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1 Questo è uno strumento semplicissimo che vedremo poi quanto è importante per capire l intero meccanismo della meccanica quantistica. Si chiama interferometro: un apparecchio che, appunto crea interferenze. E chiaro cosa sia un interferenza? Un interferenza si ha, per esempio, quando le onde provocate nell acqua da due sassi s incontrano e si accavallano l una all altra, creano turbolenza. Quindi abbiamo un laser che immette nell interferometro un fotone alla volta abbiamo apparecchi che consentono di fare questo. Abbiamo dunque due beam splitter (BS1 e BS2): che sono dei semi-specchi, degli specchi a metà; mentre gli specchi riflettono completamente, cioè tutta la luce che arriva, un semi-specchio la riflette per metà e per metà la trasmette, la lascia passare. Io posso, dato che la riflessione dello specchio dipende semplicemente dalla tintura argentata che si dà allo sfondo, a seconda della densità di questo trattamento, io posso decidere diverse proporzioni tra riflessione e trasmissione, posso aggiustare questo parametro. BS2 ha la funzione di ricombinare i due fasci e risepararli di nuovo. Vedete arrivano qui si sommano e vengono di nuovo riseparati da BS2. Questi, M1 e M2 sono due specchi, questi riflettono al cento per cento, e non lasciano passare nulla. La luce arriva qui e, dato che gli specchi sono posti a 45, è riflessa, per motivi geometrici a 90. Abbiamo qui un phase shifter (PS), che serve a creare differenze di fase. Vi ricordo che le onde hanno delle fasi. Prendiamo un onda che si muove in una direzione, lungo l asse temporale, l onda ha un andamento sinusoidale. Due onde sullo stesso asse si dicono in fase se od ogni picco dell una corrisponde il picco dell altra; sono completamente fuori fase se al picco di una corrisponde la valle dell altra; nei casi intermedi hanno una certa differenza di fase. Una fase è un ciclo; in effetti, l onda è un ciclo.

2 Quindi un phase shifter mi serve per creare delle differenze di fase tra questi due fenomeni ondulatori. Poi ho dei detector (D3 e D4); servono a rilevare l arrivo del fotone. Il fotone è un entità inseparabile, quindi i BS non separano l elettrone e ne mandano metà da una parte e metà dall altra. Questa sarebbe una visione classica del problema che noi non possiamo accettare in meccanica quantistica. Quindi non possiamo affermare che il fotone è una entità determinata che va mezza di qua e mezza di la. Dobbiamo affermare che il fotone è una entità indeterminata; nel momento in cui il fotone entra in uno stato iniziale ( 0>), attraverso BS1 una parte è trasmessa, e va nello stato 1> una viene riflessa e va nello stato 2>. Poi vengono ricombinati [da BS2] ed escono come out-put nello stato 3>, che va a D3, e nello stato 4>, che va a D4. Ora si deve capire che quando il fotone ha passato BS1 è in uno stato indeterminato, cioè non è che si può dire è in 1> o in 2>; è semplicemente non localizzato, non è né in 1> e né in 2>. Ora come evolve questo sistema? Evolve in maniera semplicissima. Entra nello stato iniziale 0>, poi passa, viene trasformato, attraverso BS1 che è tarato al cinquanta per cento, Il coefficiente di trasmissione è 1/ 2 perchè la probabilità si calcola come il modulo quadro di questo coefficiente, quindi visto che abbiamo detto che vogliamo una trasmissione e riflessione al cinquanta per cento, ossia 1/2 e 1/2, i coefficienti debbono essere 1/ 2. Il coefficiente moltiplica le due componenti che vengono separate. Allora la componente che viene trasmessa è 1>, e diciamo così, passa indenne; la componente che viene riflessa ricordatevi che in ottica quantistica ogni riflessione acquista una unita immaginaria ì (che è la radice quadrata di -1) diventa i 2>. Abbiamo quindi: 1/ 2 ( 1> + i 2>). E questo è il primo passaggio. Ora i 2> passa in M2 e 1> passa in M1, vengono riflessi entrambe. Quindi 1> diventa i 1> e i 2> diventa 2>, perché i x i = -1. Abbiamo quindi: 1/ 2 (i 1> - 2>). Suppongo per semplicità che il PS sia inattivo, quindi non c è alcuna differenza di fase. Ora questi due fasci arrivano su BS2. Quindi metto di nuovo un coefficiente 1/ 2; 1/ 2 x 1/ 2 = 1/2. Poi