Disegno di legge n A CAMERA DEI DEPUTATI. Istituzione del Garante nazionale per l infanzia e l adolescenza.
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1 Disegno di legge n A CAMERA DEI DEPUTATI Istituzione del Garante nazionale per l infanzia e l adolescenza. N. 1. ORDINI DEL GIORNO Seduta del 7 ottobre 2009 La Camera, premesso che: la Carta sociale europea esige che gli Stati membri garantiscano il diritto all educazione delle persone con handicap; i principi contenuti nella sopra citata Carta si applicano a tutte le persone, indipendentemente dall origine del loro handicap e indipendentemente dall età, comprendendo dunque chiaramente sia i bambini che gli adulti con autismo; l autismo è una complessa sindrome che comporta gravi deficit nelle aree della comunicazione, dell interazione sociale, e problemi di comportamento, che si manifestano attraverso l isolamento dal mondo con assenza di risposta verbale e non verbale; in Italia il disturbo autistico è considerato dalla scienza medica ufficiale ancora come un disturbo psichiatrico e come tale quindi curato prevalentemente con terapia farmacologica; l attuale organizzazione dell integrazione scolastica impedisce la completa applicazione delle conoscenze scientifiche sul trattamento e l educazione del bambino con autismo, termine che indica la presenza di diverse menomazioni, in
2 2 campo sociale, comunicativo e cognitivo, che creano «disabilità»; una disabilità che produce un handicap; l importanza dell educazione per il trattamento delle disabilità dell autismo e delle menomazioni associate, così come l importanza dell educazione per il trattamento delle disabilità in generale, è indiscussa. Sanità, scuola e servizi sociali, predisposti e dotati di risorse per svolgere questa funzione, non possono permettersi di ignorare e di tralasciare queste conoscenze; si può senz altro affermare che nella sfera delle conoscenze sul trattamento dei bambini autistici il trattamento di elezione è l educazione: il bambino necessita di costruire specifiche abilità, in campo motorio, cognitivo, comunicativo, linguistico e sociale (dalla prossimità e dal contatto con altri alla soluzione dei problemi interpersonali, passando attraverso la riduzione dei comportamenti disturbanti); la comunità educante contribuisce altresì ad insegnare al bambino a usare nell ambiente reale le abilità apprese; una figura di sostegno permanente e continuativa ha una notevole efficacia se il percorso educativo è attentamente strutturato, se l ambiente e i modi di insegnare sono adattati alle caratteristiche di funzionamento delle persone con autismo; e quindi occorrono strategie che siano idonee ad affrontare deficit di linguaggio, di teoria della mente, di funzione esecutiva, di coerenza centrale; sul piano operativo si ravvisano molteplici difficoltà. L insegnante non struttura interventi precisi per un bambino perché non è preparato per interventi educativi per abilitare un bambino disabile. La struttura dell intervento speciale è confusa dalla necessità di essere paralleli alla classe; i tempi dell insegnamento vanno quindi organizzati in modo individualizzato. E anche il personale deve essere esperto. Bambini che hanno bisogno di
3 uno specifico, preciso e raffinato intervento vanno affidati a persone che siano in grado di compiere precisi, specifici, raffinati interventi; occorre sottolineare negativamente che l insegnante di sostegno che lavora con bambini autistici non sempre riceve un istruzione specifica; l insegnante di sostegno è solitamente un insegnante precario, che cambia ogni anno, e quindi non può maturare un esperienza specifica; spesso non ha una esperienza con la disabilità, ma con tipi di disabilità diverse. Il tempo di lavoro segue i ritmi della classe normale, anche se il bambino fa attività diverse; il caso emblematico dello studente autistico di Varese, che nel passaggio alla scuola secondaria di primo grado non può contare sul docente di sostegno di riferimento, ma sulla sensibilità della docente di lettere che cita l epitaffio scritto dal medesimo ragazzo: «Qui giace un ragazzo troppo perdente per questo mondo di gente efficiente», deve far riflettere sulla carenza dell organizzazione dell integrazione scolastica; il processo educativo nella società e nella scuola è caratterizzato da discontinuità e fratture sempre più evidenti. Il tema della «continuità» è più volte richiamato nella normativa scolastica e nei CCNL. In particolare, nella normativa in vigore, si prevede la permanenza nella sede assegnata ai neo-immessi in ruolo per almeno 2 anni nella stessa provincia e 3 anni nella provincia diversa. Purtroppo tale norma viene sistematicamente disattesa in quanto, in base a una discutibile e vecchia disposizione ministeriale, per il primo anno tale assegnazione viene definita «provvisoria» per cui i neo-immessi in realtà sono tenuti alla permanenza solo a partire dall anno successivo. Va ricordato ancora che la legge n. 53 del 2003 (la cosiddetta «riforma Moratti») all articolo 3, comma 1, lettera a), aveva previsto che «il miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione, nonché la continuità didattica» fossero «as- 3
