2. Il Sistema solare nell emisfero nord di Marte di erosione che possono essere giustificate soltanto dall azione prolungata dell acqua

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1 2. Il Sistema solare Nel gennaio del 2004, il piccolo laboratorio mobile robotizzato Opportunity ha raggiunto il cratere Victoria, nell emisfero nord di Marte, iniziando una serie di indagini geologiche sul suolo del pianeta. Fotografando da vicino le rocce che formano il bordo del cratere, Opportunity appena visibile (indicato dalla freccia) nell immagine ripresa dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter che orbitava intorno al pianeta ha rilevato numerose forme di erosione che possono essere giustificate soltanto dall azione prolungata dell acqua. Quando poi è sceso sul fondo del cratere, il modulo ha prelevato e analizzato rocce, scoprendo che possono essersi formate soltanto in presenza d acqua. (NASA / JPL)

2 I corpi del Sistema solare 1.Il Sistema solare La porzione di spazio entro cui si muovono i corpi celesti che costituiscono il Sistema solare, ha le dimensioni di una sfera con un diametro di circa U.A. (circa mld di Km) (circa 3 a.l.)

3 Nel Sistema solare, sono presenti 8 pianeti, (agosto 2006) almeno 63 satelliti naturali, migliaia di asteroidi (masse di modesta entità che circondano il Sole) oppure (di maggiore entità) ad esempio Plutone e Cerere, che descrivono orbite che vanno oltre i pianeti. Altri componenti sono, meteore e meteoriti, e comete. Posta la massa del Sole pari a 100, nel Sole è presente il 99,85% della massa dell intero sistema Solare. Lo spazio tra i vari corpi celesti, non è vuoto. In esso si trova, in forma estremamente rarefatta, la materia interstellare, costituita da pulviscolo, gas, particelle atomiche libere (protoni ed elettroni).

4 La stella Sole Struttura del Sole. I dati raccolti da numerosi osservatori, hanno permesso di acquisire conoscenze sulla struttura esterna del Sole. Le leggi della fisica applicate ai dati, hanno permesso di formulare un modello per la struttura interna del Sole. Troviamo idrogeno ed elio allo stato di plasma.

5 Dall analisi spettrografica risulta che in quanto a composizione degli strati più esterni del Sole: Circa 74 % da idrogeno Circa il 25% da elio. La presenza di elementi più pesanti dell elio, conferma che il Sole è una stella fatta con materia riciclata. Dall interno verso l esterno, troviamo: Il nucleo (r= Km); la zona radiativa (r= Km); la zona convettiva (r= Km). Segue la fotosfera e l atmosfera solare.

6 Nel nucleo, avviene la produzione di energia. La temperatura è prossima a di K, si verificano le reazioni di fusione termonucleare. Queste si verificano da almeno 5 mld di anni. Sono necessari altri 5 mld di anni affinché il Sole si possa trasformare in una gigante rossa. L energia prodotta nel nucleo ( E= mc 2 ) viene spinta verso l esterno, passando attraverso la zona radiativa, gli atomi dei gas presenti nella zona radiativa, assorbono ed emettono energia, ma a causa della temperatura più bassa, mancano reazioni di fusione termonucleare. Nella zona convettiva (r= Km) l energia viene trasportata per convenzione. (Movimenti della materia innescati da differenze di temperatura).

7 La stella Sole La granulazione della superficie del Sole. (SPL / Grazia Neri) Dopo un viaggio di centinaia di milioni di anni, le particelle prodotte dal nucleo raggiungono la superficie del Sole, divenendo visibili come fotosfera. La fotosfera, rappresenta la superficie visibile del Sole. La temperatura media della fotosfera è di 5785 K. La superficie della fotosfera non è liscia, infatti all osservazione appare costituita da granuli brillanti; tali granuli sono l evidenza dei movimenti in atto nella sottostante zona convettiva. Inoltre la superficie del Sole appare caratterizzata anche dalle macchie solari

8 La stella Sole La superficie del Sole, su cui spiccano alcune macchie solari. (NASA) Le macchie solari, per contrasto appaiono come zone di forma irregolare, si nota una zona centrale più scura circondata da una fascia più chiara detta penombra. La temperatura nella parte centrale varia da circa 4000 K a circa 5000 K, nella penombra si possono raggiungere intorno ai 5500 K. Hanno una particolare evoluzione: appaiono, aumentano di dimensioni e di numero, si riducono poi scompaiono. Singoli gruppi di macchie hanno una vita di una settimana.

9 L osservazione sistematica della superficie solare ha evidenziato che il numero delle macchie non è costante. Passa da un minimo a un massimo, con una periodicità media di 11 anni circa. Per convenzione è stabilito che un ciclo di attività solare cominci con un numero minimo di macchie e finisca con l inizio del minimo successivo. I valori sull andamento delle macchie solari hanno dimostrato che Il periodo più lungo (registrazioni dal 1715) è stato di 17,1 anni ( ), il più breve di 7,3 anni ( )

10 Maunder si accorse che tra il 1645 e il 1715 le macchie solari erano praticamente scomparse. In questo periodo le aurore boreali furono rarissime e nel periodo tra il 1450 e il 1850 si è notata una piccola età glaciale, con un clima insolitamente freddo (non tutti gli scienziati concordano per tali collegamenti). Si narra che nel 1716 la notizia della apparizione della prima aurora boreale, dopo tanto tempo suscitò curiosità e sorpresa anche in Hedmund Halley, il quale ammise di non averne mai osservata una. Halley era vissuto a cavallo del minimo di Maunder. Al contrario il «massimo Medievale» un periodo insolitamente caldo che va dal 1110 al 1250, coincide con un periodo di forte attività solare.

11 La stella Sole Un immagine della cromosfera. (S. Bruniére, Ciel & Espace) Un metro quadrato della superficie terrestre riceve dal Sole, quando è allo zenit, una quantità di energia pari a circa 1000 watt.

12 La stella Sole La corona solare ripresa nel corso di una eclissi totale di Sole. (S. Bruniére, Ciel & Espace) I brillamenti o flares: sono violentissime esplosioni di energia, sono lampi di luce associati a potenti scariche elettriche. Compaiono in prossimità delle macchie solari, si propagano (in un tempo da pochi minuti a qualche ora) su un area di milioni di Km quadrati. Durante tali esplosioni vengono liberate enormi quantità di energia, con radiazioni dai raggi X alle onde radio.

