Osservatorio. Valutazione del rischio trombofilico in una coorte di pazienti con trombosi venosa profonda

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1 Osservatorio Vol. 99, N. 7-8, Luglio-Agosto 2008 Pagg Valutazione del rischio trombofilico in una coorte di pazienti con trombosi venosa profonda Sara Valverde 1, Francesco Antico 1, Ernesto Trabuio 1, Daniela Basso 2, Filippo Navaglia 2, Elisa Orlandini 3, Alda Giacomini 3, Fabio Manoni 4, Gianluca Gessoni 5 Riassunto. Premesse. La trombosi venosa è spesso il risultato della interazione di molteplici fattori di rischio, congeniti od acquisiti, con un evento scatenante. In questo studio gli autori riportano la loro esperienza in una coorte di pazienti italiani con pregressa trombosi. Materiali e metodi. Sono stati considerati 292 pazienti consecutivi. Ciascun paziente è stato valutato utilizzando un pannello di test funzionali e genetici per ricercare i fattori di rischio trombofilico più rilevanti. Risultati. Il singolo più frequente fattore di rischio trombofilico era la resistenza alla proteina C attivata legata alla presenza del fattore V Leiden. I test per gli auto-anticorpi anti-fosfolipidi erano positivi in 62 pazienti. Conclusioni. Il pannello di test prescelto permetteva di evidenziare la presenza di un fattore di rischio trombofilico nella grande maggioranza dei pazienti (80%). In 128 soggetti (44%) era possibile dimostrare la presenza di molteplici fattori di rischio. Parole chiave. Auto-anticorpi anti-fosfolipidi, fattori di rischio, fattore V Leiden, resistenza alla proteina C attivata, trombofilia, trombosi venosa. Summary. Thrombophilia risk factors evaluation in a group of Italian patients with deep venous thrombosis. Venous thrombosis usually results from coexistence of multiple genetic and acquired risk factors with a trigger condition. In this study the authors report their experience in a cohort of Italian patients with previous venous thrombosis. Material and methods. We considered 292 consecutive patients. Each patient was studied by using a panel of functional and genetic tests to detect some of the most relevant thrombophilia risk factors. Results. The single most frequent thrombophilia risk factor was activated C protein résistance due to FV Leiden. Tests for anti phospholipids auto antibodies showed reactivity in 62 subjects. Conclusion. The great majority (80%) of patients showed almost one thrombophilia risk factor. Presence of multiple risk factors was demonstrated in % patients. Key words. APC resistance, anti phospholipids auto antibodies, factor V Leiden, risk factors, thrombophilia, venous thrombosis. Introduzione Viene definita trombofilia la tendenza, determinata da cause congenite o acquisite, al tromboembolismo venoso e/o arterioso, caratterizzata dalla comparsa di manifestazioni cliniche anche in età giovanile, senza cause apparenti e con la tendenza a recidivare 1. Anche se il concetto di trombofilia implica l alterazione dell equilibrio del sistema emostatico verso la trombogenesi, vi sono numerosi meccanismi compensatori che rendono episodica la trombosi. Infatti, affinché questa si sviluppi è in genere necessario che coesista più di un fattore trombofilico. Del resto, alcuni fattori trombofilici ereditari sono relativamente frequenti nella popolazione generale, e vi è quindi un elevata possibilità che coesistano fra di loro oppure con i fattori trombofilici acquisiti, rompendo così l equilibrio emostatico e portando alle manifestazioni cliniche 2. Tra le cause di trombofilia ereditaria vanno considerati i deficit degli inibitori fisiologici della coagulazione: antitrombina terza (AT3), proteina C (PC), proteina S (PS); la resistenza alla proteina C attivata (APCR), determinata dalla mutazione G1691A nel gene del fattore V, conosciuta come fattore V Leiden (FVL); la mutazione G20210A nel gene della protrombina, la iperomocisteinemia, spesso sostenuta dalla mutazione C677T nel gene della tetrametil-idrofolato-reduttasi (MTHFR). 1 Servizio di Medicina di Laboratorio, Ospedale, Chioggia; 2 Servizio di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera, Padova; 3 Servizio di Medicina di Laboratorio, Ospedale, Piove di Sacco; 4 Servizio di Medicina di Laboratorio, Ospedale, Monselice; 5 Servizio Trasfusionale, Ospedale, Chioggia. Pervenuto il 10 aprile 2008.

