Competenze e impiegabilità

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1 Intervento del Vicepresidente di Confindustria Ivanhoe Lo Bello 11 marzo 2014, Presentazione test TECO_ANVUR Competenze e impiegabilità

2 Le competenze sono la chiave per lo sviluppo industriale del nostro Paese. Più l università determina e afferma il ruolo delle competenze nella didattica e nella ricerca, più le nostre imprese (e tutto il sistema Paese) potranno beneficiare di un capitale umano altamente qualificato. Il collegamento tra competenze e impiegabilità ci pone davanti ad un tema decisivo: l università, oltre ad essere il meglio della cultura di un Paese, deve avere il chiaro obiettivo di creare lavoro. Nel contesto della società della conoscenza il lavoro si può affrontare soltanto avendo acquisito le competenze necessarie a gestire il cambiamento sempre più rapido che ci si pone davanti. Un università che addestra alla resistenza al cambiamento è un università inefficiente (e che resta nella sua torre d avorio). E oggi un università che resiste al cambiamento è un università autoreferenziale, che fa pochi investimenti per il placement, che si ostina a chiudersi al lavoro e alle imprese, che non fa laboratorio, che non ha incubatori di startup, che non fa dottorati industriali. In altre parole un università che crede di bastare a se stessa e che offre allo studente nozioni meramente teoriche piuttosto che competenze. Lo studente visto semplicemente come terminale della conoscenza e non come motore della conoscenza. Gli effetti di questo mancato raccordo tra università e industria, tra università e lavoro, tra università e sviluppo, tra università ed economia, li vediamo davanti a noi ogni giorno. Concretamente essi creano non solo diseconomia per le imprese e per le istituzioni, ma anche alti tassi di disoccupazione, così come ha dimostrato il recente Rapporto McKinsey Studio ergo lavoro. Quando un giovane presenta un curriculum vitae di solito racconta i percorsi formativi ed esperenziali che ha fatto. Ma ad un impresa interessa non cosa si è fatto, ma cosa si è appreso. Orientare lo studente alla competenza significa proprio renderlo consapevole di aver acquisito delle abilità che possono esaltarne le vocazioni professionali.

3 Occorre allora un università che offre più competenze, che significa un università che offre più opportunità di lavoro. Ma per riconoscere le università di questo tipo, e permettere che siano trainanti per le altre, è necessario puntare forte sulla valutazione. 1. LA VALUTAZIONE Avviando la VQR ci siamo avventurati nel superare il fiume che divide il nostro Paese dalla modernità: che ci separa cioè da un università trasparente e disposta a far valutare la sua performance. Nel momento più difficile, proprio mentre la valutazione era nel mezzo del guado, la crisi economica ha portato tempesta e destabilizzazione. Nonostante tutto la valutazione ha fatto il suo corso e abbiamo avuto dei primi risultati. Ora però non dobbiamo trovare alibi per tornare indietro, ma andare avanti fino in fondo. La valutazione delle università può, anzi deve migliorare. Ma con questo non si può buttare via il bambino con l acqua sporca. In particolare bisogna prendere spunto da paesi come l Inghilterra che tengono conto, tra gli indicatori di valutazione, dell employability dell università. Nelle scorse settimane il Times ha dedicato all università inglese una apposita guida a beneficio degli aspiranti studenti. La prima parte di questa guida è intitolata The Best Universities for Jobs e valuta quali sono i tassi di occupabilità delle università inglesi. Anche nei media dunque quella dell impiegabilità delle università è diventato un tema su cui si discute. Dovremmo tornare a farlo anche in Italia. La valutazione non deve essere una tematica tabù: gli atenei devono agire in un contesto di concorrenza in cui ci si contende i migliori professori, ma anche i migliori studenti. E devono essere premiati sulla base dei loro risultati e costruire un offerta formativa che migliori le capacità dei laureati di inserirsi nel mondo del lavoro e di aumentare considerevolmente la competitività delle imprese.

