Persone senza dimora Le persone senza dimora, in Italia, sono quasi

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1 APRILE 2013 Progetto Homeless, tra pubblico e privato sociale Nel 2012 abbiamo accolto 1600 persone, spiega il coordinatore Massimo Ceriale Furti d identità, ecco cosa rischia chi vive in strada Parla Antonio Mumolo, presidente dell associazione che conta 700 avvocati volontari Persone senza dimora Le persone senza dimora, in Italia, sono quasi 50mila. Per la maggioranza sono uomini e stranieri ma aumentano le donne e gli italiani. Sono per lo più giovani. Le principali motivazioni che conducono le persone a vivere in strada sono la perdita del lavoro, la separazione dal coniuge, le cattive condizioni di salute. I maggiori bisogni sono quelli abitativi, sanitari, la mancanza di documenti e la mancanza di residenza. Nel Rapporto 2012 dell associazione Avvocato di strada possiamo trovare elementi utili per comprendere i diritti negati alle persone senza dimora. Il 45% delle pratiche seguite dagli avvocati dell associazione sono relative ai diritti dei migranti: rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, asilo politico e decreti di espulsione. Tra le pratiche di diritto civile spiccano quelle relative alla residenza che si conferma essere il problema per eccellenza. Perdono questo requisito la maggior parte delle persone senza dimora e con esso perdono ogni diritto: salute, lavoro, assistenza sociale e previdenziale. Eppure aumentano ogni anno i casi di residenza negata da parte dei Comuni. E poi lavoro, sfratti e separazioni. Ancora. Nell ambito amministrativo insistono pratiche che svelano problemi all apparenza semplici, ma insormontabili per chi vive in strada. E sono quelli del mancato pagamento dei tributi, dai titoli di viaggio sui mezzi pubblici, alle cartelle esattoriali su tasse e imposte, tanto che molte persone preferiscono rimanere invisibili in strada, senza residenza e senza diritti, per l impossibilità di pagare questi debiti. Un ultima segnalazione: fra le pratiche di diritto penale le più frequenti riguardano i procedimenti in qualità di persona offesa: aggressioni, minacce e molestie. Non sono dunque i senza dimora autori di reati, bensì vittime deboli ed indifese di aggressioni. Un grazie di cuore agli oltre 700 avvocati volontari delle 32 sedi associative presenti in Italia che, ogni giorno, restituiscono a molte persone dignità, giustizia e visibilità. Ci auguriamo che avvocati di strada possa, al più presto, aprire una sede anche in Toscana! Una precisazione sui termini: faccio mio il termine senza dimora secondo la definizione che ci propone Parlare civile. Comunicare senza discriminare a cura di Redattore Sociale (Bruno Mondadori 2013). Senza dimora è la persona che si trova ad affrontare sia una problematica abitativa sia, soprattutto, una grave situazione di emarginazione ed esclusione sociale. di Cristiana Guccinelli Una popolazione grande come la città di Mantova Paolo Pezzana di Fiopsd ci spiega chi sono e come vivono le persone senza dimora Senza tetto: l 86% dei servizi è non profit Ma il problema è sempre quello: il domicilio e poi...online A Prato trenta volte volontariato A giugno tante le iniziative promosse dalla delegazione Cesvot di Prato per il Festival della Solidarietà Se non ora quando? Ripensare il volontariato: risorse, modelli organizzativi e partecipazione

2 L ESPERIENZA Progetto Homeless, tra pubblico e privato sociale di Cristina Galasso Nel 2012 abbiamo accolto 1600 persone, spiega il coordinatore Massimo Ceriale Nato a Pisa 15 anni fa su impulso della Caritas diocesana, il Progetto Homeless rappresenta una vera e propria rete sociale a sostegno delle persone senza fissa dimora. Una buona pratica di integrazione tra pubblico e privato sociale che vede il coinvolgimento di molti soggetti, come Comune di Pisa e Società della Salute, le cooperative sociali Il Simbolo, Il Cerchio e Il Melograno e le associazioni di volontariato Amici della Strada e Ronda della Carità. Grazie al progetto sono attivi un asilo notturno, un centro diurno ed uno sportello d ascolto che solo nel 2012 hanno intercettato 1600 persone senza fissa dimora. Per saperne di più abbiamo intervistato il coordinatore del progetto Massimo Ceriale. Secondo i dati Istat-Fiopsd tra le persone senza fissa dimora sono in aumento i cosiddetti