TRAFFICO DI MINORI: L ESPERIENZA DELLA FRONTIERA PUGLIESE E LE PROSPETTIVE DI CONTRASTO

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1 Seconda parte Quali strumenti efficaci di contrasto al traffico di minori TRAFFICO DI MINORI: L ESPERIENZA DELLA FRONTIERA PUGLIESE E LE PROSPETTIVE DI CONTRASTO Cataldo Motta Procuratore della Repubblica aggiunto Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce Il dato degli ingressi irregolari dei minori stranieri non accompagnati attraverso la frontiera salentina del mare Adriatico, appare decisamente significativo per il punto d osservazione dal quale essi sono stati rilevati, privilegiato in virtù del ruolo che il territorio salentino ha assunto in quest ultimo decennio nell ambito del più generale fenomeno migratorio clandestino. Com è noto, infatti, la Puglia, zona a rischio per la sua strategica posizione geografica, da tempo è crocevia di traffici internazionali e rappresenta una delle due porte orientali d ingresso in Italia dei flussi migratori (l altra, a Nord-Est, è costituita dalla frontiera italo-slovena). Eguale e simmetrica posizione per la fascia orientale europea ha l Albania che, separata dall Italia solo da due ore scarse di motoscafo, rappresenta il punto di transito della gran parte dei flussi migratori dall Est all Europa occidentale, per il successivo attraversamento del Canale d Otranto, lo sbarco sulle coste pugliesi ed il libero accesso all area di Schengen (si tratta della rotta preferita per il traffico di persone provenienti da Romania, Moldavia ed Ucraina, oltre che dalla stessa Albania, e, in parte, anche dei migranti curdi e slavi). Per questi motivi, il dato in questione assume una valenza più generale ed ha connotati che, per un verso, consentono una definizione sufficientemente precisa del fenomeno, e, per altro verso, indicano destinazioni non accertate dei minori che (pur se in misura assai ridotta) possono destare un certo allarme, ma non permettono di affermare l esistenza di forme di traffico di minori a fini del loro sfruttamento lavorativo (in condizioni illecite o illegali), a differenza, invece, di quelle riguardanti le donne (anche minori, come si dirà), vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale. L esperienza degli operatori salentini (connesso al dato obiettivo dei rintracci di minori non accompagnati) e quella del tribunale per i minorenni di Lecce e dell ufficio del pubblico ministero presso di esso, indicano, innanzi tutto, che l ingresso irregolare riguarda principalmente minori di sesso maschile, in età prossima alla maggiore età (sedici/diciotto anni), che non possono essere espulsi (perché minori) e vengono, invece, affidati ai sensi dell articolo 2 della legge n.184/1983, a parenti già regolarmente soggiornanti in Italia che ne fanno richiesta al tribunale. Si tratta, in genere, di minori che, anche se non accompagnati, sono emigrati dal loro paese con il consenso dei genitori (rimasti all estero) che li indirizzano ai familiari domiciliati in Italia, consapevoli che, al compimento della maggiore età, ai propri figli potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro (articolo 32 del decreto legislativo n.286/1998). I dati relativi al sesso e l età dei minori sono del tutto in linea con quelli nazionali, che attribuiscono una percentuale di circa l 85% del totale alla fascia compresa tra i quindici ed i diciotto anni, ed ai minori di sesso maschile la misura di circa l 80% dei casi complessivi. Anche la valutazione sul consenso della famiglia all emigrazione del minore appare conforme a quella di molti operatori di altre zone d Italia, che hanno confermato come i minori non accompagnati arrivino nel nostro territorio per motivazioni assimilabili a quelle degli esodi migratori nella loro generalità ed i loro parenti siano consapevoli del progetto migratorio, che rappresenta una scelta maturata all interno della famiglia e da condivisa dai suoi componenti, anche in virtù dell età dei

2 ragazzi, considerati sostanzialmente già adulti in molte realtà territoriali, pur se giuridicamente minori per la legislazione italiana. L esigenza di controllare, comunque, tale fenomeno, ha indotto il tribunale per i minorenni di Lecce a formulare una direttiva all ufficio immigrazione della questura per consentire l affidamento direttamente da parte dell organo di polizia solo nei casi di minori non accompagnati che abbiano compiuto almeno sedici anni e solo se la richiesta provenga da fratelli maggiorenni soggiornanti nello Stato; negli altri casi, invece, i minori sono affidati ai responsabili dei centri d accoglienza (l accoglienza ha modalità diverse ed è assicurata in strutture differenti a seconda che riguardi minori di sesso maschile e di età superiore ai dieci anni ovvero quelli di età inferiore e tutti quelli di sesso femminile). Solo