STUDI E ANALISI FINANZIARIA STUDI DI SETTORE
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- Arnaldo Cecchini
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1 STUDI E ANALISI FINANZIARIA STUDI DI SETTORE
2 Il finanziamento degli investimenti nel settore dei rifiuti solidi urbani Executive summary... 2 Introduzione... 3 Le specificità del settore... 5 La domanda L offerta: la gestione del servizio di raccolta e smaltimento Caratteristiche delle tecnologie Fondamenti del sistema di regolamentazione La dotazione infrastrutturale e il fabbisogno di investimenti Gli impianti di trattamento dei rifiuti urbani Il fabbisogno di investimento Il finanziamento dell industria La dinamica degli investimenti pubblici La remunerazione del servizio: dalla tassa alla tariffa Focus: Il metodo normalizzato per la definizione della tariffa I Fondi Strutturali Comunitari L applicabilità di strumenti innovativi di finanziamento Condizionamenti ed opportunità per il project financing Caratteristiche dei rischi nel settore dei rifiuti Focus: Il provvedimento CIP 6/92 e i certificati verdi Considerazioni conclusive Bibliografia Studi e Analisi Finanziaria 1
3 Executive summary L adeguamento infrastrutturale del settore dei servizi di trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani richiede la disponibilità di ingenti risorse finanziarie. Il fabbisogno di investimento necessario per adeguare l offerta di trattamento, in modo da conseguire gli obiettivi imposti dal decreto Ronchi, è stimabile in circa 6 miliardi di euro. La spesa maggiore dovrà essere sostenuta dalle regioni del Mezzogiorno, che attualmente presentano il maggior ritardo. Risorse pubbliche, sia di fonte nazionale che europea, appaiono insufficienti e pertanto appare ineludibile il ricorso a finanziamenti privati. Le possibilità di utilizzare strumenti di finanza innovativa per realizzare investimenti connessi al ciclo dei rifiuti appaiono rilevanti. Alcune caratteristiche delle tecnologie e della domanda dell industria rendono, infatti, promettenti le prospettive di utilizzo di simili tecniche. Le diverse fasi che costituiscono il ciclo dei rifiuti risultano essere tecnicamente distinguibili e risulta pertanto praticabile una separazione funzionale fra i diversi soggetti gestori, presupposto essenziale per utilizzare finanziamenti in project finance. Inoltre, la stabilità e la prevedibilità della domanda di trattamento rendono il rischio di mercato, connesso a una operazione, modesto. Tuttavia, il ricorso a strumenti di finanza innovativa è subordinato anche alla dimensione dei progetti e al pay-back-period e non sempre si verificano le condizioni necessarie per l applicazione di simili strumenti. Non tutti gli impianti connessi al ciclo dei rifiuti risultano, infatti, di dimensioni adeguate alla realizzazione di una operazione: gli unici impianti che in termini dimensionali si dimostrano idonei a essere finanziati in project finance sono gli impianti di termovalorizzazione. Alternativamente, risulta percorribile il ricorso a strumenti di finanza strutturata nel caso di accorpamenti di più impianti, per esempio di compostaggio e termovalorizzazione, nello stesso progetto con l obiettivo di garantire un sistema integrato di trattamento/smaltimento in una determinata area. Con riferimento al payback-period, si evidenzia un periodo di ripagamento degli investimenti relativamente lungo pur in presenza di incentivazione per la vendita dell energia prodotta (Cip6 e Certificati verdi). In assenza di tali agevolazioni, il periodo di ripagamento potrebbe diventare problematico per l applicazione di finanziamenti innovativi. Infine, il maggior ostacolo all applicazione di strumenti di finanza innovativa risulta essere connesso al problema del consenso sociale. Uno degli aspetti più noti e dibattuti relativi all attività di termovalorizzazione è quello relativo alle resistenze che provengono dagli abitanti delle aree dove si intendono localizzare nuovi impianti, o dove impianti sono già operativi. La sindrome not in my backyard ha ripetutamente rallentato il processo di realizzazione degli investimenti. Studi e Analisi Finanziaria 2
4 Introduzione Il D.Lgs 22/97, cosiddetto decreto Ronchi, ha segnato l avvio del processo di modernizzazione dell industria dei rifiuti solidi urbani, recependo nel nostro ordinamento i principi comunitari in materia. Cardine della riforma è il passaggio da un sistema di gestione che si limitava al servizio di raccolta e di smaltimento in discarica a un sistema integrato, che affronta in modo complessivo tutte la fasi del ciclo dei rifiuti (raccolta, trattamento e smaltimento) con l obiettivo di massimizzare il recupero e il riciclaggio. Tuttavia, a cinque anni dall approvazione della Legge quadro del settore, la strada da percorrere per dotare l Italia di una moderna ed efficiente industria dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani è ancora lunga. La capacità del nostro sistema di valorizzare e riutilizzare il rifiuto sotto forma di materia ed energia è ancora molto lontana dagli obiettivi che il decreto Ronchi