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1 ALLEGATO B VALUTAZIONE AIENTALE STRATEGICA DEL PROGRAMMA D AZIONE REGIONALE PER LA TUTELA E RISANAMENTO DELLE ACQUE DALL INQUINAMENTO CAUSATO DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA, PER LE AZIENDE LOCALIZZATE IN ZONA VULNERABILE PROCEDURA VAS RAPPORTO AIENTALE Aprile

2 Il documento è stato predisposto con i contributi specifici di: (1) ERSAF Ente Regionale per i Servizi all Agricoltura e alle Foreste (2) Regione Lombardia Direzione Generale Agricoltura (3) G.R.A.I.A Srl (Gestione e Ricerca Ambientale Ittica Acque) A cura di: Stefano Brenna (1), Claudio Dipietro (1), Vitaliano Peri (2), Marisa Alice Meda (2), Veronica Agostoni (2), Massimo Sartorelli (3), Alessia Manicone (3), Chiara Luviè (3). Si ringrazia ARPA Lombardia per le informazioni ed elaborazioni fornite, utili alla stesura del quadro conoscitivo inerente le tematiche: acque superficiali e sotterranee, carico di origine civile e industriale, aria fanghi, demografia. 2

3 Sommario 1 PREMESSA QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO NORMATIVA DI RIFERIMENTO PER IL PROGRAMMA D AZIONE Normativa comunitaria Normativa nazionale Normativa regionale NORMATIVA DI RIFERIMENTO PER LA VAS LA VALUTAZIONE AIENTALE STRATEGICA DEL PROGRAMMA D AZIONE NITRATI IL PERCORSO PROCEDURALE SEGUITO DALLA REGIONE LOARDIA NELLA VAS DEL PROGRAMMA D AZIONE LE OSSERVAZIONI PERVENUTE IN SEGUITO ALLA PRIMA CONFERENZA DI VALUTAZIONE IL PROGRAMMA D AZIONE DELLA REGIONE LOARDIA OBIETTIVI DEL PROGRAMMA D AZIONE AZIONI DEL PROGRAMMA D AZIONE Criteri e norme tecniche per l utilizzazione agronomica degli e.a Lo stoccaggio degli effluenti di allevamento (e.a.) Gestione ed utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento Gestione ed utilizzazione agronomica degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento Criteri e alle norme tecniche per il procedimento autorizzativo e per il controllo da parte dell autorità competente COMPATIBILITÀ DEL PROGRAMMA D AZIONE CON LA PIANIFICAZIONE E LA PROGRAMMAZIONE VIGENTE IL PIANO STRATEGICO NAZIONALE NITRATI (PSNN) IL D.M. DEL 7 APRILE PIANO TERRITORIALE REGIONALE E PIANO PAESISTICO DELLA REGIONE LOARDIA PIANO DI SVILUPPO RURALE DELLA REGIONE LOARDIA PIANO D ASSETTO IDROGEOLOGICO PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DEL FIUME PO PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE DELLA REGIONE LOARDIA PIANO D AZIONE PER L ENERGIA PIANO REGIONALE PER IL RISANAMENTO DELLA QUALITÀ DELL ARIA PIANO REGIONALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI PIANI DELLE AREE PROTETTE PIANI DI GESTIONE DEI SIC E DELLE ZPS LA MATRICE DELLA COERENZA ESTERNA QUADRO AIENTALE

4 6.1 CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA CARATTERIZZAZIONE PEDOLOGICA USO DEL SUOLO La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) in Regione Lombardia Distribuzione delle principali colture in Regione Lombardia DEMOGRAFIA STATO DI QUALITÀ DELLE ACQUE Acque sotterranee Acque superficiali Nitrati Fosforo IL CARICO DI AZOTO DI ORIGINE CIVILE E INDUSTRIALE Stima dei carichi organici da fonte civile Stima dei carichi organici da fonte industriale Stima del carico potenzialmente non depurato L AZOTO NEL COMPARTO AGRO-ZOOTECNICO Il patrimonio zootecnico Suini Bovini Avicoli Il carico di azoto di origine agro-zootecnica Fabbisogno potenziale di N delle colture Il carico di azoto di origine minerale (fertilizzanti minerali) Apporti azotati da altre fonti (fanghi) Il carico di azoto gestito dalla Procedura di Gestione Nitrati (PGN) Emissioni in atmosfera connesse al comparto zootecnico La valorizzazione energetica degli effluenti di allevamento NATURA E BIODIVERSITÀ Vegetazione La Rete Ecologica Regionale Il sistema delle Aree protette e Rete Natura PAESAGGIO Fascia collinare Fascia alta pianura Fascia bassa pianura

5 7 SCENARIO DI RIFERIMENTO CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE DEL SUOLO USO DEL SUOLO, URBANIZZAZIONE E DEMOGRAFIA STATO DI QUALITÀ DELLE ACQUE L ATTIVITÀ AGRICOLA NATURA E BIODIVERSITÀ PAESAGGIO ANALISI DI COMPATIBILITÀ AIENTALE DEL PROGRAMMA D AZIONE LA COERENZA DEL PROGRAMMA D AZIONE CON GLI OBIETTIVI DI PROTEZIONE AIENTALE STIMA DEGLI EFFETTI SUI SISTEMI E COMPARTI AIENTALI Acqua Aria Suolo Biodiversità, fauna e flora Salute umana Paesaggio SCENARI DEL PDA Evoluzione probabile dell ambiente con l attuazione delle modifiche al Programma d Azione e l approvazione della deroga L iter di valutazione della richiesta I requisiti agronomici per l accesso alla deroga Valutazione degli effetti attesi sull ambiente MISURE DI MITIGAZIONE MISURE DI MITIGAZIONE INTRINSECHE AL PDA MISURE DI MITIGAZIONE INTEGRATIVE MISURE DI MITIGAZIONE NELLO SCENARIO DI DEROGA IL SISTEMA DI MONITORAGGIO MONITORAGGIO DELLE ACQUE SUPERFICIALI MONITORAGGIO DELLE ACQUE SOTTERRANEE MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DEI SUOLI Il sistema di monitoraggio dei terreni proposto Rete di siti sperimentali e permanenti di monitoraggio a lungo termine: rete ARMOSA Monitoraggio diffuso in punti distribuiti sull intero territorio regionale Obblighi di monitoraggio in capo alle aziende agricole (in caso di deroga) INDICATORI SELEZIONATI PER IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEL PDA LA COERENZA INTERNA DEL PROGRAMMA D AZIONE

6 12 CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA Allegati Allegato 1 Elenco dei comuni ricadenti, interamente o parzialmente, nella Zona Vulnerabile ai Nitrati in Regione Lombardia Allegato 2 Elenco dei SIC e ZPS ricadenti, interamente o parzialmente, nella Zona Vulnerabile ai Nitrati in Regione Lombardia 6

7 1 Premessa La qualità delle acque è condizionata anche dalla conduzione sul territorio di attività agricole qualora le stesse non rispettino le buone pratiche agronomiche, sia per l arricchimento in sostanze nutritive, in particolare azoto e fosforo che possono favorire fenomeni di eutrofizzazione, sia per quanto riguarda l eventuale presenza di composti pericolosi per la salute umana. La preoccupazione verso gli elevati input di fertilizzanti, in particolare azotati, nel sistema agricolo che si traducono in un maggior rischio di rilascio verso l ambiente, cresce nelle zone a zootecnia intensiva dove può sommarsi all uso dei fertilizzanti minerali azotati l alta disponibilità di effluenti di allevamento (di seguito indicati e.a.). Infatti l uso degli e.a. da un lato consente di aumentare la fertilità dei suoli, incrementando il contenuto di sostanza organica e microelementi, ma dall altro può incrementare i rilasci di azoto verso le acque se le quantità utilizzate risultano superiori alla capacità di assorbimento delle colture. La Direttiva Nitrati (91/676/CEE), recepita a livello nazionale dal D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006 e dal D.M. del 7 aprile 2006, affronta il problema dei rilasci di azoto nell ambiente. La Regione Lombardia ha adottato provvedimenti per l attuazione della Direttiva Nitrati sin dai primi anni Novanta, a partire dalla L.R. n. 37 del 15 dicembre Negli anni seguenti è stato effettuato l adeguamento alla normativa vigente con l individuazione ai sensi della direttiva stessa delle Zone Vulnerabili ai Nitrati e l approvazione del Programma di Azione (PdA) regionale per la tutela e il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile. Il processo di adeguamento normativo, avviato con l adozione del PTUA (D.G.R. VIII/2244 del 2006) ha visto poi la designazione delle Zone Vulnerabili attualmente vigenti con D.G.R. VIII/3297 del 2006 e l approvazione del Programma d Azione corrente con D.G.R. VIII/5868 del 2007 e s.m.i. La Giunta Regionale ha approvato la procedura di aggiornamento e di Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione Nitrati (D.G.R. IX/0420 del 2010) per le Zone Vulnerabili, in seguito alla necessità di revisione del medesimo in relazione alle modifiche richieste dalla UE nell ambito dell istanza di deroga alla Commissione al massimo apporto di azoto e per l adeguamento alle innovazioni tecniche gestionali e degli obiettivi strategici di sviluppo dell agricoltura lombarda, nonché per aumentare l armonizzazione con i PdA delle regioni padane limitrofe. In seguito, con il Decreto del 21 dicembre 2010, sono stati individuati i soggetti competenti in materia ambientale e gli enti territorialmente interessati, chiamati a partecipare alla prima Conferenza di valutazione ambientale VAS del Programma d Azione Nitrati tenutasi l 11 gennaio Il presente documento costituisce il Rapporto Ambientale che, nell ambito della procedura di VAS, ha il compito di individuare, descrivere e valutare gli effetti significativi che l attuazione del PdA potrebbe avere sull ambiente caratterizzante il territorio interessato. Esso, coerentemente con quanto previsto dalla normativa di riferimento (Deliberazione del Consiglio Regionale n.8/351 del 13 marzo 2007 e s.m.i, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i e Direttiva 2001/42/CE), comprende: l illustrazione dei contenuti e degli obiettivi principali del PdA; 7

8 l analisi del rapporto tra il PdA in esame ed altri piani e programmi pertinenti vigenti sul territorio; la caratterizzazione dello stato dell ambiente nel territorio d interesse, in cui si evidenzia la presenza di elementi o fattori di criticità e vulnerabilità, elementi di valore e di pregio; la valutazione della coerenza tra gli obiettivi del PdA e gli obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario, nazionale e regionale; la stima dei possibili effetti generati dal PdA sull ambiente, da parte di obiettivi, strategie ed azioni previste dal PdA; la descrizione delle ragioni della scelta delle alternative individuate; l individuazione delle misure previste per impedire, ridurre e/o compensare gli eventuali effetti negativi stimati dall attuazione del PdA; la descrizione delle misure di monitoraggio previste al fine di verificare gli effetti ed i cambiamenti indotti nel tempo dall attuazione del PdA. Per garantire una partecipazione allargata del pubblico, il Rapporto Ambientale è accompagnato da una Sintesi non Tecnica, scritta appunto in un linguaggio non tecnico, secondo quanto disposto dalla normativa di riferimento per la VAS; ai sensi delle Direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE è stato redatto lo Studio di Incidenza del PdA sulle aree delle Rete Ecologica 2000 presenti nelle Zone Vulnerabili interessate dal PdA, al quale si rimanda per gli approfondimenti valutativi inerenti i Siti di Importanza Comunitaria e le Zone di Protezione Speciale. 8

9 2 Quadro di riferimento normativo 2.1 Normativa di riferimento per il Programma d Azione In questo paragrafo verrà fatto riferimento al quadro normativo relativo al background della problematica nitrati, a partire dalla legislazione di livello comunitario, fino a scendere al livello regionale Normativa comunitaria La Direttiva 91/676/CEE meglio nota come Direttiva Nitrati, adottata dalla Comunità Economica Europea il 12 dicembre 1991, rappresenta il principale riferimento normativo a protezione delle acque minacciate dallo sfruttamento del suolo agricolo e potenziale accumulo di nitrati. È stata recepita a livello nazionale con il Decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, successivamente abrogato dal Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante Norme in materia ambientale. La Direttiva, emanata al fine di prevenire l inquinamento delle acque da nitrati di provenienza agricola, ha introdotto due importanti novità: la designazione di Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola (ZVN) se la concentrazione di nitrati superi, o possa superare in presenza di condizioni di vulnerabilità, i 50 mg/l nelle acque dolci superficiali o sotterranee o si manifestino condizioni di eutrofizzazione delle acque; la regolamentazione dell utilizzazione agronomica degli e.a., nonché dei fertilizzanti con la predisposizione ed applicazione di specifici Programmi d azione, che stabiliscono le modalità con cui possono essere effettuate le utilizzazioni agronomiche. Nelle zone designate come vulnerabili il quantitativo di azoto al campo di origine zootecnica da distribuire sul terreno non deve superare i 170 kg/ha/anno, ed in queste aree è prevista l adozione obbligatoria dei Programmi d Azione facendo riferimento a quanto indicato nel Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA DM 19/4/1999). Ai sensi dell articolo 4 della Direttiva 91/676/CEE gli Stati membri dovevano provvedere, entro due anni dalla notifica della Direttiva, a fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili dagli agricoltori il quale includa disposizioni riguardanti: i periodi in cui l applicazione al terreno dei fertilizzanti azotati non è opportuna; il divieto d utilizzo dei fertilizzanti su terreno saturo di acqua, inondato, gelato o innevato; le condizioni per applicare il fertilizzante al terreno adiacente ai corsi d acqua; la capacità e la costruzione degli stoccaggi per e.a., incluse le misure destinate a prevenire l inquinamento idrico causato da scorrimento e/o infiltrazione nelle acque sotterranee e superficiali di acque contenenti e.a. ed effluenti provenienti da materiale vegetale come foraggi insilati; le procedure di applicazione al terreno comprese percentuali e uniformità di applicazione sia di fertilizzanti chimici che di e.a. in modo da mantenere le dispersioni nutrienti nell acqua ad un livello accettabile. Nell aprile del 1999 viene approvato il Codice di Buona Pratica Agricola sulla gestione dei concimi organici e minerali e ammendanti contenenti azoto Normativa nazionale In Italia la Direttiva nitrati viene recepita con il Decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, successivamente abrogato dal Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale. In particolare l art. 44 prevede la formulazione del piano di tutela delle acque (PTuA), inteso come piano stralcio di settore del piano di bacino con interventi e misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico. 9

10 Ai sensi dell art. 112 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è stato emanato il Decreto 7 Aprile 2006 recante: Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli e.a., di cui all articolo 38 del Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, che disciplina l intero ciclo dell utilizzazione agronomica degli e.a. (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e maturazione, trasporto e spandimento) nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, designate ai sensi dell articolo 92 del D.Lgs. 152/2006. Il Decreto in questione, inoltre, disciplina l intero ciclo di utilizzazione agronomica anche nelle zone non designate come vulnerabili (zone non vulnerabili) ai fini di una preventiva tutela ambientale. Il Decreto disciplina altresì la gestione dei fertilizzanti nel loro complesso (e.a. e altri fertilizzanti azotati) nelle zone vulnerabili. In particolare, per quanto attiene le zone non vulnerabili, va evidenziato come alcune disposizioni prevedano specifici divieti spaziali e temporali per l utilizzazione dei letami e dei liquami, minimi volumi di stoccaggio degli e.a., norme tecniche per la costruzione delle strutture di stoccaggio per i materiali palabili e non palabili, modalità di utilizzazione agronomica degli stessi e.a. e relative dosi di applicazione in funzione delle esigenze colturali. Per quanto riguarda invece le zone vulnerabili, oltre a contenere gli obblighi già individuati a livello comunitario ai fini della protezione ed al risanamento di dette zone (tutte le misure previste dagli Allegati II e III della Direttiva nitrati), quali la limitazione d uso dei fertilizzanti azotati, i divieti spaziali e temporali, il dimensionamento e la realizzazione delle strutture per lo stoccaggio degli effluenti, gli strumenti di controllo volti ad una fertilizzazione equilibrata, il DM prevede ulteriori misure rigorose da applicare proprio in contesti territoriali caratterizzati da surplus di azoto; in tal senso tra le misure viene indicato il ricorso a strategie di gestione integrata degli effluenti (digestione anaerobica, produzione di energia da biogas). In tale articolato e complesso quadro normativo si sono inserite, in tempi diversi, le delibere regionali di designazione delle ZVN e di approvazione dei relativi Programmi d Azione. Questi ultimi riportano misure e prescrizioni (conformi al DM 7 aprile 2006), contestualizzati alla propria realtà locale, da adottare per ridurre l inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola e per prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo. Tale normativa è inserita anche all interno delle norme di attuazione del regime di condizionalità, che prevede riduzioni ed esclusioni dei pagamenti per gli agricoltori che non rispettano le disposizioni stabilite dai provvedimenti. All interno del quadro normativo nazionale deve essere considerato anche il Piano Strategico Nazionale Nitrati, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni in data 29 aprile. Il documento rappresenta un contributo conoscitivo sull impatto della Direttiva Nitrati, in primis sulle aziende agrarie ed identifica possibili soluzioni migliorative del contesto normativo di riferimento. Gli obiettivi del Piano sono finalizzati a fornire agli enti locali e territoriali e alle aziende un ampio orizzonte nel quale collocare le scelte gestionali ed istituzionali tese a favorire la sostenibilità ambientale delle produzioni agro-zootecniche. Tal documento intende inoltre concorrere ad allargare l orizzonte oltre la Direttiva Nitrati contribuendo alla più ampia strategia di riduzione delle emissioni di gas serra e di sostanze inquinanti ad effetto acidificante ed eutrofizzante. 10

11 2.1.3 Normativa regionale La Regione Lombardia si è distinta fra le regioni che sin dai primi anni novanta hanno adottato provvedimenti per l attuazione della Direttiva nitrati. Con la Legge Regionale n. 37 del 15 dicembre 1993 Norme per il trattamento, la maturazione e l utilizzo degli e.a. sono state di fatto recepite la Direttiva Nitrati e la Legge 319/76 meglio conosciuta come Legge Merli. Con D.G.R. V/62320 del 30 dicembre 1994 viene approvato il Regolamento attuativo della LR 37/93. Negli anni successivi vengono approvate diverse modifiche e integrazioni a questo regolamento. Con D.G.R. VI/17149 del 1 agosto 1996 vengono stabiliti tempi, modi e parametri per la redazione dei Piani di Utilizzazione Agronomica degli e.a. (PUA) che costituisce il primo Programma d Azione regionale. Sempre nel 1996 la Direttiva dell Autorità di Bacino del Fiume Po per il contenimento dell inquinamento provocato dagli allevamenti zootecnici n. 12/96 definisce in particolare: a) i carichi massimi di N ammissibili; b) le caratteristiche degli stoccaggi e i tempi minimi di maturazione (120 e 180 gg.); c) i divieti di spandimento dei liquami e limitazioni previste. Con D.G.R. VI/34964 del 6 marzo 1998 la Regione Lombardia rende coerente la norma regionale con le indicazioni della direttiva 12/96 dell Autorità di Bacino del Fiume Po. Il Programma di tutela e uso delle acque, ai sensi dell art. 44 del D.Lgs. 152/99 viene approvato con D.G.R. VIII/1083 del 16 novembre 2005 e contiene anche allegati tecnici relativi alla definizione delle aree sensibili e vulnerabili ai nitrati. Tali zone vengono ridefinite ed ampliate con successivi provvedimenti. (D.G.R. VIII/ /3/2006 e D.G.R. VIII/ /10/2006). Attualmente circa il 60% della superficie lombarda di pianura è designato vulnerabile. Il Programma d Azione regionale della Regione Lombardia per la tutela e il risanamento delle acque viene adeguato con la D.G.R. VIII/3439 del 7 novembre 2006 che recepisce il D.lgs. 152/06 e il DM del 7 aprile 2006, introducendo il Programma Operativo Aziendale completo o semplificato (POA/POAs) comprensivo di Piani di Utilizzazione Agronomica dei Fertilizzanti completi o semplificati (PUA/PUAs). La D.G.R. VIII/5868 del 21 novembre 2007 ha reso il Programma d Azione regionale coerente con l impianto normativo europeo e nazionale (DM 7 aprile 2006). Con D.G.R. VIII/3908 del 27 dicembre 2006, seguita dalla D.G.R. VIII/7950 del 6 agosto 2008, è stato approvato il Programma pilota d azione regionale di investimento per produzioni agro-energetiche in zone vulnerabili e non vulnerabili, normativa che favorisce e incentiva l introduzione di impianti di produzioni energetiche abbinati ad impianti di abbattimento dell azoto contribuendo quindi alla gestione della problematica nitrati. Tale Piano Straordinario di interventi urgenti va ad attivare linee di finanziamento regionali, statali e comunitarie per un fabbisogno stimato in circa a 150 milioni di euro. In particolare il Piano è destinato a finanziare gli investimenti strutturali ed impiantistici ossia l insieme delle opere e impianti, anche di tipo semplificato, per la realizzazione e/o l adeguamento delle strutture di stoccaggio e/o altre opere accessorie, compreso la realizzazione di strutture di produzione e utilizzazione di energia e degli impianti integrativi per la riduzione dell azoto (67 milioni di euro nel periodo ). Altre risorse provengono dal Programma di Sviluppo Rurale nel quale sono comprese due Misure, 121 e 311B, che finanziano, tra gli altri, investimenti per la produzione di energia a partire da biomasse agricole tra cui gli e.a.. 11

12 Nella misura 121 l energia prodotta deve essere prevalentemente destinata all autoconsumo, nella misura 311B l energia prodotta deve essere prevalentemente destinata alla vendita. Le disposizioni attuative di tali Misure sono state aggiornate con decreto della DG Agricoltura del 9/10/2009 (pubblicato sul BURL n. 42, 3 S.S. del 22/10/2009). 2.2 Normativa di riferimento per la VAS Le recenti norme in materia ambientale, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un elevato livello di protezione dell ambiente, prevedono che nell ambito dei procedimenti di elaborazione ed approvazione dei piani e programmi si provveda alla stima e alla valutazione degli effetti ambientali derivanti dalla loro attuazione. In particolare la Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull ambiente e successivi atti attuativi, indica quale strumento che permette di operare una protezione preventiva dell ambiente e si integra nel processo decisionale che porta alla definizione della pianificazione del territorio, la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). La direttiva prevede che la VAS trovi espressione nel Rapporto ambientale, che costituisce parte integrante degli atti di pianificazione. In tale elaborato, oltre ad essere indicate le modalità di integrazione delle tematiche e problematiche ambientali nel Piano e le alternative pianificatorie considerate, si individuano, si descrivono e si valutano gli effetti significativi che l attuazione del piano potrebbe avere sull ambiente alla luce degli obiettivi prefissati. Oltre al valore precauzionale che assume il processo di VAS, esso è caratterizzato da due aspetti innovativi e di fondamentale importanza: ossia il coinvolgimento nel processo decisionale e valutativo delle autorità ambientali e del pubblico, ossia cittadini, associazioni, organizzazioni o gruppi presenti sul territorio, accompagnato dalla produzione di documenti informativi sugli impatti e gli effetti stimati e sulle soluzioni pianificatorie adottate, e la definizione di un sistema di monitoraggio da implementare in seguito all attuazione del piano, al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati e accertare le reali conseguenze generate dalle decisioni e dalle azioni previste. La normativa che disciplina la procedura di Valutazione Ambientale applicata a piani e programmi che possono generare effetti sull ambiente è il risultato di un lungo processo scientifico, culturale e istituzionale che ha posto l attenzione sulla problematica di adottare tra i criteri decisionali anche un analisi delle opzioni di sviluppo considerando le conseguenze ambientali delle stesse. I presupposti teorici che sono stati assunti come fondamento delle linee di principio della VAS sono da ricercare in atti e dichiarazioni di carattere internazionale emanati negli ultimi decenni: 1987, rapporto Brundtland che introduce e definisce il concetto di sviluppo sostenibile; 1992, conferenza di Rio de Janeiro, in cui il principio di sviluppo sostenibile viene ripreso e ampliato e viene formalizzato il documento Agenda XXI ; 1992, direttiva 92/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica; 1996, proposta di direttiva sulla VAS della Commissione (COM (96) 511 e la successiva COM (99) 73) che introduce l idea di integrazione delle considerazioni ambientali in tutti i processi di pianificazione, settoriali o regionali che comportino impatti sull utilizzazione del territorio; 1998, convenzione di Aarhus sull accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l accesso alla giustizia in materia ambientale ; 12

13 2001, Sesto Programma d Azione per l ambiente della Comunità Europea Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta. 2003, direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale che abroga la direttiva 90/313/CE del Consiglio; 2003, direttiva 2003/35/CE che prevede la partecipazione del pubblico nell elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all accesso alla giustizia. Sulla base dei principi di tutela ambientale, sviluppo sostenibile e partecipazione del pubblico alle decisioni pianificatorie, è stata emanata la Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, la quale si pone l obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell ambiente e di contribuire all integrazione di considerazioni ambientali all atto dell elaborazione e dell adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Nel caso di piani e programmi da sottoporre a valutazione ambientale tale normativa prevede che venga redatto, congiuntamente alla stesura dei P/P, un Rapporto ambientale in cui si individuano e si valutano gli effetti dell attuazione del piano o del programma sull ambiente. Si stabilisce inoltre che la proposta di piano o programma e il rapporto ambientale siano sottoposti al parere delle autorità competenti e del pubblico e che si preveda il monitoraggio degli effetti ambientali dell attuazione di piani e programmi. In tal modo si garantisce che gli effetti ambientali derivanti dall attuazione di determinati piani e programmi siano presi in considerazione e valutati durante la loro elaborazione e prima della loro stessa adozione. La Direttiva 2001/42/CE è stata recepita dall Italia con l emanazione del D.Lgs. n. 152/2006 Norme in materia ambientale e successive modifiche e integrazioni (D.Lgs. n. 284/2006; D.Lgs. n. 4/2008; D.Lgs. n. 128/2010), il quale definisce i principi inerenti le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, Valutazione Ambientale Strategica, Valutazione d Incidenza e Autorizzazione Integrata Ambientale (Parte Seconda). La Regione Lombardia con la L.R. 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio, anticipando il decreto nazionale, prevede che, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un elevato livello di protezione dell ambiente, si provveda alla valutazione ambientale degli effetti sull ambiente derivati dall attuazione di piani e programmi di gestione del territorio. Con la successiva Deliberazione di Consiglio Regionale del 13 marzo 2007, n. VIII/351 Indirizzi generali per la valutazione ambientale dei piani e programmi, sono state definite le fasi metodologiche e procedurali inerenti la Valutazione Ambientale Strategica, successivamente riprese e meglio specificate nella D.G. R. del 27 dicembre 2007, n. VIII/6420 Determinazione della procedura per la Valutazione Ambientale di Piani e Programmi - VAS, in particolare l allegato 1 costituisce il Modello metodologico procedurale e organizzativo della valutazione ambientale di piani e programmi ( Modello generale), mentre l allegato 2 fornisce, nel caso siano presenti Siti di Interesse Comunitario, le indicazioni necessarie al raccordo e coordinamento tra le diverse procedure. La D.G.R. del 30 dicembre 2009 n. VIII/10971 disciplina la determinazione della procedura di Valutazione ambientale di piani e programmi (VAS), con i recepimento delle disposizioni di cui al D.Lgs. 16 gennaio 2008, n.4. Con la successiva D.G.R. 10 novembre 2010 n. IX/761 sono infine recepite le disposizioni di cui al D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 con modifiche ed integrazioni delle precedenti Deliberazioni di Giunta Regionale. 13

14 Per quanto concerne il Programma d Azione Regionale per la tutela e il risanamento dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in Zona Vulnerabile, oggetto di interesse del presente rapporto, con D.G.R. del 5 agosto 2010, n. IX/0420 è stata avviata la procedura di aggiornamento e di Valutazione Ambientale Strategica. 14

15 3 La Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione Nitrati 3.1 Il percorso procedurale seguito dalla Regione Lombardia nella VAS del Programma d Azione La VAS costituisce lo strumento di supporto al processo decisionale che porta alla definizione del Programma d Azione. La normativa regionale di riferimento descrive le tappe procedurali che conducano alla stesura del Rapporto Ambientale correlato al piano/programma, nello specifico rappresentato dal Programma d Azione e, prevedendo che i processi di redazione del Programma e di valutazione dello stesso procedano in modo sincrono e integrato, garantisce che tutte le decisioni siano prese senza trascurare l aspetto ambientale delle stesse, senza tralasciare il coinvolgimento del pubblico e delle Autorità competenti in materia ambientale. Di seguito si riporta lo schema metodologico generale, che compare nell allegato 1 alla D.G.R. del 30 dicembre 2009, applicato nello specifico al Programma di Azione. Deve essere sottolineato che in presenza di SIC/ZPS e, quindi, di aree della Rete Natura 2000, si procede alla Valutazione di Incidenza di pari passo alla procedura di VAS, in un processo integrato VAS-VIC- Programma d Azione. Nel percorso VAS relativo al Programma d Azione Nitrati (D.G.R. IX/0420 del 5 agosto 2010) è stata nominata come Autorità competente la DG Territorio e Urbanistica d intesa con la DG Ambiente, Energia e Reti e come Autorità procedente la DG Agricoltura. FASI DI PREPARAZIONE ED ORIENTAMENTO Nell ambito delle fasi iniziali della procedura di elaborazione del PdA e della VAS sono stati predisposti gli avvisi informativi rivolti ai portatori in interesse presenti sul territorio. Con la Deliberazione n. IX/ della seduta del 05 agosto 2010 è stato avviato il procedimento di approvazione del Programma d Azione Regionale per la tutela e risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile. È stato altresì avviata la procedura di aggiornamento e Valutazione Ambientale VAS del PdA; è stato approvato l allegato B Modello metodologico procedurale e organizzativo della valutazione ambientale di piani e programmi (VAS) Modello Generale; è stata inoltre identificata la DG Agricoltura della Regione come Autorità Procedente e la DG Territorio e Urbanistica, d intesa con la DG Ambiente, Energia e Reti della Regione come Autorità competente in materia di VAS. È stata data richiesta di pubblicare l avviso di avvio del procedimento sul sito web SIVAS. Infine con il Decreto n del 21 dicembre 2010 sono stati individuati i soggetti competenti in materia ambientale e gli enti territorialmente interessati chiamati a partecipare alla conferenza di valutazione ambientale del PdA, definendo contestualmente le modalità di informazione e comunicazione. Sono stati individuati i Siti della Rete Natura 2000 interessati dal PdA. 15

16 PRIMA CONFERENZA DI VALUTAZIONE (11 GENNAIO 2011) Alla conclusione della fase di orientamento, come previsto dalla normativa vigente, si è provveduto nell organizzazione della prima conferenza di valutazione al fine di instaurare il primo contatto comunicativo propedeutico alle fasi successive, con gli attori presenti sul territorio e competenti in materia ambientale e avente come oggetto di discussione gli orientamenti strategici del PdA e i valori, le pressioni e le criticità ambientali nonché lo schema operativo delineato per la valutazione ambientale. Durante la prima conferenza di valutazione (11 gennaio 2011) è stato inoltre presentato il Documento di scoping. FASE DI ELABORAZIONE E REDAZIONE Nel corso della fase di elaborazione e redazione si è provveduto alla stesura dei documenti inerenti la procedura di valutazione, partendo dall approfondimento delle conoscenze dello stato attuale che contraddistingue l ambiente in corrispondenza del territorio interessato dal PdA e al mantenimento di un costante flusso di informazioni tra gli attori coinvolti nello sviluppo del PdA e della valutazione ambientale. In questa fase sono stati costruiti gli scenari di riferimento del PdA, è stato proposto il PdA aggiornato e alla luce dell esito della prima conferenza di valutazione è stato redatto il presente Rapporto Ambientale, effettuando un analisi della coerenza esterna con il quadro programmatico vigente; sono stati stimati gli effetti ambientali attesi, è stata valutata la coerenza interna del PdA e progettato il sistema di monitoraggio. Di pari passo con il Rapporto Ambientale è stato redatto anche lo Studio di Incidenza del PdA sui Siti della Rete Natura 2000 (VIC). MESSA A DISPOSIZIONE Conclusasi la fase di elaborazione e redazione, l Autorità procedente e l Autorità competente hanno provveduto alla messa a disposizione per sessanta giorni, pubblicando sul proprio sito web nonché sul sito web SIVAS, la proposta di Programma d Azione, il Rapporto Ambientale e la Sintesi non tecnica. L Autorità procedente, in collaborazione con l Autorità competente per la VAS, ha dato comunicazione ai soggetti competenti in materia ambientale e agli enti territorialmente interessati della pubblicazione sul web del Programma e del Rapporto Ambientale, al fine dell espressione del parere, che deve essere inviato, entro sessanta giorni dall avviso, all Autorità competente per la VAS e all Autorità procedente. Durante la messa a disposizione, chiunque può prendere visione della proposta di Programma e del relativo Rapporto Ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. L Autorità procedente ha provveduto alla trasmissione dello Studio di Incidenza all Autorità competente in materia di SIC e ZPS. SECONDA CONFERENZA DI VALUTAZIONE La normativa prevede che al termine della fase di messa a disposizione si svolga una seconda conferenza di valutazione, in cui venga illustrato il PdA e la valutazione degli effetti attesi sull ambiente delle azioni programmatiche, nonché le modalità del monitoraggio previsto nell ambito della fase di gestione, in modo 16

17 tale da raccogliere, in seguito anche alla messa a disposizione, i pareri di enti competenti in materia ambientale e soggetti interessati. PARERE MOTIVATO L Autorità competente per la VAS, d intesa con l Autorità procedente, alla luce della proposta di Programma e Rapporto Ambientale, formula il parere motivato, che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del PdA. A tale fine, sono acquisiti: i verbali delle conferenze di valutazione, comprensivi del parere obbligatorio e vincolante dell Autorità competente in materia di SIC e ZPS; le osservazioni e gli apporti inviati dal pubblico. Il parere motivato può essere condizionato all'adozione di specifiche modifiche ed integrazioni della proposta del Programma valutato. L Autorità procedente, in collaborazione con l Autorità competente per la VAS, provvede, ove necessario, alla revisione del Programma alla luce del parere motivato espresso prima della presentazione del Programma per l approvazione. FASI DI APPROVAZIONE E GESTIONE Nel corso delle fasi di approvazione e gestione si procederà nell espletamento di tutte le azioni previste dalla procedura dettata dalla normativa fino all effettiva implementazione delle azione del PdA. Nell ambito della definizione delle scelte metodologiche finalizzate all espletamento delle fasi del procedimento devono essere considerate anche le modalità di pubblicizzazione, coinvolgimento e consultazione degli attori presenti sul territorio e direttamente interessati alle scelte inerenti il PdA. Nell ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica, come dettato dalla normativa vigente e nei termini della Convenzione di Aarhus, si devono definire le modalità che garantiscano il diritto all informazione del pubblico e delle Autorità competenti in materia ambientale, in modo completo ed accessibile e propedeutico alla partecipazione dei medesimi all iter decisionale. La consultazione delle Autorità competenti in materia ambientale e del pubblico, contestualmente all elaborazione delle scelte e delle strategie pianificatorie, consente la raccolta di pareri e osservazioni prima che siano delineate definitivamente le azioni di Piano e il riesame, se opportuno, delle scelte fatte alla luce del dialogo con gli attori intervenuti. La Regione Lombardia ritiene adeguato, al fine di raggiungere il numero più ampio dei cittadini possibile, pubblicizzare le principali tappe procedurali mediante pubblicazione su web ( lombardia.it/sivas e Le Autorità competenti in materia ambientale e i soggetti interessati vengono direttamente contattati e informati nel corso del procedimento, secondo due modalità: mediante le convocazioni ufficiali inerenti le conferenze di valutazione; 17

18 mediante tavoli di confronto aventi lo scopo di presentare taluni aspetti all interlocutore direttamente interessato e, nel pieno dialogo, concordare i termini pianificatori da assumere negli elaborati proposti in sede di conferenza di valutazione. Tabella 3-1: Percorso metodologico PdA e VAS Programma d Azione Nitrati 1. Pubblicazione dell avviso di avvio del procedimento. 2. Affidamento dell incarico per la stesura del Programma. 3. Esame delle proposte pervenute ed elaborazione del documento programmatico. PROGRAMMA DI AZIONE NITRATI FASE DI PREPARAZIONE FASE DI ORIENTAMENTO Valutazione Ambientale Strategica VAS 1. Affidamento dell incarico per la redazione del Rapporto Ambientale. 2. Individuazione dell Autorità competente per la VAS. 1. Definizione degli orientamenti iniziali del Programma. 1. Integrazione della dimensione ambientale nel 2. Definizione dello schema operativo del Programma. Programma. 3. Identificazione dei dati e delle informazioni a disposizione dell Ente sul territorio e sull ambiente. 2. Definizione dello schema operativo per la VAS, mappatura dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico coinvolto. 3. Verifica della presenza di Siti Rete Natura I Conferenza di Valutazione Avvio del confronto 1. Definizione degli obiettivi generali. 2. Costruzione scenario di riferimento e del Programma. 3. Definizione di obiettivi specifici, costruzione di alternative e scenari di sviluppo e definizione delle azioni da mettere in campo per attuarli. 4. Proposta del Programma. FASE DI ELABORAZIONE E REDAZIONE 1. Alla luce dell esito della I conferenza di valutazione, ridefinizione dell ambito di influenza (scoping) e della portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale. 2. Analisi di coerenza esterna con il quadro programmatico di scala più vasta. 3. Stima degli effetti ambientali attesi, costruzione e selezione degli indicatori. 4. Valutazione delle alternative del Programma. 5. Analisi della coerenza interna. 6. Progettazione del sistema di monitoraggio. 7. Studio di Incidenza delle scelte di piano sui siti della Rete Natura 2000 (VIC). 8. Redazione della proposta di RAPPORTO AIENTALE e della SINTESI NON TECNICA. Il Programma d Azione e il Rapporto Ambientale proposti sono messi a disposizione mediante pubblicazione su web per sessanta giorni. Viene data comunicazione diretta della messa a disposizione ai soggetti competenti in materia ambientale e ai soggetti territorialmente interessati. Viene consegnato lo Studio di Incidenza all Autorità competente in materia di SIC e ZPS. II Conferenza di valutazione Valutazione della proposta del Programma e del Rapporto Ambientale. Valutazione d Incidenza: acquisizione del parere obbligatorio e vincolante dell autorità preposta. Viene predisposto dall Autorità competente per la VAS d intesa con l Autorità procedente il PARERE MOTIVATO. Sono redatte le controdeduzioni alle osservazioni pervenute, a seguito di analisi di sostenibilità e la Dichiarazione di sintesi. FASE DI APPROVAZIONE Approvazione: Programma d Azione; Rapporto Ambientale; Dichiarazione di sintesi. Pubblicazione: Pubblicazione sul sito web di: Programma d Azione; Rapporto Ambientale, Sintesi non tecnica, parere ambientale motivato, dichiarazione di sintesi e sistema di monitoraggio. Comunicazione della pubblicazione ai soggetti competenti in materia ambientale e agli enti territorialmente interessati. Pubblicazione sul BURL della decisione finale. 18

