D Annunzio: la sfida dell oltre. Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano?

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1 D Annunzio: la sfida dell oltre Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano? di Ilaria Caccavale, Chiara Lavitola e Lorenza Lupo classe II E Perplessità e smarrimento sono state le emozioni subitanee davanti alla moltitudine di significati e interpretazioni che si sarebbero potuti dare a tale espressione. Senza dubbio siamo state colpite dalla profondità e dalla veridicità di questa, perché in quel momento tutte noi ci siamo subito immedesimate nelle emozioni che l autore ci trasmetteva con quel grande interrogativo. Confusione, fascino, ammirazione, erano queste le sensazioni di fronte alla sfida dell infinito. Per la nostra ricerca abbiamo deciso di leggere Trionfo della morte, un romanzo scritto da Gabriele D'Annunzio nel Inizialmente le ridotte informazioni a livello scolastico su questo autore così complesso e affascinante, estroverso ed enigmatico allo stesso tempo, non avevano soddisfatto tutti gli interrogativi suscitati dalla lettura delle sue opere. Proprio grazie a tale curiosità è stato necessario approfondire e comprendere più a fondo la personalità di D'Annunzio, andando oltre ogni apparenza. Sono nate numerose domande sui suoi comportamenti, sul significato dei suoi scritti, sul messaggio che questi volevano trasmettere. In particolare ci siamo chieste: D'Annunzio è davvero solo l'uomo viziato e superficiale de "Il piacere", che hanno sempre voluto proporre, o è anche qualcos'altro? La risposta è sembrata lampante: D'Annunzio è ben oltre. Egli colpiva e difformava ancora una volta la sua umanità." 1 È questa la principale tematica che abbiamo evidenziato fin dall inizio del romanzo: un protagonista debole, incerto, sopraffatto dalle sue stesse paure, ma che biasima e offende la sua umanità. Vorrebbe essere forte e deciso, invece andando avanti, si accorge che è nella sua natura cadere sempre più in basso; non smette però di tendere verso una perfezione ideale. Nel secondo libro, quando fa ritorno dopo tanto tempo alla casa natale, trova un ambiente devastato dalla discordia familiare, poiché il padre deruba la famiglia per sfamare la sua amante e i figli illegittimi di lei. La madre disperata chiede appunto l aiuto del primogenito, Giorgio, che però non ha il coraggio di 1 D'annunzio G., Trionfo della Morte, 1894, libro III, cap. II

2 assumersi le sue responsabilità di fronte alla corruzione e alla meschinità del padre, che teme. Solo quando chiede dei soldi al protagonista, egli capisce che deve estraniarsi da quella mentalità ottusa e popolana. Il disprezzo di Giorgio per il padre è grande, in quanto lo descrive come un essere puramente carnale, legato solo al piacere fisico. Lui, al contrario, è molto simile alla figura dello zio suicida Demetrio, sensibile e gentile, legato alla musica e alle arti: il prototipo di uomo a cui Giorgio aspira, libero dalle meschinità umane, che non si limita al piacere carnale, ma a quello che eleva l anima. A questo punto è immediata la constatazione che la figura di D Annunzio, associata a quella del protagonista, appare non tanto simile ad un superuomo, come molti - erroneamente - credono, ma ad un oltre-uomo : egli infatti non aspira a prevalere sugli altri in qualsiasi ambito, ma a superare i limiti umani, in un inesauribile ricerca dell infinito. <<C è sulla terra una sola ebrezza durevole: - la sicurità assoluta nel possesso di un altra creatura. Io cerco questa ebrezza>> Egli cercava l introvabile. 2 Fin dall inizio del romanzo, abbiamo constatato che il protagonista, Giorgio, cerca un amore completo, un amore vero. Vorrebbe la fedeltà assoluta della donna, vorrebbe che lo soddisfacesse non solo dal punto di vista carnale, cercando un appagamento anche intellettuale. In definitiva, vuole compensare la sua debolezza con il possesso assoluto dell amata, Ippolita. Ella appare consenziente, ma il protagonista è sempre insoddisfatto, tormentato da angosce insormontabili e morbose. Ha paura che lei lo tradisca, ma soprattutto teme di non poter possedere la sua parte spirituale, in quanto sa che, essendo uomo, i pensieri della donna saranno per lui sempre inaccessibili. Questa sfida attrae molto il protagonista, poiché è sempre alla ricerca di ciò che va oltre le possibilità umane. Ben presto però comprende che il possesso assoluto dell amata lo porta ad una follia tanto morbosa da distruggere sé stesso e la donna, nonché a svilire l'obiettivo della sua ricerca, ovvero un amore completo e armonioso. Infatti, come egli stesso dice: Distruggere per possedere non ha altro mezzo colui che cerca nell amore l Assoluto. 3. A questo punto, la sua vita appare priva di senso e di equilibrio, Simile a una nave che abbia spiegate tutte le vele nell uragano" 4 Il segreto dell equilibrio per l uomo d intelletto sta nel saper trasportare gli istinti, i bisogni, le tendenze, i sentimenti fondamentali della propria razza in un ordine superiore." 5 2 D'Annunzio G., opera cit., 1894, libro III, cap. VI 3 D'Annunzio G., opera cit., 1894, libro IV, cap. III 4 Shakespeare W., La Tempesta, 1611, in "Trionfo della Morte" 5 D'Annunzio G., opera cit., 1894, libro IV, cap. III