nuovi poveri, spesso maschi di origine italiana, separati e che hanno perso il lavoro. E così anche a Pisa? Chi sono le persone che si rivolgono a voi? Sì, il fenomeno delle persone senza dimora nella nostra città rispecchia le tendenze registrate su scala nazionale. Bisogna però dire che gli italiani e i cittadini stranieri aumentano in egual proporzione e che la permanenza delle persone accolte presso i nostri servizi è sempre più di breve periodo. Osserviamo, inoltre, un calo dell età media soprattutto tra gli immigrati. Quasi la metà delle persone che accogliamo ha soprattutto un bisogno abitativo e oltre un terzo dei percorsi intrapresi parte da urgenze sanitarie. C è anche un altro dato che ci aiuta a capire come stia evolvendo il quadro complessivo: il 45% degli italiani senza dimora da noi ospitati possiede un reddito da lavoro o da pensione, dunque un potenziale di autonomia anche se talvolta minimo su cui far leva nella costruzione di un percorso di accompagnamento che però si rivela insufficiente ad uscire da un circuito di assistenza. Quali sono quindi i vostri servizi sia rispetto all emergenza che sul medio-lungo periodo? I nostri servizi presentano le caratteristiche proprie dei centri di bassa soglia sia per quanto concerne l ospitalità notturna che diurna. Una particolare virtuosità senz altro perfettibile riguarda la gestione delle cosiddette emergenze sanitarie, cioè di quei casi in cui si rende necessario seguire la persona dimessa da una degenza con un protocollo ad hoc che vede coinvolta l Azienda Ospedaliera e il servizio sociale del territorio. A determinare l esito dei percorsi di uscita dalla marginalità, oggi ancor più che in passato, crediamo contribuisca in modo decisivo il coinvolgimento delle comunità, la capacità inclusiva dei territori, la possibilità di offrire beni relazionali a chi non può essere considerato solo come il terminale di una catena di interventi assistenziali. Uno dei nodi da affrontare quando si parla di diritti delle persone senza fissa dimora è la cosiddetta residenza fittizia. Può spiegarci di cosa si tratta? Con la residenza fittizia viene garantito con forme che variano da Comune a Comune il diritto all iscrizione anagrafica. E un tema complesso e dibattuto, oggetto nel recente passato anche di una specifica campagna di sensibilizzazione della Fiopsd. Si può facilmente comprendere che si tratta del requisito di base per avviare qualsiasi percorso sociale. Il nostro Comune ha adottato un Disciplinare che prevede la concessione della residenza anagrafica alle persone senza dimora presso la sede legale delle cooperative sociali che gestiscono Progetto Homeless. Chi accede a questa opportunità viene inserito in progetto di aiuto articolato in varie azioni e dunque preso in carico dall assistente sociale del Progetto. Uno degli aspetti peculiare del vostro progetto è l integrazione tra servizi e attività di volontariato, penso in particolare all iniziativa Volontari di quartiere La sede operativa di Progetto Homeless si trova in una zona centrale della città. Siamo vicini di casa di due scuole, di diversi esercizi commerciali, di due circoli ricreativi Abbiamo quindi pensato che fosse importante dialogare positivamente con queste realtà in modo da essere percepiti non come un problema ma come una risorsa per migliorare la qualità di vita del quartiere. Ci siamo dati l obiettivo di rendere le persone senza dimora protagoniste nella costruzione di un sistema di relazioni capace di promuovere, in quel territorio, la partecipazione e la cooperazione. I Volontari di quartiere sono uno dei frutti di questo percorso, è un gruppo formato da cittadini residenti e da ospiti della struttura che progettano e realizzano insieme una serie di iniziative utili a tutti e preziose per la comunità. Uno strumento per con-vivere e per stimolare comportamenti prosociali e, dunque, creare una reciprocità positiva. 2