19 1. Monitoraggio dell attuazione del Programma D Azione. 2. Monitoraggio dell andamento degli indicatori previsti. 3. Attuazione di eventuali interventi correttivi. FASE DI GESTIONE 1. Rapporti di monitoraggio e valutazione periodica. 3.2 Le osservazioni pervenute in seguito alla prima Conferenza di Valutazione In seguito alla prima Conferenza di Valutazione, tenutasi in data 11 gennaio 2011, sono pervenute le osservazioni (20 nel complesso) relative ai contenuti del Documento di scoping e all inquadramento ambientale in esso presentato. Tra le osservazioni pervenute si citano in particolare quelle pervenute da parte delle Direzioni Generali della Regione Lombardia. La DG Sistemi Verdi e Paesaggio sottolinea l importanza di considerare la Rete Ecologica Regionale; la DG Ambiente, Energia e Reti evidenzia la necessità di differenziare e territorializzare il carico civile e quello zootecnico. Infine la DG Sanità richiede valutazioni in merito alle interazioni con la qualità delle acque destinate all uso potabile. A livello provinciale, l unica osservazione pervenuta è quella della Provincia di Milano, nella quale si suggerisce di utilizzare i dati delle PGN 2010 e la ripartizione del carico zootecnico per specie. L ente gestore del Parco del Mincio ha presentato un osservazione in cui si suggerisce di considerare nella valutazione della coerenza esterna anche i Piani di Gestione delle Aree protette e i Piani Territoriali di Coordinamento, così come la realizzazione di fasce tampone lungo i corsi d acqua. Anche l Autorità di Bacino del Fiume Po ha fatto pervenire un osservazione, in cui si sottolinea l importanza del PAI, del PdGPo e dei Piani delle Aree protette rispetto alle azioni del PdA. Si suggerisce inoltre di valutare in ragione della richiesta di deroga uno scenario specifico di progetto. Sono pervenute inoltre osservazioni da Enti di Categoria, quali la Confagricoltura Lombardia, la Confederazione Italiana Agricoltori, COPAGRI e la Coldiretti Lombardia, che evidenziano la necessità di tenere conto del possibile impatto del PdA sulla competitività delle imprese agricole, con riferimento in particolare agli investimenti richiesti e alla tempistica prevista per l adeguamento delle strutture aziendali. Relativamente alla tematica fanghi, sono pervenute osservazioni da parte di FISE Asso Ambiente di C.R.E. Milano, che chiede che la materia sia presa in esame. Con riferimento al rischio per la salute umana, l ASL di Bergamo sottolinea la sua preoccupazione per l aggravio dello stato di qualità delle acque, nel caso di attuazione della deroga, nello specifico per aree che presentano uno stato di qualità delle acque sotterranee critico per i nitrati (Comune di Martinengo). ARPA Lombardia pone l attenzione in merito alla necessità di approfondire lo stato delle conoscenze inerente il contesto ambientale delle ZVN ed un aggiornamento dei dati rispetto al Documento di scoping. Da parte dell Università degli Studi di Milano viene indicata l opportunità di approfondire alcuni aspetti ed alcune criticità che caratterizzano le aree vulnerabili e di considerare anche altre norme comunitarie. Infine sono pervenute anche una serie di osservazioni da parte dei Comuni, nello specifico il Comune di Casaloldo (MN), di Graffignana (LO), di Drizzona (CR). 19

20 Le osservazioni raccolte in seguito alla prima Conferenza di Valutazione sono state analizzate in relazione al contesto e alle previsioni normative e agli obiettivi del programma d Azione, trovando riscontro nei diversi aspetti trattati nei successivi capitoli del Rapporto Ambientale. 20

21 4 Il Programma d Azione della Regione Lombardia 4.1 Obiettivi del Programma d Azione La procedura di aggiornamento del Programma d Azione per la tutela e risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in Zona Vulnerabile è stata avviata con deliberazione di Giunta n. VIII/5215 del 2 agosto 2007, predisposto in attuazione del D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, del D.M. del 7 aprile 2006 ed in applicazione della Direttiva Nitrati 91/676/CE persegue i seguenti obiettivi: disciplinare i criteri e le norme tecniche generali, che le aziende agricole ricadenti in zone vulnerabili ai nitrati devono osservare, per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati; promuovere l adozione di strategie di gestione integrata degli effluenti di allevamento; promuovere l adozione di modalità di allevamento e di alimentazione degli animali finalizzate a ridurre il contenuto di azoto nell escreto. L utilizzazione agronomica deve in ogni caso garantire: la protezione delle Zone Vulnerabili dall'inquinamento che può essere provocato da nitrati di origine agricola; la tutela dei corpi idrici ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al D.Lgs. 152/2006 (Articoli 76, 77, 79); l effetto fertilizzante e ammendante nel terreno; l equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione nei periodi di massima efficienza e in coerenza anche con il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA); Gli effluenti di allevamento devono, preferibilmente, avere una utilizzazione agronomica. Con l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento si ottiene infatti il ricircolo della sostanza organica e dei nutrienti in essa contenuti con effetti ammendanti sul terreno e fertilizzanti sulle colture ed un miglioramento della produttività dei terreni. Gli effluenti di allevamento devono essere gestiti secondo il CBPA, fatte salve le disposizioni integrative ed aggiuntive previste dal PdA. L aggiornamento del Programma d Azione sottoposto a VAS si applica alle sole Zone Vulnerabili ai Nitrati presenti sul territorio regionale, già designate con D.G.R. VIII/3297 del Il PdA definisce le condizioni per l utilizzazione agronomica degli effluenti, ma anche delle acque reflue agroalimentari in uscita da aziende agricole. Nelle ZVN sono previsti vincoli molto restrittivi in quanto l ambiente e in particolare le acque presentano maggiori rischi di contaminazione da nitrati e le pratiche agronomiche, se non corrette, possono avere effetti negativi sulla qualità delle risorse idriche. 21

22 4.2 Azioni del Programma d Azione Nei paragrafi seguenti sono descritte le linee d azione del PdA, evidenziando in neretto le modifiche e gli aggiornamenti apportati rispetto al Programma vigente Criteri e norme tecniche per l utilizzazione agronomica degli e.a. Una più attenta gestione del bilancio dell azoto deve partire dalle pratiche agricole e colturali che devono essere effettuate nel rispetto del CBPA. Per un corretto impiego dei fertilizzanti azotati è infatti essenziale valutare il contesto agronomico nel quale vengono impiegati, in particolare i parametri ambientali e gestionali che possono favorire od ostacolare la mobilità delle sostanze organiche ed inorganiche sia verso l atmosfera, per volatilizzazione, sia verso gli strati più profondi, per lisciviazione. Inoltre per evitare rischi di contaminazione delle acque superficiali e/o profonde si devono considerare gli andamenti climatici, la pedologia e le esigenze colturali. La fertilizzazione, considerato che normalmente la dotazione di azoto disponibile nel terreno è inadeguata ai fabbisogni colturali, dovrà colmare le insufficienze in modo da garantirne l utilizzazione da parte delle colture. Le sistemazioni idraulico agrarie dei terreni devono essere finalizzate alla riduzione del ruscellamento superficiale nei terreni declivi e ad assicurare l allontanamento delle acque saturanti nei terreni in piano. Anche i metodi irrigui rivestono un ruolo importante al fine del contenimento dell inquinamento delle acque. L efficienza dei metodi irrigui dipende dalla giacitura dell appezzamento, dalla sua geopedologia e dalla colture in atto. Fra i metodi irrigui le irrigazioni a pioggia, a goccia o con sistemi che contengono l uso dell acqua massimizzano l efficienza e consentono di ridurre la perdita di nitrati. Inoltre anche una copertura dei suoli garantisce una minor lisciviazione dei nitrati. Relativamente alla fertilizzazione viene sottolineata la necessità di pianificare preventivamente l epoca di distribuzione per ottimizzare l utilizzazione degli effluenti e dei concimi da parte delle colture, intervenendo anche sui metodi di distribuzione, che devono garantire la massima uniformità sul terreno e diminuire le perdite per volatilizzazione. Rispetto al precedente PdA sono state inoltre precisate le definizioni relative al trattamento di digestione anaerobica Lo stoccaggio degli e.a. Sul territorio, i contenitori per lo stoccaggio devono essere dimensionati in modo tale da garantire la conservazione degli effluenti per i periodi in cui la distribuzione in campo è vietata o limitata da motivazioni agronomiche, climatiche e normative. Lo stoccaggio dei materiali palabili (letame, polline, frazioni palabili da separazione solido-liquido) deve avvenire su platea impermeabilizzata, con capacità di contenimento per minimo 90 giorni, dotata di idoneo cordone perimetrale. L accumulo temporaneo di letami e lettiere è effettuato solo a fini dell utilizzazione agronomica ed in prossimità dei terreni individuati per lo spandimento; l utilizzazione è consentita solo dopo 90 giorni di stoccaggio. Sono inoltre presenti vincoli da rispettare per quanto riguarda la distanza dai corsi d acqua. Lo stoccaggio dei materiali non palabili (liquami, colaticci, frazioni non palabili) può accogliere per l utilizzazione agronomica anche le acque di lavaggio di alcuni locali tecnici dell alleivamento. Nel caso di cotruzione o ampliamento di strutture di stoccaggio, in aziende che producono più di kg di 22

23 azoto/anno devono essere previsti due contenitori. La capacità di stoccaggio complessiva non deve essere comunque inferiore ai 120 giorni in aziende di bovini da latte, mentre per tutti gli altri deve essere di almeno di 180 giorni Gestione ed utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento In questa sezione è specificato il divieto di utilizzazione dei letami e sono definite anche le distanze minime dai corsi idrici per gli spandimenti. L'utilizzo agronomico è vietato in relazione ai corpi idrici naturali a meno di: a) 5 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali individuati come non significativi dal Programma di Tutela e Uso delle Acque, approvato con d.g.r. VIII/2244 del 29 marzo 2006; b) 10 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali significativi; c) 25 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio Secondo il nuovo PdA, nella stagione autunno invernale, di norma dal 1 Novembre al 28 Febbraio, al fine di evitare i rilasci di azoto nelle acque superficiali e sotterranee, sono previsti i seguenti periodi minimi di divieto: giorni, nel periodo compreso dal 1 novembre a fine febbraio, per i letami ed i materiali ad essi assimilati, ad esclusione del letame bovino, ovi-caprino e di equidi con contenuto di sostanza secca pari ad almeno al 20%, ed assenza di percolati, per il quale, se utilizzato sui prati permanenti e avvicendati, il divieto vige dal 15 dicembre al 15 gennaio ; giorni, dal 1 novembre a fine febbraio per le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%. Viene inoltre vietata la distribuzione su terreni non soggetti ad attività agricola, su terreni gelati, innevati, in caso di pioggia e in golena entro argine a meno di interramento immediato. Inoltre è da valutare l utilizzo agronomico dei letami con pendenza superiore al 10% ed è consigliata una copertura vegetale del suolo e l applicazione di appropriate pratiche di conservazione suolo dello stesso. L'utilizzo di liquami e dei materiali ad essi assimilati è vietato in relazione ai corpi idrici naturali a meno di: 10 m di distanza dalle sponde dei corpi d'acqua superficiali; 30 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide. Lo spandimento dei liquami è inoltre vietato su terreni non soggetti ad attività agricola, su terreni ghiacciati, innevati o dopo pioggia ed in golena entro argine a meno di interramento immediato. Secondo il nuovo PdA, il loro utilizzo agronomico è vietato nella stagione autunno invernale indicativamente dal 1 novembre alla fine di febbraio, nello specifico per 90 giorni nei terreni con prati, cereali autunno vernini, colture ortive, arboree con inerbimenti permanenti o con residui colturali ed in preparazione della semina primaverile anticipata; 120 giorni nei terreni destinati ad altre colture. Nelle zone svantaggiate i limiti di pendenza possono essere elevati al 30% purché sia garantito il non superamento per ogni singolo apporto di 50 kg N e di 35 t di effluente per ettaro. Gli e.a. sono impiegati in primis come fertilizzanti, ma le loro quantità devono tenere conto del rispetto del bilancio dell azoto e del limite massimo corrispondente a 170 kg N ettaro anno per le Zone Vulnerabili, 23

24 inteso come quantitativo medio aziendale (fatte salve diverse quantità di azoto stabilite con deroga della UE); la quantità è da distribuire e frazionare in base ai fabbisogni delle colture e dei loro ritmi di assorbimento e gli apporti massimi per le singole colture non possono superare i MAS (Maximum Application Standard ovvero dosi massime di azoto totale che possono essere date alle singole colture). Anche il digestato e i fertilizzanti azotati non organici possono essere utilizzati sempre rispettando il bilancio dell azoto. Il trasporto degli effluenti è anch esso normato e si mira a favorire i trattamenti che permettono di ottimizzare l utilizzazione degli effluenti, quali la loro gestione comprensoriale e l utilizzo di trattamenti a livello aziendale/comprensoriale. I trattamenti degli e.a. sono finalizzati alla messa in sicurezza igienicosanitaria e a garantire la protezione dell ambiente. Questo vale sia per gli e.a da soli sia addizionati con altre biomasse Gestione ed utilizzazione agronomica degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento Rientrano in questa categoria i fertilizzanti azotati, ivi compresi i compost. Essi devono essere stoccati in strutture con pavimentazione impermeabile, riparandoli dalle acque meteoriche e lo stoccaggio dei fanghi deve essere effettuato su platee coperte. Per l utilizzazione dei fertilizzanti vanno seguite le indicazione contenute nel CBPA; l utilizzazione deve coinvolgere solo lo spessore di terreno effettivamente esplorato dalle radici e il fertilizzante deve essere distribuito uniformemente. In base al nuovo PdA, per le limitazioni all utilizzazione agronomica dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione di cui al decreto legislativo n. 99 del 1992 si applica quanto previsto nella DGR 30 dicembre 2003 n. VII/15944 (pubblicata sul BURL s.o. n.4 del 19/01/04) e dalla DGR 29 luglio 2009 n. VIII/9953 che ne limita l utilizzazione. E vietata nella stagione autunno invernale per un periodo di 90 giorni (nel periodo compreso dal 1 novembre a fine febbraio) nei terreni con residui colturali ed in preparazione della semina primaverile anticipata; per un periodo di 120 giorni (dal 1 novembre a fine febbraio) nei terreni destinati ad altre colture; per le modalità applicative del presente divieto si applica quanto disposto ai commi 2 e 3 dell art.26 del D.M. 7/04/2006. L impiego dei fanghi di depurazione non è consentito su terreni che ricevono e.a., fatte salve le disposizioni di cui alla d.g.r. n. 7/ 15944/03. Anche per i fertilizzanti azotati devono essere considerate le distanze dai corpi idrici, è vietata la distribuzione su terreni non agricoli, nei giorni di pioggia e su terreni ghiacciati innevati e nella stagione autunno invernale per un periodo di 90 giorni, ad eccezione dell ammendante compostato verde e quello misto in base al nuovo PdA Criteri e alle norme tecniche per il procedimento autorizzativo e per il controllo da parte dell autorità competente Le aziende agricole devono effettuare la comunicazione all amministrazione competente e risultano soggette a diversi tipi di comunicazione in base alla classe dimensionale espressa in Kg N / anno di e.a. prodotto o utilizzato dall azienda, o in base alla classe dimensionale di fertilizzante azotato diverso dagli e.a. utilizzato. La vigilanza e il controllo sull attuazione dell intero sistema di trattamento, maturazione, stoccaggio e utilizzo degli e.a. vengono attuate dall autorità competente. 24

25 Tabella 4-1: Classificazione delle aziende con allevamenti in relazione ai documenti da presentare Classi di azoto totale (Kg N ha -1 ) Azienda in zona vulnerabile ) <= 1000 Esonero POAs POA + PUAs > 6000 POA + PUA allevamenti > 500 UBA Allevamenti ricadenti nel campo di applicazione dell Autorizzazione Integrata Ambientale POA + PUA AIA + PUA Tabella 4-2: Classificazione delle aziende in relazione ai documenti da presentare in funzione del quantitativo d uso di azoto di provenienza diversa dagli e.a. Classi di azoto totale (Kg N ha -1 ) Azienda in zona vulnerabile ) POA + PUAs > 6000 POA + PUA Per la comunicazione dei Programmi Operativi Aziendali (POA, POAs) e dei Piani di Utilizzazione Agronomica (PUA, PUAs) è stato realizzato il software Procedura Gestione Nitrati, un applicativo web con accesso tramite SIARL (Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia) e ad esso integrato. La scelta di implementare l applicativo nitrati all interno del SIARL consente di perseguire, anche per la Procedura Nitrati, finalità di: semplificazione amministrativa, mediante l utilizzo informatizzato dei dati aziendali, il miglioramento delle modalità di accesso ai procedimenti amministrativi e l eliminazione delle richieste di documenti cartacei; trasparenza amministrativa, attraverso l uniformazione dei dati e delle informazioni relative alle imprese, l individuazione dei responsabili dei procedimenti e dei soggetti che certificano i dati contenuti nell Anagrafe Regionale delle Imprese e nel Fascicolo Aziendale e la conoscenza dello stato dei procedimenti; riduzione dei costi diretti e indiretti a carico delle imprese e della Pubblica Amministrazione; maggiore efficienza nei controlli. Negli allegati del PdA sono riportate le tabelle analitiche relative a: apporti massimi di azoto distribuibile alle colture - MAS (allegato 2); quantità di effluente prodotta per peso vivo e per anno in relazione alla tipologia di stabulazione (tabella 1), azoto prodotto da animali di interesse zootecnico: valori al campo per anno al netto delle perdite per emissioni di ammoniaca; ripartizione dell azoto tra liquame e letame (tab. 2 del DM 7 aprile 2006); perdite di azoto volatile, in percentuale dell azoto totale escreto, e ripartizione 25

26 percentuale dell azoto residuo tra frazioni liquide e solide risultanti da trattamenti di liquami suinicoli (tab.3 del DM 7 aprile 2006) nell allegato 3; Sono inoltre specificate alcune strategie di gestione degli effluenti per il riequilibrio del rapporto tra carico di bestiame e superficie agraria poiché in assenza di tale equilibrio possono manifestarsi effetti negativi sulla qualità delle acque per un apporto eccedentario di effluenti rispetto alla capacità delle colture di asportazione degli stessi. Tali trattamenti mirano a ridurre il carico di nutrienti ed il volume degli effluenti. Nelle Zone Vulnerabili è promosso il ricorso a tecniche quali l uso di impianti centralizzati di trattamento o modalità di gestione che coinvolgono sia le singole aziende sia strutture centralizzate, quali: trattamenti aziendali di effluenti zootecnici e gestione interaziendale dei prodotti di risulta (separazione solido/liquido, aerazione, digestione anaerobica, compostaggio); trattamenti consortili di effluenti zootecnici (impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati; trattamento dei liquami zootecnici in eccedenza in depuratori di acque reflue urbane). 26

27 5 Compatibilità del Programma d Azione con la pianificazione e la programmazione vigente L analisi della coerenza esterna è volta ad accertare il grado di compatibilità, raccordo e integrazione tra gli obiettivi specifici del PdA e gli obiettivi di carattere ambientale definiti dagli strumenti di pianificazione e programmazione che nel complesso definiscono il quadro programmatico della Regione Lombardia. L analisi di coerenza è svolta incrociando all interno di una matrice gli obiettivi delle singole azioni del PdA con gli obiettivi dei più significativi piani e programmi nazionali, sovra regionali e regionali. Nel dettaglio sono considerati i seguenti piani/programmi, di cui si riporta una breve sintesi della natura e finalità nonché dei principali obiettivi strategici. 5.1 Il Piano Strategico Nazionale Nitrati (PSNN) Il Piano Strategico Nazionale Nitrati (PSNN), è orientato a favorire l uso efficiente dell azoto in agricoltura, perseguendo, attraverso il rafforzamento della governance e l integrazione delle politiche di settore, l aumento del rendimento globale delle imprese al fine di migliorare la qualità dell aria e dell acqua. Il perseguimento dell obiettivo globale del Piano si basa su tre diverse tipologie di intervento: progressiva diffusione di pratiche zootecniche alternative orientate alla riduzione del carico di azoto prodotto dagli allevamenti e diffusione di pratiche colturali che favoriscano un maggior assorbimento dell azoto; ottimizzazione dal punto di vista agronomico, ambientale ed economico dell uso dei terreni utilizzabili per lo spandimento; realizzazione di filiere impiantistiche locali per la riduzione e/o recupero dell azoto contenuto negli effluenti di allevamento. Inoltre il PSNN è articolato sui seguenti tre Obiettivi specifici: OBIETTIVO 1: Rafforzare e valorizzare la diffusione di pratiche agricole e zootecniche che riducano le emissioni e favoriscano una gestione integrata e sostenibile dell azoto, in modo che ci sia un assorbimento maggiore dell azoto somministrato al suolo, per diminuire quello perso nelle acque ed in atmosfera. OBIETTIVO 2: Favorire l utilizzo efficiente della SAU, dal punto di vista agronomico, ambientale ed economico attraverso la creazione di un mercato nazionale degli effluenti zootecnici o derivati, per trasferire l azoto da zone in cui esiste eccedenza ad altre in cui è necessario migliorare la fertilità dei terreni. OBIETTIVO 3: Supportare la nascita di filiere impiantistiche dirette a ridurre o recuperare l azoto contenuto negli effluenti zootecnici, mediante forme di aggregazione e cooperazione tra imprese già esistenti e incentivando soluzioni tecnologiche innovative. Gli obiettivi della strategia nazionale, saranno perseguiti attraverso le seguenti azioni: 27

28 Azione 1: Richiesta di deroga in sede comunitaria Azione 2: Aggiornamento, razionalizzazione e semplificazione degli aspetti normativi. Azione 3: Ricerca sulle dinamiche di inquinamento da nitrati e sulle fonti agricole ed extra agricole per una migliore attuazione della Direttiva Nitrati. Azione 4: Coordinamento e miglioramento dell efficacia degli strumenti di programmazione esistenti e delle relative risorse. Azione 5: Utilizzo della programmazione negoziata per favorire soluzioni che coinvolgano i soggetti dei territori interessati. Azione 6: Creazione di un mercato per gli effluenti zootecnici e i derivati Azione 7: Realizzazione di un network permanente sul tema nitrati. 5.2 Il D.M. del 7 aprile 2006 Il D.M. del 7 aprile 2006 Criteri e Norme tecniche generali per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui l art. 38 del D.Lgs. n. 152 del 1999 (sostituito poi dall art. 112 del D.Lgs. 3 aprile 2006) risulta il riferimento normativo del PdA a livello sovraordinato. Il Decreto disciplina l intero ciclo dell utilizzazione agronomica degli e.a. (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e maturazione, trasporto e spandimento, sia nelle aree vulnerabili che in quelle non vulnerabili. Nelle aree vulnerabili in particolare oltre alle disposizioni che prevedono specifici divieti spaziali e temporali per l utilizzazione di liquami e letami, volumi minimi di stoccaggio degli e.a., norme tecniche per la costruzione degli stoccaggi per i materiali palabili e non palabili, modalità di utilizzazione agronomica degli stessi effluenti zootecnici e relative dosi di applicazione in funzione delle esigenze colturali, vengono indicate anche strategie di gestione integrata degli effluenti (digestione anaerobica, trattamenti interaziendali e consortili). Il decreto disciplina anche la gestione dei fertilizzanti nel loro complesso (e.a. ed altri fertilizzanti) nelle zone non vulnerabili. Esso stabilisce i valori di N al campo per ha e per anno, determina l applicazione del bilancio dei nutrienti e pone l efficienza dell azoto da effluenti almeno pari ai valori medi. 5.3 Piano Territoriale Regionale e Piano Paesistico della Regione Lombardia Il Piano Territoriale Regionale (PTR) è stato approvato con deliberazione del Consiglio Regionale della Lombardia del 19/01/2010, n.951, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.6, 3 Supplemento Straordinario del 11 febbraio Con la deliberazione di Consiglio Regionale del 19/01/2010, n.951 Approvazione delle controdeduzioni alle osservazioni al Piano Territoriale Regionale adottato con DGR n. 874 del 30 luglio approvazione del Piano Territoriale Regionale (articolo 21, comma 4, L.R. 11 marzo 2005 Legge per il Governo del Territorio ) sono state decise le controdeduzioni regionali alle osservazioni pervenute ed il Piano Territoriale Regionale è stato approvato. Contiene l interpretazione strutturale del territorio e rappresenta il riferimento, anche normativo, per la pianificazione alle diverse scale. Alla base del Piano Territoriale Regionale è infatti posta l esigenza prioritaria del miglioramento della qualità della vita dei cittadini e la sostenibilità dello sviluppo è 28

29 considerata quale criterio fondante dell impianto dell intero PTR. Alla sostenibilità in senso lato (ambientale, economica e sociale) si ispirano i tra macro obiettivi trasversali del piano: rafforzare la competitività dei territori della Lombardia, migliorando la produttività relativa dei fattori di produzione ed aumentando allo stesso tempo la qualità della vita dei cittadini; riequilibrare il territorio della Regione, attraverso la riduzione dei disequilibri valorizzazione dei punti di forza; territoriali e la proteggere e valorizzare le risorse della Lombardia, intendendo l insieme delle risorse ambientali, paesaggistiche, economiche, culturali e sociali. Gli obiettivi del PTR proposti possono essere messi in relazione con questi macro obiettivi, nello specifico sono considerati i seguenti obiettivi: Obiettivo 7: Tutelare la salute del cittadino, attraverso la prevenzione e il contenimento dell inquinamento delle acque, acustico, dei suoli, elettromagnetico, luminoso e atmosferico; Obiettivo 14: Riequilibrare ambientalmente e paesaggisticamente i territori della Lombardia, anche attraverso un attento utilizzo del sistema agricolo e forestale come elementi di ricomposizione paesaggistica, di rinaturalizzzazione del territorio, tenendo conto delle potenzialità degli habitat; Obiettivi 16: Tutelare le risorse scarse (acqua, suolo e fonti energetiche); Obiettivi 17: Garantire la qualità delle risorse naturali ed ambientali, attraverso la progettazione delle reti ecologiche, la riduzione delle emissioni clima alteranti ed inquinanti, il contenimento dell inquinamento delle acque, dei suoli. Gli obiettivi del PTR sono di natura trasversale e possono essere declinati secondo due chiavi di lettura, in termini tematici ed in termini territoriali, declinazione che consente di articolare in modo più specifico gli obiettivi di piano e di supportare le linee d azione per il raggiungimento degli obiettivi stessi. Il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) è stato approvato il 19 gennaio 2010 dal Consiglio Regionale della Lombardia ed è sezione del Piano Territoriale Regionale. La L.R. 12/2005 prevede che il Piano Territoriale Regionale abbia natura ed effetti di Piano Territoriale Paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004. Il Piano Paesaggistico costituisce il quadro di riferimento e la disciplina paesaggistica del Piano Territoriale Regionale, mantenendo comunque una propria compiuta unitarietà ed identità ed ha le seguenti funzioni: a) riconosce i valori e i beni paesistici, intesi sia come fenomeni singoli sia come sistemi di relazioni tra fenomeni e come contesti o orizzonti paesistici; b) assume i suddetti valori e beni come fattori qualificanti della disciplina dell uso e delle trasformazioni del territorio e definisce conseguentemente tale disciplina; c) dispone le ulteriori azioni utili e opportune per mantenere e migliorare nel tempo la qualità del paesaggio lombardo e la possibilità per i cittadini di apprezzarlo e di goderne, anche attraverso la progettazione di nuovi paesaggi nelle aree fortemente deteriorate (periferie, zone industriali). In termini di disciplina, in particolare, viene confermata l attenzione regionale per: - la tutela degli ambiti di elevata naturalità della montagna, la norma viene confermata nei sui obiettivi e strumenti operativi, al fine di orientare la pianificazione locale verso scelte sempre più 29

30 attente alla salvaguardia dei residui caratteri d naturalità e dei valori paesaggistici correlati alla struttura insediativa e agricola tradizionale, con specifico riferimento alle opportunità di valorizzazione in termini di nuove forme di turismo sostenibile e di riqualificazione delle situazioni di degrado. - il riconoscimento e la tutela della viabilità storica e d interesse paesistico, comprende ora un più esplicito riferimento all individuazione degli elementi regionali di attenzione, con indicazioni specifiche per il recupero delle strade del Passo dello Spluga, del Passo dello Stelvio e Gardesana occidentale, per la riqualificazione e la promozione della viabilità di interesse panoramico e di fruizione ambientale, per il controllo della cartellonistica sulle strade panoramiche. - Individuazione e tutela dei centri e nuclei storici, la norma è stata aggiornata in riferimento alla nuova strumentazione urbanistica e con esplicita specifica attenzione anche agli insediamenti rurali storico-tradizionali e alle componenti urbane ed edilizie della prima metà del Novecento, e dando maggiore responsabilità al ruolo pianificatorio comunale in termini di strategie integrate di recupero. I temi di nuova attenzione introdotti, con riferimento alle priorità di salvaguardia e preservazione ambientale e paesaggistica del PTR e alle disposizioni del D.Lgs. 42/04 e della l.r. 12/05, riguardano invece prioritariamente: - l idrografia naturale e artificiale che contraddistingue storicamente la Lombardia come un paesaggio delle acque, connotandone scenari naturali e agrari oltre che l organizzazione storica degli insediamenti; - la rete verde, spesso correlata all idrografia, che riveste elevate potenzialità in termini di ricomposizione dei paesaggi rurali ma anche di ridefinizione dei rapporti tra città e campagna, di opportunità di fruizione dei paesaggi di Lombardia e di tutela della biodiversità regionale; - i geositi quali manifestazioni diversificate di luoghi di particolare rilevanza dal punto di vista geologico, morfologico e mineralogico e paleontologico che rappresentano non solo rilevanze significative in termini di diretta connotazione paesaggistica del territorio ma anche di connotazione storico-sociale degli stessi; - i siti inseriti nell elenco del patrimonio dell UNESCO, quali rilevanze identitarie di valore sovraregionale; - la rete dei luoghi di contemplazione, percezione e osservazione del paesaggio; - il grande tema della riqualificazione delle situazioni di degrado paesaggistico di contenimento dei processi che potrebbero portare a nuove forme di degrado, abbandono o compromissione dei valori e delle diverse connotazioni paesaggistiche regionali. 5.4 Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Il Piano di sviluppo Rurale (PSR) è lo strumento attraverso il quale la Regione Lombardia incentiva l agricoltura ad essere più competitiva sul mercato ma anche ambientalmente sostenibile e mette a disposizione delle imprese agricole e di trasformazione una serie di misure a sostegno degli investimenti e di azioni agroambientali finalizzate ad orientare lo sviluppo rurale della regione secondo le finalità politiche comunitarie. Approvato per la prima volta dalla Commissione europea il 16 ottobre

31 con Decisione n è stato successivamente adeguato in coerenza alle mutate esigenza del settore agricolo e secondo le priorità dettate dalla riforma della Politica Agricola Comune 2009 (Health Check) e dalla strategia europea anticrisi (European Economic Recovery Plan) con Decisione n del 17 dicembre Il PSR è strutturato su quattro assi di intervento, a ciascuno dei quali fanno capo specifici sotto assi, o obiettivi prioritari di asse, ulteriormente suddivisi in misure. Con l Asse 1 Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale la Regione Lombardia intende incrementare la produttività e la competitività delle aziende agricole e di trasformazione stimolando l innovazione di processo e di prodotto, mentre con l Asse 2 Attivare lo sviluppo agricolo e forestale sostenibile migliorando l ambiente e valorizzando il paesaggio rurale la Regione Lombardia intende promuovere uno sviluppo agricolo e forestale sostenibile in armonia con la tutela della biodiversità, la valorizzazione del paesaggio e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili. Con l Asse 3 Migliorare la qualità della vita e promuovere la diversificazione dell economia rurale la Regione Lombardia vuole garantire la permanenza delle popolazioni rurali nelle aree svantaggiate grazie anche a un intervento di diversificazione economica. Infine con l Asse 4 Attuazione dell approccio leader: costruire la capacità locale di occupazione e diversificazione la Regione Lombardia intende integrare gli aspetti agricoli nelle attività di sviluppo locale e accrescere l efficacia e l efficienza della governance locale, come indicato nelle priorità strategiche comunitarie. Gli enti territoriali diventeranno così animatori del territorio ricoprendo anche un ruolo più diretto nella progettazione e nella gestione locale degli interventi. Nella Tabella 5-1 vengono riportati nello specifico gli obiettivi prioritari per ogni asse. Tabella 5-1: Gli Assi del PSR Obiettivi tematici di Asse Obiettivi prioritari di Asse I ACCRESCERE LA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE SOSTENENDO LA RISTRUTTURAZIONE, LO SVILUPPO E L INNOVAZIONE valorizzare i giovani imprenditori aiutandoli nell insediamento di nuove imprese, offrendo loro un supporto per la redazione del piano di sviluppo aziendale, un pacchetto di misure dedicato e criteri di priorità nelle disposizioni attuative delle altre misure sviluppare le infrastrutture per il miglioramento della competitività delle aziende che operano in montagna realizzando e manutenendo opere di servizio, tutelando e riqualificando il patrimonio rurale adeguare le infrastrutture irrigue razionalizzando il sistema irriguo, attuando la sistemazione idraulica del territorio e i pagamenti agroambientali innovare il processo e il prodotto e operare la riconversione produttiva ammodernando le aziende, accrescendo il valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, cooperando per lo sviluppo di nuovi prodotti e l integrazione con le iniziative del FESR stimolare la gestione associata dell offerta agricola e le relazioni di filiera accrescendo il valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, cooperando per lo sviluppo di 31

32 Obiettivi tematici di Asse Obiettivi prioritari di Asse nuovi prodotti e di progetti concordati II III ATTIVARE LO SVILUPPO AGRICOLO E FORESTALE SOSTENIBILE MIGLIORANDO L AIENTE E VALORIZZANDO IL PAESAGGIO RURALE MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA E PROMUOVERE LA DIVERSIFICAZIONE DELL ECONOMIA RURALE valorizzare le produzioni di qualità lombarde sostenendo gli agricoltori che partecipano ai sistemi di qualità alimentare e l attività di informazione e promozione dei prodotti agroalimentari; prevedere anche specifiche priorità da adottarsi nelle disposizioni attuative di altre misure diffondere i processi produttivi e prodotti di qualità ammodernando le aziende, accrescendo il valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, cooperando per lo sviluppo di nuovi prodotti e sostenendo gli agricoltori che partecipano ai sistemi di qualità alimentare salvaguardare l agricoltura nelle aree svantaggiate di montagna erogando indennità compensative e specifiche condizioni di favore realizzare sistemi verdi territoriali per la fitodepurazione e la creazione di corridoi ecologici tramite gli aiuti agro ambientali realizzare sistemi verdi territoriali per conservare e migliorare l ambiente e il paesaggio, potenziare la produzione di biomasse legnose in pianura e l imboschimento di terreni agricoli e non, grazie ad aiuti agroambientali e all integrazione con le iniziative del FESR diffondere le pratiche agricole a basso impatto fornendo aiuti agroambientali e la compensazione dei maggiori oneri obbligatori sostenere lo sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle zone rurali e in ritardo di sviluppo diversificando in attività non agricole, sostenendo la creazione e lo sviluppo delle imprese, la tutela e riqualificazione del patrimonio rurale, attuando le strategie di sviluppo locale e favorendo l integrazione con le iniziative del FESR sviluppare il turismo rurale e le piccole attività imprenditoriali collegabili, attraverso l incentivazione di attività turistiche e l integrazione con le iniziative del FESR sviluppare la produzione di energie da fonti rinnovabili e i servizi connessi diversificando in attività non agricole attivare i servizi essenziali a vantaggio della popolazione rurale e delle imprese locali, utilizzando in modo integrato le specifiche misure dell Asse 32

33 IV Obiettivi tematici di Asse ATTUAZIONE DELL APPROCCIO LEADER: COSTRUIRE LA CAPACITÀ LOCALE DI OCCUPAZIONE E DIVERSIFICAZIONE Obiettivi prioritari di Asse rafforzare i partenariati locali per superare l isolamento delle aree rurali, promuovendo progetti di cooperazione e attivando tutti gli strumenti necessari alla costruzione, all implementazione e alla corretta gestione dei piani di sviluppo locale selezionati sviluppare la produzione di energie da fonti rinnovabili e i servizi connessi diversificando in attività non agricole attivare i servizi essenziali a vantaggio della popolazione rurale e delle imprese locali, usando in modo integrato le specifiche misure dell Asse B - Le aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata In questo gruppo rientrano quelle aree di pianura che presentano caratteristiche a valenza rurale, significativamente rurale o anche di rurale urbanizzato. In queste aree è essenziale procedere verso un migliore livello di sostenibilità dei processi produttivi. Una priorità assoluta è rappresentata dalla riduzione del carico di azoto nelle acque, nel rispetto della Direttiva Nitrati. Inoltre sono frequenti le situazioni di difficoltà di mercato, legate al fatto che le produzioni sono spesso di tipo indifferenziato. Attraverso le misure orientate alla competitività gli interventi saranno indirizzati a un riposizionamento dell agricoltura intensiva, mirando a innovare processi e prodotti anche coinvolgendo altri attori delle filiere, oltre quelli della produzione e della trasformazione 5.5 Piano d Assetto Idrogeologico Il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) è stato approvato con D.P.C.M. 24 maggio 2001, pubblicato sulla G.U. n. 183 dell 8 agosto 2001 e il suo obiettivo è quello di garantire al territorio del Bacino del Po un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico presenti, a partire da una conoscenza del grado di rischio presente sul territorio, passando per una pianificazione degli interventi necessari alla sua riduzione. Nel PAI sono stati unificati i Piani Stralcio precedentemente approvati, (PS45, legge n.22 del 21 gennaio 1995 e PSFF approvato con D.P.C.M. del 24 luglio 1998) che disciplinavano già le fasce fluviali del reticolo idrografico della Regione Piemonte. Il PAI, prolungando le fasce fluviali agli affluenti lombardi ed emiliani del Po, ha definito un livello di tutela omogeneo prevalente su tutte le aree comprese nelle fasce fluviali del reticolo idrografico principale del fiume Po. Inoltre con il PAI sono state delimitate e regolamentate le aree in dissesto di versante comprese nel territorio collinare e montano del bacino del fiume Po; per questi territori infatti il PAI assume l obiettivo generale di garantire un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e geologico. Per i territori compresi nelle fasce fluviali di pertinenza fluviale, l obiettivo è perseguito mediante misure non strutturali finalizzate al recupero della funzionalità dei sistemi naturali fluviali e alla limitazione d uso del suolo in relazione al livello di pericolosità, mentre per le aree in dissesto di versante l obiettivo generale del PAI è perseguito attraverso interventi di sistemazione finalizzati alla riduzione del rischio e regolamentazione degli usi del suolo. 33

