Relazioni industriali
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- Felice Novelli
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1 Relazioni industriali
2 Relazioni industriali Il sistema di relazioni industriali è l insieme di relazioni che regolano i rapporti fra imprese e loro organizzazioni da un lato e lavoratori e sindacati dall altro. La contrattazione collettiva rappresenta lo strumento principale attraverso cui i rapporti di lavoro vengono regolamentati congiuntamente da sindacato e imprese, talora con la presenza dello stato in funzione di mediatore. All interno del sistema di contrattazione collettiva si inserisce il sistema di contrattazione salariale che può essere definito come il complesso di procedure, leggi e istituzioni che regolano la determinazione dei salari
3 Diversi sistemi di relazioni industriali Neocorporativismo Sistema giapponese Modello renano Modello Usa (deregulation)..
4 La rapida crescita europea nel dopoguerra Tre ordini di motivi: attuazione di politiche keynesiane di sostegno alla domanda crescita del commercio mondiale dovuto a un apertura degli scambi internazionali, l inserimento nei processi produttivi di tecniche sviluppate e sperimentate negli Stati Uniti, in particolare delle tecniche ford-tayloristiche
5 Mutamenti degli anni 70 la crisi del sistema monetario internazionale del primo shock petrolifero
6 In Italia Fluttuazione della lira Spirale inflazione-svalutazione Disavanzo commerciale Politiche deflazionistiche Introduzione del punto unico di contingenza
7 1977 svolta dell EUR 1979 adesione dell Italia al Sistema Monetario Europeo 1982 disdetta dell accordo sul punto unico di contingenza 1983 nuovo accordo sul costo del lavoro 1984 decreto di San Velentino nuovi accordi sul costo del lavoro
8 La concertazione Ezio Tarantelli (1986) individuava tre condizioni che rendevano possibile il raggiungimento di accordi di concertazione Un elevato livello di centralizzazione della contrattazione sindacale La neocooptazione dei sindacati e dei rappresentanti degli imprenditori, cioè consenso e cooperazione a sostegno degli obiettivi macroeconomici, pieno impiego e controllo dell inflazione, perseguiti dal governo e dalla banca centrale. La neoregolazione del conflitto industriale, vale a dire, il livello di credibilità degli accordi raggiunti tra le parti sociali intorno ai programmi di politica economica messi in atto dai policy makers.
9 Calmfors e Driffill (1988) evidenziarono che: I paesi con meccanismi di fissazione salariale molto accentrati (come Austria, Svezia, Norvegia, Danimarca) e quelli in cui salari e prezzi venivano fissati a livello decentrato (Stati Uniti, Canada, Giappone, Svizzera) mostravano una performance occupazionale migliore di quelli in cui il grado di contrattazione salariale si poneva ad un livello intermedio (come Italia, Francia, Regno Unito, Germania).
10 Calmfors e Driffill
11 Flessibilità difensiva Difesa di segmenti del mercato messi in difficoltà dalla concorrenza dei paesi a bassi salari attraverso: - l indurimento delle condizioni di lavoro - riduzione delle retribuzioni - riduzione dei diritti - precarietà del lavoro
12 Flessibilità innovativa Flessibilità indirizzata o all incentivazione e al sostegno di strategie imprenditoriali tese a rafforzare la posizione competitiva del sistema paese o ad aumentare la qualità e l efficienza della struttura produttiva attraverso: - miglioramento del capitale fisico pubblico - rafforzamento della struttura produttiva delle aree deboli - miglioramento del capitale umano
13 L esperienza italiana di concertazione Protocollo sulla politica dei redditi e dell occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno produttivo (1993) con cui il governo si impegnava a: ridurre il tasso di inflazione a livello degli altri paesi industrializzati realizzare la stabilità valutaria ridurre il debito e il deficit pubblici mantenere una elevata crescita economica attraverso politiche di sostegno al sistema produttivo, alla ricerca e allo sviluppo
14 Accordo sul costo del lavoro L accordo relativo al costo del lavoro, volto a contenere l inflazione, prevedeva la soppressione della scala mobile L aumento dei prezzi sarebbe stato coperto in sede di contrattazione nazionale tenendo conto dell inflazione programmata
15 Risultati Il tasso di inflazione fu rapidamente ridotto Gli obiettivi della stabilità valutaria e della riduzione del deficit e del debito pubblico furono raggiunti, per cui l Italia poté entrare a far parte della Unione Economica e Monetaria. Non altrettanto soddisfacenti sono stati i risultati in termini di crescita del PIL, che nel decennio si è mantenuto intorno all 1% medio annuo, inferiore alla media annua dei paesi della UE (1,6%).