13 L attività solare Una grande protuberanza. (NASA) Altre manifestazione della attività solare sono rappresentate dalle protuberanze: nubi di idrogeno che dalla cromosfera penetrano nella corona solare Fino a quote di Km, possono essere eruttive o quiescenti, la temperatura è intorno a K.

14 L attività solare Alcuni brillamenti solari. (NASA) Oltre alle radiazioni di carattere ondulatorio, i brillamenti lanciano materia gassosa fino a Km di altezza, emettono anche un flusso di particelle atomiche (protoni ed elettroni) che viaggiano nello spazio alla velocità di 1500 Km/s. In alcuni casi si osserva l emissione di particelle ad altissima energia. Queste ultime particelle possono viaggiare ad una velocità prossima a quella della luce. Se il flares esplode presso il centro del disco solare, il flusso di particelle nel giro di 26 ore raggiunge la Terra

15 L attività solare Un aurora polare nel cielo di una foresta alle alte latitudini boreali. (SPL / Grazia Neri) I velocissimi corpuscoli, colpiscono violentemente le particelle ionizzate dell alta atmosfera, spingendole verso il basso, dove a quote tra 70 e 1000 Km danno origine alle aurore polari. Associato al fenomeno delle aurore polari, si verificano forti perturbazioni nel campo magnetico terrestre, (tempeste magnetiche)

16 Che cos è un pianeta? Secondo la recente definizione dell International Astronomical Union (IAU), un pianeta è un oggetto che orbita intorno a una stella, è abbastanza grande da presentare forma sferica e ha allontanato altri oggetti dalla zona circostante la propria orbita. Ovvero un pianeta deve possedere una massa sufficiente a eliminare dalla propria zona orbitale i corpi più piccoli, confinandoli in orbite stabili con l azione gravitazionale.

17 I pianeti del Sistema solare Prima legge di Keplero A occhio nudo, i pianeti visibili sono: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Copernico, con il suo sistema eliocentrico, rivoluzionò in modo definitivo la concezione di Tolomeo. Secondo Copernico, i pianeti seguivano orbite circolari. Fu Keplero a stabilire che i pianeti percorrono orbite a forma di ellisse, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. La prima legge di Keplero I pianeti descrivono orbite ellittiche, quasi complanari, aventi tutte un fuoco comune in cui si trova il Sole. Il movimento di rivoluzione avviene di solito in modo antiorario, per un osservatore posto al Polo nord celeste.

18 I pianeti del Sistema solare La seconda legge di Keplero. La seconda legge di Keplero afferma che: il raggio che unisce il centro del Sole al centro di un pianeta descrive superfici con aree uguali in intervalli di tempo uguali. Quindi le aree sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle, un pianeta si muove più velocemente quando è più vicino al Sole (perielio) e più lentamente quando è più lontano (all afelio).

19 I pianeti del Sistema solare La terza legge di Keplero. La terza legge di Keplero afferma che: i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle distanze medie dal Sole. (distanze in U.A. periodi in anni). Ovvero la velocità media di un pianeta è tanto minore quanto più esso è lontano dal Sole. Mercurio, ha una velocità media di 48 Km/s, Nettuno, di 5,4 Km/s.

20 Newton e la legge della gravitazione universale Newton intuì l esistenza di una forza di attrazione tra i corpi e a descriverne gli effetti attraverso la legge della gravitazione universale, in base alla quale «due corpi si attirano in modo direttamente proporzionale alla loro massa e in ragione inversa al quadrato della distanza». G = alla costante di gravitazione universale (6,67 x N m 2 Kg -2 ) M e m sono le masse dei corpi. d = la distanza tra i loro centri. F= G M m/d 2 Un pianeta, subisce perciò una forte attrazione da parte del Sole, in quanto vicino e dotato di grande massa, mentre è debolmente attratto dagli altri pianeti (piccola massa) e dalle stelle (molto lontane). Tali azioni impediscono al pianeta di muoversi con velocità costante e in linea retta, e lo costringono a una sorta di continua «caduta» verso il Sole, in un gioco di equilibrio il cui risultato è, appunto, l orbita ellittica.

21 Velocità di fuga ed effetto fionda

22 Un velivolo una volta raggiunta o superata la velocità di fuga può proseguire indefinitivamente nello spazio per inerzia. In tali condizioni la traiettoria del velivolo spaziale può venire modificata solo dall avvicinarsi di un altro corpo celeste. La forza di attrazione di quest ultimo, in aumento al diminuire della distanza, farebbe accelerare gradualmente la navicella e ne modificherebbe il percorso: a seconda della traiettoria di avvicinamento, la navicella potrebbe venir attirata fino

23 cadere sulla superficie del pianeta o fino a rimanere in orbita attorno ad esso, oppure fino ad arrivare ad una minima distanza dal pianeta con velocità superiore a quella di fuga: in tal caso, dopo averlo sorvolato si allontanerebbe da esso, «lanciata» lungo una nuova traiettoria da una specie di fionda planetaria, che sfrutta l energia gravitazionale.

24 I pianeti del Sistema solare I pianeti del Sistema solare sono diversi tutti tra di loro, come natura, come grandezza, come distanza dal Sole. A partire dal Sole si passa dalla superficie di Mercurio con una temperatura di circa 400 C a quella della superficie di Nettuno con una temperatura di circa -200 C Grandezze dei pianeti rispetto al Sole.

25 I pianeti del Sistema solare Schema delle orbite dei pianeti che consente di avere un idea delle distanze di tali corpi dal Sole. Nonostante le loro differenze, i pianeti vengono suddivisi, in una prima classificazione, in pianeti di tipo terrestre (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e pianeti di tipo gioviano (Giove, Saturno, Urano e Nettuno)

26 Le dimensioni: il diametro del pianeta terrestre più grande (Terra) è circa ¼ del pianeta gioviano più piccolo (Nettuno) La densità: nei pianeti di tipo terrestre, la densità è in media 5 volte superiore a quella dell acqua, mentre nei pianeti di tipo gioviano è circa 1,5 volte e anche meno. La natura dei materiali che li costituiscono. I pianeti di tipo terrtestre sono piccole sfere di rocce e metalli, con un nucleo di materiali ad alta densità, avvolto da un mantello di minore densità (ossidi e silicati di ferro e magnesio) con una crosta di materiali ancora meno densi, le rocce della parte superficiale.