34 Le linee di intervento strutturale del Piano tengono conto delle caratteristiche ambientali dei diversi bacini idrografici, nel rispetto degli ambiti di rilevanza naturalistica e paesaggistica presenti. Rispetto ai Piani stralcio in precedenza adottati, il PAI contiene pertanto, per l intero bacino: il completamento del quadro degli interventi strutturali a carattere intensivo, sui versanti e sui corsi d acqua, rispetto a quelli individuati nel PS 45 e che non trovano copertura finanziaria nell ambito delle leggi collegate (leggi 22/95, 35/95, 185/92) e negli Schemi Previsionali e Programmatici citati; l individuazione del quadro degli interventi strutturali a carattere estensivo; la definizione degli interventi a carattere non strutturale, costituiti principalmente dagli indirizzi e dalle limitazioni d uso del suolo nelle aree a rischio idraulico e idrogeologico. Il Piano definisce e programma le azioni attraverso la valutazione unitaria dei vari settori di disciplina, con i seguenti obiettivi: garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio; conseguire un recupero della funzionalità dei sistemi naturali (anche tramite la riduzione dell artificialità conseguente alle opere di difesa), il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche ambientali del territorio, il recupero delle aree fluviali a utilizzi ricreativi; conseguire il recupero degli ambiti fluviali e del sistema idrico quale elementi centrali dell assetto territoriale del bacino idrografico; raggiungere condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi idrografici e dei versanti, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Deve essere sottolineato che nel PAI viene considerata l interazione tra il rischio idraulico e idrogeologico, le attività agricolo-forestali e la pianificazione urbanistica e territoriale, di particolare rilevanza per una pianificazione complessiva degli usi del territorio che tenga conto dei fenomeni idrologici del reticolo idrografico e della dinamica dei versanti. In particolare nelle Norme gli articoli Titolo V vengono definite le linee di intervento nel comparto agro-zootecnico. Per il comparto agro zootecnico il presente Piano: definisce le misure relative agli allevamenti e alla gestione degli effluenti zootecnici, alla conduzione dei suoli e alle pratiche agronomiche e alla gestione delle acque reflue delle aziende agricole e agro-alimentari; effettua una prima indicazione delle aree di intervento e definisce i criteri per l omogeneizzazione, a scala di bacino, della metodologia di individuazione delle zone vulnerabili di cui all'art.19 del D.lgs.11 maggio 1999, n.152 e successive modifiche ed integrazioni 5.6 Piano di Gestione del Distretto idrografico del Fiume Po Il Piano di Gestione del Distretto idrografico del Fiume Po è stato adottato con Deliberazione n. 1/2010 dall Autorità di Bacino del Fiume Po e costituisce articolazione interna del Piano di Bacino Distrettuale padano di cui al D.Lgs. 152/2006 s.m.i. e ha il valore di Piano Territoriale di Settore. Il Piano descrive il quadro conoscitivo sulle risorse idriche, riguardante quindi le acque superficiali, con riferimento a corpi idrici naturali e artificiali, le acque sotterranee e la sintesi delle pressioni e degli impatti 34

35 significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque, a valle della quale individua le linee generali di intervento e gli obiettivi specifici del Progetto di Piano, tra i quali proteggere la salute, proteggendo ambiente e corpi idrici superficiali e sotterranei e gestire i prelievi d acqua in funzione della disponibilità idrica attuale e futura. Coerentemente con quanto previsto all art.4 della DQA (2000/60 CE- Direttiva Europea Quadro sulle Acque), nel Piano per ciascun corpo idrico delle categorie corpi idrici superficiali, corpi idrici sotterranei, acque marino costiere e aree protette è stato definito lo stato attuale ed è stata fissata la scadenza entro cui si intendono raggiungere gli obiettivi ambientali generali fissati dalla DQA e precisamente: non deterioramento dello stato di acque superficiali e sotterranee e protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici; raggiungimento dello stato buono entro il 2015, 2021 e 2027 ovverossia buono stato ecologico (o buon potenziale ecologico ) e buono stato chimico per i corpi idrici superficiali e buono stato chimico e buono stato quantitativo per i corpi idrici sotterranei; progressiva riduzione dell inquinamento da sostanze pericolose prioritarie e arresto o graduale eliminazione di emissioni, scarichi e perdite di sostanze pericolose prioritarie; raggiungimento degli standard e degli obiettivi fissati per le aree protette dalla normativa comunitaria. L elenco completo degli obiettivi ambientali è riportato nell Elaborato 5 Elenco degli obiettivi ambientali fissati a norma dell art. 4 per acque superficiali e acque sotterranee. In particolare, rispetto alla riduzione dell inquinamento da nitrati il PdGPo prevede un obiettivo specifico (codice A.3: Ridurre l inquinamento da nitrati, da sostanze organiche e fosforo), ritenuto necessario al raggiungimento di tutti gli obiettivi ambientali generali fissati dalla DQA, in relazione al quale ha individuato anche misure supplementari, ossia misure addizionali oltre alle misure di base. È da evidenziare che nel complesso le misure relative alla riduzione dell inquinamento da nitrati rientrano tra quelle di carattere trasversale, in quanto in grado di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di sei dei dieci temi chiave di riferimento del PdGPo stesso, ossia agricoltura, idromorfologia, inquinamento chimico, acque sotterranee, aree protette e biodiversità e paesaggio. 5.7 Piano di Tutela delle Acque della Regione Lombardia Il Programma di Tutela e USO delle Acque (PTUA) è stato adottato con D.G.R del 12 novembre 2004 ed approvato con D.G.R. n.2244 del 29 marzo Esso individua i corpi idrici e d i bacini idrografici, ne prevede un loro monitoraggio ed individua le caratteristiche e le pressioni sui corpi idrici. Alla stesso modo vengono definite le aree sensibili e quelle vulnerabili ed oggetto di tutela e sono messe in atto misure di intervento sui corpi idrici. Il Programma di tutela e uso delle acque (PTUA), in attuazione di quanto disposto dall Atto di Indirizzi definisce: lo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei; gli obiettivi di qualità da perseguire; 35

36 le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi, distinte in misure di tipo generale, applicabili a tutto il territorio e misure specifiche che tengono conto di situazioni particolari; gli strumenti per la costruzione e la condivisione delle conoscenze in materia di acque; gli interventi e i programmi per la diffusione della cultura dell acqua; la ripartizione di responsabilità e il coordinamento tra i diversi livelli di governo delle acque. Il Programma di tutela e uso delle acque, ai sensi del D.Lgs. 152/99 e s.m.i. e dell Atto di Indirizzi, individua i seguenti corpi idrici significativi: 1. Per le acque superficiali 17 corsi d'acqua naturali di secondo ordine o superiore con bacino imbrifero di superficie maggiore di 400 km 2 ; 1 corso d acqua naturale di primo ordine con bacino imbrifero maggiore di 200 km 2 ; 1 corso d acqua artificiale di primo ordine con bacino imbrifero maggiore di 200 km 2 ; 10 canali artificiali aventi portata d esercizio pari a 3 m 3 /s; 20 laghi naturali con superficie dello specchio liquido superiore a 0,5 km 2, di cui 10 regolati o ampliati; 2 invasi artificiali. 2. Per le acque sotterranee, la regione è stata suddivisa in 5 bacini idrogeologici corrispondenti a domini del sistema idrogeologico non intercomunicanti tra loro, almeno a livello degli acquiferi più superficiali, in quanto separati da limiti idrogeologici naturali, i grandi fiumi lombardi, in grado di determinare una separazione della circolazione idrica sotterranea. Inoltre i 5 bacini sono stati suddivisi in settori aventi caratteri idrogeologici omogenei. I bacini idrogeologici individuati sono: Lomellina, Oltrepo, Ticino - Adda, Adda - Oglio, Oglio - Mincio. Gli obiettivi fissati sono: promuovere l uso razionale e sostenibile delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; assicurare acqua di qualità, in quantità adeguata al fabbisogno e a costi sostenibili per gli utenti; recuperare e salvaguardare le caratteristiche ambientali delle fasce di pertinenza fluviale e degli ambienti acquatici; tutelare in modo prioritario le acque sotterranee e i laghi, per la loro particolare valenza anche in relazione all approvvigionamento potabile attuale e futuro; destinare alla produzione di acqua potabile tutte le acque superficiali oggetto di captazione a tale fine e quelle previste quali fonti di approvvigionamento dalla pianificazione; perseguire l idoneità alla balneazione per tutti i laghi significativi e per i corsi d acqua emissari dei grandi laghi prealpini; 36

37 designare quali idonei alla vita dei pesci i grandi laghi prealpini e i corsi d acqua aventi stato di qualità buono o sufficiente; definire e proteggere gli usi non convenzionali delle acque e dell ecosistema ad esse connesso, quali gli usi ricreativi, la navigazione e l ambiente naturale; incentivare le iniziative per aumentare la disponibilità, nel tempo, della risorsa idrica. 5.8 Piano d Azione per l Energia Il Piano d Azione per l Energia (PAE) e il suo aggiornamento del 2008 che non sostituisce del tutto la prima versione, contiene nuovi indirizzi di politica energetica regionale collegati ad un insieme di misure e azioni da effettuare nel breve e medio periodo. Il documento è stato formulato a seguito dell'aggiornamento del bilancio energetico del territorio regionale, avvenuto nel 2004, dal quale sono emerse nuove criticità del sistema energetico e ambientale lombardo, rispetto alle analisi effettuate nel 2000 che avevano portato ad elaborare le misure contenute nel PER del 2003 (piano energetico regionale). Il mutato contesto produttivo, ambientale e sociale ha reso necessario un adeguamento di quelle misure non solo sul piano regionale, ma anche a livello Europeo e internazionale. In tal senso le linee di intervento individuate nel PAE puntano a: ridurre il costo dell'energia per contenere le spese delle famiglie e per migliorare la competitività del sistema delle imprese; diminuire le emissioni che inquinano e alterano il clima, rispettando le particolarità del territorio e dell'ambiente entro il quale vengono previsti gli interventi, secondo le linee del protocollo di Kyoto; promuovere la crescita competitiva delle industrie legate all'innovazione tecnologica nel settore dell'energia; tutelare la salute dei cittadini e curare gli aspetti sociali legati alle politiche energetiche. Nel PEAR, tra le schede di azione, è presente una scheda relativa al biogas prodotto dagli e.a. e per permettere un maggiore e più capillare sfruttamento di questa risorsa e nel contempo una gestione attenta del territorio, è importante favorire l aggregazione territoriale fra aziende, così da ottimizzare il rapporto costo dell impianto/benefici e garantire le necessarie quantità e qualità della materia prima. Inoltre, poiché la massima efficienza di trasformazione energetica del biogas si ottiene in regime cogenerativo, conviene utilizzare la parte del calore prodotto non autoconsumata per mantenere il processo di digestione, individuando opportune utenze. Secondo valutazioni effettuate dalla DG Agricoltura, il potenziale energetico ricavabile dal totale degli e.a. e dal 20% degli insilati di mais ed erbai risulta pari ad oltre GWh (158 ktep). Per quanto riguarda l impatto ambientale a livello locale, il recupero energetico del biogas offre un opportunità per arginare il problema ambientale legato alla gestione delle deiezioni animali in regioni, come in particolare la parte meridionale della Lombardia, dove si registra un elevata concentrazione di allevamenti. Sotto il profilo vista agronomico, il trattamento anaerobico dei refluii zootecnici offre il vantaggio di abbattere il rischio di fattori patogeni, di ridurre il carico organico e gli odori e il miglioramento delle qualità del digestato avviato allo spandimento. 37

38 Deve essere sottolineato che le aree della bassa pianura, maggiormente vocate all utilizzo energetico degli e.a., perlopiù coincidono con le aree vulnerabili (tutela acque da inquinamento da nitrati, D.G.R del 11/10/2006), dove la normativa impone un limiti più severi al contenuto di azoto degli effluenti di allevamento (D.G.R del 07/11/06 Adeguamento del programma d azione della Regione Lombardia di cui alla D.G.R /96 per la tutela e il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile, ai sensi del D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006, art. 92 e del D.M. 209 del 7 aprile 2006 ): il processo di digestione anaerobica dei reflui può essere un aiuto anche per la tutela dei corpi idrici ed il rispetto della normativa. 5.9 Piano Regionale per il risanamento della qualità dell Aria Il Piano Regionale per il risanamento della qualità dell Aria è nato nel 1998 ed ha offerto una sintesi delle conoscenze sulle differenti tipologie di inquinanti atmosferici e sulle caratteristiche meteo-climatiche che ne condizionano la diffusione, necessari a supportare la futura politica di regolamentazione delle emissioni. Il 4 agosto 2005 la Giunta Regionale della Lombardia, con D.G.R. n. 580, ha approvato il documento "Misure Strutturali per la Qualità dell'aria in Regione Lombardia , con i seguenti obiettivi: agire in forma integrata sulle diverse sorgenti dell'inquinamento atmosferico; individuare obiettivi di riduzione ed azioni da compiere, suddividendoli in efficaci nel breve, medio e lungo termine; ordinare in una sequenza di priorità, in base al rapporto costo/efficacia, le azioni da compiere. Le misure proposte per il breve e medio periodo riguardavano: emissioni da traffico veicolare; emissioni da sorgenti stazionarie ed "off road"; risparmio energetico e uso razionale dell'energia (edilizia civile ed industriale, attività e cicli produttivi); settori dell'agricoltura e dell'allevamento. L'11 dicembre 2006 è stata approvata la Legge n. 24/2006 "Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente, la quale promuove l adozione delle migliori tecniche disponibili per la conduzione e la gestione delle aziende agricole e degli allevamenti zootecnici funzionali anche al contenimento delle emissioni azotate, insieme alla realizzazione di impianti di digestione anaerobica presso le aziende agricole singole o associate. Con la recente D.G.R. n. VII/5547 del 10 ottobre 2007 è stato approvato l'aggiornamento del P.R.Q.A. che intende raccogliere in modo coordinato l'insieme delle nuove conoscenze acquisite dal 2000 ad oggi, configurandosi come lo strumento di programmazione, coordinamento e controllo delle politiche di gestione del territorio riguardanti le azioni di miglioramento dei livelli di inquinamento atmosferico. 38

39 Parco Regionale Parchi naturali Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque 5.10 Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti formula ipotesi di sviluppo del sistema di gestione dei rifiuti urbani, considerando il periodo , e coordina il sistema di azioni per raggiungere nuovi traguardi. E stato approvato nel giugno 2005 con D.G.R. n. 220 del 27 giugno 2005 e pubblicato successivamente per estratto sul BURL n. 33 primo supplemento straordinario del 18 agosto La L.R. 26/2003 (recentemente modificata dalla L.R. 18/ Conferimento di funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 "Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche") detta i principi generali della pianificazione di settore, anche in base agli indirizzi di programmazione in materia di rifiuti definiti nell Atto di Indirizzo in materia di pianificazione regionale per la gestione dei rifiuti in attuazione della L.R. 12 dicembre 2003 n. 26. Questo Piano è stato considerato perché esiste una connessione relativamente allo smaltimento dei fanghi negli impianti. Non sono state riscontrate a riguardo interferenze Piani delle Aree Protette Sono da considerare anche i PTC dei Parchi presenti nelle Zone Vulnerabili, per verificare se gli obiettivi in essi presenti siano coerenti con il Programma d Azione Nitrati. Tabella 5-2: Elenco dei Parchi Regionali e Naturali presenti nelle zone vulnerabili Componente ambientale Identificazione L.R. Parco Naturale dell Adda Nord L.R. n. 135 del 16/12/12004 Parco Naturale della Valle del Lambro L.R. n. 18 del 09/12/2005 Parco Naturale Nord Milano L.R. n. 23 del 19/10/2006 Parco Naturale del Bosco delle Querce L.R. n. 21 del 28/12/2005 Parco Naturale della Spina Verde di Como L.R. n. 10 del 02/05/2006 Parco Naturale della Valle del Ticino L.R. n. 31 del 12/12/2002 Parco Naturale Montevecchia e Valle del Curone L.R. n. 13 del 07/04/2008 Parco dei colli di Bergamo L.R. n. 36 del 18/08/1977 Parco dell Adda nord L.R. n. 80 del 16/089/1983 Parco dell Adda sud L.R. n. 81 del 16/09/1983 Parco del Mincio L.R. n. 47 del 08/09/1984 Parco della valle del Lambro L.R. n. 82 del 16/09/1983 Parco del Serio L.R. n. 70 del 01/06/1985 Parco dell Oglio sud L.R. n. 17 del 16/04/

40 Componente ambientale Identificazione L.R. Parco delle Groane L.R. n. 31 del 20/048/1976 Parco di Montevecchia e della valle del Curone L.R. n. 77 del 16/09/1983 Parco Lombardo della Valle del Ticino L.R. n. 2 del 09/01/1974 Parco Nord Milano L.R. n. 78 del 11/06/1975 Parco dell Oglio nord L.R. n. 18 del 16/04/1988 Parco Spina Verde di Como L.R. n. 10 del 04/03/1993 Parco Agricolo sud Milano L.R. n. 24 del 23/04/1990 Parco Regionale del Monte Netto L.R. n. 11 del 08/06/2007 Per ognuno di essi è stato considerato il relativo Piano Territoriale di Coordinamento. Deve essere però sottolineato che pur essendo ambiti territoriali diversi, gli obiettivi sono stati raggruppati nella matrice della coerenza esterna in quanto in ognuno di esse vengono evidenziate le necessità di rendere l attività agricola così come le pratiche agronomiche compatibili dal punto vista ambientale, tutelare le risorse idriche e la loro qualità, e soprattutto viene rilevata la necessità di adeguamento delle aziende alla normativa vigente, soprattutto nei termini della disciplina di spandimento dei reflui sul suolo Piani di gestione dei SIC e delle ZPS Un confronto diretto nell analisi della coerenza esterna è stato inoltre effettuato tra i piani di gestione dei SIC e delle ZPS che sono stati attualmente approvati e gli obiettivi del Programma d Azione. Deve essere però sottolineato che sono pochi i SIC e le ZPS dotati di piani di gestione, in quanto la maggior parte sono in via di attuazione. Tabella 5-3: SIC presenti nelle aree vulnerabili dotati di piani di gestione approvati SIC Identificazione SIC Atto di approvazione BURL Pineta di Cesate e Boschi delle Groane IT e IT AC 4/ / Lanca di Gerra Gavazzi e Runate IT20B0004 DAC 12/ / La matrice della coerenza esterna Per l analisi delle coerenza è stato quindi effettuato un esame complessivo dei piani e programmi sopracitati dai quali è stato poi estrapolato un set di obiettivi strategici per i diversi comparti ambientali: acqua, aria, suolo, rifiuti, rumore, natura, energia, salute umana. L esito della verifica della coerenza esterna ha, infatti, messo in relazione gli obiettivi individuati con le principali azioni del PdA significative in termini ambientali e territoriali, al fine di valutare quanto ogni misura fosse coerente con gli obiettivi ambientali definiti dal quadro programmatico sopracitato e quanto il PdA fosse coerente con gli obiettivi specifici di tutela riferiti ad ogni singola componente ambientale. 40

41 Tabella 5-4: Articolo del PdA da includere nell analisi della coerenza esterna Articoli del Programma di Azione - Allegato 1 Titolo II Disposizioni generali- Capo I: Titolo II Disposizioni generali- Capo II: Titolo II Disposizioni generali- Capo III: Titolo II Disposizioni generali- Capo IV: Criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento di cui al D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 art.101 e 112 e al D.M. del 7 aprile 2006 Gestione degli effluenti:strutture di stoccaggio Gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento:modalità di utilizzazione agronomica Art.4 - Pratiche agronomiche colturali Art.9 - Caratteristiche dello stoccaggio e accumulo dei materiali palabili Art.12 - Divieti di utilizzazione dei letami Art.17- Strutture di stoccaggio Art.5 - Sistemazioni dei terreni e irrigazione Art.10 - Accumulo temporaneo dei letami Art.13 - Divieti di utilizzazione dei liquami Art Modalità di utilizzazione agronomica Art.6 - Avvicendamenti colturali Art.11- Caratteristiche e dimensionamento delle strutture per lo stoccaggio dei materiali non palabili Art.14 - Dosi di applicazione Art.19 - Divieti di utilizzazione dei fanghi Art.7 - Fertilizzazione Art.16 - Trattamenti Art. 20 Divieti di utilizzazione dei fertilizzanti azotati diversi dagli e.a. Art Dosi di applicazione dei fertilizzanti azotati diversi dall e.a. Tabella 5-5: Obiettivi ambientali definiti dai piani e programmi considerati COMPONENTE AIENTALE Piani di riferimento n. OBIETTIVI DI VALENZA AIENTALE PSR Ammodernamento aziende agricole Aria PTR (tematica ambientale) 2 Miglioramento della qualità dell aria e delle emissioni climaalteranti 3 Coordinamento tra politiche ambientali e di sviluppo rurale PTR (tematica territoriale, pianura irrigua) 4 Garantire un equilibrio tra le attività agricole e zootecniche e la salvaguardia delle risorse ambientali 41

42 COMPONENTE AIENTALE Piani di riferimento n. OBIETTIVI DI VALENZA AIENTALE PAE 5 Diminuzione delle emissioni inquinanti Piano Regionale per il Risanamento della qualità dell Aria 6 Riduzione delle emissioni provenienti dal settore agricolo e zootecnico 7 Tutela qualitativa delle risorse idriche superficiali e profonde PSR PTR (tematica ambientale) 8 Realizzazione di sistemi verdi territoriali per la fitodepurazione 9 Favorire la capacità di auto depurazione mediante la realizzazione di fasce tampone e filtro 10 Perseguimento della riqualificazione ambientale dei corsi d acqua 11 Coordinamento tra politiche ambientali e di sviluppo rurale Acqua PTR ( tematica territoriale, pianura irrigua) Garantire la tutela delle acque ed il sostenibile utilizzo delle risorse idriche per l agricoltura Garantire un equilibrio tra le attività agricole e zootecniche e la salvaguardia delle risorse ambientali PdGPo 14 Ridurre l inquinamento da nitrati, da sostanze organiche e fosforo PTUA 15 Tutelare in modo prioritario le acque sotterranee e i laghi, per la loro particolare valenza anche in relazione all approvvigionamento potabile attuale e futuro. PTC Parchi Regionali e Naturali 16 Tutela e salvaguardia della risorsa acqua e della sua qualità Piano di Gestione Lanca di Gerra Gavazzi e Runate Piano di Gestione Pineta di Cesate e Boschi delle Groane Riduzione degli scarichi e miglioramento delle caratteristiche qualitative dei corpi idrici Controllo dello stato qualitativo dei corpi idrici interessati per evitarne la loro eutrofizzazione PSR Miglioramento degli e.a che giungono al suolo mediante trattamenti Suolo PTR (tematica ambientale) PAI 20 Prevenzione dei fenomeni di erosione, deterioramento e contaminazione dei suoli 21 Coordinamento tra politiche ambientali e di sviluppo rurale 22 Garantire al territorio un livello di sicurezza idraulico e idrogeologico adeguato 23 Rendere sostenibile l uso del suolo ai fini della sicurezza idraulica PTC Parchi Naturali e Regionali 24 Rispetto della disciplina in materia di spandimento dei reflui sul suolo 42

43 COMPONENTE AIENTALE Piani di riferimento n. OBIETTIVI DI VALENZA AIENTALE 25 Promuovere un attività agricola e incentivare pratiche agronomiche compatibili con l ambiente 26 Diminuzione dei fertilizzanti azotati di sintesi Piano di Gestione Lanca di Gerra Gavazzi e Runate 27 Isolamento aree sensibili e vulnerabili mediante fasce tampone, rimboschimenti, siepi e miglioramenti ambientali Rifiuti Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti 28 Smaltimento dei fanghi negli impianti, anche a scopo energetico PTR (tematica ambientale) 29 Tutela e aumento della biodiversità, con particolare attenzione per la flora e la fauna minacciate (conservazione, ripristino e fruizione delle aree umide e conservazione degli habitat non ancora frammentati ) Natura e biodiversità PTC Parchi Naturali e Regionali 30 Conservazione e potenziamento della rete ecologica regionale 31 Interazione sostenibile tra le popolazioni della fauna selvatica e l ambiente 32 Potenziare la rete ecologica Piano di Gestione Lanca di Gerra Gavazzi e Runate 33 Isolamento aree sensibili e vulnerabili mediante fasce tampone, rimboschimenti, siepi e miglioramenti ambientali PSR Produzione di energia da biogas Energia PTR (tematica ambientale) 35 Realizzazione di interventi per la promozione, anche a livello prototipale, di esperienze per lo sfruttamento di energie rinnovabili e pulite, per ridurre gli impatti ambientali Piano Regionale per al Gestione dei Rifiuti 36 Smaltimento dei fanghi negli impianti, anche a scopo energetico Paesaggio territorio e PTR 37 Realizzare la pianificazione integrata del territorio e degli interventi, con particolare attenzione alla rigorosa mitigazione degli impatti, assumendo l agricoltura e il paesaggio come fattori di qualificazione progettuale e di valorizzazione del territorio (ob.21) PTR ( tematica territoriale, pianura irrigua) PTR ( tematica territoriale, pianura irrigua) Conservare e valorizzare le aree naturalistiche, le aree prioritarie per la biodiversità (zone umide, ambienti fluviali, ambienti agricoli) Tutelare le aree agricole come elemento caratteristico della pianura e come presidio del paesaggio urbano tramite la promozione di azioni volte alla riproposizione degli elementi propri del paesaggio rurale tradizionale della pianura lombarda come filari ed alberate. 43

44 COMPONENTE AIENTALE Piani di riferimento n. OBIETTIVI DI VALENZA AIENTALE PTUA 40 Recuperare e salvaguardare le caratteristiche ambientali delle fasce di pertinenza fluviale e degli ambienti acquatici. PPR 41 Promozione di un agricoltura più compatibile Popolazione e Salute umana Tutti i Piani 42 Diminuzione delle emissioni e dei nitrati nelle acque utilizzate a fini potabili Gli obiettivi di valenza ambientale individuati sono stati incrociati con le azioni del PdA ed è stata valutata, secondo la seguente scala, la coerenza-incoerenza- presenza di interferenza o meno tra l obiettivo del PdA e l obiettivo del piano o del programma considerato. Tabella 5-6: scala di valutazione nell analisi della coerenza esterna + Coerenza Nessuna interferenza Possibile incoerenza-contrasto - Incoerenza- contrasto Tabella 5-7: Analisi della coerenza esterna tra il PdA e gli obiettivi ambientali dei piani e programmi considerati. Obiettivi Titolo II Disposizioni generali- Capo I: Criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento di cui al D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 art.101 e 112 e al D.M. del 7 aprile 2006 Titolo II Disposizioni generali- Capo II: Gestione degli effluenti:struttu re di stoccaggio Titolo II Disposizioni generali- Capo III: Gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica Titolo II Disposizioni generali- Capo IV: Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento:modalità di utilizzazione agronomica Articoli Articoli Articoli Articoli

45 Obiettivi Titolo II Disposizioni generali- Capo I: Criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento di cui al D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 art.101 e 112 e al D.M. del 7 aprile 2006 Titolo II Disposizioni generali- Capo II: Gestione degli effluenti:struttu re di stoccaggio Titolo II Disposizioni generali- Capo III: Gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica Titolo II Disposizioni generali- Capo IV: Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento:modalità di utilizzazione agronomica Articoli Articoli Articoli Articoli

46 Obiettivi Titolo II Disposizioni generali- Capo I: Criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento di cui al D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 art.101 e 112 e al D.M. del 7 aprile 2006 Titolo II Disposizioni generali- Capo II: Gestione degli effluenti:struttu re di stoccaggio Titolo II Disposizioni generali- Capo III: Gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica Titolo II Disposizioni generali- Capo IV: Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento:modalità di utilizzazione agronomica Articoli Articoli Articoli Articoli

47 Dalla matrice sopra riportata si rileva come: ci sia una possibile interferenza/contrasto tra gli articoli che trattano delle strutture di stoccaggio dei materiali palabili (art.9), dei materiali non palabili (art.11) e dei fertilizzanti diversi dagli effluenti di allevamento (art.17) con gli obiettivi di valenza paesaggistica del PTR della Regione Lombardia, nei quali l agricoltura viene assunta come fattore di qualificazione progettuale (obiettivo 38) e dove l agricoltura viene considerata come presidio del paesaggio urbano, tramite la promozione di azioni volte alla riproposizione degli elementi propri del paesaggio rurale. Le strutture di stoccaggio costituite da vasche fuori terra potrebbero creare in talune situazioni impatto negativo sul paesaggio. La predisposizione di cortine e schermature verdi sul perimetro della struttura rientrano tra gli strumenti di progettazione in grado di consentire efficaci azioni di mitigazione là dove specifiche misure di tutela del paesaggio sono previste. 47

48 6 Quadro ambientale Ai fini dell approvazione di piani e programmi per i quali è prevista la VAS, deve essere redatta una relazione di compatibilità ambientale comprensiva di opportune informazioni sul monitoraggio ambientale. La relazione così integrata costituisce il Rapporto Ambientale che, secondo quanto prescritto dalla normativa comunitaria (direttiva 2001/42/CE) deve supportare il processo di pianificazione/valutazione. Per la sua redazione, occorre definire innanzitutto l ambito di influenza del Programma, in relazione ad aspetti territoriali, ambientali, pianificatori e programmatori. Il territorio di interesse del Programma d Azione Nitrati oggetto di aggiornamento è l area della Regione Lombardia designata come Zona Vulnerabile ai Nitrati con D.G.R. VIII/3297 del 2006 che attualmente occupa circa il 60% della Pianura Padana, zona ad elevata intensità zootecnica e/o vulnerabile sotto il profilo idrogeologico. I comuni ricadenti, interamente o parzialmente, nella Zona Vulnerabile ai Nitrati risultano dislocati sul territorio regionale come indicato dalla Figura 6-3; effettuando una distinzione e quantificazione per provincia emerge il quadro riportato di seguito e presentato in Figura 6-1 e Figura 6-2. Tabella 6-1: Suddivisione dei comuni ricadenti nelle aree totalmente e parzialmente vulnerabili. Provincia Numero di comuni totalmente vulnerabili ai sensi della D.G.R. VIII/3297 dell 11/10/2006 Numero di comuni parzialmente vulnerabili ai sensi della D.G.R. VIII/3297 dell 11/10/2006 Bergamo Brescia Como 34 2 Cremona Lecco 12 6 Lodi Monza-Brianza Milano Mantova 94 9 Pavia Varese Totale

49 Figura 6-1: Distribuzione di frequenza per provincia dei comuni ricadenti totalmente nella Zona Vulnerabile ai Nitrati ai sensi della D.G.R. VIII/3297. Figura 6-2: Distribuzione di frequenza per provincia dei comuni parzialmente ricadenti nella Zona Vulnerabile ai Nitrati ricadenti ai sensi della D.G.R. VIII/

50 Figura 6-3: Zone Vulnerabili ai Nitrati con limiti comunali. Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque 50

51 Verrà ora fornita una descrizione dello stato di fatto delle componenti ambientali incidenti e potenzialmente interessate dagli effetti connessi alle scelte operate dal programma, ovvero suolo, clima, acqua, atmosfera e delle pressioni sulle acque originate dal settore agrozootecnico regionale e dagli scarichi di origine civile ed industriale. Alcune delle informazioni di seguito illustrate erano già presenti nella pubblicazione Attuazione della Direttiva Nitrati in Lombardia, elaborata su incarico del Consiglio Regionale del 6 agosto 2009 da ERSAF, coi contributi della DG Agricoltura e di ARPA, e sono state qui integrate ed aggiornate con dati più recenti, di fonte Regione Lombardia, ARPA ed ERSAF Caratterizzazione climatica Dal punto di vista climatico, nella pianura lombarda agiscono soprattutto la latitudine (45 parallelo Nord) e la localizzazione geografica, che la pone in posizione tale da essere influenzata dal Mar Mediterraneo, dall Oceano Atlantico, dal Continente Eurasiatico, dall area artica e dal continente africano. Per quanto riguarda gli aspetti circolatori locali, la Valpadana risulta delimitata da Alpi e Appennini, con una sola grande apertura verso Est. A tali elementi primari si associano i caratteri della copertura del suolo (tipo di copertura, vegetazione naturale o coltivata) ed i caratteri della superficie (giacitura, pendenza, esposizione, altitudine), cooperando a determinare il clima alle diverse scale. Il clima della fascia pianeggiante della Lombardia viene classificato come mesoclima padano, transizione fra il clima Mediterraneo e quello Continentale Europeo, che si caratterizza per inverni rigidi ed estati relativamente calde, elevata umidità, specie nelle zone con più ricca idrografia, nebbie frequenti specie in inverno, piogge piuttosto limitate, ma relativamente ben distribuite durante tutto l anno e frequenti episodi temporaleschi estivi. Sul territorio di pianura le temperature medie annue sono assai uniformi e presentano valori compresi fra 12 e 14 C. Per effetto di questi fattori, la stagione di crescita delle colture è considerevolmente lunga. La piovosità media annua risulta gradatamente crescente dal basso mantovano verso nordovest, fino a raggiungere i massimi precipitativi della zona dei laghi prealpini. Sempre secondo la climatologia citata, si passa dai circa mm nel basso mantovano ai mm annui dell alta pianura occidentale (Figura 6-4). La pratica irrigua, diffusa su gran parte del territorio di pianura risulta però indispensabile per ottenere elevate le rese per ettaro tipiche del mais. In prevalenza si tratta tuttavia di irrigazione per scorrimento a bassa efficienza che impiega quantitativi d acqua frequentemente superiori alle necessità colturali, che possono tradursi in un aumento del rischio di mobilizzazione dei nitrati nel suolo verso gli acquiferi sottostanti. La distribuzione delle precipitazioni nell area padana nel corso dell anno mostra due massimi: uno principale in autunno (intorno a ottobre) ed uno secondario in primavera (intorno a maggio). Quindi l andamento climatico e gli specifici eventi nella pianura lombarda, rappresentano, accanto alle caratteristiche dei suoli e alla loro gestione agronomica intensiva, uno dei fattori in grado di condizionare il rilascio di composti azotati verso il sistema acque. La ventosità, infine, risulta di norma ridotta. 51

52 Figura 6-4: Distribuzione media-annua delle precipitazioni (mm/anno) ( ERSAF, 2009). Durante l anno particolare attenzione deve essere riservata a due periodi climatici cruciali per quanto riguarda la concimazione. Tali periodi corrispondono alla transizione autunno inverno (fine ottobre e novembre) e inverno primavera (febbraio), durante i quali hanno rispettivamente termine e inizio la gran parte delle pratiche di distribuzione di effluenti di allevamento. Il mese di novembre presenta generalmente caratteri di progressivo passaggio alla stagione invernale, ma conserva dal punto di vista pluviometrico, il tipico comportamento autunnale, condividendo con il mese di ottobre i massimi di precipitazione mensili dell anno. Nelle zone collinari della regione, a ridosso dei primi contrafforti prealpini, si osservano con relativa frequenza eventi precipitativi dalle caratteristiche alluvionali, che portano non di rado la media mensile a raggiungere i mm. Il mese di febbraio al contrario, inizia a presentare segnali d uscita dall inverno nella parte terminale, non appena l aumentata durata del giorno inizia a produrre i propri effetti di riscaldamento. In pianura la media delle temperature massime passa dai 6 /8 C della prima decade agli 8 /11 C della terza. Anche la media dei valori minimi tende ad innalzarsi, passando dai 1 C/ 2 C della prima decade ai circa +1 C della terza decade. Durante il mese sono complessivamente maggiori le temperature massime sulla parte occidentale rispetto alla pianura orientale. Febbraio è inoltre un mese povero di precipitazioni: le statistiche indicano che sulla pianura le piogge sono mediamente comprese fra 60 e 90 mm. 52

53 6.2 Caratterizzazione pedologica I suoli della pianura lombarda si sono sviluppati su sedimenti di origine glaciale, nelle zone moreniche, e di origine fluvioglaciale e alluvionale nella restante parte del territorio. I suoli nella porzione occidentale della pianura hanno, in generale, una granulometria più grossolana (tessitura da sabbioso-franca a francosabbiosa) e un ph da neutro a subacido, mentre spostandosi verso est divengono via via più fini (con tessiture franche, franco-argillose, fino ad argillose nell Oltrepo mantovano) e alcalini. A questa variabilità lungo l asse ovest-est se ne aggiunge un altra lungo la direzione nord sud, per cui i suoli morenici e dell alta pianura lungo il margine prealpino sono ghiaiosi e spesso pietrosi, mentre allontanandosi da esso verso il Po il loro contenuto in scheletro diminuisce progressivamente fino ad essere del tutto assente nei suoli della bassa pianura. I caratteri fisico-chimici e l alta capacità di ritenzione idrica rendono la maggior parte dei suoli della pianura lombarda estremamente fertili, dotandoli di una elevata potenzialità produttiva: secondo il sistema, universalmente adottato, della Land Capability Classification, essi sono infatti in larga misura suoli classificati di alto valore produttivo (suoli di classe I e II, senza o solo con lievi limitazioni all uso agricolo). Le stesse proprietà chimico-fisiche condizionano anche la capacità di attenuazione dei rischi di contaminazione delle acque che i suoli sono in grado di esercitare operando da filtro e tampone nei confronti del rilascio di nutrienti (azoto, fosforo) e determinando condizioni favorevoli all assorbimento di questi ultimi da parte delle colture. La capacità dei suoli di ostacolare il trasporto, in particolare di nitrati, verso le falde tramite le acque di percolazione e verso il reticolo idrografico di superficie per ruscellamento varia peraltro a seconda delle caratteristiche e della distribuzione dei diversi tipi di suoli nella pianura lombarda; tale capacità protettiva è infatti minore nella pianura nord-occidentale e nell alta pianura dove i suoli sono più permeabili (Figura 6-5 e Figura 6-6) nel pavese, basso milanese e lodigiano e nell alta pianura bergamasca e bresciana, tuttavia, la diffusa presenza al di sotto degli strati coltivati di orizzonti più ricchi in argilla conferisce ai suoli una maggiore capacità di regolazione dei flussi idrici e di mitigazione delle perdite di nitrati per lisciviazione. Nella pianura centro-orientale, invece, la più bassa permeabilità dei materiali rende minore la tendenza dei suoli alla percolazione, richiedendo, all opposto, una maggiore attenzione nei confronti dei ristagni superficiali e dei fenomeni di scorrimento superficiale e sottosuperficiale che possono favorire la veicolazione dei nutrienti in eccesso verso il reticolo idrografico 53

54 Figura 6-5: Carta della capacità protettiva dei suoli della Lombardia nei confronti delle acque superficiali. Figura 6-6: Carta della capacità protettiva dei suoli della Lombardia nei confronti delle acque sotterranee. 54

55 Per quanto riguarda il contenuto in sostanza organica dei suoli, pur essendo le condizioni pedoclimatiche della pianura padana ben diverse da quelle del centro e nord Europa e tali da non consentire tenori paragonabili a quelli che si possono trovare in quegli ambienti, è opinione generalmente condivisa che l intensificazione e la specializzazione dell agricoltura hanno portato negli ultimi anni ad un significativo declino nel contenuto in carbonio organico dei suoli coltivati anche in Lombardia. In proposito, si può osservare che il contenuto in sostanza organica dei suoli della pianura (Figura 6-7) si situa mediamente oggi tra il 1% e il 2,5%, con una evidenza, tuttavia, di maggiori dotazioni nelle aree a più forte concentrazione della zootecnia. Pertanto, anche nell ambito delle tematica nitrati, assume rilevanza non secondaria il ruolo che una opportuna gestione degli effluenti di allevamento può avere nella protezione della risorsa suolo, rispetto alla quale l Unione Europea ha sviluppato una specifica strategia tematica (COM (2006) 231) e formulato una proposta di direttiva (Soil Framework Directive COM (2006) 232). Figura 6-7: Carta dei suoli della Lombardia 1: tematizzata relativamente al contenuto di sostanza organica nei primi 40 cm di profondità ( ERSAF, 2009). 55

56 6.3 Uso del suolo Il territorio della Regione Lombardia ha una superficie di circa ha e di questi la superficie utilizzata in agricoltura copre circa ha, di cui oltre l 80 % è in pianura. Nella Figura 6-8 viene riportato l uso del suolo, suddiviso per le principali macrocategorie (le principali tipologie di copertura): aree antropizzate; aree agricole; territori boscati ed ambiti seminaturali; aree umide; corpi idrici. I dati sono tratti dalla base informativa DUSAF (Destinazione d Uso dei Suoli Agricoli e Forestali) che utilizza una legenda gerarchica regionale basata sul sistema di nomenclatura europeo CORINE) Figura 6-8: Carta dell uso del suolo della Regione Lombardia livello 1 (ERSAF, 2010). 56

