INTERCETTARE LA DOMANDA DEI CONSUMI: LE SOLUZIONI DISTRIBUTIVE PER LA GDO IN ITALIA
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- Giacomo Toscano
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1 INTERCETTARE LA DOMANDA DEI CONSUMI: LE SOLUZIONI DISTRIBUTIVE PER LA GDO IN ITALIA PREMESSA Atlanta Amsterdam Beijing Boston Bruxelles Chicago Dallas Düsseldorf Hong Kong Johannesburg London Los Angeles Madrid Mexico City Milano München New York Paris Roma San Francisco Shangai Sao Paulo Seoul Singapore Stockholm Sydney Tokyo Toronto Zurich Il tema dei consumi è sempre stato centrale per Indicod-Ecr che negli ultimi anni ha dato vita ad importanti contributi sull argomento. In particolare si sono sottolineati i profondi mutamenti nel comportamento di consumo e le dinamiche registrate nella variazione del portafoglio di spesa e nei processi di acquisto. La polarizzazione dei consumi, la trasversalità dei comportamenti di acquisto e la competizione cross-categorie sono temi di forte attualità e stanno incidendo sui modelli di distribuzione adottati dai retailers in giro per il mondo. L adattamento delle formule distributive dovrà sempre più fare i conti con tale scenario e per i distributori mainstream, ossia né premium ne value, si apre una stagione di ripensamento strategico importante. Anche l Italia è interessata a tale scenario e per il nostro sistema Paese si tratterà di trovare la strada migliore in termini di giusto mix di concept distributivi, intervenendo anche sulle modalità di presidio del territorio in modo da rispondere alla domanda locale con il giusto equilibrio di offerta commerciale. Abbiamo sviluppato tale scenario, delineando il probabile impatto di questi trend sul sistema GDO Italia, tenuto conto delle differenze territoriali esistenti, dell assetto e delle caratteristiche della GDO. Si sono anche sottolineati i vincoli al raggiungimento di questo scenario e i fattori abilitanti, guardando a chi, soprattutto all estero, è riuscito in questo intento, crescendo profittevolmente anche in anni di mercati difficili. Si è infine evidenziato il ruolo che può giocare l Industria dei beni di largo consumo in questo contesto, in termini di offerta e di modalità di interazione con il Trade. Le domande a cui si è cercata una risposta sono pertanto le seguenti: - Quali le implicazioni sulle soluzioni distributive (formati) per intercettare meglio la domanda di questo nuovo consumatore? - Quali gli esempi vincenti di distributori che hanno saputo interpretare appieno questa domanda, e quali lezioni si possono imparare? - Quali le caratteristiche attuali del sistema distributivo in Italia e che difficoltà sta attraversando? - Quale evoluzione dovrebbe prospettarsi per la nostra GDO per cogliere appieno tale domanda e migliorare le proprie performance in termini di : o caratteristiche dei nuovi modelli distributivi per il futuro; o mercati da sviluppare; o modalità di presidio del territorio. Bain & Company Italy, Inc. Via Crocefisso, Milano - tel fax Piazza Ungheria, Roma - tel fax Partita IVA : R.E.A. Milano Codice Fiscale e Registro Imprese Milano
2 IL CONSUMATORE DI FRONTE ALLO SCAFFALE: ATTITUDINI E PREFERENZE DELLO SHOPPER Molti Istituti di Ricerca hanno evidenziato negli ultimi anni come il consumatore sia polarizzato nelle sue scelte di acquisto. Fare la spesa è un dovere (routine) ma anche piacere (socialità, emotività, sperimentazione, passatempo ). Lo shopper quindi sa scegliere attentamente i prodotti, valutando bene qualità e prezzo, e in lui convivono spesso queste due contrapposte anime, bilanciando a seconda delle preferenze ed interessi le due contrapposte attitudini: risparmio su alcuni prodotti, mi concedo indulgenze su altri. Anche nel mondo del grocery le evidenze sono le stesse: il consumatore cerca il prezzo, le occasioni ma al tempo stesso vuole sempre più novità e varietà sugli scaffali, prodotti tipici locali o specialistici (Tavola 1 e 2). In altri termini è la contrapposizione tra il risparmio, il value, rispetto al di più, e cioè il premium. E meglio quindi cercare di servire lo shopper sotto un unico tetto, e cioè in un negozio che cerca di rispondere ad entrambe queste esigenze, oppure dargli delle soluzioni specifiche, che vadano dritte al cuore della questione, e cioè rivolte senza dubbio alcuno ad una delle due contrapposte esigenze?. Quando si