3 L INTERVISTA Furti d identità, ecco cosa rischia chi vive in strada Parla Antonio Mumolo, presidente dell associazione che conta 700 avvocati volontari. Nel 2012 assistite 2575 persone senza dimora di Rosa Rovini Avvocato di strada si costituisce a Bologna nel Come nasce l idea e come siete organizzati sul territorio nazionale? Avvocato di strada nasce per tutelare i diritti delle persone che vivono in strada e favorirne il ritorno ad una vita comune. Chi vive in strada accumula una serie di problematiche legali che possono essere risolte solo con l aiuto di un avvocato. In Italia la legge prevede che chi ha un reddito inferiore ai euro annui può chiedere il gratuito patrocinio, ovvero un avvocato che lavora gratuitamente e che viene pagato dallo Stato. Tutti i senza tetto hanno un reddito inferiore a questa cifra, ma non possono fare la domanda perché non hanno documenti e sono privi di residenza. Avvocato di strada nasce proprio per colmare questa lacuna. Oggi siamo presenti in oltre trenta città italiane e ogni nostra sede è organizzata come un vero e proprio studio legale. Chi sono le persone che operano presso i vostri sportelli e in che modo è possibile diventare Avvocato di strada? La nostra associazione è formata da circa 700 avvocati professionisti che hanno deciso di mettere al servizio dei più deboli una piccola parte del proprio tempo. Gli avvocati sono affiancati da altri volontari, pensionati, giovani praticanti, studenti di giurisprudenza, che si occupano dei compiti di segreteria, degli accompagnamenti degli assistiti, ecc. Se si vuole fare volontariato basta contattare le nostre sedi: da noi c è sempre posto. È possibile tracciare un identikit delle persone che si rivolgono a voi? Un tempo il senzatetto tipo era uomo adulto, solo e non scolarizzato, che prima di finire in strada era stato in carcere o in una comunità per tossicodipendenti. La crisi economica e l allentarsi dei legami sociali e familiari hanno cambiato le cose: in strada troviamo uomini e donne, giovani e anziani, italiani e stranieri. Per finire in strada può essere sufficiente il verificarsi di un semplice evento che tutti nella vita hanno dovuto affrontare: un lutto, una separazione, una malattia o la semplice perdita del lavoro: se non ci sono amici o familiari a sostenerci le porte della strada si possono aprire per chiunque. Nel 2012 Avvocato di strada ha assistito persone. Ci può raccontare una storia particolarmente significativa e rappresentativa? Voglio citare un caso che stiamo seguendo in questi giorni: un uomo che viveva in strada a Modena risultava essere a sua insaputa proprietario di una macchina che è stata utilizzata per una rapina, e per questo ha dovuto subire un processo. Quello dei furti d identità è un caso che dobbiamo affrontare spesso: agli ignari senzatetto vengono intestate macchine, aziende e licenze, perché essendo senza residenza non possono essere trovati facilmente. Il nostro assistito aveva dato in buona fede i suoi documenti di identità a due truffatori che gli avevano promesso un lavoro: il PM ha chiesto la sua assoluzione e nei prossimi giorni uscirà la sentenza: teniamo le dita incrociate. >> 3

4 L INTERVISTA Furti d identità, ecco cosa rischia chi vive in strada >> Tra i diritti negati alle persone senza fissa dimora, da sempre segnalate il diritto alla residenza anagrafica. Perché? Quella per la residenza anagrafica è una delle nostre battaglie storiche. Chi vive in strada presto o tardi finisce per perdere la residenza e chi non ha la residenza non può votare, non può aprire una partita Iva, non può avere una casa popolare, non può ricevere una pensione neanche se ne ha diritto, non ha diritto all assistenza dei servizi sociali e, cosa gravissima, non ha accesso al sistema sanitario nazionale se non per le cure di pronto soccorso. Nel nostro Paese la residenza anagrafica è talmente importante da essere garantita a chiunque dalla Costituzione. Il problema è che chi dovrebbe far rispettare questo diritto, e cioè il Comune, spesso oppone delle resistenze perché si ritiene che concedere la residenza significhi poi doversi accollare una serie di oneri. In realtà è vero il contrario: una persona che non ha la residenza è condannata a rimanere nel limbo dell assistenzialismo puro, mentre a partire da quel diritto può cercare di ricostruire la propria vita. Il PUNTO DI VISTA Una popolazione grande come la città di Mantova Paolo Pezzana di Fiopsd ci spiega chi sono e come vivono le persone senza dimora di Paolo Pezzana La Federazione italiana degli organismi per le Persone Senza Dimora Fiopsd ( è una organizzazione nazionale di secondo livello che associa circa 100 organizzazioni, pubbliche e private, che in Italia si occupano in modo prevalente di grave emarginazione adulta e persone senza dimora. Tra