57 Dal confronto tra i dati 1999 e 2007 dell uso del suolo (DUSAF 1.1 e 2.1) si evidenzia una significativa contrazione delle superfici agricole (diminuzione superiore ai ha a livello regionale in 8 anni). Alla diminuzione di superfici agricole ha corrisposto un aumento sia delle aree antropizzate ( ha circa) che dei territori boscati e ambienti seminaturali (+ quasi ha), tale fenomeno risulta ben evidente anche nelle province tradizionalmente legate alle attività agricole. Tabella 6-2: Confronto classi uso suolo , variazioni espresse in termini assoluti e in % PROV. Sup. ambito amm. (ha) DUSAF 1.1 (1999) Sup. (ha) DUSAF 2.1 (2007) Sup. (ha) Variazione sup. (ha) Variazione annuale (ha) Variazione annuale/ sup. ambito amm. (%) Variazione/ sup. DUSAF 1.1 (%) VA ,19% 5,58% CO ,12% 6,29% SO ,03% 12,20% MI ,47% 10,52% BG ,20% 12,95% AREE ANTROPIZZATE BS ,18% 14,22% PV ,10% 9,70% CR ,15% 13,13% MN ,27% 21,03% LC ,15% 8,65% LO ,21% 15,65% ,40% 6,46% Regione ,18% 11,32% VA ,10% -4,87% CO ,09% -4,30% SO ,03% -2,95% MI ,44% -6,33% BG ,20% -5,40% BS ,34% -7,15% AREE AGRICOLE PV ,23% -2,42% CR ,17% -1,56% MN ,30% -2,80% LC ,22% -9,95% LO ,27% -2,62% ,41% -8,26% Regione ,23% -3,98% 57

58 PROV. Sup. ambito amm. (ha) DUSAF 1.1 (1999) Sup. (ha) DUSAF 2.1 (2007) Sup. (ha) Variazione sup. (ha) Variazione annuale (ha) Variazione annuale/ sup. ambito amm. (%) Variazione/ sup. DUSAF 1.1 (%) VA ,10% -1,71% CO ,03% -0,44% SO ,00% -0,03% MI ,03% -3,37% BG ,00% 0,00% TER. BOSCATI A. SEMINATURALI BS ,16% 2,68% PV ,14% 7,72% CR ,03% 9,13% MN ,05% 17,44% LC ,07% 0,95% LO ,06% 11,26% ,00% 0,30% Regione ,05% 1,07% 58

59 La carta seguente (Figura 6-9) mostra il confronto tra la superficie agricola nel DUSAF 2.1 (anno 2007) e la stessa nell anno 1955 (fonte ortofoto del volo GAI curato dall IGM ed eseguita dal consorzio Gruppo Aereo Italiano nel ). Figura 6-9: Variazione della superficie agricola tra il 1955 e il 2007(ERSAF, 2010) La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) in Regione Lombardia I valori di SAU utilizzati nelle elaborazioni del presente rapporto sono stati calcolati a partire dalla carta dell utilizzo agricolo annuale (anno 2010) che rappresenta cartograficamente, ed in modo continuo per l intera superficie regionale, i dati relativi agli investimenti delle superfici agricole, incrociando le informazioni dell uso e copertura del suolo (DUSAF) con quelle contenute nelle banche dati SIARL. La carta dell utilizzo agricolo rappresenta classi d uso che integrano i dati DUSAF relativi alle classi aree antropizzate, corpi idrici, spiagge, cave, discariche, territori boscati e ambienti seminaturali, con informazioni fornite dal SIARL, specificamente riferite alle geometrie delle particelle e dichiarazioni di uso (aree agricole, in parte territori boscati ed ambienti seminaturali). L estensione della SAU così determinata è riportata in Tabella 6-3. Tali valori comprendono anche alcune classi di uso del suolo quali le praterie alpine ad uso pascolo e i pascoli boscati che non sono conteggiate nel calcolo delle aree agricole in precedenza riportato. 59

60 Figura 6-10: SAU regionale fonte dati USO AGRICOLO 2010 (elaborazione ERSAF). Tabella 6-3 mostra il totale complessivo di ha di SAU ripartiti per Zone Vulnerabili e non. Tabella 6-3: Ettari di SAU. Area SAU ha Zone Vulnerabili ai Nitrati Zone non Vulnerabili ai Nitrati Totale Lombardia Distribuzione delle principali colture in Regione Lombardia Nelle figure che seguono sono rappresentate diffusione ed estensione in Lombardia dei seminativi (coltivazioni erbacee in avvicendamento e in omosuccessione), delle risaie, dei vigneti e dei prati e pascoli. 60

61 Figura 6-11: Estensione dei seminativi (classe 211) nelle provincie lombarde e distribuzione cartografica (ERSAF). Figura 6-12: Estensione delle risaie (classe 213) nelle province lombarde e distribuzione cartografica (ERSAF). 61

62 Figura 6-13: Estensione dei Vigneti (classe 221) nelle provincie lombarde e distribuzione cartografica (ERSAF). Figura 6-14: Estensione dei prati permanenti e dei pascoli (classe 231) nelle provincie lombarde e distribuzione cartografica (ERSAF). 62

63 6.4 Demografia L andamento demografico in Lombardia nel periodo (fonte dei dati elaborazioni e rapporti ARPA Lombardia) illustrato in Tabella 6-4 e nella Figura 6-15 mostra un incremento del numero di abitanti dal 1991 al 2009 di quasi l 11%. Si noti che nel periodo , corrispondente all intervallo temporale di rilevazione delle variazioni d uso del suolo (DUSAF 1.0 e DUSAF 2.1), il tasso di crescita della popolazione è stato del 7,48% contro un incremento delle superfici antropizzate dell 11,32%. Tabella 6-4: Numero di abitanti della Regione Lombardia dal 1991 al 2009 e percentuale di incremento annuale. Anno Abitanti Lombardia % incremento , , , , , , , , , , , , , , , , , ,86 63

64 Figura 6-15: Grafico che mostra l incremento in valore assoluto (istogramma) e in percentuale (linea) di abitanti della Regione Lombardia dal 1991 al , , , , , , , , Incremento percentuale Abitanti totali in Lombardia Per una stima dell evoluzione nel tempo della demografia in Lombardia si riportano alcune elaborazioni tratte dal lavoro (Barbiano di Belgiojoso e Rimoldi, 2009) che propone 4 differenti ipotesi di previsione (Tabella 6-5) dello sviluppo demografico; esse nascono dalla combinazione di due ipotesi formulate rispetto alla fecondità (costante e crescente) e due per i movimenti migratori. Tabella 6-5: Descrizione delle quattro ipotesi di previsione (Barbiano di Belgiojoso e Rimoldi, 2009). Fecondità costante Fecondità crescente Movimenti migratori A Ipotesi 1 Ipotesi 3 Movimenti migratori B Ipotesi 2 Ipotesi 4 Per quanto concerne i movimenti migratori (movimenti interni o da e verso l estero) sono state considerate nello studio: (A) una serie storica più ampia ( ), (B) il trend più recente relativo all ultimo triennio ( ). Si sono quindi ottenuti i saldi migratori per singolo comune ed anno di previsione. Tutte le ipotesi effettuate nello studio prevedono una crescita della popolazione lombarda che nel 2030 potrebbe oscillare tra 10,3milioni e 10,9milioni di abitanti come mostrato in Figura

65 Figura 6-16: Popolazione al 31 dicembre anni , Lombardia( Barbiano di Belgiojoso e Rimoldi, 2009) Ipotesi 1 Ipotesi 2 Ipotesi 3 Ipotesi Lo scenario regionale, tuttavia, nasconde alcune differenze a livello provinciale. In generale per tutte le province lombarde sarebbe riscontrabile una crescita maggiore nei primi 10 anni di previsione rispetto al secondo decennio, come già visto a livello regionale. Secondo lo studio citato la Provincia di Lodi sarà quella caratterizzata dalla maggior crescita seguita da Mantova, Bergamo e Brescia. Viceversa per la Provincia di Sondrio, dopo un primo decennio di lieve crescita, si stima un calo della popolazione. Secondo le ipotesi a fecondità costante, la Provincia di Milano, che attrae il 40% dell intera popolazione regionale, dovrebbe registrare nei prossimi dieci anni una crescita di gran lunga inferiore alla media regionale, mentre nel successivo decennio dovrebbe inizialmente sperimentare un breve lasso di tempo caratterizzato da crescita zero seguito da un periodo di decremento della popolazione che determinerebbe una perdita di unità nell ipotesi 1 e nell ipotesi 2. Comportamento molto simile è previsto anche per le Province di Varese e Como, sebbene i livelli di crescita per queste due province siano superiori a quelli stimati per Milano. Tra le province previste maggiormente in crescita si possono inserire anche Pavia e Cremona, caratterizzate da livelli leggermente inferiori alle province più vitali, ma superiori a Milano, Como e Varese. 6.5 Stato di qualità delle acque In questo paragrafo vengono riportati i dati disponibili relativamente allo stato delle risorse idriche della Lombardia, relativi sia alle acque sotterranee che superficiali (fonte dei dati ARPA Lombardia) Acque sotterranee L analisi dei dati è stata eseguita in accordo con i criteri adottati nella Relazione ex articolo 10 della Direttiva 91/676/CE del MATTM elaborando i dati secondo le classi di concentrazione nelle acque di NO 3 >50 mg/l, mg/l, 25-39,99 mg/l e 0-24,99 mg/l. 65

66 Sono stati utilizzati i dati relativi al periodo compreso tra novembre 2002 e dicembre 2009, per un totale di 15 campagne di monitoraggio (2 campionamenti all anno). Nelle Figura 6-17 sono riportati i valori medi rilevati nei 398 punti di monitoraggio situati nell area di pianura per l intero periodo di studio Tutti i punti di prelievo sono localizzati in acquiferi superficiali A, B + Locali. La Tabella 6-6 e la Figura 6-18 riportano il dettaglio delle concentrazioni medie annuali tra il 2002 e il 2009 in ZVN e ZnVN. Figura 6-17: Concentrazione media di NO 3 (mg/l) in falda rilevata nell intero periodo (classi MATTM). Tabella 6-6: Concentrazione media annua di NO 3 (mg/l) in pianura rilevata nell intero periodo Concentrazioni medie NO3 (mg/l) Periodo Intero Periodo Regione 16,68 16,12 16,25 17,72 17,51 19,08 17,33 18,19 18,24 ZVN 21,93 21,80 21,95 22,17 21,10 24,27 22,42 22,50 22,56 ZnVN 11,49 10,37 10,54 12,85 11,03 12,58 12,00 12,57 12,55 66

67 Figura 6-18: Concentrazione media annua di NO 3 (mg/l) in pianura rilevata nell intero periodo Le variazioni intervenute nel tempo (parametro NO 3 ) sono state verificate mediante il confronto dei valori medi relativamente a due periodi e (Tabella 6-7 e Figura 6-19) Il confronto è stato eseguito con i dati dei soli pozzi campionati sia nel periodo che nel periodo I punti campionati in entrambi i periodi sono 334 di cui 188 in Zone Vulnerabili e 146 in Zone non Vulnerabili. Tabella 6-7: Concentrazione di NO 3 in falda; confronto tra i periodi e (pozzi campionati in entrambi i periodi). Concentrazioni medie NO 3 (mg/l) Periodo Intero Periodo REGIONE 18,08 18,72 18,41 ZVN 21,93 22,84 22,48 ZnVN 13,11 13,42 13,17 In media la variazione è stata inferiore a 1 mg/l. Nel 70% dei punti di campionamento le concentrazioni dei nitrati nel periodo sono diminuite o rimaste costanti (variazione compresa tra ±1mg/l). Come evidenziato in Tabella 6-8, inoltre, la presenza di nitrati nelle acque dei punti di prelievo ove le concentrazioni erano più altre nel periodo non è aumentata nelperiodo

68 Figura 6-19: Concentrazione di NO 3 in falda; confronto tra i periodi e (pozzi campionati in entrambi i periodi). Tabella 6-8: Confronto tra le concentrazione di NO 3 (valori medi in mg/l) nei periodi e per i punti di prelievo in cui nel periodo sono state rilevate concentrazioni >= di 25 mg/l e <25mg/l. Concentrazioni medie NO 3 (mg/l) n Punti Medie Pozzi < ,95 7,89 >= ,13 40, Acque superficiali Nitrati L analisi dei dati delle acque superficiali è stata eseguita in accordo con i criteri adottati nella Relazione ex articolo 10 della Direttiva 91/676/CE del MATTM elaborando i dati di concentrazione di NO 3 nelle acque secondo le classi: >50 mg/l, mg/l, 25-39,99 mg/l e 0-24,99 mg/l. In linea generale sono stati effettuati in ciascun punto di monitoraggio prelievi e misure mensili dal 2000 al 2008; dal 2009 sono invece eseguiti 4 campionamenti all anno. Nella Figura 6-20 sono riportate le concentrazioni medie di NO 3 nelle acque superficiali relativamente ai corsi d acqua naturali e artificiali per l intero territorio regionale nel periodo (fonte dati ARPA). Nel 2009 la rete e il sistema di monitoraggio hanno subito modifiche come descritto nel capitolo La Tabella 6-9 riporta il dettaglio delle concentrazioni medie annuali tra il 2000 e il 2009 suddivise sia per ZVN e ZnVN che per corsi d acqua naturali e artificiali. 68

69 Figura 6-20: Concentrazione media in mg/l di NO 3 nelle acque superficiali rilevata nel periodo (classi MATTM). Tabella 6-9: Concentrazione media annua di NO 3 (mg/l) rilevata nell intero periodo Concentrazioni medie per anno in mg/l di NO RL 10,38 10,83 11,60 10,06 12,33 12,47 12,57 11,92 12,14 14,46 ZVN 14,10 15,08 15,96 14,71 17,47 17,36 17,69 16,40 16,75 19,95 ZnVN 7,41 7,18 7,97 6,48 7,91 8,21 8,09 7,89 7,99 8,90 Artificiali 11,07 13,14 13,43 11,16 14,54 14,25 13,77 12,46 14,04 18,34 Naturali 10,00 9,52 10,62 8,86 11,07 11,46 11,88 11,60 11,01 12,00 69

70 Figura 6-21: Punti di prelievo nei quali almeno una determinazione di NO 3 nel periodo è stata >50 mg/l, suddivisi per corsi d acqua artificiali e naturali. I numeri accanto ai simboli indicano la percentuale di punti che supera il valore soglia sul totale delle misure effettuate in ciascuna stazione. La Figura 6-22 rappresenta la percentuale di prelievi che hanno superato la soglia dei 50 mg/l nei singoli mesi dell anno rispetto al totale delle determinazioni effettuate nell intero periodo Figura 6-22: Percentuale di prelievi > 50 mg/l rispetto al totale delle determinazioni ( ). La Tabella 6-10 e la Figura 6-23 riportano il trend dei valori medi di concentrazione di NO3 sia per l intera regione che scorporati nei sottoinsiemi ZVN / ZnVN e Artificiali / Naturali nei due periodi ( e ) considerando i 182 punti che hanno valori in entrambi i periodi. 70

71 Tabella 6-10: Concentrazioni medie per anno di NO 3 per i periodi e relative ai corsi d acqua superficiali, ripartiti tra corsi d acqua artificiali, naturali, in ZVN, e ZnVN. Concentrazioni medie NO 3 (mg/l) Periodo Intero Periodo Regione 12,89 13,63 ## 13,14 ZVN 17,26 18,26 17,60 ZnVN 8,33 8,79 ## 8,48 Artificiali 14,19 16,25 14,88 Naturali 12,06 11,95 12,02 Figura 6-23: Concentrazioni medie per anno di NO 3 per i periodi e relative ai corsi d acqua superficiali, ripartiti tra corsi d acqua artificiali, naturali, in ZVN, e ZnVN Fosforo Le analisi fatte sulle concentrazioni di fosforo nelle acque superficiali hanno interessato il periodo (fonte dati ARPA). Sono di seguito esaminate le concentrazioni di ortofosfati che sono la parte più solubile e quindi la forma più mobile del fosforo. I dati di ortofosfati sono stati elaboranti secondo le classi di concentrazione nelle acque di PO 4 che sono >2 mg/l, 1,01-2 mg/l, 0,501-1 mg/l, 0,1-0,5 mg/l e <0,1 mg/l (Figura 6-24). 71

72 Figura Concentrazioni medie di Ortofosfati (mg/l di PO4) per il periodo La Tabella 6-11 dettaglia le concentrazioni annuali in mg/l degli orto fosfati dal 2004 al 2009 distinguendo i campionamenti in ZVN /ZnVN e artificiali / naturali. Tabella 6-11: Concentrazioni medie di ortofosfati (mg/l di PO 4 ) per singolo anno nel periodo Ortofosfati (mg/l di PO 4 ) Regione 0,48 0,52 0,67 0,75 0,52 0,42 ZVN 0,63 0,68 0,96 1,03 0,69 0,55 ZnVN 0,36 0,39 0,43 0,50 0,38 0,30 A 0,37 0,36 0,57 0,52 0,45 0,28 N 0,55 0,62 0,73 0,89 0,57 0,52 72

73 Tabella 6-12: Confronto delle concentrazioni medie di ortofosfati (mg/l di PO 4 ) nei periodi e Ortofosfati (mg/l di PO 4 ) Intero Periodo Regione 0,60 0,47 0,56 ZVN 0,82 0,62 0,75 ZnVN 0,41 0,34 1 0,39 Artificiali 0,46 0,37 0,43 Naturali 0,69 0,54 0,63 Figura 6-25: Confronto delle concentrazioni medie di ortofosfati (mg/l di PO4 ) nei periodi e Il carico di azoto di origine civile e industriale A livello regionale, i carichi potenziali di azoto prodotti da fonte civile sono stimati in t/anno mentre quelli da fonte industriale circa t/anno per un totale di t/anno (fonte dei dati elaborazioni e rapporti ARPA Lombardia) Stima dei carichi organici da fonte civile Il presente paragrafo descrive le modalità di stima dei carichi di azoto di origine civile per il loro confronto con gli analoghi carichi di origine industriale ai fini della definizione del quadro ambientale di riferimento per il Programma di Azione Nitrati e per la relativa Valutazione Ambientale Strategica. La base di calcolo adottata è lo strato geografico georeferenziato relativo ai cittadini domiciliati (ARPA utilizza a tal fine i dati dell anagrafe dei cittadini della Regione Lombardia assistiti dal Sistema Sanitario Regionale), applicando il coefficiente di carico di 12,3 g/giorno di N totale per abitante equivalente (AE). ARPA Lombardia acquisisce (tramite un accordo con la DG Sanità della Regione Lombardia) l anagrafe dei cittadini della Regione Lombardia assistiti dal Sistema Sanitario Regionale che contiene, oltre ai cittadini residenti, anche i cittadini domiciliati. Per gli scopi dell analisi si è ritenuto più significativo utilizzare l indirizzo del domicilio anziché quello di residenza perché il carico inquinante sulle acque si esercita dove la popolazione vive realmente. 73

74 6.6.2 Stima dei carichi organici da fonte industriale Per quanto riguarda la stima dei carichi potenziali di azoto da fonte industriale, vengono applicati i coefficienti di carico per addetto, distinti per divisione produttiva, al set di aziende potenzialmente impattanti. La base dati di partenza utilizzata per la stima dei carichi inquinanti potenziali di origine industriale è il sistema AIAP (Archivio Integrato delle Attività Produttive). A sua volta, AIAP si basa sull anagrafica del Registro delle Imprese, a cui sono associate le informazioni di carattere ambientale gestite in ARPA. Tabella 6-13: categorie di attività considerate dal PTUA come potenzialmente produttrici di carichi di azoto. Codice ATECO Descrizione dell attività produttiva 15 Industrie alimentari e delle bevande. 17 Industrie tessili. 18 Confezione di articoli di vestiario; preparazione e tintura di pellicce. 19 Preparazione e concia del cuoio; fabbricazione di articoli da viaggio, borse, articoli da correggiaio, selleria e calzature. 21 Fabbricazione della pasta-carta, della carta e dei prodotti di carta. 23 Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento dei combustibili nucleari. 24 Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali. 25 Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche. 28 Fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo, escluse macchine e impianti. 29 Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, compresi l'installazione, il montaggio, la riparazione e la manutenzione. A partire dalle circa aziende attive registrate in AIAP circa risultano avere potenziali emissioni in acqua di sostanze inquinanti. Il coefficiente di carico di azoto specifico per ogni classe ATECO, moltiplicato per il numero di addetti dell unità locale fornisce il carico potenziale di azoto totale dell unità locale. I carichi relativi a ciascuna unità locale sono stati aggregati per comune. Nelle elaborazioni fornite da ARPA Lombardia alle aziende individuate sono applicati i coefficienti di carico per attività industriale (AE/addetto per tipologie produttive) definiti nel Master Plan dell Autorità di Bacino del Po, successivamente adottati nel PTUA (per il carico organico) e nella d.g.r. VIII/2557/06 Si sottolinea che i carichi così stimati vanno intesi in termini di carico potenziale massimo (a monte quindi di eventuali trattamenti depurativi, indipendentemente dal recupero dei reflui nel ciclo produttivo, ecc.). Poiché il carico di azoto di origine industriale così determinato risulta fortemente sovradimensionato la Regione Lombardia nelle informazioni per la metodologia tecnica di individuazione degli agglomerati lombardi del 25 luglio 2006 (direzione reti e servizi di pubblica utilità) ha introdotta la soglia dei 50 AE massimi come criterio per la stima dei carichi industriali; in sostanza si ipotizza che nei casi in cui il carico potenziale stimato superi i 50 AE la singola azienda non scarichi in fognatura in modo diretto ma sia dotata di un proprio impianto di pretrattamento: in questi casi il carico emissivo stimato viene quindi abbattuto in modo fisso a 50 AE. Le differenze sulle stime effettuate sono notevoli: nel primo caso (circa t/anno) 74

75 vanno intesi come una stima della pressione industriale massima teorica, nel secondo caso (circa t/anno) come un indicazione dei carichi che più ragionevolmente possono essere effettivamente emessi nell ambiente. Tabella 6-14: Sintesi dei carichi potenziali espressi in Abitanti Equivalenti (AE) aggregati sui limiti provinciali. Provincia AE_civ AE_ind1 AE_i1_max AE_tot Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Monza e Brianza Pavia Sondrio Varese Totale Lombardia AE_civ: carico civile AE_ind1: carico industriale potenziale (a monte di eventuali depurazioni) totale sulla base dei coefficienti di carico (AE/addetto per tipologie produttive) del PTUA MasterPlan AE_i1_max: carico industriale potenziale sulla base dei coefficienti del PTUA MasterPlan, applicando la soglia massima di 50 AE per ogni azienda AE_TOT: somma dei carichi potenziali massimi totali (in questo caso dato dalla somma di AE_civ e AE_ind1) Tabella 6-15: Sintesi dei carichi potenziali espressi in Abitanti Equivalenti (AE) aggregati sui limiti provinciali. Provincia N_civ_t_an N_ind_t_an N_ic_t_an Bergamo 4.802, , ,9 Brescia 5.493, , ,7 Como 2.601, , ,3 Cremona 1.608, , ,7 Lecco 1.498, , ,3 Lodi 996, , ,0 Mantova 1.821, , ,3 Milano , , ,8 Monza e Brianza 3.731, , ,1 Pavia 2.407, , ,8 Sondrio 810,2 718, ,8 Varese 3.885, , ,1 Totale Lombardia Le figure seguenti mostrano l aggregazione dei carichi a scala comunale; si riportano i carichi civili (Figura 6-26) e i carichi da fonte industriale stimati con i coefficienti PTUA senza soglia (Figura 6-27) espressi in AE e il carico di N complessivo (Figura 6-28). 75

76 Figura 6-26: Tematizzazione dei Comuni sulla base del carico potenziale stimato da fonte civile. 76

77 Figura 6-27: Tematizzazione dei Comuni sulla base del carico potenziale stimato da fonte industriale (coefficienti PTUA: AE_ind1 senza soglia). 77

78 Figura 6-28: Tematizzazione dei Comuni sulla base del carico potenziale in t/anno di azoto da fonte civile e industriale (coefficiente 12,3 g/giorno di N per AE tot = AE civile + AE_ind1) Stima del carico potenzialmente non depurato Il carico di N totale (civile + industriale) prodotto a livello regionale è soggetto alla depurazione delle acque reflue. E possibile distinguere a tal proposito tra: carico di N relativo alle porzioni di territorio (definiti agglomerati) serviti da impianti di depurazione con una capacità >2.000 AE ; carichi di N esterni alla definizione attuale di agglomerati e relativi quindi alle porzioni di territorio collegati ad impianti di depurazione <2.000 AE o non serviti da fognatura. Il carico di N misurato in uscita dai depuratori relativi agli agglomerati > AE è stato nell anno 2007 pari a circa t/anno (fonte dati DG Ambiente Energia e Reti) a fronte di un carico in ingresso di circa t/anno. A questa carico si deve aggiungere la componente non collettata e non fognato. Dai dati forniti dalla DG Ambiente Energia e Reti (anno 2007), relativi al questionario presentato dai gestori degli agglomerati, 78

79 risulta che all interno degli stessi agglomerati >2.000 AE esistono porzioni di territorio, in alcuni casi non trascurabili, servite da pubblica fognatura ma i cui reflui non sono collettati verso il relativo impianto di trattamento o porzioni di territorio non ancora servite da pubblica fognatura. Tale carico è stimato in AE pari a circa t/anno di azoto applicando il fattore di conversione di 12,3 g/giorno di N prodotti per AE. Relativamente alla seconda componente all incirca il 10% della popolazione risulta non essere allacciata ad impianti di depurazione > A.E. La Tabella 6-16 dettaglia per provincia il numero di AE esterni al sistema di depurazione degli agglomerati; applicando il fattore di conversione di 12,3 g/giorno di N prodotti per AE si ottiene la stima complessiva della componente di carico civile relativo alle porzioni di territorio collegati ad impianti di depurazione < A.E. o non serviti da fognatura che risulta pari a circa t/anno di azoto. Tabella 6-16: Sintesi dei carichi da fonte civile sulla base dei domiciliati non ricompresi all interno della definizione attuale degli agglomerati, aggregati rispetto ai limiti provinciali. Provincia AEciv_outAG Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Mantova Milano Monza e Brianza Pavia Sondrio Varese Totale Lombardia Si sottolinea che quest ultimo approfondimento riguarda la componente di carico della sola fonte civile ed esclusivamente la parte di carico per la quale non si hanno stime ufficiali da parte delle AATO (esterne appunto agli agglomerati). Le due immagini seguenti descrivono i carichi da fonte civile (AE domiciliati) non ricompresi all interno della definizione attuale degli agglomerati, aggregati rispetto ai limiti comunali, in termini assoluti e relativi rispetto alla popolazione totale comunale. 79

80 Figura 6-29: Rappresentazione sintetica del numero degli abitanti domiciliati che risultano georeferenziati all esterno delle aree degli agglomerati attualmente definiti. 80

81 Figura 6-30: Rappresentazione sintetica della percentuale di abitanti domiciliati che risultano georeferenziati all esterno degli agglomerati attualmente definiti, rispetto alla popolazione comunale. 81

82 6.7 L azoto nel comparto agro-zootecnico Il patrimonio zootecnico Suini In base ai dati statistici il settore suinicolo regionale con capi allevati rappresenta, nel 2009, oltre il 50% dell intero patrimonio nazionale. Relativamente alla dinamica è stato mantenuto il trend già in atto da anni con una progressiva concentrazione dell attività nelle province di pianura (Brescia, Mantova e Cremona) dove si concentra il 72% della produzione e con una costante perdita di capi nelle zone montane. La crescita del settore suinicolo ha preso avvio negli anni 90 quando molte stalle con allevamento bovino da vacche da latte sono state trasformate in porcilaie e molti allevatori suinicoli hanno fortemente investito nell allevamento per cercare di ridurre il costo di produzione (Figura 6-31) Tra i due ultimi censimenti ( ) c è stata una progressione di quasi un milione di capi (+33,5%), continuata fino al 2001, dopodiché pur in presenza ancora di un lieve incremento fino al 2008 e una minima diminuzione nel 2009 il numero di capi allevati si è sostanzialmente stabilizzato. Gli allevamenti suinicoli in Regione, il cui dettaglio è presente nel Fascicolo Aziendale SIARL erano nel 2009 pari a 3.369, di cui ricadenti in Zona Vulnerabile ai Nitrati e in comuni non designati vulnerabili. Figura 6-31: Andamento storico del settore suinicolo in Lombardia (Regione Lombardia - DG Agricoltura) Andamento settore suinicolo in Lombardia Bovini Le rilevazioni statistiche indicano che nel 2009 il numero totale dei bovini allevati in Lombardia è stato pari a con un andamento sostanzialmente stabile rispetto all anno precedente. La consistenza dei bovini mostra un trend in flessione del numero di capi che, già iniziata negli anni 90, è poi proseguita in modo significativo soprattutto dopo il Il numero di capi bovini è complessivamente diminuito di circa unità tra il 2000 e il 2009 (Figura 6-32). Tale diminuzione è dovuta sia alla questione quote latte sia alla tendenza alla scomparsa dei piccoli allevamenti a favore di allevamenti a più larga scala, per cercare di ridurre sempre più i costi di gestione ed ottenere un prodotto, sia latte che carne, più competitivo sul mercato italiano ed europeo. 82

83 Il calo del numero di capi si è avuto nella provincia di Brescia ed in parte anche nella provincia di Cremona. Le altre province mostrano una situazione più stabile. Il numero di allevamenti di bovini in Regione (fonte SIARL) è nel 2009 pari a , di cui sono in Zona Vulnerabile ai Nitrati e in comuni non designati vulnerabili. Figura 6-32: Andamento storico del settore bovini in Lombardia (Regione Lombardia - DG Agricoltura) Andamento settore bovino in Lombardia Avicoli Gli ultimi dati statistici ufficiali relativi al settore avicolo risalgono al 2005, quando il patrimonio avicolo regionale ha raggiunto oltre 29 milioni di capi, allevati in aziende. L allevamento del pollo è quello più diffuso con circa capi allevati, che rappresenta l 85,2% del patrimonio avicolo complessivo della Lombardia, segue il tacchino con capi, il 9,6% del totale. Il numero di allevamenti avicoli, in base ai dati del Fascicolo Aziendale SIARL - settembre 2009, sono 1.488, di cui 892 in Zona Vulnerabile ai Nitrati e 596 in comuni non vulnerabili Il carico di azoto di origine agro-zootecnica Per la valutazione dei carichi di azoto sono stati utilizzati i dati di consistenza zootecnica suddivisa per categoria e fascia di età desunti dal Fascicolo Aziendale del SIARL 2010 Le quantità di azoto al campo annue, ovverossia al netto delle perdite in atmosfera per emissioni di ammoniaca rispetto all azoto escreto sono state calcolate secondo i parametri e i coefficienti previsti dal D.M. 7 aprile 2006 e recepite dal PdA. Tali perdite sono quantificate in funzione della specie zootecnica, delle tipologie di stabulazione e dei trattamenti subiti dagli effluenti, compreso lo stoccaggio. La consistenza complessiva del comparto zootecnico lombardo in base ai dati SIARL 2010 e il carico annuo di azoto al campo corrispondente sono riportati nella tabella seguente (Tabella 6-17). 83

84 Tabella 6-17: Consistenza zootecnica e carichi annui di azoto al campo (SIARL 2010). Consistenza zootecnica in Lombardia Specie Numero capi Carico di azoto al campo annuo kg Bovini Suini Bufalini Avicoli Ovi-caprini Cunicoli Equini Totale L azoto al campo zootecnico complessivamente prodotto su base regionale risulta pari a t/anno di cui t/anno sono in ZVN. Si rileva che gli allevamenti bovini contribuiscono alla produzione di azoto per circa il 60% dell azoto totale annuo; i suini con il 28% del totale; gli avicoli contribuiscono per circa il 10%. Le rimanenti categorie non raggiungono valori significativi, con valori al di sotto del 2% di azoto al campo prodotto rispetto al totale. Relativamente alla distribuzione territoriale il 69% del carico è prodotto all interno delle Zone Vulnerabili mentre il restante 31% è riferito alle Zone non Vulnerabili. Territorialmente si riscontra che i carichi di N più elevati sono nelle province di Brescia e Cremona, seguite da quella di Bergamo, Lodi e Mantova. Considerando la SAU (cfr. par ) e il carico zootecnico (Tabella 6-17) è possibile ottenere una rappresentazione della distribuzione territoriale del carico di azoto al campo per unità di superficie (ettari) su base comunale (Figura 6-33). Analizzando questa distribuzione territoriale, si evidenziano significative differenze nelle diverse aree della regione; i carchi di azoto per unità di superficie decisamente più consistenti si riscontrano in prevalenza nelle aree centro orientali della pianura situate in ZVN. 84

85 Figura 6-33: Carico di azoto al campo (kg/ha) su base comunale (SIARL 2010); in opaco le ZnVN. Restringendo l analisi alle sole Zone Vulnerabili ai Nitrati, si osserva che il limite dei 170 kg N /ha previsto dalla direttiva 91/676/CE viene superato in quasi la totalità delle aree agricole delle province di Bergamo e Brescia, nella parte sudoccidentale e nordoccidentale della Provincia di Mantova, nella zona nord di Cremona e in alcuni comuni della provincia di Lodi; per queste aree è evidente il deficit teorico in termini di SAU necessaria per la distribuzione dell intero carico di N prodotto. Si rileva inoltre che in alcuni comuni (in rosso nella carta) si supera anche il limite di 340 kg/ha (limite massimo anche per le Zone Non Vulnerabili). Le aree con carichi inferiori ai 170 kg sono localizzate prevalentemente nel Milanese e nel Pavese e nel settore centro meridionale della provincia di Cremona Fabbisogno potenziale di N delle colture Il fabbisogno di N (Figura 6-34) delle colture è stato stimato sulla base della carta dell utilizzo agricolo e dei MAS (Maximum Application Standard), ovvero le dosi massime di azoto utile (corrispondente a quello asportato) che potranno essere date alle singole colture in base al programma d Azione Nitrati. 85

86 Figura 6-34: Fabbisogno di azoto (kg/ha) delle colture su base comunale. Il fabbisogno complessivo delle colture praticate in Lombardia è quindi stimabile in t/anno di azoto di cui t/anno in ZVN Il carico di azoto di origine minerale (fertilizzanti minerali) Relativamente all uso dei fertilizzanti (concimi minerali ed altri fertilizzanti compresi i compost) in agricoltura si osserva in pianura padana una tendenza alla diminuzione dell utilizzo. Nel 2007 rispetto al totale dei fertilizzanti commercializzati in Italia il 55% dei concimi minerali, il 63% degli ammendanti organici sono stati utilizzati nel nord Italia. Questi dati corrispondono al 58% dei concimi azotati (800 milioni di kg complessivi in Italia) e al 50% di quelli a base di fosforo (320 milioni di kg di P 2 O 5 ) rispetto al totale su base nazionale. Nel periodo il consumo di N minerale è diminuito sensibilmente (sebbene con alcune fluttuazioni interannuali). Una leggera ripresa nell utilizzo di fertilizzanti azotati minerali si è registrata dal 1998 al 2004 mentre dal 2004 si assiste nuovamente a un trend in diminuzione. Il consumo di fertilizzanti a base di fosforo invece diminuisce costantemente. 86

87 Il dato ISTAT relativo alle vendite di fertilizzanti nel 2008 (Tabella 6-18) è stato utilizzato per valutare il carico di azoto di origine minerale. Tabella 6-18: Vendite di fertilizzanti nell anno 2008 in Lombardia (dati espressi in tonnellate di N). Tipo Fertilizzante VA CO SO MI BG BS PV CR MN LC LO TOTALE Altri azotati Ammonio Solfato Calcio Ammonio Nitrato Calcio-cianamide Fosfo azoto potassici (NK, NPK) Urea Totale I dati di vendita su base provinciale sono stati ripartiti per comune (Figura 6-35) sulla base del fabbisogno medio colturale. Figura 6-35: Carico di azoto minerale (kg/ha) su base comunale. Il carico complessivo su base regionale risulta pari a t/anno di cui in ZVN. 87

88 6.7.5 Apporti azotati da altre fonti (fanghi) Altra fonte che apporta azoto ai terreni sono i fanghi di depurazione urbana, che ai sensi del D.Lgs. 99/92 vengono utilizzati in agricoltura a condizione che rispettino specifici requisiti in termini di composizione. Il quantitativo complessivo su base provinciale trattato in impianti regionali e distribuito sui suoli agricoli relativo all anno 2008 (fonte dei dati ARPA) è riportato in Tabella 6-19 e Tabella Tabella 6-19: Tonnellate di fanghi espressi come tal quale e sostanza secca trattati in impianti su base provinciale. Provincia tal quale (ton) sostanza secca (ton) BG , ,4 BS , ,4 CR , ,8 LO , ,5 MN 9.702, ,5 PV , ,9 totale , ,6 Tabella 6-20: Tonnellate di fanghi espressi come tal quale e sostanza secca sparsi su base provinciale. Provincia tal quale (ton) sostanza secca (ton) BG 1.227,0 131,7 BS , ,7 CR , ,8 LO , , ,0 159,2 MI , ,7 MN , ,0 PV , ,3 fuori regione 25,2 4,8 Totale complessivo , ,6 In Figura 6-36 in rosso sono evidenziati i comuni totalmente Vulnerabili ai Nitrati mentre in arancione sono evidenziati i comuni parzialmente vulnerabili; la maggior parte dei fanghi risulta essere distribuita al di fuori delle ZVN; si rileva inoltre che nei comuni ricadenti parzialmente in zona vulnerabile, le aree vulnerabili corrispondono alle fasce PAI dove l uso dei fanghi non è consentito. In ogni caso stimando un contenuto in N medio nei fanghi pari allo 0,8-1% sul tal quale (stime effettuate sulla base di 50 analisi puntuali eseguite sui fanghi sia agroindustriali che provenienti da impianti di trattamento) l apporto totale di N da questa fonte è stimabile in t/anno corrispondenti al 4-5% di quello proveniente da effluenti zootecnici. 88

89 Figura 6-36: Riutilizzo di fanghi trattati in agricoltura nel 2007 (tonnellate tal quale) Il carico di azoto gestito dalla Procedura di Gestione Nitrati (PGN) Per ottemperare agli adempimenti previsti dal PdA vigente (esplicitati nella DGR 8/5868 del 2007 e successive modifiche) nasce il Procedimento Gestione Nitrati e il relativo applicativo WEB collegato al SIARL. La Tabella 6-21 riporta le domande attive relative al PGN suddivise per tipologia di comunicazione (cfr. cap ). Per i PUA/PUAS è prevista la compilazione del Piano di Utilizzazione Agronomica con tutte le specifiche: gruppi coltura, resa, calcolo asportazioni, distribuzione di fertilizzanti minerali e verifica compatibilità degli stoccaggi. 89

