COSTI DI UNA VALUTA COMUNE

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1 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE CAPITOLO 1. COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo ebbe inizio con Robert Mundell la teoria delle aree valutarie ottimali che si è concentrata nell ambito dell analisi dei costi-benefici di un unione monetaria, sull aspetto relativo ai costi. Spostamenti della domanda Si supponga che per qualche motivo i consumatori dell'unione Europea spostino le loro preferenze da prodotti francesi a prodotti di fabbricazione tedesca. Francia Germania La curva di domanda in Francia si sposta verso il basso con queste conseguenze: diminuzione del prodotto; aumento della disoccupazione; disavanzo delle partite correnti. La curva di domanda in Germania si sposta verso l alto con queste conseguenze: aumento del prodotto; diminuzione della disoccupazione; avanzo delle partite correnti. Le partite correnti sono definite dalla differenza tra prodotto interno e spesa interna: partite correnti = prodotto interno spesa interna In Francia il valore del prodotto interno diminuisce a seguito dello spostamento della domanda aggregata ma le spese dei residenti francesi non diminuiscono dello stesso ammontare (il sistema di previdenza sociale eroga automaticamente i sussidi di disoccupazione e, di conseguenza, il reddito disponibile dei residenti francesi non diminuisce quanto la produzione). In Germania il valore del prodotto aumenta e quasi certamente il valore della spesa totale dei residenti tedeschi non aumenterà dello stesso ammontare; la Germania presenterà un avanzo delle partite correnti. DE GRAUWE - CAPITOLO 1 1

2 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Entrambi i Paesi dovranno fronteggiare un problema di aggiustamento. La Francia è afflitta da disoccupazione e disavanzo delle partite correnti, mentre la Germania entra in una fase di espansione con pressioni al rialzo sul livello dei prezzi e accumulazione di avanzi delle partite correnti. La teoria delle aree valutarie ottimali si chiede a questo punto se esistono meccanismi che conducano a un riequilibrio automatico senza che i paesi debbano ricorrere a svalutazioni e a rivalutazioni. La risposta a tale domanda è affermativa: esistono due meccanismi che ristabiliranno automaticamente l'equilibrio dei due paesi. Uno si basa sulla flessibilità del salario, l'altro sulla mobilità del lavoro. 1. Flessibilità salariale. Grazie alla flessibilità dei salari, in Francia la disoccupazione farà calare il costo del lavoro, aumentando la competitività dei prodotti. Ciò farà aumentare le esportazioni verso la Germania e ridurre le importazioni dalla Germania stessa, fatto che assicura una maggiore produzione in Francia e un assorbimento della disoccupazione. Al contrario, in Germania aumentano le importazioni dalla Francia e si riduce la produzione nazionale, facendo tornare il mercato del lavoro e la bilancia commerciale nelle loro posizioni iniziali di equilibrio. Si migliora dunque il saldo delle partite correnti in Francia e contemporaneamente si riduce l'avanzo delle partite correnti in Germania. 2. Mobilità del lavoro. Occore poi che la manodopera ed il capitale siano mobili tra settori economici e tra Paesi, in modo che i disoccupati della Francia vadano a lavorare in Germania. Ciò che elimina la necessità di far diminuire il salario in Francia e di aumentarli in Germania: il problema della disoccupazione in Francia scompare e le pressioni salariali inflazionistiche in Germania svaniscono. Allo stesso tempo anche i disequilibri delle partite correnti si ridurranno in quanto, con l'emigrazione dei lavoratori francesi in Germania, tende a scomparire la ragione degli squilibri, cioè il fatto che i disoccupati francesi acquistavano beni e servizi senza produrre nulla. Se i salari sono flessibili e/o se la mobilità del lavoro tra i due paesi è sufficientemente elevata, il problema dell'aggiustamento per Francia e Germania scomparirà automaticamente. Se invece i salari in Francia non diminuiscono nonostante la situazione di disoccupazione e i lavoratori francesi non si trasferiscono in Germania, la Francia continuerà ad essere afflitta da disoccupazione e disavanzo delle partite correnti, mentre in Germania l'eccesso di domanda di lavoro eserciterà una pressione al rialzo sul salario 2 DE GRAUWE - CAPITOLO 1

3 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE provocando uno spostamento verso l'alto della curva di offerta (situazione descritta dal grafico a pag.1). Questo dilemma potrà essere risolto solamente attraverso la rivalutazione del marco rispetto al franco francese. Francia Germania La svalutazione del franco aumenta la competitività dei prodotti francesi, facendo spostare verso l alto la curva di domanda aggregata: si risolve il problema della disoccupazione; il disavanzo delle partite correnti tende a scomparire. La rivalutazione del marco riduce la domanda aggregata in Germania, in modo tale che la curva di domanda si sposta di nuovo verso sinistra: la Germania evita di subire pressioni inflazionistiche; l avanzo delle partite correnti tende a scomparire. Con un solo strumento dunque (il controllo del tasso di cambio) si riuscirebbero a raggiungere tali obiettivi. In conclusione: se la Francia rinuncia al controllo del tasso di cambio entrando a far parte di un unione monetaria con la Germania, dovrà farsi carico del problema di una disoccupazione sostenuta e di un disavanzo delle partite correnti che può essere eliminato solo attraverso una deflazione 1 (cioè tramite la diminuzione del reddito) in Francia (in questo senso si può affermare che un unione monetaria ha un costo per la Francia quando questa nazione è soggetta a uno shock negativo sulla domanda). Analogamente, la Germania troverà costoso far parte di un unione monetaria con la Francia perché dovrà accettare più inflazione di quanto desideri. 1 Deflazione: diminuzione del livello generale dei prezzi (l'opposto dell'aumento generale dei prezzi che si definisce inflazione). DE GRAUWE - CAPITOLO 1 3