4 2. ALTO APPRENDISTATO E DOTTORATO INDUSTRIALE Altro strumento da usare subito, anche grazie al decreto L istruzione riparte convertito con legge 128/2013, è l alto apprendistato in università. All articolo 14 il provvedimento prevede il c.d. Erasmus in azienda. Se la legge dice che è possibile conseguire anche fino a 60 CFU (un anno di università) in azienda, c è il timore che i decreti attuativi rendano troppo complicata la procedura. Bisogna vigilare, perché dare agli studenti universitari la possibilità di imparare lavorando è la prima strada per rendere il nostro sistema accademico più competitivo in Europa. Con l apprendistato all università si può risolvere uno dei problemi che i neo-laureati si trovano ad affrontare per prima: quello di non avere un bagaglio minimo di esperienza che spesso è richiesto dalle imprese che non hanno sempre il tempo di formare ex novo il giovane alla vita d azienda. È evidente che alcune skills si possono sviluppare soltanto sul luogo di lavoro. Competenze come la capacità di lavorare in squadra, di orientarsi al risultato e alla soluzione dei problemi, di relazionarsi in un organizzazione aziendale con i colleghi e i dirigenti, di spingere verso l innovazione dei processi. L apprendistato all università può offrire quest opportunità agli studenti e facilitare un inserimento più rapido e consapevole nel mondo del lavoro. Ogni barriera burocratica tra lo studente, l impresa e l università diventa una barriera sul futuro professionale dei nostri giovani. Su questo tema bisogna essere il più collaborativi possibile: come Confindustria, da parte nostra, abbiamo già incontrato alcuni rettori di università che da tempo sono aperte all impresa e al lavoro con attività di collaborazione sistematica. Con loro stiamo pensando di sviluppare e diffondere modelli in un Paese che ancora non riconosce pienamente, se non a parole, l importanza strategica dell Education.

5 Tra questi, bisogna ricordarlo, anche il dottorato industriale, uno strumento su cui bisogna investire ancora molto e su cui è necessario sviluppare una riflessione condivisa, anche dopo i risultati del lavoro di un apposita Commissione di studio del Miur pubblicati lo scorso dicembre. Il dottorato industriale è un ulteriore chiave di accesso al lavoro per i giovani. Anche qui bisogna permettere alle imprese di collaborare agevolmente con le università: la Commissione Miur ha rilevato che le attuali regole limitano fortemente la concreta realizzabilità del dottorato industriale, in ragione del rilevante impegno economico richiesto alle imprese (anche alla luce delle 15 annualità ora proposte). Si tratta di mettere in campo una normativa di favore che permetta alle imprese di dare ai dottori di ricerca una valida alternativa professionale: chi sceglie un dottorato non deve avere davanti solo la possibilità di diventare ricercatore e docente universitario. Chi sceglie un dottorato è un innovatore, un progettista, un ottimizzatore di processi, un possibile ricercatore industriale. Le imprese hanno davvero bisogno di queste figure, soprattutto per competere con i paesi più avanzati come il Regno Unito, la Germania, Giappone e Corea del Sud dove il tasso di occupabilità dei PhD è il doppio e il triplo del nostro. Allora un università orientata alle competenze anche nella ricerca offre ai suoi dottorandi la possibilità di svolgere dei percorsi di ricerca in impresa. Senza una legislazione più flessibile, con meno burocrazia e più autonomia, non sarà facile coinvolgere le imprese nella crescita complessiva delle università e dei territori in cui sono poste. 3. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: UNA CHIAVE PER L OCCUPAZIONE La cultura della valutazione e la cultura del lavoro devono diffondersi di più nel nostro sistema universitario, altrimenti continueremo a pagare un conto salato in termini di meritocrazia e competitività.