si poneva. Attualmente i rifiuti trattati continuano a rappresentare una quota modesta del totale dei rifiuti conferiti e lo smaltimento in discarica continua a essere prevalente. Fra le cause dei ritardi, rilevante appare l inadeguata dotazione infrastrutturale del Paese. La capacità di trattamento (includendo il compostaggio, la termovalorizzazione e il trattamento dei materiali differenziati) appare insufficiente rispetto alla domanda. Gli impianti di termovalorizzazione e di compostaggio esistenti sono infatti pochi e territorialmente concentrati. In alcune aree del Paese la capacità di trattamento è sostanzialmente nulla e pertanto il ricorso allo smaltimento in discarica appare inevitabile. Un importante ed essenziale passo da compiere per modernizzare il settore è quindi quello di adeguare la dotazione infrastrutturale alla domanda. Il fabbisogno di investimento è ingente e assolutamente fuori portata per investimenti pubblici che procedano a ritmi attuali. Il ricorso a risorse private appare quindi ineludibile. Nel presente rapporto si intende analizzare il problema del finanziamento dell industria esplorando la possibilità di attivare strumenti di finanza innovativa. Infatti, il problema del finanziamento degli investimenti connessi al ciclo dei rifiuti può trovare in alcuni casi un adeguata soluzione nella strutturazione di operazioni di finanza strutturata, come il project finance. L obiettivo è quello di verificare l applicabilità di operazioni di finanza strutturata nel settore dei rifiuti solidi urbani e quindi individuare le situazioni di mercato entro le quali risulta auspicabile e preferibile la realizzazione di una simile operazione rispetto ai normali canali di finanziamento. La struttura del lavoro è la seguente. La prima sezione sintetizza le specificità dell industria del rifiuti solidi urbani in Italia, che assumono rilievo per la realizzazione di operazioni di finanza innovativa. Ci si soffermerà pertanto sulle caratteristiche della domanda rivolta all industria, dell offerta in termini di assetto gestionale, delle tecnologie e delle caratteristiche delle diverse fasi del ciclo dei rifiuti e infine dei fondamenti del sistema di regolamentazione. Nella seconda sezione, partendo da una analisi dell attuale dotazione infrastrutturale del Paese, si presenta una stima del fabbisogno di investimento dell industria necessario per conseguire nel 2005 gli obiettivi del decreto Ronchi. Tale stima richiede la definizione dello scenario che si Studi e Analisi Finanziaria 3
5 reputa più probabile sull incidenza della raccolta differenziata e sulla modalità di trattamento e una previsione della domanda rivolta all industria al 2005, ovvero della produzione di rifiuti in Italia. La terza sezione è dedicata all analisi dei tradizionali strumenti di finanziamento dell industria (risorse pubbliche e Fondi Strutturali Comunitari) e al ruolo che il nuovo sistema tariffario, introdotto dal decreto Ronchi, potrà avere per realizzare investimenti connessi al ciclo dei rifiuti. Infine, nella quarta sezione si discute la possibilità di applicazione di strumenti di finanza innovativa al settore, evidenziando le opportunità e i condizionamenti che le specificità dell industria pongono. Inoltre, si condurrà un analisi sulla struttura dei rischi associabili a una operazione di finanza strutturata per realizzare investimenti connessi al ciclo dei rifiuti. La discussione delineerà i principali elementi per lo sviluppo di operazioni di finanza innovativa nel settore dei rifiuti solidi urbani in Italia. Studi e Analisi Finanziaria 4
6 Le specificità del settore L analisi delle opportunità di utilizzo di tecniche di finanziamento innovative per investimenti in impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve essere condotta sulla base delle specificità e peculiarità economiche e tecnologiche del settore. Infatti, la struttura dei rischi di un operazione di finanziamento risulta legata alle caratteristiche economiche e tecnologiche, nonché al sistema di regolamentazione. Questo capitolo è quindi dedicato all analisi delle specificità del settore dei rifiuti in Italia che assumono rilievo per la realizzazione di operazioni di finanziamento. In particolare, nel primo paragrafo si mettono in evidenza le caratteristiche economiche del settore con riferimento alla domanda. Nel secondo si analizza il lato dell offerta in termini di caratteristiche del modello gestionale. Nel terzo paragrafo si prendono in considerazione i condizionamenti imposti dalle specificità tecnologiche. Infine, si illustrano i più importanti aspetti di regolamentazione del settore. La domanda La domanda rivolta all industria che si occupa della gestione dei rifiuti è determinata dalla entità di rifiuti prodotti che devono essere raccolti e avviati allo smaltimento. La quantità di rifiuti prodotta all interno di un sistema economico è strettamente legata alla popolazione, alla ricchezza, ai livelli e ai modelli di consumo. Allo svilupparsi dell economia e al crescere dei consumi aumenta progressivamente la produzione di materiali di