16 si verificarono omissioni nell applicazione dell accordo la cui seconda parte (quella riguardante, appunto, le politiche di sostegno al sistema produttivo, alla ricerca e allo sviluppo ) è stata totalmente negletta (Carlo Azeglio Ciampi, ideatore della concertazione, 1996)
17 Tabella 1 - Spesa per ricerca in percentuale del PIL nazionale: Italia: Nazioni Spesa totale Spesa settore privato Spesa totale Spesa settore privato Spesa totale Spesa settore privato Stati Uniti 2,72 1,97 2,55 1,87 2,72 2,04 Giappone 2,93 2,08 2,77 1,97 2,98 2,11 Francia 2,37 1,46 2,30 1,41 2,18 1,37 Germania 2,53 1,76 2,26 1,49 2,49 1,75 Italia 1,23 0,68 1,01 0,54 1,07 0,54 Spagna 0,84 0,47 0,83 0,40 0,94 0,50 Regno Unito 2,07 1,39 1,88 1,22 1,85 1,21 Unione Europea 1,90 1,21 1,80 1,12 1,88 1,21 Paesi OCSE 2,23 1,53 2,13 1,45 2,24 1,56 Fonte dei dati: OCSE: Main Science and Technology Indicators
18 Effetti della moderazione salariale 1 Il prezzo dei risultati della strategia di concertazione è stato ampiamente pagato dai lavoratori. Dal 1993 non solo si è verificata una caduta della quota dei redditi da lavoro dipendente, ma sono diminuite anche le retribuzioni reali. In Italia dal 1993 al 2001 il reddito reale da lavoro dipendente pro capite si è ridotto del 3,4%, mentre in Gran Bretagna cresceva del 17,8%, in Francia del 7,4%, in Germania e in Spagna dello 0,9%.
19 Effetti della moderazione salariale 2 La moderazione salariale ottenuta in un clima di pace sociale dopo gli accordi del 1993 ha determinato una riduzione dell inflazione e ha permesso una crescita della redditività delle imprese. Tuttavia ha costituito un freno alla domanda interna che ha limitato il processo di crescita. Ha anche avuto il difetto di attenuare gli stimoli che la spinta retributiva normalmente esercita sulle imprese, forzandole all investimento in macchinari e attrezzature, nella continua ricerca di soluzioni tecniche e organizzative più produttive e competitive (Istat 2003)
20 Effetti della moderazione salariale 3 Le imprese non hanno approfittato della dinamica salariale estremamente moderata, che ha favorito l incremento dei profitti, per accrescere gli investimenti. Dopo essere caduti tra gli anni 80 e i primi anni 90 dal 29% a poco più del 20% del prodotto nazionale netto, gli investimenti lordi sono lievemente cresciuti dopo il 1993, portandosi intorno al 22% del prodotto netto, un livello certamente inadeguato rispetto al livello di redditività consentito dagli accordi del 93. E mancata una strategia di rilancio degli investimenti volta a promuovere un nuovo sviluppo economico e sociale. Non si è avuto l aggancio alla "via alta alla competitività", cioè la via di un economia basata sulla conoscenza, sulla formazione e sulla ricerca. Le imprese, di fronte ai profitti crescenti, e all eccessiva moderazione salariale non hanno scommesso sul piano dell innovazione. Hanno così gradualmente perso terreno rispetto ai concorrenti dei paesi più avanzati.