27 L atmosfera. I pianeti di tipo terrestre, o sono privi di atmosfera oppure è sottile e tenue, rispetto all atmosfera dei pianeti di tipo gioviano. Questa è una conseguenza della massa dei singoli pianeti e della loro distanza dal Sole. La grande massa dei pianeti gioviani trattiene i gas più facilmente, le basse temperature determinate dalla distanza dal Sole, non permettono ai gas di raggiungere le velocità di fuga. Venere, Terra e Marte, riescono a trattenere solo le molecole dei gas più pesanti. Le loro atmosfere sono una frazione piccolissima della massa totale. Infine, i pianeti terrestri non hanno satelliti naturali, o ne hanno pochissimi, quelli gioviani ne hanno molti.

28 Mercurio E il pianeta più interno, poco più grande della Luna: la sua vicinanza al Sole ne rende difficile l osservazione, limitandola al massimo a un'ora prima dell alba o dopo il tramonto, a seconda della posizione del pianeta nell orbita. Gli antichi Greci attribuirono la comparsa di quel corpo celeste alternativamente prima del sorgere e dopo il calare del Sole a due oggetti diversi: Ermes (la stella del mattino) e Apollo (la stella della sera). Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. (NASA)

29 Mercurio In questo schema, si considera la posizione di un punto A su Mercurio rispetto al Sole. Evidenziando contemporaneamente il periodo di rivoluzione (88 giorni) e quello di rotazione ( circa 59 giorni ), seguendo lo spostamento del punto a per ogni mezza rotazione, si evince che lo stesso punto si troverà per circa 88 giorni in ombra e per circa 88 giorni al Sole.Il punto A per ritornare nella posizione di partenza impiega circa 176 giorni, quindi un tempo pari a due rivoluzione, ruotando tre volte su se stesso.

30 Mercurio Mercurio ruota attorno al Sole in 88 giorni, mentre compie una lenta rotazione sul proprio asse in circa 59 giorni, per cui ogni punto sulla sua superficie rimane illuminato per circa 88 giorni e per un ugual periodo è in ombra. A causa della vicinanza al Sole e della durata del periodo di illuminazione, la temperatura sul lato esposto al Sole sale a 425 C, quanto basta a far fondere metalli come stagno e piombo, mentre sul lato opposto scende fino a -175 C. E il pianeta con la più forte escursione termica tra il dì e la notte ed è praticamente privo di atmosfera.

31 Mercurio L'aspetto della superficie, è stato rivelato con molti dettagli dalle immagini inviate a Terra dalla sonda automatica Mariner 10, che tra il 1974 e il 1975 ha sorvolato per tre volte il pianeta passando a soli 800 km dalla superficie. Il mosaico di foto ottenute copre un'area pari a circa il 40% della superficie totale del pianeta. Nel 2004, dopo 30 anni, una nuova sonda è partita per Mercurio, dove giungerà nel 2011, per completare la ricognizione della superficie ancora sconosciuta. Le strutture più diffuse sono - i crateri da impatto, alcuni accompagnati da una specie di aureola di raggi chiari (lunghi centinaia di km), - le pianure lisce. Una veduta ravvicinata della superficie di Mercurio. (NASA)

32 Mercurio crateri da impatto sono dovuti alla caduta di meteoriti, che raggiungono la superficie ad altissime velocità (anche km/h). Il corpo che precipita si disintegra e nell'area di collisione si scava una depressione, con diametri da pochi metri a migliaia di km; il «contraccolpo» per l'urto violentissimo scaglia verso l'alto e tutto intorno una grande quantità di frammenti, che, ricadendo, formano un orlo che circonda l'ampia cavità centrale, il cratere. Negli impatti più violenti una certa quantità di materiale viene lanciata radialmente e disegna sulla superficie i caratteristici raggi chiari.

33 Mercurio Crateri da impatto sono stati osservati, oltre che sulla Luna e su Mercurio, anche su Marte, su molti satelliti di Giove e di Saturno e perfino sulla Terra. Su Mercurio - come sulla Luna e su altri corpi - la perfetta conservazione di quelle forme è dovuta all'assenza di un'atmosfera e alla mancanza di qualunque successiva attività nella crosta (vulcanismo, movimenti ecc.). La forte craterizzazione delle superfici planetarie risale a un preciso periodo all'inizio dell'evoluzione del Sistema solare, esauritosi circa 3 miliardi di anni fa; su Mercurio l'impatto di maggiori proporzioni ha portato alla formazione, poco meno di 4 miliardi di anni fa, di un bacino di ben 1300 km di diametro.

34 Mercurio Le pianure lisce sono vaste colate di lave risalite dall'interno del pianeta quando il materiale ivi presente è fuso per l'energia liberata dai tremendi impatti. Le tracce di quegli eventi lontanissimi nel tempo non sono state minimamente cancellate da eventi successivi (in pratica, altri rari crateri da impatto), per cui Mercurio è un corpo ormai «tranquillo» da 2 o 3 miliardi di anni. L'alta densità media del piccolo pianeta (simile a quella della Terra) ha portato a concludere che il suo interno sia occupato in gran parte da un nucleo di materiale ad alta densità (metallico), mentre l'involucro di materiali meno densi è molto ridotto di spessore, nei confronti dell'analoga struttura degli altri pianeti. Forse, un violento impatto con un grosso meteorite, avvenuto in una fase molto antica della sua evoluzione, ha strappato al pianeta gran parte del suo involucro esterno, facendolo disperdere in frammenti nello spazio. La struttura di Mercurio.

35 Venere L atmosfera a vortici e la superficie di Venere. (NASA) Venere è l'oggetto più luminoso nel cielo notturno dopo la Luna. Ha dimensioni e densità simili a quelle della Terra e si trova all'incirca alla stessa distanza dal Sole. Al contrario della Terra, però, Venere è un pianeta caldo con temperature superficiali che arrivano, sia di giorno (dì) che di notte, a 460 C, quanto basta a trasformare l'acqua in vapore: su Venere non esistono mari.

36 Effetto serra E Il pianeta è avvolto da un'atmosfera formata per il 97% di CO, (al contrario di quella terrestre, che ne contiene solo lo 0,03 %), con piccole quantità di vapore acqueo, azoto e vapori di acido solforico. Le alte temperature osservate su Venere sarebbero dovute a un effetto serra come quello che si può sperimentare facilmente entrando in un'automobile rimasta a lungo ferma al Sole con i finestrini chiusi. La densa atmosfera venusiana, infatti, lascia passare la radiazione proveniente direttamente dal Sole, ma ferma la radiazione riemessa dalla superficie con una diversa lunghezza d'onda, in modo che, anche se il calore intrappolato viene gradualmente disperso dai movimenti vorticosi dell'alta atmosfera, la temperatura rimane molto alta su tutto il pianeta.