chiede allo shopper quali variabili che più lo guidano nella scelta e lo fidelizzano al punto di vendita le risposte sono diverse, e sembrano di difficile convivenza tra di loro: per esempio facilità di trovare rapidamente ciò che voglio vs. ampia scelta/varietà di prodotti oppure prezzi bassi e promozioni vs. prodotti freschi di alta qualità. E difficile riuscire a far convivere le giuste risposte a queste contrapposte esigenze nello stesso negozio, e quindi forse soluzioni più dirette e chiare hanno le carte in regola per essere vincenti. I distributori che conosciamo nel nostro Paese hanno tradizionalmente cercato di servire i loro clienti in maniera trasversale, proponendo sugli scaffali soluzioni di convenienza (soprattutto negli ultimi anni) ma anche soluzioni di qualità e servizio superiore: è il modello mainstream (Tavola 3). Questo modello è entrato in fortissima difficoltà negli ultimi anni, in particolare attaccato dal basso dai discount (modello value), ossia un modello risultato vincente chiaramente rivolto ad una delle due contrapposte esigenze di consumo. E solo alcuni timidi tentativi di soluzioni sono comparsi in contrapposizione di quella di dettaglio tradizionale rivolto alla fascia alta che ancora oggi sostanzialmente gli unici che risolvono appieno le esigenze premium (Tavola 4). Competere in questa maniera, e cioè assomigliando molto agli altri, sta diventando evidentemente estremamente difficile. E non può portare ad una vera e piena fidelizzazione nei consumatori. Riteniamo che la strada per intercettare appieno questa nuova domanda sia la seguente: Sviluppo di formati distributivi distintivi e focalizzati (value o premium) che siano - molto più indirizzati verso le due anime di consumo (premium vs. value) 2
3 - per rispondere chiaramente alle diverse esigenze di consumo e che, grazie ad una più efficace shopping experience, conquistino una quota del portafoglio di spesa dei consumatori sempre maggiore; Rinnovamento dei modelli mainstream, riuscendo nell ardua impresa di far accedere ai consumi lo shopper con facilità e soddisfazione dai diversi punti di vista esistenti 1 Personalizzazione dei modelli distributivi, a seconda delle differenze territoriali esistenti, trovando il giusto equilibrio tra i benefici derivanti dalla localizzazione di assortimenti, politiche commerciali (prezzi, promo, eventi ) servizi, ecc.., e i costi necessari per la loro realizzazione; Ma quali esempi di successo già esistono in tale direzione? E che cosa si può imparare osservandoli? GLI ESEMPI DI SUCCESSO Nel mondo della moda, del trasporto aereo o dell arredamento per esempio ci sono noti esempi di queste soluzioni polarizzate. Zara o H&M nella moda, Ikea nell arredamento o Rynair nei voli aerei hanno avuto successo grazie ad una fortissima proposizione di convenienza unità alla fruibilità di acquisto, all offerta di un prodotto/servizio stimolante e in un ambiente moderno e gradevole. E stata l evoluzione del concetto di discount classico, che da punitivo è diventato anche emozionale, riuscendo cosi a sviluppare i consumi tramite l abbinata prezzi stracciati con esperienza di acquisto. Queste aziende crescono in doppia cifra da anni. Se guardiamo al panorama internazionale dei grocery retailers, ci sono esempi di straordinario successo nei diversi posizionamenti, non solo value, tra cui sono citati spesso Delhazie, Monoprix, 7 Eleven nella fascia premium, Mercadona e Colruyt nella fascia value e Tesco nel mainstream. Guardando a cosa hanno saputo fare meglio degli altri, sono emersi i seguenti aspetti comuni (Tavola 6 e 7): Una chiara scelta di posizionamento (servire i due estremi, value o premium, oppure la capacità non banale di saper coniugare entrambe le esigenze, mainstream); Centralità della marca privata come fattore caratterizzante e distintivo (per tutti i posizionamenti); Eccellenza operativa: 1 I principali diversi punti di vista sono: Risparmio, Varietà, Tempo, Benessere, Qualità, Solidale, Emozionalità, Piacere, Sorpresa, alcuni evidentemente di natura premium, altri value. La scommessa è quella di riuscire a non confondere sotto lo stesso tetto, e di creare per lo shopper un chiaro percorso di acquisto che risponda al suo punto di vista, che può anche variare tra le diverse merceologie e servizi. 3
