TRASFORMAZIONE DELLE ENERGIE NEGATIVE. 1) IL SENSO DELL ACQUA

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1 TRASFORMAZIONE DELLE ENERGIE NEGATIVE. 1) IL SENSO DELL ACQUA In sanscrito la qualità di un cibo, un fiore, una persona è detta rasa. Si traduce con sapore, di solito, ma anche l'essenza di un canto antico, di una danza d'amore o di un grido di guerra è rasa. Ed è rasa l'emozione che nasce, come per magia, da quel canto, quella danza, quel grido. È il senso dell'acqua, il quarto elemento (bhūta) della fisica indiana. Si torna sempre a bomba, nello yoga. Idee, gesti, simboli ci riportano sempre al miracolo della creazione e alla corrispondenza, sbalorditiva nella sua prevedibilità, tra grande e piccolo, tra microcosmo e macrocosmo. Nella mano ad esempio, c'è l'universo intero. Il potere generante dell'acqua si riconosce nel quarto dito. Lo chiamano anulare perché indossa la fede d'oro degli sposi. Il medio è il Fuoco. Il mignolo è la Terra e l'indice l'aria Il pollice, primo a dispiegarsi e ultimo a chiudersi nel pugno, è lo Spazio. Ogni elemento porta con sé un'energia, una percezione, una serie di organi del corpo. Il potere dell'acqua è la generazione. L'Acqua è la memoria, e anche il sesso, e la lingua coi suoi cinque sapori. Nello Hatha Yoga rasa, il senso dell'acqua indica anche il mercurio nel senso di nettare, seme, ambrosia. E il nettare, il succo della vita, sono le emozioni.

2 2) SENTIMENTI ED EMOZIONI Il lavoro sulle emozioni (Rasa) e sui sentimenti (Bhava) è la base dell'arte indiana. E lo Yoga è un'arte. Praticare Asana in maniera meccanica, senza tener conto del sapore (rasa) di ogni movimento ed ogni posizione, delle emozioni e dei sentimenti che stanno dietro l'asana e vengono provocati dall'asana, significa fare ginnastica. Il che non e male. Ma la ginnastica non é yoga. Così come dedicarsi all'auto osservazione senza aver fatto i conti con le proprie pulsioni e le "radici" di certi blocchi psichici, è un ottimo esercizio mentale, ma non è yoga. Il distacco di cui parlano i testi indiani, ovvero la quieta osservazione dei propri moti psichici passa attraverso la trasformazione delle emozioni negative. Più si procede nella pratica o sadhana e piu i nemici interiori si fanno sottili. La parola सधन Sadhana è formata dalle parole धन dhana, che significa soldi, denaro, ricchezza, dono, prezzo, ricompensa, e स sa, che in genere sta per Lei! (sā), ma nello yoga sta ad indicare la शAAA AA AA śakti, la Dea intesa come energia creatrice. Sadhana è ciò che porta alla ricchezza o che fa ottenere una ricompensa. Nel sadhana,che possiamo intendere anche come allenamento occorre fare grande attenzione ai "nemici interiori". Supponiamo che uno lotti con tutto se stesso per annichilire il proprio ego.