4 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Ulteriori costi per i paesi membri di un unione monetaria derivano dalle differenze tra i paesi stessi. Tali diversità possono riguardare (oltre agli spostamenti della domanda): preferenze diverse dei paesi su inflazione e disoccupazione; differenze nelle istituzioni del mercato del lavoro; differenze nei sistemi giuridici; diversi tassi di crescita; sistemi fiscali differenti. Preferenze diverse dei paesi su inflazione e disoccupazione Ciascun paese può avere preferenze differenti su inflazione e disoccupazione (può scegliere una maggiore inflazione e una minore disoccupazione o viceversa). Tali differenti preferenze possono essere rappresentate da diverse curve di Phillips (curve che descrivono la relazione inversa tra inflazione e disoccupazione). Si considerino, ad esempio, le curve di Phillips di Italia e Germania. Sugli assi verticali è indicato il tasso di variazione del saggio salariale, sugli assi orizzontali il tasso di disoccupazione. Nei quadranti di sinistra si rappresenta la relazione tra variazioni di salario e variazioni di prezzo. Questa relazione può essere scritta per l Italia e la Germania come segue: p = w q p I G I = w p I e G inflazione; w I e dei salari; q I e I q G p G sono i tassi di w G sono i tassi di aumento q G sono i tassi di crescita della produttività del lavoro in Italia e in Germania. Si noti che l intercetta è data rispettivamente da q I e da q G : quindi quando il tasso di crescita della produttività in Italia aumenta, la retta si sposta verso l alto. 4 DE GRAUWE - CAPITOLO 1

5 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE I due paesi sono legati tra loro dalla condizione di parità del potere d acquisto: e = p I p G dove e è il tasso di deprezzamento della lira rispetto al marco. Se l Italia e la Germania decidono di formare un'unione monetaria, il tasso di cambio è fisso ( e = 0 ) e i tassi di inflazione devono essere uguali. Se ciò non si verifica, se cioè l'inflazione in Italia è maggiore che in Germania, l'italia perderà progressivamente competitività. Supponiamo ora che l'italia e la Germania abbiano diverse preferenze su inflazione e disoccupazione: l'italia sceglie il punto A sulla sua curva di Phillips, mentre la Germania sceglie B. I tassi di inflazione ( A p I e tasso di cambio fisso sarebbe insostenibile. B p G ) saranno dunque diversi nei due paesi per cui un Il costo di un'unione monetaria per i due paesi è rappresentato dal fatto che se l'italia e la Germania intendono mantenere fisso il tasso di cambio dovranno scegliere un altro punto (meno preferito) sulle rispettive curve di Phillips, così da mantenere uno stesso tasso di inflazione. Tale risultato è dato dei punti C e C ' sulle rispettive curve di Philips: l'italia dovrà accettare meno inflazione e più disoccupazione di quanto sceglierebbe altrimenti, mentre la Germania deve accettare più inflazione e meno disoccupazione. In generale quindi poiché ciascun paese può scegliere dove posizionarsi lungo la curva di Phillips, dall integrazione di diversi paesi in un unica area valutaria emerge un compromesso in cui il paese con un tipo di governo hard-nosed (che preferirebbe lasciare aumentare il tasso di disoccupazione per ridurre il tasso di inflazione) dovrà accettare una maggiore inflazione rispetto alla propria preferenza, mentre quello con un tipo di governo wet (molto sensibile al problema della disoccupazione) dovrà accettare una maggiore disoccupazione rispetto alla propria preferenza. Tale compromesso è quindi un costo per ciascun paese. DE GRAUWE - CAPITOLO 1 5

6 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Differenze nelle istituzioni del mercato del lavoro Le differenze istituzionali nei mercati del lavoro dei diversi paesi possono comportare costi significativi per la loro unione monetaria. La principale ragione è che tali differenze istituzionali possono provocare divergenze nella dinamica di salari e prezzi. La teoria sviluppata da Bruno e Sachs ha messo in evidenza come gli shock sull'offerta hanno effetti macroeconomici molto diversi a seconda del grado di centralizzazione della contrattazione salariale. Nei paesi in cui la contrattazione salariale è centralizzata, grazie all esistenza di un sindacato unico o ad una solida unione tra i sindacati, i sindacati stessi tengono in considerazione gli effetti inflazionistici impliciti nelle rivendicazioni salariali (essi sanno che richieste salariali eccessive porteranno maggiore inflazione e i salari reali non aumenteranno) ed hanno quindi un incentivo alla moderazione salariale. Al contrario, dove la contrattazione non è centralizzata, ogni sindacato rappresenta generalmente solo una piccola parte dei lavoratori e si viene ad instaurare tra i sindacati un comportamento opportunistico ( free rider ): ogni sigla sindacale ha un interesse contingente nell aumentare il salario dei suoi iscritti, e non tiene conto dell effetto aggregato che si origina a livello di sistema. La teoria è stata recentemente ripresa e modificata da Calmfors e Driffils, i quali hanno notato che la relazione tra la centralizzazione della contrattazione salariale e i suoi effetti non è lineare. Infatti, in un sistema molto decentralizzato (cioè con contrattazione salariale a livello di impresa), le richieste salariali avranno effetto diretto sulla competitività dell'impresa, e quindi sulle prospettive occupazionali dei membri dei singoli sindacati: richieste sindacali eccessive da parte di un solo sindacato porteranno a una forte riduzione dell'occupazione. In un sistema così decentralizzato, quindi, quando i sindacati si trovano di fronte a uno shock sull'offerta possono mostrare un considerevole grado di controllo delle richieste salariali. Da questa intuizione si può trarre la conclusione che i paesi caratterizzati da forte centralizzazione o forte decentralizzazione della contrattazione salariale sono quelli meglio preparati ad affrontare gli shock sull'offerta rispetto ai paesi con un grado intermedio di centralizzazione. In definitiva possiamo dire che paesi con istituzioni del mercato del lavoro molto diverse potrebbero trovare costoso formare un'unione monetaria. Ad ogni shock sull'offerta, i salari e i prezzi di questi paesi possono essere influenzati in misura diversa, rendendo difficile correggere queste differenze quando il tasso di cambio è fissato irrevocabilmente. 6 DE GRAUWE - CAPITOLO 1