4 - Leggibilità dell offerta (per far accedere con facilità il cliente alle proprie logiche di consumo); - Organizzazione ferrea del negozio; - Supply chain e Sistemi informativi top in class. Sviluppo e specializzazione anche nel mondo del non food ; Localizzazione, e cioè personalizzazione dei formati al contesto competitivo e al bacino di utenza. Queste quindi sono le lezioni che si imparano. Prima di vedere in che misura e con quali specificità queste soluzioni si potrebbero applicare al nostro Paese per ridare smalto alla GDO, abbiamo anche cercato di capire quali caratteristiche di base ed eventuali problematiche strutturali presenta il nostro sistema Italia. CARATTERISTICHE E CRITICITA DEL SISTEMA GDO ITALIA Se guardiamo alla distribuzione grocery in Italia secondo la segmentazione proposta, la stragrande maggioranza delle insegne presenti nel nostro Paese appartiene senza dubbio al Mainstream (Tavola 8 e Tavola 9). Il segmento Value è rappresentato sostanzialmente dagli hard e soft discount e solo una piccola quota è appannaggio di formule premium. Guardando ai risultati gestionali, il sistema sta registrando negli ultimi anni un progressivo e significativo aumento della capacità installata (superfici) a fronte di fatturati piatti (Tavola 10), scontando così delle performance in contrazione (fatturati per unità di superficie in contrazione). Questo comporta redditività in contrazione e, a fronte di investimenti crescenti, il ritorno sull investimento diminuisce (Tavola 11). Analizzando nel dettaglio le diverse aree geografiche emerge una forte differenza tra le diverse regioni in termini di densità degli spazi commerciali (Tavola 12): si va dai 289 mq ogni 1000 abitanti della Sardegna ai 116 della Campania, per una media di 210 mq/1000 abitanti. E nel triennio le nuove aperture di punti di vendita hanno riguardato non solo zone con bassa densità, ma anche regioni che già presentavano un offerta di molto superiore alla media del Paese (Tavola 13). Se si confronta l Italia con le altre principali economie Europee si osserva un offerta di spazi inferiore nel nostro Paese (Tavola 14). Si va dai 245/255 mq ogni 1000 abitanti di Spagna, UK e Francia ai 345 della Germania. Se si considera però il giro di affari che i grocery retailers di questi Paesi controllano si osserva come questo sia decisamente superiore, anche fino al +50/60% (Tavola 15). Quindi in realtà le superfici commerciali esistenti in Italia sono, a parità di mercato di riferimento, superiori a quelle di Paesi quali UK e Francia ed inferiori solamente alla Germania. In altri termini il giro di affari al mq dei nostri retailer è, rispetto ad un mercato come quello britannico, inferiore di quasi il 30% (Tavola 16). Questa differenza è dovuta a tre diversi fattori: 4
5 1. Gli italiani consumano di meno; 2. I retailer grocery in UK vendono anche altre merceologie (che i nostri non possono vendere ancora oppure hanno scelto di non vendere; 3. Le performance commerciali dei retailer italiani sono inferiori (i retailer inglesi vendono di più ); Provando a individuare il peso di questi tre effetti (Tavola 17) emerge come la prima variabile spiega 8 dei 29 punti di differenza, la seconda per un 10% circa e la terza per il restante 11%. Emerge quindi come per il sistema Italia una crescita profittevole non deve tanto venire dall aumento delle superfici, che anzi peggiorerebbe ulteriormente i risultati, ma da: la capacità di innovare nelle formule distributive, per: - stimolare nuovi consumi nei settori in cui oggi già operano; - aumentare le quote di mercato ancora in mano al dettaglio tradizionale (in particolare nel non alimentare ). l ingresso in nuovi comparti di mercato oggi appannaggio di altri; Un altro elemento che emerge dall esame del sistema Italia è l enorme frammentazione delle insegne dei distributori presenti sul territorio: ve ne sono oltre 200 e negli ultimi anni il numero (Tavola 18) è rimasto sostanzialmente invariato (anzi è cresciuto leggermente, fino a 206). Di queste moltissime sono di piccolissima dimensione. La frammentazione è notoriamente una costante peculiarità del nostro Paese, in molte Industry. Al contrario di molte altre Industrie però la distribuzione è caratterizzata da una forte correlazione tra forza sul territorio (quota di mercato locale) e redditività. Questo è vero non solo per l Italia ma anche nelle altre principali economie. In altre parole non è la dimensione