3 Per Giorgio, vittima consapevole del proprio squilibrio, l unico appiglio per trovare la serenità e allo stesso tempo raggiungere quell oltre a cui aspira è cercare di governare i propri sentimenti, di non esserne vittima ma di dominarli. L amore per Ippolita lo ha portato al disagio e all instabilità. Cerca in svariati modi di raggiungere quell equilibrio che lo potrebbe appagare, anche attraverso un viaggio nella terra D Abruzzi, in un eremo isolato dal caos del mondo esterno. Tuttavia, quando pensa di aver raggiunto la felicità, si introduce nella sua pacatezza un elemento esterno che lo turba profondamente, un episodio di morte e sofferenza che lo riconduce bruscamente alla sua condizione di fragilità. Prova anche a ritrovare la fede che non ha mai avuto, per superare la sua crisi interiore, ma neanche questa soluzione porta i frutti sperati. Si accorge dunque che la sua miseria non proveniva da alcuna creatura umana ma dall essenza stessa della vita 6, ovvero la sua eterna condizione di infelicità non è causata dalla figura di Ippolita, né da quella di nessun altra creatura vivente, ma dalla vita stessa che lo ferisce e lo annienta, lasciandolo inerme davanti ad una sola prospettiva: la Morte. Talvolta io mi vedo disteso in una bara; io mi contemplo nella immobilità della morte, con una lucidezza imperturbabile. Esco dalla contemplazione quietato. 7 Alla fine del romanzo Giorgio ha una consapevolezza impressionate sulla propria condizione. Si sente perso in una vita che per lui non ha più senso, poiché non è riuscito a raggiungere realmente il suo ideale di felicità. Di nuovo ritorna alla concezione secondo cui la più grande sofferenza dell'uomo è l amore e trova conferma di ciò nel comportamento di Ippolita, che con il suo fascino di donna lo seduce e lo irrita. La vede come una vera e propria Nemica da combattere, anche se in verità chi ha contribuito maggiormente alla sua rovina è lui stesso, con la sua negligenza nei confronti della vita. Ingaggia con l amante una vera e propria lotta selvaggia, diventando da vittima a carnefice: vede la donna con disprezzo e odio, la sua sensualità lo ripugna, lo porta a trasformarsi in un vero assassino. Premedita con lucidità la sua morte e quella di Ippolita, anche con l inganno, come unico barlume di speranza in una vita piena d infelicità. In preda ad una disperata follia, decide di condurre l amante sulla scogliera e di gettarsi insieme a lei. Per la prima volta nel romanzo la scena è descritta dal punto di vista di Ippolita. La donna è schiacciata dall improvviso eccesso di brutalità dell amante, inizialmente cerca di persuaderlo con dolcezza, ma quando Giorgio la afferra e la getta violentemente sul ciglio del precipizio, comprende che non potrà sfuggire alla 6 D'Annunzio G., opera cit., 1894, libro I, cap. I 7 D'Annunzio G., opera cit., 1894, libro I, cap. VI