rifiuto. Tuttavia, a contrastare la costante tendenza all incremento della produzione dei rifiuti si pongono le politiche di prevenzione volte a limitare l immissione di rifiuti alla fonte e a ridurne l impatto ambientale. La prevenzione nella fase di produzione riguarda non solo gli aspetti quantitativi ma anche quelli qualitativi ed è volta a ridurre la pericolosità dei rifiuti sostituendo le sostanze più pericolose e a incentivare il riutilizzo e la valorizzazione dei rifiuti. Tale principi, enunciati nella Community Waste Management Strategy e dal VI programma d azione, sono stati recepiti nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 22/97 (cosiddetto decreto Ronchi). La produzione di rifiuti, e quindi la domanda rivolta all industria del trattamento e dello smaltimento, è caratterizzata da una bassa stagionalità salvo per le aree turistiche in cui le variazioni dei flussi turistici possono portare a una maggiore oscillazione della produzione nel corso dell anno. Una domanda in crescita Nel 1999 in Italia sono state prodotte, complessivamente, 28,4 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a chilogrammi per abitante annui. Nel grafico sono riportatati l andamento del Pil, dei consumi delle famiglie e della produzione di rifiuti dal 1996 al Appare evidente come la produzione di rifiuti risulti strettamente legata alla crescita economica. Analizzando i dati relativi alla produzione di rifiuti, al PIL e ai consumi si evidenzia una correlazione positiva fra le variabili: sia la correlazione fra produzione di rifiuti e Pil che fra produzione di rifiuti e consumi risulta prossima a Tale correlazione è confermata dall analisi su base regionale dei dati relativi alla produzione di rifiuti pro-capite, al Pil e ai consumi: le regioni più produttive e con livelli di consumo maggiori fanno registrare le maggiori produzioni di rifiuti. Studi e Analisi Finanziaria 5
7 ANDAMENTO DELLA PRODUZIONE DI RSU RISPETTO AD ALCUNI INDICATORI ECONOMICI (1996=100) RSU PIL a prezzi costanti Consumi delle famiglie a prezzi costanti Fonte: elaborazioni IntesaBci su dati Anpa, 2001 e Istat Nel periodo cumulato la produzione di rifiuti, e quindi la domanda rivolta all industria, ha realizzato un incremento del 9,3% pari al 3.1% medio annuo. A livello di ripartizione territoriale, la distribuzione dei rifiuti per macroaree geografiche mostra che le regioni del Nord hanno prodotto il 45,3% dei rifiuti complessivi, il Centro il 21,4% e il Sud il 33,3%. Tale distribuzione ben rispecchia le caratteristiche produttive delle diverse aree del paese e i differenti livelli di popolazione residente e fluttuante. Le differenze regionali nella produzione di rifiuti pro capite sono notevoli: la regione con la maggiore produzione di rifiuti per abitante è l Emilia Romagna (606,35 chilogrammi per abitante/anno), mentre gli abitanti del Molise hanno prodotto solo 347,36 chilogrammi. In media, a livello nazionale ogni abitante ha prodotto chili di rifiuti nel corso del Alla base di tali differenze regionali si pongono: differenti gradi di sviluppo economico; differenti livelli dei consumi e standard di vita; differente importanza dei flussi turistici, che in determinati periodi possono anche duplicare la popolazione residente. La produzione di rifiuti risulta correlata positivamente anche con la dimensione dei comuni: ai comuni più grandi si associano valori di produzione per abitante più elevati di quelli riscontrati nei comuni di dimensioni minori. Nel 1996 la produzione media procapite di un abitato con meno di 5mila abitanti risultava pari all 85% di quella registrata in comuni con più di 60 mila abitanti (Francia, 1999). Tali differenze vengono ricondotte ai diversi modelli di consumo che contraddistinguono i piccoli centri (Cima Sbandati, 1999). Studi e Analisi Finanziaria 6
8 PRODUZIONE DI RIFIUTI PER REGIONE Regione Produzione totale 1999 T/anno Pro capite (kg/ab/anno) Piemonte Valle d Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna NORD ,95 Toscana Umbria Marche Lazio CENTRO ,86 Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna SUD ,33 ITALIA Fonte: Elaborazioni IntesaBci su dati ANPA, 2001 L elasticità della domanda La relazione fra produzione di rifiuti, consumi e popolazione è stata modellizzata da Sbandati-Cima (1999). Nel modello viene utilizzata una funzione di produzione dei rifiuti lineare dipendente da due variabili esplicative: i consumi e la popolazione. I dati utilizzati per la stima si riferiscono al periodo Le elaborazioni conducono a una stima dell elasticità della produzione di rifiuti rispetto ai consumi e rispetto alla popolazione. La prima risulta pari a 0.28 punti percentuali, che significa che variazioni di 1 punto percentuale dei consumi portano a variazioni nella quantità di rifiuti prodotta dell 0.28%. L elasticità rispetto alla popolazione è prossima ad 1 e quindi incrementi nella popolazione si ripercuotono con pari intensità sulla quantità di rifiuti prodotta. I valori delle elasticità non sembrano subire modifiche né nel tempo né nello spazio. Un estensione del modello conduce, infatti, alla verifica che il modello di produzione dei consumi non si è modificato nel corso del periodo Studi e Analisi Finanziaria 7
