Dalle Province regionali ai Liberi consorzi tra Comuni in Sicilia: la Questione della sorte dei giudizi in cui sono parti le Province

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1 Dalle Province regionali ai Liberi consorzi tra Comuni in Sicilia: la Questione della sorte dei giudizi in cui sono parti le Province Vincenzo Salamone Presidente della 2^ sezione del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte S o m m a r i o: 1. Ricostruzione del quadro normativo - 2. La successione tra Enti pubblici - 3. Le questioni processuali 1. Ricostruzione del quadro normativo La Regione siciliana dispone, in ordine al regime e all ordinamento degli enti locali, di potestà legislativa esclusiva, in base al disposto dell art. 14 del R.D.Lgs. n. 455 del 1946, lettera o), nonché del successivo art. 15 del R.D.Lgs. n. 455 del 1946, il quale, al secondo comma, fonda espressamente detto ordinamento sui Comuni e sui liberi consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria. Nel dare seguito a tale ultima previsione, la legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, stabilisce (art. 3 della legge regionale n. 9 del 1986) che l Amministrazione locale territoriale nella Regione siciliana è articolata, ai sensi dell art. 15 del R.D.Lgs. n. 455 del 1986, in Comuni e liberi consorzi di Comuni denominati Province regionali, affidando in particolare l iniziativa per la costituzione di queste ultime ai Comuni stessi, attraverso il peculiare procedimento previsto dall art. 5 della legge regionale n. 9 del 1986, e riconoscendo alla Provincia regionale, oltre alla potestà statutaria (artt. 22 della legge regionale n. 9 del 1986 e seguenti), competenze che attengono, tra l altro, al campo della programmazione economico-sociale (art. 8 della legge regionale n. 9 del 1986) e della pianificazione territoriale (art. 12 della legge regionale n. 9 del 1986). In tale contesto legislativo si collocano le disposizioni di cui all art. 19 della legge regionale n. 9 del 1986, per cui possono essere dichiarate aree metropolitane le zone del territorio: - che siano ricomprese nella stessa Provincia; - abbiano una popolazione non inferiore a abitanti; - annoverino la presenza, accanto ad un Comune maggiore, con più di abitanti, di centri urbani aventi una sostanziale continuità di insediamenti; - presentino, infine, un elevato grado di integrazione quanto a servizi, trasporti, sviluppo economico e sociale. 1

2 Il successivo art. 20 della legge regionale n. 9 del 1986 disciplina il procedimento di istituzione delle aree che vengono individuate e delimitate, anche su richiesta degli enti locali interessati, con decreto del Presidente della Regione; mentre l art. 21 della legge regionale n. 9 del 1986 attribuisce alle Province regionali, comprendenti le aree metropolitane, le funzioni spettanti ai Comuni in materia di pianificazione del territorio, formazione del piano intercomunale della rete commerciale, distribuzione di acqua potabile e gas, trasporti pubblici, raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 286 del 30 luglio 1997, ritenne che le disposizioni sopra illustrate comportano che la delimitazione delle aree metropolitane, lungi dal comportare la costituzione di enti subprovinciali, realizza solo un diverso assetto delle funzioni, ripartite fra i due livelli di governo locale secondo quanto suggerito dalle stesse peculiarità della situazione socio-economica e territoriale, in vista di migliori risultati sul piano dell efficienza, dell efficacia e della razionalità, dal momento che nel modello siciliano, il governo dell area metropolitana assume una fisionomia prevalentemente funzionale, comportando un mero trasferimento di funzioni di c.d. area vasta dai Comuni alla Provincia regionale - nella configurazione giuridica che quest ultimo ente ha assunto per effetto della legge regionale n. 9 del 1986 e che l ordinanza non pone in discussione - senza che ad esso si ricolleghi, così come accade invece per la legge n. 142 del 1990, un riassetto istituzionale interno all area medesima. In quell occasione la Corte affermò il principio che l autonomia comunale non implica una riserva intangibile di funzioni e non esclude che il legislatore regionale possa, nell esercizio della sua competenza esclusiva, individuare le dimensioni dell autonomia stessa, valutando la maggiore efficienza della gestione a livello sovracomunale degli interessi coinvolti. Il problema del rispetto delle autonomie non riguarda, perciò, in via astratta, la legittimità dell intervento del legislatore, ma, piuttosto, la verifica dell esistenza di esigenze generali che possano ragionevolmente giustificare le disposizioni legislative limitative delle funzioni già assegnate agli enti locali. La Corte affronta, infine, il problema della disciplina del trasferimento dai Comuni alla Provincia delle funzioni amministrative e del personale addetto, come pure la separazione patrimoniale e il riparto delle attività e delle passività. Rileva la Corte che una legge che disegni un nuovo assetto organizzativo non deve necessariamente contenere, a pena di incostituzionalità, anche ogni disposizione di dettaglio operativo o attutivo. La legge 27 marzo 2013 n. 7 ha introdotto norme transitorie per l istituzione dei liberi Consorzi comunali, prevedendo che entro il 31 dicembre 2013 la Regione, con propria 2

