POLITICHE ENERGETICHE, TRA VECCHI OBIETTIVI E NUOVE STRATEGIE
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- Celia Pisani
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1 POLITICHE ENERGETICHE, TRA VECCHI OBIETTIVI E NUOVE STRATEGIE di Carlo Andrea Bollino (Professore ordinario di Economia Politica, Università di Perugia) 12 luglio Premessa Il mondo andrà verso nuovi paradigmi energetici, ma l Italia? Serve una visione strategica di riferimento del settore energetico nazionale almeno fino al 2015, per individuare obiettivi strategici e operativi di sviluppo del Paese. Preliminare a tutto ciò è il riconoscimento di alcuni punti fermi. 1) La politica ambientale di tipo Kyoto comporta limiti allo sviluppo. Occorre superare questo approccio con lo sviluppo tecnologico che, producendo una sviluppo dei limiti, renda conciliabili gli obiettivi di sviluppo economico e di valorizzazione e recupero dell ambiente. 2) La liberalizzazione di tipo europeo è in stallo. Occorre superare la fase di transizione, preparando nuovi competitori a livello europeo, rafforzando e non indebolendo i nostri campioni nazionali. Contesto competitivo significa fare come e meglio degli altri Paesi, non viceversa. 3) E velleitario pensare che la forza dell Unione europea possa fare (in termini economici ben si intende!), da contraltare al blocco di produttori del gas (Russia e Nord Africa), meglio di come tutto il mondo occidentale abbia cercato di fare da contraltare all OPEC negli ultimi 40 anni. Indebolire la capacità negoziale del sistema nazionale che acquista gas all estero porta ineluttabilmente all aumento del costo di approvvigionamento per il Paese. Altra cosa è l aspetto redistributivo dei profitti dello stesso: se i profitti di un grande fornitore di energia delle famiglie italiane servono a finanziare lo sviluppo di fornitura di energia alle imprese cinesi, allora il mercato va bene, ma la politica industriale no. 4) Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è ineludibile: il concetto stesso federalismi.it n. 14/2006
2 di rinnovabile guarda al futuro; e non importa la dimensione. Anche un uno percento è prezioso, se traccia la direzione del futuro. Propongo indirizzi e scelte atte a perseguire queste finalità. 2. Gli obiettivi strategici La mia opinione è che sin dagli anni della programmazione energetica degli anni 70 e 80, gli obiettivi di fondo della politica energetica del Paese sono rimasti sostanzialmente gli stessi. Gli obiettivi, enunciati allora, e ancora attuali oggi sono: 1) la competitività del sistema produttivo; 2) la diversificazioni delle fonti; 3) la sicurezza del sistema energetico; 4) la tutela dell ambiente e delle fasce deboli; 5) le fonti rinnovabili e il risparmio energetico 6) l educazione energetica; 7) lo sviluppo tecnologico. L obiettivo di competitività del sistema produttivo mira alla eliminazione della terza grande anomalia del sistema italiano, che grava sul sistema delle imprese: il divario del costo dell energia. Dopo la riduzione della anomalia del costo del lavoro (anni 80), dovuta alla rigidità del mercato del lavoro e della indicizzazione della scala mobile, e del costo del capitale (anni 90), dovuta agli alti tassi di interesse causati dagli squilibri di finanza pubblica, la politica energetica italiana sta faticosamente tendendo alla riduzione del costo dell energia elettrica, dovuta allo squilibrio di fonti costose, rispetto al resto dell Europa. In questo quadro, occorre sostenere senza ipocrisie la diversificazione delle fonti e lo sviluppo tecnologico. Ciò significa quattro cose: carbone pulito clean coal, nuovo nucleare (specie ricerca), sviluppo e razionalizzazione delle infrastrutture energetiche nazionali e di importazione, promozione delle rinnovabili e del risparmio energetico diffuso. Solo così è serio parlare di competitività dell Italia, cioè di un Paese che utilizza, per la produzione elettrica, idrocarburi per il 70%, mentre il resto dell Europa in media utilizza per l 80% carbone e nucleare. 2