2 S. Valverde et al.: La valutazione di laboratorio della trombofilia 349 Tra le cause di trombofilia acquisita vanno considerate la presenza di auto-anticorpi antifosfolipidi (APA), l età avanzata, la terapia con estroprogestinici, l immobilizzazione, la gravidanza, la presenza di neoplasie, il periodo post-operatorio 3. La valutazione di laboratorio della trombofilia si propone di individuare la presenza di fattori di rischio trombotico congeniti od acquisiti. Sono stati quindi predisposti alcuni test di in grado di riconoscere i più frequenti fattori di rischio in soggetti selezionati in base a criteri clinico anamnestici: soggetti con trombosi venosa (TV) insorta sotto i 40 anni, con TV recidivante, con tromboembolismo venoso (TEV), etc. 4. Scopo del presente studio è quello di riportare i risultati ottenuti sul campo, esaminando una coorte di pazienti con almeno un pregresso episodio di trombosi venosa per mezzo del protocollo di studio abitualmente utilizzato nel nostro Servizio di Medicina di Laboratorio, ai fini della individuazione di eventuali fattori di rischio trombofilico. DNA blood kit, Qiagen, Italia) automatizzato su strumentazione King Fischer ml (Thermo Labsystem, Finlandia). La presenza di ciascun polimorfismo è stata valutata mediante reazione PCR e concomitante discriminazione allelica con sonde Taqman. Le sequenze di riferimento dei geni del fattore V, del fattore II e del gene MTHFR sono state ottenute dal National Center for Biotechnology database ( I primers e le sonde utilizzate sono state disegnate mediante il software Primers Express 2.0 (Applied Biosystems, USA). La metodica è stata condotta secondo le indicazioni del produttore. Per la discriminazione genica è stato utilizzato uno strumento ABI Prism 7900 HT (Applied Biosystems, USA). Materiali e metodi PAZIENTI Sono stati considerati 292 pazienti consecutivi osservati, tra il maggio 2004 ed il settembre 2007, presso il nostro Servizio di Medicina di Laboratorio per evidenziare la presenza di eventuali fattori di rischio trombofilico dopo un episodio di TV. Si trattava di 106 maschi (36,6%) e 186 femmine (63,7%), con età compresa tra 16 ed 89 anni (media 49 anni). Lo studio è stato autorizzato dal Comitato Etico della A-ULS 14 della Regione Veneto; da tutti i pazienti è stato ottenuto il consenso per l ottenimento dei campioni biologici. I campioni sono stati ottenuti a distanza di almeno quattro settimane dall insorgenza dell episodio trombotico ed in assenza di terapia con anticoagulanti orali. TEST FUNZIONALI I test funzionali per lo studio di base dell emostasi, la ricerca di deficit di inibitori della coagulazione, la ricerca degli auto-anticorpi anti-fosfolipidi, il dosaggio della omocisteina sono brevemente riportati in tabella 1 alla pagina seguente). Per la ricerca della APCR sono stati utilizzati due differenti approcci metodologici: abbiamo utilizzato infatti in prima battuta un metodo basato sulla ratio dello aptt valutata con un metodo commerciale: Diagen APC ratio test (DAPCR fornito dalla Dasit). A questo è stato affiancato il test Pentapharm Pefakit FVL (PFVL = Pentapharm, Basel CH): si tratta di un test funzionale di nuova concezione, basato sulla PT-ratio. Entrambi i test sono stati eseguiti su un analizzatore Sysmex CA 7000 seguendo le istruzioni del costruttore 5,6. TEST GENETICI I test per individuare le mutazioni puntiformi G1691A nel gene del FV, G20210A nel gene della protrombina, C677T nel gene della MTHFR sono stati eseguiti come descritto in un precedente lavoro 7. In breve il DNA genomico è stato estratto da 200 µl di sangue intero con un metodo di estrazione basato su particelle di silice paramagnetiche (BioSprint 15 ELABORAZIONE STATISTICA Abbiamo utilizzato il test t di Student per dati non appaiati per il confronto delle medie ed il test chi quadro di Pearson per il confronto delle proporzioni; per entrambi i test è stato considerato come statisticamente significativo un p<0,05. In base alla frequenza di veri positivi (VP), falsi positivi (FP), veri negativi (VN), falsi negativi (FN), abbiamo calcolato la sensibilità (SE), specificità (SP), il valore predittivo positivo (VPP) ed il valore predittivo negativo (VPN) dei