90 Tabella 6-21:Domande attive presenti nel DB del Procedimento Gestione Nitrati. Tipo comunicazione Zona Nitrati N domande POA - PUA ZnVN 532 POA - PUA ZVN POA - PUAS ZnVN POA - PUAS ZVN POAS ZnVN 830 POAS ZVN Le aziende zootecniche obbligate dal PdA a presentare una domanda relativa al PGN sono che corrispondono a più del 90% dell N espresso in kg prodotti all anno in ZVN. La Tabella 6-22 dettaglia il carico di azoto soggetto al Procedimento di Gestione Nitrati rispetto al carico di azoto complessivo (fonte dati SIARL) e la sua distribuzione territoriale tra le Zone Vulnerabili e le Zone non Vulnerabili. Tabella 6-22:Carico di N gestito nel Procedimento Gestione Nitrati rispetto al carico complessivo (fonte dati SIARL). Zona nitrati N Procedimento Gestione Nitrati carico N totale % N in PGN sul totale ZnVN ,7 ZVN ,7 Regione ,9 I dati presenti nel Procedimento di Gestione Nitrati consentono diverse elaborazioni di dettaglio sulle aziende zootecniche. Di seguito si riporta la situazione come risulta al 2010, relativamente agli stoccaggi degli effluenti e ai carichi di N per ettaro da effluente. Le tabelle presentano l analisi della conformità e dei volumi di stoccaggio presenti e necessari per l adeguamento strutturale delle aziende. 90

91 Numero di aziende non adeguate Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque Tabella 6-23: Stima aziende non in regola con gli stoccaggi e volumi necessari all adeguamento in classi dimensionali relativi agli stoccaggi liquidi Classi di frequenza a livello regionale "non conformità" stoccaggi liquidi Totale Altro Totale Volume necessario all'adeguamento (m 3 ) Classe BG BS CO CR LC LO MI MN PV SO VA Totale di cui con trattamenti Altro Totale I dati del PGN non consentono di valutare gli effetti sulla necessità di stoccaggio degli eventuali trattamenti applicati a i reflui (nella colonna a destra in tabella è riportato il numero di aziende che dichiarano di effettuare trattamenti). Le aziende che si stima possano richiedere l adeguamento della capacità di stoccaggio degli effluenti liquidi è pari a (il 17% del totale delle aziende zootecniche soggette al PGN). La tabella seguente si riferiscono all analisi della conformità rispetto massimali di azoto (170 e 340 kg/ha/a) definita conformità N-zootecnico. 91

92 Numero aziende non adeguate Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque Tabella 6-24: numero di aziende con rapporto kg di N da effluente/sau superiori ai limiti massimi posti dalla Direttiva Nitrati (170 kg/ha/a in ZVN, 340 kg/ha/a in ZnVN) classi dimensionali N (kg/ha) N-zootecnico Classi di frequenza a livello regionale "non conformità" N zootecnico rispetto al massimale di legge Altro N (kg/ha) oltre il limite di legge Totale Classe BG BS CO CR LC LO MI MN PV SO VA Totale di cui con trattamenti Altro Totale Infine si presenta la carta dei volumi movimentati e registrati come acquisti / cessioni nelle domande del Procedimento di Gestione Nitrati. In rosso i comuni dove è registrato nel complesso una prevalenza di acquisti, in verde la situazione opposta. 92

93 Figura 6-37: differenza tra i reflui acquistati e ceduti su base comunale espressa in metri cubi Emissioni in atmosfera connesse al comparto zootecnico. La norma di riferimento per la strategia di riduzione delle emissioni in atmosfera è il Protocollo di Goteborg relativo alla riduzione dell acidificazione, dell eutrofizzazione e dell ozono troposferico, sottoscritto nel 1999 nel quadro della "Convenzione delle Nazioni Unite sull'inquinamento Transfrontaliero di Lungo Raggio del Tale norma, a cui l Unione Europea ha aderito con Decisione del Consiglio 2003/507/CE del 13 giugno 2003, stabilisce livelli di emissione massimi per i quattro principali inquinanti precursori responsabili dell acidificazione, dell eutrofizzazione o dell ozono troposferico, ossia: biossido di zolfo, ossidi di azoto, composti organici volatili (COV) e ammoniaca. Il documento stabilisce specifici obblighi anche per il settore agricolo, con l obbiettivo di ottenere una corretta gestione del ciclo dell azoto in particolare agendo: sulle pratiche agricole, attraverso un codice consultivo di buona pratica agricola ; sull uso di concimi all urea e al carbonato di ammonio; sull applicazione e lo stoccaggio degli effluenti animali; 93

94 sui sistemi di ricovero per gli animali. Il settore agricolo è chiamato inoltre a contribuire alla riduzione di emissione di gas serra. La norma di riferimento in questo caso è costituita dal Protocollo di Kyoto, adottato dalla comunità internazionale nel 1997, nel corso della Terza Sessione della Conferenza delle Parti (COP) sul clima, istituita nell'ambito della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC), con l'obiettivo di contrastare e limitare i cambiamenti climatici. Infine, le produzioni di suini e avicole sopra una soglia dimensionale prefissata sono tenute ad adottare azioni per prevenire e ridurre le emissioni nell aria, nell acqua e nel suolo attraverso un approccio integrato, seguendo le indicazioni della direttiva 2008/1/CE (che sostituisce la direttiva 96/61/CE) che sono attualmente recepite dal D.Lgs. 128/2010, correttivo del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/06) aggiornata con direttiva 2010/75/CE delo 24 novembre Le tipologie zootecniche considerate maggiormente impattanti (gli allevamenti di pollame con più di posti, gli allevamenti di suini da produzione di oltre 30 kg con più di posti e gli allevamenti di scrofe con più di 750 posti) sono soggette alla disciplina IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control), normativa comunitaria che introduce il concetto di approccio integrato alla tutela dell ambiente. L autorizzazione integrata ambientale contiene, quindi, indicazioni sulle misure di prevenzione dall inquinamento da applicare attraverso le migliori tecniche disponibili, sulle misure di massimo contenimento della produzione di rifiuti e di efficace utilizzo dell energia. Il rapporto sullo Stato dell agricoltura italiana 2009 curato dall INEA afferma che il contributo dell agricoltura italiana alle emissioni totali di gas serra non è particolarmente elevato e si attesta al 6,7%, rispetto al 9,2% dell agricoltura europea. Il settore agricolo risulta in controtendenza rispetto agli altri settori produttivi, dato che si assiste ad una progressiva diminuzione delle emissioni che sono rappresentate quasi esclusivamente da protossido di azoto (N 2 O, protossido di azoto) e da metano (CH 4 ). Nella quota di emissioni di gas clima-alteranti di origine agricola, l 11,68% proverrebbe dalle deiezioni zootecniche, mentre più della metà (57,68%) deriverebbe dalle pratiche agricole (ISPRA, 2008). Tra il 1990 e il 2007 si è verificata una riduzione complessiva dell 8,3%, imputabile soprattutto alla contrazione degli allevamenti e al miglioramento delle pratiche di allevamento (emissioni enteriche e gestione degli effluenti) e, in misura inferiore, alla migliore gestione del suolo e delle risaie. In Lombardia i dati, seppur leggermente superiori, sono coerenti con la situazione nazionale. Secondo le stime INEMAR per il 2007, il comparto agricolo contribuisce alle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) in atmosfera in modo modesto (9%) nel complesso, anche se risulta il settore che contribuisce maggiormente alla produzione di protossido di azoto (73%) e di metano (50%). Di quest ultimo la quota più significativa (60%) è di origine enterica, mentre il rimanente è principalmente legato alla gestione degli effluenti. Per quanto riguarda i precursori dell Ozono il ruolo del settore agricolo è considerato poco significativo, producendo circa l 1% del totale delle emissioni di precursori di O 3. Ben più significativo è il ruolo relativo alle emissioni di sostanze acidificanti (55% del totale) ed in particolare di ammoniaca (98%). Si stima che l ammoniaca di origine agricola è emessa in aria per la maggior parte (75%) dagli allevamenti e dalla gestione degli effluenti zootecnici. La quota rimanente è quasi tutta attribuita al rilascio di ammoniaca dai terreni in seguito alla fertilizzazione minerale. 94

95 L analisi della composizione del Particolato secondario evidenzia come almeno il 30% della massa di PM 10 e una percentuale non inferiore della massa di PM 2.5 sia costituita da solfato e nitrato di ammonio. Per ridurre tale componente, è necessario ridurre le emissioni di ossidi di zolfo, ossidi di azoto e ammoniaca. La valutazione delle emissioni di particolato in Lombardia non ha finora preso in considerazione quello di formazione secondaria e attribuisce al settore agricolo una quota pari al 7% (PM 10 ) e 5% (PM 2,5 ). Recentemente alcune fonti (ISPRA-EMEP, AMAT-CESI) definiscono una composizione del particolato di formazione secondaria ammonium nitrate and sulfate (NH 3+, NO 3-, SO 4- ) pari al 32% in peso del PM 10 e pari al 41% del PM 2.5 La formazione di particolato secondario derivante dalla formazione di areosol di sali di ammonio (solfato di ammonio e di nitrato d ammonio) può essere significativa ma dipende dalle reazioni che si verificano anche grazie alla presenza di composti derivati da altri settori (Wu et al., 2008). Uno studio relativo al Belgio (Deutsh et al., 2008) ha messo in evidenza come il contributo del settore agricolo alla formazione di particolato (primario e secondario) sia mediamente del 12% (PM 10 ) e 6,5% (PM 2,5 ) ma che questi valori possano essere superiori in aree prevalentemente agricole e nei mesi estivi. Il problema delle emissioni di sostanze odorigene (principalmente condizionato dal tenore proteico delle diete alimentari e dalle modalità di stoccaggio dei reflui) assume invece rilevanza a seguito della progressiva espansione delle zone residenziali avvenuta congiuntamente al potenziamento e alla espansione degli insediamenti produttivi che ha determinato frequenti attriti fra residenti e allevatori a causa del fastidio reale o potenziale legato a questo tipo di impianti. Se da un lato le cosiddette molestie olfattive non sono in genere pregiudizievoli per la salute, dall altro esse possono configurarsi come un fattore di stress fisiologico per la popolazione circostante (Miedema et al., 2000), diventando spesso elemento di conflitto sia nel caso di impianti esistenti, che nella scelta del sito per la localizzazione di nuovi impianti produttivi. La Figura 6-38 riporta il dato di emissione di NH 3 relativo ai diversi macrosettori in base all'inventario regionale delle emissioni in Lombardia INEMAR (anno 2007). Il macrosettore 10 (Agricoltura) comprende le emissioni generate dalle attività agricole e dall'allevamento (uso dei fertilizzanti, trattamento delle deiezioni animali). 95

96 Figura 6-38: Emissioni di NH 3 suddivise per macrosettori La valorizzazione energetica degli effluenti di allevamento La corretta utilizzazione degli effluenti provenienti dagli insediamenti zootecnici rappresenta, anche alla luce degli indirizzi contenuti nelle normative elaborate a livello comunitario, la garanzia per il mantenimento di un corretto equilibrio zootecnia-ambiente, soprattutto quando il rapporto tra carico di bestiame e superficie agraria è eccedentario rispetto alla capacità delle colture di asportare i nutrienti contenuti nei liquami. In questo caso può risultare utile la riduzione del carico di nutrienti e/o il volume dei liquami con il ricorso a trattamenti da realizzare in ambito aziendale o interaziendale. Sono state infatti messe a punto diverse tecniche che possono essere combinate tra loro per ottenere delle linee per il trattamento adattabili a diverse situazioni aziendali e a differenti vincoli ambientali. Tuttavia nei contesti territoriali caratterizzati da elevata vulnerabilità dei nitrati e a rischio di eutrofizzazione delle acque superficiali, i trattamenti aziendali possono però rivelarsi insufficienti. In questi casi, impianti centralizzati di trattamento possono rappresentare la soluzione per il ripristino di un corretto equilibrio zootecniaambiente. Tecniche di trattamento quali separazione solido-liquido, aerazione, strippaggio, ultrafiltrazione e riduzione volumetrica con membrane e osmosi inversa, digestione anaerobica, compostaggio possono garantire un uso agronomico ottimale degli effluenti di allevamento e la loro valorizzazione come fertilizzanti (e/o ammendanti organici) fuori dall area di produzione. I dati relativi alla valorizzazione energetica degli effluenti di allevamento sono stati estrapolati sulla base dei dati forniti da DG Agricoltura e aggiornati ad aprile A partire dal 2003 Regione ha avviato una serie di iniziative per incentivare investimenti per la valorizzazione a fini energetici delle matrici agricole (prodotti e sottoprodotti di origine agricola ed effluenti 96

97 di allevamento) e nello stesso tempo per contenere il carico di azoto nelle ZVN. Tali azioni si sono concretizzate attraverso provvedimenti (D.G.R. VIII/ /8/2003, D.G.R. VIII/ /12/2004, D.G.R. VIII/ /12/2006, D.G.R. VIII/7950 6/8/2008 e D.G.R. VIII/ /12/2009) e relative disposizioni attuative che hanno fissato i termini di presentazione delle istanze di finanziamento per la realizzazione di impianti per produzioni agro energetiche in abbinamento con impianti per il contenimento/valorizzazione dell azoto proveniente da effluenti di allevamento. Attualmente risultano in esercizio 116 impianti di biogas per un totale di 87 MWe installati. La stragrande maggioranza di tali impianti è dotata di impianto di separazione solido liquido del digestato. Figura 6-39: Localizzazione degli impianti di produzione di biogas in esercizio (DG Agricoltura, 2011). Sono inoltre già programmati e/o in costruzione 134 nuovi impianti di biogas per un totale previsto di circa 75 MWe. Il complessivo sostegno finanziario ammonta a oltre 60 Milioni di euro. Il processo di digestione anaerobica è nell insieme funzionale ad assicurare una migliore gestione della complessiva sostenibilità ambientale dell attività zootecnica sotto i diversi profili e contribuisce alla prevenzione di potenziali impatti olfattivi e del rischio sanitario degli effluenti di allevamento. Sotto il profilo di un bilancio di massa, il processo di digestione anaerobica non riduce in termini quantitativi l azoto presente negli effluenti di allevamento. Rispetto all effluente tal quale, il processo però migliora altamente, sotto il profilo qualitativo, le sue possibilità di impiego a fini agronomici, ampliando di molto l efficacia fertilizzante (migliore assorbimento nei terreni) e le modalità di utilizzazione (es. 97

98 distribuzione anche in copertura). In parallelo tale processo permette di perseguire vari obiettivi ambientali (produzione di energia da fonti rinnovabili, qualità dell aria, qualità delle acque. qualità dei suoli, tutela e prevenzione in tema di sicurezza sanitaria, prevenzione delle molestie olfattive), fattori ormai imprescindibili per una agricoltura moderna e intensiva. Questi ultimi aspetti sono ancora più importanti se si considera il contesto fortemente antropico in cui il settore primario si trova ad operare in Lombardia. La riduzione delle pressioni ambientali attraverso la realizzazione di impianti di biogas fornisce inoltre all imprenditore agricolo energia termica a basso costo, maggiore disponibilità di energia elettrica per gli impianti di abbattimento dell azoto (es. impianti di riduzione/valorizzazione dell azoto: nitro-denitro, trattamento biologico, strippaggio, ultrafiltrazione e osmosi inversa), oltreché redditi derivanti dalla vendita dell energia elettrica alla rete. Il prodotto della digestione anaerobica, comunemente definito digestato, è considerato dal Programma d Azione della Lombardia che discende dal D.M. 7 aprile 2006, effluente di allevamento. 6.8 Natura e biodiversità La tutela della biodiversità e degli ambiti di naturalità presenti sul territorio ha sempre rappresentato un obiettivo primario della Regione Lombardia: basti ricordare che, in anticipo di quasi un decennio sulla legislazione nazionale, la Lombardia è stata la prima a dotarsi di uno strumento normativo organico sul sistema delle aree protette, che oggi contempla 23 Parchi Regionali, 62 Riserve Naturali, 28 Monumenti naturali e 66 Parchi Locali di Interesse sovra-comunale. Il sistema è stato poi consolidato con l istituzione della Rete Natura 2000, con l istituzione di 174 Siti di Importanza comunitaria (più altri 18 proposti) e 62 Zone di Protezione Speciale. Ad oggi, pertanto, il 25% dell intero territorio regionale è interessato, sia pure con diversi gradi di tutela in ragione delle diverse tipologie di aree, a forme di protezione e valorizzazione dell ambiente naturale Vegetazione Il territorio regionale è coperto per quasi un quarto da boschi e foreste corrispondente ad una superficie stimata di ha (31 dicembre 2008), in crescita dello 0,23% rispetto alla stima del precedente anno. Il saldo è particolarmente positivo per la pianura poiché vede l ingresso dei nuovi boschi creati e collaudati nel periodo La superficie boscata in pianura aumenta di 762 ha, portando la quota regionale di bosco da 7,09% a 7,20%. Il bosco collinare è sostanzialmente stabile mentre in montagna vi è un incremento di 587 ha dovuti quasi integralmente alla colonizzazione naturale. Per quanto riguarda la fascia regionale di pianura, le Province che presentano le superfici maggiori di aree boscate sono quelle di Milano e Pavia, mentre in percentuale rispetto alla superficie provinciale di pianura disponibile quelle che presentano maggiore copertura boschiva sono Varese e Como (Tabella 6-38). Le formazioni antropogene risultano le più diffuse sul territorio della pianura regionale, seguono le formazioni particolari e le categorie del Querco-capineto, Carpineto e Querceto. 98

99 Tabella 6-25: Suddivisione delle superfici boscate in base alla categoria forestale secondo la "Carta forestale" elaborata nel da ERSAF per conto di Regione Lombardia con riferimento alla pianura (in Bazzoli M. et al, 2009) La Rete Ecologica Regionale Con D.G.R. del 26 novembre 2008, n. 8/8515 è stato approvato il documento Rete Ecologica Regionale (RER) fase 2, attraverso il quale viene individuata e descritta la Rete Ecologica della Lombardia per la porzione di territorio Pianura Padana e Oltrepò pavese; essa rappresenta una delle modalità per il raggiungimento delle finalità previste in materia di biodiversità e servizi ecosistemici, a partire dalla Strategia di Sviluppo Sostenibile Europea e dalla Convenzione internazionale di Rio de Janeiro sulla diversità biologica. Il territorio d interesse, ossia le zone vulnerabili da e/o parzialmente vulnerabili ai nitrati, corrisponde al 68% all area di studio per la RER Pianura Padana e Oltrepo Pavese, e si presenta come fortemente antropizzato, in particolare nel settore nord-occidentale dove si individua un area urbanizzata quasi priva di soluzione di continuità che si sviluppa tra Milano, Varese, Como, Lecco e Bergamo. Il settore sud-orientale invece presenta scarsa urbanizzazione, tuttavia il territorio risulta caratterizzato da bassi livelli di naturalità a causa dell estensione di monocolture (mais e colture cerealicole) che occupano la quasi totalità del territorio. La maggior parte degli ambienti naturali residui si ritrova lungo le valli fluviali, un esempio importante in tal senso è dato dalla valle del Ticino, che conserva foreste planiziali discretamente estese, mentre in corrispondenza del resto della pianura lombarda tali elementi assumono i connotati di lembi residui isolati. Nell ambito del progetto di individuazione della Rete Ecologica Regionale-Pianura Padana e Oltrepo Pavese sono state identificate 4 sottoecoregioni in cui ripartire la suddetta area di studio definita come Ecoregione Pianura Padana-settore lombardo (Bogliani et al., 2007), ossia: 99

100 colline moreniche, comprendente i rilievi morenici, il pedemonte prealpino, i laghi prealpini; tale fascia racchiude il bordo settentrionale dell ecoregione e interessa le Province di Varese, Como, Leco, Bergamo, Brescia e, marginalmente, Milano; alta pianura, a nord della fascia delle risorgive, includente parte delle Province di Varese, Milano, Como, Lecco, Bergamo, Brescia; bassa pianura, dalla fascia delle risorgive sino alla golena del Po (inclusa) e alle fasce pianeggianti oltrepadane (incluse); si tratta della sottoecoregione più ampia, comprendente parte delle Province di Varese, Milano, Bergamo, Brescia, Pavia, e la totalità delle Province di Lodi, Cremona e Mantova; Oltrepo pavese collinare e montano, coincidente con la porzione della Provincia di Pavia a sud della Via Emilia, che percorre la base del pedemonte appenninico. tutte interessate dalla presenza di aree ricadenti fra le zone vulnerabili e/o parzialmente vulnerabili ai nitrati. Sono state, inoltre, identificate le aree più importanti per la biodiversità, denominate Aree prioritarie e corrispondenti a 35 differenti zone, per le quali sono state fornite indicazioni gestionali ed evidenziate minacce e problematiche di conservazione. Le Aree prioritarie che si caratterizzano per la presenza di ambienti agricoli e prati, quali tipologie ambientali principali, sono: boschi e brughiere del pianalto milanese e varesotto; bosco di Vanzago e Parco del Roccolo; Fiume Adda; Fiume Brembo; Fiume Serio; Fiume Oglio; Colline del Sebino orientale; Fiume Chiese e colline di Montichiari; Colline gardanese; Fiume Mincio e Laghi di Mantova; Fascia centrale dei fontanili; Collina di San Colombano; Risaie, fontanili e garzaie del Pavese e del Milanese; Valle del Ticino; Lomellina; Oltrepò pavese collinare e montano. 100

101 Per gli ambienti agricoli sono individuate quali minacce, in chiave conservazionistica, i seguenti fattori e/o elementi: frammentazione, zone edificate (urbanizzato e industriale), agricoltura intensiva, presenza di rilevanti e/o numerose infrastrutture legate alla rete dei trasporti, specie alloctone vegetali, manutenzione meccanizzata dei fontanili, morte per collisione della fauna selvatica, incendi e tagli della vegetazione, utilizzo di biocidi, aratura precoce delle stoppie, interruzione dell accesso ai siti riproduttivi per gli anfibi, interramento di zone umide, gestione non eco-compatibile delle risaie, distruzione diretta ed indiretta di habitat risicolo, distruzione di habitat riproduttivi per l avifauna, disturbo e mancanza d acqua. Ai fini di tutela e gestione sono indicati: mantenimento delle piante vetuste, mantenimento del mosaico agricolo in senso lato, mantenimento della parcellizzazione agraria, mantenimento dei siti riproduttivi, nursery e rifugi di chirotteri, gestione naturalistica della rete idrica minore, gestione ecocompatibile delle risaie, mantenimento dei prati polifiti/sfalcio, manutenzione dei fontanili per garantire la presenza delle fitocenosi caratteristiche, creazione di siti idonei per la riproduzione dell avifauna legata agli ambienti agricoli, incentivazione del mantenimento e ripristino di elementi naturali del paesaggio agrario (siepi, filari, stagni ), messa in sicurezza/interramento delle linee elettriche, impedimento alla realizzazione di nuove strutture in aree non ancora edificate, creazione di siti riproduttivi per anfibi, riduzione della quantità di sostanze inquinanti di origine civile e industriale immesse nei corpi idrici di maggiore interesse conservazionistico, interventi di miglioramento degli ambienti agricoli nelle golene fluviali, rifugi per la fauna acquatica nelle risaie durante i prosciugamenti, mantenimento dei filari, mantenimento delle stoppie nella stagione invernale, gestione delle specie alloctone, mantenimento delle fasce ecotonali, sensibilizzazione. Tabella 6-26: Superficie inclusa nelle Aree prioritarie per ciascuna sottoecoregione. Sottoecoregione Superficie (km 2 ) Superficie aree prioritarie(km 2 ) % superficie inclusa nelle A.P. Colline moreniche 1765,2 1280,6 72,5 Alta Pianura 2475,6 644,2 26 Bassa Pianura 10588,0 3616,7 34,2 Oltrepò collinare e montano 855,9 633,3 74 Totale 15684,7 6174,9 39,4 Tabella 6-27: Superficie aree protette (Parchi Regionali e SIC) e confronto con le Aree Prioritarie per ciascuna sottoecoeregione. Sottoecoregione Superficie SIC (km 2 ) Rapporto A.P./SIC Superficie parchi regionali (km 2 ) Rapporto A.P./parchi regionali Colline moreniche 53, ,2 5,8 Alta Pianura 21 30,7 292,1 2,2 Bassa Pianura 247,9 14,6 1860,0 1,9 Oltrepò collinare e montano 3, Totale 325, ,4 2,6 La RER si compone di elementi raggruppabili in due livelli: Elementi primari e Elementi di secondo livello. Gli Elementi primari costituiscono la RER di primo livello, designata quale Infrastruttura prioritaria per la Lombardia nell ambito del Piano Territoriale Regionale, e rientrano in buona parte in aree sottoposte a tutela quali Parchi Regionali, Riserve Naturali Regionali e Statali, Monumenti Naturali Regionali, Parchi Locali di Interesse Sovracomunale, Zone di Protezione Speciale e Siti di Importanza Comunitaria. Si compongono di: 101

102 1. elementi di primo livello: compresi nelle aree prioritarie per la biodiversità; altri elementi di primo livello; 2. gangli primari; 3. corridoi primari; 4. varchi. Gli Elementi di secondo livello svolgono una funzione di completamento del disegno di rete e di raccordo e connessione ecologica tra Elementi primari. Figura 6-40: Rappresentazione degli elementi della RER della Lombardia nella Zona Vulnerabile ai Nitrati Il sistema delle Aree protette e Rete Natura 2000 Il sistema delle aree protette della Lombardia si compone di Parchi Regionali, Riserve Naturali, Monumenti naturali e Parchi Locali di Interesse Sovracomunale. I Parchi Regionali in particolare sono rappresentati per la maggior parte da parchi fluviali istituiti a tutela delle fasce afferenti i principali corsi d acqua delle pianura lombarda. Nella figura e nella tabella seguenti sono riportati i Parchi Regionali e Naturali ricadenti nella Zona Vulnerabile ai Nitrati. 102

103 Figura 6-41: Rappresentazione dei Parchi Regionali in Lombardia, sono riportate le denominazioni di quelli ricadenti in Zona Vulnerabile ai Nitrati. Tabella 6-28: Elenco dei Parchi Regionali e delle aree definite come Parco Naturale ricadenti nell ambito della Zona Vulnerabile da Nitrati. Parco Regionale Istituzione Parco Naturale Istituzione Parco Naturale del Bosco delle Querce L.R. 28 dicembre 2005, n.21 Parco dei colli di Bergamo L.R. n. 36 del 18/08/1977 Parco dell'adda nord L.R. n. 80 del16/09/1983 Parco Naturale dell'adda Nord L.R. 16 dicembre 2004, n.35 Parco dell'adda sud L.R. n. 81 del16/09/1983 Parco del Mincio L.R. n. 47 del 08/09/1984 Parco della Valle del Lambro L.R. n. 82 del 16/09/1983 Parco del Serio L.R. n. 70 del 01/06/1985 Parco dell'oglio sud L.R. n. 17 del 16/04/1988 Parco delle Groane L.R. n. 31 del 20/08/1976 Parco di Montevecchia e della valle del Curone Parco lombardo della valle del Ticino L.R. n. 77 del 16/09/1983 L.R. n. 2 del 09/01/1974 Parco Naturale della Valle del Lambro Parco Naturale Montevecchia e Valle del Curone Parco Naturale della Valle del Ticino L.R. 9 dicembre 2005, n. 18 L.R. 7 Aprile 2008, n.13 L.R. 12 dicembre 2002, n.31 Parco Nord Milano LL.RR. n. 78 del 11/06/1975 Parco Naturale Nord Milano L.R 19 ottobre 2006, n

104 Parco Regionale Istituzione Parco Naturale Istituzione Parco dell'oglio nord L.R. n. 18 del 16/04/1988 Parco Spina Verde di Como L. R. n. 10 del 04/03/1993 Parco Agricolo sud Milano L. R. n. 24 del 23/04/1990 Parco Regionale del Monte Netto L.R. n. 11 dell' 8 giugno 2007 Parco Naturale della Spina Verde di Como L.R. 2 maggio 2006, n. 10 Il territorio regionale è, inoltre, interessato dalla presenza di aree appartenenti alla Rete ecologica europea Natura 2000 istituita dalla Comunità Europea a protezione di un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie animali e vegetali d interesse comunitario da sottoporre a specifica tutela ai sensi della Direttiva 92/42/CE e corrispondenti ai Siti d Interesse Comunitario (SIC) e alle Zone di Protezione Speciale (ZPS). La Rete Natura 2000 copre in Lombardia una superficie complessiva di ha ed è costituita da 193 Siti di Importanza Comunitaria e 66 Zone di Protezione Speciale. Le scelte strategiche effettuate nell ambito del Programma d Azione regionale devono, quindi, essere valutate anche in riferimento alla presenza di tali aree sulle quali vigono specifiche regole di difesa e salvaguardia; in particolare è previsto ai sensi della Direttiva 92/43/CE, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e succ. mod. e della D.G.R. 8 agosto 2003, n. 7/14106 che i piani e i programmi che vanno ad interessare aree ricadenti in SIC o ZPS siano sottoposti a procedura di Valutazione d Incidenza. Questa costituisce il procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi progetto, intervento o atto pianificatorio che possa avere effetti significativi su un sito della rete NATURA 2000, al fine di salvaguardarne l integrità attraverso un analisi preliminare delle ricadute che attività e previsioni potrebbero avere condizionando l equilibrio ambientale che li contraddistingue. Di conseguenza il Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola, per le azioni localizzate in zona vulnerabile deve essere oggetto di specifico Studio di Incidenza, in cui si evidenzino le possibili interferenze generate dalle azioni previste e i relativi effetti su habitat e specie d interesse comunitario che caratterizzano i suddetti SIC e ZPS. Le aree Natura 2000 oggetto di Studio di Incidenza, ricadenti nel territorio regionale classificato come Zona Vulnerabile ai Nitrati, corrispondono a 66 SIC e 31 ZPS, sono elencate in allegato 3. Le valutazioni effettuate nello Studio di Incidenza tengono conto delle peculiarità ambientali dei SIC e delle ZPS di interesse, in particolare si considereranno la tipologia ambientale prevalente, gli habitat presenti e il loro grado di vulnerabilità rispetto al carico di nitrati e il loro grado di sensibilità rispetto alle variazioni ambientali potenzialmente indotte dalle azioni previste dal Programma d Azione. In particolare nello Studio si individuano i SIC e le ZPS che sono caratterizzati da una vulnerabilità connessa al settore agricolo, in modo diretto o indiretto, questi sono riportati nella tabella seguente. 104

105 Tabella 6-29: SIC e ZPS per i quali è stata riscontrata una vulnerabilità connessa alle attività agricole. CODICE SIC area umida Tipologia area umida Vulnerabilità legata alle attività agricole Tipo di vulnerabilità IT x Fontanile x Agricoltura intensiva IT x Sfruttamento intensivo territorio IT x Sfruttamento intensivo territorio IT x Ambiente palustre; specchi d'acqua; vegetazione palustre x Data da attività agricola sui terreni circostanti che determinano un eccesso di nutrienti sugli habitat a carico delle acque che percolano nelle vasche della torbiera IT x Habitat idro-igrofili;fiume; lanche; corsi d'acqua tributari x Sfruttamento agricolo IT x Habitat idro-igrofili; area umida x Eutrofizzazione acque IT x Acque a debole corrente; Roggia Muzzetta e confluenza alveo Fiume Adda x Immissione inquinanti organici ed inorganici Roggia Muzzetta IT x Habitat idro-igrofili; lanca principale che confluisce nel Fiume Adda x Marcati riempimenti delle depressioni in relazione alle attività agricole IT20A0015 x Porzione di golena del Fiume Po (zona umida, coltivi) x Interferenza con attività economiche esercitate in loco (agricoltura) perché incompatibili con le necessità di tutela naturalistica IT20A0017 x Vegetazione acquatica; Fiume Oglio x Pressione esercitata dalle attività agricole IT20A0020 x Asta fluviale abbandonata x Pressione derivante dalla continuità con estese superfici a coltivo, con fenomeni di eutrofizzazione dovuti alle pratiche di concimazione dei terreni (accumulo di stallatico sulle sponde della lanca) IT20B0004 x Zona umida con habitat idro-igrofili x Entrata di sostanze inquinanti provenienti dalle attigue attività antropiche IT20B0010 x Habitat idro-igrofili; risorgive x Evoluzione trofica delle acque in costante peggioramento per gli apporti di inquinanti di origine zootecnica che interessano sia il corso superiore del Fiume che direttamente il bacino della Vallazza IT20B0012 x Laghetto risorgive; zona umida x Presenza di inquinanti nelle acque in entrata dal sistema IT20B0016 x Habitat idro-igrofili; zona umida x Presenta problemi rifornimento acqua e pericolo di inquinamento della stessa CODICE ZPS area umida IT x Fontanile x Fontanile inserito in un sistema di agricoltura intensiva IT x Sfruttamento intensivo del territorio ad uso agricolo IT x Ambiente palustre; specchi d'acqua x Rischio legato alle attività agricole praticate sui terreni circostanti gli habitat che determinano un eccesso di nutrienti a carico delle acque che percolano nelle vasche della torbiera. 105

106 CODICE SIC area umida Tipologia area umida Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque Vulnerabilità legata alle attività agricole Tipo di vulnerabilità IT20B0501 x Garzaie, habitat idro-igrofili; fontanili x Rischio legato alla pratiche colturali non ottimali IT IT IT x x x Corso ed aree golenali del Po; isole e depositi fluviali ; zona umide lentiche Corso ed aree golenali del Po; isole e depositi fluviali ; zona umide lentiche Corso ed aree golenali del Po; isole e depositi fluviali ; zona umide lentiche x x x Intensificazione attività agricole Intensificazione attività agricole Intensificazione attività agricole IT x Fiume Po, a valle dell'ammissione di Lambro ed Olona x Problema connesso alle pratiche agricole IT x Garzaia; ambiente palustre x Intensificazione attività agricole IT20A0005 x Asta fluviale abbandonata x Pressione derivante dalla continuità con estese superfici a coltivo, con fenomeni di eutrofizzazione dovuti alle pratiche di concimazione dei terreni (accumulo di stallatico sulle sponde della lanca) IT20A0402 x Tratto di golena fluviale del Po x Conformazione ad anello dell'area che circonda campi ad agricoltura intensiva IT20B0008 x Habitat idro-igrofili; zona umida x IT20B0010 x Habitat idro-igrofili; zona umida x IT20B0011 x Habitat acquatici; risorgive x IT20B0401 x Parco fluviale x Sopraelevazione rispetto al piano campagna comporta problemi di rifornimento acqua e il pericolo di inquinamento della stessa Evoluzione trofica delle acque in costante peggioramento per gli apporti di inquinanti di origine zootecnica che interessano sia il corso superiore del Fiume che direttamente il bacino della Vallazza Presenta risorgive, ma dipende dall'esterno per l'approvvigionamento idrico ed è vulnerabile per la qualità delle acque Parco fluviale comprendente il basso tratto del fiume Oglio, inserito in una matrice prettamente agricola (intenso sfruttamento agricolo) IT x Aree golenali del Fiume Po, con isole e depositi alluvionali, zone umide x Intensificazione attività agricole 106

107 Figura 6-42: Localizzazione dei SIC ricadenti sul territorio regionale classificato come Zona Vulnerabile da Nitrati. Figura 6-43: Localizzazione delle ZPS ricadenti sul territorio regionale classificato come Zona Vulnerabile da Nitrati. 107

108 Sul territorio regionale incluso nelle ZNV ricadono anche le seguenti Zone Umide di interesse internazionale tutelate ai sensi della Convenzione di Ramsar (2 febbraio 1971) per la conservazione degli habitat importanti per gli uccelli acquatici: Palude di Ostiglia, Riserva regionale orientata, proposta dalla Regione Lombardia quale Sito di Importanza Comunitaria (SIC), Zona di Protezione Speciale per l avifauna, (ZPS), oasi LIPU. La riserva racchiude un insolita palude pensile, sul piano di campagna testimonianza relitta di zona umida sopravvissuta alle opere di bonifica delle antiche Valli Grandi Veronesi ed Ostigliesi. Isola Boscone, Riserva Naturale che giace nella golena del Fiume Po prospiciente l abitato di Carbonara. La riserva si caratterizza per la rigogliosa vegetazione arborea e risulta collegata alla terraferma da un istmo artificiale. Valli del Mincio, la Riserva gestita dal Parco del Mincio, costituisce una delle più importanti ed estese zone umide del Nord Italia, compresa nei territori dei Comuni di Rodigo, Porto Mantovano, Curtatone e Mantova in località Belfiore. 6.9 Paesaggio Per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici, nel PPR (Piano Paesistico Regionale) è presente una suddivisione del territorio regionale in sei unità tipologiche di paesaggio. Questa suddivisione riguarda aree territoriali nelle quali si riconosce una costante di contenuti e di forme e una loro congruenza paesistica, come risultato di implicazioni insieme naturali e antropiche inscindibilmente connesse. All interno di questi grandi ambiti geografici si distinguono, inoltre, dei caratteri tipologici del paesaggio lombardo. Le zone vulnerabili ai nitrati rientrano all interno di tre unità: fascia alta pianura, fascia bassa pianura e fascia collinare (Figura 6-42) Fascia collinare Le colline che si elevano subito sopra l alta pianura e le ondulazioni moreniche costituiscono un importante, anche se ristretto, ambito del paesaggio lombardo. Nella fascia collinare ricade una piccola porzione di ZVN rispetto al totale, corrispondente a una percentuale di circa il 10%. Risultano formate da rocce carbonatiche e rappresentano morfologicamente il primo gradino della sezione montagnosa della Lombardia. Sono prevalentemente occupate, soprattutto nelle pendici esposte a Sud, da campi terrazzati, dove si coltiva il vigneto, mentre gli ammanti boschivi sono esigui. Sono dominate dalla piccola proprietà e dalla proprietà cittadina organizzata in poderi un tempo condotti a mezzadria, cui si collegano le case sparse e i borghi situati ai loro piedi. In vicinanza delle città di Bergamo e Brescia il paesaggio collinare appare tutto segnato dal gusto urbano, con orti, giardini, ville della borghesia che si è annessa i territori collinari a partire dalla fine del secolo scorso. L industria si è inserita anche qui, occupando ogni spazio possibile, intorno ai centri abitati, trascinando con sé tutti gli elementi che caratterizzano il paesaggio metropolitano. L attività estrattiva, che sfrutta le formazioni calcaree di questi primi rialzi prealpini sia per l industria del cemento sia per quella del marmo, ha inferto gravi danni al paesaggio: grandi cave, visibili a grande 108

109 distanza, si aprono sia nelle colline bergamasche sia soprattutto in quelle bresciane, dove ci sono i materiali migliori. Figura 6-44: Unità tipologiche di paesaggio (estratto da PPR Regione Lombardia). 109