a seguito degli accertamenti svolti dal tribunale, i minori potranno essere affidati ad altri parenti che ne hanno fatto richiesta. Di rilievo, poi, è la prassi dello stesso tribunale per i minorenni di disporre l affidamento dei minori stranieri sempre ai sensi del ricordato articolo 2 della legge n.184/1983, con ciò ponendo i presupposti per la successiva trasformazione, da parte dell autorità amministrativa, del permesso di soggiorno rilasciato per minore età in permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro o per esigenze sanitarie o di cura (giusta il combinato disposto degli articoli 31 e 32 del citato decreto legislativo n.286/1998). Il dato numerico degli ultimi quattro anni indica, complessivamente, rintracci di minori stranieri non accompagnati, di prevalente provenienza albanese, turca e irachena (curdi) e slava (Rom). Tale dato, pur essendo in calo ogni anno, risulta in crescita percentuale se confrontato con la più rilevante diminuzione dei rintracci totali, sostanzialmente dimezzati d anno in anno: nel 1999: 431 sul totale di rintracci (circa l 1,7%); nel 2000: 362 sul totale di rintracci (circa il 2,6%); nel 2001: 247 sul totale di rintracci (circa il 3,7%); nel 2002 (primi quattro mesi): 67 su rintracci (circa il 3,5%). Sul dato numerico complessivo, i minori prossimi alla maggiore età (che hanno compiuto sedici anni) dei quali il tribunale ha disposto l affidamento ex articolo 2 della legge n.184/1983 a familiari regolarmente soggiornanti in Italia che ne hanno fatto richiesta, sono stati 367 (equivalenti ad un terzo dei minori rintracciati). Dei restanti, affidati ai responsabili delle strutture di accoglienza: 183, che hanno raggiunto la maggiore età durante la permanenza nei centri, hanno ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro; di una percentuale pressoché irrilevante (9 su 1.100, pari a circa lo 0,8%) è stato disposto il rimpatrio assistito dal Comitato per i minori stranieri; 468 si sono allontanati clandestinamente, spesso prelevati dalle strutture di accoglienza nelle quali erano ospitati. Si tratta di una forte percentuale, circa il 43% del totale dei minori rintracciati; per la maggior parte di tali casi, però, i minori sono stati prelevati da loro stessi parenti (che hanno approfittato della fiducia o della distrazione del personale delle strutture di accoglienza o che hanno agito nonostante la sua opposizione), così come anche in molti casi di allontanamento dei minori, senza apparente intervento di terzi, è stato possibile accertare in seguito il loro ricongiungimento con i familiari, soggiornanti sia in Italia che all estero (attraverso il confronto, in occasione di successivi controlli dello straniero, con i dati inseriti al momento del suo allontanamento nella banca-dati del ministero dell interno). Sicché, mentre può affermarsi che molti minori (pressoché tutti quelli di etnia curda, ma anche molti rom ed albanesi) vengono prelevati con modalità illegittime dalle strutture che li ospitano su incarico degli stessi familiari, già soggiornanti in Italia ed anche in alcuni Paesi europei (Germania, Francia, ecc.), in vista del ricongiungimento con loro, non può, però, essere del tutto escluso che alcuni allontanamenti possano dissimulare un percorso di sfruttamento dei minori e porre

3 un preoccupante interrogativo sulla sorte di alcuni di loro. Non possono sottacersi, infatti, sia pure per una parte marginale di questi ragazzi, situazioni a rischio, che possono sfociare anche in forme di grave sfruttamento para-schiavistico, legate alla necessità di ripagare l eventuale debito contratto per il percorso migratorio, anche se la contrazione dello stesso (specie se attraverso i genitori) non implica automaticamente uno stato di subordinazione forzata dei minori interessati. Il dato degli allontanamenti, suddiviso per anni, è il seguente: nel 1999: 183 (su 431); nel 2000: 114 (su 362); nel 2001: 124 (su 267); nel 2002: 47 (su 67). Sono stati accertati, poi, alcuni casi di minori di sesso femminile entrati irregolarmente per finalità di sfruttamento sessuale. Tali casi sono da inquadrarsi nel più generale fenomeno della tratta di giovani donne per finalità di sfruttamento sessuale: si tratta di cinque ragazze tra i quindici ed i diciassette anni, tutte provenienti dalla Romania (circostanza di indubbio rilievo, la Romania essendo una delle tre regioni che, insieme con Moldavia e Ucraina, fornisce il materiale umano destinato alla prostituzione), arrivate due nel 1999 e le altre negli anni successivi fino al 2002 (una per ciascun anno), che hanno reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria ed hanno consentito l accertamento di gravi reati (anche connessi alla prostituzione) e l individuazione dei colpevoli di essi. Benché la loro condizione sia stata ritenuta maggiormente garantita