3 legge, in attuazione dell articolo 15 dello Statuto speciale della Regione siciliana, disciplina l istituzione dei liberi Consorzi comunali per l esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali. Si prevede, programmaticamente che gli organi di governo dei liberi Consorzi comunali siano eletti con sistema indiretto di secondo grado. Con la predetta legge si sarebbero dovute disciplinare le modalità di elezione, la composizione e le funzioni degli organi suddetti. La legge disciplina, inoltre, l istituzione nel territorio della Regione delle città m e t r o p o l i t a n e. Al fine di consentire la riforma della rappresentanza locale secondo quanto previsto al comma 1, è stato sospeso il rinnovo degli organi provinciali ed aperta la fase, alquanto travagliata della Gestione commissariale (v. parere del C.G.A. n. 137 del 26 febbraio Giungiamo alla legge regionale 24 marzo 2014, n. 8 che, in attuazione parziale della norma di cui sopra, ha disciplinato la Istituzione dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane che, ai nostri fini va applicata muovendo dall esame dei primi due articoli. L art. 1, ispira la riforma organizzativa all esigenza di razionalizzare l erogazione dei servizi al cittadino e di conseguire riduzioni dei costi della pubblica amministrazione, in ossequio ai principi sanciti dall articolo 15 dello Statuto della Regione siciliana ed in attuazione della legge regionale 27 marzo 2013, n. 7. Dispone, pertanto che per l esercizio delle funzioni di governo di area vasta è disciplinata l istituzione di nove liberi Consorzi comunali, di seguito liberi Consorzi, che in sede di prima applicazione e fino all approvazione della legge di cui all articolo 2 coincidono con le Province regionali di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani, costituite ai sensi della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 e della legge regionale 12 agosto 1989, n. 17, le quali assumono la denominazione di liberi Consorzi comunali. 2. Ciascuno dei nove liberi Consorzi di cui al comma 1 è composto dai comuni appartenenti alla corrispondente provincia regionale. 2. La successione tra Enti pubblici Nella norma predetta non vi è traccia, né dal punto di vista testuale né da quello logico-sistematico, di disposizioni soppressive del preesistente Ente Provincia, ma la riqualificazione o meglio, ridefinizione dello stesso come Libero consorzio. La ragione non è soltanto semantica, ma da ricollegare all assetto organizzativo, del tutto nuovo, che si conferisce al Libero Consorzio, ispirato al sistema di elezione di secondo grado degli organi di governo. 3