7 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Differenze nei sistemi giuridici Anche le differenze nei sistemi giuridici esercitano talvolta effetti marcati sulle modalità di funzionamento dei mercati. Consideriamo il mercato dei mutui: il suo funzionamento è assai diverso da paese a paese e se ne può ascrivere la ragione principalmente alle eterogeneità dei sistemi giuridici. In certi paesi, le banche richiedono garanzie per il 100% del valore del mutuo erogato; in altri, la percentuale è assai inferiore al 100%. Di conseguenza, uno stesso shock esogeno 2 (ad esempio l'aumento del tasso di interesse fissato dalla Banca centrale europea) viene trasmesso in maniera assai diversa nei vari stati membri dell'unione monetaria. All'interno dell'unione monetaria può essere riscontrata anche una notevole diversità delle modalità di finanziamento delle imprese. Nei paesi con tradizione giuridica anglosassone, per finanziare i propri progetti di investimento le imprese si rivolgono direttamente al mercato dei capitali (obbligazioni e azioni). Di conseguenza, questi mercati sono molto sviluppati e altamente liquidi. Nei paesi a tradizione giuridica "continentale" le imprese attraggono invece risorse finanziarie soprattutto mediante il sistema bancario: i mercati dei capitali sono perciò meno sviluppati. Nei sistemi finanziari di tipo anglosassone, è probabile che l'aumento del tasso di interesse induca un sostanzioso effetto ricchezza negativo sui consumatori (essi detengono infatti cospicui portafogli finanziari e un aumento del tasso di interesse fa diminuire prezzi di azioni e obbligazioni). L'effetto ricchezza è viceversa meno pronunciato nei mercati finanziari "continentali", dato che l'aumento del tasso di interesse si scaricherà sul consumo principalmente attraverso il sistema bancario. In conclusione quindi uno stesso aumento del tasso di interesse eserciterà un impatto su consumo e investimenti molto diverso nei vari paesi dell'unione. Diversi tassi di crescita Alcuni paesi crescono più velocemente di altri, tali differenze fanno sorgere dei problemi quando questi paesi formano un'unione monetaria. Supponiamo che il paese A cresca più del paese B e che l'elasticità delle importazioni di A 2 che trova origine all esterno del paese. DE GRAUWE - CAPITOLO 1 7

8 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE da B e di B da A sia uguale a uno 3. Il paese A avrà un disavanzo nella bilancia commerciale per la maggiore crescita delle importazioni. Per evitare disavanzi cronici della bilancia commerciale, il paese A dovrà ridurre il prezzo delle proprie esportazioni nel paese B, in modo tale che il secondo paese aumenti gli acquisti di beni dal paese A. Vi sono due modi attraverso cui il paese A può tenere tale risultato: un deprezzamento della moneta; un minor tasso di aumento dei prezzi interni rispetto a quelli del paese B. Tuttavia, se i due paesi fanno parte di un'unione monetaria, sarà possibile solamente la seconda scelta: il paese A dovrà seguire politiche relativamente deflazionistiche che a loro volta limiteranno il processo di crescita. Un unione monetaria, quindi, ha un costo per il paese a crescita rapida, il quale troverebbe più vantaggioso mantenere la propria valuta nazionale e avere la possibilità di deprezzare la moneta quando si trova vincolato da andamenti sfavorevoli della propria bilancia commerciale. Sistemi fiscali differenti e problema del signoraggio I Paesi si differenziano anche per via dei diversi sistemi fiscali. Queste differenze spesso portano i paesi a usare diverse combinazioni di debito e moneta per finanziare il disavanzo del bilancio pubblico. db dm Analizziamo l equazione del vincolo di bilancio pubblico: G T + rb = + ; dt dt G è il livello di spesa pubblica (escluso il pagamento degli interessi sul debito pubblico); T è il gettito fiscale; r è il tasso di interesse sul debito pubblico B ; M è il livello della moneta ad alto potenziale (base monetaria). La parte sinistra dell equazione è il deficit di bilancio, costituito dal disavanzo pubblico ( G T ) e dal pagamento degli interessi sul debito ( rb ). La parte destra ci dice che il disavanzo può essere finanziato attraverso l emissione di debito ( db ) o attraverso l emissione di moneta ad alto dt potenziale ( dm ). dt 3 la variazione percentuale delle importazioni è uguale alla variazione percentuale del reddito. 8 DE GRAUWE - CAPITOLO 1

9 COSTI DI UNA VALUTA COMUNE Per cui, in poche parole, l aumento della spesa pubblica necessario ad assorbire uno shock può essere finanziato con maggiori entrate fiscali o con un aumento del deficit di bilancio. Quest ultimo può essere finanziato con l emissione di debito pubblico o con la stampa di moneta. Ciascun paese usa l uno o l altro strumento a seconda del costo marginale delle maggiori entrate: in caso di sistema fiscale inefficiente si sceglie di emettere moneta (o titoli), in quanto il costo marginale di nuove entrate fiscali è maggiore di quello che si ha nell emettere moneta (o titoli); nonostante l emissione di moneta provochi inflazione. Chi ha un sistema fiscale non sviluppato trova più vantaggioso finanziare il deficit con l inflazione (signoraggio 4 ) piuttosto che con l aumento delle imposte. Quando un paese di tal genere entra a far parte di un unione monetaria, e si vede costretto a ridurre la sua inflazione strutturale, dovrà sopportare maggiori costi (rispetto agli altri paesi) per finanziare l assorbimento della crisi tramite la tassazione. In sostanza, mentre per gli altri paesi costa di meno finanziare, tramite le tasse, l aumento della spesa pubblica destinato alla ristrutturazione del sistema industriale colpito dalla crisi, per il paese in questione l inefficienza del sistema fiscale rende particolarmente onerosa tale forma di finanziamento e quindi ne ostacola l uscita dalla crisi. Questo problema è particolarmente avvertito dai paesi del sud della Comunità europea. 4 Signoraggio: beneficio, misurabile in termini monetari, che lo Stato trae dallo sfruttamento della sua capacità di creare inflazione (attraverso l'aumento dell'offerta di moneta) quando ciò gli consenta di ridurre l'onere reale del debito pubblico. DE GRAUWE - CAPITOLO 1 9