le principali attività che la federazione porta avanti da trenta anni il tentativo di far assumere consapevolezza alle istituzioni, alla società civile ed alla cittadinanza circa le reali dimensioni e le cause di questo fenomeno, spesso misconosciuto e oggetto di visioni stereotipate e sul quale, sino al 2012, l Italia non aveva informazioni e statistiche ufficiali. Oggi questa lacuna è in parte colmata, grazie ad un percorso di ricerca durato quattro anni e voluto da Fiopsd, che lo ha condotto, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e da Caritas Italiana, che lohanno finanziato e sostenuto, da Istat, che lo ha scientificamente gestito. La ricerca sulle persone senza dimora ed i servizi loro dedicati, i cui risultati sono disponibili sul sito Istat, ha rivelato un quadro che contribuisce a demolire molti pregiudizi diffusi in questo campo. Anzituttole persone senza dimora non sono poche: in Italia è senza dimora lo 0,2% dell intera popolazione residente, quasi persone, con percentuali simili a quelle dei Paesi avanzati. La geografia è varia: persone sono senza dimora nel Nord-Ovest del Paese, al Centro, nel Nord-Est, al Sud e nelle Isole. Milano è la capitale italiana della homelessness con senza dimora, l 1% della popolazione metropoli- 4

5 tana. Roma è seconda, con lo 0,3% della popolazione, pari a persone senza dimora, e Palermo terza, con persone senza dimora (60% stranieri). Le donne sono meno degli uomini, con6.237 presenze, il 13% del totale. I senza dimora sono giovani: l età media è 42,2 anni; homeless, più della metà, hanno meno di 45 anni. Stranieri e italiani quasi si equivalgono: persone senza dimora sono straniere (59,4%). La mancanza di titolo di studio conta: due terzi hanno conseguito al massimo la licenza media inferiore e quasi il 10% non ha titoli di studio ed è analfabeta o quasi. Ma non è così per gli stranieri: quasi il 10% è laureato, il 43,1% ha un diploma di scuola media superiore. La permanenza nello stato di grave emarginazione è lunga, troppo lunga, specie per gli italiani: 2,5 anni è la durata media della condizione di homelessness; oltre il 25% delle persone senza dimora italiane sono tali da 4 anni o più, e 2000 di loro hanno più di 65 anni. In Europa si considera homeless di lungo termine, a rischio di cronicizzazione, chi permane in questa condizione oltre 12 mesi. Prima di arrivare alla strada una dimora autentica l avevano in molti: il 63,9% prima di divenire senza dimora aveva una casa propria. Non è vero quindi che si tratta di persone disabituate ad una vita normale. Inoltre le persone senza dimora non sono asociali: solo il 9,3% della popolazione senza dimora ha difficoltà ad interagire con gli altri. Manca il lavoro, non la capacità o la volontà di lavorare: il 28,3% delle persone senza dimora ha un lavoro, quasi sempre precario o saltuario, e guadagna in media 347 euro al mese. Solo il 6,7% non ha mai lavorato; più del 25% ha avuto in precedenza lavori stabili e regolari. La rottura della famiglia incide molto: il 53,2% delle persone senza dimora è diventato tale dopo una separazione coniugale. Il 64% ha avuto un coniuge e dei figli ma il 75% vive solo e solo il 58,6% mantiene qualche forma di contatto con la famiglia. A fronte di un tale quadro il sistema dei servizi non regge. Solo la metà dei bisogni primari espressi trova una soluzione, spesso emergenziale. E queste soluzioni per oltre il 50% sono messe in campo, finanziate e mantenute con sole risorse private, prevalentemente del terzo settore e del volontariato, formale e informale, essendo i contributi pubblici in grado di provvedere solo a una minima parte delle esigenze. La strada è quindi spesso l unica possibilità: più del 70% delle persone senza dimora dormono comunemente in strada o in stazione. Solo le mense sembrano accessibili: accedono alle mense il 90% delle persone senza dimora, ai dormitori solo il 35%; il 55,4% degli stranieri senza dimora non ha mai avuto accesso ad un dormitorio. Si tratta sempre e comunque di servizi di emergenza, che difficilmente danno accesso a percorsi di inclusione più ampi e articolati. La salute è un diritto praticamente negato: il 20% delle persone senza dimora ha gravi problemi di salute. In generale anche il diritto all alloggio e ad una vita dignitosa paiono difficilmente accessibili per le persone senza dimora, condannate, dall