Criminologia e sociologia L uomo vittima di una donna carnefice

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1 Criminologia e sociologia L uomo vittima di una donna carnefice

2 Grafici realizzati dall autrice.

3 Glenda Mancini CRIMINOLOGIA E SOCIOLOGIA L UOMO VITTIMA DI UNA DONNA CARNEFICE

4 Copyright 2013 Glenda Mancini Tutti i diritti riservati

5 Alla mia migliore amica Valentina

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7 Prefazione a Glenda Mancini, Donne che picchiano gli uomini Secondo molti, la più grande rivoluzione del nostro tempo è la rivoluzione della donna, intrecciata con tanti altri fenomeni rivoluzionari, anche con quelli apparentemente più lontani. Ad esempio, lo spostamento immenso di potere e di economia che è in corsa verso l oceano Pacifico sarebbe incomprensibile senza considerare un profilo tipicamente femminile. In Cina, il 46% della forza lavoro è costituito dalle donne, e sono donne cinesi la metà delle miliardarie del mondo. Il miracolo sbalorditivo della nuova Asia non ci sarebbe senza queste donne nuove di zecca, precedentemente sconosciute in una civiltà millenaria. A fronte di un cambiamento colossale, le nostre capacità di comprensione sono messe a dura prova e spesso non sappiamo che lezione trarre dagli avvenimenti e che decisioni prendere. In questo contesto ben più ampio vorrei che almeno come punto di partenza sia collocato questo bel libro di Glenda Mancini, originariamente compilato come una tesi di laurea. 7

8 Ho conosciuto Glenda Mancini come una studentessa molto attenta e impegnata, che mi ha proposto di fare una tesi su un argomento decisamente imbarazzante. Infatti, parlare di rapporti in cui possono essere le donne ad assumere ruoli vessatori nei confronti degli uomini costituisce una sfida non soltanto per il politicamente corretto, ma per il senso comune. Tutti sappiamo che esiste una violenza spropositata, nascosta, inammissibile contro le donne; il punto di vista di Glenda potrebbe essere frainteso. Esistono varie associazioni e culture negazioniste in merito alla violenza di genere, spesso aspramente criticate negli intenti e nella metodologia, come nel caso di un iniziativa proposta nel Novembre 2012, che indicava, soltanto a Roma, il numero di mezzo milione di uomini vittimizzati (psicologicamente, ma anche fisicamente) dal gentil sesso. Contro gli autori si disse (e fu il meno) che si trattava di numeri buttati a caso. Quando è stata programmata la giornata di discussione della tesi di laurea di Glenda, ho invitato caldamente a partecipare anche la direttrice del mio Dipartimento, professoressa e amica Maria Grazia Cifone, che spesso io in precedenza, scherzosamente e pubblicamente, avevo definito una picchiatrice con il pugno di ferro nel guanto di velluto. Pur essendo una ricercatrice nell area medica, ha accettato l invito: è intervenuta e ha partecipato attivamente al nostro misurato, ma inquieto confronto. Il tema è coinvolgente: incuriosisce e preoccupa, perché oggi la nostra sensibilità sul tema della violenza è accentuata e amplificata per mille motivi. Nella stessa giornata di laurea erano state presentate molte altre tesi e nella commissione esaminatrice c erano illustri esperti in campi diversi, con una conoscenza 8

9 specialistica non comune. Un nome per tutti: Ferdinando Imposimato. Ne abbiamo parlato a lungo, rimanendo alla fine con qualche dubbio in più rispetto a quando avevamo cominciato. Nel corso di una giornata speciale, su questo lavoro di Glenda Mancini la commissione di laurea si è soffermata parecchio con un vivace confronto, sia in pubblico sia quando poi ci siamo riuniti in privato per dare una valutazione finale. Paradossalmente, quando abbiamo esaminato un tema come la trattativa tra Stato e mafia, tra di noi la discussione è stata minima, invece, quando abbiamo valutato il tema donne che picchiano gli uomini, ci sono state molte resistenze e molte differenze. Io esprimevo ed esprimo ancora un parere molto positivo su questo lavoro di Glenda, che merita attenzione proprio per la capacità di costringere ad una riflessione scomoda ed incerta: non è in gioco soltanto l identità di uomini e donne, ma la nostra capacità di prendere coscienza di quel che è ritenuto fondamentale nel nostro tempo. In molti numeri obiettivi la società italiana è molto meno violenta che nel passato, ma la nostra attenzione in proposito si è moltiplicata, forse esasperata. Oggi, mentre chiudo questa presentazione, sulla trattativa tra Stato e mafia c è una sentenza della quarta sezione del Tribunale di Palermo, che rimette in discussione tutto quanto detto precedentemente in proposito; mentre sul tema donne che picchiano gli uomini, il dibattito culturale è apparentemente unanime, caratterizzato dalla riflessione sul femminicidio e sulla violenza crescente degli uomini nei confronti delle donne, con interventi di grande rilievo istituzio- 9