3 La sicurezza del sistema energetico significa simultaneamente sicurezza fisica all interno del Paese e sicurezza degli approvvigionamenti dall estero e deve essere perseguita su due livelli, materiale e immateriale. Il primo deve tendere a rafforzare la sicurezza ordinaria di funzionamento e quella di emergenza in caso di conflitti e attacchi terroristici di reti elettriche, gasdotti, oleodotti e terminali e impianti e depositi. Il secondo deve rafforzare la rete immateriale di relazioni diplomatiche e commerciali in maniera sinergica e complementare all obiettivo di sicurezza degli approvvigionamenti. La tutela dell ambiente deve passare dal rovesciamento della politica di rassegnazione ai limiti dello sviluppo a una nuova politica di promozione dello sviluppo dei limiti, ovvero allentare i vincoli allo sviluppo tecnologico e produttivo dell intero sistema economico. Tuttavia, l obiettivo ambientale non deve essere né indipendente né sovraordinato all obiettivo di politica economica e industriale. In questo senso, protezione dell ambiente significa anche protezione delle fasce deboli, ovvero garanzia di qualità della vita e tutela dei diritti fondamentali di cittadinanza. Gli obiettivi strategici vanno nella direzione della tutela delle fasce deboli, sia delle fasce meno abbienti all interno delle nostre società industriale, sia delle fasce deprivate di accesso al benessere mondiale nei Paesi in via di sviluppo. Occorre perseguire due linee di fondo: Gerarchia delle misure ambientali secondo efficacia, stabilendo un ordine di priorità a partire da quelli meno costosi verso quelli più costosi per unità di emissioni inquinanti evitate. Sussidi alle rinnovabili più costose devono gravare sulla fiscalità generale e non sui consumatori di energia, per il semplice motivo che la fiscalità generale è improntata a criteri, secondo la Costituzione, di progressività e quindi permette di ripartire secondo equità i costi ambientali. Al contrario, i prelievi sui consumi energetici sono regressivi (cioè le famiglie povere pagano proporzionalmente di più), perché l energia è un consumo primario e quindi necessario. Occorre sviluppare il sistema dei Certificati Verdi, tarando il valore del certificato ai costi delle diverse fonti. In sostanza, certificati verde chiaro per quelle che costano meno e sono più convenienti e verde scuro per quelle più difficili da sviluppare e più costose. Solo così il cittadino che paga il sussidio non si sente preso in giro. 3
4 Il risparmio energetico --- nuove tecniche di produzione industriale, migliori condizioni dell edilizia residenziale e nuove tecnologie di trasporto --- deve essere il primo obiettivo di fonte rinnovabile per il nostro Paese: ogni barile di petrolio non consumato è un barile risparmiato. I temi della produzione, del trasporto e, per altri aspetti, quello del risparmio energetico sono strettamente correlati all impatto che essi hanno presso la popolazione; a cominciare dal referendum sul nucleare per finire con le polemiche sulla localizzazione degli impianti (sindrome NIMBY), tutta la materia energetica è stata pressantemente manipolata e strumentalizzata in nome di un falsa preoccupazione ambientalista; la finalità è sempre stata la gestione del consenso elettorale. Questa strategia, purtroppo, in passato è stata temporaneamente vincente. Occorre allora proseguire con lo sforzo nazionale di educazione energetica, sotto la responsabilità del MAP, per diffondere nella popolazione una cultura in cui i temi della produzione, del trasporto e del risparmio energetico siano concepiti come patrimonio collettivo di pubblica utilità. Così l energia: è frutto e non nemico dell ambiente va conservata, cioè risparmiata; va prodotta con le tecnologie più compatibili con l ambiente; 3. Che fare? Gli obiettivi operativi, alcuni dei quali già attuati dal Governo durante la scorsa legislatura, sono di duplice natura: quelli che comportano modifiche normative; quelli che incidono sui meccanismi di mercato. Le modifiche normative devono completare lo snellimento ordinamentale del settore energetico tenendo conto di due direttrici: 1) Ridefinizione delle competenze strategiche dello Stato nella Costituzione; 2) Completamento della liberalizzazione dei mercati; 4