3 E supponiamo che per farlo impari a controllare o trattenere talune pulsioni che reputa negative. Il desiderio di affermazione personale, ad esempio. Il desiderio di essere riconosciuto come maestro o praticante esperto o persona di grande cultura, carisma, fascino. Il desiderio di imporre la propria volontà o il proprio punto di vista su tutto e tutti. Il desiderio di dar sfogo alla propria rabbia. Il praticante onesto riconosce in sé certe pulsioni, quando emergono. E, a volte, quasi automaticamente, le sotterra. Ne impedisce l'emergenza. Più si avanza nella pratica, meglio si riesce a controllare rabbia, paura, desiderio. Un romanzo del 1796 scritto da Matthew Gregory Lewis, Il Monaco, racconta la storia di Ambrosio, un prelato bello è intelligente. E' considerato un santo, Ambrosio. Un giorno scopre che un suo confratello, Rosario, in realtà è una donna, Matilda, che si finge uomo per stargli vicino. Le energie vitali tenute a freno per anni, emergono improvvisamente. Il sant'uomo si trasforma in assassino e stupratore. Si dedica alla magia nera e finisce per vender l'anima al diavolo. Si tratta di un romanzo "nero" pieno di esagerazioni, ma leggerlo ponendo l'attenzione sul rapporto che il Monaco instaura con le proprie emozioni può risultare assai utile. 3) LA NEBBIA DEL MATTINO SVANISCE AL PRIMO SOLE Una delle parole sanscrite usate a proposito della trasformazione delle energie è AA AA AA AA र nīhāra, che sta ad indicare anche, credo, la nebbia del mattino. Nīhāram iva bhāskaraḥ, e scritto nel Ramayana (VII, 6, 16). La nebbia svanisce al primo sole.

4 Basta un po' di luce, un po' di calore e Nihara scompare da solo. Se seppelliamo nel nostro inconscio le emozioni, le pulsioni che riteniamo indicibili o negative, si faranno sempre più forti e potenti e prima o poi, riemergeranno. Tanto più violentemente quanto più in profondità le avevamo nascoste. Quando i nostri nemici interiori, le pulsioni nascoste, arrivano alla luce della coscienza, bisogna chiamarle per nome e rendersi conto che ci appartengono. E' impressionante osservare in questa fase, il fenomeno della proiezione. Proseguendo nella ricerca spirituale si giunge, talvolta, a credersi esseri puri, o distaccati dalle pulsioni del corpo, o qualcosa di più degli altri. E questa illusione gratificante si fa strada nel nostro subconscio e comincia a lavorare sottotraccia. Difficile riconoscere in noi certi meccanismi. Più facile osservarli negli altri. In un certo senso gli altri sono sempre nostri maestri. Ci danno l'opportunità di riconoscere le nostre emozioni e di imparare a viverle alla luce del giorno. 4) IL MONTE MERU Ogni pensiero è un'opinione personale.

5 Ogni riflessione che concerne noi stessi e gli altri è un giudizio. Il problema è più complesso, ancora più complesso di ciò che sembra. La pratica della trasformazione delle energie negative è vecchia come lo yoga. La si fa risalire al mito del monte Meru. Un istante dopo l'inizio, quando la Montagna Sacra (Sumeru che significa il meraviglioso Meru) alta come il cielo, è appena emersa dalle acque dell'inconscio universale. Sulla cima la città degli dei, costruita da Visvakarman, il supremo architetto. Ha quattro lati, la montagna sacra, di lapislazzuli, oro ( o zolfo, l'importante è che sia giallo), rubini (o cinabro, l'importante è che sia rosso) e cristallo di rocca (o diamante, l'importante è che rifletta la luce bianca). All'alba l'aurora (la Dea usha) si riflette sul versante Blu. E' allora che Indra, il re degli Dei, lascia la sua sposa, Indrani, tra le lenzuole disfatte e si affaccia dalle terrazze del giardino incantato. Guarda ad est. La terra sembra blu, come l'oceano senza sponde che circonda l'isola delle gemme. La vista lo riempie di amore. Amore per la terra. E poiché ogni sentimento, ogni emozione generano il proprio contrario, Indra dà origine all'odio e alla Rabbia.

6 E' questa la prima delle famiglie mistiche. La famiglia del Vajra, dell'acqua, dei Naga, di Akshobia. L'odio e la rabbia sono il primo nemico interiore che lo yogin deve affrontare. Non basta l'amore, ci vuole l'integrazione di odio. Ci vuole la comprensione "dello Specchio". Quando Buddha Shakyamuni, protetto dal Cobra, simbolo dei naga e dell'esistenza stessa (Adishesha/patanjali è il re dei Naga, il Nagaraja), raggiounge l'illuminazione, è seduto in padmasana con le mani nel mudra dell'amore per la terra. Il mudra della famiglia dell'odio.