10 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI CAPITOLO 2. TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Negli anni Ottanta (e all inizio degli anni Novanta) la teoria tradizionale è stata sottoposta ad alcune critiche cedendo poi il posto alla teoria della credibilità (modello Barro-Gordon) secondo cui è funzionale per ogni paese la rinuncia alla discrezionalità monetaria (e quindi valutaria) in favore di regole fisse, quali appunto l adesione ad un unione valutaria o monetaria. Le critiche alla teoria delle aree valutarie ottimali si concentra su tre punti: 1. in primo luogo, si può mettere in discussione l'opinione che le differenze tra i paesi siano così importanti da dover essere tenute in considerazione; 2. in secondo luogo, lo strumento del tasso di cambio potrebbe non essere molto efficace per correggere le differenze tra le nazioni; 3. in terzo luogo, non solo lo strumento del tasso di cambio potrebbe essere inefficace, ma in mano ai partiti politici potrebbe fare più male che bene. Quanto sono rilevanti le differenze tra paesi? È indubbio che i paesi siano diversi; il problema e stabilire se queste differenze sono abbastanza importanti da rappresentare un ostacolo all'unificazione monetaria. Quanto è probabile uno shock sulla domanda concentrato in un paese? A tale interrogativo sono state fornite due possibili risposte. Secondo la Commissione europea, all'aumentare del grado di integrazione economica, diminuisce la frequenza degli shock asimmetrici 1 (e quindi i differenziali di reddito e nei livelli occupazionali dei paesi membri tenderanno ad affievolirsi). Lo scambio commerciale tra le nazioni europee industrializzate è per la maggior parte uno scambio intraindustriale e si basa sull'esistenza di economie di scala 2 e di concorrenza imperfetta (differenziazione del prodotto). In tale tipo di scambio i paesi acquistano e vendono tra loro le stesse categorie di prodotti e ciò fa si che la maggior parte degli shock sulla domanda colpirà questi paesi in modo simile 1 Shock asimmetrici: crisi economiche il cui peso è diverso in ogni paese. 2 Economie in cui il costo medio è ridotto. 10 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

11 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI (per esempio, quando i consumatori ridurranno la loro domanda di automobili, acquisteranno meno autovetture sia francesi che tedesche). La rimozione delle barriere in seguito al completamento del mercato unico rafforzerà queste tendenze e molti shock sulla domanda tenderanno ad avere effetti simili (invece di essere asimmetrici, questi shock tenderanno ad essere più simmetrici). La risposta fornita da Paul Krugman è invece totalmente differente. Secondo l'autore quando gli ostacoli allo scambio diminuiscono si verificano due effetti opposti sulla localizzazione delle industrie: da un lato è possibile produrre più vicino ai mercati finali; dall'altro è possibile concentrare la produzione in modo da approfittare delle economie di scala. Questo spiega perché l'integrazione commerciale in effetti può condurre a una maggiore concentrazione delle attività regionali (per cui non è da escludere che l'industria automobilistica, per esempio, tenderà ad essere più concentrata in Germania). A questo punto gli shock di uno specifico settore potrebbero diventare gli shock di uno specifico paese. I paesi soggetti a questi shock possono allora preferire l'uso del tasso di cambio come strumento di politica economica per correggere questi disturbi. La posizione di Krugman può essere sintetizzata nel grafico accanto da una retta inclinata positivamente: al crescere dell'integrazione economica, i paesi aderenti tenderanno a specializzarsi sempre più, risultando così esposti a un numero maggiore di shock asimmetrici. Tra le due risposte, quella della Commissione europea sembra preferibile. Se da un lato non si può negare che l'integrazione economica possa generare effetti di concentrazione e di agglomerazione, dall'altro lato è anche vero che, al procedere dell'integrazione dei mercati, i confini nazionali dei paesi perdono sempre più importanza come fattori di localizzazione delle attività economiche. Si creano così le premesse per la formazione di attività (seppur concentrate) distribuite a cavallo delle linee di confine territoriali. DE GRAUWE - CAPITOLO 2 11

12 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Shock asimmetrici e stati nazionali Altra fonte di shock asimmetrici è data dalla permanenza dello stato nazionale quale strumento principale di definizione e attuazione delle politiche economiche. I paesi membri dell'unione continuano infatti ad esercitare la propria sovranità in diversi campi dell'attività economica, il più importante dei quali è la politica di bilancio. Variando le tasse e la spesa pubblica, le autorità di un paese possono provocare shock asimmetrici di notevole entità. Nonostante l'integrazione economica possa indebolire l'eventualità di shock asimmetrici, la sopravvivenza di stati nazionali, con tutte le loro peculiarità, continuerà dunque a costituire una fonte di disturbi asimmetrici nell'unione monetaria. Ciò ha indotto alcuni economisti a concludere che l'unione monetaria avrà un corso soddisfacente solo subordinatamente all'attuazione di altre misure di unificazione politica. Differenze istituzionali nei mercati del lavoro Supponiamo che il paese A e il paese B siano due paesi candidati a un'unione monetaria e che questi due paesi abbiano ciascuno un solo sindacato. Le rette inclinate negativamente sono le curve di domanda di lavoro dei due paesi mentre le curve convesse sono le curve di indifferenza dei sindacati. Il sindacato di ciascun paese sceglierà un punto sulla curva di domanda di lavoro (che per il sindacato rappresenta un vincolo) in corrispondenza del quale massimizza la propria utilità (punti A e B). Le curve occupazionali dei due paesi hanno pendenze diverse che riflettono diverse propensioni delle autorità a impegnarsi in politiche occupazionali espansive quando il saggio del salario aumenta. Quando i sindacati dei lavoratori stabiliscono un salario che riduce il livello dell'occupazione al disotto del livello che le autorità considerano ottimale, queste reagiranno modificando le loro politiche (per esempio, si impegneranno in politiche 12 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