110 All interno della fascia collinare si distinguono due differenti caratteri tipologici: i paesaggi degli anfiteatri e delle cerchie moreniche e i paesaggi delle colline pedemontane e della collina banina. I paesaggi degli anfiteatri e delle cerchie moreniche risultano caratterizzati dalla deposizione di materiali morenici che con ampie arcature concentriche cingono i bacini inferiori dei principali laghi nel Varesotto, nel Comasco, nella Franciacorta e nella parte orientale della Provincia di Brescia. Caratteristica è anche la presenza di piccoli (Montorfano, Sartirana) o medi laghi (Varese, Annone) rimasti chiusi da sbarramenti morenici, di torbiere e superfici palustri. Il paesaggio attuale delle colline moreniche è il risultato di un opera di intervento umano tenace che ha modellato un territorio reso caotico dalle eredità glaciali, povero di drenaggi e formato da terreni sterili. La vicinanza di questo ambito all'alta pianura industrializzata, da cui è sovente indissociabile, ne ha fatto, almeno nei settori più intimamente legati all'espansione metropolitana, un ricetto preferenziale di residenze e industrie ad elevata densità. I paesaggi delle colline e degli anfiteatri morenici hanno un valore eccezionale sia dal punto di vista della storia naturale, sia da quello della costruzione del paesaggio umano. I paesaggi delle colline pedemontane e della collina banina riguardano la fascia collinare esterna ai processi di deiezione glaciale: il monte di Brianza e il colle di Montevecchia, le colline di frangia pedemontana, bergamasca, le colline bresciane. Questo paesaggio si caratterizza per la modesta altitudine (poche centinaia di metri) e per alcune colline affioranti isolate nella pianura. Risulta segnato dalla lunga e persistente occupazione dell'uomo e dalle peculiari sistemazioni agrarie, che vedono, nell'impianto tradizionale, la fitta suddivisione poderale e la presenza delle legnose accanto ai seminativi Fascia alta pianura La fascia dell alta pianura ricade una piccola porzione di ZVN rispetto al totale, corrispondente a una percentuale di circa il 10%. Il paesaggio dell alta pianura è stato quello più intensamente coinvolto nei processi evolutivi del territorio lombardo e si qualifica quale paesaggio costruito, edificato per larghissima misura, che si caratterizza per la ripetitività anonima degli artefatti, peraltro molto vari e complessi. Questi si strutturano intorno alle nuove polarità del tessuto territoriale: i grandi supermercati, le oasi sportive e di evasione, gli stabilimenti industriali, le nuove sedi terziarie, i nuovi centri residenziali formati da blocchi di condomini o di casette a schiera. L alta pianura, benché ormai appaia come unico grande mare edilizio, è ancora nettamente organizzata intorno alle vecchie strutture, i centri che si snodano sulle direttrici che portano alle città pedemontane. 110

111 La geografia fisica dell alta pianura è imperniata sui corsi fluviali che scendono dalla fascia alpina. Essi attraversano l area delle colline moreniche poste allo sbocco delle valli maggiori e scorrono incassati tra i terrazzi pleistocenici. I loro solchi di approfondimento rappresentano perciò un impedimento alle comunicazioni in senso longitudinale. I solchi fluviali, anche minori, hanno funzionato da assi di industrializzazione ed è lungo di essi che ancora si trovano i maggiori e più vecchi addensamenti industriali (valle dell Olona, valle del Lambro, valle dell Adda, valle del Serio, mentre è stato meno intenso il fenomeno lungo il Ticino e l Oglio). La maggiore irradiazione industriale si ha lungo l Olona, dove si trova anche la maggior appendice metropolitana insieme con quella dell area Sesto-Monza attratta dal Lambro. Il grado di urbanizzazione si attenua procedendo verso Nord, con l ampliarsi del ventaglio di strade in partenza da Milano. Il paesaggio agrario ha conservato solo residualmente i connotati di un tempo. Persiste sia la piccola proprietà contadina, risultato delle frammentazioni del passato, sia la media proprietà borghese. La ristrutturazione in senso moderno dell agricoltura, non vi è stata anche a causa del ruolo secondario dell attività rispetto all industria, che è dominante e impone ovunque, anche tra i colli e le vallecole della Brianza, il suo elemento caratteristico, il capannone. Del resto l agricoltura in questa parte della regione (la Lombardia asciutta) ha scarsa redditività e ciò ha costituito un fattore non estraneo alle sollecitazioni industriali di cui è stata scenario. L organizzazione agricola è diversa là dove si estende il sistema irrigatorio (come nelle zone attraversate dal Canale Villoresi), basandosi su aziende di maggiori dimensioni che operano in funzione commerciale. La sezione superiore dell alta pianura movimentata dai rilievi collinari morenici rappresenta il paesaggio più caratteristico dell alta pianura lombarda. Ma oggi sia la Brianza, come le zone collinari del Varesotto, della Franciacorta e dell ampio semicerchio a Sud del Lago di Garda, aree che sono state profondamente modellate dall azione antropica, favorita dalla mobilità dei terreni, che ha modificato l idrografia, eliminato depressioni palustri, manomesso, spianato o terrazzato i dossi collinari a fini agricoli. Oggi le macchie boschive si estendono ai bordi dei campi, lungo i corsi d acqua, nei valloncelli che attraversano le colline moreniche, nei solchi fluviali e nei pianalti pedemontani, intorno ai laghi dell ambiente morenico. Le aree di natura nell alta pianura sono ormai esigue: sono rappresentate dalle aree verdi residue nelle fasce riparie dei fiumi (dove già si sono avute diverse valorizzazioni, come il parco regale di Monza, il parco del Lambro d ambito metropolitano, il Parco del Ticino). Altre aree di naturalità sopravvissute in parte sono le groane, negli ambienti dei conoidi, che alla maniera friulana potrebbero definirsi come magredi, cioè terreni poveri, ciottolosi, poco adatti all agricoltura e perciò conservati si come tali. All interno della fascia alta pianura si distinguono due differenti caratteri tipologici: i paesaggi dei ripiani diluviali e dell alta pianura asciutta e i paesaggi delle valli fluviali escavate. Per quanto riguarda i paesaggi dei ripiani diluviali e dell alta pianura asciutta, nella parte occidentale della Lombardia il passaggio dagli ambienti prealpini alla pianura avviene attraverso le ondulazioni delle colline moreniche e delle lingue terrazzate formatesi dalla disgregazione delle morene terminali dei ghiacciai quaternari. Il successivo passaggio alla fascia dell'alta pianura asciutta è quasi impercettibile, risultando segnato perpendicolarmente solo dallo spegnersi dei lunghi solchi d'erosione fluviale (Olona, Lambro, Adda, Brembo). La naturale permeabilità dei suoli (antiche alluvioni grossolane, ghiaiose-sabbiose) ha però ostacolato l attività agricola, almeno nelle forme intensive della bassa pianura, favorendo pertanto la conservazione di vasti lembi boschivi - associazioni vegetali di brughiera e pino silvestre che, in altri tempi, assieme alla bachicoltura, mantenevano una loro importante funzione economica. A occidente dell'adda 111

112 l'alta pianura è meno estesa, poiché la fascia delle risorgive si avvicina al pedemonte. Il limite naturale dell'alta pianura verso Sud è stato modificato dal sistema dei canali e dalle irrigazioni che hanno consentito un'espansione verso Nord della pianura irrigua. La crescita urbana ha quasi completamente cancellato, nella parte occidentale della fascia, i caratteri naturali del paesaggio che, invece, permangono nella ristretta fascia orientale. Per quanto concerne i paesaggi delle valli fluviali escavate, le fasce fluviali, che incidono il territorio in direzione meridiana, determinano rotture di continuità della grande fascia urbanizzata dell alta pianura. Sono varchi (Ticino, Adda, Oglio) derivati dagli approfondimenti relativamente più recenti dei fiumi alpini e prealpini e da ciò derivano le loro peculiarità, che ne fanno ambiti a sé stanti rispetto ai piani sopraelevati dell alta pianura urbanizzata Fascia bassa pianura La fascia della bassa pianura è quella che comprende la maggior parte delle ZVN, con almeno l 80% dei comuni vulnerabili a nitrati. La bassa pianura inizia dalla linea delle risorgive che da Magenta-Corbetta, passando per Milano, Lanzate, Melzo, Caravaggio, Chiari, Montichiari, Goito attraversa longitudinalmente l intera Lombardia. Rispetto all alta pianura, la presenza delle risorgive, con cui inizia naturalmente la pianura umida, che l uomo ha attrezzato con un esteso sistema irriguo, introduce una maggior presenza di verde, oltre agli elementi che si legano a un agricoltura più ricca e diversamente organizzata. Gli elementi che tradizionalmente stavano ad indicare la specificità del paesaggio bassolombardo erano diversi un tempo: in primo luogo va posta l organizzazione agricola basata sulla grande cascina, la minor densità umana, il senso pieno della campagna, la presenza delle piantate che animano gli scenari, il carattere geometrico del disegno dei campi, la rettilineità delle strade, dei filari, dei canali irrigatori, la regolare distribuzione dei centri abitati. Oggi vi si sono aggiunti i serbatoi idrici sopraelevati e, in qualche senso, i silos e gli edifici multipiani intorno ai centri maggiori. L agricoltura è un attività produttiva specializzata, spesso avanzatissima nelle sue tecniche, nelle sue forme di meccanizzazione. Può sorprendere tuttavia come questa trasformazione dei modi di produzione, legata alla riduzione estrema della manodopera, abbia ancora le sue basi nelle vecchie cascine di un tempo, in parte riconvertite, utilizzate come magazzini, come depositi per le macchine o in parte abbandonate. Oggi si tende ad ampliare, in funzione della meccanizzazione, le superfici coltivate, e quindi ad eliminare le piantate che nei secoli passati cingevano fittamente ogni parcella coltivata, ponendosi ai bordi delle cavedagne o lungo i canali di irrigazione, associando alberi diversi, dal pioppo, al salice, al frassino, alla famia. Oggi l albero dominante quasi ovunque è costituito dal pioppo d impianto, talora disposto in macchie geometriche. Tranne che nelle aree a risaia, il mais è la coltura più importante, costituendo una perdita per il paesaggio, rappresentata dalle variegature multicolori che un tempo introduceva la policoltura. Nel complesso le polarità urbane della bassa pianura sono meno popolose di quelle che governano l alta pianura. L industrializzazione consiste nella miniproliferazione intorno ai centri principali di piccole industrie manifatturiere o di industrie legate all agricoltura. Anche la crescita edilizia degli ultimi decenni è stata relativamente contenuta intorno ai centri maggiori. Gli assi stradali (soprattutto quelli diretti verso Milano) fungono da direttrici di attrazione industriale e residenziale, correndo in senso longitudinale o trasversalmente lungo le aree interfluviali e permettendo alle fasce attraversate dai fiumi di conservare una 112

113 propria dimensione naturale. Formazioni boschive o pioppeti d impianto rivestono gli spazi golenali sin dove iniziano le arginature, ormai quasi tutte artificiali. Ciò vale anche per il corso del Po, che fa da confine meridionale della Lombardia, svolgendo il suo corso tra alti argini che gli conferiscono un certo grado di pensilità, caratteristica anche degli affluenti lombardi nel tratto terminale del loro corso. L argine, importante elemento funzionale, diventa così un tipico elemento nel paesaggio basso-lombardo. La bassa pianura lombarda non è un insieme territoriale uniforme. Lo rivelano i suoi paesaggi appena si attraversa da Sud a Nord come da Est a Ovest la pianura. Variano la densità di alberi, il tipo di piantata, la forma delle cascine, la loro densità, la misura dei campi, il rapporto tra cascine isolate e centri comunali. Le due aree più diverse sono quelle che si pongono agli estremi: la Lomellina e il Mantovano, entrambe con un agricoltura che comprende la coltivazione del riso, ma con un organizzazione agricola diversa, basata su aziende medio-grandi e una differenza nelle architetture rurali del paesaggio agrario. All interno della fascia bassa pianura si distinguono due differenti caratteri tipologici: i paesaggi delle fasce fluviali e i paesaggi della pianura irrigua. I paesaggi delle fasce fluviali sono ambiti della pianura determinati dalle antiche divagazioni dei fiumi, il cui disegno segue ancora oggi il corso del fiume. In questi ambiti sono quindi compresi i fiumi, con scorrimento più o meno meandrato, i loro greti ghiaiosi o sabbiosi, le fasce golenali e le zone agricole intercluse, lievemente terrazzate. Si tratta, generalmente, di aree poco urbanizzate oggi incluse nei grandi parchi fluviali lombardi. La pianura irrigua è costituita da tre grandi tipi di paesaggi configurati dai tipi di coltura: risicola (Lomellina, parte del Pavese e della Bassa Milanese), cerealicola (parte centrale e orientale della bassa pianura), foraggera (parte occidentale). Rappresenta quella grande, secolare conquista agricola che ha fatto della Lombardia una delle terre più ricche e fertili del continente. Ciò è testimoniato dagli insediamenti, dalla loro matrice generatrice preromana, romana e medievale, dalla dimensione discreta dei centri. Il sistema irriguo, derivato dai fiumi e dai fontanili, è alla base della vocazione agricola, della sua organizzazione e, dunque, del paesaggio. Nel Cremonese, nel Pavese e in altre situazioni l impianto territoriale ricalca le centuriazioni e ha un ordine quasi sempre regolare, a strisce o rettangoli; altrove è la tendenza defluente dei cavi irrigui e dei canali a costruire la geometria ordinatrice del paesaggio (per esempio nella Bassa Milanese). La rilevanza persistente delle colture foraggere nella sezione a occidente dell Adda e in parte di quella cremasca e cremonese accentua la presenza dei filari, dei pioppeti, delle alberature dei fossi. Nella parte centrale della pianura lombarda, fra Serio e Chiese, si delinea il paesaggio delle colture cerealicole, soprattutto maidicole. Grande importanza riveste la ben nota fascia delle risorgive associata in molti casi, residualmente, ai prati marcitoi. Altro ambito distinto, benché più limitato, è quello delle emergenze collinari (San Colombano, Monte Netto), isole asciutte interessate dalla viticoltura e dalla frutticoltura. Una tipologia a sé stante è stata conferita alla pianura a orientamento risicolo, variante della pianura irrigua. La coltivazione del riso impone una caratteristica organizzazione colturale e poderale, con una più ricca presenza di acqua (allagamenti primaverili). Anche qui nuovi processi produttivi hanno condotto alla sostituzione della risaia stabile con quella avvicendata, inoltre l uso di diserbanti ha rimosso uno dei connotati di costume più noti, la pratica della mondatura. 113

114 7 Scenario di riferimento Il Programma d Azione si qualifica quale strumento destinato alla disciplina e regolamentazione dei criteri e delle norme tecniche generali, che le aziende agricole ricadenti in Zone Vulnerabili ai Nitrati devono osservare per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati. Al fine di conseguire una corretta programmazione delle azioni in tal senso, una premessa fondamentale all elaborazione del PdA è la conoscenza approfondita del contesto naturalistico-ambientale di riferimento. Le risorse idriche sotterranee e superficiali, il suolo e l attività agricola sono i comparti ambientali che saranno direttamente interessati dalle azioni della programmazione in questione e le cui caratteristiche sono condizionate e influenzate da un insieme di fattori coesistenti sul territorio di cui l estensore del Programma d Azione deve tenere conto, in relazione alle interazioni che si possono generare in funzione delle previsioni gestionali e alla possibilità che, direttamente o indirettamente, assumano il ruolo di vincolo o criticità nei confronti delle azioni del Programma. Per tale motivo nel capitolo precedente è stato descritto il quadro ambientale di riferimento in base al quale è possibile caratterizzare lo scenario di riferimento sul quale il PdA agisce. Il quadro conoscitivo delineato nei paragrafi precedenti permette di individuare i principali elementi e fattori ambientali che caratterizzano sia positivamente che negativamente il quadro ambientale di riferimento per il PdA. 7.1 Caratteristiche chimico-fisiche del suolo Le caratteristiche chimico-fisiche dei suoli della Pianura Padana lombarda dipendono dalla granulometria e dalla tessitura e dai processi che in essi avvengono e, che vanno ad influenzare parametri quali il ph, contenuto in carbonio organico, capacità di scambio cationico, conducibilità e condizioni di aerazione. Queste caratteristiche sono quelle che condizionano la capacità di attenuazione dei rischi di contaminazione delle acque, in quanto i suoli sono in grado di esercitare un azione filtro e tampone nell azione di rilascio dei nutrienti, determinando anche condizioni favorevoli ad un loro assorbimento da parte delle colture. I suoli che caratterizzano le Zone Vulnerabili sono in gran parte molto fertili. Insieme a condizioni climatiche favorevoli e disponibilità di acqua irrigua ciò consente lo sviluppo di sistemi colturali a lungo ciclo di crescita, elevata produzione di biomassa e alto assorbimento di elementi nutritivi, azoto e fosforo. Da sottolineare come il tenore in sostanza organica non sia elevatissimo, anche se una sua maggiore dotazione è presente nelle aree a più forte concentrazione della zootecnia. Le azioni di valorizzazione agronomica della sostanza organica contenuta negli effluenti hanno un significativo importante in tal senso. 7.2 Uso del suolo, urbanizzazione e demografia Dall analisi dei dati DUSAF, si evidenzia una contrazione delle superfici agricole (diminuzione superiore ai ha a livello regionale in 8 anni), a fronte di un aumento delle superfici urbanizzate, sia residenziali che commerciali. Una diminuzione della superficie agricola a disposizione delle aziende agricole, tende ad 114

115 aggravare la problematica della distribuzione dei reflui, soprattutto nelle aree dove è elevato il carico zootecnico. 7.3 Stato di qualità delle acque Le risorse idriche costituiscono il comparto ambientale che potenzialmente può subire alterazioni in relazione agli indirizzi del Programma d Azione Nitrati, costituendo il bersaglio o target diretto oggetto di interferenza da parte delle azioni delineate nel programma e attuate nelle pratiche agricole. La concentrazione media di nitrati nelle acque di falda in Lombardia è di 18,41 mg/l, più alta nelle Zone Vulnerabili (circa 22,48 mg/l) e inferiore (circa 13,17 mg/l) in quelle Non Vulnerabili. I valori più alti, talora anche superiori a 50 mg/l, si ritrovano, come nel resto della Pianura Padana, per lo più nella fascia pedealpina, mentre il contenuto in nitrati nelle acque sotterranee del resto della pianura si colloca su valori generalmente medio bassi, con l eccezione di singoli punti di prelievo dove la contaminazione è da ricondurre a specifiche situazioni locali. La qualità delle acque sotterranee si è mantenuta nel tempo sostanzialmente stabile, senza significative variazioni in nessuno degli elementi descrittivi sopra citati, a testimonianza che il sistema nel suo complesso mostra per sue caratteristiche strutturali intrinseche una forte resilienza ; c è quindi da attendersi anche che le politiche di contenimento degli impatti riescano a manifestare i propri effetti solo su tempi abbastanza lunghi. Nelle acque superficiali i nitrati sono presenti in quantità ancora minore (in media nell intera pianura 13,14 mg/l). In questo caso le concentrazioni più basse si rilevano nell alta pianura all uscita dei corsi d acqua dai fondovalle alpini; esse crescono poi all altezza della fascia delle risorgive mantenendosi su livelli costantemente più alti nel resto del percorso e talora evidenziando un nuovo lieve abbassamento nel tratto terminale prima della confluenza in Po. Nelle acque superficiali solo occasionalmente, in prelievi effettuati in singoli mesi in alcuni punti di misura, sono stati rilevati valori di nitrati prossimi o superiori a 50 mg/l. L andamento tipico nel corso dell anno mostra concentrazioni che scendono nel periodo tardo primaverile ed estivo e che tendono a risalire nell autunno-inverno fino ad aprile; tale andamento tende inoltre a mantenersi sempre molto simile a se stesso nel corso degli anni. Queste evidenze e studi in corso, in particolare sul corso del fiume Oglio, sembrano quindi indicare una forte e determinante influenza della qualità delle acque di falda sulla qualità delle acque superficiali da mettersi in relazione con l azione prevalentemente drenante esercitata dal reticolo idrografico sulle acque sotterranee. Va inoltre considerato l impatto sulle acque, tanto superficiali che sotterrane, del comparto civile ed industriale, anch esso prevalentemente concentrato nelle ZVN e con ordine di grandezza paragonabile a quello di origine agro-zootecnica In tema di qualità delle acque va rilevato che studi fatti nel passato e in corso (convenzione di ricerca RL CNR) con l uso di tecniche isotopiche indicano che frequentemente l origine dei nitrati rilevati in falda sembra essere da ricondurre in prevalenza a scarichi civili, anche in aree dove l attività agricola e zootecnica sono molto diffuse. Il quadro complessivo si presenta pertanto alquanto articolato e complesso richiedendo politiche di intervento integrate e trasversali. 7.4 L attività agricola La pressione derivante dall attività agricola sull'ambiente può essere rappresentata attraverso i quantitativi relativi al carico zootecnico. Dai dati è possibile osservare che il carico zootecnico complessivo è in 115

116 diminuzione costante, evidente nei bovini (che producono la maggiore quantità di N organico), più lieve negli ultimi tempi per i suini. La pressione data dalla zootecnia sul territorio è quindi in lieve diminuzione. Molte aziende hanno inoltre fatto investimenti in stoccaggi ed impianti di trattamento e digestione anaerobica, come testimoniato soprattutto dagli impianti di biogas già attivi sul territorio regionale. È quindi possibile affermare che ad un elevato carico zootecnico corrisponde anche uno sforzo di valorizzazione agronomica ed energetica con benefici ambientali complessivi. Si vuole evidenziare che il carico di azoto totale di origine agro-zootecnica e civile-industriale immesso nell ambiente in Lombardia resta comunque indubbiamente elevato, soprattutto nelle Zone Vulnerabili dove si concentra circa il 70% del carico di azoto di origine zootecnica e il 52% di quello civile. Nell esaminare questi dati sono tuttavia da precisare le seguenti considerazioni: a) Il carico di origine zootecnica, pur consistente, è sostanzialmente stabile e anzi ha denotato nell ultimo anno una lieve flessione rispetto al 2009 (- 3,7%). b) Il carico stimato di azoto da concimi minerali è a sua volta elevato e suggerisce l esistenza ancora di ampi margini di razionalizzazione della fertilizzazione e, potenzialmente, di sostituzione dell N minerale con N organico. c) L azoto utilizzato in agricoltura, tanto quello di sintesi quanto l organico, è distribuito sul suolo: una parte rilevante di esso viene quindi assorbita dalle colture, una parte viene emessa in atmosfera, una parte è immobilizzata nella sostanza organica e trattenuta nel suolo stesso e solo una parte, relativamente ridotta, quindi, rispetto al totale, viene rilasciata nelle acque. d) L azoto di origine civile-industriale non depurato, non fognato e non collettato viene invece immesso direttamente nei corpi idrici superficiali o nel sottosuolo, risultando quindi per intero potenzialmente inquinante le acque. e) Il contributo dei fanghi di depurazione urbana alla pressione ambientale in termini di azoto è poco rilevante. A questi carichi si aggiungono le emissioni in atmosfera originate dal comparto agricolo; come precedentemente esposto (cfr. par ) le emissioni di ammoniaca sono principalmente di origine agricola (98%) mentre si può stimare che il contributo alla formazione di particolato secondario non superi il 10% come media e il 20% nei periodi di punta (mesi estivi). Inoltre la riduzione delle emissioni di ammoniaca potrebbe non comportare una analoga riduzione della formazione di particolato secondario per la presenza di anioni derivanti da altri comparti che si combinerebbero con l NH + 4 anche a sue concentrazioni inferiori. Sono in atto ed è possibile incrementare l uso di tecniche per il contenimento delle emissioni dell NH 3 che riguardano le fasi di alimentazione, stabulazione, stoccaggio e distribuzione. La principale tecnica di contenimento delle emissioni è la buona gestione degli effluenti e della fertilizzazione. La riduzione degli apporti azotati ai terreni, aumentando l efficienza di utilizzo dell azoto vista nel complesso aziendale (rapporto tra azoto che entra e azoto che esce dall azienda) è sicuramente uno degli obiettivi prioritari da perseguire per la riduzione delle emissioni azotate in aria e nelle acque. 116

117 7.5 Natura e biodiversità La tutela della biodiversità e degli ambiti di naturalità presenti sul territorio rappresenta una priorità per la Regione Lombardia. Sul territorio lombardo vi sono 23 Parchi Regionali, 62 Riserve Naturali, 28 Monumenti naturali e 66 Parchi di Locali Interesse Sovracomunale. Sul territorio regionale è presente anche un sistema di aree tutelate ai sensi di direttive comunitarie, facente parte della Rete ecologica Natura 2000 e costituito da 174 Siti di Importanza Comunitaria (più altri 18 proposti) e 62 Zone di Protezione Speciale; nelle Zone Vulnerabili ai Nitrati ricadono 66 SIC e 31 ZPS. Sempre sul territorio regionale è stata definita una Rete Ecologica avente quale finalità il raggiungimento della tutela e della conservazione della biodiversità, con particolare riferimento per le Aree prioritarie. Il territorio della pianura lombarda è altresì caratterizzato dalla presenza di estese aree agricole, caratterizzate dall'esercizio di pratiche intensiva e frammentazione delle superfici. Le aree protette e naturali nel territorio d'interesse si sviluppano principalmente lungo il corso dei fiumi principali e risultano quindi integrate in un contesto fortemente agricolo, dove l azione antropica esercita una rilevante pressione sulla componenti naturali. 7.6 Paesaggio Nelle aree di pianura in cui si ha ampia coltivazione intensiva, la morfologia originaria è stata alterata dall azione dell uomo, inoltre i campi coltivati costituiscono una dominante paesistica. Tuttavia esistono alcune componenti agricole che possono rivestire un ruolo multifunzionale, di azione filtro e diversificazione dell ambiente stesso. È soprattutto nella fascia di bassa pianura che l azione antropica dovuta al settore agricolo agisce in maniera preponderante sul paesaggio, caratterizzandolo morfologicamente, storicamente e culturalmente. 117

118 8 Analisi di compatibilità ambientale del Programma d Azione 8.1 La coerenza del Programma d Azione con gli obiettivi di protezione ambientale Gli obiettivi generali perseguiti dal Programma d Azione della Regione Lombardia possono esser individuati nei seguenti punti: disciplinare i criteri e le norme tecniche generali, che le aziende agricole ricadenti in Zone Vulnerabili ai Nitrati devono osservare, per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati; promuovere l adozione di strategie di gestione integrata degli effluenti di allevamento; promuovere l adozione di modalità di allevamento e di alimentazione degli animali finalizzate a ridurre, già nella fase di produzione, il contenuto di azoto. Gli obiettivi da perseguire in seguito all utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento sono: la protezione delle zone vulnerabili dall'inquinamento che può essere provocato da nitrati di origine agricola; la tutela dei corpi idrici ed il contributo al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al D.Lgs. 152/2006 (Articoli 76, 77, 79); l effetto fertilizzante e ammendante nel terreno l equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione nei periodi di massima efficienza e in coerenza anche con il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA). Il PdA redatto risulta esser coerente con quanto previsto da leggi approvate e regolamenti stilati in ambito internazionale e nazionale, a proposito di tutela delle acque e agricoltura sostenibile. Di seguito si riportano le indicazioni e le specifiche presenti in atti e documenti rilevanti di carattere internazionale, nazionale e regionale. Ambito di pianificazione e programmazione internazionale: Direttive vincolanti per gli stati membri in materia ambientale da parte dell Unione Europea: o la Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, i cui obiettivi principali si inseriscono in quelli più complessivi della politica ambientale della Comunità che deve contribuire a perseguire salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità ambientale, nonché l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che deve essere fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della riduzione, soprattutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente; o la Direttiva 91/676/CE (Direttiva Nitrati), adottata dalla Comunità Economica Europea il 12 dicembre 1991, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell inquinamento e che rappresenta il principale riferimento normativo a protezione delle acque minacciate da 118

119 uno sfruttamento eccessivo del suolo agricolo e conseguente accumulo di nitrati, nell ottica di perfezionare l equilibrio tra sostenibilità delle attività produttive e agrarie e rispetto dell ambiente; o Direttiva 96/61/CE sulla riduzione e prevenzione integrate dell inquinamento (IPPC- Integrated Pollution Prevention and Control), con la quale l Unione Europea si è dotata di uno strumento con il quale, nell ambito del sistema produttivo, gli obiettivi generali dello sviluppo sostenibile e dello sviluppo di produzioni più pulite sono perseguiti mediante la prevenzione integrata dei fenomeni di inquinamento. Per il settore agricolo, essa è riferita ai grandi allevamenti intensivi e lo strumento fondamentale è l Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), rilasciata dall Autorità competente, ed indispensabile ai fini del funzionamento di un impianto soggetto ad IPCC. Strategie internazionale di riduzione delle emissioni: o Protocollo di Goteborg, relativo alla riduzione dell acidificazione, dell eutrofizzazione e dell ozono troposferico, sottoscritto nel 1999 nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sull Inquinamento Transfrontaliero di Lungo Raggio del L Unione Europea ha aderito a tale norma con la Decisione del Consiglio 2003/507/CE del 13 giugno 2003, che fissa per ciascuno Stato parte della Convenzione, livelli di emissione massimi autorizzati per i quattro principali inquinanti precursori responsabili dell acidificazione, dell eutrofizzazione e dell ozono, ovvero: biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, i composti organici volativi (COV) e l ammoniaca. Sono fissati specifici obblighi per il settore agricolo che riguardano: 1. le pratiche agricole, mediante l adozione di un codice di buona pratica agricola; 2. l uso di concimi all urea e al carbonato di ammonio; 3. l applicazione e lo stoccaggio degli effluenti animali; 4. i sistemi di ricovero per gli animali. o Protocollo di Kyoto, finalizzato alla riduzione di emissioni gas serra ed adottato dalla comunità internazionale nel 1997, nel corso della Terza Sessione della Conferenza delle Parti (COP) sul clima, istituita nell ambito della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC), con l obiettivo di contrastare e limitare i cambiamenti climatici. Ambito di pianificazione e programmazione nazionale La principale normativa di riferimento a valenza nazionale per il PdA è costituita dal D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006, recante Norme in materia ambientale e che sostituisce il D.Lgs.11 maggio 1999 n.152, in base al quale deve essere approvato il Piano di Tutela delle Acque (PTuA), inteso come piano stralcio di settore del piano di bacino con interventi e misure necessarie alla tutela quantitativa e qualitativa del sistema idrico. Con riferimento all art. 112 di tale decreto è stato emanato il D.M. del 7 aprile 2006, che disciplina l intero ciclo dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e maturazione, trasporto e spandimento) nelle aree vulnerabili e in quelle non vulnerabili. In attuazione della Direttiva Nitrati con D.M. 19 aprile 1999 è stato approvato il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA). Con il codice vengono formulate una serie di indicazioni atte a ridurre l impatto ambientale dell attività agricola attraverso una più attenta gestione del bilancio dell azoto. 119

120 Ambito di pianificazione e programmazione regionale La L.R. n. 37 del 15 dicembre 1993 Norme per il trattamento, la maturazione e l utilizzo degli e.a., recepimento delle disposizioni provenienti dalla Direttiva Nitrati e dalla Legge Merli, è stata la prima legge di regolamentazione sui reflui da parte di una delle regioni italiane. Si ha quindi la regolamentazione della norma regionale con le indicazioni della direttiva 12/96 dell Autorità del Bacino del Fiume Po, che definisce in particolare: 1. i carichi massimi di N ammissibili; 2. le caratteristiche degli stoccaggi e i tempi minimi di maturazione; 3. i divieti di spandimento dei liquami e limitazioni previste. Infine la Regione Lombardia ha approvato il Piano di tutela e uso delle acque. Il PTuA: identifica i corpi idrici ai quali si applicano gli obiettivi di qualità ambientale (significativi); individua le aree sottoposte a specifica tutela (articolate per bacini e sottobacini, specifiche problematiche o tipi di acque); indica gli obiettivi di qualità ambientale e quelli per i corpi idrici con specifica destinazione d uso e specifica gli interventi che garantiscono di raggiungerli (o di mantenerli se sono già stati raggiunti); indica le misure di tutela qualitativa e quantitativa integrate tra loro e coordinate per bacino idrografico; definisce il programma di misure per raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale in funzione di come è stato classificato (stato di qualità ambientale) ciascun corpo idrico significativo o di interesse; definisce il programma di analisi delle caratteristiche del bacino idrografico e dell impatto esercitato dalla attività antropica sullo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Tutti i diversi ambiti di pianificazione vertono quindi per la maggior parte sulla tutela delle risorse idriche e sul loro stato qualitativo. 8.2 Stima degli effetti sui sistemi e comparti ambientali Il Rapporto Ambientale deve contenere, come da disposizioni dell allegato I della Direttiva 2001/42/CE, le informazioni inerenti l identificazione, la descrizione e la valutazione dei possibili effetti significativi, conseguenti l attuazione e adozione del piano/programma, sull ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la fauna, la flora, la popolazione, la salute umana, il suolo, l acqua, l aria e i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, architettonico e archeologico, il paesaggio e l interrelazione tra i suddetti fattori. Le azioni, le misure e le pratiche gestionali previste dal PdA sono finalizzate in modo precipuo al conseguimento della protezione delle zone vulnerabili dall'inquinamento che può essere provocato da nitrati di origine agricola, e alla tutela dei corpi idrici. Il comparto ambientale che risulta direttamente interessato dalle scelte programmatiche è quello idrico, con riferimento sia alle acque sotterranee sia a 120

121 quelle superficiali. A seguito dell'implementazione delle strategie del PdA potrebbero però evidenziarsi effetti indesiderati e indiretti su altre componenti e variabili ambientali. Scopo dell'analisi proposta nella presente sezione è quello di individuare e descrivere i possibili effetti di carattere positivo e/o negativo sulle variabili diverse variabili ambientali. In particolare, si individuano i fattori perturbativi, conseguenti ad azioni previste dal PdA, che possono generare interazioni di tipo positivo e/o negativo con le componenti ambientali. La tabella riportata alla pagina seguente illustra i potenziali fattori perturbativi associati alle azioni del Programma, rappresentate dalle indicazioni riportate nei diversi articoli (si veda il capitolo 4), sono colorate le celle riferite agli articoli che ricomprendono modifiche e aggiornamenti al vigente PdA, in particolare essi si riferiscono a quanto segue: introduzione di valori MAS (quantitativi massimi di N distribuibile alle colture); prescrizioni in ordine alla limitazione all uso degli effluenti in pendenza; revisione dei periodi di divieto di spandimento invernale (per le diverse tipologie di fertilizzanti); incremento dell efficienza media di distribuzione degli effluenti; deroga, quale scenario alternativo, con aumento a 250 kg/ha dell N da effluente a fronte del rispetto di specifiche condizioni da parte delle aziende agricole. La Tabella 8-2 costituisce la matrice delle possibili interazioni tra fattori perturbativi conseguenti le azioni del PdA e i comparti ambientali. Alcuni comparti, ossia popolazione, beni materiali, patrimonio culturale, architettonico e archeologico, sono esclusi dall'analisi in quanto non si sono rilevate interazioni di alcun tipo con le azioni di PdA. Nelle pagine che seguono vengono poi analizzati e descritti i possibili effetti significativi individuati per ciascuna azione, misura o pratica di gestione previsti dal nuovo PdA. 121

122 dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile Tabella 8-1: Valenza ambientale e potenziali effetti ambientali delle azioni del PdA SCENARIO: PROGRAMMA DI AZIONE Titolo del PdA Articoli del PdA Valenza ambientale Potenziali effetti ambientali Titolo II Disposizioni generali- Capo I: Criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento di cui al D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 art. 101 e 112 e al D.M. del 7 aprile 2006 Titolo II Disposizioni generali- Capo II: Gestione degli effluenti: strutture di stoccaggio Titolo II Disposizioni generali- Capo III: Gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica Art. 4 - Pratiche agronomiche colturali Art. 5 - Sistemazioni dei terreni e irrigazione Art. 6 - Avvicendamenti colturali Art. 7 - Fertilizzazione Art. 9 - Caratteristiche dello stoccaggio e accumulo dei materiali palabili Art Accumulo temporaneo dei letami Art. 11- Caratteristiche e dimensionamento delle strutture per lo stoccaggio dei materiali non palabili Art Divieti di utilizzazione dei letami Impiego corretto dei fertilizzanti azotati Gestione corretta delle acque irrigue Gestione della copertura del suolo Pianificazione dei tempi e delle modalità di distribuzione di effluenti e concimi al fine di garantire l utilizzazione da parte delle colture e la diminuzione delle perdite per volatilizzazione Garantire la conservazione degli effluenti Gestione corretta degli accumuli temporanei Garantire la conservazione degli effluenti Gestione sostenibile dal punto di vista ambientale degli effluenti di allevamento Positivi: riduzione rischi di contaminazione delle acque superficiali e/o profonde Positivi: riduzione del ruscellamento superficiale nei terreni declivi; allontanamento delle acque saturanti nei terreni in piano; riduzione della perdita di nitrati Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Negativi: alterazione degli elementi paesaggistici percettibili emissioni atmosferiche inquinanti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Negativi: alterazione degli elementi paesaggistici percettibili emissioni atmosferiche inquinanti Positivi: riduzione della perdita di nitrati 122

123 SCENARIO: PROGRAMMA DI AZIONE Titolo del PdA Articoli del PdA Valenza ambientale Potenziali effetti ambientali Gestione sostenibile dal punto di vista Positivi: Art Divieti di utilizzazione dei liquami ambientale degli effluenti di riduzione della perdita di nitrati allevamento Titolo II Disposizioni generali- Capo IV: Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento: modalità di utilizzazione agronomica Gestione sostenibile dal punto di vista Art Dosi di applicazione ambientale degli effluenti di allevamento Art Trasporto - Gestione sostenibile dal punto di vista Art Trattamenti ambientale degli effluenti di allevamento Garantire la conservazione degli Art. 17- Strutture di stoccaggio effluenti Art Modalità di utilizzazione agronomica Art.19 - Divieti di utilizzazione dei fanghi Art. 20 Divieti di utilizzazione dei fertilizzanti azotati diversi dagli e.a. Art Dosi di applicazione dei fertilizzanti azotati diversi dall e.a. Impiego corretto dei fertilizzanti azotati Corretta gestione dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione Gestione sostenibile dal punto di vista ambientale degli effluenti di allevamento Gestione sostenibile dal punto di vista ambientale degli effluenti di allevamento Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: Sicurezza igienico sanitaria Protezione dell ambiente Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: Sicurezza igienico sanitaria Protezione dell ambiente Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti 123

124 Acqua Aria Suolo Biodiversità Fauna Flora Salute umana Paesaggio Tabella 8-2: Matrice delle interazioni potenziali. Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque Comparti ambientali Azioni del PdA Possibili fattori perturbativi Art. 4 - Pratiche agronomiche colturali Art. 5 - Sistemazioni dei terreni e irrigazione Art. 6 - Avvicendamenti colturali Art. 7 - Fertilizzazione Art. 9 - Caratteristiche dello stoccaggio e accumulo dei materiali palabili Art Accumulo temporaneo dei letami Art. 11- Caratteristiche e dimensionamento delle strutture per lo stoccaggio dei materiali non palabili Art Divieti di utilizzazione dei letami Art Divieti di utilizzazione dei liquami Positivi: riduzione rischi di contaminazione delle acque superficiali e/o profonde Positivi: riduzione del ruscellamento superficiale nei terreni declivi; allontanamento delle acque saturanti nei terreni in piano; riduzione della perdita di nitrati Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Negativi: alterazione degli elementi paesaggistici percettibili emissioni atmosferiche inquinanti Positivi: evitare la perdita di nutrienti Positivi: evitare la perdita di nutrienti Negativi: alterazione degli elementi paesaggistici percettibili emissioni atmosferiche inquinanti Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: riduzione della perdita di nitrati

125 Acqua Aria Suolo Biodiversità Fauna Flora Salute umana Paesaggio Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque Comparti ambientali Azioni del PdA Possibili fattori perturbativi Art Dosi di applicazione Art Trasporto - Art Trattamenti Art. 17- Strutture di stoccaggio Art Modalità di utilizzazione agronomica Art.19 - Divieti di utilizzazione dei fanghi Art. 20 Divieti di utilizzazione dei fertilizzanti azotati diversi dagli e.a. Art Dosi di applicazione dei fertilizzanti azotati diversi dall e.a. Positivi: riduzione della perdita di nitrati Positivi: Sicurezza igienico sanitaria Protezione dell ambiente Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: Sicurezza igienico sanitaria Protezione dell ambiente Positivi: evitare la dispersione di nutrienti Positivi: evitare la dispersione di nutrienti