7 La natura del Buddha, inteso come realizzato, non è Amore. Ma è Amore e NON Amore. è Odio e NON Odio. E' Essere e NON Essere. L'amore genera odio. La generosità genera orgoglio e avidità. Il coraggio genera paura. ll non attaccamento genera gelosia. La conoscenza empirica genera ignoranza. La fede cieca nel Dio persona genera il disprezzo per l'essere umano. Ogni energia, ogni emozione genera il suo contrario.

8 Abituati per cultura e nascita a scindere tra bene e male, tra bianco e nero, troviamo difficoltà ad avvicinarci ad un pensiero, quello orientale (parlo di advaita vedanta, Zen e taoismo...), fondato sul Non Dualismo. Per questo occorre sempre stare in campana. Nella pratica dello yoga accade, abbastanza spesso, di vivere degli stati di alterazione percettiva in cui ci sentiamo mossi da una mano divina, da qualche essere superiore, dall'intuizione sovraconscia, dal bene in sé. Ci pare che tutte le nostre azioni siano motivate dalla ricerca del bene comune e finiamo per considerarci "più qualcosa" degli altri. E più lo crediamo più consideriamo chi non è d'accordo con il nostro agire come un nemico.

9 Non un nostro nemico, ma un nemico del bene in Sé. Si finisce con il giustificare tutte le nostre azioni e con il condannare tutte quelle degli altri. Una volta un mio insegnate giapponese mi ha detto di diffidare di chi scende in piazza inneggiando alla pace e di chi continua a cantare la necessità dell'umiltà. Se uno è in pace che bisogno ha di gridarlo con i pugni serrati? Se uno è umile che bisogno ha di ricordarlo a se stesso e agli altri ad ogni piè sospinto? Al tempo non ero d'accordo. Ma ho finito col ricredermi. Il miele non può cantare le doti del miele. Non sa farlo. Il vento è il vento, non racconta il suo soffiare.

10 "Il fiore del mio giardino allieta i sensi con il suo profumo. Inconsapevolmente." Diceva una poesia cinese che citavo spesso anni fa. Dentro di noi, nella nostra natura intima, sappiamo benissimo di avere lo stesso valore di un somaro o di una foglia di sambuco. Ogni ideologia, fede religione che ci fa credere di essere degli eletti, dei predestinati, degli esseri superiori ci lusinga e, al tempo stesso, ci mette in conflitto con la nostra natura autentica. E quindi con gli altri. Quando si crea una divisione, da una partenoi che sappiamo o siamo più di voi, l'unico rimedio è il confronto con gli altri. ZENSEI dicono i giapponesi. Si può tradurre, volendo, con "vivere la vita pienamente". E' così semplice. Così facile. Nel nostro mondo basato sul conflitto e sulla dualità l'unica maniera per sfuggire alle trame dell'ego è il confronto con gli altri. Solo dal confronto con l'esterno possono emergere le emozioni nascoste, i veri motivi di certe azioni che la "mente furba" giustifica con fini alti e nobili. La trasformazione delle emozioni negative è il primo passo del percorso yogico. E la prima emozione, il primo nemico interiore che si deve affrontare è l'odio. E la rabbia e la aggressività, che i miei amici tibetani accomunavano alla prima delle cinque famiglie mistiche. (NB. IL BRANO IN CORSIVO CHE SEGUE FA PARTE DI UN LIBRO CHE STO SCRIVENDO: MI PARE GIUSTO CONDIVIDERLO MA MAGARI SE QUALCUNO AVESSE VOGLIA DI COPIARLO O CITARLO, COSA CHE MI FAREBBE PIACERE, SAREBBE CARINO SE INDICASSE LA FONTE E L'AUTORE)