test. Risultati TEST GENETICI In 292 soggetti valutati consecutivamente presso il nostro Servizio di Medicina di Laboratorio per indagare la presenza di eventuali fattori di rischio trombofilico, abbiamo osservato 124 (42,5%) portatori di FVL, di cui 13 omozigoti (4,5%) e 111 (38,0%) eterozigoti. Solo 3 soggetti (1,0%) presentavano una eterozigosi per la mutazione della protrombina. Per quanto attiene le mutazioni a carico del gene MTHFR, abbiamo osservato 128 (43,8%) soggetti normali e 164 soggetti (56,2%) presentanti una mutazione; di questi, 30 (10,3%) risultavano omozigoti. TEST COAGULATIVI FUNZIONALI La attività media della PS era 96,0±22,6%, solo 2 (0,7%) soggetti presentavano livelli di attività inferiori al 50%; la attività media della PC era 94,6±25,5%, 4 soggetti (1,4%) presentavano livelli di attività inferiori al 50%; la attività media della AT3 era 97,9±19,1. 7 soggetti (2,9%) presentavano livelli di attività inferiori al 50%. Il test PFVL si dimostrava in grado di discriminare correttamente in tutti i casi i soggetti normali dai portatori di FVL: VP=124, VN=168, FP=0, FN=0; SE=1, SP=1, VPP=1, VPN=1. Nella distinzione tra omozigoti ed eterozigoti si dimostrava in grado di individuare correttamente tutti 13 gli omozigoti ma classificava in questo gruppo un eterozigote;vp=13, VN=110, FP=1, FN=0; SE=1,00, SP=0,99, VPP=1,00, VPN=0,93.

3 350 Recenti Progressi in Medicina, 99, 7-8, 2008 Tabella 1. Descrizione delle metodiche utilizzate. Test Strumento Reagente Produttore Modello Produttore Prodotto PT Sysmex CA 7000 Diagen Tromboplastina S aptt Sysmex CA 7000 Biopool APTT-P Fibrinogeno Sysmex CA 7000 Biopool Bovine T thrombin 100 NIH TT Sysmex CA 7000 Biopool Bovine T thrombin 10 NIH D-Dimero Sysmex CA 7000 Diagen D-Dimer AT III Sysmex CA 7000 Biopool AT 3 Xa PC Sysmex CA 7000 Biopool Spectolyse Protein C PS Sysmex CA 7000 Hemos IL Free protein S FV Sysmex CA 7000 Biopool FV deficent plasma Ricerca LA Sysmex CA 7000 Diagen PTT lupus Ricerca LA Sysmex CA 7000 Biopool DRVVT screening Anti CL IgG Alifax Tek 4 Imuclone apl IgG Anti CL IgM Alifax Tek 4 Imuclone apl IgM Anti PR IgG Alifax Tek 4 Anti PR IgM Alifax Tek 4 Anti B2GP1 IgG Alifax Tek 4 Anti B 2GP1 IgM Alifax Tek 4 Omocisteina Abbott Aeroset Axis Shield prothrombin IgG prothrombin IgM B2GP1 IgG B2GP1 IgM Enzymatic Homocisteine assay Ditte: Abbott Roma Italia, Alifax Polverara PD Italia, Axis Shield Dundee Scozia, Biopool Dublino Irlanda, Dasit Milano Italia, Diagen Thame Regno Unito, Milano Italia, Sysmex Milano Italia. Abbreviazioni: Anticorpi anti-cardiolipina = anti CL, Anticorpi anti-protrombina = anti-pr, Anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 = anti B2GP1, Anticoagulante lupico = LA. Il test DAPCR nella discriminazione tra soggetti normali e portatori di FVL presentava le seguenti prestazioni VP=124, VN=166, FP=2, FN=0: SE=1,00, SP=0,99, VPP=1,00, VPN=0,98. Nella distinzione tra omozigoti ed eterozigoti si evidenziavano: VP=10, VN=110, FP=1, FN=3: SE=0,77, SP=0.99, VPP=0.91, VPN=0,97. 8% 5% 3% 2% ANTICORPI ANTI-FOSFOLIPIDI Nella casistica esaminata. 62 soggetti (21,2%) presentavano positività per gli anticorpi anti-fosfolipidi: 50 pazienti (17,1%) risultavano positivi a due metodi utilizzati per la ricerca del LA; 14 soggetti (4,8%) presentavano anti CL IgG, e 11 (3,8%) presentavano anti CL IgM; 17 pazienti (5,8%) presentavano anti B2GP1 IgG, e 11 (3,8%) presentavano anti B2GP1 IgM; 10 soggetti (3,4%) presentavano anti-pr IgG, mentre nessuno risultava positivo per le IgM. Ne consegue che quasi nella metà dei pazienti con positività per APA si potevano evidenziare positività auto anticorpali multiple: due auto-anticorpi in 19 soggetti (30,6%), tre in 5 soggetti (8,1%), quattro in 3 soggetti (4,8%), cinque in 2 soggetti (3,2%) e cinque in 1 soggetto (1,6%). Tali dati sono riportati nella figura 1. 31% 51% Figura 1. Presenza di reattività multiple ai test per la ricerca degli auto-anticorpi anti-fosfolipidi. Nei 62 pazienti con positività ad almeno un test per la ricerca degli auto-anticorpi anti-fosfolipidi, 32 soggetti (51%) erano reattivi per un solo test, 19 (31%) a due, 5 (8%) a tre, 3 (5%) a quattro, due (3%) a cinque e uno (2%) a sei.