37 Venere Vulcani su Venere. (NASA) L'anidride carbonica presente nell''atmosfera dei pianeti viene liberata dall'attività vulcanica: ma perché su Venere tale gas è così abbondante, mentre sulla Terra, che pure ha avuto ed ha una notevole attività vulcanica, è così scarsa? Il fatto è che sulla Terra l'acqua allo stato liquido (pioggia, mari) discioglie l'anidride carbonica, che successivamente viene sottratta all'acqua da miriadi di organismi che la fissano nei loro gusci (come carbonato di calcio, CaCO 3 ) o la utilizzano nella fotosintesi: grandi quantità di CO 2 vengono in tal modo continuamente sottratte all'atmosfera e bloccate nella materia organica e, soprattutto, nelle rocce carbonatíche.

38 Su Venere, invece, l'alta temperatura per la maggior vicinanza del Sole deve aver favorito fin dall'inizio una forte evaporazione e deve aver innescato ben presto l'effetto serra, facendo sparire l'acqua allo stato liquido e favorendo, di conseguenza,una crescente concentrazione dell'anidride carbonica: si è giunti così a condizioni di temperatura, pressione e concentrazione di gas proibitive per la vita quale noi la conosciamo. Ma anche sulla Terra alcuni interventi incauti dell'uomo potrebbero far aumentare l'effetto serra, con conseguenze simili a quelle osservate su Venere, drammatiche per gli esseri viventi: lo studio del pianeta gemello, che ha permesso di esaminare il fenomeno su scala globale, si è rivelato quindi qualcosa di più importante di un allargamento delle nostre conoscenze sul Sistema solare.

39 In superficie la pressione di questa densa atmosfera è 90 volte superiore alla nostra. La parte più alta dell'atmosfera comprende una coltre opaca di nuvole con uno spessore di circa 25 km, la cui base non è vicina alla superficie, ma a 30 km di altezza. Le nubi sono trascinate da forti venti con velocità di oltre 300 km/h e seguono percorsi definiti. Le immagini ravvicinate inviatete a Terra dalla sonda Mariner 10 (che nel 1974 sorvolò Venere durante il suo volo verso Mercurio) mostrarono lunghe fasce di nubi che partendo dai due poli avvolgono l'intero pianeta in ampie spirali ruotando in senso opposto saldandosi lungo la fascia equatoriale.

40 Su Venere sono presenti strutture geologiche molto complesse: - il 60% circa della superficie si presenta debolmente ondulata - il 15 % circa della superficie è occupato da ampie depressioní - il 25 % circa è costituito da altopiani. Le pianure ondulate sono tagliate da valli lunghe anche migliaia di km e presentano numerosi crateri da impatto. Infine, sono state individuate due enormi strutture alte 5000 m a forma di ampio cono, interpretate come grandi vulcani a scudo (vulcani formati da lave molto fluide, che scorrono a lungo prima di solidificarsi). Date le analogie con la Terra, si pensa che dall'interno di Venere fluisca una notevole quantità di calore (come avviene sul nostro pianeta), sufficiente a far fondere localmente in profondità le rocce, trasformandole in magma, capace di alimentare un notevole vulcanismo.

41 Venere Struttura interna di Venere. Le sonde Venera 9 e 10, lanciate dall'urss nel 1975, hanno indicato, per le aree su cui sono discese, rocce di composizione simile al basalto, la roccia di origine magmatica povera in silice e ricca in ferro e magnesio che è anche la roccia più comune sulla superficie della Terra. Gli altopiani si elevano di un migliaio di metri rispetto alla pianura presa come riferimento. Su questi altopiani si innalzano catene di rilievi anche imponenti, come i Monti Maxwell, le cui vette toccano gli m. La struttura globale interna del pianeta è simile a quella della Terra. I processi geologici più attivi sono però il vulcanismo e i movimenti di deformazione della crosta, come sollevamenti, sprofondamenti e lacerazioni; tali deformazioni sono rese più vistose rispetto a quanto avviene, per esempio, sulla Terra, a causa delle alte temperature superficiali che rendono più «plastiche» le rocce, cioè meno resistenti agli sforzi, come la forza di gravità.

42 Terra La Terra vista da una navicella che sta orbitando attorno alla Luna. (NASA) Attraverso l oblò di una navicella spaziale la Terra appare come una sfera quasi perfetta, di un colore blu, avvolta da sottili strie discontinue e vortici bianchi. Nascosti in parte sotto i grandi sistemi di nuvole, i continenti appaiono come aree di colore bruno-arancio con sfumature rossastre nelle fasce desertiche. La Terra ha un nucleo di materiale molto denso (essenzialmente ferro e nichel) che occupa la metà del raggio, avvolto da un mantello di rocce ricche di ferro e magnesio, a sua volta ricoperto da una sottile crosta di rocce molto eterogenee e meno dense di quelle sottostanti.

43 La struttura della Terra. Terra La crosta presenta una netta distinzione tra vastissimi bacini depressi (occupati dagli oceani) e ampie zone rilevate (le aree continentali, in gran parte emerse); queste ultime sono formate da complessi mosaici di strutture diverse, tra cui estese catene montuose e lunghissime fosse di sprofondamento. Numerosi vulcani attivi producono continuamente grandi quantità di nuove rocce e immettono nell'atmosfera giganteschi volumi di gas e vapori. Queste strutture caratteristiche sono il risultato di una continua evoluzione, dovuta a processi endogeni, che si svolgono, cioè, all'interno del pianeta, dove esiste una notevole fonte di energia.

44 L'interno della Terra è molto caldo, tanto che il nucleo è almeno in parte fuso: a tale situazione e ai movimenti in atto all'interno del pianeta è legata la presenza del forte campo magnetico terrestre. Nel complesso la Terra è un pianeta decisamente írrequieto, caratterizzato dalla vita, un fenomeno che, almeno nelle forme a noi note, non compare in alcun altro corpo del Sistema solare. (???)

45 La Terra possiede un'atmosfera molto meno densa di quella di Venere, costituita da azoto e, in minor grado, da ossigeno, mentre altri gas (come anidride carbonica e vapore acqueo) sono presenti solo in quantità minime. La temperatura media in superficie è tale da consentire all'acqua di persistere ampiamente allo stato liquido: circa 3/4 della superficie terrestre sono coperti dalle acque (oceani, laghi, fiumi, oltre alle riserve potenziali dei ghiacciai), che formano l'idrosfera. Atmosfera e idrosfera hanno trasformato e continuano a trasformare l'aspetto superficiale della crosta terrestre. Inoltre, l'attivìtà dell'atmosfera e l evoluzione della crosta hanno cancellato sulla Terra le tracce del grande bombardamento meteoritico che caratterizzò il primo miliardo di anni di evoluzione del Sistema solare: tali tracce sono invece perfettamente conservate sulla superficie della Luna, il nostro satellite naturale, di cui parleremo in seguito.