analizziamo i 1>. Una parte viene riflessa verso D3 diventa i 3>. La parte che viene trasmessa verso D4 diventa 4>. Ora analizzo - 2>. La parte che viene trasmessa verso D3 diventa 3>, quella che viene riflessa verso D4 acquista un fattore immaginario, e diventa i 4>. Arriviamo quindi a:: _ 1/2[i(i 3> + 4>) ( 3> +i 4>)] che diventa, facendo i calcoli: _1/2 [- 3> + i 4> - 3> - i 4>]. +i 4> e i 4> si annullano per cui ottengo infine 1/2 [- 3> - 3>] = - 3> Poiché la probabilità di ottenere un certo stato è data, come ho detto, dal modulo quadro del coefficiente, essendo qui il coefficiente 1, la probabilità di ottenere un rilevamento in D3 è ossia è il 100% mentre quella di ottenere un rilevamento in D4 è zero (infatti poiché il termine 4> non figura significa che il suo coefficiente è 0, e il modulo quadro di

3 0 dà sempre 0). Ciò significa che in D4, se metto il phase shifter a zero. non sarà mai detectato nessun fotone, non arriveràè mai niente, lo posso sapere per certo. Questo è il gran segreto della meccanica quantistica; e questo vi spiega perché la sovrapposizione in meccanica quantistica è un fatto ontologico, non soltanto un fatto epistemologico. E questo mi spiega il problema dell informazione quantica, su cui ritorneremo. Del perché in D4 non arriverà mai niente diamo ora una spiegazione fisica. Perché le onde, quando si sovrappongono, in generale producono due possibili eventi: o accumulano la loro efficacia e quindi si sommano, come accade per la componente 3>, oppure si annullano, ed è ciò che accade alla componente 4>. Quando si annullano, e non ricevo nulla (in D4), questo si chiama dark out-put, perché rilevo il nero, cioè niente luce qui stiamo parlando di fotoni, di luce. Ora, perché accade questo fatto è il segreto della meccanica quantistica. Fatemi variare questo esperimento, mettendo un ostacolo sul percorso 1>. Dunque dopo BS1 la metà dei fotoni passano e la metà dei fotoni vengono riflessi. Supponiamo che io faccia una statistica quindi su più esperimenti, su più fotoni. Io so per certo che statisticamente su 1000 fotoni mandati 500 vanno in 1> e 500 in 2>; anche se in realtà è una sovrapposizione, cioè vi è un incrocio dei due percorsi. In ogni caso nel cinquanta per cento delle probabilità il fotone incontra questo ostacolo qui, e quindi viene assorbito dall ostacolo. Quindi in cinquanta per cento dei casi sono casi nulli. Me ne accorgo perché non rivelo niente (in nessuno dei due detector), e quindi so per certo che il fotone ha incontrato l ostacolo. Nell altro cinquanta per cento passa per 2>, arriva a BS2. Adesso se non ci fosse stato l ostacolo, con il PS inattivo, avremmo avuto interferenza e avremmo ottenuto una situazione del tipo precedente. Ma dato che questa componente non esiste più, perché c è l ostacolo, vuol dire che il fotone passa indisturbato, senza ricevera alcuna interferenza proveniente da 1>. Quindi nel venticinque per cento dei casi va in D3 e nell altro venticinque per cento va in D4, dove non sarebbe mai andato se non ci fosse stato l ostacolo. Quindi, nel 25% dei casi, io posso saper che in 1> c è un ostacolo senza che neanche un fotone lo abbia toccato. Quindi la sovrapposizione sembra essere, almeno secondo la fisica classica, un deficit, cioè una semplice probabilità se volete, perché la sovrapposizione significa che io non so mai in modo deterministico dove va a finire il fotone: quindi significa probabilità. Ma, per l appunto, mentre la probabilità, in fisica classica sembra sempre una deficienza soggettiva, cioè sembra esprimere una nostra ignoranza di come stanno in realtà le cose, scopriamo che nella fisica quantistica è un fatto ontologico; se non fosse tale io non potrei acquisire informazione sulla presenza dell ostacolo. Infatti acquisisco quella informazione perché viene a mancare la sovrapposizione. Dalla mancanza della sovrapposizione io inferisco quell informazione sulla presenza dell ostacolo; questa inferenza io non la potrei fare se la sovrapposizione non fosse un fatto ontologico la cui presenza o non presenza determina il possibile risultato sperimentale. Quindi la sovrapposizione è una realtà che nel mondo classico non si era mai