13 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI monetarie e fiscali più espansive per assorbire i disoccupati, creare posti di lavoro pubblici...) e con queste si modificherà quindi il vincolo a cui sono soggetti i sindacati. Nel grafico si è tracciata la retta dell'occupazione del paese B con una pendenza maggiore di quella del paese A, ipotizzando quindi che le autorità del paese B siano più disponibili ad adeguarsi alle decisioni salariali del sindacato con politiche occupazionali espansive. L'unione monetaria non consentirà più ai governi di seguire queste politiche accomodanti. Le politiche monetarie saranno centralizzate e i sindacati dei due paesi dovranno affrontare le stesse reazioni delle autorità monetarie. Questo renderà simili le curve dell'occupazione e i due sindacati tenderanno a scegliere una combinazione analoga di saggio di salario e di livello dell'occupazione. È tuttavia improbabile che le differenze scompaiono completamente: i governi nazionali hanno altre politiche occupazionali a loro disposizione oltre alle politiche monetarie (per esempio, possono creare posti di lavoro nel settore pubblico finanziando così spesa aggiuntiva con l'emissione di debito). Possiamo concludere quindi che le differenze istituzionali nei mercati del lavoro nazionali continueranno ad esistere ancora per molto tempo dopo l'introduzione di una moneta comune. Di conseguenza si possono verificare tendenze occupazionali e salariali divergenti e, una volta scomparso lo strumento del tasso di cambio, si potranno presentare anche gravi problemi di aggiustamento. Sistemi legali e mercati finanziari I mercati finanziari dell UE continuano a mostrare differenze nei meccanismi di funzionamento, creando così il rischio che un dato shock monetario venga trasmesso in maniera assai diversa. In un contesto ad elevata inflazione, gli investitori sono di solito assai riluttanti a sottoscrivere obbligazioni a lungo termine poichè il prezzo di questi titoli si dimostra assai sensibile all'inflazione inattesa; diversamente dal caso dei titoli a breve scadenza, anche lievi incrementi nelle attese inflazionistiche possono determinare notevoli diminuzioni dei prezzi. Pertanto, nei paesi ad elevata inflazione, il segmento di mercato a "lungo termine" è poco sviluppato e la maggior parte delle emissioni consta di titoli a breve. Nei paesi a bassa inflazione, invece, il rischio è contenuto e quindi gli investitori sono disposti a sottoscrivere obbligazioni a lungo termine emesse dal governo. DE GRAUWE - CAPITOLO 2 13

14 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Tutto ciò ha generato delle asimmetrie per quanto riguardava le reazioni dei governi dell UE a una data manovra sui tassi di interesse. Per esempio, ogni volta che il tasso di interesse aumentava, il debito pubblico italiano ne era immediatamente influenzato: a causa della brevità della scadenza del debito, l'aumento del tasso di interesse obbligava il governo italiano a spendere di più per il pagamento in conto interessi, provocando così l'aumento del deficit di bilancio. In paesi a bassa inflazione come la Germania, invece, gli effetti negativi sul bilancio indotti da un aumento del tasso di interesse si manifestavano assai più lentamente. Nel tempo, la struttura della scadenza dei titoli emessi dai governi italiano e tedesco convergeranno e le implicazioni per i bilanci di uno stesso shock sul tasso di interesse saranno le medesime. L'unione monetaria eliminerà quindi alcune delle differenze istituzionali esistenti tra sistemi finanziari nazionali; tuttavia, le differenze più "profonde", riconducibili all'eterogeneità dei sistemi legali, cadranno soltanto con la convergenza dei sistemi giuridici nazionali (il che potrà accadere solo a seguito di un ulteriore integrazione politica). Sono importanti le differenze nei tassi di crescita? Paesi a rapida crescita hanno anche importazioni che crescono velocemente. Affinché le esportazioni crescano allo stesso tasso, questi paesi devono aumentare la loro competitività attraverso deprezzamenti reali delle loro monete. Se essi facessero parte di un unione monetaria sarebbe più difficile svalutare e ciò ne limiterebbe la crescita. In realtà questa diffusa opinione sul vincolo imposto ai paesi a crescita rapida che decidono di fare parte di un unione monetaria è scarsamente supportata a livello empirico così come ha illustrato Paul Krugman. La crescita economica implica infatti, perlopiù, lo sviluppo di nuovi prodotti: paesi a crescita rapida sono quelli in grado di sviluppare nuovi prodotti, oppure vecchi prodotti con nuove caratteristiche qualitative. Di conseguenza, questi paesi possono crescere più velocemente senza incorrere in problemi di bilancia commerciale e quindi possono aumentare rapidamente le loro esportazioni senza dover ricorrere a deprezzamenti reali. In conclusione si può affermare che le differenze nei tassi di crescita dei paesi non possono essere, in realtà, considerati un ostacolo all'integrazione monetaria. In altre parole, i paesi a crescita rapida che entrano in un'unione monetaria non dovranno, in generale, ridurre i loro tassi di crescita. 14 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

15 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Deprezzamenti nominali e reali della moneta Il costo dell'abbandono della propria valuta nazionale è rappresentato dal fatto che un paese non può più variare il proprio tasso di cambio per correggere sviluppi differenziali della domanda, o di costo e prezzo. Si tratta quindi di stabilire se effettivamente queste variazioni del tasso di cambio siano efficaci nel realizzare tali correzioni; in altri termini, ci si chiede se le variazioni del tasso di cambio nominale possono alterare in modo permanente il tasso di cambio reale del paese. Svalutazioni per correggere shock sulla domanda asimmetrici Prendiamo in considerazione il caso, già affrontato nel capitolo 1, in cui i consumatori dell'unione Europea spostino le loro preferenze da prodotti francesi a prodotti di fabbricazione tedesca provocando così uno spostamento verso il basso della curva di domanda (con conseguente diminuzione della produzione da Y1 a Y2). Per far fronte a questo problema la Francia svaluta la propria moneta. In seguito alla svalutazione, la domanda aggregata in Francia si sposta di nuovo verso l alto e corregge l iniziale spostamento favorevole della domanda: il punto di equilibrio ritorna ad essere F (a cui corrisponde il livello di produzione Y1). È improbabile che possa mantenersi questo nuovo punto di equilibrio. La ragione è che la svalutazione aumenta il prezzo dei beni importati e fa aumentare il costo di produzione. Inoltre aumenterà il livello del salario nominale in Francia dato che i lavoratori saranno probabilmente compensati per la perdita di potere d acquisto subita. La curva di offerta aggregata si sposterà verso l alto, facendo aumentare i prezzi e diminuire la produzione. Gli aumenti di prezzo si ripercuoteranno nuovamente nel processo di formazione del salario, inducendo ulteriori movimenti verso l alto della curva di offerta aggregata. L equilibrio finale sarà collocato nel nuovo punto F (con la produzione Y2). DE GRAUWE - CAPITOLO 2 15