4 Assumono rilievo determinante per confermare detta conclusione le seguenti disposizioni. Nelle more dell approvazione della legge regionale i Consorzi continuano ad esercitare le funzioni già attribuite alle Province regionali mantenendo la titolarità dei relativi rapporti giuridici. I liberi Consorzi di Palermo, Catania e Messina continuano ad esercitare le funzioni già attribuite alle Province regionali anche con riferimento al territorio delle rispettive Città metropolitane. Tutti i liberi Consorzi continuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali e umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali. I liberi Consorzi, infine, si avvalgono delle sedi già in uso alle corrispondenti Province regionali ed al personale dei liberi Consorzi è confermato lo status giuridico-economico già in godimento presso le Province regionali. La disciplina predetta rafforza la soluzione esegetica che esclude qualunque situazione di soppressione dei precedenti enti (le Province regionali) e di sostituzione con i nuovi (i Liberi consorzi). Non assume rilievo a tal proposito la disposizione contenuta all art. 11, che disciplina la soppressione di enti. La circostanza che sia stato previsto che la Regione procede alla razionalizzazione, accorpamento o soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, che esercitano funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle attribuite ai liberi Consorzi e alle Città metropolitane, rinviando, però ad una successiva legge l attuazione anche al fine di individuare le relative risorse finanziarie, materiali e umane da trasferire ai liberi Consorzi e alle Città metropolitane, deve far ritenere che la disposizione non si riferisca alle Province regionali la cui disciplina transitoria è contenuta all art. 1. Diverso è il quadro normativo che si delinea con l art. 2, che introduce norme per la costituzione e l adesione a liberi Consorzi. Si prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni, con deliberazione del consiglio comunale adottata a maggioranza di due terzi dei componenti, possono esprimere la volontà di costituire, in aggiunta a quelli previsti dall articolo 1, ulteriori liberi Consorzi che abbiano i seguenti requisiti: a) continuità territoriale tra i comuni aderenti; b) popolazione non inferiore a abitanti. Scelta poi da assoggettare a referendum. In quest ultimo caso si determina una modifica soggettiva di diritto pubblico, con la attribuzione di una diversa personalità giuridica agli enti (Liberi consorzi) modificati o oggetto di nuova costituzione. 4

5 Giova ricordare che la modificazione e la soppressione degli enti e degli uffici pubblici costituisce, nonostante l uso di vocaboli comuni alle due discipline, una vicenda diversa da quella che si registra in materia di trasformazione, successione ed estinzione di enti e società private. Si pone in dubbio che l avvicendarsi nel tempo di figure soggettive, e il conseguente trasferimento di rapporti dall una all altra figura, costituisca un fatto successorio in senso stretto. Infatti, a proposito di tale fenomeno, si distinguono tre distinte vicende: - la successione nel munus ; - la successione nei rapporti patrimoniali; - l avvicendamento di ordinamenti giuridici. Tali vicende possono avverarsi indipendentemente l una dall altra, nel senso che se alla soppressione segue l attribuzione della cura degli stessi interessi pubblici in capo al nuovo ente, si ha successione, ossia subentra nei rapporti patrimoniali necessari allo svolgimento della propria attribuzione, ma non necessariamente anche negli altri rapporti. La regola è che si ha una successione a titolo particolare e non universale, a meno che non sia la stessa legge a stabilire che il nuovo ente, oltre ad assumere le attribuzioni del vecchio, ne rilevi anche la struttura e il patrimonio (in quest ultima fattispecie rientra la costituzione di Liberi Consorzi). Quanto, infine, all avvicendamento di ordinamenti giuridici, il fenomeno è ancora più complesso, in quanto non si tratta di successione tra enti, ma di ordinamenti di enti esponenziali che si susseguono l uno all altro nel tempo (Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2011 n. 216). Il Consiglio di Stato in quest ultima decisione affronta la problematica del passaggio dal modello organizzativo dell azienda municipalizzata a quella dell azienda speciale e si legge: in base a quanto diffusamente esposto, l esclusione di una successione al titolo universale tra gli enti in esame - ossia quella relativa al m u n u s, ai rapporti patrimoniali e alla struttura - esclude che gli appellanti siano succeduti nel nuovo organo in virtù della stessa legge. Parimenti va escluso che essi conservassero l interesse protetto ad essere assegnati al nuovo organo. Infatti, il nuovo ente costituito dal Comune, in virtù della stessa legge istitutiva, non ha nessuna continuità con il vecchio, in quanto il legislatore non si è limitato a trasformare il vecchio ente, ma ne ha previsto uno completamente nuovo e diverso, laddove gli ha conferito la personalità giuridica, l autonomia patrimoniale e imprenditoriale nonché l autonomia 5