assoluta (la cosiddetta scala ) che premia, come accade invece per esempio per l Industria di beni di largo consumo, ma la forza sul mercato locale (Tavola 19). Molti dei casi di successo visti in precedenza confermano questa tesi (per esempio Delhaize, Mercadona, Colruyt). Il motivo è semplice: lo sviluppo in una zona circoscritta innesca un circolo virtuoso che porta a superare i concorrenti, anche se questi appartengono ad aziende di dimensione di 10 o addirittura 20 volte superiori. Ora però è evidente che nel momento in cui, come sosteniamo, occorre mettere in discussione pesantemente i propri formati distributivi, sviluppando nuove formule commerciali più aderenti al consumatore, per i piccolissimi, e cioè quelli che hanno insegne che non raggiungono nemmeno i 15/20 punti di vendita (oggi 75 insegne), e magari operano anche in un territorio ad alta intensità competitiva, sarà molto difficile investire in diversificazione (a meno di non aggregare le forze con altri). Oggi in Italia la metà delle insegne presenti (circa 100) non supera il 5% del totale del mercato (Tavola 20). In sintesi, tenuto conto anche delle caratteristiche del sistema Italia, per la GDO emergono tre imperativi fondamentali: 5
6 Sviluppare nuove formule commerciali per intercettare meglio i consumi; Ampliare le merceologie e servizi in portafoglio (crescere nelle adiacenze di business) Razionalizzare l offerta sul territorio. Sono questi i tre temi approfonditi nella parte che segue, cercando di delinearne meglio il profilo (quali formati), i nuovi prodotti/servizi da sviluppare (e come non sbagliare nella loro individuazione) e in che misura intervenire sul territorio. Infine abbiamo cercato di valutarne l impatto atteso (crescite, peso dei diversi modelli, interventi di razionalizzazione). EVOLUZIONE DELLA GDO Nuove formule commerciali Per individuare i modelli di riferimento ci siamo rivolti al consumatore, o meglio allo shopper, per capire in che misura questa polarizzazione dei consumi necessita di risposte distributive più adeguate. Grazie ad una ricerca condotta da Dinamiche per conto di Indicod- ECR sono emersi stimoli molto utili a delineare l identikit dei negozi del prossimo futuro. Da questi sono emersi dei desiderata, che abbiamo provato a catalogare (Tavola 21 e 22). Sul fronte Value, i modelli che potrebbero meglio rispondere alle esigenze sono stati nell insieme individuati in luoghi accoglienti del risparmio e delle grandi occasioni. Nello specifico: 1. Il discount, per le superfici minori, ossia:... il piccolo negozio per la mia scelta di convenienza, simpatico ed accogliente e dove trovo molte delle risposte ai miei bisogni di risparmio, anche di marca e freschi 2. Il super discount, di dimensioni medie, medio piccole, e cioè:.il negozio che mi semplifica la spesa di convenienza, dove risparmio sempre, in un ambiente funzionale, moderno e gradevole, senza a rinunciare a prodotti di giusta qualità e notorietà 3. L Iperdiscount, ossia: il posto dove faccio straordinari ed irripetibili affari, il mio grande outlet dove trovo tutto a prezzi irraggiungibili e talvolta anche cose particolari e diverse dal solito Sull altro versante, quello Premium, i diversi tipi di negozio ideale sono stati individuati nei Luoghi dell esplorazione, della relazione, della qualità e del servizio. In particolare abbiamo individuato: 1. Il convenience, ossia: 6
7 2.... il piccolo punto di vendita con un offerta mirata alle mie esigenze di mobilità/fuori casa, che rende rapida la mia spesa, con molte cose adatte a me, nuove e particolari, che sia disponibile anche a tarda ora 3. Il Superfresco, e cioé:... il negozio vicino a casa che risponde al mio stile di vita, alla mia ricerca di qualità e benessere; un posto bello, vivace e moderno, emotivamente avvolgente che viene incontro alle mie tradizioni con i giusti marchi e prodotti 4. L Iper cittadino, ossia:... il mio grande negozio di riferimento, però a misura d uomo, sempre emozionante e diverso per la varietà e le sorprese che mi propone, un esperienza straordinaria che coinvolge tutti i miei sensi Questi sei modelli, di cui uno, il discount, già di fatto noto e presente (anche se l evoluzione indicata lo fa convergere sempre più verso logiche soft) si vanno ad affiancare ai modelli Mainstream del Super, Superette e Iper/Superstore. E evidente che per questi modelli