4 4 sicurati anche attraverso una congrua permanenza dei docenti nella sede di titolarità»; il predetto articolo non è mai stato applicato in quanto le organizzazioni sindacali, hanno prodotto ricorso per l abolizione di tale norma, poiché in base al decreto legislativo n. 165 del 2001, la questione è materia di contrattazione. Tale interpretazione ha avuto conferma da parte dell Agenzia ARAN, per cui l articolo suddetto, a partire dall anno 2006, è stato disapplicato; la citata norma riguarda essenzialmente il personale «non di ruolo», poiché gli insegnanti che intendono usufruire della «mobilità» non sono soggetti a vincoli contrattuali; la continuità educativa nel processo di integrazione degli alunni portatori di handicap è uno di quei diritti garantiti, anche se scarsamente rispettato. Sul tema della continuità non si può non evidenziare come, negli anni novanta, si sia tentato con vari interventi, legislativi e regolamentari, di passare alle concrete azioni educative e didattiche generalizzate. La tematica e l esigenza della continuità si sono progressivamente imposte nella cultura pedagogica solo quando sono risultati sempre più evidenti i danni della discontinuità del sistema educativo italiano; il legislatore ha emanato una serie di norme specifiche sulla continuità, quali: 1) la premessa generale ai programmi didattici per la scuola primaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104; 2) gli articoli 1 e 2 della legge 5 giugno 1990, n. 148, recante la riforma dell ordinamento della scuola elementare; 3) la parte II, punto 4, degli orientamenti dell attività educativa nelle scuole materne statali di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione del 3 giugno 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 1991;
5 4) il decreto del Ministro della pubblica istruzione 16 novembre 1992 allegato alla circolare n. 339 del 1992 sulla continuità educativa; le suddette norme e direttive sono state oggetto di varie iniziative di aggiornamento, tra cui il piano nazionale di aggiornamento per le scuole elementari prima e per le scuole materne poi e il piano nazionale di aggiornamento su continuità e valutazione nella scuola elementare; gli studiosi a noi più vicini, e in particolare Bruner e Gardner, convergono nella stessa direzione: il processo educativo si inserisce nella continuità del processo di apprendimento, il quale trova nelle strutture concettuali degli ambiti disciplinari il fine-mezzo per la sua realizzazione, 5 impegna il Governo a prevedere nell ambito della formazione iniziale dei docenti una specifica formazione per il sostegno degli alunni autistici; ad ampliare la platea di personale docente di sostegno specializzato nel lavoro educativo con bambini autistici, in grado di svolgere il curriculum educativo per la riabilitazione; in vista della definizione di un piano di immissione in ruolo, che, in relazione al blocco del nuovo precariato, esaurisca progressivamente le graduatorie permanenti ad esaurimento, a garantire la stabilizzazione dei docenti in possesso del titolo di specializzazione, conseguito ai sensi del decreto del. Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, e successive modificazioni, con l obiettivo principale di rendere effettivo il diritto all integrazione dell alunno diversamente abile;
6 6 a rendere cogenti le norme in tema di continuità didattica, vincolando l assunzione di docenti di sostegno ai disabili autistici per un intero ciclo scolastico. 9/2008/1. Crosio, Reguzzoni, Volpi. La Camera, premesso che: in relazione alle finalità che la proposta di legge in esame intende perseguire, la legge 4 maggio 1983, n. 184, «diritto del minore ad una famiglia», così come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, che disciplina l affidamento familiare del minore, impone che la cura e la custodia dei minori allontanati dalla famiglia con decisione giudiziaria ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, costituiscano elemento di grande attenzione; il sistema previsto dalla normativa vigente ai sensi di quanto stabilito dal comma 2 dell articolo 4 della legge 8 novembre 2000, n. 328, fa sì che siano i comuni a farsi carico delle spese per il pagamento delle rette agli istituti, che ospitano i minori in stato di affidamento giudiziale; dette disposizioni derivano da una normativa statale che, anticipando la disciplina sancita dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato la parte della Costituzione riguardante il sistema delle autonomie locali e dei rapporti con lo Stato, ha previsto il decentramento delle competenze amministrative in materia di politiche socio-assistenziali ai comuni; tali competenze amministrative affidate ai comuni troppo spesso non sono coadiuvate da un funzionale sistema di erogazione dei fondi da parte delle regioni proporzionato agli impegni assunti dai comuni;
7 è necessario evidenziare come numerosi comuni e associazioni di comuni più volte abbiano segnalato la necessità di intervenire al fine di eliminare tali criticità, impegna il Governo ad adottare iniziative finalizzate ad acquisire, d intesa con le regioni e le altre istituzioni interessate, elementi in ordine agli oneri sostenuti dagli enti locali per le rette corrisposte agli istituti che ospitano minori a seguito di affidamento giudiziale, anche al fine di individuare eventuali criticità; a porre in essere, sulla base degli elementi precedentemente raccolti, opportune iniziative tese a risolvere le criticità economiche in capo soprattutto ai piccoli comuni. 9/2008/2. Reguzzoni, Dal Lago, Desiderati. 7 La Camera, premesso che: per la tutela dei diritti dei minori opera una pluralità di organismi con diverse funzioni definite da norme di legge o di regolamento; in particolare, l Osservatorio nazionale per l infanzia e l adolescenza, istituito con legge 23 dicembre 1997, n. 451, e riordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, assolve il compito di predisporre ogni due anni il piano nazionale di azione di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, di cui alla Dichiarazione mondiale sulla sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dell infanzia, adottata a New York il 30 settembre 1990, la relazione biennale sulla condizione dell infanzia e dell adolescenza in Italia e lo schema del rapporto di cui all articolo 44 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989;