4 S. Valverde et al.: La valutazione di laboratorio della trombofilia 351 OMOCISTEINA Considerando l intera casistica, la concentrazione media di omocisteina era 13,1+6,7 ng/dl. Considerando i soli soggetti normali (assenza della mutazione C677T del gene MTHFR) la concentrazione plasmatici di omocisteina era 10,8+4,7 ng/dl; tale concentrazione appariva significativamente minore di quanto osservato sia tra i soggetti omozigoti (p<0,005) sia tra i soggetti eterozigoti (p<0,05), inoltre solo lo 1,6% dei soggetti presentava omocisteinemia superiore alla norma. Considerando i soli soggetti omozigoti, la concentrazione plasmatica di omocisteina era 18,8+8,9 ng/dl; inoltre ben il 23,3% dei soggetti presentava omocisteinemia superiore alla norma. Discussione Sono stati valutati 292 soggetti osservati consecutivamente presso il nostro Servizio di Medicina di Laboratorio per una ricerca di eventuali fattori di rischio trombofilico dopo un episodio di trombosi venosa agli arti inferiori. Per quanto riguarda l interessamento di altri distretti vascolari, 25 pazienti (8,5%) hanno presentato una embolia polmonare, 5 (1,7%) un infarto miocardico, 2 (0,7%) un ictus ed 1 (0,3%) una trombosi venosa retinica. La casistica si caratterizza, da un punto di vista anagrafico, per la prevalenza di soggetti di sesso femminile (63,7%) e la bassa età media dei pazienti (49 anni). Per quanto riguarda la storia clinica, 81 soggetti (27,7%) avevano una storia familiare positiva per episodi trombotici in parenti di primo grado, in 12 pazienti (4,1%) la trombosi era stata scatenata dalla gravidanza o dalla assunzione di estroprogestinici per via orale, in 5 pazienti (1,7%) la trombosi si era manifestata come epifenomeno di un mieloma, in 4 soggetti (1,3%) era presente una storia di aborti ripetuti. Tabella 2. Descrizione della frequenza di ciascun singolo fattore di rischio. Descrizione Fattore di Rischio Numero positivi Percentuale positivi TEST GENETICI Omozigoti per mutazione G20210A della protrombina 0 0,00 Eterozigoti per mutazione G20210A della protrombina 3 1,02 Omozigoti per mutazione G1691A del FV Eterozigoti per mutazione G1691A del gene FV ,01 Omozigoti per mutazione C677T del MTHFR 30 10,27 Eterozigoti per mutazione C677T del gene MTHFR ,89 TEST COAGULATIVI FUNZIONALI Deficit di AT3 7 2,39 Deficit di PC 4 1,36 Deficit di PS 2 0,68 APCR test Diagen ,15 APCR test Pefakit ,46 AUTO ANTICORPI ANTI FOSFOLIPIDI Ricerca LA 50 17,12 Ricerca LA 50 17,12 Anti CL IgG 14 4,79 Anti CL IgM 11 3,76 Anti PR IgG 10 3,42 Anti PR IgM 0 0,00 Anti B2GP1 IgG 17 5,82 Anti B 2GP1 IgM 10 3,42 IPER OMOCISTEINEMIA Omocisteina plasmatica aumentata 23 7,87 Abbreviazioni: Anticorpi anti cardiolipina = anti CL, Anticorpi anti protrombina = anti PR, anticorpi anti Beta 2 glicoproteina 1 = anti B2GP1, Anticoagulante lupico = LA.