126 8.2.1 Acqua Obiettivi primari e principali del Programma di Azione sono la protezione delle zone vulnerabili dall inquinamento che può essere provocato da nitrati di origine agricola e la tutela dei corpi idrici, conseguentemente tutte le azioni delineate nel Programma stesso sono finalizzate ad una corretta gestione nell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e degli apporti azotati in genere finalizzata al conseguimento dei suddetti obiettivi. Il comparto idrico, con riferimento sia alle acque superficiali che a quelle sotterranee, si configura quindi come il bersaglio diretto delle azioni del PdA, che vogliono condurre ad uno scenario ambientale contraddistinto dalla riduzione della pressione generata dall agricoltura e rappresentata in questo contesto dall immissione di nutrienti sull ambiente. I temi gestionali con valenza ambientale trattati dal PdA sono riferibili al capo I, II, III e IV del Titolo II e sono rappresentati dai seguenti: 1. criteri e norme tecniche generali per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento; 2. gestione degli effluenti: strutture di stoccaggio; 3. gestione degli effluenti: modalità di utilizzazione agronomica; 4. gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento: modalità di utilizzazione agronomica. Criteri e norme tecniche generali L obiettivo dei criteri e delle norme tecniche per l utilizzazione agronomica degli e.a. definiti dal PdA è quello di contribuire a realizzare la maggior protezione delle acque dall inquinamento da nitrati, attraverso una più attenta gestione del bilancio dell azoto. Per questo motivo il PdA indica che le pratiche agrarie e colturali siano fatte nel rispetto del Codice di Buona Pratica Agricola e che sia valutato il contesto agronomico nel quale i fertilizzanti e le pratiche colturali vengono applicati, in modo da tenere in considerazione tutti quei processi che possono favorire od ostacolare la mobilizzazione dei nutrienti in essi contenuti. La fertilizzazione mira a colmare le insufficienze di elementi nutritivi. Tutte queste considerazioni devono essere applicate al settore agricolo in modo che si possano adottare pratiche agronomiche colturali in continuazione con quanto già previsto dal vecchio PdA (art.4). Un altra azione che deve essere considerata riguarda le sistemazioni idraulico-agrarie dei terreni coltivati, in modo da ridurre il ruscellamento superficiale ed assicurare l allontanamento delle acque saturanti nei terreni in piano. Allo stesso modo la scelta del metodo irriguo più efficiente può contenere l inquinamento delle acque soprattutto di quelle profonde, metodo da considerare in relazione alla giacitura dell appezzamento ed alle colture in atto. L obiettivo in questo caso è la massimizzazione dell efficienza e la riduzione al minimo della percolazione. L adozione di un efficiente sistema irriguo rende infatti compatibile questa azione con le aree protette considerate, come già previsto dal vecchio PdA (art.5). Per ridurre ulteriormente le perdite di nitrati in falda deve essere adottata un appropriata gestione del terreno, in quanto se il suolo risulta essere nudo e senza copertura le perdite aumentano. Andrebbe favorito l utilizzo di colture intercalari, di colture di copertura o l interramento di paglia e stocchi, azioni previste dall art.6 del PdA. Un azione molto importante riguarda la fertilizzazione (art.7 PdA), che deve essere preventivamente pianificata per ottimizzare l utilizzo dei nutrienti da parte delle colture e fornita solo qualora necessaria. È in questo contesto che deve essere infatti valutato il periodo di maggior efficienza dell azoto, in modo da 126

127 fornire questo elemento limitandone le perdite nell ambiente e avvantaggiando la coltura nel suo assorbimento. La quota di azoto da fornire deve infatti essere correlata alla quantità asportata dalle colture. Relativamente alla fertilizzazione anche i metodi di distribuzione utilizzati possono modificare la quota dell elemento che viene trattenuta o persa. Devono infatti essere ridotte le perdite di azoto per volatilizzazione, utilizzando anche metodi quali l iniezione diretta o lo spandimento in bande, che favoriscono una maggior trattenuta dell elemento al suolo nel momento stesso della distribuzione. Queste tecniche sono ampiamente discusse e già previste dal vecchio PdA. Le azione sopra riportate comportano la riduzione dei rischi di immissione di nitrati nelle acque superficiali e, soprattutto, sotterranee, si tratta di indirizzi di carattere preventivo già previsti nel PdA vigente e mantenuti nel PdA proposto. Sono applicabili al contesto agricolo nel momento in cui si esplica l attività stessa e rendono sostenibile l attività agricola nel momento in cui vengono applicate tutelando il comparto idrico. Stoccaggio Una prevenzione dall inquinamento da nitrati avviene anche attraverso il corretto stoccaggio degli effluenti di allevamento destinati all utilizzazione agronomica, da effettuarsi mediante l impiego di strutture che devono essere dimensionate in base alla consistenza dell allevamento e di capacità sufficiente a garantirne il corretto impiego agronomico. Per rendere sostenibile questa pratica dal punto di vista agronomico devono essere seguite le indicazioni che vengono riportate nel PdA. Nello specifico per i materiali palabili lo stoccaggio deve avvenire su platea impermeabilizzata, con raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo. La capacità di stoccaggio deve essere inoltre calcolata in relazione alla consistenza dell allevamento stabulato e non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90 giorni (art.9). I letami e le lettiere possono essere inoltre accumulati temporaneamente ai fini della loro successiva utilizzazione agronomica solo in prossimità e/o su terreni utilizzati per lo spandimento dopo uno stoccaggio di 90 giorni. All art.10 del PdA sono inoltre specificate le distanze entro cui è fatto divieto per lo stoccaggio; nello specifico: 1. 5 m dalle scoline; m dalle sponde dei corsi d acqua superficiali significativi; m dalle sponde dei laghi e dalle zone umide. Gli accumuli inoltre devono essere realizzati prevedendo tutti gli accorgimenti per contenere ogni fuoriuscita di liquidi e percolati. Le stesse considerazioni valgono per i materiali non palabili. Devono essere opportunamente dimensionati gli stoccaggi anche in considerazione delle acque di lavaggio e delle acque meteoriche e la capacità di stoccaggio deve essere correlata alla consistenza dell allevamento e comunque non inferiore al volume prodotto in 120 giorni per gli allevamenti da latte, bufalini, equini e ovicaprini e 180 giorni per tutti gli altri tipi di allevamento (art.11 PdA). In linea generale, quindi, le norme sugli stoccaggi sono finalizzate ad assicurare che non vi sia dispersione nell ambiente degli effluenti quando per ragioni agronomiche (colture in atto), ambientali (gelo, pioggia, neve ) o normative (divieti invernali) non sia possibile lo spandimento. Tutte queste azioni sopra riportate mirano a contenere la perdita di nitrati nel suolo e sottosuolo e di conseguenza l immissione nelle acque 127

128 sotterranee. La definizione delle distanze di stoccaggio del materiale palabile da corpi idrici e scoline contribuisce a tutelare di per sé i corpi idrici superficiali dall inquinamento e può essere considerata una misura preventiva, già presente all interno del PdA oggetto di revisione. Gestione degli effluenti di allevamento Il Programma di Azione definisce i divieti di utilizzazione dei letami, dei liquami, le loro dosi di applicazione ed i trattamenti. Vengono infatti indicate le distanze entro cui l utilizzo agronomico è vietato, distanze che per i letami sono pari a: 1. 5 m di distanza dalle sponde dei corsi d acqua superficiali individuati come non significati dal PTuA; m dalla sponde dei corsi d acqua superficiali significativi; m dall inizio dell arenile dei laghi e dai corpi idrici delle aree umide; Sono inoltre fissati divieti temporali ed relazionati allo stato dei suoli. Per i liquami le distanze da rispettare aumentano ed è fatto inoltre divieto del loro utilizzo su terreni con pendenza media superiore al 10%. Le migliori tecniche disponibili per lo spandimento fissate dal Codice di Buona Pratica Agricola contribuiscono ad un aumento dell efficienza dello stesso (art.13 PdA). I divieti e le distanze da mantenere nello spandimento degli e.a. sono fondamentali nel rendere l utilizzo agronomico degli stessi sostenibile dal punto di vista ambientale, infatti comportano la riduzione della perdita di nitrati nelle acque sotterranee e di nutrienti nelle acque superficiali. Con riferimento alle fasce di divieto, il Programma specifica che a fini di tutela ambientale sia opportuno nel caso dei letami e obbligatorio nel caso dei liquami, ove tecnicamente possibile, disporre una copertura vegetale permanente anche spontanea ed è raccomandata la costituzione di siepi e/o fasce tampone arboree o arbustive. La realizzazione di fasce tampone costituisce una misura mitigativa intrinseca al PdA, si rimanda al capitolo 9 per una descrizione di maggiore dettaglio. Nell ambito dei divieti di utilizzazione di letami e liquami vengono specificate le limitazioni in caso di pendenze in corrispondenza delle quali si ha rischio significativo di perdite di nutrienti, per i letami, e su terreni con pendenza media per i liquami. Gli articoli vengono modificati rispetto al PdA vigente comportando condizioni maggiormente cautelative e di maggior tutela ambientale, risultando in particolare rilevante per le aree agricole in corrispondenza gli anfiteatri morenici dei principali laghi lombardi, ossia in quelle zone (poco estese rispetto al resto delle aree vulnerabili) che presentano una morfologia territoriale che favorisce il ruscellamento dei nutrienti. Secondo il nuovo PdA, è vietato l utilizzo dei letami e dei liquami nella stagione autunno invernale, di norma dal 1 Novembre al 28 Febbraio, al fine di evitare i rilasci di azoto nelle acque superficiali e sotterranee. In particolare sono previsti i seguenti periodi minimi di divieto: giorni, nel periodo compreso dal 1 novembre a fine febbraio, per i letami ed i materiali ad essi assimilati, ad esclusione del letame bovino, ovi-caprino e di equidi con contenuto di sostanza secca pari ad almeno al 20%, ed assenza di percolati, per il quale, se utilizzato sui prati permanenti e avvicendati, il divieto vige dal 15 dicembre al 15 gennaio ; 128

129 giorni, dal 1 Novembre al 28 Febbraio per le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65% giorni, nel periodo compreso dal 1 novembre alla fine di febbraio, per i liquami utilizzati nei terreni con prati, cereali autunno vernini, colture ortive, arboree con inerbimenti permanenti o con residui colturali ed in preparazione della semina primaverile anticipata; 120 giorni nei terreni destinati ad altre colture. 4. Viene inoltre vietata la distribuzione su terreni non soggetti ad attività agricola, su terreni gelati, innevati, in caso di pioggia e in golena entro argine a meno di interramento immediato. Questa revisione inerente il periodo di spandimento invernale può in teoria comportare rischi di perdita nelle acque (nel periodo autunno- invernale si riscontrano condizioni meteorologiche che favoriscono una maggior lisciviazione dei nitrati in falda; la non copertura del suolo inoltre potrebbe, in caso di piogge successive alle distribuzioni, favorire il dilavamento dei nitrati) ma al tempo stesso istituisce un regime più flessibile per gli agricoltori, riducendo quindi la possibilità che si verifichino situazioni di emergenza che inducano a distribuzioni incontrollate o poco corrette degli effluenti e risulta agronomicamente coerente e compatibile con una efficiente e sostenibile gestione delle colture e delle fertilizzazioni (favorendo ad esempio distribuzioni primaverili e comunque più vicine alla semina e quindi con un minor rischio per le acque). L articolo 14 del PdA definisce le dosi massime di azoto da spandere nelle Zone Vulnerabili. Le quantità di fertilizzante impiegate devono comunque tener conto del rispetto del bilancio dell azoto e la quantità da somministrare deve essere frazionata in base ai fabbisogni delle colture ed al loro ritmo di assorbimento. Anche il digestato, i fertilizzanti azotati ed i fanghi di depurazione ammessi vanno utilizzati nel rispetto del bilancio dell azoto, come disciplinato dal D.Lgs. 92/99. Per quanto riguarda il digestato sono già stabilite le quantità da somministrare nel caso che esso sia un prodotto della fermentazione anaerobica di e.a. o della fermentazione di sola componente vegetale. Così come le dosi di applicazione, l utilizzazione degli e.a. (art. 16 PdA) può essere ottimizzata contenendo inoltre le dispersioni nelle acque superficiali e profonde, effettuando dei trattamenti (per esempio la digestione anaerobica) con o senza apporti di altre biomasse vegetali che possono avere anche un effetto igienizzante e sterilizzante l e.a., e favorendo la gestione comprensoriale degli stessi e.a., il trattamento aziendale e comprensoriale degli stessi e la gestione interaziendale degli stessi, così come il trattamento comprensoriale in depuratori di acque reflue urbane. Queste azioni erano già previste nel PdA oggetto di revisione; il rispetto dei quantitativi massimi di azoto da utilizzare diventa ancora di più un elemento necessario e vincolante per rendere l attività agricola sostenibile dal punto di vista ambientale, comportando la riduzione della perdita di nitrati in ambiente idrico. L impiego dei trattamenti degli e.a. non può che migliorare inoltre la sostenibilità ambientale degli stessi. Le quantità di applicazione degli e.a. devono tenere conto del rispetto del bilancio dell azoto calcolato secondo le modalità esplicitate in allegato al PdA. Inoltre il Programma introduce il concetto di Maximum Application Standard (MAS), ovvero di dosi massime di azoto totale (N organico + N minerale) che possono 129

130 essere date alle singole colture. Il calcolo dell azoto da distribuire sarà effettuato considerando che 170 kg/ha anno è il limite massimo di N organico totale (già in vigore); che il quantitativo totale di N distribuito (dato dalla somma di N organico ed N minerale considerando l efficienza) continuerà a essere calcolato sulla base del bilancio dell N (già in vigore); ed infine la quantità totale di N efficiente non dovrà superare un limite definito per le singole colture (MAS, modifica al PdA vigente). Questa azione programmatica contribuisce a controllare l immissione di nutrienti nell ambiente riducendo il rischio di dispersione di azoto nel comparto idrico in seguito alla non assimilazione da parte delle colture, ossia fornendo quote corrette e ponderate alle colture, senza comprometterne l efficienza produttiva, si minimizza la possibile perdita di N e P somministrati in eccesso alle essenze vegetali coltivate. Inoltre nell allegato II si specifica che per il calcolo della conformità con i limiti massimi di apporto l efficienza di azoto apportato da effluenti zootecnici dipende dal tipo di effluente, dal tipo di suolo, dal quantitativo di azoto e dall epoca di applicazione e inoltre deve rispettare i seguenti valori di efficienza minima: 60% per il liquame suino e avicolo, 50% per liquame bovino, 40% per i letami. La variazione dell efficienza media d uso dell azoto degli effluenti si traduce in una minor quantità di refluo e di azoto distribuito per ettaro e in una conseguente riduzione degli input di azoto e fosforo totali immessi nell ambiente. Gli effetti risultano essere positivi, anche se le nuove indicazioni costringono le aziende ad adeguamenti tecnologici e gestionali che possono comportare costi. Deve essere inoltre posta particolare attenzione al fatto che all articolo 14 è ricompresa la possibilità che diverse quantità di azoto possono essere concesse con deroga della Commissione Europea. La deroga al limite dei 170 kg N /ha per anno da e.a. distribuibili sui terreni agricoli in Zona Vulnerabile ai Nitrati è ammessa dalla Direttiva Nitrati (91/676/CE) quando sussistano specifiche condizioni, e cioè stagioni di crescita prolungata, presenza di colture con grado elevato di assorbimento di azoto, grado elevato di precipitazioni nette o terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione (direttiva nitrati 91/676/CE, Allegato II, punto 2, terzo comma). La richiesta di deroga italiana è stata presentata per le regioni del bacino padano-veneto (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia) ed è dunque la prima che riguarda un territorio che gravita nell area mediterranea. Gli elementi chiave che costituiscono la base della deroga italiana sono: la previsione di una modalità di adesione da parte dei singoli agricoltori; l innalzamento del limite massimo di N organico da effluenti spandibile a 250 kg/ha/anno a condizione che almeno il 70% della superficie aziendale sia coltivata a mais a ciclo lungo (classe ), mais o sorgo seguito da erbaio invernale (es. loiessa), prato permanente o avvicendato (con meno del 50% di leguminose), cereale autunno-vernino seguito da erbaio estivo (es. panico, erbaio di mais), assicurando attraverso modalità ed epoche di distribuzione idonee un innalzamento dell efficienza media al 65% nell uso dei reflui; l ammissibilità degli effluenti a condizione di adesione a misure aggiuntive quali separazione solido/liquido, rapporto di N/P2O5 > 2,5 da rispettare nelle frazioni liquide, divieto di uso di P minerale, esportazione delle frazioni solide fuori azienda. un regime di controlli e di monitoraggio dell applicazione della deroga rigoroso, ma al tempo stesso tale da non determinare eccessivi appesantimenti burocratici, sia per le aziende che per le 130

131 autorità pubbliche coinvolte, basato sulla presentazione di PUA (Piani di Utilizzazione Agronomica) che prevedono la registrazione dei dati aziendali, degli e.a. e della loro movimentazione e sulla realizzazione di campionamenti ed analisi periodiche sugli effluenti e sul contenuto in azoto e fosforo dei terreni interessati dalla deroga. Le motivazioni scientifiche della deroga trovano fondamento principalmente: nelle caratteristiche dei suoli della pianura padana, altamente produttivi e dotati di una diffusa capacità di limitare il rilascio di nutrienti nell ambiente in presenza di una gestione agronomicamente efficiente, nelle favorevoli condizioni climatiche, nell evidenza che l innalzamento a 250 kg/ha dei quantitativi di azoto da effluenti distribuiti sulle colture cerealicolo-foraggere tipiche dei sistemi colturali della pianura padana non si traduce in un aumento del rischi di lisciviazione di nitrati, nell evidenza che l aumentata efficienza d uso degli effluenti con la deroga non determina un aumento della quantità di N totale e di nutrienti immessi nell ambiente. La problematica che emerge in questo caso è la potenziale introduzione di maggiori sostanze inquinanti ed eutrofizzanti nell ambiente che possono portare, col passare del tempo ad un peggioramento delle stato qualitativo diretto delle acque di falda e dei corpi idrici superficiali. Gli elementi nutritivi coinvolti in questo caso sono l azoto ed il fosforo. L'accumulo di questi elementi causa la proliferazione di alghe microscopiche che, a loro volta, non essendo completamente decomposte dai consumatori primari, determinano una maggiore attività batterica; aumenta così il consumo globale di ossigeno, e la mancanza di quest'ultimo rende l ambiente asfittico ed invivibile per gli organismi. La proliferazione del fitoplancton negli ambienti acquatici nello strato più superficiale dello specchio d'acqua comporta una limitazione degli scambi gassosi (e quindi anche del passaggio in soluzione dell'ossigeno atmosferico). Inoltre, quando le alghe muoiono vi è una conseguente forte diminuzione di ossigeno a causa della loro decomposizione; questo processo insieme al processo di fermentazione libera grandi quantità di ammoniaca, metano e acido solfidrico, rendendo l'ambiente inospitale anche per altre forme di vita. Il Programma d Azione mira ad equilibrare le diverse fonti azotate di origine agricola, in modo che gli apporti siano calibrati sugli effettivi bisogni delle colture. Con la deroga aumenta l efficienza d uso degli effluenti, non aumenta l azoto totale immesso nell ambiente, si riduce la lisciviazione e l uso di concimi minerali, si stimola l innovazione tecnologica e l adozione di forme di gestione comprensoriali e sostenibili. Deve essere fatta attenzione anche all altro elemento nutritivo in questione, il fosforo, contenuto anch esso negli e.a. e quindi presente come nutriente che viene apportato al suolo con la fertilizzazione. L inquinamento da fosforo è una problematica molto sentita anche a livello europeo, in quanto il fosforo potrebbe essere applicato in quantitativi superiori alle esigenze delle colture dato che la dose di effluente è regolata dall azoto. La differenza tra i due elementi è soprattutto nei processi implicati nella loro diffusione nell ambiente. Nel caso dei nitrati deve essere infatti considerata la loro elevata mobilità nel sistema suolo, soprattutto in caso di forti precipitazioni e irrigazioni. I nitrati sono infatti estremamente mobili e se sono presenti le condizioni favorevoli, soggetti a dilavamento, se non assorbiti dall apparato radicale. Il fosforo invece tende ad accumularsi nel suolo. Lo scorrimento superficiale (o run-off) e l erosione possono contribuire notevolmente all apporto di fosforo alle acque superficiali. Pur essendo spesso elevata la dotazione di fosforo dei terreni nella pianura lombarda, non sussistono rischi di lisciviazione in profondità, che sarebbe possibile solo in caso di saturazione del complesso di scambio dei suoli (eventualità da considerarsi remota nei suoli della Pianura Padana). Per questa ragione con la deroga vengono posti dei limiti all uso del P nei terreni, viene imposto un rapporto N/P equilibrato, viene prevista 131

132 l effettuazione di un bilancio del fosforo, viene imposto l asportazione della frazione solida dove si accumula il P, viene vietato l uso di P minerale. In base a quanto sopra esposto si ravvisano effetti sul comparto idrico, dati dall applicazione della deroga, di tipo positivo. Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento Nelle pratiche della fertilizzazione, oltre agli e.a., vengono utilizzati anche concimi minerali, fertilizzanti quali i compost ed ammendanti. Essi devono essere stoccati in strutture coperte, al riparo da acque meteoriche, per evitarne un loro rilascio incontrollato nell ambiente. Attenzione deve essere posta anche allo stoccaggio dei fanghi derivanti dai processi di depurazione (art.17 PdA). È infatti una corretta gestione agronomica degli effluenti e degli apporti azotati diversi dagli e.a. che rende questa pratica sostenibile dal punto di vista ambientale, soprattutto nelle aree oggetto di tutela. Così come le strutture di stoccaggio, anche le modalità di utilizzazione agronomica (art.18 PdA) rivestono un ruolo fondamentale nel rendere la pratica della fertilizzazione ambientalmente sostenibile. Il Programma stabilisce che i fertilizzanti siano distribuiti uniformemente e in modo regolare e sia coinvolto solo lo strato di terreno effettivamente esplorato dall apparato radicale. Una distribuzione non uniforme e quindi inefficiente e al di fuori dello strato radicale contribuirebbe infatti ad un maggior rilascio del fertilizzante nell ambiente. Anche i fanghi, se correttamente gestiti dal punto di vista agronomico (art.19 PdA) sono una risorsa da valorizzare e la loro applicazione può essere sostenibile dal punto di vista ambientale se vengono rispettate tutte le disposizioni. Si sottolinea che l impiego dei fanghi di depurazione non è consentito su terreni che ricevono effluenti da allevamento. Per gli altri fertilizzanti azotati diversi dall e.a., è fissato il divieto di utilizzo all articolo 20 nel seguente modo: nella stagione autunno invernale per un periodo di 90 giorni nel periodo compreso tra il 1 novembre al 28 febbraio, per i concimi azotati e gli ammendanti organici di cui al D.Lgs. 75/2010, ad eccezione dell ammendante compostato verde e dell ammendante compostato misto con tenori di Azoto totali inferiori al 2,5% sul secco, di cui non oltre il 15% in forma di azoto ammoniacale per i quali, se utilizzati sui prati permanenti e avvicendati, il divieto vige dal 15 dicembre al 15 gennaio; l utilizzo dei fanghi è vietato nella stagione autunno invernale per un periodo di 90 giorni dal 1 Novembre al 28 febbraio nei terreni con residui colturali ed in preparazione della semina primaverile anticipata; per un periodo di 120 giorni nei terreni destinati ad altre colture; per le modalità applicative del presente divieto si applica quanto disposto ai commi 2 e 3 dell art.26 del D.M. 7/04/2006. Infine deve essere sottolineato che anche per i fertilizzanti azotati diversi dagli e.a. (art.20) sono posti divieti in merito alla loro utilizzazione, ad esempio riguardo alle distanze da mantenere dalle aree idriche. Anche in questo caso viene sottolineata l esigenza di creare delle fasce di copertura vegetale permanente, con la costituzione di siepi e/o fasce boscate tampone (si veda anche il capitolo 9). Il rispetto dei divieti temporali e di localizzazione degli apporti azotati rende l attività di fertilizzazione ambientalmente compatibile, in quanto si evita che vengano dispersi nutrienti nell ambiente idrico. 132

133 Alla luce delle considerazioni sopra esposte si può concludere che le azioni del Programma d Azione comporteranno effetti positivi sul comparto Acqua, sia acque superficiali sia sotterranee, dato che le pratiche gestionali da esso regolate sono finalizzate, anche attraverso le modifiche cautelative rispetto il vigente PdA, alla riduzione della perdita di nutrienti, con particolare riferimento ai nitrati, nelle acque sotterranee e superficiali Aria Le attività agricole sono fonte di emissione in atmosfera di ammoniaca, metano e protossido di azoto. Il Programma d Azione persegue l obiettivo di adottare un corretto impiego dei fertilizzanti azotati, da attuarsi valutando tra i diversi fattori anche quelli che controllano la mobilizzazione delle sostanze organiche e inorganiche verso l atmosfera (art. 4). Risulta quindi rilevante per il PdA individuare le migliori strategie volte alla riduzione delle perdite, anche verso l atmosfera, delle sostanze contenenti azoto. L azione inerente la fertilizzazione mediante l impiego degli e.a. prevede in particolare che siano ridotte le perdite di azoto per volatilizzazione prevedendo l interramento degli effluenti e utilizzando anche metodi specifici, quali l iniezione diretta o lo spandimento in bande, che favoriscono una maggior trattenuta dell elemento al suolo nel momento stesso della distribuzione. Queste tecniche sono riconfermate rispetto al vecchio PdA. Con riferimento alle azioni inerenti le dosi di applicazione vigenti e i MAS (art. 14 e 21), che vanno a definire un limite di apporto massimo di azoto alle colture, è inoltre possibile definire come positiva l interazione con il comparto Aria, in quanto il controllo degli apporti di azoto dosati sulla base delle esigenze coltura live nella direzione di minimizzare le perdite di azoto e protossido di azoto anche verso questo comparto. Nell ambito dello scenario con deroga si induce una minore necessità di reperimento di terreni extraaziendali dove distribuire gli effluenti e una minore necessità di ricorso ai concimi minerali. Anche se quantitativamente non è questo l aspetto più rilevante, ciò comunque contribuisce a limitare, direttamente e indirettamente, le emissioni di gas serra e gli effetti negativi del trasporti su gomma. Potenziali interazioni di carattere negativo sono associabili prevalentemente alle azioni connesse allo stoccaggio degli effluenti di allevamento, definite dagli articoli 9 e 11 del PdA. Si rileva inoltre che è prevista, a breve, l emanazione di una nuova direttiva europea che porrà un limite delle concentrazioni di ammoniaca in atmosfera obbligando di conseguenza ad azioni di mitigazione delle relative emissioni nei comparti responsabili. Indicazioni operative La sostenibilità ambientale delle attività agricole viene attualmente ricondotta ad una serie di principi di buona gestione (Codice di Buona Pratica Agricola) e all applicazione di una serie di tecniche che consentono di ridurre le emissioni verso l atmosfera. La Regione Lombardia ha dimostrato interesse all argomento: con la legge Regionale n.24/2006 articolo 18, definisce prioritaria l adozione delle migliori pratiche disponibili per la conduzione e la gestione delle aziende agricole e degli allevamenti zootecnici, pratiche, che devono essere funzionali anche per il contenimento delle emissioni azotate e di carbonio. 133

134 Il Programma di Sviluppo Rurale (il principale strumento di programmazione finanziaria regionale a supporto del Settore agro forestale) prevede attualmente una rimodulazione di alcune misure che aggiungeranno un ulteriore contributo al contenimento delle emissioni attraverso l attivazione di specifiche azioni Suolo Il suolo risulta essere un comparto ambientale direttamente interessato dalle azioni del PdA soprattutto in relazione all utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. Se il comparto idrico si configura come il bersaglio diretto delle azioni del PdA, il suolo risulta essere il comparto attraverso il quale si verifica la diffusione dei nutrienti verso il comparto idrico. Le caratteristiche pedologiche dei suoli della Pianura Padana, quali tessitura e granulometria, influenzano, insieme ad altre proprietà quali CSC, ph, contenuto in carbonio organico la capacità degli stessi di opporsi al processo di dia lamento dei nitrati. In particolare, la granulometria risulta essere più grossolana nella zona ovest con ph neutro/subacido, mentre verso est diventa via via più fine, con ph alcalino. Passando invece da nord a sud il contenuto in scheletro cambia, i suoli sono infatti ghiaiosi e pietrosi nella fascia prealpina, per poi avere un contenuto in scheletro quasi nullo avvicinandosi al Po. In termini di ostacolo al trasporto dei nutrienti, soprattutto nitrati in falda, i suoli della parte nordoccidentale e nell alta pianura hanno una capacità protettiva minore essendo più permeabili, mentre nella pianura centro orientale la più bassa permeabilità dei materiali rende minore la tendenza dei suoli alla percolazione, richiedendo invece all opposto una maggior attenzione nei confronti dei ristagni superficiali e dei fenomeni di scorrimento superficiale e sottosuperficiale, che possono favorire la veicolazione dei nutrienti in eccesso verso il reticolo idrografico. Per quanto riguarda il contenuto in sostanza organica in Pianura Padana, esso si situa mediamente tra l 1% e il 2,5%, con una evidenza di maggiori dotazioni nelle aree a più forte concentrazione zootecnica, anche se a linee generali l intensificazione delle pratiche agricole abbia portato nel corso degli ultimi 40 anni ad un calo del contenuto in carbonio organico dei suoli. Rispetto alle azioni del PdA, le pratiche agrarie e colturali devono essere effettuate nel rispetto del CBPA, valutando il conteso agronomico di riferimento. Interventi sul suolo riguardano anche le sistemazioni idraulico-agrarie, fatte in modo tale da ridurre il ruscellamento superficiale ed assicurare l allontanamento delle acque saturanti in eccesso. Inoltre un appropriata gestione dell uso del terreno, assicurando una copertura dei suoli anche al di fuori della stagione colturale vera e propria, può ridurre la lisciviazione dei nitrati, anche attraverso l interramento di paglia e stocchi. Quest ultimate tecnica sposta infatti il bilancio C/N a favore del C, favorendo una riduzione della perdita di nitrato in falda. Sempre relativamente al suolo, la fertilizzazione da somministrare deve essere preventivamente pianificata per ottimizzare l utilizzo di nutrienti da parte delle colture, valutando il periodo di maggior efficienza dell azoto, anche nella considerazione dei processi che avvengono nel suolo. Le azioni sopra riportate comportano una maggior efficienza dell uso dell azoto nel suolo e sono indirizzi di carattere preventivo già previsti nel PdA vigente e mantenuti nel PdA proposto. 134

135 Gli effluenti zootecnici possono apportare fosforo e metalli pesanti (Cu, Zn) soggetti a potenziale accumulo nel suolo. Relativamente al fosforo lo scenario di deroga introduce forme di controllo specifiche ed in ogni caso le misure in ordine alle modalità di distribuzione degli effluenti ne limitano la possibilità di trasporto per ruscellamento verso le acque superficiali. Per quanto riguarda Cu e Zn, pur in presenza di possibili arricchimenti dovuti alle pratiche agricole, le quote biodisponibili sono estremamente ridotte (QdR n. 61 del 2007). L uso sistematico di fanghi di depurazione urbana sui suoli agricoli, poco significativo in termini di apporto di azoto, potrebbe invece essere causa di apporti rilevanti di metalli pesanti. Stoccaggio Il corretto stoccaggio degli effluenti di allevamento previene il dilavamento dei nitrati dal suolo verso le falde, mediante l adozione di strutture dimensionate sull effettiva consistenza del numero di capi. Ciò evita distribuzioni al suolo in periodi in cui esso non è in grado di assorbirle. Anche in questo caso valgono le considerazioni effettuate per il comparto idrico, per rendere sostenibile questa pratica, seguendo le indicazioni riportate nel PdA sia per i materiali palabili che per quelli non palabili Per quanto concerne l accumulo di letami e lettiere, si rimanda alle considerazioni effettuate per il comparto idrico. Le norme sugli stoccaggi quindi sono finalizzate ad assicurare che non vi sia dispersione nell ambiente degli effluenti sia per ragioni agronomiche, ambientali e normative e tutte queste azioni contribuiscono a contenere la perdita di nitrati nel suolo e nel sottosuolo. Sono inoltre indirizzi di carattere preventivo già previsti nel PdA vigente e mantenuti nel PdA proposto. Gestione degli effluenti Ad eccezione dell azione sui comparto ambientale data dal trasporto degli e.a., i divieti di utilizzazione agronomica dei letami (art.12), dei liquami (art.13), le dosi di applicazione (art.14) ed i trattamenti (art.16) hanno effetti positivi sul comparto suolo, contribuendo a ridurre il dilavamento dei nitrati in falda già nel mezzo attraverso il quale avviene la dispersione, il suolo appunto. Tutte queste azioni sono già previste nel PdA oggetto di revisione; si sottolinea che un azione migliorativa rispetto al PdA vigente è stata l introduzione dei MAS, che limitano il quantitativo di azoto totale che deve essere somministrato alla coltura. Nell art.14 viene inoltre ricompresa la possibilità che diverse quantità di azoto possono essere concesse con la deroga dell Unione Europea. Per la deroga vengono fatte slave le considerazioni esposte per il comparto idrico, e si sottolinea che si hanno effetti positivi sul comparto suolo dati dall applicazione della deroga. In termini agronomici ed ambientali, si potrebbero trarre vantaggi dalla deroga nel favorire la conservazione ed il mantenimento di un adeguato livello di sostanza organica nei suoli, rispetto a quanto sottolineato in testa al paragrafo relativo al contenuto di carbonio organico dei suoli. Gestione degli apporti azotati diversi dall effluente di allevamento Gli apporti azotati diversi dagli effluenti di allevamento comprendono i concimi minerali, i fertilizzanti quali i compost, gli ammendanti e i fanghi. 135

136 Essi devono essere stoccati in strutture coperte (art. 17), anche relativamente ai fanghi di depurazione. L applicazione dei fertilizzanti deve coinvolgere solo quello spessore di terreno effettivamente interessato dall apparato radicale e devono essere distribuiti in modo uniforme e regolare, per aumentarne la loro efficienza (art. 18). Per il suolo l efficienza di distribuzione risulta essere un aspetto fondamentale, in quanto contribuisce a limitare la perdita di nutrienti, in questo caso i nitrati, verso le acque. L uso dei fanghi nell ambito della disciplina normativa prevista non deve entrare in competizione con quello degli effluenti (art.19). Anche i divieti di utilizzazione dei fertilizzanti diversi dagli e.a. hanno effetti positivi sul suolo: è infatti posto divieto del loro utilizzo su terreni gelati, innevati e con falda acquifera affiorante. Anche queste sono azioni di carattere preventive già presenti nel PdA vigente e che verranno mantenute nel PdA oggetto di revisione. Una misura inserita, come ulteriormente cautelativa rispetto al PdA vigente, è il rispetto dei limiti massimi introdotti coi MAS (art.21). Tutte queste azioni rendono l attività di fertilizzazione effettuata con prodotti diversi dall e.a. sostenibile dal punto di vista ambientale e si riduce la dispersione di nutrienti sul sistema suolo, che potrebbero arrivare per lisciviazione e diffusione, verso il sistema acque. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si può concludere che le azioni del Programma d Azione comporteranno effetti positivi sul comparto Suolo, considerando che le pratiche gestionali in questione, anche attraverso le modifiche cautelative introdotte nel PdA vigente, comporteranno una riduzione della perdita di nutrienti che dal suolo, potrebbero poi arrivare nelle acque superficiali e sotterranee Biodiversità, fauna e flora Le azioni definite nel PdA sono finalizzate alla protezione delle acque dall inquinamento dei nitrati e in linea generale alla riduzione e, ove possibile, all esclusione della dispersione nell ambiente dei nutrienti. Gli effetti di carattere positivo evidenziati per il comparto idrico si ripercuotono con analoga valenza, ma indirettamente, anche su Biodiversità, Flora e Fauna, in quanto la riduzione delle emissione di nutrienti comporta la riduzione del rischio di eutrofizzazione delle acque connessa alla presenza rilevante di N e, soprattutto, P negli ecosistemi di carattere acquatico. Analogamente a quanto indicato nello Studio di Incidenza per le aree Natura 2000, si evidenzia che l introduzione dei MAS comporta effetti positivi e rilevanti dal punto di vista conservazionistico sulle aree di pregio naturalistico in quanto l adozione di apporti massimi di apporto di azoto per coltura calibra il quantitativo distribuibile sulla base del tipo di coltivazione presente e riduce la diffusione nell ambiente. Analogamente l applicazione delle limitazioni nell utilizzo degli effluenti in pendenza ha effetti di carattere positivo, in quanto comporta la riduzione del rischio di dispersione di nutrienti nell ambiente. L incremento dell efficienza media di distribuzione degli effluenti comporta effetti positivi, poiché le quantità di N e P immessi nell ambiente diminuiscono. Nel contesto di applicazione della deroga viene aumentata l efficienza d uso degli effluenti, non aumenta l azoto totale immesso nell ambiente, si riduce la lisciviazione e l uso di concimi minerali, si stimola l innovazione tecnologica e l adozione di forme di gestione comprensoriali e sostenibili. Relativamente al fosforo, pur essendo spesso elevata la sua dotazione nei terreni nella pianura lombarda, non sussistono rischi di lisciviazione in profondità che sarebbe possibile solo in caso di saturazione del complesso di scambio dei suoli. L accumulo di P nei suoli costituisce invece un potenziale rischio di trasporto per run-off 136

137 o erosione delle acque superficiali. Per questa ragione con la deroga vengono posti dei limiti all uso del P nei terreni, viene imposto un rapporto N/P equilibrato, viene prevista l effettuazione di un bilancio del P, viene imposto l asportazione della frazione solida dove si accumula il P, viene vietato l uso di P minerale. Si ravvisano quindi effetti positivi per riduzione del rischio di eutrofizzazione dati dall applicazione della deroga. Nello studio di incidenza sono state definite indicazioni a tutela delle aree SIC e ZPS, specificando che un maggior controllo potrebbe derivare dalle indicazioni che verranno inserite nei Piani di Gestione delle aree Natura 2000 che dovranno essere adottati in futuro. In ogni caso le tipologie di azioni da mettere in atto siano riassumibili come di seguito: si consiglia la realizzazione di fasce tampone attorno alle aree sensibili, come corsi d acqua, aree palustri e zone umide; si consiglia il mantenimento di margini ai bordi ed il mantenimento degli elementi di interesse ecologico e paesaggistico che in qualche modo possono fornire protezione alle aree sensibili; si consiglia l adozione di pratiche agricole sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale, nella considerazione di un minor impiego di fertilizzanti diversi dagli e.a. La creazione di fasce tampone rientra tra le misure di mitigazione già ricomprese nel Programma d Azione, articoli 12 e 13. Si sottolinea, inoltre, che in relazione ai divieti di utilizzazione dei letami e dei liquami (art. 12 e 13), nonché con riferimento agli accumuli temporanei (art. 10), sono posti specifici limiti in merito alle distanze da mantenere dalle Zone umide di interesse internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar stipulata il 2 febbraio 1971 (si veda il paragrafo 6.8.3) Salute umana La legislazione ambientale in materia di difesa del suolo e delle acque legata alle attività agricole pone l obiettivo di tutelare la salute umana e le risorse dell ecosistema ed, in particolare, le acque dal potenziale inquinamento causato direttamente o indirettamente da nitrati di origine agricola ed il suolo da quello causato dallo smaltimento di fanghi di depurazione e di rifiuti, al fine di garantire una produzione agroalimentare sicura ed economicamente sostenibile. La Direttiva Nitrati n. 676 del Consiglio è un provvedimento dell Unione Europea, approvato nel 1991, con lo scopo di ridurre e prevenire l inquinamento delle acque e del suolo, causato da nitrati provenienti da fonti agricole, recepito a livello nazionale con i Decreti Legislativi n. 152/1999 e n. 152/2006 ed il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 7 aprile Dal punto di vista sanitario, la tossicità del nitrato è legato alla sua riduzione in nitrito che avviene all interno dell organismo, elemento reattivo e che presenta diversi effetti tossici. Con il Programma d Azione, viene quindi recepita la Direttiva a livello Regionale e le misure integrative del PdA riducono in primis la lisciviazione dei nitrati in falda, tutelando la potabilità delle acque e quindi la salute umana. 137