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24 La fine della concertazione La politica economica del governo Berlusconi (2001) si è mossa in una direzione di rottura della strategia di concertazione. Il Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (2001) proponeva un abbandono della concertazione e il passaggio a un sistema di relazioni industriali di tipo decentrato, imperniato sulla rivalutazione del ruolo del contratto individuale. Le indicazioni del Libro Bianco recepite dal patto per l Italia, siglato nel luglio 2002 da associazioni imprenditoriali e sindacali comprese Cisl e Uil, ma non dalla Cgil (si verificava così un'altra grave fase di rottura fra i maggiori sindacati). Nel 2003, sulla base delle proposte del Libro Bianco è stata varata la legge 30. La rottura della strategia di concertazione non è avvenuta in vista di un aggancio alla via alta alla competitività, bensì per perseguire la flessibilità difensiva.
25 La questione salariale e la distribuzione del reddito
26 Compensi sul valore aggiunto
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28 La caduta della quota del lavoro in Italia e nei principali paesi avanzati ( ) 1,00-1,00-0,7-2,0-1,8-3,00-2,5-3,5-3,3-3,3-5,00-5,2-4,2-5,8-7,00-7,6-9,00-9,8-11,00-10,8-10,7-10,4-11,8-13,00 Hungary Ireland Finland Norway Italy Spain Euro area Japan Germany Sweden United States Netherlands France United Kingdom Belgium Denmark Fonte: Oecd
29 Nel mondo: aumento della quota dei profitti e crescita economica 3,50 3,31 3,00 Elasticità della crescita del Pil all'aum ento della quota dei profitti ( ) 2,50 2,00 1,50 1,43 1,34 1,00 0,97 0,86 0,85 0,82 0,71 0,50 0,50 0,39 0,36 0,35 0,33 0,29 0,26 0,15 0,00 Denmark United Kingdom Belgium Fonte: Oecd, Eurostat. United States Sweden France Netherlands Ireland Spain Euro area Finland Germany Hungary Norway Japan Italy
30 La forte diminuzione della quota dei redditi da lavoro dipende in larga misura dall evoluzione del salario reale. Secondo le stime del rapporto dell ILO (Organizzazione Internazionale del lavoro), a parità di potere di acquisto, gli stipendi reali sono diminuiti in Italia del 16% circa tra il 1988 e il 2006
31 Reddito medio e reddito mediano Il reddito mediano è relativo alla mediana, cioè a quel valore che divide una distribuzione ordinata di casi in due parti uguali: la prima quella a sinistra della mediana con valori inferiori o uguali alla mediana e la seconda con valori uguali o superiori alla mediana stessa. Nel caso di informazioni fortemente variabili (es. il reddito), l informazione fornita della mediana è più attendibile della media fortemente condizionata dai valori estremi (redditi molto bassi o molto alti). Le informazioni fornite sono più chiare e facilmente leggibili di quelle fornite dal reddito medio.
32 Indice di Gini La diseguaglianza nella distribuzione del reddito è rappresentata dall indice di concentrazione dei redditi, l indice Gini. È compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione più equa, con il valore 0 che corrisponde all'uguaglianza perfetta; valori alti indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla più completa disuguaglianza. L Italia risulta avere verso la metà degli anni 2000 un alto indice di Gini, inferiore solo a quello degli USA tra i paesi considerati e superiore alla media di 24 paesi dell OCSE. Germania e Francia hanno invece un indice Gini inferiore alla media, cioè sono paesi con una distribuzione del reddito notevolmente più egalitaria.
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35 L elasticità dei redditi intergenerazionali L elasticità dei redditi intergenerazionali misura la probabilità che i figli mantengano lo stesso reddito dei padri. Più basso è il valore e più alta è la probabilità che i redditi cambino di generazione in generazione. L Italia ha un valore molto alto per questo parametro. I dati della Francia e della Germania, mostrano che la mobilità sociale è favorita da una distribuzione meno diseguale del reddito e dalla robustezza delle istituzioni del Welfare, ancora in questi paesi non smantellate. Il sogno americano, la possibilità per ciascuno di migliorare indipendentemente dalle condizioni di nascita, è molto più effettivo nei paesi dell Europa continentale che in quelli anglosassoni.
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