46 Marte Una serie di circostanze sembrano rendere Marte il pianeta più simile al nostro. La durata del suo giorno è, casualmente, quasi la stessa del giorno sulla Terra e anche l inclinazione dell asse di rotazione è simile, per cui su Marte si ha un'alternanza di stagioni come Le nostre. Tuttavia, per la maggiore distanza dal Sole e la maggior durata di un'intera rivoluzione (pari a 687 giorni terrestri), te stagioni sono più fresche e durano quasi il doppio. Infine, anche intorno a Marte ruotano dei satelliti: Phobos, che ha un diametro massimo di 27 km, e Deimos, il cui diametro è 10 Km. Si pensa che siano corpi strappati dal pianeta alla vicina fascia degli asteroidi

47 Tra i due pianeti però, ci sono anche notevoli differenze, a partire dall atmosfera, che su Marte è molto rarefatta (la pressione in superficie è circa 1/50 di quella terrestre) ed è formata per il 95 % da anidride carbonica, con piccole quantità di azoto, vapore acqueo e ossigeno. La temperatura superficiale di Marte è in media di -55 'C. Numerose missioni hanno tentato di chiarire la sostanza di queste analogie o differenze. I dati inviati ci hanno mostrato un pianeta quasi morto, con una debole attività atmosferica, senza traccia dei «canali» rettilinei che Schiaparelli ritenne di aver individuato al telescopio nel 1877 e sui quali per un secolo si è discusso. Ma via via sono emerse le tracce di una lunga storia geologica, che oggi inizia a delinearsi.

48 Marte Le immagini inviate dai robot Spirit e Opportunity, atterrati sul pianeta nel gennaio 2004, mostrano un paesaggio del tutto simile a un nostro deserto roccioso, dominato dal tipico colore rosso-ruggine. La superficie di Marte è stata modellata da numerosi processi: bombardamento meteoritico, attività vulcanica, movimentí crostali, erosione, deposizione. Alcune regioni sono craterizzate, mentre in altre si innalzano giganteschi vulcani o corrono enormi canyon. L'attività vulcanica è stata molto intensa ed è testimoniata da imponenti vulcani. Il maggiore tra questi è il Mons Olympus, largo alla base 700 km e alto m. sulle pianure circostanti: è il più grande vulcano del Sistema solare. Il Mons Olympus di Marte. (NASA)

49 Lungo l'equatore si stende un sistema di canyon, le Valles Marineris: lungo 5000 km, largo 500 km e profondo m. Il vulcanismo è da tempo estinto. La struttura del pianeta è simile a quella della Terra, ma non sembra presente un nucleo interno. Anche i movimenti della crosta (grandi fratture o spostamenti di settori di essa) sono cessati, come dimostra l'assenza di attività sismica. Dopo una vivace evoluzione, durata qualche miliardo di anni, Marte si è arrestato, quando la sua energia interna non è stata più sufficiente a «far muovere» la crosta. Sulla sua superficie sono rimasti attivi da allora solo processi di modellamento, prima di tutto quello legato a erosione e deposizione eoliche, cioè operate dai venti.

50 Marte Tempeste di sabbia su Marte. (NASA)

51 Marte Le variazioni termiche indotte dall'energia solare provocano infatti forti correnti che, anche se con un'atmosfera molto rarefatta, sollevano tempeste di polvere su tutto il pianeta. L'atmosfera rarefatta e le basse temperature superficiali impediscono la presenza di un'idrosfera con acqua libera: eppure, la superficie di Marte conserva tracce vistose e diffuse di una lunga permanenza dell'acqua, come dimostrano numerosi canali con molte valli tributarie, che formano reticoli del tutto simili a quelli fluviali, ramificati, presenti sulla Terra, ma completamente asciutti. Struttura interna di Marte.

52 Marte Tracce di acqua su Marte. (NASA) Dove è finita quell'acqua e come si possono spiegare questi profondi cambiamenti? Si pensa che in origine Marte avesse un'atmosfera densa, ricca di anidride carbonica (CO 2 ) da emissioni vulcaniche, come su Venere e sulla Terra, tale da far innescare gradualmente un effetto serra in grado di portare la temperatura globale a qualche grado sopra lo zero. Come conseguenza, l'acqua cominciò a formare specchi lacustri e reticoli fluviali. Ai reticoli si aggiunsero anche canali, probabilmente generati da impatti meteoritici che provocarono improvvisi rilasci di centinaia di km 3 di acqua per fusione del permafrost (terreno permanentemente gelato, come quello della tundra siberiana), che aveva accolto l'iniziale condensazione del vapore acqueo vulcanico. La rete di corsi d'acqua drenava verso l'emisfero nord, dove si trova tuttora una vasta area depressa, e formò cosi una distesa marina - l'oceano Boreale - nel quale si deposero sedimenti, soprattutto sabbie.

53 Marte La disponibilità di vapore acqueo e di CO 2 di origine vulcanica rafforzarono l'effetto serra e si stabili un nuovo equilibrio idrologico. La presenza di acqua liquida e i processi di alterazione delle rocce superficiali finirono, però, per diventare una «trappola chimica» per la CO 2. Come è ben noto sul nostro pianeta, l'alterazione dei silícati di calcio (tra i minerali più comuni e abbondanti nelle rocce superficiali) sottrae due molecole di CO 2 all'atmosfera e le porta in soluzione come bicarbonato di calcio; una volta in mare, dal bicarbonato può precipitare il carbonato (che forma le rocce calcaree), con restituzione di una sola molecola di CO 2, che può tornare nell'atmosfera. Senza riciclaggio delle rocce della crosta (come avviene sulla Terra, ma non su Marte) Acqua su Marte: oggi e nel passato. Solchi organizzati in sistemi del tutto simili a quelli dei reticoli fluviali terrestri. (NASA)

54 CO 2 + H 2 O = H 2 CO 3 = 2H + + HCO 3- Interagiscono gli ioni bicarbonato con gli ioni calcio e la silice HCO 3- Ca 2+ SiO 2 Questi soluti vengono trasportati dai fiumi fino agli oceani (ciclo dell'acqua), dove organismi viventi incorporano in gusci e scheletri gli ioni calcio e bicarbonato, formando nuovamente carbonato di calcio e liberando anidride carbonica. CaCO 3 + CO 2 Si forma il carbonato di calcio restituendo all atmosfera anidride carbonica