dalla tutela apprestata nei confronti del minore per la possibilità dell affidamento e l automatismo del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro al conseguimento della maggiore età, inizialmente era stata prospettata la possibilità di applicazione dell articolo 18 del decreto legislativo n.286/1998 con il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. I risultati ottenuti dalla procura di Lecce nell accertamento giudiziario anche di tali forme di traffico di persone, hanno confermato, infatti, l efficacia nel contrasto alle più gravi forme di criminalità organizzata di strumenti di indagine che consentano l acquisizione a fini probatori di specifici elementi conoscitivi sulle vicende delittuose, con la forza del racconto di chi le ha vissute in prima persona, piuttosto che il ricorso a soluzioni diverse, e la validità di moduli investigativi che, proprio per i fenomeni criminali associativi (quali, di norma, quelli del traffico di persone), non possono che essere legati a forme premiali di collaborazione. Si pensi che, nei due anni tra il marzo 2000 e l aprile 2002, circa il 15% dei programmi di protezione sociale in ambito nazionale ha riguardato il territorio di Lecce: sono stati richiesti, infatti, 222 permessi di soggiorno ex articolo 18, 104 dei quali su proposta o con il parere della procura di Lecce (relativi, cioè, a fatti criminali di interesse del territorio salentino), ed il questore di Lecce ne ha rilasciati 187 (le altre richieste interessavano altre questure). E noto come l aspetto inedito della disciplina prevista nel citato articolo 18 (che la rende peculiare anche rispetto a quelli Stati, come il Belgio, la Germania, la Spagna e, più di recente, la Francia, che adottano norme analoghe, ma legate esclusivamente alla collaborazione giudiziaria) sia quello del cosiddetto doppio binario, la possibilità, cioè, di operare su piani diversi e separati (almeno inizialmente) con un percorso giudiziario ed un percorso sociale, quest ultimo avviato a seguito di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali ed alla decisione dello straniero di sottrarsi ai condizionamenti di un associazione criminale. L innovazione del percorso sociale, come è stato rilevato dalla presidente della Commissione interministeriale per l applicazione dell articolo 18, Vittoria Tola, nel secondo

4 rapporto sull integrazione degli immigrati in Italia (dicembre 2000), costituisce un azione di sostegno, crea un rapporto di fiducia non solo con le associazioni ma anche con le istituzioni e diventa un incentivo per la collaborazione giudiziaria successiva. D altronde, come ben è stato osservato da Maria Grazia Giammarinaro, in questa materia gli aspetti repressivi non sono separabili da quelli sociali e culturali e, soprattutto, dal riconoscimento e dall effettività dei diritti delle vittime del traffico. Ma l efficacia degli strumenti di contrasto al traffico di minori non può non essere strettamente connessa, altresì, da un lato, ad un più adeguato assetto normativo interno anche di diritto sostanziale, dall altro, alla esigenza di armonizzazione della legislazione degli altri Stati e di cooperazione internazionale. Oggi l ordinamento di diritto sostanziale interno prevede un gran numero di norme che sanzionano, con pene assai severe, la riduzione in schiavitù, la tratta ed il commercio di schiavi, l alienazione e l acquisto di schiavi, il favoreggiamento dell immigrazione clandestina, le condotte di induzione alla prostituzione, di agevolazione, favoreggiamento e sfruttamento di essa, di reclutamento di persone per finalità di prostituzione; manifesta, però, alcune carenze, come l assenza di una norma che punisca le fattispecie associative in materia di traffico di persone ovvero, proprio nel settore della punibilità delle condotte a danno di minori, la limitazione del più grave delitto di tratta e commercio di minori ai soli casi connotati dal fine della loro induzione alla prostituzione. Il disegno di legge attualmente all esame del parlamento contiene importanti modifiche ed integrazioni legislative nella direzione di un ampliamento del sistema sanzionatorio; pur senza analizzare le singole proposte, appare certamente utile poter disporre di una norma che estenda la punibilità della tratta di minori anche alle ipotesi che abbiano finalità diverse da quella dell induzione alla prostituzione (come s è detto, oggi richiesta dall articolo 601 del codice penale), e cioè allo sfruttamento delle prestazione sessuali in genere, nonché al lavoro forzato, all accattonaggio e, più in generale, alla condizione di servitù; e preveda, altresì, che vittima del reato possa essere qualsiasi persona (non solo il minore) e che il reato sia aggravato se commesso a danno di minori (anche se appare scarsamente influente un aggravante destinata ad incidere