5 352 Recenti Progressi in Medicina, 99, 7-8, 2008 La frequenza della mutazione del gene della protrombina è stata rinvenuta in una percentuale assai modesta di pazienti (1%) rispetto a quanto riportato in letteratura 8,11. La mutazione C677T del gene MTHFR è stata osservata in un gran numero di soggetti (56,2%): quindi con una prevalenza assai maggiore di quanto riportato in letteratura 4,8,9,12. Di contro, una iperomocisteinemia è stata osservata solo nel 7,9% dei pazienti. In ogni caso abbiamo osservato come i valori medi di omocisteina plasmatica siano significativamente più elevati nei soggetti omozigoti (p<0,005) od eterozigoti (p<0,05) per la mutazione, rispetto ai soggetti normali. La percentuale di pazienti con omocisteinemia passava dall 1,6% osservato nei soggetti normali al 10,4 (p<0,01) nei soggetti eterozigoti ed al 23,3% (p<0,001) tra i soggetti omozigoti. Abbiamo osservato una elevata prevalenza (42,5%) di soggetti presentanti la mutazione G1691A specifica per FVL; tale percentuale è sensibilmente più elevata di quanto riportato da altri autori in casistiche analoghe I due test funzionali per la ricerca della APCR hanno dato risultati nel complesso soddisfacenti e ben correlati con il test genetico. Il test DAPCR, nella discriminazione tra soggetti normali e portatori, presentava 2 risultati falsi positivi e quindi SE=1,00, SP=0,99, VPP=1,00, VPN=0,98 mentre nella distinzione tra omozigoti ed eterozigoti le prestazioni erano meno soddisfacenti, evidenziando un falso positivo e 3 falsi negativi; quindi: SE=0,77, SP=0,99, VPP=0,91, VPN=0,97. Il test PFVL si dimostrava in grado di discriminare correttamente in tutti i casi i soggetti normali dai portatori di FVL: SE=1,00, SP=1,00, VPP=1,00, VPN=1,00. Nella distinzione tra omozigoti ed eterozigoti si dimostrava in grado di individuare correttamente tutti i 13 gli omozigoti, ma classificava in questo gruppo un eterozigote dando, quindi, un risultato falso positivo: SE=1,00, SP=0,99, VPP=1,00, VPN=0,93. Tali risultati vanno a confermare quanto riportato in letteratura 5,6,7,13. La prevalenza di pazienti con deficit degli inibitori della coagulazione, nella nostra casistica, è risultata tutto sommato modesta: 2,4% per la AT3, 1,4% per la PC e 0,7% per la PS. Tali risultati sono peraltro in linea con quanto riportato in letteratura 14 e confermano sostanzialmente quanto da noi osservato in una precedente esperienza 15. Una positività per almeno un test per la ricerca degli auto-anticorpi anti-fosfolipidi è stata ritrovata in 62 pazienti (21,2%) con presenza, spesso, di reattività multiple (come illustrati nella figura 1). La prevalenza di pazienti con APA osservata nella nostra casistica appare lievemente maggiore di quanto riportato in letteratura 2. Tra i 292 pazienti considerati, adottando il profilo diagnostico descritto, era impossibile dimostrare la presenza di fattori di rischio solo in 56 soggetti (19,2%), mentre in 236 pazienti (80,8%) era possibile dimostrare la presenza di almeno un fattore di rischio trombofilico. Come illustrato nella figura 2, in 108 soggetti (37,0%) era presente un solo fattore di rischio, in 89 soggetti (30,5%) due, in 34 soggetti (11,6%) tre ed in cinque pazienti (1,7%) erano presenti addirittura quattro fattori di rischio indipendenti. 30% 12% Conclusioni 2% 19% 37% Figura 2: Distribuzione dei fattori di rischio trombofilico. Tra i 292 pazienti considerati, nel 19% era impossibile dimostrare la presenza di fattori di rischio trombofilico, in 108 soggetti (37%) era presente un solo fattore di rischio, in 89 (30,48%) due, in 34 (12%) tre ed in cinque pazienti (2%) erano presenti quattro fattori di rischio indipendenti. Lo studio di laboratorio dei fattori di rischio trombofilico riveste un ruolo di grande importanza permettendo di identificare la predisposizione a sviluppare manifestazioni trombotiche. Questi dati devono essere valutati criticamente, in quanto la presenza di fattori di rischio si associa ad un rischio statistico di sviluppare malattia, ma non alla presenza di malattia stessa. Inoltre il costo di uno screening per la ricerca di fattori di rischio trombofilico non è trascurabile e quindi non sembra al momento proponibile come approccio generalizzato alla popolazione non selezionata 1,14. Il presente studio è stato condotto su una coorte formata da 292 pazienti inviati alla nostra osservazione per una valutazione del rischio trombofilico dopo almeno un episodio di trombosi venosa. I risultati ottenuti sembrano confermare che nella nostra area geografica (porzione sud orientale del Veneto), il singolo, più frequente, fattore di rischio trombofilico rilevabile in laboratorio è la resistenza alla proteina C attivata legata alla presenza del fattore V di Leiden (mutazione G1691A). Inoltre, nella coorte di pazienti esaminata, tale mutazione sembra essere più frequente di quanto riportato in letteratura per casistiche analoghe L approccio diagnostico adottato ci ha permesso di evidenziare almeno un fattore di rischio trombofilico nella grande maggioranza (80,82%) dei pazienti esaminati. I risultati ottenuti sembrano confermare la frequente coesistenza di più fattori di rischio nello stesso soggetto, supportando quindi l ipotesi che vede la malattia trombo-embolica come una malattia ad etiologia complessa, ove uno o più fattori predisponenti, genetici od acquisiti, vanno ad interagire tra loro e con un eventuale evento trigger per dare origine all evento morboso 16,17.