11 5) SĀDHANA L'addestramento tantrico ( sādhana) è un viaggio attraverso cinque diversi luoghi o città, cinque tappe, Iṣṭadevatā, Maṇḍala, Mudrā, Pūja, Mantra, per giungere, infine, alla realizzazione, Samudācāratā (gnyis la yongs su rgyu ba med pa) La prima ( Iṣṭadevatā, y-dam in tibetano) è la pratica dell'evocazione. Si visualizza nel cuore, sulla testa, dinanzi a sé, una delle forme della divinità. Quella che fa risuonare le corde misteriose dell'inconscio. È qui che l'āsana insorge, come un fiore che sboccia, dicono i poeti indiani, o il desiderio, improvviso, che trasfigura gli amanti. Il Maṇḍala ( dkyl-'khor) delimita lo spazio sacro. A dir la verità la divinità è illimitata, per definizione. Ma come può la mente umana figurasi un qualcosa di così illogico (alogico, diceva Avalon)? Un mare senza sponde, una montagna senza fine, un pozzo senza fondo non riusciamo nemmeno a immaginarceli. Il Dio, di Nicola Cusano, dei taoisti e degli yogin, centro e circonferenza di ogni cosa, non può essere raggiunto con la ragione. Non si può comprendere. Però c'è il mondo. E quello lo possiamo conoscere, immaginare, reinventare. Dal volto del figlio si indovinano i tratti del padre. In quell'incredibile gioco di specchi che è lo Yoga, si crea un universo contratto, il Maṇḍala,in cui far agire la divinità da noi stessi ideata. Con le Mudrā ( phyag-rgya), si infonde vita nell'evocazione, la si anima. Ora la divinità è presente, qui, sul nostro piano di esistenza. Le si rende omaggio con la Pūja ( mchod-pa), la si chiama con il suo vero nome e se ne assumono i poteri ( Mantra ). L'ultima tappa è Samudācāratā (gnyis la yongs su rgyu ba med pa), che si può tradurre con abitudine alla non dualità. É la realizzazione dello stato naturale, il Sahaja. Si insegna a dar forma tangibile ad un'idea, nel sadhana tantrico, si insegnano gli incantesimi per renderla viva e ci si unisce a lei. Una pratica conosciuta o sognata da ogni artista. L'attore che piange e si dispera per Ecuba, sarebbe grottesco se non rivestisse di magia parole scritte da altri. E cosa distinguerebbe il danzatore dal ginnasta se non fosse per quella nostalgia del cielo che rende poesia salti e piroette? Se la tappe del Sadhana sono sempre le stesse (sei come il percorso interno dell'enneagramma di Gurdjeff, i dettagli (sequenze e posizioni, Mudra, Mantra ecc) variano a seconda della famiglia mistica di appartenenza.

12 Le famiglie mistiche sono rappresentate dai cinque Dhyani Buddha (Vairocana, Amithaba, Akshobia, Ratnasambhava,Amogasiddhi), dalle cinque teste di Siva (Sadyojāta,Vāmadeva, Aghora, Tatpuruṣa, Īśāna) o dalle cinque Terre originarie ( Il monte Meru e le grandi terre circostanti:purvavideha/est, Uttarakuru/Nord, Aparagodaniya/Ovest, Jambuvidpa/Sud). Ogni Famiglia Mistica, Pañca Kula in sanscrito, corrisponde ad una delle cinque emozioni fondamentali, i cinque motivi che ci portano ad incarnarci e a "cadere" nella catene delle rinascite o Samsara. La realizzazione consiste nell'integrazione delle cinque emozioni negative e del loro corrispondente positivo in cinque tipi diversi di conoscenza. Cinque diverse realizzazioni (sarupya ecc) che conducono alla realizzazione non duale, uno stato che a volte è detto nelle upanishad vaisnava NIRVANA o NIRODHA o TURIYA ma che è oltre questo stato (Turiya Turiya, o "quinto" come lo chiamava Ramana Maharishi). Il primno passo verso la trasformazione delle emozioni negative è il riconoscimento della famiglia mistica di appartenenza. Ogni famiglia è legata a una emozione negativa: ODIO e RABBIA (AKSHOBIA, famiglia dell'acqua). GELOSIA e INVIDIA (AMOGASIDDHI, famiglia del Vento). PASSIONE CIECA (AMITHABA, famiglia del Fuoco). ORGOGLIO E PRESUNZIONE (RATNASAMBHAVA, famiglia della Terra). IGNORANZA (VAIROCANA, famiglia dello Spazio). Per riconoscere la propria famiglia di appartenenza o la Terra dell'inizio dal quale proviene, il Sadhaka solitamente si affida al sogno o alla coincidenza significativa. Un tempo si faceva gettare un fiore o un bastoncino sul Mandala, ad occhi chiusi. Il campo in cui fiore o bastone cadevano indicava la Famiglia di appartenenza. Tutti i mandala rappresentano le cinque Famiglie. E presentano coppie di divinità intente a far l'amore (che indicano l'aspetto statico non connesso al divenire e l'aspetto dinamico) e altre divinità dall'aspetto terrifico che stanno all'esterno del mandala (ad indicare le forse del CONSCIO che scendono nell'inconscio per portare alla luce le pulsioni nascoste)