su di una pena già molto severa). Così come egualmente importante per migliorare gli strumenti di diritto sostanziale è l introduzione, anch essa prevista nel disegno di legge, di una nuova fattispecie associativa, finalizzata alla realizzazione dei delitti di traffico di persone e di riduzione in schiavitù o servitù. Al maggiore rigore sanzionatorio, però, deve corrispondere la previsione di strumenti premiali, rivelatisi decisivi per l efficacia del contrasto alle organizzazioni criminali, quali la possibilità di diminuire la pena a chi aiuti l autorità giudiziaria ad assicurare le prove del reato o ad identificarne gli autori o a sottrarre risorse alle organizzazioni che gestiscono il traffico e la possibilità di accesso alla disciplina dei collaboratori di giustizia. Sul piano processuale, poi, è necessario prevedere che le funzioni di pubblico ministero nei procedimenti riguardanti la nuova fattispecie associativa siano attribuite alle direzioni distrettuali antimafia, perché ciò consentirebbe, da un lato, una visione ed una conoscenza meno frammentate del fenomeno e, dall altro, la possibilità del coordinamento da parte della direzione nazionale antimafia e del suo apporto per i contatti internazionali. Egualmente sarebbe opportuno estendere le funzioni delle direzioni distrettuali antimafia anche agli stessi delitti di traffico di persone e di riduzione in schiavitù o servitù, trattandosi di attività gestite, di norma, da organizzazione criminali a livello transnazionale. Inoltre, la competenza per tali delitti potrebbe essere sottratta alla corte di

5 assise (oggi competente per le ipotesi di riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi, indicate negli articoli 600, 601 e 602 del codice penale) ed attribuita al tribunale così evitandosi valutazioni legate ad una sorta di pregiudizio a danno delle vittime, talvolta ancora presente nei giudici popolari (specialmente in alcune realtà meridionali), e realizzandosi condizioni di maggiore snellezza del processo. Anche in ambito internazionale appare necessaria la previsione di normative maggiormente incisive ed efficaci. Da un canto, infatti, sembra indispensabile ed urgente armonizzare le possibilità di risposta giudiziaria e quindi le disposizioni di diritto penale sostanziale e gli strumenti di indagine; dall altro è egualmente necessario stimolare una forte cooperazione tra i diversi paesi interessati, sia sul piano investigativo che su quello giudiziario. D altronde il protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, aperto alla firma a Palermo nel dicembre 2000, impone agli Stati che lo ratificheranno l adozione di misure comuni sia sul piano della penalizzazione delle condotte, sia su quello della tutela delle vittime, sia su quello della prevenzione e della cooperazione, anche attraverso lo scambio di informazioni. Egualmente le più recenti direttive dell Unione europea, sia a carattere generale (come la nuova Convenzione di assistenza giudiziaria, firmata a Bruxelles nel maggio 2000), sia mirate al contrasto della criminalità organizzata, ed in specie alla prevenzione e repressione del traffico di persone, (si vedano le Raccomandazioni del Consiglio d Europa del 19 maggio 2000 e la Strategia dell Unione europea per l inizio del nuovo millennio per la prevenzione ed il controllo della criminalità organizzata, adottata l indomani delle Conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Tampere dell ottobre 1999), contemplano strumenti di particolare utilità investigativa, quali, ad esempio, le squadre investigative comuni, e, per altro verso, sollecitano gli Stati membri ad impegnarsi per ravvicinare le loro legislazioni e adottare norme che prevedano sanzioni severe per contrastare coloro che si dedicano alla tratta di esseri umani ed allo sfruttamento economico dei migranti, in particolare lo sfruttamento delle donne e lo sfruttamento sessuale dei bambini. E però necessario sollecitare con forza l attuazione concreta delle disposizioni e degli impegni contenuti nei molti atti internazionali. Da un canto, infatti, non può sottacersi l impressione di una sorta di sostanziale disinteresse al fenomeno del traffico di esseri umani, come è ricavabile, ad esempio, dalla sottoscrizione del protocollo addizionale contro il trafficking della Convenzione delle Nazioni Unite di Palermo da parte soltanto della metà degli Stati che hanno firmato la Convenzione; dall altro, deve osservarsi come non sia affatto sufficiente (se non a tacitare le coscienze degli Stati firmatari) la semplice sottoscrizione di un protocollo internazionale perché diventino operanti gli strumenti con esso disciplinati e come sia necessario, piuttosto, che la comunità internazionale mantenga desta l attenzione per stimolarne l attuazione effettiva.

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