticano Latino famiglia lo avvia agli studi, segmentati tra il paese natio, Biella, Bassignana e Pavia. La sua carriera scolastica non sarà mai particolarmente brillante, come egli stesso avrà modo di ammettere nella singolare autobiografia del 1336 (redatta in forma allegorica di canestro). Proprio a causa dello scarso rendimento di studio, è presto costretto a sbarcare il lunario riscuotendo i pedaggi sul ponte del Po a Bassignana; poi si dedica a mestieri saltuari, occupazioni precarie sia di ordine intellettuale, sia di carattere manuale. Dal 1315, anno dell affermazione dei ghibellini a Pavia, la vita del povero Opicino si trasforma in un susseguirsi d avversità. La sua famiglia è legata, per non dire vicinissima, al partito guelfo dei conti palatini Langosco, principali antagonisti dei Beccaria (potente casato affine ai Visconti). A motivo dei fatti politici nel 1316 si rifugia a Genova, dove ha modo di dedicarsi al canto (con risultati deplorevoli ), di apprendere qualche nozione di medicina, ma soprattutto di studiare teologia. Tornato a Pavia nel 1318, 20 IL VAGLIO

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