10 nale, che hanno visto l impegno in prima persona della Presidente della Camera e delle donne magistrato. Oltre al problema del politicamente corretto e degli schieramenti partitici e culturali conseguenti, per me (quando Glenda Mancini mi propose questo argomento) c era un altro problema assai rilevante: sull argomento, in particolare in Italia, non esiste una letteratura scientifica consolidata. Mentre sulla famiglia c è una letteratura che conta le osservazioni dei grandi fondatori della sociologia (da Weber a Durkheim), sulla violenza dentro le mura domestiche esistono argomentazioni che spesso inventano i numeri, o interpretano i numeri in maniera del tutto particolare. Personalmente, ad esempio, mi sono permesso di prendere in giro (soltanto un poco ed educatamente) il sociologo forse più stimato (sicuramente da me) nel nostro tempo, perché aveva scritto in un suo ponderoso manuale, tradotto in tutto il mondo, che il luogo più pericoloso della società moderna è la casa! Si riferiva ai maltrattamenti in famiglia e a un elenco di violenze e di perversioni varie (che sono concretamente possibili o reali dentro alcune mura domestiche, in determinate circostanze). Un affermazione così perentoria mi sembrava toccasse involontariamente vertici di comicità, perché fondata logicamente e statisticamente in modo da ricordare una nota consequenzialità di Mark Twain: Il luogo più pericoloso al mondo è il letto. Infatti ci muore almeno il 90 % della gente. Come il letto non è un posto pericoloso, anche se è effettivamente vero che molti ci muoiono, così la casa non è un posto pericoloso, anche se è effettivamente vero che molti ci litigano. 10

11 Insieme ai dati relativi alle violenze in famiglia dovremmo sempre tenere presenti tutti gli altri dati sugli effetti benefici di una felice vita familiare: le persone sposate vivono più a lungo degli scapoli e delle nubili; hanno tassi di gran lunga inferiori di suicidio, omicidio, incidenti, malattie mentali; sono inferiori i livelli di quasi tutte le trasgressioni penalmente sanzionate. Sull effetto stabilizzatore della famiglia e sulla sua funzione di antidoto contro tante forme di devianza scrive efficacemente Durkheim già alla fine dell Ottocento. Forse oggi si potrebbero di più rivedere, riportare, commentare gli aspetti piacevoli, rasserenanti, socializzanti del rapporto tra uomini e donne. Un articolo del New York Times, July 2, 2013, commenta i dati sorprendenti di uno studio del Centers for Disease Control and Prevention. Negli Stati Uniti il numero di donne che muoiono per abuso di farmaci antalgici, ottenuti attraverso regolari prescrizioni mediche, è più alto del numero di donne che muoiono di tumore cervicale o di omicidio. Non è una citazione negazionista: è un numero, ma soprattutto è una proporzione; è un confronto che non può essere tanto facilmente trascurato. Perché non soltanto i numeri devono essere veri, ma devono essere interpretati e confrontati. Cito da un articolo apparso sul Fatto Quotidiano, 9 Agosto 2013, scritto da Mario De Maglie, coordinatore del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti di Firenze, primo e benemerito centro del genere in Italia: Quando si parla di violenza di genere ritengo fondamentale non occuparsi esclusivamente della violenza degli uomini sulle donne, ma aprire uno spazio di riflessione e di studio anche sulla violenza delle donne 11

12 sugli uomini. Molti minimizzano il fenomeno o lo ritengono molto meno diffuso rispetto alla violenza maschile. Tuttavia proprio per poterlo affermare con certezza, sono necessari studi che permettano di fornire dati il più corretti e scientifici possibili. Su argomenti così rilevanti non si può discutere di opinioni e impressioni per quanto marcate e fondate queste possano essere. Dobbiamo partire dalla realtà oggettiva e non soggettiva. Per questo, istituire un Osservatorio nazionale in grado di analizzare scientificamente il fenomeno sarebbe dovuto essere un punto al centro del decreto legge contro la violenza di genere. La ricerca di Glenda conferma l inattualità di quella veneranda letteratura che dipinge la donna soltanto come vittima: sottolineava costantemente l immagine di una donna sottopagata nel mercato del lavoro e violentata nell intimità. È l immagine che corrispondeva alla realtà di cento anni or sono e che viene riproposta spesso anche oggi. Dico non a caso che si tratta di cento anni di differenza: con la prima guerra mondiale, a cominciare dal 1914, molti datano l ingresso più significativo e poderoso delle donne nel mercato del lavoro, nelle fabbriche e dunque nello spazio pubblico, mentre gli uomini europei si sterminavano in una guerra civile che durerà decenni. Il primo grande libro sulla condizione femminile è stato scritto da John Stuart Mill nel 1869 e aveva per titolo The Subjection of Women. Sullo stesso argomento, l autore che è oggi forse il più citato dai sociologi, Pierre Bourdieu, ha scritto nel 1999 un volume che ancora ha per titolo: La Domination masculine. Ma un secolo dal 1914 è passato invano? La cronaca offre costantemente spunti di riflessione che vanno in senso opposto rispetto a quell antica 12