138 In secondo luogo, la presenza di odori molesti generati dalle attività zootecniche influenza la qualità della vita. Le cosiddette molestie olfattive non sono in genere pregiudizievoli per la salute, ma possono configurarsi come un fattore di stress fisiologico per la popolazione, diventando spesso elemento di conflitto sia nel caso di impianti esistenti, che nella scelta del sito per la localizzazione di nuovi impianti produttivi. Tali emissioni sono connesse a diversi stadi e a differenti strutture dell allevamento, quali il ricovero degli animali, lo stoccaggio delle deiezioni e lo spandimento agronomico. A tale proposito si deve ricordare che all interno del PdA sono presenti delle tecniche agronomiche, quali lo spandimento di bande e l interramento dei liquami nell arco delle 24 ore, che tendono a limitare la proliferazione delle emissioni dovuta a tale azione. Infine nell ambito dello scenario deroga, come emerge dalla documentazione tecnico-scientifica addotta a sostegno della richiesta alla Commissione Europea, si concretizzano in una riduzione della lisciviazione di nitrati a fronte di una incrementata efficienza e a parità di apporti azotati complessivi. Diminuendo la quantità di nitrati persa per lisciviazione, risultano tutelate le acque dal punto di vista qualitativo e conseguentemente la salute umana. Dall analisi della matrice degli impatti si osserva come tutte le azioni del PdA abbiano un impatto positivo sulla salute, sia per la riduzione diretta della quota di nitrati che percola in falda (tecniche ed azioni del PdA volte a diminuire la percolazione) sia per la diminuzione delle emissioni dovuto allo spandimento sul suolo Paesaggio Dalla matrice di analisi degli effetti delle azioni del PdA sui diversi comparti ambientali si sono riscontrati potenziali interazioni di carattere negativo da parte dei fattori perturbativi sul paesaggio connessi alla presenza delle strutture di stoccaggio dei materiali palabili e dei materiali non palabili, in quelle aree ritenute sensibili dal punto di vista paesaggistico. Le aree più sensibili dal punto di vista paesaggistico sono quelle in cui si rileva, in base alle tavole del Piano Paesaggistico Regionale, la presenza di elementi paesaggistici ed ambientali che fanno assumere a queste aree una rilevanza nel Piano stesso. In particolare, in base alla tavola E del PPR Riqualificazione paesaggistica: ambiti ed aree di attenzione regionale (Figura 8-1) si rileva la presenza dei seguenti elementi, che vanno a caratterizzare le aree sensibili: i tracciati guida paesistici, che definiscono la viabilità di fruizione ambientale con mezzi di trasporto ecologicamente compatibili: si osserva come i sentieri principali si estendono lungo i principali parchi fluviali; le strade panoramiche, costituite dalla viabilità di fruizione panoramica e di rilevanza paesaggistica, strade che dominano ampie prospettive e che attraversano, per tratti di significativa lunghezza, zone agricole e boschive, parchi ed aree naturali o comunque aree dotate di molto verde; le visuali sensibili, luoghi dai quali si possono godere ampie vedute panoramiche degli scenari paesaggistici regionali e che rappresentano, in termini di percezione visuale e valore simbolico, siti di rilevanza regionale da salvaguardare; i belvedere, i luoghi storicamente deputati alla contemplazione del panorama e dotati di attrezzature finalizzate a tale scopo, aree nelle quali devono essere perseguite la salvaguardia e la valorizzazione degli elementi storico-ambientali che connotano il sito. 138

139 Deve essere sottolineato che nella tavola F (Figura 8-2) del PPR Riqualificazione paesaggistica, ambiti ed aree di attenzione regionale viene rilevata l appartenenza di un estesa porzione delle zone vulnerabili ad aree ad elevata concentrazione di allevamenti zootecnici intensivi, caratterizzate da notevole estensione e concentrazione di strutture destinate agli allevamenti zootecnici intensivi. I territori maggiormente interessati sono principalmente la fascia della pianura irrigua: in particolare il mantovano, il lodigiano e il cremonese oltre a bassa bresciana. Le criticità evidenziate per queste aree sono: l alterazione del paesaggio agrario dovuto alla presenza di strutture edilizie fuori scala e in genere di scarsissima qualità architettonica, a forte impatto ed elevato consumo di suolo, incoerenti con l intorno e il contesto paesistico di riferimento per organizzazione planivolumetrica, tipologie edilizie e materiali utilizzati; l abbandono degli insediamenti storici tradizionali e frequente compromissione degli elementi verdi e dei sistemi di relazione consolidati (percorsi, alberate, rogge, accessi); gli interventi di riassetto e trasformazioni colturali con indotte semplificazioni del paesaggio agrario; Le azioni proposte nell ambito dell integrazione degli aspetti paesistici nelle politiche e nelle azioni del Settore agricolo e forestale a livello regionale e provinciale, di Pianificazione urbanistica (PGT) e realizzazione degli interventi (in particolare correlazione con gli indirizzi di tutela della Fascia della pianura irrigua e con le politiche di riqualificazione dei Sistemi fluviali e della valle del Po) sono: interventi di mitigazione con riqualificazione e reinserimento ove possibile di elementi arborei o arbustivi, in coerenza con le trame del parcellario agricolo; la riqualificazione dei manufatti con maggior attenzione ai caratteri percettivi rilevanti, in termini di uso di materiali, colori e tecniche costruttive anche in relazione ai caratteri connotativi dei contesti paesistici locali; la promozione di azioni di valorizzazione per gli insediamenti e le strutture tradizionali; incentivi all utilizzo dei territori sottoutilizzati o in abbandono in relazione alla Rete verde provinciale. Le azioni proposte nell ambito dell integrazione degli aspetti paesistici nelle politiche e nelle azioni del Settore agricolo e forestale a livello regionale e provinciale, di Pianificazione territoriale e urbanistica (PGT) e realizzazione degli interventi (in particolare correlazione con gli indirizzi di tutela della Fascia della pianura irrigua e con le politiche di riqualificazione dei Sistemi fluviali e della valle del Po): definizione di criteri per l'attenta localizzazione e il corretto inserimento paesistico degli allevamenti zootecnici; promozione di attività di progettazione per il miglioramento della qualità architettonica e paesistica di componenti e soluzioni tecniche, tenendo anche conto delle proposte innovative sperimentate in alcune esperienze europee. 139

140 L effetto potenzialmente negativo rilevato sul paesaggio alterazione degli elementi paesaggistici percettibili dalle strutture di stoccaggio di materiali palabili e non palabili potrebbe verificarsi nel caso siano presenti elementi di interesse paesaggistico nelle aree sensibili individuate. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio sono, quindi, da privilegiare soluzioni che permettano il loro mascheramento mediante l introduzione nei caratteri tipici del paesaggio agrario. L impatto potrebbe essere riferito soprattutto alle vasche fuori terra: la predisposizione quindi di cortine verdi sul perimetro della struttura potrebbe essere una misura di mitigazione finalizzata alla riduzione dell alterazione degli elementi paesaggistici caratteristici delle aree di interesse. In un ottica complessiva devono però essere tenute in dovuta considerazione le connotazioni positive che l attività agricola apporta al paesaggio, con la produzione di esternalità ambientali positive. Queste esternalità si riscontrano: nel mantenimento dell'assetto idrogeologico e nella tutela idrogeologica; nella conservazione di paesaggi idonei allo svolgimento di attività ricreative; nella salvaguardia e nella tutela di paesaggi dotati di rilevanza storico-culturale; nel contributo alla conservazione della biodiversità animale e vegetale. L'agricoltura è una attività economica che utilizza le risorse ambientali e realizza una varietà di prodotti e servizi, alcuni dei quali hanno influenza anche sulla collettività. Le esternalità positive prodotte dal settore agricolo non hanno un mercato; esiste, tuttavia, una domanda sociale crescente di questi servizi ambientali. È in questo contesto che si inserisce il concetto di multifunzionalità dell'agricoltura, per il suo ruolo polivalente al di la della produzione di derrate. Nell ambito del PdA, in particolare, sono individuate alcune azioni che indirettamente comportano effetti positivi sul paesaggio, generati dal mantenimento o dal nuovo inserimento nel contesto paesaggistico di elementi che assumono valenza qualitativa dal punto di vista dello scenario visivo; tali azioni, esplicitate nell ambito dei divieti di utilizzazione degli effluenti e dei fertilizzanti diversi da questi ultimi, consistono nella costituzione di siepi e/o fasce tampone e nel mantenimento o realizzazione della copertura vegetale permanente (articoli 12, 13 e 20) nelle fasce di divieto connesse ai copri idrici naturali. 140

141 Figura 8-1: Tavola E Viabilità di rilevanza paesaggistica Valutazione Ambientale Strategica del Programma d Azione regionale per la tutela e risanamento delle acque 141

142 Figura 8-2: Tavola F Riqualificazione paesaggistica, ambiti ed aree di attenzione regionale 142

143 8.3 Scenari del PdA Nell ambito del Rapporto Ambientale, oltre alla caratterizzazione dello stato di fatto dell ambiente, deve essere fornita una previsione inerente la probabile evoluzione ed i possibili cambiamenti che interesserebbero i comparti ambientali in assenza dell attuazione del Programma d Azione. L analisi delle caratteristiche dei diversi comparti ambientali d interesse per la programmazione in esame, effettuata nel capitolo 7, ha permesso di individuare l attuale scenario di riferimento e, quindi, l ambito di influenza del Programma d Azione. Lo scenario di riferimento dovrebbe rappresentare, sempre nell ambito della procedura di VAS, l alternativa 0, ossia lo stato di fatto delle variabili ambientali di interesse. Deve essere però sottolineato che il Programma d Azione regionale per la tutela e il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola (D.G.R. VIII/5868 del 21 novembre 2007, modificata dalla D.G.R. n. VIII/10892 del 23 dicembre 2009) recepisce quanto stabilito dal D.M. del 7 aprile 2006 Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. Questo decreto a sua volta recepisce l art. 112 del D.Lgs. 3 aprile 2006 Norme in materia ambientale, decreto che ha sostituito il D.Lgs. 11 maggio 1999, n Questi atti normativi a loro volta costituiscono recepimento della Direttiva Nitrati 91/676/CEE, adottata dalla Comunità Europea il 12 dicembre 1991 e che rappresenta il principale riferimento normativo a protezione delle acque minacciate da uno sfruttamento eccessivo del suolo agricolo e conseguente accumulo di nitrati. Il Programma d Azione, quindi, ha il compito di esplicitare e sviluppare le modalità gestionali e operative che, coerentemente alla normativa vigente, permettano il rispetto di limiti e degli obiettivi prefissati a scala gerarchica superiore. Le modifiche al PdA vigente inoltre recepiscono le indicazioni dell Unione Europea a supporto della richiesta di deroga. Una delle condizioni per l ottenimento della deroga è il rinnovo/riavvio del Programma d Azione regionale ai sensi della Direttiva Nitrati, con la necessità di omogeneizzare i livelli di massima applicazione dell azoto da fertilizzanti (effluenti di allevamento e concimi chimici), poiché erano troppo diversi tra le regioni. Per questo motivo il Programma d Azione vigente deve necessariamente recepire al suo interno le nuove disposizioni. L alternativa 0 definita in precedenza non può quindi essere considerata. Vengono considerati nel Rapporto Ambientale due scenari. Il primo corrisponde all attuazione del PdA con le nuove modifiche introdotte. Il secondo scenario ipotizza, invece, oltre all introduzione delle modifiche del PdA, anche l applicazione della deroga richiesta all Unione Europea al quantitativo di effluente da spandere nelle aree vulnerabili. È necessario inoltre specificare che gli aggiornamenti apportati al vigente PdA costituiscono le migliori alternative alla disciplina attuale tali da non compromettere la sostenibilità economica dell attività agrozootecnica nel territorio della Pianura Padana e garantire al contempo la sostenibilità ambientale delle pratiche agronomiche. Nella revisione del Programma non si sono quindi individuate valide alternative strategiche e progettuali rispetto alle principali linee d azione effettivamente elaborate. 143

144 8.3.1 Evoluzione probabile dell ambiente con l attuazione delle modifiche al Programma d Azione e l approvazione della deroga La Regione Lombardia ha adeguato il Programma d Azione regionale per la tutela ed il risanamento delle acque dall inquinamento causato da nitrati di origine agricola, come già riportato, alle esigenze intervenute nel tempo nel processo di applicazione della Direttiva Nitrati 91/676 /CEE e agli specifici indirizzi dati dal DM 7 aprile Tale percorso prosegue ora, con l aggiornamento del Programma d Azione vigente, attraverso la proposizione di standard ambientali ed agronomici ancora più elevati per le aziende agricole. Con riferimento alla deroga, con l aggiornamento del Programma d Azione vigente, si attua la proposizione di standard ambientali ed agronomici ancora più elevati per le aziende agricole. Ciò nonostante, è quanto mai necessario che le norme di recepimento della direttiva suddetta prevedano modalità di applicazione dei vincoli imposti agli allevamenti - di carattere agronomico, ma anche strutturale - più rispondenti alle condizioni in cui operano le imprese zootecniche italiane, e del Nord Italia in particolare, segnatamente per quello che riguarda la produzione delle materie prime vegetali e per le condizioni climatiche e pedologiche. Con tale obiettivo, anche attraverso l inoltro della richiesta di deroga alla Commissione Europea, si è intrapreso un percorso di valutazione e valorizzazione degli aspetti peculiari della realtà del bacino della Pianura Padana, per giungere a comprovare criteri di gestione agronomica e ambientale tra loro compatibili, che permettano di conciliare meglio le potenzialità produttive sia con l'attitudine delle colture ad utilizzare gli apporti azotati che con quella dei terreni a ricevere gli effluenti. La Pubblica Amministrazione lombarda in parallelo cerca di agire sulle leve del cambiamento delle strutture produttive ma, prima ancora, della mentalità degli imprenditori lombardi: da un lato attivandosi affinché le disposizioni regolamentari tengano conto delle specificità del sistema produttivo regionale e della necessità di salvaguardare la competitività, dall altro implementando una serie di interventi finalizzati, specialmente in questo periodo di crisi economica, a sostenere gli sforzi delle aziende agricole chiamate alla riconversione delle tecnologie produttive L iter di valutazione della richiesta Il governo italiano ha ufficialmente presentato alla Commissione Europea e al Comitato Nitrati, presso di essa costituito, il Documento Tecnico Scientifico (DTS) di supporto alla richiesta di deroga nel gennaio La richiesta di deroga riguarda le 5 regioni del bacino padano: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia. Il DTS fornisce un quadro descrittivo dell ambiente e delle attività agricole e zootecniche del territorio soffermandosi su: lo stato di qualità delle acque sotterranee e superficiali; il piano di monitoraggio delle risorse idriche attuato dalle regioni; il clima del bacino padano-veneto e le caratteristiche dei suoli; il carico zootecnico allevato, l uso dei fertilizzanti minerali e i sistemi colturali attuati. Allo stato attuale è concluso il confronto con la Commissione, dal quale è scaturita una proposta di deroga che prevede il superamento del limite di 170 kg N/ha anno che viene innalzato a 250 kg/ha/anno per le aziende che vi aderiranno, a condizione del rispetto di specifiche condizioni. Per giungere alla definitiva formalizzazione della deroga, l iter procedurale prevede ancora il passaggio in Comitato Nitrati prima della 144

145 assunzione ufficiale della Decisione da parte della Commissione. Le osservazioni e le richieste di approfondimenti, fatte in fase istruttoria e alle quali sono seguite specifiche risposte e controdeduzioni da parte italiana, hanno riguardato principalmente le tipologie degli effluenti per i quali si chiede la deroga, il problema del potenziale accumulo di fosforo nei terreni, i possibili effetti dell innalzamento del massimo quantitativo di azoto zootecnico distribuibile sulla qualità delle acque, le misure da intraprendere per elevare l efficienza dell azoto. Inoltre, una delle condizioni per l ottenimento delle deroga è il rinnovo e l uniformazione dei Programmi d Azione ai sensi della Direttiva Nitrati nelle 5 regioni interessate, con l introduzione di livelli di applicazione massima dell N (MAS) per coltura. Inoltre, è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia Europea, in base alla quale è emersa l esigenza di sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica i nuovi Programmi d Azione I requisiti agronomici per l accesso alla deroga La deroga al limite dei 170 kg N /ha per anno da e.a. distribuibili sui terreni agricoli in Zona Vulnerabile ai Nitrati è ammessa quando sussistano specifiche condizioni, e cioè stagioni di crescita prolungata, presenza di colture con grado elevato di assorbimento di azoto, grado elevato di precipitazioni nette o terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione (Direttiva nitrati 91/676/CEE, Allegato II, punto 2, terzo comma). Ad oggi la deroga è stata concessa, con un innalzamento dei limiti allo spandimento degli effluenti fino a livelli variabili, a seconda dei casi, da 210 kg/ha a 230 kg/ha di azoto/anno per colture a seminativo, fino a 250 kg N /ha per anno per i prati permanenti, a numerosi paesi e regioni del centro e del nord Europa: Austria, Belgio (Fiandre e Vallonia), Danimarca, Germania, Irlanda e Olanda. La richiesta di deroga, per le regioni del bacino padano-veneto (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia) è dunque la prima che riguarda un territorio che gravita nell area mediterranea. Gli elementi chiave che costituiscono la base della deroga sono: la previsione di una modalità di adesione da parte dei singoli allevatori, per azienda confermarsi ogni anno; e da l innalzamento del limite massimo di N organico da effluenti spandibile a 250 kg/ha/anno su mais a ciclo lungo (classe ), mais o sorgo seguito da erbaio invernale ( per esempio la loiessa), prato permanente o avvicendato (con meno del 50% di leguminose), cereale autunno-vernino seguito da erbaio estivo ( per esempio panico, erbaio di mais o di sorgo), assicurando attraverso modalità ed epoche di distribuzione idonee un innalzamento dell efficienza media al 65% nell uso dei reflui non palabili e al 50% per quelli palabili; l ammissibilità degli effluenti suini a condizione del rispetto di misure aggiuntive, quali separazione solido/liquido, rapporto di N/P2O5 da rispettare, esportazione delle frazioni solide fuori azienda in particolare finalizzate al controllo dell accumulo di fosforo nei terreni; quest ultimo è un tema di estremo interesse per la Commissione Europea al fine di tutelare le acque costiere adriatiche e ridurre i rischi di eutrofizzazione; un regime di controlli e di monitoraggio dell applicazione della deroga rigoroso, ma al tempo stesso tale da non determinare eccessivi appesantimenti burocratici, sia per le aziende che per le autorità pubbliche coinvolte, basato sulla registrazione dei dati aziendali, degli e.a. e della loro movimentazione e sulla realizzazione di campionamenti ed analisi periodiche sugli effluenti e sul contenuto in azoto e fosforo dei terreni interessati dalla deroga. 145

146 La predisposizione della documentazione tecnico-scientifica a sostegno e giustificazione della richiesta di deroga è stata affidata dalle Regioni al CRPA (per la Lombardia con D.G.R /4/2009), che per la raccolta dei dati necessari e l effettuazione di specifiche elaborazioni si è avvalso della collaborazione di Università e altri Enti, fra cui ERSAF e l Università degli Studi di Milano (DiProVe). Le motivazioni scientifiche della deroga trovano fondamento principalmente: a) nelle caratteristiche dei suoli della pianura padana (suoli in gran parte profondi, equilibrati nella tessitura e nel chimismo, con un alta capacità di ritenzione idrica), che li rendono altamente produttivi e dotati di una diffusa capacità di limitare il rilascio di nutrienti nell ambiente; b) nelle favorevoli condizioni climatiche (temperature medie di C), che consentono lunghe stagioni di crescita colturale (superiori a 250 gg nell 80% del territorio) e, in presenza di irrigazione, elevate produzioni di biomassa e assorbimenti di azoto da parte delle colture; c) nell evidenza che l innalzamento a 250 kg/ha dei quantitativi di azoto da effluenti distribuiti sulle colture cerealicolo-foraggere tipiche dei sistemi colturali della Pianura Padana non si traduce in un aumento del rischi di lisciviazione di nitrati, rimanendo inalterata la quantità totale di azoto immesso nell ambiente con la fertilizzazione delle colture ed essendo incrementata l efficienza d uso degli effluenti Valutazione degli effetti attesi sull ambiente L adesione alla deroga presuppone per l azienda una capacità tecnica e gestionale di livello alto, tale da permettere di incrementare i livelli di efficienza nell utilizzo dell azoto, valori più elevati di quelli minimi previsti dal Programma d Azione. Ciò è possibile mediante la messa a punto di rotazioni (obbligo di coltivazione di colture ad alto assorbimento di azoto, inserimento di seconde colture negli ordinamenti colturali) e calendari di spandimento ottimizzati (distribuzione di non più di 1/3 degli effluenti in autunno), l adozione di buone pratiche e tecniche di distribuzione per l aumento dell efficienza e la diminuzione delle perdite di N, nelle acque e, attraverso gli obblighi di interramento e distribuzione con tecniche a bassa emissione, anche in atmosfera. Anche le modalità di gestione degli effluenti e dei loro stoccaggi dovranno essere ottimizzate (le aziende dovranno dimostrare di disporre di stoccaggi di capacità adeguata), richiedendo in particolare la separazione solido-liquido per gli effluenti suinicoli, per poter ottenere una frazione liquida separata equilibrata nel rapporto azoto/ fosforo. Viene inoltre imposto alle aziende in deroga il controllo della concimazione fosfatica, in relazione al fabbisogno delle colture e il divieto di utilizzazione di P in forma minerale. La delocalizzazione delle frazioni solide al di fuori delle aziende in deroga prevederà l adozione di sistemi per la tracciabilità dei trasporti, basati su sistemi GPS quando questi avverranno su lunghe distanze, e potrà contribuire a mantenere/ripristinare i tenori di Sostanza Organica dei suoli delle aziende cerealicole ora generalmente piuttosto bassi, concorrendo così agli obiettivi di protezione e conservazione dei suoli previsti dalla Strategia tematica per la protezione del suolo (cfr proposta di direttiva COM(2006) 232). Le aziende che aderiscono alla deroga saranno inoltre chiamate a presentare un Piano di Utilizzazione Agronomica, a tenere a disposizione delle Autorità deputate ai controlli un Registro delle fertilizzazioni effettuate, ad eseguire analisi periodiche dei terreni allo scopo di tenere sotto controllo la sostenibilità delle pratiche adottate. Le Autorità pubbliche saranno invece chiamate ad effettuare controlli amministrativi su tutte le aziende aderenti alla deroga ed ispezioni sul posto in almeno il 3% di esse e relativamente all 1% dei trasporti di effluenti fuori azienda, ad intensificare il monitoraggio delle acque nei 146

147 bacini che presentano elevata criticità e vulnerabilità e a realizzare piani di monitoraggio dei suoli idonei a verificare i rischi di perdite di N e P dai terreni agricoli. Riassumendo, con l applicazione della deroga: a) il quantitativo totale di N immesso nell ambiente non aumenta, perché l efficienza minima di uso degli effluenti richiesta cresce (e restano comunque da rispettare i MAS previsti dal Programma d Azione); b) si riducono le perdite nell ambiente e in particolare la lisciviazione dei nitrati verso le acque sotterranee, come evidenziato nel DTS di supporto alla richiesta di deroga (se la deroga fosse applicata sull intera SAU in Zona Vulnerabile si potrebbe arrivare ad una riduzione di 1/3 dell azoto perso per lisciviazione, come si può osservare in Figura 8-3;. c) si introducono criteri più attenti di controllo del P immesso nell ambiente, con effetti positivi sul controllo dell eutrofizzazione. Non va inoltre trascurato che la deroga induce una minore necessità di reperimento di terreni extraziendali dove distribuire gli effluenti e una minore necessità di ricorso ai concimi minerali. Anche se quantitativamente non è questo l aspetto più rilevante, ciò comunque contribuisce a limitare, direttamente e indirettamente, le emissioni di gas serra e gli effetti negativi del trasporti su gomma. Questi elementi di valutazione e l insieme delle condizioni e requisiti sopra descritti consentono di evidenziare pertanto la sostenibilità, sia sotto il profilo ambientale che agronomico, della deroga che anzi, se estesamente applicata, potrebbe indurre effetti positivi significativi. Sotto questo profilo, le criticità riguardano dunque piuttosto il numero delle aziende che effettivamente aderiranno alla deroga perché farlo implica, presumibilmente soprattutto per le aziende suinicole, costi, e complicazioni organizzative ed amministrative non irrilevanti. Inoltre, mentre per tutte le aziende caratterizzate da un rapporto tra animali allevati e superfici a disposizione non eccessivamente squilibrato e già dotate di adeguate capacità di stoccaggio dei reflui, la deroga potrebbe effettivamente rappresentare una interessante opportunità, per quelle contraddistinte da carichi di azoto per unità di superficie alti o addirittura altissimi, solo la via dell introduzione di soluzioni impiantistiche e tecnologiche sembra essere quella realisticamente percorribile per conseguire una reale compatibilità ambientale. 147

148 Figura 8-3: Confronto in Zona Vulnerabile tra: (in alto) distribuzione di tutti gli effluenti prodotti senza alcuna limitazione lisciviazione media 37 kg N/ha/anno, (in mezzo) distribuzione effluenti con il limite di 170 kg /ha secondo Programma d Azione lisciviazione media 22 kg N/ha/anno, (in basso) distribuzione effluenti con il limite di 250 kg/ha secondo Deroga sull intera SAU lisciviazione media 14 kg N/ha/anno (fonte: Quaderno della Ricerca in Agricoltura n.130/2011, in stampa). 148

149 9 Misure di mitigazione 9.1 Misure di mitigazione intrinseche al PdA Il PdA individua una serie di misure da attuare, ove possibile, e da favorire che assumono un ruolo mitigativo rispetto agli effetti generati dalla pressione antropica agente sul territorio d interesse e legata alle pratiche agronomiche. Tali misure di mitigazione possono essere definite intrinseche e sono rappresentate da: costituzione di fasce tampone arboree e/o arbustive, indicata agli articoli 12 e 13 in merito alle fasce di divieto di utilizzazione di letami e liquami; preferenza, nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio di materiali non palabili, per le soluzione atte a minimizzare le superfici di impluvio, quali pareti verticali a ridotto rapporto superficie libera/volume o copertura al fine di ridurre la raccolta delle acque meteoriche, indicata nell articolo 11; Fasce tampone Al fine di abbattere il carico di inquinanti in ingresso in un ecosistema fluviali e migliorare la qualità delle acque è possibile realizzare alcuni interventi che sfruttano la naturale capacità di depurazione della componente vegetale, tra questi il Programma d Azione agli articoli 12 e 13 individua le fasce tampone, da realizzarsi ove tecnicamente possibile nelle fasce di divieto di utilizzazione dei letami e dei liquami. Per fascia tampone ed ecosistema filtro si intende qualsiasi sistema vegetato (siepi, filari, boschetti, zone umide naturali e artificiali), interposto tra l ambiente terrestre e acquatico, in grado di intercettare e ridurre l apporto di sostanze inquinanti di origine antropica in ingresso nelle acque superficiali. Negli ambienti di pianura caratterizzati da una intensa attività agricola risulta importante destinare fasce di terreno collocate tra i coltivi ed i corsi d acqua che svolgano una funzione di tampone, attraverso la filtrazione, l adsorbimento e l immobilizzazione nei tessuti di P e N, nei confronti degli inquinanti trasportati dai deflussi di origine agricola. Tali formazioni inoltre svolgono altre ed importanti funzioni: producono biomassa per la produzione di energia, costituiscono delle barriere frangivento, immobilizzano la CO 2, creano un ambiente idoneo a supportare un elevata biodiversità e riqualificano il paesaggio. La realizzazione di ecosistemi-filtro lungo i corsi d acqua ha anche la funzione di limitare l eccessivo trasporto solido, proveniente dalle estese superfici a coltivo presenti sul territorio, grazie alla realizzazione di ampie zone di divagazione che riducono la velocità di deflusso dell acqua. Le fasce tampone boscate possono essere ricondotte a tre tipologie: formazioni monofilare (in prevalenza siepi arbustive e filari), formazioni plurifilari (siepi composte sia da arbusti che da alberi e disposte su più file) e bande boscate. La larghezza delle fasce tampone disposte lateralmente ai canali può essere variabile da poche metri (3-5 m) sino a m, in rapporto agli obiettivi da ottenersi e alla disponibilità di superficie utile. In relazione alle esigenze ed alle aspettative si potranno scegliere alcune specie piuttosto che altre ed utilizzare diversi moduli di impianto. In particolare alle specie arbustive sono generalmente demandate le funzioni tampone e naturalistica mentre alla componente arborea la funzione produttiva. La piantumazione di tali aree può essere realizzata con specie caratteristiche degli ambienti umidi, come Ontano nero (Alnus glutinosa) e Salice bianco (Salix alba). Nelle fascia più esterna, dove il substrato risulta meno marcatamente 149

150 igrofilo, possono essere introdotte specie mesofile, dominate dalla Farnia, seguita da alcune specie minoritarie, tra le quali il Frassino maggiore (Fraxinus excelsior), l Olmo minore (Ulmus minor), l Acero campestre (Acer campestre) e il Ciliegio selvatico (Prunus avium). Le problematiche correlate alla manutenzione della rete irrigua (ripulitura dei fossi e sfalcio delle ripe) possono essere superate prevedendo l impianto delle fasce solo su un lato del canale o programmando la tempistica delle manutenzioni in coincidenza del turno di utilizzazione delle piante introdotte. La realizzazione di fasce tampone ed ecosistemi filtro sulla rete di canali e nei tratti dei fiumi naturali privi di vegetazione riparia si inserisce nell ambito delle pianificazioni e programmazioni atte a favorire uno sviluppo territoriale più sostenibile, in linea con la normativa nazionale e le strategie della Comunità Europea per la programmazione ambientale e agricola Sono già state attivate sul territorio strategie allineate a quanto riconfermato con la proposta di PdA, nello specifico con la sottoscrizione del Protocollo d intesa per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po in data 27 maggio 2005, la Consulta delle Province del Po (tra cui quelle di Cremona, Lodi, Mantova, Pavia) e l Autorità di Bacino hanno avviato un processo di partecipazione e condivisione di obiettivi comuni e rilevanti per il futuro del Po e del suo territorio in attuazione dei principi di sussidiarietà e sostenibilità. Obiettivo principale del protocollo d intesa è definire congiuntamente, secondo un approccio integrato e multidisciplinare, azioni e politiche coerenti con le strategie di bacino, in grado di sostenere un rafforzamento del Sistema Po in linea con le strategie comunitarie di programmazione Al fine di perseguire l obiettivo di tutelare gli ambiti territoriali delle fasce fluviali e partecipare alla costruzione delle reti ecologiche e alla gestione delle aree demaniali, il Protocollo d Intesa prevede la realizzazione di un Progetto strategico per la riduzione dell'inquinamento diffuso attraverso la realizzazione di fasce tampone vegetate e altri ecosistemi filtro, che individua tra gli ambiti di intervento prioritari le zone vulnerabili da nitrati e da fitofarmaci individuate dalle Regioni ai sensi della direttiva 91/676/CE e del D.Lgs. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni. I tratti e i luoghi da riqualificare e ove realizzare le fasce tampone potranno essere stabiliti in sede successiva, in funzione delle risorse disponibili e avvalendosi dei finanziamenti ottenibili secondo quanto stabilito dalla normativa vigente in materia. Copertura degli stoccaggi I possibili effetti negativi sullo stato di qualità dell aria dovuti alle emissioni in atmosfera dagli stoccaggi possono essere mitigati dalla copertura delle vasche, con strutture sia fisse sia flottanti, soprattutto per i reflui ove non avviene facilmente la naturale formazione del cappello sul pelo libero del refluo, per affioramento della frazione solida presente in vasca. Quanto sopra è raccomandato in particolare per le vasche fuori terra di nuova realizzazione. 9.2 Misure di mitigazione integrative Alla luce delle valutazioni condotte nel presente Rapporto Ambientale sono state individuate le misure di mitigazione di seguito presentate. Con riferimento allo stoccaggio degli effluenti di allevamento, nell analisi condotta nel capitolo 8.2 si sono evidenziate criticità inerenti l alterazione potenziale degli elementi paesaggistici percettibili dovuta alla presenza delle vasche fuori terra nel contesto agricolo di pianura. 150

151 È quindi auspicabile, ove possibile, e raccomandata nel caso di nuove realizzazioni la predisposizione di alberature o cortine verdi sul perimetro della struttura. Tali soluzioni progettuali dovranno essere considerate soprattutto in presenza di vincoli esistenti o in zone di particolare pregio individuate dal Piano Paesaggistico Regionale. 9.3 Misure di mitigazione nello scenario di deroga Nell ambito dello scenario con deroga concessa da parte della Commissione Europea, si sottolinea che l utilizzo di colture ad alto assorbimento di azoto, il controllo dell adozione di adeguate tecniche di gestione degli effluenti (efficienza d uso più alta, interramento) ed in generale le condizioni e prescrizioni in essa contenute possono essere considerate delle mitigazioni intrinseche. Non va trascurato l effetto di esempio e di trascinamento che la deroga potrebbe avere sulle aziende nel medio periodo, che richiede pertanto la progettazione di un adeguato piano di informazione e formazione e di comunicazione di casi di studio e buoni esempi in grado di far crescere la consapevolezza e la convinzione da parte degli agricoltori. In proposito è stato avviato, con la partecipazione di tutte le Regioni del bacino padano-veneto interessate dalla deroga, il progetto Life+ AQUA (ENV/IT/ Achieving good water Quality status in intensive Animal production areas), che si propone di dimostrare l applicabilità nelle aziende zootecniche di tecniche innovative e di pratiche gestionali -sostanzialmente corrispondenti alle migliori tecniche previste dalla deroga stessa - tese a: ridurre il contenuto in azoto degli effluenti, agendo sulla dieta degli animali allevati; aumentare l efficienza della fertilizzazione organica, utilizzando colture ad alto assorbimento di azoto e modificando tempi e modalità di distribuzione degli effluenti; favorire la delocalizzazione della frazione solida degli effluenti in aziende non zootecniche; semplificare le procedure amministrative e i controlli, implementando strumenti per la tracciabilità e la certificazione delle buone pratiche adottate dalle aziende. 151

152 10 Il sistema di monitoraggio Nell ambito della procedura di VAS, al Rapporto Ambientale spetta il compito di definire un sistema di monitoraggio da implementare nel corso della fase di attuazione del PdA, al fine di garantire la verifica degli effetti sull ambiente delle azioni individuate. Il sistema di monitoraggio risulta, poi, di fondamentale importanza nell individuare in modo tempestivo le misure correttive da attuare nel caso si dovessero presentare effetti indesiderati o inattesi dati dalle scelte programmate. L implementazione di un sistema di monitoraggio permette di registrare nel tempo i cambiamenti inerenti fattori ambientali di interesse attraverso la misura dei valori assunti da indicatori ambientali di riferimento e delle modalità necessarie per la raccolta delle informazioni. Gli indicatori ambientali sono parametri sintetici che rappresentano in modo significativo un determinato fenomeno ambientale e permettono la valutazione dello stato dell ambiente nel tempo. Per il monitoraggio del PdA della Regione Lombardia sono individuati degli indicatori in grado di dare una misura concreta degli effetti ottenuti con la messa in pratica delle azioni. Inoltre, la scelta è stata orientata sulla ricerca di parametri impiegati in monitoraggi già effettuati dagli Enti regionali preposti. In letteratura esistono diversi modelli per la definizione di indicatori di sostenibilità ambientale, in particolare il modello DPSIR (Determinanti-Pressioni-Stato-Impatto-Risposta), messo a punto dall Agenzia Europea dell Ambiente, costituisce la più consolidata classificazione in uso nel campo della valutazione ambientale e fornisce un quadro logico per approfondire ed analizzare i problemi socio-economicoambientali e, successivamente esprimerne, attraverso gli indicatori ambientali il livello di qualità e le alternative progettuali di miglioramento. Secondo questo modello, gli sviluppi di natura economica e sociale (agricoltura, industria e trasporti) sono i fattori di fondo (Determinanti o fonti di Pressione) che esercitano pressioni (P) sull ambiente. Le Pressioni descrivono le emissioni di sostanze, di agenti fisici e biologici, l uso delle risorse e del terreno e in sintesi costituiscono gli effetti delle attività antropiche sull ambiente: le sostanze rilasciate nell ambiente, i rifiuti, il consumo di risorse. Lo Stato rappresenta invece le condizioni ambientali e la qualità delle risorse in termini fisici, chimici, biologici. Gli Impatti che ne derivano sono gli effetti dei cambiamenti sulla salute umana, sull economia, sugli ecosistemi e sulla conservazione della natura. Le Risposte sono le misure adottate da soggetti pubblici e privati per migliorare l ambiente e per prevenire e mitigare gli impatti negativi, in termini di normativa e prescrizioni, misure e politiche ambientali. 152

153 Figura 10-1: Modello Concettuale DPSIR (ARPA Lombardia) Al fine di disporre di una caratterizzazione aggiornata dello scenario di riferimento nel momento in cui si dovrà effettuare una revisione del PdA, il sistema di monitoraggio definito nel presente documento individua un gruppo di indicatori di stato e pressione descrittori dei comparti d interesse e in grado di definire sinteticamente i risultati prestazionali delle azioni implementate nel corso del periodo di attuazione del Programma d Azione. Gli indicatori sono stati estrapolati da programmi di monitoraggio già implementati da parte di enti regionali e selezionati con riferimento a comparti ambientali e tematiche rilevanti in fase di attuazione delle azioni del PdA. Gli indicatori selezionati fanno quindi riferimento ai comparti: Acque superficiali, Acque sotterranee, Aria, Suolo, Sistema agricolo. In particolare, gli indicatori per le componenti Acque e Aria sono monitorati nell ambito delle attività ricomprese nei programmi regionali di monitoraggio realizzati da ARPA. Per quanto riguarda il Suolo, le attività di monitoraggio previste nel PdA sono ricomprese all interno delle attività di supporto all applicazione della direttiva nitrati realizzate da ERSAF. I dati relativi agli indicatori riferiti al Sistema agricolo saranno raccolti da parte della DG Agricoltura della Regione Lombardia nell ambito della gestione del SIARL (Sistema Informativo Agricolo Regionale) e delle procedure applicative dello stesso PdA (Procedura Gestione Nitrati). Nei paragrafi seguenti vengono descritte le modalità operative applicate nell ambito dei monitoraggi eseguiti ai sensi della normativa vigente. 153

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