13 A volte le divinità sono sostituite da simboli e colori, altre da lettere dell'alfabeto sanscrito (si usa il sanscrito per i mandala, sia in Tibet che in Cina che in Giappone). Il Mandala è la rappresentazione insieme dell'universo (Macrocosmo) e del praticante (Mcrocosmo). E' un simbolo Universale. Lo Yantra, sempre associato a particolari mantra, è invece specifico di determinate vasana o qualificazioni o tendenze soggettive. Ogni Mantra rappresenta una divinità o un gruppo di ddivinità, ovvero degli dei, degli archetipi che con il potere vibrazionale penetrano nelle acque dell'inconscio CONSCIAMENTE, e per risonanza muovono le emozioni che abbiamo bisogno di portare in superficie e, in qualche modo ce le fanno chiamare per nome. Prendiamo ad esempio il mantra di Padmasambhava Padmasambhava era uno Yogin indiano non appartenente a nessun ordine monastico, chiamato in Tibet da Yeshe Tsogyal nel 700 d. C. per insegnare lo Yogachara. Il suo mantra è: OM AH HUM VAJRA GURU PADME SIDDHI HUM. OM AH HUM (Bhur Bhuva Svara nel gayatri) è il mantra della suprema saggezza, dove HUM rappresenta il corpo (O il Cuore o l'energia sessuale, il Piano di veglia Visva), AH rappresenta la Parola (La bocca, l'insieme delle energie sottili, il piano dio sogno Taijasa) OM la mente (ciò che sottende la manifestazione, la conoscenza di Isvara, il piano di sonno profondo taijasa). Vajra (che i tibertani pronunciano BEZDRA o BEZA o qualcosa del genere) che significa diamante è il simbolo della famiglia dell'odio (Akshobia).

14 Guru che vuol dire maestro (ma NAMOGURU è il Narayana) rappresenta la famiglia dell'orgoglio (Ratnasambhava).

15 PADME (PEMA in tibetano= Loto), rappresenta la famiglia della PASSIONE ( AMITHABA).

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17 SIDDHI (Potere psichico, realizzazione, perfezione) rappresenta la famiglia della GELOSIA o dei CONTENUTI KARMICI (AMOGASIDDHI).

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19 HUM (bija mantra della protezione corrispondente a Sadasiva) rappresenta la famiglia dell'ignoranza (VAIROCHANA) Se si è intonati e abbiamo sviluppato l'arte dell'ascolto interiore, ripetere il mantra di Padmasambhava e sentire dove e come le singole sillabe risuonano dà interessanti indicazioni.