9 esaminato. Inoltre, il modello di produzione dei rifiuti esaminato non cambia al variare della regione. Le caratteristiche qualitative dei rifiuti La composizione merceologica dei rifiuti risulta alquanto diversificata. Con riferimento al peso, l organico rappresenta la componente più rilevante (28.5%), seguita da carta e cartone (24.4%), da plastica-gomma e cuoio (13.6%), dal vetro (7.4%) e infine dai metalli (3.5%). COMPOSIZIONE IN PESO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (1997) metalli 4% altro 23% organico 28% vetro 7% plastica e gomma 14% carta cartone 24% Fonte: Elaborazioni IntesaBci su dati Francia, 2000 Decisamente diversa appare la graduatoria se si considera il volume dei rifiuti. In questo caso la plastica giunge a rappresentare il 55% del volume complessivo e la carta quasi il 18%. L'organico, che rappresenta il 30% del peso, in volume occupa solo il 10%, il vetro l 1,5%. La composizione merceologica appare in evoluzione nel tempo con una crescita delle frazioni secche rispetto alla frazione organica e risulta legata anche alla dimensione dei centri urbani: nei comuni più piccoli la componente organica ha un peso maggiore. Il confronto europeo La media Ue annua di produzione di rifiuti urbani risultava pari a 507 chilogrammi per abitante nel Regno Unito, Olanda, Francia sono i paesi che mostrano i valori di produzione più elevati, intorno a 600 kg/anno. Inferiore alla media europea risulta invece la produzione di Grecia, Germania, Portogallo. Anche l Italia si posiziona al di sotto della media Ue. In tutti i paesi con le sole eccezioni di Svezia, Finlandia, Lussemburgo e Austria nel periodo la produzione di rifiuti appare in accelerazione. Studi e Analisi Finanziaria 8
10 LA PRODUZIONE DI RIFIUTI NELL UNIONE EUROPEA NEL 1997 produzione totale di RU (t*1000/anno) produzione pro-capite (Kg/ab/anno) Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Spagna Svezia Totale Fonte: Anpa, 1999 L offerta: la gestione del servizio di raccolta e smaltimento Il giro d affari del settore nel 2000 ha superato i 4.4 miliardi di euro e i 53 mila occupati per le sole imprese aderenti a FISE-Assoambiente, che nel complesso raccolgono 13.5 milioni di tonnellate di rifiuti pari a poco meno del 50% dei rifiuti totali prodotti sul territorio nazionale. L offerta dei servizi di raccolta e smaltimento appare fortemente frammentata tra un numero elevato di soggetti gestori sia pubblici che privati. La dimensione media dei gestori in termini di popolazione servita è modesta: 15 mila abitanti. Nel complesso operano, secondo tre modalità differenti, più di 4 mila gestori: comuni gestiscono il servizio direttamente in economia. Si tratta soprattutto di comuni di piccole dimensioni localizzati nelle regioni meridionali. Nel complesso servono 19.5 milioni di persone. 250 aziende private operano generalmente in comuni di medie dimensioni del Centro-Nord. Nel complesso servono comuni con una popolazione complessiva di circa 15 milioni di abitanti. Le aziende pubbliche sono 175, hanno in genere dimensioni più grandi e servono nel complesso 23 milioni di abitanti residenti in comuni di medio-grandi dimensioni nel Centro Nord. Studi e Analisi Finanziaria 9
11 LA STRUTTURA DEL MERCATO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI IN ITALIA (1996) Tipologia di gestore n. comuni serviti n. abitanti serviti (raccolta) (000) Rifiuti raccolti (tonn/000) Numero gestori Dimensione media del gestore (abitanti serviti) In economia Aziende Private Aziende pubbliche Totale Fonte: CRS Proaqua-IRS, 1999 Nel complesso le aziende pubbliche servono il 41.2% della popolazione e il 23.9% dei comuni, le aziende private il 24.3% degli abitanti e il 31.3% dei comuni e le gestioni in economia il 34.4% degli abitanti e il 44.8 dei centri urbani. FORME GESTIONALI (1996) 41,20% Abitanti Serviti 34,40% 23,90% Comuni serviti 44,80% 26% Rifiuti gestiti 27% 24,30% In economia Aziende Private Aziende pubbliche 31,3% 47% Fonte: CRS Proaqua-IRS, 1999 Notevoli sono le differenze in termini di quote sia di popolazione che di comuni serviti dalle diverse tipologie gestionali a livello territoriale. Nelle aree del Centro-Nord le aziende pubbliche servono quasi il 50% della popolazione mentre al Sud e nelle Isole la più diffusa forma gestionale è rappresentata dall intervento diretto del comune che gestisce il servizio di raccolta e smaltimento in economia. I gestori privati servono il 36% degli abitanti nelle regioni del Nord Ovest e il 27% nelle Isole maggiori. FORME GESTIONALI PER POPOLAZIONE SERVITA-AREA GEOGRAFICA (1996) Area In economia Aziende private Aziende pubbliche Nord-Ovest 14.8% 35.9% 49.3% Nord-Est 27.0% 23.2% 49.8% Centro 38.7% 12.4% 48.9% Sud 49.0% 20.9% 30.1% Isole 54.7% 27.2% 18.1% Italia 34.4% 24.3% 41.2% Fonte: CRS Proaqua-IRS, 1999 Studi e Analisi Finanziaria 10