5 Riguardo al primo punto, la filosofia di fondo è basata sulla considerazione che occorre modificare la Costituzione, riportando alcune funzioni esclusive in materia energetica allo Stato e rafforzando altre funzioni in capo alla Regioni. Riguardo al secondo punto, si dovrà prevedere: effettiva parità di condizioni formali e sostanziali fra Paesi; piena coerenza fra indirizzi di Governo e azioni delle Autorità di regolazione del settore. Quest ultimo punto è cruciale: occorre che la regolazione sia simmetrica, ovvero che ci sia premio per chi fa, ma anche sanzione per chi non fa. Esempio: il 2% di remunerazione aggiuntiva per i nuovi investimenti dovrebbe essere accompagnato da un 2% di remunerazione in meno per gli investimenti annunciati, ma non realizzati. Dunque se la società annuncia un nuovo investimento, prende 2% in più se lo fa, ma viene penalizzata con un 2% in meno se non lo fa. Le azioni per sviluppare il mercato devono tendere verso l incremento dell efficienza, attraverso: Ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione di impianti e linee; Incentivi alla nascita di microcentrali sul territorio; Riapertura dei giacimenti nazionali di idrocarburi liquidi e gassosi; Realizzazione di terminali di rigassificazione di GNL; Incentivi all utilizzo pulito del carbone; Sostegno al rilancio della ricerca nel nucleare; Rafforzamento del ruolo delle fonti rinnovabili. Rafforzamento della contendibilità delle nel settore della distribuzione; Mantenimento del ruolo di acquirente di ultima istanza sotto controllo pubblico, per proteggere le fasce di consumatori più deboli; Valorizzazione delle filiere agricole con incentivi all agro- energia e al bio-diesel; Incentivi agli standard tecnici per il risparmio nell edilizia. 4. Una proposta definitiva Infine, propongo un modo molto semplice per dare un incentivo risolutivo al problema della privatizzazione, tanto dibattuto e mai risolto. La mia proposta non insiste sull obbligo di 5
6 dismissione della proprietà pubblica, sia dello Stato che degli Enti locali. La dismissione coatta è sempre un atto di esproprio: una comunità locale potrebbe sempre sentirsi espropriata ingiustamente del valore di una impresa locale, magari finanziata negli anni con sacrifici fiscali proprio dei cittadini di quella comunità. E la stessa considerazione vale per la proprietà pubblica dello Stato, la cui dismissione si è dimostrata difficile da attuare o addirittura di dubbia validità, in alcuni casi, come il settore del gas, specie dopo i recenti orientamenti francesi, che hanno riproposto il tema del campione nazionale pubblico. La mia proposta è semplice: divieto al proprietario pubblico, Stato o Ente locale, di riscuotere dividendi dalle imprese nei settori di pubblica utilità (energia, trasporti, telecomunicazioni, ecc.), in misura superiore al tasso di rendimento dei titoli di Stato. L eventuale eccedenza viene versata obbligatoriamente al Fondo di ammortamento del debito pubblico. Sarebbe l uovo di Colombo, affinchè la proprietà pubblica statale o locale non abbia tentazioni di accaparrarsi rendite monopolistiche e riesca ad arricchirsi con le bollette dei cittadini. Se si vuole mantenere la proprietà pubblica, essa non deve costituire fonte reddituale per il settore pubblico, al di là del normale tasso di rendimento sociale. Ovvero, se esiste rendita monopolistica, essa non deve essere legalmente sfruttata da singoli Ministri, Governatori di regione o Sindaci, ma deve essere versata per la più generale delle finalità dell azione pubblica: abbattere il debito pubblico, per il rispetto delle generazioni future. 6
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