20 Le immagini dei Dhyani buddha (e delle Dee corrispondenti) sono archetipiche. In qualche modo risuonano. E meditare sull'y-dam ovvero "riempire la mente con l'immagine della divinità o con il suono del mantra corrispondente, dà altre indicazioni. C'è da tener presente che se uno è intriso di rabbia e odio difficilmente la riconoscerà in se stesso. L'acqua del mare non sa di essere acqua di mare. proverà magari attrazione per la terra (le onde corrono a frantumarsi sugli scogli appena possono...). per cui c'è sempre bisogno degli altri. Spesso, come per magia, le persone che ci stanno d'intorno sembrano parti di noi. Si comportano come abbiamo imparato a comportarci nell'infanzia o in vite precedenti(?) con gli stessi vizi, le stesse modalità. Naturalmente siamo noi che le vediamo così, non sono loro ad esserlo. E' il fenomeno della proiezione. I ritiri, i distacchi servono solo nel caso siano già prodotti quei fenomeni che alcuni chiamano "Rottura dei livelli dell'io" o samadhi. E' dopo l'esperienza del samadhi che si può dire veramente di "praticare Yoga". Prima si è "SADHAKA". 6) EVACUAZIONE l'evacuazione è una delle cinque azioni fondamentali dell'essere umano. Ci sono cinque azioni, collegate ai cinque vayu, ai cinque elementi ecc. ecc. la prima legata allo spazio, è l'azione dell'esprimere. La seconda è l'azione dell'afferrare. La terza l'azione del MUOVERSI. La quarta l'azione del GENERARE.

21 La quinta l'azione dell'evacuare. Ogni azione, gesto dell'essere umano è il frutto del combinarsi delle cinque azioni fondamentali. Se io mangio significa che dentro di me è nata la necessità del cibo. Con pensieri, parole o gesti ESPRIMO, a me stesso e agli altri, l'idea/necessità del cibarmi. Cerco quindi di AFFERRARE quell'idea o fisicamente di AFFERRARE qualcosa che soddisfi il desiderio del cibo. Mi MUOVO quindi o verso il cibo o per portare il cibo alla bocca. GENERO energia positiva (che mi dà vita) traendo sostanze nutrienti dal cibo e GENERO sensazioni positive derivanti dall'aver soddisfatto un desiderio. EVACUO le sostanze inutili o negativi che l'azione ha prodotto. Che succede se dopo aver mangiato non evacuo, per scelta, necessità o malattia, sotto forma di feci e di urina ( ma anche sudore ecc) le sostanze negative? Il corpo si carica di energia compressa, la pancia si gonfia, chiudo i muscoli dell'ano e tiro su lo sfintere e i muscoli legati alla vescica. La non evacuazione è assimilabile alla compressione. Ora facciamo finta che le IMPRESSIONI, ovvero ciò che rimane delle esperienze e delle emozioni che hanno portato a tali esperienze e/o sono stato prodotte da tali esperienze, siano CIBO. Le impressioni positive saranno come la pappa buona, alimenteranno il corpo (intendiamolo sempre come CORPO/PAROLA/MENTE) facendo crescere i muscoli, rendendo la pelle luminosa e dando un senso di soddisfazione. Le impressioni negative saranno come le tossine che non riusciamo a smaltire. Il senso di gonfiore che si ha se non si riesce a defecare o a eliminare il gas in eccesso dopo aver mangiando dei fagioli cotti con l'osso di prosciutto, in qualche modo è simile al senso di fastidio che si sperimenta nel non evacuare le impressioni negative. Gas. Cosa succede se ficca sempre più gas in un deposito a tenuta stagna?