pensata. E una realtà sui generis, non è una realtà come l evento che io ha detectato il fotone: in questo caso io ho una realtà locale, determinata, e questa informazione si può tradurre in un linguaggio classico, perche può attivare una serie di conseguenze classiche (ad esempio una cellula fotoelettrica per aprire una porta). La sovrapposizione, invece, non è un evento perché se io vado a dire: che cosa è accaduto dentro l interferometro? La risposta è: non lo so; nessuno lo può sapere. Tuttavia è una forma di realtà perché nulla viene dal nulla. Io non posso avere un evento all out-put se non c è una forma di realtà per cui questo evento

4 accade. Allora devo supporre una forma di realtà che non è traducibile in eventi, quindi non traducibile in informazione classica, Io direi una forma di realtà non-locale, non localizzata. Da un certo punto di vista, concedetemi questa espressione, è una forma di realtà potenziale. Diceva il grande filosofo americano C. S. Peirce che il grande problema della filosofia moderne è che essa, adottando una posizione nominalistica, ha eliminato dalla realtà le realtà potenziali, cosa che non fa la filosofia aristotelica; le realtà potenziali sono una forma di realtà. Vi sto dicendo che la sovrapposizione è una forma di realtà potenziale, non la posso misurare, non ci posso interagire, non è una realtà dello stesso tipo dell evento, e non posso mai averne un evidenza diretta, non posso mai detectare la sovrapposizione. Ciò che posso fare è inferire la sovrapposizione, posso capire che c è, ma non posso averne evidenza diretta. Ora io posso rendere questo fenomeno ancora più paradossale riprendendo una proposta di Wheeler, l uomo che nel 39 scrisse con Bohr l articolo sulla fissione dell atomo. Wheeler propose l esperimento di delayed-choice, cioè l esperimento di posticipare la scelta, in italiano. Faccio lo stesso esperimento di prima e calcolo il momento in cui il fotone passa BS1, quindi so che il fotone sta dentro l interferometro. Ma prima che il fotone arrivi in BS2 anticipo i detector, mettendoli prima di BS2. In questo caso la sovrapposizione sparisce ed io so per certo che se detecto in D3 il fotone è passato per 2>, se lo trovo in D4 è passato per 1>. In tale caso il fotone si comporta come una particella classica, il cui percorso è determinato. Ma poiché posso decidere di anticipare i detector nell ultima frazione di secondo e poiché so che se non li anticipassi il fotone non si comporterebbe come una particella classica ma farebbe interferenza, vediamo chiaramente che, finché non l ho rilevato non posso dire nulla sulla natura e il carattere di questo fotone. Quindi so che tra BS1 e BS2 non ci può essere stato nessun evento, altrimenti avrei una realtà determinata. Ma d altra parte, anche se indeterminato, ci deve essere qualcosa tra BS1 e BS2, altrimenti otterrei un evento ai detector che verrebbe dal nulla. Facciamo un altro esempio. Un fascio di luce parte da una galassia e viene verso di noi. Nel suo cammino incontra un altra galassia, A questo punto o ha un comportamento particellare e può scegliere di passare o per il polo sud o per il polo nord di questa seconda galassia, Oppure prende tutte e due le strade (comportamento quantistico, sovrapposizione). La cosa interessante è che io posso decidere quale delle due possibilità quando il raggio arriva qui sulla terra: sarebbe una delayed-choice su scala cosmica. Cioè io decido all ultimo secondo se quella è onda o particella. Allora la domanda è: poiché questo fenomeno è successo mezzo miliardo di anni fa, allora io ho retrocausato, ho potere di retrocausazione? Ora questo è impossibile. Ciò che è successo è che questo non è un evento, in realtà, prima che qualcuno detecti. E la situazione analoga all interferometro: qui non posso dire né che il sistema è in sovrapposizione né che è in uno stato particellare. Ciò che voglio farvi capire è che io non posso selezionare alcuna possibilità determinata da un insieme di possibilità astratte finchè non c è un evento in cui ho detectato qualche cosa. Qui in realtà è come se non fosse successo niente, dal punto di vista del nostro mondo ordinario. Quindi l evento finale viene dal nulla? Assolutamente no. La sovrapposizione è una realtà, ma una realtà di un altro tipo di quella del nostro mondo ordinario, di questo tavolo o di questa sedia. L informazione dunque deve essere selezionata. Ecco perché l altra volta ho fatto il paragone con la materia prima di Aristotele: la sovrapposizione da un punto di vista generale può essere concepita come l assolutamente indeterminato; come ciò che contiene in se tutte le