12 Con riferimento all attività di smaltimento dei rifiuti, le modalità gestionali assumono un incidenza diversa a seconda del tipo di trattamento. Le gestioni pubbliche garantiscono in generale un trattamento più sofisticato dei rifiuti trattati: oltre il 21% dei rifiuti viene trattato in impianti a tecnologia complessa: il 12.4% viene incenerito e l 8.7% riciclato. FORME GESTIONALI PER MODALITÀ DI SMALTIMENTO (1996) Forma di smaltimento In economia Aziende private Aziende pubbliche Totale Discarica semplice 21.0% 13.6% 7.7% 13.0% Discarica controllata 69.7% 72.6% 66.2% 68.7% Incenerimento 3.4% 2.6% 12.4% 7.3% Riciclaggio 3.8% 5.6% 8.7% 6.5% Altro 2.1% 5.7% 5.0% 4.4% Totale rifiuti trattati % 100% 100% Fonte: CRS Proaqua-IRS, 1999 Al contrario le gestioni in economia tendono a privilegiare lo smaltimento in discarica, destinandovi più del 90% dei rifiuti trattati. Le gestioni private si collocano in una posizione intermedia, avviando al riciclo quasi il 6%, ma incenerendo solo il 2.6% dei rifiuti trattati. L incidenza delle modalità gestionali per tipologia di trattamento rispecchia la distribuzione della proprietà degli impianti. I comuni possiedono quasi il 30% delle discariche, ma solo il 13.1% degli impianti di incenerimento e il 10% di quelli di selezione e compostaggio. Le imprese pubbliche, più propense a incenerire i propri rifiuti, possiedono più dei tre quarti degli impianti di incenerimento esistenti. Ad esse spetta anche la proprietà del 20.2% degli impianti di selezione e compostaggio e quasi il 40% delle discariche. Le imprese private che tendono a trattare i propri rifiuti in impianti di selezione e compostaggio possiedono il 70% dei relativi impianti. 100% FORME GESTIONALI E PROPRIETA DEGLI IMPIANTI 83% 78% 71% 63% 46% 46% 50% 39% 30% 30% 31% 24% 23% 18% 20% 13% 10% 10% 6% 4% 3% 0% Gestione raccolta Proprietà discariche Gestione discariche Proprietà inceneritori Gestione inceneritori Proprietà impianti sel./comp. Gestione impianti sel./comp. In economia Aziende Private Aziende pubbliche 26% Fonte: Fise-Assoambiente, 1999 Studi e Analisi Finanziaria 11
13 L assetto gestionale del settore è destinato a profondi mutamenti. Rispetto alla fotografia scattata dall indagine CRS Proaqua-IRS nel 1999 relativa al 1996 si può stimare che attualmente il quadro gestionale sia già maggiormente indirizzato verso gestioni industriali del servizio con un peso degli operatori pubblici e privati maggiore rispetto a quello registrato 6 anni fa. Tuttavia, in prospettiva il settore dovrà evolversi in maniera ancora più decisa verso l industrializzazione, abbandonando completamente le gestioni in economia. Infatti, in base all art.35 della Finanziaria 2002, il servizio dovrà essere gestito esclusivamente da società di capitali allo scadere del periodo transitorio, la cui durata non ancora definita in modo certo potrà variare dai tre ai nove anni in base al regolamento di attuazione ancora da redigersi. Il settore assisterà anche a un processo di aggregazione e concentrazione degli operatori. L elevata attuale frammentazione e le dimensioni modeste degli operatori non consentono, infatti, il raggiungimento di standard di efficienza adeguati a un mercato concorrenziale quale quello che si sta delineando. Inoltre, l apertura alla concorrenza e l obbligo di gara per la scelta del gestore implicheranno requisiti specifici alle aziende anche in termini dimensionali. Infine, la definizione della dimensione ottimale del mercato in termini di Ambito Territoriale Ottimale (Ato) su scala provinciale pone significativi dubbi sulla possibilità degli operatori minori di poter competere consolidando le attuali posizioni. Caratteristiche delle tecnologie Nel ciclo di gestione dei rifiuti si identificano tre fasi principali: 1. la raccolta, la pulitoria e il trasporto. 2. il trattamento, 3. lo smaltimento finale. Ogni fase utilizza diverse tipologie di impianti e mezzi. Le fasi di raccolta, pulitoria e trasporto si configurano come attività ad elevata intensità di lavoro e a bassa intensità di tecnologia. Gli investimenti principali riguardano mezzi meccanici per la raccolta (automezzi e autocompattatori). Si tratta di investimenti non vincolati a una località o a un attività specifica e presentano, quindi, caratteristiche di recuperabilità. Indipendente dalla tipologia di raccolta (indifferenziata o differenziata) e dalla modalità prescelta (raccolta porta a porta con sacchi o bidoni, cassonetti stradali a carico laterale, cassonetti stradali a carico posteriore, conferimento diretto etc.), le attività di raccolta e trasporto presentano economie di scala nei costi fino ad una certa soglia dimensionale dato che la presenza di un unico operatore in una specifica area territoriale consente di non moltiplicare i costi fissi legati in particolare ai centri di raccolta e all utilizzo degli automezzi. Tuttavia, oltre una certa dimensione del bacino d utenza, tali economie tendono a scomparire a causa delle problematiche tipiche delle grandi città (congestione abitativa e traffico). Il costo di esercizio specifico per la raccolta indifferenziata dipende dal metodo di raccolta e varia tra i 3 e i 5 centesimi di euro al kg per la raccolta con cassonetti a carico posteriore ai 10 centesimi/kg per la raccolta porta a porta. Per la raccolta dei materiali separati i costi sono riportati nella tabella. Studi e Analisi Finanziaria 12