attuale assenza di livelli essenziali di assistenza sociale esigibili a una vita precariamente dipendente dalla buona volontà locale dei soggetti che di loro si occupano, la cui presenza è peraltro concentrata nel centro-nord. Per sconfiggere la grave emarginazione occorrono certamente politiche dedicate, ma occorre anche un sistema universale di welfare che offra garanzie minime, come un reddito di inserimento sociale o l esigibilità del diritto all alloggio, che oggi l Italia non ha. E in questa direzione, della quale possono beneficiare tutti, che è necessario muoversi. C è una popolazione grande come la città di Mantova che lo richiede ogni giorno, la cui vita è quotidianamente messa in pericolo dall indigenza, e che sta aumentando visibilmente. Non la si può abbandonare a sé stessa. 5

6 NON SOLO NUMERI Senza tetto: l 86% dei servizi è non profit di Cristina Galasso Ma il problema è sempre quello: il domicilio. Se non c è residenza niente servizi nè diritti (cibo, vestiario, igiene personale), il 17% fornisce un alloggio notturno, mentre il 4% offre accoglienza diurna. Molto diffusi anche i servizi di segretariato sociale (24%) e di presa in carico e accompagnamento (21%). Gli enti pubblici erogano direttamente solo il 14% dei servizi, raggiungendo il 18% dell utenza. Tuttavia in Italia per accedere ai servizi e poter esercitare diritti come quello al voto, occorre la cosiddetta residenza anagrafica. Per le persone senza dimora il problema rimane quindi sempre quello: il domicilio. Alcuni Comuni hanno allora istituito un indirizzo virtuale, una strada fittizia da inserire nei documenti delle persone senza dimora, altre amministrazioni invece hanno adottato il cosiddetto domicilio di soccorso. Tra le 173 strutture che in Toscana offrono risposte al disagio abitativo, 19 sono interamente dedicate ai senza dimora. In tutto 363 posti letto, metà dei quali in provincia di Firenze. In un anno hanno registrato ingressi: 94,5% uomini, nel 37% dei casi di origine italiana. Questi alcuni dati del Rapporto sulle strutture di accoglienza in Toscana pubblicato lo scorso ottobre dalla Fondazione Michelucci. Nel rapporto si legge che i poveri di casa rappresentano una vera e propria emergenza che va oltre il fenomeno dei senza dimora. Nel 2011, secondo un altro studio della Fondazione Michelucci, gli sfratti eseguiti in Toscana sono stati 2.973, nel 2007 erano Negli ultimi 4-5 anni alle persone senza dimora che, oltre alla mancanza di casa, vivono situazioni di grave marginalità sociale si sono quindi aggiunte fasce di popolazione rimaste senza casa a causa di un forte impoverimento. Come sottolinea la ricerca nazionale sulle persone senza dimora promossa da Fiopsd e condotta da Istat, per gli uni e per gli altri si fatica a trovare risposte organiche, integrate e coordinate sul territorio, di medio e lungo periodo. Insomma ad andare oltre l emergenza. Soprattutto per le persone senza dimora, ha osservato recentemente l Istituto per la ricerca sociale, sarebbe necessario definire livelli essenziali dedicati e sostegni economici specifici. In Italia gran parte degli interventi e delle strutture per persone senza dimora sono gestite da enti non profit, come associazioni di volontariato e cooperative sociali (leggi intervista a Massimo Ceriale). La ricerca Fiopsd-Istat ha rilevato in 158 comuni 727 enti e organizzazioni che erogano servizi alle persone senza dimora. Operano in sedi ed ognuno eroga mediamente 2,6 servizi per un totale di servizi. Un terzo riguarda bisogni primari Come ci ha spiegato Donatella Iaccarino dell Ufficio Anagrafe di Livorno, alle persone senza dimora attribuiamo un domicilio di soccorso presso un associazione. A Livorno sono Arci e Caritas a svolgere questo servizio. Presso di loro le persone ricevono la posta ma non solo. Abbiamo optato per questa soluzione molti anni fa perché ci sembrava l unica che, senza aggravi per il Comune, offrisse un servizio umano e non solo burocratico-amministrativo. Del resto questa soluzione è nata in Toscana negli anni Novanta. I fiorentini sono stati i primi a adottarla. Ed, infatti, il domicilio di soccorso presso un associazione fu introdotto dal Comune di Firenze nel 1995 su suggerimento di Periferie al Centro, l associazione che nel 1994 ha fondato il giornale di strada Fuori binario. Come racconta in una bella videointervista Maria Pia Passigli, una delle fondatrici di Fuori Binario, quella del domicilio presso un associazione è stata una battaglia storica per le persone senza dimora. Ma nel 2004 il Comune di Firenze ha deciso di abbandonare questa soluzione e passare all indirizzo virtuale via Leandro Libero Lastrucci. Scrivere sui documenti questo indirizzo, secondo Maria Pia Passigli, ha significato tornare al passato e, ancora una volta, bollare le persone senza dimora. 6