6 statutaria, diretta a disciplinare la nuova struttura organizzativa, ivi compresi gli organi rappresentativi, deliberanti, di gestione e di controllo. Pertanto, non vi è nessun collegamento giuridicamente qualificato tra i due enti, in quanto l attribuzione della personalità giuridica di diritto pubblico, che consegue alla semplice istituzione dell ente e in virtù della stessa legge, colloca i fatti giuridici nell ambito dei rapporti intersoggettivi e non interorganici, per cui non vi è successione tra gli organi delle due figure soggettive, che, in caso contrario, avrebbe potuto comportare, se non un transito automatico, quanto meno un condizionamento all attività discrezionale del Comune nel momento in cui procedeva alla dotazione personale dei nuovi organi. Dalla predetta pronuncia si ricava un corollario. Il passaggio da un modello organizzativo all altro senza modifica della personalità giuridica (art. 1 della l. r. n. 8 del 2014) non comporta successione tra enti pubblici, mentre la modifica o costituzione di nuovi enti la determina, incidendo sulla personalità giuridica, ponendo il problema della successione e dei relativi effetti processuali. 3. Le questioni processuali Fermo restando che nel regime del passaggio dalle Province regionali ai Liberi consorzi non si determina una successione tra enti per soppressione dei primi, rimane aperto il problema del regime processuale in casi di modifica o di costituzione dei nuovi liberi consorzi (art. 2). Secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale, allorquando la successione tra enti pubblici avviene a titolo particolare, e non a titolo universale, non può trovare applicazione la disciplina di cui all art. 110 c.p.c., che regola la successione nel processo quando la parte viene meno per morte o altra causa (quale l estinzione di un ente giuridico), bensì quella di cui all art. 111 c.p.c., che regola la successione a titolo particolare nel diritto controverso, stabilendo che se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi il processo prosegue tra le parti originarie, salva la possibilità che il successore a titolo particolare intervenga in giudizio o sia chiamato in causa e che il dante causa sia estromesso con il consenso delle altre parti, fermo restando che la sentenza resa nei confronti del dante causa spiega i suoi effetti pure nei confronti del successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da quest ultimo (Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013 n. 1803). E sufficiente al riguardo ricordare il consolidato indirizzo giurisprudenziale in materia, secondo cui la successione si attua in modo diverso a seconda che la legge o l atto amministrativo, che hanno disposto la relativa soppressione, abbiano considerato il permanere delle finalità dell ente soppresso ed il loro trasferimento ad altro ente, unitamente al passag- 6