14 COSTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA (ANNO 1998) Materiale Costo (euro/kg) Metalli (lattine) 0,26 Vetro (campane) 0,04 Carta (campane, cassonetti) 0,08-0,09 Carta (porta a porta) 0,10-0,13 Plastica (campane monomateriali) 0, Fonte: Francia, 1999 La scelta fra le diverse opzioni di raccolta dipende dalla capacità del sistema di riciclare la materia e recuperare energia usando il rifiuto come combustibile, oltre che dalla specifica struttura territoriale. Inoltre, rilevante appare anche la valutazione del mercato reale che le materie riciclate potrebbero avere. La fase di trattamento presenta caratteristiche tecnologiche diverse rispetto alle fasi precedenti. Essa si configura come attività decisamente capital intensive e gli investimenti previsti risultano non riconvertibili. Gli impianti utilizzati dipendono dalla modalità di raccolta a monte. I più diffusi risultano essere: 1. nel caso di rifiuti indifferenziati, gli impianti di separazione dell indifferenziato e preparazione del CDR (combustibile derivato dai rifiuti) e del Compost; 2. la raccolta differenziata multimateriale richiede impianti di separazione multimateriale che permettono di selezionare e trattare materiali specifici; 3. nella fase di trattamento dei materiali raccolti in modo differenziato monomateriale vengono utilizzati: Impianti di pre-trattamento monomateriale; impianti di compostaggio di qualità che utilizzano organico selezionato a monte; Impianti di compost verde per le frazioni umide; impianti di trattamento del vetro; impianti di trattamento della carta; Impianti di trattamento della plastica. 4. infine per la valorizzazione dei rifiuti indifferenziati e per il CDR di bassa qualità prodotto da rifiuto indifferenziato vengono utilizzati impianti di termovalorizzazione. Nella seguente tabella sono riportati a titolo esemplificativo i costi di esercizio medi per tonnellata di rifiuto trattato per tipologia di trattamento. Studi e Analisi Finanziaria 13
15 Costi operativi per tipologia di trattamento Tipo di rifiuto Tipo di impianto Dimensione (tonn/anno) Costo di esercizio per tonn (euro) Indifferenziato Impianti di separazione dell indifferenziato e preparazione del CDR Differenziato multimateriale Impianti di separazione multimateriale Rifiuti differenziati monomateriali Impianti di compostaggio di qualità che utilizzano organico selezionato a monte Impianti di compost verde n.d Impianti di trattamento del vetro Impianti di trattamento della carta Impianti di trattamento della plastica Rifiuti indifferenziati Impianti di termovalorizzazione Fonte: elaborazioni IntesaBci su dati Francia, 2000 Tali costi sono computati al lordo di eventuali ricavi, ovvero non tengono conto dei possibili introiti da vendita dei materiali riciclati. Nell ambito delle attività di trattamento si rilevano economie di scala legate alle potenzialità di trattamento degli impianti. Per gli impianti di compostaggio il risparmio nei costi a tonnellata per rifiuto trattato al crescere della dimensione dell impianto è legato alla riduzione del costo del personale, ai costi per la manutenzione e ai consumi energetici. Gli impianti di termovalorizzazione trattano sia rifiuti indifferenziati che il CDR di bassa qualità prodotto da rifiuto indifferenziato. Per la termodistruzione dei rifiuti indifferenziata si utilizzano prevalentemente forni a griglia mentre per il trattamento del CDR si dovrebbe preferire la tecnologia a letti fluidi o l alimentazione in forni industriali idonei alla cocombustione. I costi lordi di gestione complessivi medi per tonnellata di rifiuti indifferenziati trattata sono pari a circa 87.3 euro per gli impianti di potenzialità minore (75mila tonnellate annue), mentre per impianti di dimensioni maggiori (oltre le 300 mila tonnellate) sono pari a circa 70 euro per tonnellata. I costi operativi presentano economie di scala attribuibili alla favorevole dinamica dei costi del personale, dei costi di manutenzione e delle spese generali. Nel conto economico della termodistruzione, lo smaltimento dei residui rappresenta circa il 40% del totale dei costi operativi. Tenendo conto dei ricavi industriali legati alla vendita dell energia recuperata, i costi netti variano tra i 39 euro per tonnellata e i 23 euro per tonnellata nel caso di vendita di energia con CIP 6 e tra 68 euro/ton e 53 in assenza di CIP6. Con riferimento all ultima fase del ciclo dei rifiuti, ovvero lo smaltimento in discarica, l attività risulta fortemente labour intensive. Il costo per tonnellata di rifiuti smaltiti varia tra 27.4 e 14.5 euro. Studi e Analisi Finanziaria 14