22 Diminuisce il volume a disposizione delle molecole. Aumenta la velocità delle particelle. Aumenta la pressione. L'unica possibilità per evitare l'esplosione è quella di alleggerire la pressione facendo uscire il gas da valvole di sicurezza. Ognuno di noi ha delle valvole di sicurezza. Le tensioni muscolari che osservo nei miei allievi si accompagnano sempre a delle ipotonie. Il corpo, espressione dell'intero essere umano, trova sempre un suo equilibrio. Una tensione nella zona del petto nelle donne si accompagna spesso ad un restringimento della vita, ad esempio. Le energie non circolano e "il [om] si fa chiozzotto". Le impressioni negative probabilmente si stanno esprimendo nella zona del cuore. C'è un accumulo di "GAS". Il corpo, saggio quanto la mente è scioccamente furba, per evitare di "esplodere" toglie tensione alla zona bassa, così da rendere possibile una parziale evacuazione. Se si considera il corpo come strumento di conoscenza e strumento del sadhana questo equilibrio, necessario e pure positivo per la vita quotidiana, diviene però un ostacolo. E allora si procede all'evacuazione. Esistono tecniche nel tantrismo i cui effetti sono simili a quelli del movimento rigeneratore di Tsuda/Noguchi e al Qi Gong spontaneo dei maestri taoisti. tecniche che però a volte possono insorgere senza motivo apparente (la mela cade quando è matura...) Con una serie di tecniche che vanno dai mantra, all'iperventilazione, all'ipossia si mette la mente in una condizione di non-controllo del corpo. E' come quando, dopo aver mangiato fagioli e cotenne, si prende la purga. Non si controlla più lo sfintere. Si deve correre al bagno in continuazione. La razionalità, la volontà di controllare in questi casi è come l'imodium. Qualcosa che blocca i naturali processi del corpo.

23 L'evacuazione dà sempre sollievo, perché si eliminano delle impressioni/tossine che si attaccano per così dire all'anima (in termini vedantici si direbbe che si fissano a Vijnanamayakosha) e, come il granello di sabbia crea la perla, creano dei nodi sempre più complessi. Se il nodo si scioglie si prova benessere. Se l'energia accumulata è troppa si ha paura di scioglierlo. L'evacuazione può essere fisica (movimenti inconsulti, vibrazioni, gesti inimmaginabili in situazioni ordinarie, foruncoli e ascessi in luoghi stravaganti, vomito, diarrea, emorragie), verbale (grida, risate, pianti, impropreri, bestemmie, aggressività discorsiva incontenibile scollegata dalla postura del corpo), mentale (incapacità di controllare i pensieri e il dialogo interiore, immagini che si susseguono senza riuscire a collocarle razionalmente o cronologicamente, stati depressivi alternati a stati di eccitazione, sensazione di star per morire o sensazione di illusoria immortalità e onnipotenza ecc.). Se si lavora sul corpo occorre, prima di procedere a certe pratiche, individuare i propri "punti di fatica". Sappiamo che il rapporto tra l'io, inteso come spazio interno, e lo spazio esterno è regolato da 12 nervi principali che, a sei a sei, provongono da due diverse parti del cervello. Attraverso l'occipite (o cervicale zero), i dodici nervi si introducono all'interno della colonna passando per due fasce spugnose collegate l'una ai movimenti volontari e l'altra a quelli involontari. Da questi nervi ne "nascono" altri, in pratica due per ciascuna vertebra. I nervi hanno funzione EFFERENTE (dall'interno all'esterno) ed AFFERENTE (dall'esterno all'interno). Quando c'è un BLOCCO le informazioni che da una particolare zona del corpo vanno al cervello e viceversa, procedono a velocità ridotta o non procedono affatto. Le informazioni lungo i nervi, si trasmettono mediante delle reazioni chimiche, se non sbaglio. le reazioni chimiche sono Esotermiche o endotermiche, se non sbaglio.

24 Significa che o assorbono energia o la producono. Se le informazioni non viaggiano quella particolare zona del corpo smette di CEDERE energia o di ASSORBIRLA. In tutti e due i casi c'è un eccesso di energia da qualche parte. In sostanza ci sarà una vertebra o un gruppo di vertebre che è rigida o troppo mobile. Il "serpente" (l'insieme colonna vertebrale, nervi, liquido cerebro spinale) non potrà muoversi naturalmente. Il primo passo sarà quindi scoprire quali sono i propri punti di fatica lungo la colonna vertebrale. poi si cercherà di comprendere, usando il linguaggio dei simboli, a quali impressioni e emozioni si collega tale blocco/punto di fatica. Quindi si procederà all'evacuazione, la fase che in alchimia è detta OPERA AL NERO.

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