8 8 l Osservatorio si avvale di un Centro nazionale di documentazione e di analisi per l infanzia e l adolescenza, con compiti di istruttoria, ricerca e monitoraggio; l Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile istituito presso la Presidenza del Consiglio Dipartimento per le pari opportunità in base all articolo 17 della legge 3 agosto 1998, n. 269, come modificata dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, ha il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività svolte dalle pubbliche amministrazioni per la prevenzione e la repressione della pedofilia; con l istituzione del Garante nazionale dell infanzia e dell adolescenza sarà finalmente creata una figura, autonoma e terza rispetto all esecutivo, al fine di assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età; nel quadro generale degli interventi per la semplificazione e la razionalizzazione degli enti e degli organismi operanti presso le pubbliche amministrazioni, al fine di razionalizzare i costi e migliorarne l efficienza, sarebbe auspicabile procedere al riordino mediante accorpamento degli organismi che, sebbene con diversi compiti specifici, esercitano funzioni riconducibili alla tutela dei diritti dei minori, impegna il Governo a procedere ad un riordino mediante accorpamento dei vari organismi operanti presso le pubbliche amministrazioni con funzioni riconducibili a quelle di tutela dei diritti dei minori. 9/2008/3. Vanalli. La Camera, premesso che: il disegno di legge in esame, alla lettera n) del comma 1 dell articolo 3, prevede tra i compiti affidati al Garante
9 nazionale per l infanzia e l adolescenza di poter segnalare all Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e agli organi competenti le eventuali violazioni della disciplina vigente in materia di tutela dei minori nella programmazione radiotelevisiva, promuovendo altresì iniziative volte a sviluppare nei minori capacità critiche e a suscitare nei media una maggiore sensibilità e rispetto verso i minori medesimi; con riferimento alle norme relative alla tutela dei minori nel sistema radiotelevisivo, appare utile ricordare che la Costituzione si occupa espressamente dei minori al Titolo II, dedicato ai rapporti etico-sociali. Oltre a fissare il diritto al mantenimento, all istruzione e all educazione dei bambini (articolo 30), la Carta stabilisce che la Repubblica protegge l infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (articolo 31); la legge n. 112 del 2004 detta una serie di norme a tutela dei minori nella programmazione televisiva, poi confluite nel Testo unico. La disposizione prevede, tra l altro, il recepimento a livello legislativo del codice di autoregolamentazione «TV e minori», la rimodulazione, in un ottica di sostanziale inasprimento delle pene, delle procedure sanzionatorie, nonché l introduzione di specifici obblighi di tutela e garanzia dei minori a carico delle emittenti, con particolare riferimento alla programmazione in determinate fasce orarie, alle trasmissioni specificamente dedicate ai minori e ai contenuti dei messaggi pubblicitari; l armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore è considerato un principio fondamentale del sistema radiotelevisivo; è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori; è previsto che il servizio pubblico generale radiotelevisivo, garantisca, oltre alle trasmissioni di intrattenimento per i minori, un numero adeguato di ore di trasmissioni 9
10 10 televisive e radiofoniche dedicate all educazione, all informazione, alla formazione, alla promozione culturale; il compito di verificare il rispetto della normativa in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori è affidato all Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Commissione servizi e prodotti) ed è svolto anche sulla base delle segnalazioni effettuate dal medesimo Comitato e tenendo conto degli indirizzi della Commissione parlamentare per l indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi; la Carta dei doveri dei giornalisti, indicando, tra i principi fondamentali a cui il giornalista deve ispirare il proprio ufficio professionale, il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza, senza alcuna discriminazione, ripropone la disciplina speciale già vigente nella materia dei minori e dei soggetti deboli, prescrivendo il rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e delle regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo, sia come vittima di un reato. In particolare dispone che il giornalista non pubblica il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca; evita possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti; valuta comunque se la diffusione della notizia relativa al minore giovi effettivamente all interesse del minore stesso; la Carta di Treviso «per una cultura dell infanzia», approvata e sottoscritta, in collaborazione con Telefono Azzurro, dalla FNSI e dall Ordine dei giornalisti, ribadisce che il rispetto per la persona del minore richiede il mantenimento dell anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare ele-
11 menti che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione, impegna il Governo a promuovere lo sviluppo di una proficua attività di collaborazione tra il Garante nazionale per l infanzia e l adolescenza e gli organi competenti dell Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, al fine di favorire le azioni istituzionali volte a garantire la tutela dei minori nella programmazione radiotelevisiva. 9/2008/4. Polledri. 11
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