6 S. Valverde et al.: La valutazione di laboratorio della trombofilia 353 Ringraziamenti Gli autori ringraziano il dott. A. Pacioni ed il dott R. Scala della Dasit Italia per la assistenza tecnica e la costruttiva discussione. Bibliografia 1. Tripodi A, Mannucci P. Laboratory investigation of thrombophilia. Clin Chem 2001; 47: Somma J, Sussman I, Rand J. An evaluation of thrombophilia screening in an urban tertiary care medical center: a real word experience. Am J Clin Pathol 2006; 126: LeagueS, Hooper W. Molecular diagnosis of inherited thrombosis. Clin Lab Sci 2005; 18: Moll S. Thrombophilias: practical implications and testing caveat. J Thromb Thrombolysis 2006; 21: Wilmer M, Stocker C, Buhler B, Conell B, Calatzis A. Improved distinction of factor V wild-type anf Factor V Leiden using a novel prothrombin based activated Protein C resistance assay. Am J Clin Pathol 2004; 122: Schoni R. The use of snake venom derived compounds for new functional test kits in the field of haemostasis. Pathophysiol Haemost Thromb 2005; 34: Valverde S, Gessoni G, Canistro R, Basso D, Navaglia F. Valutazione di un esame funzionale basato sul tempo di protrombina nello studio della resistenza alla proteina C attivata. Bioc Clin 2007; 31/6: De Stefano V, Rossi E, Paciaroni K, Leone G. Screening for inherited thrombophilia: indications and therapeutic implications. Haematologica 2002; 87: Paschoa A, Guillaumon A. Impact of screening on thrombophilia for patients with venous thrombosis. Int Angiol 2006; 25: Franchini M, Veneri D, Salvagno G, Manzato F, Lippi G. Inherited thrombophilia. Crit Rev Clin Lab Sci 2006; 43: Vig S, Chitolie A, Bevan D, Dormandy J, Thompson M, Halliday A. The prevalence of thrombophilia in patients with symptomatic peripheral vascular disease. Br J Surg 2006; 93: Bauduer F, Lacombe D. Factor V Leiden, prothrombin 20210A, methlylene tetra hydrofolate reductase 677T and population genetics. Mol Genet Metab 2005; 86: Schoni R, Quehenberger P, Wu J, Wilmer M. Clinical evaluation of a new functional test for detection of activated protein C resistance Pefakit APC-R Factor V Leiden at two centers in Europe and the USA. Thromb Res 2007; 119: Tripodi A. Issues concerning the laboratory investigations of inherited thrombophilia. Mol Diagn 2005; 9/4: Gessoni G, Valverse S, Canistro R, Trabuio E, Antico E, Manoni F. Laboratory assessment of hypercoagulable state: a study in a group of patients with venous thromboembolism born in Chioggia. Minerva Medica 2007; 98: Zoller B, Garcia de Frutos P, Dahlback B. Thrombophilia as a multigenic disease. Haematologica 1999; 84: Heit J. The epidemiology of venous thromboembolism in the community: implications for prevention and management. J Thromb Thrombolysis 2006; 21: Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Sara Valverde Ospedale Civile Servizio di Medicina di Laboratorio Via Madonna Marina, Chioggia svalverde@asl14chioggia.veneto.it