55 ciclo geochimico del carbonio approfondimento Il ciclo geochimico regola il trasferimento del carbonio fra litosfera, idrosfera e atmosfera (capacità dei comparti e turnover del carbonio). L'anidride carbonica presente nell'atmosfera si solubilizza nell'acqua piovana con formazione_dell acido_carbonico. L'acido carbonico modifica chimicamente i minerali carbonatici e silicatici (alterazione delle rocce carbonatiche e silicatiche) liberando ioni bicarbonato, ioni calcio e silice che passano in soluzione. Questi soluti vengono trasportati dai fiumi fino agli oceani (ciclo dell'acqua), dove organismi viventi incorporano in gusci e scheletri gli ioni calcio e bicarbonato, formando nuovamente carbonato di calcio e liberando anidride carbonica. In tale processo torna all'atmosfera circa la metà dell'anidride carbonica. Gusci e scheletri, alla morte degli organismi, si depositano (deposizione_dei_carbonati) sui fondali e vengono sepolti da altri sedimenti. Altri carbonati si depositano per precipitazione diretta dall'acqua. L'accumulo di questi carbonati produce circa l'80% del carbonio depositato sul fondo oceanico; il rimanente 20% è fornito dalla materia organica morta (seppellimento_di_materia_organica). I fondali oceanici si espandono e scorrono sotto i continenti trasportando i sedimenti in profondità. Esposti ad alte temperature e pressioni (metamorfismo_dei_carbonati) i sedimenti liberano, molti milioni di anni più tardi, anidride carbonica, che rientra nell'atmosfera, soprattutto attraverso le eruzioni vulcaniche.

56 Marte la CO 2 viene progressivamente sottratta all'atmosfera: l'effetto serra diminuisce e la temperatura scende. Secondo tale processo, i canali si estinsero e l'oceano Boreale si restrinse e si colmò di sedimenti. Da allora, l'acqua rimasta si trova sotto forma di ghiaccio nel permafrost. La presenza del ghiaccio è stata confermata dalla sonda Phoenix Mars, scesa nei pressi del Polo nord. E Fino all'esplorazione compiuta da Spirit e Opportunity nel 2004, la possibilità di trovare forme di vita sul pianeta era considerata altamente improbabile, essenzialmente per le temperature inospitali che nelle regioni polari scendono a 'C. Acqua su Marte: oggi e nel passato. Una possibile ricostruzione dell Oceano Boreale.

57 Tuttavia, il ritrovamento di materiali che indicano la probabile persistenza dell'acqua su Marte per míliardi di anni, insieme alla scoperta fatta dalla European Space Agency's Mars Express della presenza di metano nell'atmosfera marziana hanno dato nuovo impulso al dibattito scientifico. L'acqua infatti è un prerequisito per la vita, mentre il metano (almeno sulla Terra) è prodotto perlo più dagli organismi. A oggi tuttavia non è ancora emersa nessuna indicazione della presenza passata su Marte di organismi viventi come noi li conosciamo. E Abbiamo esaminato i corpi celesti più interni del Sistema solare: sfere rocciose con un nucleo metallico, che hanno avuto storie evolutíve parallele, ma ognuna con caratteristiche proprie, legate alla massa di ciascun corpo e alla distanza dal Sole.

58 Per due di essi, Luna e Mercurio, l'evoluzione si è arrestata in una fase precoce; nel caso di Marte, invece, si è spinta più avanti, prima di lasciare il campo ai soli processi di modellamento esterni, che ne stanno lentamente levigando la superficie; negli altri, invece, l'evoluzione è ancora attiva: forse con minor energia su Venere, ma con gran vivacità sulla Terra. Nel corso della loro evoluzione alcuni corpi sono riusciti a trattenere un involucro di gas e vapori. Anche in tal caso le atmosfere hanno avuto storie diverse, con importanti conseguenze; dalla densissima coltre di Venere che, con il suo effetto serra, ha prodotto un ambiente proibitivo per la vita, alla tenue atmosfera della Terra, in equilibrio con grandi quantità d'acqua, che hanno invece favorito e protetto lo sviluppo della vita, fino all'atmosfera estremamente rarefatta di Marte, troppo esigua per riscaldare a sufficienza la fredda superficie del pianeta ormai inerte

59 Giove Un immagine a colori reali di Giove. (NASA) Giove è un pianeta gigantesco, la cui massa è pari al doppio di quella di tutti gli altri pianeti del Sistema solare messi insieme e il volume è 1316 volte quello detta Terra. Il pianeta appare piuttosto schiacciato ai poli, a causa dell'elevata velocità di rotazione intorno al proprio asse (all'equatore essa raggiunge i km/h). Al telescopio l'atmosfera di Giove appare solcata da bande chiare e scure che si alternano, disposte parallelamente all'equatore, interrotte qua e là da alcune macchie rosse o biancastre. Una di queste, chiamata Grande macchia rossa, è stata sempre presente da quando è stata osservata per la prima volta più di tre secoli fa.

60 Giove A che cosa corrispondono le bande e le macchie? Il calore solare e quello che si libera dall'interno di Giove innescano nella spessa atmosfera del pianeta grandi movimenti convettivi (si ricordi che la temperatura media sulla superficie visibile è di C, con formazione di nubi dovute alla condensazione dell'ammoniaca (uno dei componenti dell'atmosfera gíoviana). L'alta velocità di rotazione del pianeta costringe le nubi a formare le lunghe bande, denominate zone e fasce: le zone chiare sono quelle in cui i gas risalgono; le fasce scure contigue sono quelle verso cui i gas ridiscendono. L atmosfera di Giove. (NASA)

61 Le macchie chiare e scure che interrompono le bande corrispondono a perturbazioni cicloniche. La Grande macchia rossa è un gigantesco vortice di nubi, a forma di ellisse (con un asse maggiore variabile tra i e i km), che ruota in senso antiorario e si muove con l'atmosfera circostante, ma rimanendo da secoli sempre nella stessa posizione rispetto all'equatore.

62 La porzione visibile dell atmosfera di Giove è ridotta: per conoscerne qualcosa di più è stata lanciata nel 1989 la sonda automatica Galileo, entrata in orbita intorno a Giove nel 1995, dopo aver seguito una lunga e complessa rotta che ha sfruttato l'effetto «fionda planetaria» di Venere e della Terra. Dalla sua orbita la sonda ha sganciato un modulo che, frenato da paracadute, ha attraversato 300 km di atmosfera in circa 1 ora, prima di essere messo fuori uso in quell'ambiente di gas vorticanti. I segnali trasmessi, di grande interesse, hanno messo in evidenza, tra l'altro, che la composizione chimica dell'atmosfera di Giove è simile a quella del Sole.