7 LA CAMPAGNA DEL MESE di Bruno Lo Cicero La notte dei senza dimora per una patente di istituzionalità necessaria: scherzare con i temi cari al volontariato, usare linguaggi ironici o leggeri appare come una diminuzione dell impegno, quasi che prendersi in giro, ridere dei problemi fosse un limite, una cosa da non fare. Non sono d accordo: dato che una risata ci seppellirà soprattutto su temi di grande impatto sociale, la leggerezza del trattamento di un tema difficile e spinoso può, anzi deve essere utilizzata per rappresentare la consapevolezza della raggiunta maturità nell affrontarlo. Negli ultimi anni, una delle attività di comunicazione pubblicitaria di maggiore efficacia è quella che tecnicamente si chiama brand experience. Si tratta di una vera e propria immersione in un brand, nei suoi significati e nei suoi valori, nella possibilità di toccare con mano prodotti e servizi, di verificare dal vivo i vantaggi competitivi di una proposta commerciale rispetto alle altre. Questo meccanismo di promozione è sempre più usato da marchi del lusso, della profumeria, delle auto (pensiamo a prova l auto per per un giorno e similari). A dimostrazione che il Terzo settore ha tutte le carte in regola per definirsi moderno anche in comunicazione, questo mese ho selezionato una campagna di promozione per una particolare forma di brand experience. In molte città d Italia è stata infatti promossa, ed effettuata, la Notte dei senza dimora, un esperienza di condivisione della vita dei clochard che prevede di passare una serata nei luoghi, con le abitudini ed i disagi, fino alla vera e propria esperienza di vita di dormire in un sacco a pelo. Ennio Flaiano, grande autore e regista degli anni del boom, scriveva che in Italia, la situazione (politica) è grave ma non seria: forse questa mancanza di serietà, nella comunicazione in questione, non è necessariamente negativa, e quell omino in un letto con la papalina, ma all aperto e con la coperta corta, è una concessione alla simpatia che alla fin fine lo rende accattivante e riconoscibile/memorizzabile. In forza della mia abituale ortodossia, avrei certo preferito manifesti tutti uguali in tutte le città, al posto dell anarchia linguistica e iconica che questa iniziativa ha raccolto e sviluppato; è possibile però che questa anarchia sia legata proprio alla rappresentazione del tema in questione, in cui una certa avversione alle regole è semplice DNA. Per chi ama la pubblicità (e se leggete i miei contributi anche voi lo siete), dagli anni 90 esiste in tutta Europa la Notte dei Pubblivori : sarebbe interessante per una volta mettere insieme queste due notti, con grandi maxischermi all aperto, spot di pubblicità sociale, musica, canti e a mezzanotte tutti nel sacco a pelo. Le varie forme pubblicitarie delle locandine di presentazione delle iniziative (sostenute da associazioni, enti ed istituzioni dei territori) testimoniano di come siano state utilizzate immagini molto diverse, ma legate insieme da una icona comune, un cartoon con il letto, un omino, la sua papalina, la coperta corta e la città a fumetti. Questa icona è in realtà forse un po troppo giocosa per rendere l idea del problema; in definitiva è poco allineata alla serietà del problema, ma chi dice che un problema debba essere sempre affrontato in modo serio/serioso? Spesso il volontariato scambia il linguaggio di comunicazione 7

8 Gli scatti del mese di Federico Barattini Per le foto di questo numero ringraziamo l associazione Aurora Onlus di Firenze, gli Angeli della Notte, la Croce Rossa di Firenze e il Progetto Homeless di Pisa APRILE 2013 La redazione di Pluraliweb è a cura del Settore Comunicazione di Cesvot ed è composta da Cristiana Guccinelli direttore responsabile Cristina Galasso, Rosa Rovini ed Elisa Giannini. Per contattare la redazione: redazione@cesvot.it - Tel

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