4 morte. Quel protagonista che appariva inizialmente così sensibile, fragile e incapace di fare del male diventa improvvisamente freddo e violento. Dopo questo improvviso cambiamento di personalità, non è più rivelato nulla su ciò che Giorgio prova nell atto estremo della morte. Diventa impassibile, estraneo persino ad Ippolita, che lo chiama assassino. Nei brevi istanti che seguono, Giorgio capisce che quel gesto così insensato e barbarico racchiude la chiave risolutrice delle sue sofferenze. L unico modo per sfuggire alla sua infelicità è affrontare direttamente ciò che da sempre lo turba: la Morte. Oltre la morte Da prima muoiono i nostri piaceri, e quindi le nostre speranze, e quindi i nostri timori; e quando tutto ciò è morto, la polvere chiama la polvere e noi anche moriamo. 8 La morte rappresenta l eterna sfida dell uomo. Noi crediamo che con questo gesto Giorgio sia riuscito finalmente a superare i limiti umani. Inizialmente il suicidio è sembrato l unico discutibile ripiego ad una condizione di vita miserevole. In realtà, con la morte, Giorgio ha superato sé stesso, forse anche inconsapevolmente. Con questo atto estremo ha finalmente coronato la sua ricerca dell infinito, spingendosi oltre il potere umano. All'improvviso è apparso lampante il significato della frase iniziale Ah perché non è infinito come il desiderio il potere umano?. Le fragilità, le paure, gli squilibri che inizialmente spaventavano Giorgio, sono state spazzate via da un unico gesto estremo e risolutivo. Con la morte non solo ha superato quello che normalmente è considerato il potere dell uomo, ma è riuscito a renderlo infinito, spezzando il legame terreno della vita che gli impediva di librarsi verso il mistero dell Assoluto. A questo punto, è evidente che la lettura dell'opera ci appare completamente diversa da ciò che pensavamo. Se D'Annunzio fosse stato in vita solamente un edonista sfrenato, cultore del piacere personale ma del tutto insensibile nei confronti delle miserie umane, non avrebbe di certo elaborato una riflessione così profonda come quella presente nel Trionfo della Morte. Analizzando la complessa figura del protagonista, D'Annunzio è stato capace di esprimere i tormenti più aspri dell'animo umano. Le paure, le incertezze e le angosce che la sua vita sfrenata probabilmente voleva seppellire di fronte a un muro di apparenze e sfrontatezza, sono palesemente riemerse nella psicologia del protagonista, Giorgio. Forse quel D'Annunzio che nella sua esistenza ha voluto dare un'immagine di sé piena di lussi ed eccessi, non ha realmente trovato la serenità nelle sfrenatezze della sua vita mondana, ma ha compreso di realizzarla appieno solo attraverso le sue opere, tramite l'espressione più intima e sincera dei sentimenti umani, anche nella loro mediocrità. Grazie a questo 8 D'Annunzio G., Il Piacere,1889, libro IV, cap. II

5 illuminante incontro con D'Annunzio, abbiamo notato numerose affinità con l'autore e la sua concezione di vita, molto più profonda di ciò che immaginavamo. Abbiamo riscoperto in noi la ricerca dell'oltre e la misteriosa bellezza dell'infinito, la paura del fallimento e della miseria umana, la spasmodica ricerca dell'unica corda che fa vibrare l'anima. D'Annunzio, da uomo, non è riuscito a trovare tutte le risposte. Ma, da oltre-uomo, non ha mai smesso di cercarle, stimolando anche noi a fare lo stesso.

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