16 IL CICLO DEI RIFIUTI Raccolta Trattamento Recupero Uso finale Separazione (energia/materia) (imprese mercato) Raccolta indifferenziata carico posteriore carico laterale porta a porta IMPIANTI TERMOTRATTAMENTO metalli ENERGIA industria metallo mercato ENERGIA IMPIANTI DI SELEZIONE COMPOST/CDR CDR COMBUSTORI INDUSTRIALI DISCARICA FOS COMPOSTAG GIO COMPOST bassa qualità Raccolta secco-umido Raccolta differenziata carta e cartone cartiere mercato MULTIMATERIALE IMPIANTI DI SEPARAZIONE E riciclo SELEZIONE polimeri mercato plastiche MONOMATERIALE campane - carta vetro vetrerie mercato cassonetti - plastica porta a porta - vetro impianti di compost compostaggio alta qualità mercato -organico Fonte: Francia 2000 Studi e Analisi Finanziaria 15
17 Modalità di raccolta e trattamento in Italia La raccolta La copertura del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani è pressoché totale (99% dei comuni e 99.5% degli abitanti). Il servizio viene svolto con modalità e tecniche diverse sia con riferimento al conferimento, sia per quanto attiene alle tecniche di compattamento, che alla frequenza delle prese. La raccolta può avvenire in modo indifferenziato o differenziato. La raccolta differenziata, nell ambito delle recente politica ambientale, rappresenta il primo passo verso la possibilità di recuperare, riutilizzare e riciclare i rifiuti ed è pertanto fortemente incentivata. Il decreto Ronchi, in linea con le direttive europee, pone degli obiettivi in termini di quote di rifiuti raccolti in modo differenziato rispetto al totale: il 15% andava raggiunto entro il 1999, il 25% entro il 2001 e il 35% entro il Lo scopo è quello di ridurre la quota totale di rifiuti da smaltire e incrementare qualsiasi forma di recupero e riciclaggio. Nel 1999, sono state raccolte in Italia in maniera differenziata circa 3.7 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 13.8% della produzione totale. I quantitativi di rifiuti raccolti separatamente appaiono in veloce accelerazione nel corso degli ultimi anni: rispetto al 1998 l incidenza della raccolta differenziata è aumentata di 1.9 punti percentuali, passando da 11.9 a La crescita nelle quantità raccolte in modo differenziato corrisponde alla sempre maggiore copertura del servizio in termini di comuni interessati e alla estensione del servizio stesso a diverse tipologie di rifiuti nell ambito di comuni già serviti. Dall analisi dei dati territoriali si evincono importanti differenze nello sviluppo del servizio. Nelle regioni del Nord in media il 23% dei rifiuti viene raccolto separatamente, tale quota si riduce al 9% nelle regioni del Centro e crolla drammaticamente al Sud dove la raccolta differenziata copre solo il 2% dei rifiuti complessivamente prodotti. Il trattamento e il recupero Nella fase di trattamento i sistemi applicabili sono principalmente tre: la separazione e la selezione per il riciclaggio gli impianti di termotrattamento gli impianti di selezione del CDR e del compost Complessivamente i rifiuti trattati continuano a rappresentare una quota modesta sul totale e lo smaltimento in discarica continua a essere prevalente. Nel 1999, i rifiuti trattati sono stati solo il 25.6% del totale rifiuti raccolti in modo differenziato e non. La capacità di termotrattamento italiana appare decisamente inferiore a quella riscontrata nei principali paesi europei. Inoltre negli inceneritori italiani viene recuperato solo il 40% dell energia. Dei 7.3 milioni di tonnellate di rifiuti trattati, 2.3 milioni sono stati destinati a impianti di compostaggio; 2.1 milioni di tonnellate sono state avviate a impianti di incenerimento con e senza recupero di energia; 0.8 milioni di tonnellate a impianti di compostaggio di frazioni selezionate e le restanti 2 ad altre forme di recupero. Studi e Analisi Finanziaria 16
18 Destinazione DESTINAZIONE finale FINALE dei DEI rifiuti RIFIUTI urbani URBANI (1999) Compost f raz. Selezionate 2,9% Compost + CDR 7,6% Altre forme di recupero 7,6% Incenerimento 7,5% Fonte: Anpa, 2001 Smaltimento in discarica 74,4% Il consistente ricorso allo smaltimento in discarica risulta anomalo a livello europeo ed è il risultato delle difficoltà nella costruzione di impianti di trattamento a tecnologia complessa incontrate più nel nostro paese che altrove. DESTINAZIONE FINALE DEI RIFIUTI URBANI IN EUROPA (1997) Incenerimento Discarica Compostaggio e riciclo Totale Valori percentuali Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Spagna Svezia Fonte: CRS Proaqua-Irs, 1999 Fondamenti del sistema di regolamentazione Il decreto Ronchi trasla nell ordinamento italiano i principi comunitari in tema di gestione dei rifiuti. In tale ambito, la prevenzione nella produzione e la riduzione della pericolosità dei rifiuti, il riutilizzo e la valorizzazione del rifiuto sotto forma di materia e di energia, la responsabilità condivisa tra tutti i soggetti del ciclo dei rifiuti rappresentano una priorità politica. Lo smaltimento in discarica diventa quindi residuale e limitato solo a quei rifiuti non più suscettibili a essere riusati o trattati. Studi e Analisi Finanziaria 17