tradizionali si tratta di continuare a presidiare il mercato cercando sempre più di superare la concorrenza attraverso una rigorosa execution sul punto di vendita per riuscire nell arduo compito di orientare bene lo shopper e rispondere alle sue diverse esigenze con il giusto rapporto qualità/prezzo richiesto sotto lo stesso tetto. Provando a tradurre in operativo questi 9 modelli rispetto al tipico retail mix (ampiezza e profondità assortimentale, competitività di prezzo, intensità promozionale, livello di servizio, fresco e offerta non food), si possono osservare differenze anche marcate (Tavola 23). Una volta trovata il giusto formato all interno delle ventaglio di modelli proposti occorre però personalizzarlo correttamente, non solo rispetto alla concorrenza, per poter trovare la distintività necessaria per fidelizzare il cliente, ma anche nell ambito della propria rete di vendita, perché non tutte le location (e cioé i mercati su cui si opera) sono uguali. In altri termini si può dire che la parola d ordine deve essere localizzazione, e non più standardizzazione. Occorre personalizzare l offerta dei punti di vendita alle esigenze dei mercati locali, non solo introducendo varianti assortimentali e fornitori locali ma anche trovando soluzioni adeguate di pricing, promozionalità, staffing e servizio al cliente (Tavola 24) E da noi, nel Paese per eccellenza dove i localismi e i particolarismi di consumo e di stile di vita sono storicamente più marcati e diversi, addirittura tra province limitrofe, questa filosofia di gestione è fondamentale. Ma non bisogna esagerare nelle personalizzazioni, altrimenti si incorre nell errore di fare di ogni negozio un mondo a parte e i benefici che ne derivano non giustificano i costi incrementali che servono per gestire una così elevata complessità all interno della propria rete di negozi. Bisogna trovare il giusto equilibrio. E per farlo occorre analizzare i modelli di acquisto locali per identificare cluster di location che presentano similitudini per ognuna delle leve di retail (assortimento, prezzi,.). Personalizzando per cluster di location, piuttosto che per singolo negozio, le aziende possono trarre comunque i benefici dalla personalizzazione del proprio modello di business, mantenendo però in larga misura le efficienze date dalla standardizzazione. 7
8 In conclusione la messa a punto di nuovi formati dovrebbe quindi consentire di diversificare maggiormente le insegne tra di loro meglio interpretando al meglio le diverse esigenze del consumatore, incentivando così i consumi e acquisendo quote di mercato maggiori a scapito del dettaglio tradizionale. Crescita nelle adiacenze Come visto in riferimento al Regno Unito, l ingresso in nuovi mercati rappresenta per la GDO del nostro Paese una importante fonte di crescita. Non va dimenticato che negli ultimi anni anche in Italia si è registrata una forte crescita dei consumi alimentari fuori casa, che hanno raggiunto il 32% del totale, pari alla metà di quelli in casa. Oggi questi sono solo in misura molto ridotta appannaggio della GDO e lo sviluppo di formule convenience potrebbe invece aumentarne la penetrazione. Guardando anche ai segmenti del non food già serviti dalla GDO, gli spazi di crescita sono superiori in termini di quote di mercato acquisibili al dettaglio tradizionale (Tavola 25), nella media ancora intorno al 50% del totale. Ma occorre praticare la specializzazione perché oggi a differenza di 10 anni fa non basta più fare i generalisti poiché bisogna fare i conti per l appunto con i retailer specializzati. Anche in questo caso l innovazione nelle formule distributive risulta decisiva per non lasciare a loro tutto il campo libero. Non ultime vanno considerate tutte le altre fette di mercato che sono di recente state oggetto di liberalizzazione (es. farmaci da banco) o che la saranno a breve (telefonia). Infine c è tutto un mondo di servizi, tra cui quelli di risparmio e finanziari (Tavola 26), che hanno dimensioni assolute anche molto elevate (per esempio i soli mutui valgono 155 M.di Euro!) e che in altri paesi vedono protagonisti da tempo anche gli operatori grocery. Se queste strade verranno percorse con maggiore decisione bisognerà però fare attenzione a non sbagliare. Su quasi 300 iniziative di diversificazione di più di 60 retailers in giro per il mondo che hanno ricercato la crescita nelle