7 gio, sia pure parziale delle strutture e del complesso delle posizioni giuridiche già facenti capo al primo ente, ovvero abbiano disposto la soppressione previa liquidazione, in quanto solo nel primo caso si verifica una successione in universum ius (con la conseguenza che tutti i rapporti giuridici che facevano capo all ente soppresso passano all ente subentrante), laddove nel secondo caso, difettando la contemplazione del permanere degli scopi dell ente soppresso, non avrebbe senso una successione a titolo universale nelle strutture organizzative che fosse attuata ai soli fini del loro scioglimento, così che la successione avviene a titolo particolare, limitata ai soli beni che residuino alla procedura di liquidazione, con la conseguenza che l ente liquidatore non solo non si sostituisce nella titolarità della sfera giuridica originaria, ma non assume neppure alcuna diretta responsabilità patrimoniale per le obbligazioni contratte dall ente estinto che già risultassero all atto della liquidazione (Cass. Civ., sez. III, 18 gennaio 2002 n. 535). Non univoca è la giurisprudenza amministrativa in tema di interruzione del processo per soppressione dell Ente pubblico. Un orientamento trae, dalla premessa che nei giudizi davanti ai Tribunali amministrativi regionali trova applicazione, relativamente agli eventi interruttivi del processo, l art. 24 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, in base al quale l interruzione del processo si ha con riguardo al verificarsi di uno di tali eventi in capo a una delle parti private, la coerente conseguenza che il venir meno della parte pubblica non sia causa di interruzione del processo, e rimarca che la disposizione di cui all art. 24 legge cit. non si applica in caso di soppressione o estinzione di un ente pubblico. Per poter mettere in discussione questa pacifica e radicata interpretazione non sarebbe invocabile la previsione che la disciplina sull interruzione del processo civile sia differente da quella che deriva al processo amministrativo dalle citate norme e dalla loro (letterale) interpretazione giurisprudenziale. Le due forme di processo sono da sempre rette da fonti e, quindi, regole diverse, nelle quali si rispecchiano le rispettive peculiarità di genesi, struttura e funzione, onde la circostanza che un istituto trovi nel rito civile un regime diverso da quello per esso dettato sul terreno del processo amministrativo non integrerebbe di per sé alcuna anomalia né indice di incostituzionalità (Cons. Stato, sez. V, 4 agosto 2011 n. 4680) In precedenza e difformemente, secondo una esegesi del nuovo Codice di rito che appare preferibile, lo stesso Consiglio di Stato (Sez. VI, 19 aprile 2011, n. 2406) aveva ritenuto che sul piano processuale, la circostanza che un ente pubblico, parte di un processo, venga soppresso ex lege, e le sue funzioni trasferite ad altro ente costituisce una causa di interruzione del processo. Tale causa interruttiva, in caso di estinzione di un ente pubblico, 7

8 si applica anche nel processo amministrativo dopo l entrata in vigore del codice del processo amministrativo che in tema di interruzione del processo rinvia integralmente al codice di procedura civile. Si legge in quest ultima pronuncia che Sul piano processuale, la circostanza che un ente pubblico, parte di un processo, venga soppresso ex lege, e le sue funzioni trasferite ad altro ente costituisce una causa di interruzione del processo (Cass., sez. I, 30 agosto 2007 n ). Tale causa interruttiva, in caso di estinzione di un ente pubblico, si applica anche nel processo amministrativo dopo l entrata in vigore del c.p.a., che in tema di interruzione del processo rinvia integralmente al c.p.c. (art. 79, co. 2, c.p.a.), e non essendo stata riprodotta la previgente regola secondo cui la causa interruttiva per estinzione dell ente riguardavano solo le parti private e non anche la pubblica amministrazione (art. 24, l. n. 1034/1971). Ai sensi dell art. 299 e dell art. 110 c.p.c., quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. Con riferimento al processo civile la giurisprudenza (da ultimo Cass. civ. Sez. I, 13 marzo 2013, n. 6208) è pervenuta alla conclusione che la soppressione di un ente pubblico, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina l interruzione automatica del processo, ai sensi dell art. 299 cod. proc. civ., soltanto ove intervenga tra la notificazione della citazione e la costituzione in giudizio, trovando altrimenti applicazione l art. 300 cod. proc. civ. che impone, ai fini della interruzione, la corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore costituito per la parte interessata dall evento (configurabile non come mera dichiarazione di scienza, ma come vera e propria manifestazione di volontà diretta a provocare la predetta interruzione) o la notifica di quest ultimo alle altre parti. Pertanto, in assenza di una siffatta dichiarazione entro la chiusura della discussione, la posizione della parte rappresentata resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona giuridica ancora esistente, con correlativa ultrattività della procura ad litem, nessun rilievo assumendo, ai fini suddetti, la conoscenza dell evento a l i u n - d e acquisita, ancorché evincibile da un provvedimento legislativo che ha disposto quella soppressione. 8

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