16 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI L effetto iniziale favorevole della svalutazione tende a scomparire nel tempo. In altre parole, le svalutazioni nominali provocano soltanto svalutazioni reali temporanee: nel lungo periodo, le variazioni del tasso di cambio nominale non hanno effetti sul tasso di cambio reale di un paese. L uso della svalutazione per correggere diversità nelle preferenze di politica economica Abbiamo detto che i paesi possono avere diverse preferenze circa la scelta tra inflazione e disoccupazione e che il costo dell'adesione all'unione monetaria sostenuto da un paese consiste nel dover scegliere un livello di disoccupazione (maggiore o minore) e di inflazione (minore o maggiore) diversi da quelli desiderati. Questa conclusione si regge sull'ipotesi che la curva di Philips sia stabile e che non si sposti al variare delle aspettative sull'inflazione. La critica monetaristica della curva di Philips ha contestato tale ipotesi e con essa anche l'analisi dei costi di partecipazione a un'unione monetaria. Il punto centrale della critica monetaristica è che un paese che sceglie un tasso di inflazione troppo elevato (ed è perciò costretto a svalutare la propria moneta) scoprirà che la propria curva di Philips si sposta verso l'alto. Secondo questa interpretazione, la curva di Philips, nel lungo periodo, è una linea verticale come quella rappresentata dal grafico accanto. L'intercetta della curva di Philips verticale di lungo periodo con l'asse delle ascisse è il tasso naturale di disoccupazione ( u N ). Nel lungo periodo dunque le autorità possono scegliere qualunque combinazione del tasso di inflazione e del tasso di disoccupazione: quest'ultima grandezza è determinata dal valore del tasso naturale di disoccupazione ed è perciò indipendente dall'inflazione. In altri termini, il fatto che Germania e Italia non possano seguire in un'unione monetaria, politiche monetarie indipendenti non costituisce una perdita per alcuno, dato che una politica monetaria indipendente (e quindi un tasso di inflazione) non può far diminuire il tasso di disoccupazione. 16 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

17 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Svalutazione, coerenza temporale e credibilità La letteratura più moderna ha criticato fortemente il punto di vista secondo cui il tasso di cambio è uno strumento che i governi hanno a disposizione e che possono utilizzare il modo discrezionale. Questa letteratura ha sottolineato come la rinuncia all indipendenza monetaria non è costosa quando la discrezionalità nella conduzione della politica monetaria è inefficace o addirittura dannosa. Secondo tale teoria gli agenti economici seguono strategie ottimizzanti in risposta alle strategie delle autorità, e queste risposte del settore privato hanno una profonda influenza sull'efficacia delle politica del governo. In particolare, la reputazione che i governi acquisiscono dal perseguimento di politiche annunciate ha un grande impatto su come queste politiche influenzeranno l'economia. Prima di analizzare questa critica è utile presentare il modello di Barro-Gordon per un'economia chiusa, per poi applicarlo a un'economia aperta e alla scelta dei paesi di entrare a far parte di un'unione monetaria. Il modello di Barro-Gordon: un interpretazione geometrica Consideriamo la tradizionale curva di Phillips aumentata per le aspettative inflazionistiche: e u = u + α ( p p) dove: N u è il tasso di disoccupazione; u N è il tasso naturale di disoccupazione; p è il tasso di inflazione osservato; e p è il tasso di inflazione atteso. È intuitivo notare che quando il tasso di inflazione osservato è uguale al tasso di inflazione atteso ( p = e p ) il tasso di disoccupazione è uguale al tasso naturale di disoccupazione ( u = u N ). Ciò significa che solo l inflazione inattesa ( p e p ) influenza il tasso di disoccupazione. Così, quando il tasso di inflazione p è maggiore del tasso atteso, la disoccupazione diminuisce rispetto al proprio livello naturale (il risultato di p e p è infatti in questo caso negativo e va sottratto al tasso di disoccupazione naturale diventare così il tasso di disoccupazione u inferiore al proprio livello naturale). u N facendo DE GRAUWE - CAPITOLO 2 17

18 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Nel grafico accanto sono rappresentate le curve di Phillips; la retta verticale (con intercetta orizzontale u N ) indica la curva di Phillips di lungo periodo, cioè l insieme di punti per i quali e p = p (e quindi u N u = ). Questa retta definisce il tasso naturale di disoccupazione u N che viene anche chiamato NAIRU. Il secondo passo dell analisi consiste nell introdurre le preferenze delle autorità monetarie tra inflazione e disoccupazione. Le curve sono concave perché esprimono l idea che quando il tasso di inflazione diminuisce, le autorità diventano meno inclini a lasciare aumentare la disoccupazione per ridurre il tasso di inflazione. La diversa pendenza delle curve esprime l importanza relativa che le autorità attribuiscono alla lotta contro l inflazione o contro la disoccupazione. Autorità molto sensibili al problema della disoccupazione (wet governements) hanno curve di indifferenza molto inclinate (per ridurre il tasso di disoccupazione sono disposte ad accettare maggiore inflazione); autorità molto rigide rispetto al problema dell inflazione (hard-nosed governements) hanno curve di indifferenza relativamente piatte (sono disposte a lasciare aumentare molto il tasso di disoccupazione per ridurre il tasso di inflazione di un punto percentuale). Supponiamo che, nel nostro caso, le autorità monetarie attribuiscano importanza sia all inflazione che alla disoccupazione. Le curve di indifferenza saranno come quelle nel grafico accanto. Conoscendo le curve di Phillips e le curve di indifferenza delle autorità, dobbiamo adesso trovare il punto di equilibrio. 18 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