adiacenze di business nel periodo compreso fra il 1989 e il 2004 solo il 25% di queste iniziative di diversificazione ha contribuito ad una crescita profittevole, mentre da ancora meno (il 15%) ne è scaturito un enorme successo (Tavola 27). Abbiamo individuato tre principi che possono aiutare a capire la chiave del successo: 1. Valutare le diversificazioni solo se se sono vicine al proprio core business ; i tassi di successo aumentano ancor più in quei casi in cui ci sono poche variazioni nell attuale struttura dei costi a supporto, si tratta degli stessi consumatori target/clienti e si sfruttano le stesse competenze chiave; 2. Concentrare gli sforzi dove vi sono grandi profit pools, capendo che in quei mercati ci sono i margini migliori; 3. Stimare accuratamente il tasso di crescita del mercato in cui si vuole entrare, concentrandosi idealmente in quei mercati che sono sprovvisti di un leader dominante. 8
9 Nella metà dei casi di insuccesso in esame, nessun principio di quelli descritti è stato seguito. Raramente le aziende che non hanno seguito questi principi sono comunque riuscite a far bene. Quando almeno uno di questi principi è stato seguito, il tasso di successo è invece salito al 27%; seguirne due aumenta la percentuale al 53% mentre per chi li ha seguiti tutti insieme si è registrato un ulteriore miglioramento. Razionalizzazione dell offerta sul territorio Osservando la diffusione delle insegne e dei punti di vendita sul territorio nazionale rispetto al mercato sottostante e quindi le performance commerciali raggiunte, abbiamo individuato delle aree del Paese dove è più probabile che si genererà nel medio termine un fenomeno di aggregazione (oppure anche di uscita dal mercato) degli operatori vista la sovra-offerta di spazi e le mediocri performance commerciali. Numerose insegne sono in situazione di performance sotto la media con dimensioni molto piccole (Tavola 28). Le regioni invece che presentano maggiori criticità includono il Veneto, il Friuli-Venezia-Giulia, l Umbria e le Marche (Tavola 29). Scendendo a livello di provincia emergono zone più diffuse di criticità (Tavola 30), sia al Nord Italia (es. Brescia, Verona, Pordenone) che al Centro (Perugia, Ascoli Piceno) e al Sud (Cagliari, Cosenza, Lecce). Abbiamo così individuato numerose insegne con una rete di PDV significativamente bassa che usciranno molto probabilmente dal mercato (insegne bassoperformanti che operano in aree critiche) (Tavola 31) a meno di unire le forze con altri creando la dimensione sufficiente per poter trovare le risorse per rinnovare drasticamente le loro formule commerciali. Per quelle più grandi, o che appartengono a gruppi fortemente integrati, sarà più facile superare le criticità, sempre che affrontino il problema con la dovuta determinazione. Impatto atteso Si è infine cercato di stimare l impatto possibile che le tre strade di rilancio 2 di cui abbiamo parlato potrebbero avere sull intero sistema GDO in Italia. In termini di nuovi modelli distributivi, tenendo conto per le diverse insegne e relativi punti di vendita presenti nel panorama nazionale alcune delle loro peculiarità di base attuali 3 rispetto a quelle che più si adattano ai nove modelli di formato individuati in precedenza, la fotografia ne scaturisce (Tavola 32) evidenzia come la quota di formati premium potrebbe raggiungere fino al 16% del totale, quelli value al 28%, comportando una riduzione del mainstream che si attesterebbe a circa il 56%. Scenario che interessa tutti i canali (Tavola 33) e tutte le geografie (Tavola 34), in misura anche differente. 2 Sviluppare nuovi formati, crescere nelle adiacenze di business e razionalizzare l offerta sul territorio. 3 Dimensione dei punti di vendita sul territorio, la loro localizzazione rispetto ai bacini di utenza, le caratteristiche dei bacini stessi e considerando alcune delle variabili chiave dei punti vendita stessi (es. livello di servizio, parcheggio) 9