63 Giove Lo spessore totale dell'atmosfera di Giove è di circa 1000 km: a quella profondità dal tetto di nubi la pressione è tale che l'idrogeno deve passare allo stato liquido. La superficie di Giove è quindi quella di un oceano di idrogeno liquido esteso a tutto il pianeta. A circa km di profondità la pressione provoca un'altra trasformazione: l'idrogeno liquido passa a idrogeno metallico liquido, uno stato della materia mai osservato, ma previsto teoricamente. A profondità ancora maggiori (almeno km, su un raggio di km) dovrebbe esistere, infine, un nucleo di rocce e metalli pesanti, in quantità simile a quella dei pianeti di tipo terrestre. La struttura interna di Giove.

64 In complesso, il gigante tra i pianeti è una sfera liquida, con un involucro gassoso e un piccolo nucleo solido, costituito da materiali più densi. La sua composizione media (85 % di idrogeno e 15% di elio) è del tutto analoga a quella del Sole, e se la sua massa fosse stata solo 10 volte maggiore, nel suo nucleo la temperatura sarebbe salita abbastanza da innescare una reazione termonucleare, trasformandolo in una piccola stella. Il suo nucleo, invece, arriva a «solo» C, e il pianeta sta lentamente disperdendo, attraverso i moti convettivi della parte fluida e dell'atmosfera, l'energia accumulata come calore nelle fasi iniziali della sua evoluzione.

65 Giove La superficie di Io. (NASA) Attorno a Giove ruotano almeno 16 satelliti (63). I quattro più grandi (scoperti da Galíleo e detti perciò galileiani) sono, dal più vicino al più lontano, Io, Europa, Ganimede e Callisto. Gli altri satelliti di Giove sono meno noti, ma anche molto più piccoli. I quattro satelliti più lontani (tutti con diametro di circa 20 km), ruotano in senso opposto rispetto agli altri, su orbite molto inclinate: sono forse degli asteroidi catturati dal gigante gassoso.

66 Approfondimento Io, presenta un intensa attività vulcanica, maggiore di quella nota in qualunque altro corpo del Sistema solare. Il Voyager 1 ha individuato una decina di vulcani in eruzione, i cui pennacchi, a forma di ombrello, salivano fino a 300 km di altezza, con velocità di espulsione prossime a 3600 km/h (figura 1). Dalle bocche vulcaniche, insieme a colate di lava (la cui composizione è sconosciuta: forse silicati?), vengono eruttati zolfo, anidride solforosa e altri composti dello zolfo, che hanno ricoperto tutta la superficie con brillanti colori: giallo, arancione, rosso, oro, bianco, nero. La continua emissione di materiale vulcanico ha cancellato ogni traccia degli antichi crateri di impatto, e la stessa superficie attuale è in perpetua trasformazione, come è risultato ben evidente anche dal confronto tra le immagini più recenti inviate dalla Galileo e quelle dei Voyager.

67 Approfondimento Nel corso di migliaia di anni di evoluzione, questo satellite ha perso ogni sostanza volatile (acqua, anidride carbonica), mentre i materiali più densi sono stati e sono continuamente riciclati dal suo continuo «ribollire» interno. L energia per l attività di Io proviene dal gigantesco pianeta intorno a cui ruota a soli km di distanza. Poiché l orbita non è circolare, al periodico variare della distanza la crosta della minuscola luna viene più o meno deformata dalla tremenda forza di attrazione di Giove: la continua deformazione libera, all interno del satellite, grandi quantità di calore (è un po quello che succede quando si piega e si raddrizza di seguito più volte un fermaglio di metallo, che si riscalda nel punto di piegatura). I dati raccolti dalla missione Galileo sembrano anche indicare la possibile presenza di un nucleo metallico, che sarebbe responsabile del forte campo magnetico generato dal satellite.

68 Giove La crosta ghiacciata di Europa. (NASA) Approfondimento Poco più lontano da Giove, la piccola Europa mostra un contrasto impressionante: una superficie bluastra di ghiaccio d acqua percorsa da una fitta rete di strie, con una temperatura di 150 C. I dati rilevati dalla Galileo hanno permesso di stabilire che Europa ha un nucleo metallico avvolto da un mantello roccioso, ricoperto da un oceano di acqua profondo km, con una crosta ghiacciata decisamente sottile: 2 km al massimo. Le striature della superficie si sono rivelate profonde e lunghissime fessure, fiancheggiate sui due lati da increspature parallele e simmetriche. Le increspature sono attribuite al congelamento in superficie di acqua o acqua e fanghiglia risalita lungo le fessure, in quanto la superficie di Europa risulta decisamente attiva. Gruppi di increspature con fessura centrale risultano tagliati bruscamente da increspature più giovani, con direzione diversa.

69 Approfondimento In certi casi gli intrecci di fessure scompaiono sotto laghi di ghiaccio con superfici levigate e prive di ogni traccia di alterazione, quindi originate da effusioni di acqua molto recenti. In altri casi si osservano lembi di crosta ghiacciata del tutto simili ad iceberg galleggianti in un oceano, emersi per circa 200 m, separati da canali ghiacciati. Questa intensa attività della crosta in cui si aprono fratture o che si frantuma in blocchi «galleggianti» e mobili, è provocata da poderosi movimenti nell oceano sottostante: ma a spese di quale energia? Il problema è aperto: forse responsabile è il calore dissipato dal nucleo e dal mantello, o quello dovuto allo stesso effetto di marea (anche se meno forte) che riscalda Io. In ogni caso, acqua liquida e possibilità che si raggiungano determinate temperature, come pure la possibilità di avere strutture idrotermali sul fondo dell oceano a contatto con un mantello roccioso che libera calore, (come avviene sulla Terra lungo le dorsali oceaniche, hanno suggerito che Europa potrebbe essere un buon candidato per ospitare qualche forma di vita. Infine, è stata scoperta una sottile atmosfera di ossigeno.