19 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Consideriamo che il governo annunci di seguire una politica monetaria in grado di mantenere il tasso di inflazione uguale a zero e che gli agenti economici credano a questo annuncio: il tasso di inflazione atteso e sarà uguale a zero ( p = 0 ). Se il governo manterrà questa politica, il punto di equilibrio sarà A. Il governo ha però un forte incentivo a non mantenere la parola: se non mantenesse la parola data e aumentasse inaspettatamente il tasso di inflazione, potrebbe spostare l economia nel punto B situato su una curva di indifferenza più bassa (le curve di indifferenza più vicine all origine sono sempre preferite). Supponiamo quindi che il governo ceda a questa tentazione. Gli agenti economici reagiranno aumentando le loro aspettative inflazionistiche e la curva di Phillips di sposterà verso l alto ( p e = p1). Date queste nuove aspettative sarà ottimale per le autorità spostarsi nel punto C. Questo processo continuerà fino a quando non si raggiungerà il nuovo punto E che si trova nella curva di Phillips di lungo periodo. A questo punto le autorità non hanno alcun incentivo a sorprendere gli agenti economici con maggiore inflazione poiché un movimento verso l alto lungo la curva di Phillips che passa nel punto E condurrebbe a una curva di indifferenza collocata più in alto e quindi a una perdita di benessere. Il punto E è l equilibrio che si raggiungerebbe in un mondo di aspettative razionali in cui le autorità seguono una politica discrezionale (in cui, cioè, in ogni periodo esse fissano un tasso di inflazione in modo ottimale date le aspettative prevalenti). DE GRAUWE - CAPITOLO 2 19

20 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI La regola di mantenere l inflazione uguale a zero non ha alcuna credibilità in un mondo di agenti razionali: gli agenti economici si rendono conto che le autorità hanno un incentivo a barare e aggiunsteranno le loro aspettative fino ad arrivare al punto in cui le autorità non hanno più incentivi a barare (nel punto E). Prima di passare avanti bisogna solamente aggiungere quali sono i fattori che influenzano la collocazione dell equilibrio discrezionale: Preferenze delle autorità (governi di tipo wet e di tipo hard-nosed); Livello del tasso naturale di disoccupazione. La credibilità e il costo dell unione monetaria L analisi del modello Barro-Gordon può essere estesa anche alle economie aperte. Ipotizziamo quindi che ci siano due paesi: Germania (con un governo di tipo hard-nosed) e Italia (che ha un tipo di governo wet). Supponiamo adesso che l Italia abbia un tasso di inflazione d equilibrio più elevato di quello tedesco e la sua moneta dovrà essere deprezzata continuamente. Per risolvere il problema l Italia decide di fissare il proprio tasso di cambio rispetto al marco tedesco (di conseguenza anche il suo potere d acquisto sarà uguale a quello tedesco) raggiungendo un minore tasso di inflazione (il nuovo punto di equilibrio F si trova infatti in una curva di indifferenza più bassa). Ma una volta giunti nel punto di equilibrio F, le autorità italiane hanno un incentivo a programmare una svalutazione a sorpresa della lira. 20 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

21 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI La svalutazione a sorpresa provoca un aumento inatteso dell'inflazione e permette all economia di spostarsi verso il punto G. Tuttavia, nel tempo, gli agenti economici aggiusteranno le loro aspettative e il tasso di inflazione di equilibrio finirà per essere lo stesso che si aveva prima di fissare il tasso di cambio. La conclusione di questo ragionamento è che il semplice fatto di fissare il tasso di cambio non risolve il problema, perché la regola di un tasso di cambio fisso non è più credibile della regola di un tasso di inflazione fisso. Esiste un altra manovra che può risolvere il problema italiano dell elevata inflazione? L Italia potrebbe decidere di abolire la propria valuta e di adottare la valuta tedesca raggiungendo la stessa inflazione d equilibrio della Germania (il punto F nel grafico della pagina precedente). Dato che l Italia non ha più una politica monetaria indipendente, le sue autorità monetarie non esistono più e quindi non possono svalutare la lira (l Italia prende a prestito credibilità dalla Germania). L Italia trarrebbe dunque un notevole guadagno dalla costruzione di un unione monetaria con la Germania (senza alcuna perdita di benessere per la Germania). Ne deriva che un unione monetaria può produrre soltanto dei vantaggi. Il modello Barro-Gordon dimostra inoltre che una svalutazione non è, come nell analisi di Mundell, uno strumento flessibile che può essere usato frequentemente: una volta impiegata, essa influenza la possibilità di un suo uso futuro perché provoca marcati effetti sulle aspettative. Si tratta quindi di uno strumento pericoloso che può danneggiare chi lo impiega: ogni volta che i politici utilizzeranno questo strumento dovranno confrontare i vantaggi di oggi con i costi di domani, cioè col fatto che sarà più difficile utilizzare efficacemente questo strumento in futuro. Il costo di un unione monetaria e il grado di apertura dei paesi Abbiamo già accennato alla relazione tra il grado di apertura di un economia e il verificarsi di shock asimmetrici e abbiamo enunciato la teoria della Commissione europea (secondo cui il costo dell'unione monetaria diminuisce all'aumentare del grado di apertura dell'economia perché diminuisce la probabilità di uno shock asimmetrico) e la teoria di Paul Krugman (in base alla quale il costo di un unione monetaria aumenta tanto più un'economia è aperta). Accenniamo adesso, invece, alla teoria di McKinnon che chiama in causa l efficacia del tasso di cambio quale strumento per fronteggiare gli shock asimmetrici. DE GRAUWE - CAPITOLO 2 21

22 TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI Ipotizziamo che un paese sia particolarmente aperto, cioè abbia un rapporto esportazioni/pil o importazioni/pil relativamente elevato. In tal caso una svalutazione del tasso di cambio renderebbe più costosi i beni importati. L aumento del costo dei beni importati, a sua volta, si trasferirebbe sul livello dei prezzi interni in maniera tale da ristabilire le condizioni competitive precedenti alla svalutazione: la svalutazione del tasso di cambio nominale verrebbe insomma neutralizzata, prima o poi, dall aumento del livello dei prezzi cosicché il tasso di cambio reale risulterebbe invariato. Tanto più aperta è l economia di un paese, dunque, tanto meno costoso sarà per quest ultimo rinunciare allo strumento del tasso di cambio, vista la sua sostanziale inefficacia. 22 DE GRAUWE - CAPITOLO 2