10 Ogni distributore si trova di fronte però alla sua situazione di partenza, diversa dagli altri concorrenti per caratteristiche della rete, competenze distintive, forza del posizionamento prescelto, canali e territori presidiati. Di conseguenza per ognuno andrà fatto un ragionamento specifico che può portare a situazioni di arrivo in termini di peso dei nuovi formati anche molto diverse (Tavola 35). Evidentemente per i più saranno d obbligo delle chiare scelte di campo, non potendo sviluppare molti formati qualora non siano sostenuti da una numerica di punti vendita sufficienti per giustificare gli sforzi di rinnovamento (a meno che non si voglia dotarsi di un nuovo modello per aumentare le possibilità di sviluppo della rete). La razionalizzazione sul territorio dovrebbe poi condurre ad una forte razionalizzazione del numero di insegne (da oltre 200 a circa 155) (Tavola 36) con una riduzione di spazi stimabile nell ordine di almeno il 6/7% sul totale. Di converso secondo le previsioni, nel periodo le aperture di nuovi punti vendita continueranno, crescendo di un altro 15% rispetto al 2005 (Tavola 39). Questo evidentemente, qualora venissero confermate anche le proiezioni di crescita dei consumi, che i maggiori istituti di statistica danno di 2/3 punti percentuali all anno, comporterebbe un ulteriore contrazione delle vendite al mq (a valori reali), sebbene non così marcata come nell ultimo triennio (Tavola 38). Solo grazie al rinnovamento dei formati, la spinta allo sviluppo delle adiacenze e la razionalizzazione sul territorio è possibile controbilanciare questa deriva negativa, riportando gli indicatori verso i valori dei primi anni 2000 (Tavola 39). Ma questo scenario è realizzabile? VINCOLI E FATTORI CHIAVE DI SUCCESSO Le proiezioni di scenario proposte in questo studio vanno prese in quanto tali. Le assunzioni alla base invece poggiano il loro fondamento su quanto vuole il consumatore e sulle esperienze di successo esistenti. Certo, il percorso non è per nulla semplice ma non per questo non può essere (almeno in parte) realizzato. Possono esistere alcuni vincoli forti che ne ostacolano il possibile sviluppo. Tra questi quelli che intravediamo i principali sono: Visione (e budget) a breve termine Crescita a tutti i costi, anche non profittevole Dimensione di insegna/azienda troppo piccola Limitata propensione al rischio Personalizzazione troppo spinta delle soluzioni commerciali (troppe differenze di difficile governo e a costi elevatissimi) Test non convinti sui nuovi modelli distributivi Guardare poco al consumatore e più al margine (%) 10
11 Mancanza di unitarietà di intenti delle risorse chiave dell azienda Limitata pianificazione ed parziale esecuzione delle cose da fare Di converso se si guarda a chi ci è già riuscito, soprattutto all estero (ma alcuni lo stanno facendo anche in Italia), a percorrere con successo la strada descritta, ne scaturisce la seguente lezione da imparare : Visione di lungo periodo Focus sul consumatore Capacità di localizzare con il giusto equilibrio tra costi e benefici incrementali Unità di intenti e di visione all interno dell azienda Pochi lacci e laccioli burocratici Capacità di effettuare scelte coraggiose make or buy nei diversi reparti Mettersi sempre in discussione Utilizzo di logiche manageriali, sistemi e tecnologie evolute IL CONTRIBUTO DELL INDUSTRIA DI MARCA L Industria che ha saputo puntare sull innovazione e sullo sviluppo di brand forti e riconosciuti dal consumatore ha saputo contribuire molto al rispondere alle esigenze del consumatore, soprattutto sul fronte Premium. Costruendo forti relazioni con il Trade, per esempio nella ricerca di nuove soluzioni nel mondo del fresco. Così come, sul versante del value (ma non solo), saper adeguare i formati, specializzare i brand e supportare anche la crescita della marca commerciale sono stati assi di sviluppo congiunto significativi. Fattori abilitanti che hanno contribuito concretamente a supportare il lavoro congiunto con i retailer sono spesso stati: La capacità di sviluppare programmi di category management e crm congiunto; L adeguamento della Supply Chain; L adeguamento dei formati, del packaging e della sua leggibilità; Politiche di canale molto flessibili ed adeguate per facilitare l attuazione di politiche commerciali dei retailer che siano diverse tra di loro Cavalcare insieme i nuovi trend (es. benessere, qualità della vita) E fuori di dubbio che il nuovo modello negoziale, così come altre soluzioni sviluppate negli anni scorsi da Indicod-ECR, rappresentino dei fondamentali ed indispensabili fattori abilitanti a mettere in moto il percorso descritto, riuscendo così ad intercettare fino pienamente le nuove esigenze dei consumatori. 11
12 Andrea Petronio 12
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