70 Giove Ganimede. (NASA) Ancora più lontano da Giove, Ganimede, il più grande satellite dell intero Sistema solare, appare sempre di più un mondo di ghiacci, con una composizione che comprende il 40% di acqua. Sulla superficie del satellite sono visibili: alcune zone di colore più scuro, dovute probabilmente all accumulo di polveri, costellate di crateri da impatto; fasce e zone più chiare che circondano le precedenti, con un numero di crateri da impatto molto inferiore; proprio quest ultima osservazione fa ritenere che le zone più chiare siano più giovani di quelle di colore scuro. Le zone chiare sono striate da solchi paralleli, simili a quelli di Europa. Un nucleo metallico e un mantello roccioso sono avvolti da una «crosta» di acqua spessa ben 800 km, di cui i 200 più esterni sotto forma di ghiaccio. Approfondimento

71 Approfondimento Ganimede conserva perciò ampie tracce di un attività molto antica (le aree scure), ma anche vistose testimonianze di attività successiva, che, a più riprese, ha portato alla fuoriuscita di acqua e colate di ghiaccio (forse con meccanismi come quelli di Europa) e al parziale «riciclaggio» della crosta più antica. Il riscaldamento che periodicamente ha fatto assottigliare localmente la crosta e ha provocato eruzioni in superficie di acqua e ghiaccio è stato ogni volta innescato, probabilmente, da complesse interazioni mareali con Giove e gli altri satelliti. Le misure spettroscopiche effettuate dalla sonda Galileo ai poli hanno confermato la presenza di ozono sulla superficie di Ganimede. Probabilmente, il processo di trasformazione chimica che determina la formazione dell ozono comporta la presenza di una sottile atmosfera di ossigeno, simile a quella individuata su Europa.

72 Giove Callisto. (NASA) Approfondimento Callisto, il più lontano, presenta una superficie scura intensamente craterizzata, come quelle di Mercurio o della Luna. Gli impatti si sono verificati sulla superficie di una crosta di ghiaccio «sporco», misto a detriti rocciosi. I numerosi crateri, il cui interno rivela ghiaccio «più pulito», spiccano come tante macchie bianche luminose. Lontano da Giove, anche l interno di Callisto si è da tempo completamente congelato e non c è stata energia sufficiente per qualche attività in grado di lasciare tracce in superficie.

73 Saturno Una splendida immagine di Saturno ripresa dal Voyager 1. (NASA) Posto ad una distanza dal Sole doppia rispetto a quella di Giove, Saturno appartiene anch'esso al gruppo dei pianeti giganti, anche se ha un diametro un po' minore e una massa pari a un terzo di quella del «vicino». Il pianeta ruota su se stesso con grande velocità, la qual cosa determina un sensibile schiacciamento polare.

74 L'atmosfera di Saturno ha una struttura abbastanza simile a quella di Giove, con un'alternanza di fasce più chiare e fasce più scure, disposte parallelamente all'equatore. Si riconoscono aree con perturbazioni a carattere rotatorio e vortici; i venti spirano con velocità che all'equatore raggiungono i 1800 km/h (cinque volte superiori alle velocità più alte registrate su Giove), mentre diminuiscono di intensità spostandosi verso le zone polari per scomparire del tutto ai poli. Complessivamente Saturno è formato da un grosso ínvolucro di gas (con temperature medie in superficie che arrivano a -185 C il quale avvolge un nucleo di idrogeno liquido. La struttura più affascinante, anche se non unica tra i pianeti del Sistema solare, sono gli anelli che circondano Saturno. Gli anelli furono visti già da Galileo, ma riconosciuti come tali dall'astronomo olandese C. Huygens.

75 Saturno Struttura interna di Saturno. Le immagini e i dati dei Voyager 1 e 2 che hanno sorvolato Saturno (rispettivamente nel 1980 e 1981) e della sonda Cassinis (2004) hanno dimostrato che il sistema di anelli è formato da un migliaio di sottili anelli distinti, presenti anche nelle zone di divisione che, viste al telescopio, sembrano separare gli anelli principali. Lo spessore del sistema di anelli è soltanto di qualche decina di metri, mentre la larghezza supera i km.

76 Saturno Gli anelli di Saturno ripresi da vicino dalla sonda Cassini. (NASA) Il materiale che forma gli anelli di Saturno è costituito da frammenti di ghiaccio (forse ammoniaca solida) e polvere con diametri che variano da pochi micrometri al metro ognuno in rotazione attorno al pianeta su una propria orbita. Gli anelli non sono, quindi, un sistema né rigido né compatto: sono un insieme di corpi su orbite concentriche. L'origine del sistema di anelli sembra dovuta all'enorme forza di gravità di Saturno: questa avrebbe disintegrato un satellite finito troppo in prossimità del pianeta, oppure avrebbe impedito a una parte della stessa materia da cui si è formato Saturno di «coagularsi» in un unico corpo. Tra i 18 satelliti che compongono il corteo di Saturno, (Ad agosto 2007 si conoscono 60 satelliti di Saturno) Titano è l'unico a possedere una vera atmosfera. Nel 2005, atterrando su Titano, la sonda Huygens si è appoggiata su una sostanza morbida che ha rilasciato uno sbuffo di gas metano: il metano, probabilmente presente in forma liquida nel terreno sottostante, è evaporato per effetto del calore della sonda.

77 Saturno Vulcano su Titano. (NASA) Viste le bassissime temperature superficiali (-178 C) nei fiumi e nei laghi di Titano però non scorre acqua, come sulla Terra, ma metano liquido. L'atmosfera di Titano - come quella terrestre - è costituita perlopiù da azoto, ma con una densità quattro volte superiore rispetto alla nostra. Al suo interno è suddivisa in una troposfera, una stratosfera e numerose stratificazioni ulteriori. Inoltre nell'atmosfera si trovano numerosi elementi di quella che si ritiene sia stata l'atmosfera terrestre primitiva, fra cui vari composti organici complessi che hanno fatto pensare alla possibilità di forme di vita, sebbene le basse temperature sembrino escludere tale eventualità.

78 Saturno Laghi di metano su Titano. (NASA) Nell'uso comune, il termine «vulcanismo» implica materiale roccioso fuso (il «magma», di natura silicatica), ad alte temperature, in grado di trasferirsi dall'interno del nostro pianeta fino alla sua superficie. Qui esso dà origine alle rocce effusive, organizzate in numerose tipiche forme. Ma dopo le immagini inviate a terra dalle sonde Voyager 1 e Voyager2, che hanno sorvolato i satelliti di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, il significato del termine è stato ampliato fino a comprendere l'attività di composti come l'acqua, il metano, l'ammoniaca e l'azoto, i quali, alle basse e bassissime temperature cui si trovano su quei corpi, appaiono nelle fasi solide (ghiacci) e liquide, con passaggi dalle une alle altre attraverso fenomeni di fusione

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