19 Nel modello comunitario, e quindi poi anche nel decreto Ronchi, la gestione dei rifiuti deve avvenire in modo integrato ovvero in modo da ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento e quest ultimo rappresenta solo la fase finale e residuale del ciclo integrato. Rispetto alla situazione precedente, il contributo innovativo del decreto Ronchi è in questo ambito notevole: si passa, infatti, da una situazione in cui la gestione dei rifiuti si limitava al servizio di raccolta e smaltimento in discarica a una situazione in cui è necessario predisporre un sistema di gestione che affronti in modo complessivo ed integrato tutte le fasi del ciclo dei rifiuti (raccolta, trattamento e smaltimento) con l obiettivo di agevolare il recupero e il riciclaggio. Il sistema integrato di gestione definito dal decreto Ronchi punta ad una separazione alla fonte dei materiali in modo da incrementare il tasso di recupero e la trattabilità, nonché la possibilità di collocazione sul mercato, variabile strettamente legata al grado di purezza. Gli obiettivi di raccolta differenziata fissati dal decreto sono i seguenti: 15% entro marzo % entro marzo % entro marzo 2003 Per quanto riguarda lo smaltimento, il decreto stabilisce che dal 1 gennaio 1999 le autorizzazioni agli impianti di incenerimento possano essere concesse solo nel caso in cui vi sia recupero energetico dei rifiuti trattati. Per quanto riguarda le discariche, dal 1 gennaio possono essere smaltiti in discarica solo rifiuti inerti, rifiuti specificatamente individuati da norme tecniche, rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio e di recupero o da particolari forme di smaltimento (art. 5, comma 6). Il decreto Ronchi stabilisce anche una nuova ripartizione delle competenze in materia di rifiuti fra Stato, Regioni, Province e Comuni seguendo i principi del decentramento amministrativo. L amministrazione centrale conserva le funzioni di indirizzo, di coordinamento e di promozione. Alle Regioni fa capo la funzione di pianificazione: sentite le province e i comuni e nel rispetto del decreto Ronchi le regioni devono infatti redigere i Piani Regionali di gestione dei rifiuti. I Piani regionali prevedono fra l altro: quali impianti di smaltimento e di recupero realizzare all interno della regione; i criteri per l individuazione da parte delle Province delle zone idonee alla localizzazione degli impianti. Le Province hanno funzione di organizzazione e controllo delle attività di gestione. Inoltre, a loro spetta individuare i luoghi dove costruire nuovi impianti nel rispetto dei principi dettati dalla Regione. Infine, il Comune effettua la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati. In questo quadro gli investimenti possono essere realizzati solo nell ambito dei Piani e dei programmi territoriali definiti da Regioni e Province 2. 1 Termine successivamente prorogato fino al 16 luglio 2001 dal decreto legge 23 dicembre 1999, n.500 e poi al 22 agosto 2002 dal decreto legge del 16 luglio 2001, n In caso di situazioni di eccezionale ed urgente necessità i Sindaci, i presidenti di Provincia e di regione possono emanare ordinanze contigibili ed urgenti in deroga alla programmazione ordinaria. Studi e Analisi Finanziaria 18
20 Il decreto Ronchi stabilisce anche che la gestione dei rifiuti debba essere organizzata basandosi su Ambiti Territoriali Ottimali (Ato), che corrispondono alle Province 3. Ogni Ato deve garantire l autosufficienza della capacità di trattamento e smaltimento e pertanto le province devono organizzare la raccolta dei rifiuti e attuare lo smaltimento attraverso una rete integrata ed adeguata di impianti. Le delimitazione degli Ato corrisponde all esigenza di raggiungere una dimensione idonea a superare la frammentazione esistente: è infatti evidente come una eccessiva frammentazione impedisca un servizio economico ed efficiente. Stato di attuazione della riforma Ronchi A cinque anni dall approvazione del decreto Ronchi solo 11 regioni hanno concluso l iter per l approvazione dei Piani regionali di smaltimento dei rifiuti previsti dall art.22, consentendo alle Province di procedere con la pianificazione su scala provinciale e con l impostazione delle attività di gestione a livello di Ato. Le altre regioni sono decisamente indietro nel processo attuativo della riforma. Le regioni del Centro-Nord si sono dimostrate le più reattive avviando le iniziative necessarie per la predisposizione dei Piani (approvazione della legge regionale, predisposizione di linee guida, istituzione di osservatori regionali e provinciali) dopo l approvazione del decreto Ronchi I maggiori ritardi si registrano nelle regioni del Sud dove attualmente solo Basilicata e Abruzzo risultano in regola con la redazione dei Piani. Nelle altre regioni vi è una fase di stabile emergenza avviata nel 1994 quando le prime regioni a dichiarare l emergenza rifiuti furono Campania e Puglia, seguite poi dalla Calabria nel 1997 e quindi dalla Sicilia nel La Sicilia nel 2000 ha pubblicato il documento priorità degli interventi per l emergenza rifiuti. Nel gennaio 2002 la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza contro l Italia per omessa comunicazione alla Commissione europea dei piani di gestione dei rifiuti. 3 Salvo diversa disposizione delle Regioni. 4 Dal 99 è in emergenza rifiuti anche la provincia di Roma. Studi e Analisi Finanziaria 19
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