6 Quello dei test TECO è un risultato importante a prescindere dal risultati sulle competenze riportati dal test in sè. Infatti è un test che aiuterà innanzitutto le università che hanno finora partecipato a meglio orientare verso le competenze l'offerta formativa attuale e futura. Ma soprattutto il TECO ha permesso agli studenti di 3 e 4 anno di potersi avvicinare alla cultura della valutazione andando a testare le proprie competenze generaliste che poi, a ben vedere, sono quelle che le imprese vanno a ricercare per prime. ¼ dei laureandi (5.800 su 21mila) che fa il test, per essere una prima volta, è un buon passo in avanti. E, a proposito di curriculum vitae, per un recruiter di un'azienda sarà un punto in più trovare tra le esperienze dello studente quella di aver affrontato un test del genere. Perché mostra capacità di mettersi in gioco e di volersi misurare con la realtà, senza chiudersi nell'università come esamificio di questa o quella specifica disciplina. Il TECO è un esempio di come gli studenti contribuiscano a migliorare la propria università. E chi accetta di impegnarsi a migliorare la sua università farà lo stesso nell'impresa che andrà ad assumerlo. Venendo ai risultati veri e propri del test ritengo positivi i dati sulla distribuzione geografica della partecipazione: anche il Sud, nonostante qualche punto percentuale di distanza, ha un incoraggiante indice di partecipazione al test e farà bene agli atenei del Mezzogiorno, nonostante ci sia ancora molto da lavorare sulla formazione per competenze. Proprio sulle competenze colpisce molto la maggiore presenza di top performer tra gli studenti di facoltà tecnico-scientifiche. Bisogna parlarne di più: le facoltà di tipo tecnico-scientifico sono ancora troppo poco scelte dai giovani nonostante forniscano una preparazione per competenze molto richiesta dalle imprese. In un Paese che non trova ingegneri, chimici, fisici, è molto importante questo risultato. Senza nulla togliere agli altri filoni disciplinari.

7 Oltre il 50% degli studenti delle facoltà di matematica, statistica e fisica superano il valore della mediana di competenze di tutte le università partecipanti. Seguono storia, psicologia, legge e scienze politiche. C'è bisogno invece di recuperare l'impatto della didattica di competenze in facoltà altrettanto importanti come lettere, sociologia, scienze della formazione. Resta comunque un dato molto positivo che il PT (Performance Task) delle studentesse di facoltà scientifiche è più alto rispetto a quello degli studenti. Un risultato che contribuisce ad abbattere il luogo comune che la scienza (e in particolare la tecnologia) sia soltanto roba da maschi. Le donne infatti hanno performance molto soddisfacenti e le imprese premiano la loro competenza. 4. CONCLUSIONI In sostanza il test TECO è stato un primo segnale di avvicinamento degli studenti alla valutazione delle proprie competenze. Un passo fondamentale per creare nel Paese e nelle sue università una coscienza nuova. Esso si affianca a diversi altri strumenti che aiutano gli studenti ad orientarsi maggiormente verso il mondo del lavoro, come appunto l'apprendistato all'università e il dottorato industriale. Sono segnali positivi che comunque vanno diffusi e resi sistematici per risolvere la questione del deficit di capitale umano che ci troviamo pericolosamente di fronte. L ultimo report dell Europa sullo stato dell economia italiana è stato molto duro per noi. Pochi hanno però sottolineato che il campanello d allarme più importante è risuonato sulla forte debolezza del capitale umano italiano. Una debolezza che nasce da lontano, intanto dal mancato incontro tra università e lavoro, che significa una poca attenzione alla formazione delle competenze per l occupabilità. L Europa ci rimprovera soprattutto per il basso tasso di laureati del nostro Paese. Hanno ragione: siamo penultimi in Europa per percentuale di laureati su popolazione attiva e un università che non aiuta a trovare lavoro non fa altro che accrescere questi dati.

8 Se infatti lo studio non è più visto come fattore d accesso al lavoro, ma semplicemente come un esperienza formativa astratta i giovani e le loro famiglie sono sempre meno motivati ad accedere all università. Orientare allora le università alla competenza e all occupabilità significa intanto ritrovare fiducia nel nostro sistema accademico e incentivare le iscrizioni. Abbiamo strumenti come l apprendistato e il dottorato industriale che dobbiamo utilizzare subito. Portare più integrazione studio-lavoro all università è un impegno che dobbiamo prenderci con maggiore convinzione. E farlo sottolineando l importanza delle competenze è un primo passo verso una svolta culturale che non è stata mai tanto urgente quanto oggi.