23 BENEFICI DI UNA VALUTA COMUNE CAPITOLO 3. BENEFICI DI UNA VALUTA COMUNE Mentre i costi di una valuta comune riguardano soprattutto la macroeconomia, i vantaggi sono principalmente di tipo microeconomico e hanno principalmente due origini: eliminazione dei costi di transazione; eliminazione del rischio che deriva dall incertezza circa i movimenti futuri dei tassi di cambio. Altri benefici dell unione monetaria attengono poi al fatto di avere una valuta internazionale. È possibile infine, anche per i benefici (così come per i costi), trovare una relazione tra tali benefici che possono trarsi da un unione monetaria e il grado di apertura di un paese. Benefici derivanti dall eliminazione dei costi di transazione 1. L eliminazione dei costi di transazione, che esistevano per il cambio della valuta, determina minori costi per le imprese (che esportano/importano) e per i consumatori (soprattutto per i turisti). Questi guadagni di cui si avvantaggiano le imprese e i consumatori hanno però una contropartita nel settore bancario: le banche dovranno rinunciare a quella percentuale di ricavi costituiti dalle commissioni pagate per il cambio delle monete nazionali. Il guadagno del pubblico non è però controbilanciato perfettamente dalla perdita delle banche: dopo un periodo di transizione, queste otterranno profitti altrove e la società sperimenterà un incremento di benessere. 2. L'eliminazione dei costi di transazione comporta anche un guadagno indiretto: riduce l'opportunità di discriminazione dei prezzi tra i mercati nazionali che è attualmente possibile perché i mercati nazionali sono ancora segmentati. Ci sono infatti costi di transazione relativamente ampi per il consumatore che volesse acquistare un'autovettura in un altro paese, ma se tali costi non esistessero i consumatori non esiterebbero ad acquistare questi beni nei paesi dove sono più a buon marcato e ciò renderebbe più difficile la discriminazione dei prezzi costituendo un vantaggio per il consumatore europeo. Vantaggi derivanti da una minore incertezza L'incertezza sulle variazioni del tasso di cambio futuro introduce incertezza sui ricavi futuri delle imprese. Generalmente, in un mondo di individui avversi al rischio, ciò provoca una perdita di benessere. Eliminare il rischio di cambio riduce l'entità dell'incertezza e dovrebbe quindi aumentare il benessere. DE GRAUWE - CAPITOLO 3 23

24 BENEFICI DI UNA VALUTA COMUNE In altri termini, la riduzione dell incertezza legata alla variabilità dei cambi permette di realizzare quegli investimenti che prima non venivano effettuati a causa dei dubbi sull evoluzione dei cambi. Ciò non è sempre vero. Si può dimostrare che in condizioni di incertezza di prezzo sia l'impresa sia i consumatori possono conseguire rispettivamente profitti e surplus in media maggiori di quelli che conseguono in condizioni di certezza di prezzo. Consideriamo un'impresa price-taker nel mercato del prodotto che opera in due regimi, rispettivamente, di certezza e incertezza dei prezzi. Nel regime di certezza il prezzo è costante ( p = p1 ) e il profitto è dato dall area ombreggiata meno l area in arancio FGp 1 (un impresa ha profitto quando i costi marginali CM sono inferiori al prezzo). Nel regime di incertezza il prezzo è soggetto a fluttuazioni - supponiamo tra p 2 e p 3 - e il profitto fluttua anch esso a seconda che prevalga il prezzo p 2 o p 3. Osservando i grafici potremmo notare che, nel regime di incertezza, quando il prezzo è basso ( p = p2 ) il profitto è minore rispetto al regime di certezza di un area pari a p BCp 1 2 prezzo è alto il profitto è maggiore rispetto al regime di certezza di un area pari a p EBp. 3 1, ma quando il Poiché p EBp è maggiore di 3 1 p BCp 1 2 (la differenza è data dai due triangoli ombreggiati) possiamo concludere che il profitto sarà maggiore in media nel regime di incertezza piuttosto che in quello di certezza. Questo deriva dal fatto che quando il prezzo è alto l'impresa aumenta la quantità prodotta così da trarre profitto dal maggior ricavo per unità di prodotto e in più espande la propria produzione (triangolo ombreggiato più alto); al contrario, quando il prezzo è basso l impresa ridurrà la produzione contenendo in tal modo la riduzione del proprio profitto totale (triangolo ombreggiato più basso). 24 DE GRAUWE - CAPITOLO 3

25 BENEFICI DI UNA VALUTA COMUNE In conclusione, il profitto è maggiore in media in un regime di incertezza piuttosto che in un regime di certezza. Se però, da un lato, un profitto medio più elevato aumenta l'utilità dell'impresa, questo va confrontato con la maggiore incertezza di questi profitti che riduce l'utilità dell'impresa. Il risultato in termini di benessere non è scontato. Lo stesso argomento può essere sviluppato per il consumatore. Consideriamo la funzione di domanda di un consumatore in due diversi regimi di prezzo: con certezza di prezzo e con incertezza di prezzo. Nel secondo regime di prezzo incerto il surplus del consumatore (l area delimitata dalla curva di domanda e il prezzo) è maggiore, in media, rispetto al primo regime di prezzo certo. Quando il prezzo è basso il consumatore aumenta la sua domanda per trarre profitto dai prezzi bassi; quando il prezzo è alto fa l opposto limitando così l effetto negativo che l aumento del prezzo ha sul suo benessere. In media, quindi, il consumatore ottiene un guadagno quando i prezzi fluttuano ma tale effetto positivo esercitato dall incertezza dei prezzi va confrontato con l aumento del rischio. Anche in questo caso non è possibile stabilire se i consumatori guadagnano da una minore variabilità dei prezzi. Incertezza del tasso di cambio e meccanismo dei prezzi L'incertezza del tasso di cambio introduce un'incertezza sui prezzi futuri di beni e servizi: gli agenti economici basano le loro decisioni di produzione, investimento e consumo sull'informazione che il sistema dei prezzi fornisce. Se i prezzi sono più incerti la qualità di queste decisioni peggiorerà. Una riduzione dell'incertezza sul tasso di cambio reale, grazie ad esempio, all'adozione di una moneta comune, può rendere il sistema dei prezzi più attendibile (in modo da costituire una guida migliore per prendere le giuste decisioni economiche). DE GRAUWE - CAPITOLO 3 25

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