5 possibilità, ma proprio perché le possiede tutte non ne possiede in realtà nessuna. E un realtà per me inaccessibile perché ogni volta che io tento di accedere alla sovrapposizione io accedo soltanto un pezzo, e una parte viene scaricata nell ambiente: in tal modo io ottengo sempre risultati classici: è da qui che emerge il mondo classico. Un sistema quantistico ha entropia zero; è il sistema più ordinato di tutti. Ha informazione infinita, ma soltanto potenziale. Per produrre una informazione strutturata dovete avere un sistema che ha una certa entropia determinata, e l ha in genere sotto il livello massimo che potrebbe avere. Il livello massimo è quando tutte le probabilità sono equiprobabili. La differenza tra il livello massimo di entropia e il livello in cui il sistema sta più un altra cosa complicata che possiamo trascurare produce ciò che viene chiamata informazione strutturale. Per ottenere informazione strutturata dovete aumentare l entropia di un sistema quantistico. Passiamo ora ad un punto di natura logica. In meccanica quantistica vale il principio di indeterminazione. Non posso determinare contemporaneamente l impulso (p = mv) e la posizione (x). Supponiamo che posso avere soltanto due possibili posizioni, x e x, e soltnaot due possibili impulsi, p e p. Prendo ora questa proposizione: x Ÿ (p p ). Da questa derivo quest altra proposizione per distribuzione: (x Ÿ p) (x Ÿ p ). Questa seconda proposizione non vale in meccanica quantistica sarebbe una violazione del principio di indeterminazione (perché mi dice che il sistema o ha posizione determinata x e impulso determinato p, oppure ha posizione determinata x e impulso determinato p ), il che è impossibile. Quindi, mentre la prima proposizione, ossia x Ÿ (p p ), è del tutto accettabile in meccanica quantistica infatti essa si risolve a dire che il sistema ha posizione x, perché p p è sempre vero -, la seconda, ossia (x Ÿ p) (x Ÿ p ), è impossibile. La meccanica classica rispetta la logica classica che è basata sul principio di distribuzione, che rende le due proposizioni equivalenti: sarebbe come dire che A x (B+C) è uguale a (AxB +AxC), In meccanica quantistica la distribuzione non vale perché le due proposizione non sono equivalenti. Poiché la logica quantistica non riconosce il principio di distribuzione, non è una logica di tipo booleano (da Boole). Ciò non significa che la meccanica quantistica viola il principio di non contraddizione; essa viola viola il principio di bivalenza, che è violato anche dalle logiche multivalore. Questo principio dice che ogni proposizione o è vera o è falsa; la meccanica quantistica dice che ci possono essere anche altre possibilità. Il punto fondamentale su cui vorrei insistere è che secondo la logica classica quelle due proposizioni dovrebbero essere equivalenti, mentre in meccanica quantistica esse non lo sono. Questo, tecnicamente, significa che mentre in fisica classica ho un insieme degli osservabili che è booleano, perché sono tutti commutabili tra di loro; in meccanica quantistica io non ho mai un unico insieme booleano, perché la booleanità corrisponde alla commutabilità, ma posso avere dei sottoinsiemi che sono booleani, e che corrispondono a quelle osservabili che sono commutabili. La meccanica quantistica è una struttura a macchia di leopardo: si ha un insieme inderminato con delle canalizzazioni specifiche che corrispondono a risultati classici. Questo pone in meccanica quantistica il problema della scelta. Mentre in meccanica classica si può misurare questo o quell osservabile e cambiando l ordine dell operazione il risultato non cambia, in meccanica quantistica ogni volta che si sceglie una certa operazione il risultato cambia decisamente.

6 Ciò che voglio sottolineare è che l ontologia nominalistica moderna ci ha abituato a considerare come reali soltanto gli oggetti materiali che possono cadere sotto la nostra osservazione diretta, mentre l ontologia aristotelica e medievale è più aperta da questo punto di vista perché prevedeva anche la possibilità di enti potenziali. Per Aristotele le realtà vera e sempre la realtà compiuta, ma ciò non significa che le potenzialità che sono in un organismo, per esempio, non abbiano realtà, certamente una realtà diversa da quelle delle realtà compiute. Quindi la meccanica quantistica ci da la possibilità di riaprire questo problema perché ci permette di dire che la realtà non è fatta soltanto di eventi determinati immediatamente esperibili, ma anche di forme di realtà che sono immediatamente e direttamente non accessibili (non si può infatti fare esperienza delle realtà potenziali). Noi abbiamo un enorme ammasso di informazione in un sistema, in molti casi infinita, che è potenziale e quindi a noi inaccessibile. Quando poi andiamo a misurare canalizziamo il sistema in percorsi determinati; ma in questo modo la maggior parte dell informazione l ho eliminata, l ho scaricata nell ambiente. Secondo me dunque il mondo è fatto fondamentalmente da relazioni intrinseche, e la sovrapposizione è una relazione intrinseca tale da impedisce l individualità dei due correlati. Ma la relazione è un qualcosa di talmente ineffabile che io non posso mai averla come oggetto al pari degli altri. Se qualcuno volesse fare un esperienza della relazione che c è tra me e mio padre, non potrebbe farla; potrebbe soltanto fare esperienza di me e mio padre e osservando il nostro comportamento evincere quale relazione intercorre tra noi. Una relazione si può inferire, ma non se ne può fare esperienza. Il discorso del vivente merita una riflessione approfondita. Il vivente, come notava gia Aristotele, ha la caratteristica di essere autopoietico, ha la capacità di autodeterminarsi, fino ad un certo punto. Detto questo, ciò che ci interessa come filosofi, è capire come il vivente possa essere contestualizzato all interno del nostro universo. Esistono delle condizioni generali, di carattere fisico, inerenti alla struttura del nostro universo, che permettono che il vivente possa vivere ed interagire con l universo in modo da poter riprodurre quelle condizioni atte a farlo sopravvivere. Il principio antropico tentava di rispondere a questa domanda. Esso sostiene che le condizioni che favoriscono l insorgere, e permettono la forma di vita umana sono talmente improbabili che deve esserci necessariamente qualcuno cioè Dio che ha approntato l universo, anche dal punto di vista fisico, in modo da permettere la vita. Il principio antropico non mi convince al cento per cento. E un approccio cosmologico possibile. La mia domanda e se esiste un approccio a questo problema da un punto di vista quantistico. Secondo me la meccanica quantistica pone delle condizioni generali, che permettono il vivente, senza sostenere che esse determinino il vivente Dico che permettano nel senso che lascino uno spazio adeguato perché si sviluppi il vivente. Una teoria classica dell informazione dice che ho una sorgente, un canale ed un ricevente. Se prescindiamo dal rumore, io posso meccanizzare completamente il processo posso infatti con un segnale radio far funzionare un cancello. Da un punto di vista quantistico l informazione che ricevo segue da una canalizzazione (selezione) di tutta l informazione iniziale, perciò non posso meccanizzare l ottenimento di out-put determinati. Non voglio dire che la fisica quantistica è ciò da cui il vivente deriva; ma essa pone le condizioni generali che rendono

7 possibile l emergenza del vivente come qualcosa che ha un proprio humus, un proprio terreno su cui darsi. Ciò che caratterizza il vivente, non solo l essere umano, è la capacità di fare inferenze. Mentre nel mondo classico fare delle inferenze è o inutile o impossibile, sono cioè una riproduzione meccanica di ciò che si è gia fatto, in meccanica quantistica le inferenze sono determinanti perché solo esse possono dirmi cosa è successo.

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